A.R.P.A.T.
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana
Settore tecnico C.E.D.I.F.
Comunicazione Educazione
Documentazione Informazione Formazione
"Profili di rischio per comparto produttivo"
CONFEZIONE DI
CAPI DI ABBIGLIAMENTO
Nell'area di
Firenze e Pistoia.
Responsabile del procedimento la ricerca: Stefano Beccastrini.
Autori:
Giuseppe Banchi, Claudio Nobler, Danila Scala.
Con la collaborazione di: Aldo Fedi, Massimo Ancillotti, Maria
Teresa Mechi, Antonio Limberti.
Ricerca finanziata da:
ISPESL
Istituto Superiore Prevenzione E Sicurezza del Lavoro
Ultimo aggiornamento:
gennaio 2002
1.
- GENERALITÀ SUL COMPARTO
Nella presente ricerca si prende in esame il comparto di produzione delle confezioni
di vestiario esterno, che fa parte della filiera tessile - abbigliamento scomposto dagli operatori del settore nelle
seguenti produzioni: filatura,
pettinatura, tessitura, vestiario esterno uomo, vestiario esterno donna,
maglieria esterno donna, maglieria esterno uomo, confezioni in pelle, abiti da
sposa, camiceria uomo, abbigliamento neonato, costumi da bagno, intimo uomo,
calze donna , calze uomo, cravatte, scialli, sciarpe, foulard, bottoni, biancheria
casa, tessuti a maglia.
La presente indagine si riferisce alle attività identificate dal codice ISTAT-ATECO ’91 per la classificazione delle attività economiche: 18.22.1 – “Confezione di vestiario esterno”. Questo comparto fa parte del settore produttivo della “Confezione di articoli di vestiario; preparazione e tintura pellicce” (codice 18).
Tabella 1 – Classificazione ISTAT-ATECO ’91 del settore produttivo
“Confezione di articoli di
vestiario; preparazione e tintura pellicce” (codice 18).
Codice attività ISTAT–aTECO ’91 |
Denominazione attività |
|
18.1 |
- Confezione di vestiario in pelle. |
|
18.2 |
- Confezione di altri articoli di
vestiario e accessori. |
|
18.21 |
- Confezione di indumenti da lavoro. |
|
18.22 |
- Confezione di altri indumenti esterni. |
|
18.22.1 |
-
Confezione di vestiario esterno. |
|
18.22.2 |
- Confezione su misura di vestiario. |
|
18.23 |
- Confezione di biancheria personale. |
|
18.24 |
- Confezione di altri articoli di vestiario e accessori. |
|
18.24.1 |
- Confezione di cappelli. |
|
18.24.2 |
- Confezioni varie e accessori per
l’abbigliamento. |
|
18.24.3 |
- Confezione di abbigliamento o
indumenti particolari. |
|
18.24.4 |
- Altre attività collegate
all’industria dell’abbigliamento. |
|
18.3 |
- Preparazione e tintura pellicce;
confezione di articoli in pelliccia. |
Da una ricerca effettuata sui dati delle C.C.I.A.A. (Unioncamere), si sono ottenuti i seguenti risultati:
Tabella 2 - Numero di unità
locali in Toscana, anno
1999.
Settore produttivo: Confezione di articoli di vestiario; preparazione e tintura pellicce.
(codice ISTAT-ATECO ’91: 18).
Codice attività |
Descrizione attività |
totale Unità locali Regione Toscana |
Numero unità locali suddivise per provincia |
|||||||||
AR |
FI |
GR |
LI |
LU |
MS |
PI |
PO |
PT |
SI |
|||
18000 |
547 |
51 |
267 |
9 |
11 |
32 |
3 |
31 |
99 |
34 |
10 |
|
18100 |
Confezione di vestiario in pelle. |
751 |
62 |
505 |
12 |
12 |
17 |
2 |
45 |
45 |
36 |
15 |
18200 |
Confezione di altri articoli di vestiario
e accessori. |
386 |
16 |
144 |
7 |
4 |
8 |
4 |
5 |
164 |
26 |
8 |
18210 |
Confezione
di indumenti da lavoro. |
31 |
1 |
17 |
2 |
2 |
1 |
1 |
3 |
1 |
1 |
2 |
18220 |
Confezione
di altri indumenti esterni. |
106 |
9 |
18 |
4 |
1 |
1 |
3 |
12 |
48 |
8 |
2 |
18221 |
Confezione di vestiario esterno. |
3185 |
404 |
935 |
52 |
29 |
90 |
34 |
141 |
1182 |
270 |
48 |
18222 |
Confezione su misura di vestiario. |
599 |
55 |
179 |
46 |
34 |
60 |
23 |
74 |
35 |
43 |
50 |
18230 |
Confezione
di biancheria personale. |
288 |
36 |
102 |
8 |
9 |
3 |
2 |
21 |
14 |
86 |
7 |
18240 |
Confezione
di altri articoli di vestiario e accessori. |
100 |
6 |
53 |
5 |
1 |
8 |
2 |
1 |
11 |
6 |
7 |
18241 |
Confezione di cappelli. |
140 |
12 |
75 |
4 |
1 |
19 |
|
|
14 |
11 |
4 |
18242 |
Confezioni varie e accessori per
l’abbigliamento. |
485 |
19 |
303 |
4 |
16 |
11 |
9 |
29 |
58 |
25 |
11 |
18243 |
Confezione di abbigliamento o
indumenti particolari. |
240 |
12 |
130 |
7 |
10 |
7 |
10 |
17 |
15 |
24 |
8 |
18244 |
Altre attività collegate all’industria dell’abbigliamento. |
625 |
82 |
141 |
3 |
3 |
12 |
4 |
33 |
194 |
149 |
4 |
18300 |
Preparazione e tintura pellicce;
confezione di articoli in pelliccia. |
715 |
39 |
480 |
13 |
17 |
12 |
5 |
46 |
50 |
34 |
19 |
Fonte: elaborazione a cura di
A.R.P.A.T. – settore tecnico S.I.R.A. su
dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).
Tabella 3 - Numero di addetti in Toscana, anno 1999.
Settore produttivo: Confezione di articoli di vestiario; preparazione e tintura pellicce.
(codice ISTAT-ATECO ’91: 18).
Codice attività |
Descrizione attività |
Totale addetti Regione Toscana |
Numero addetti suddivisi per provincia |
|||||||||
AR |
FI |
GR |
LI |
LU |
MS |
PI |
PO |
PT |
SI |
|||
18000 |
1830 |
275 |
1068 |
22 |
5 |
44 |
15 |
148 |
136 |
65 |
52 |
|
18100 |
Confezione di vestiario in pelle. |
1894 |
230 |
1231 |
21 |
19 |
43 |
1 |
207 |
43 |
45 |
54 |
18200 |
Confezione di altri articoli di vestiario
e accessori. |
449 |
34 |
215 |
19 |
3 |
31 |
8 |
32 |
22 |
74 |
11 |
18210 |
Confezione
di indumenti da lavoro. |
104 |
0 |
82 |
2 |
3 |
1 |
1 |
11 |
1 |
1 |
2 |
18220 |
Confezione
di altri indumenti esterni. |
183 |
46 |
9 |
1 |
0 |
5 |
45 |
42 |
10 |
25 |
0 |
18221 |
Confezione di vestiario esterno. |
17434 |
5345 |
5821 |
820 |
59 |
872 |
460 |
884 |
1322 |
1261 |
590 |
18222 |
Confezione su misura di vestiario. |
953 |
151 |
272 |
70 |
48 |
113 |
39 |
154 |
19 |
34 |
53 |
18230 |
Confezione
di biancheria personale. |
1503 |
276 |
662 |
42 |
44 |
56 |
12 |
95 |
19 |
259 |
38 |
18240 |
Confezione
di altri articoli di vestiario e accessori. |
310 |
19 |
130 |
14 |
23 |
43 |
3 |
0 |
21 |
34 |
23 |
18241 |
Confezione di cappelli. |
842 |
40 |
487 |
26 |
0 |
167 |
|
|
55 |
64 |
3 |
18242 |
Confezioni varie e accessori per
l’abbigliamento. |
1002 |
43 |
649 |
2 |
22 |
39 |
27 |
40 |
103 |
45 |
32 |
18243 |
Confezione di abbigliamento o
indumenti particolari. |
1169 |
112 |
373 |
5 |
10 |
28 |
127 |
170 |
152 |
177 |
15 |
18244 |
Altre attività collegate all’industria dell’abbigliamento. |
1953 |
454 |
381 |
3 |
3 |
53 |
1 |
83 |
463 |
508 |
4 |
18300 |
Preparazione e tintura pellicce;
confezione di articoli in pelliccia. |
1629 |
112 |
1117 |
19 |
28 |
9 |
14 |
122 |
136 |
42 |
30 |
Fonte: elaborazione a cura di
A.R.P.A.T. – settore tecnico S.I.R.A. su
dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).
Le aree di riferimento per la presente ricerca sono
quella fiorentina e pistoiese.
Il comparto produttivo dell’abbigliamento in Toscana, come altrove, ha subito un'importante evoluzione organizzativa costituita dalla spostamento della maggior parte delle produzioni in serie dei capi in industrie extra nazionali (romene, ecc...). Questo ha portato alla scomparsa di grosse aziende (ad esempio la Lebole Moda che ha occupato oltre 3.000 dipendenti) e al ridimensionamento di altre, che svolgono attualmente le funzioni commerciali, quelle di progettazione dei modelli e realizzazione dei campioni, ed infine quelle di controllo dei capi acquisiti all'estero, di immagazzinamento e distribuzione.
Si tratta di un fenomeno legato in parte alla frammentazione del processo produttivo all’interno della globalizzazione dell’economia, che interessa molti paesi industrializzati ed è particolarmente evidente nell’industria del tessile e della moda e dei prodotti per lo sport. Ricordiamo che contro gli effetti sociali negativi di tale fenomeno è nata la campagna internazionale Clean clothes che mobilità gli stessi consumatori a fare pressione sulle compagnie che attuano comportamenti lesivi del diritto internazionale nel quadro delle condizioni lavorative (salario minimo, orario di lavoro, lavoro minorile, ecc...). Inoltre l’industria manifatturiera toscana e soprattutto il sistema moda presenta un elevato decentramento produttivo. La possibilità di ricorrere a subfornitori esterni consente alle imprese di adeguarsi tempestivamente alle mutevoli condizioni della domanda e di evitare una crescita dimensionale che, proprio a causa dell’elasticità della domanda stessa, potrebbe rivelarsi una scelta poco conveniente.
In alcune aree produttive italiane una parte di produzione può essere svolta conto terzi dove si svolge una sola fase lavorativa (ad esempio il cucito).
Per quanto riguarda la forza lavoro del comparto essa rimane fortemente femminilizzata, con uno spostamento dalle professioni operaie a quelle impiegatizie, relative alla progettazione e gestione delle collezioni.
Da un punto di vista della igiene e sicurezza del lavoro, il processo produttivo del comparto non ha visto grossi cambiamenti tecnologici, fatta eccezione per l'informatizzazione ed automazione di alcune fasi come la progettazione, la stampa dei modelli, il taglio (fino agli anni ’80 l’informatizzazione aveva riguardato il lavoro degli impiegati negli uffici commerciali, la contabilità, ecc…).
È da notare che, nelle aziende che hanno appaltato la produzione in serie a ditte esterne, si è avuta una sensibile riduzione dei ritmi e della monotonia del lavoro per i lavoratori delle fasi centrali del ciclo produttivo (taglio, cucito, stiro); infatti, agli addetti a queste lavorazioni è affidata solo la produzione dei campioni da inviare alle ditte appaltatrici; i campioni sono, naturalmente, un numero limitato di capi che devono essere realizzati perfettamente, pertanto i ritmi di lavoro non sono pressanti a vantaggio della qualità del prodotto. La lavorazione inoltre assume un andamento stagionale, con possibili interruzioni e/o cambi di mansione.
I problemi che ancora restano irrisolti sono relativi a stazioni di lavoro non ergonomiche e a sistemi di produzione che richiedono alta ripetitività delle azioni ed elevata precisione. Questi elementi pongono i lavoratori a rischio di disturbi da stress e muscoloscheletrici.
Per
quanto riguarda infortuni e malattie professionali riportiamo i dati ufficiali
INAIL, segnalando che sono riferiti non allo specifico comparto in esame ma più
estesamente al confezionamento in tessuti, pelli e similari, non essendo stato
possibile ottenere dati differenziati.
Tabella 4 - Infortuni denunciati e indennizzati all'INAIL nel periodo
1995-1999.
Confezionamento con tessuti, pelli e similari
INFORTUNI
– Regione Toscana |
||||||
ANNO |
DENUNCIATI |
INDENNIZZATI |
TOTALE INDENNIZZATI |
|||
TIPO CONSEGUENZA |
||||||
TEMPORANEA |
PERMANENTE |
MORTE |
||||
1995 |
865 |
719 |
22 |
3 |
744 |
|
1996 |
807 |
667 |
24 |
1 |
692 |
|
1997 |
793 |
659 |
25 |
0 |
684 |
|
1998 |
790 |
631 |
29 |
0 |
660 |
|
1999 |
681 |
576 |
16 |
0 |
592 |
|
Totale
1995-1999 |
3.936 |
3.252 |
116 |
4 |
3.372 |
|
INFORTUNI
– Italia |
||||||
ANNO |
DENUNCIATI |
INDENNIZZATI |
TOTALE INDENNIZZATI |
|||
TIPO CONSEGUENZA |
||||||
TEMPORANEA |
PERMANENTE |
MORTE |
||||
1995 |
7.112 |
6.014 |
152 |
10 |
6.176 |
|
1996 |
6.829 |
5.616 |
172 |
7 |
5.795 |
|
1997 |
6.260 |
5.136 |
153 |
5 |
5.294 |
|
1998 |
6.271 |
5.100 |
174 |
6 |
5.280 |
|
1999 |
5.631 |
4.649 |
116 |
4 |
4.769 |
|
Totale
1995-1999 |
32.103 |
26.515 |
767 |
32 |
27.314 |
Fonte: INAIL
Tabella 5 - Malattie professionali denunciate e indennizzate all'INAIL
nel periodo 1995-1999.
Confezionamento con tessuti, pelli e similari
|
MALATTIE
PROFESSIONALI – Regione Toscana |
||||||||||||||
ANNO |
TIPO
DI MALATTIA
PROFESSIONALE |
MALATTIE DENUNCIATE |
MALATTIE
INDENNIZZATE |
|
|||||||||||
TIPO DI CONSEGUENZA |
TOTALE
indennizzate |
|
|||||||||||||
Temporanea |
Permanente |
|
|||||||||||||
Codice |
Descrizione |
|
|||||||||||||
|
1995 |
39 |
Aldeidi e
derivati |
1 |
0 |
0 |
0 |
||||||||
|
42 |
Malattie
cutanee da detersivi |
1 |
1 |
0 |
1 |
|||||||||
|
50 |
Ipoacusia |
1 |
0 |
0 |
0 |
|||||||||
|
99 |
Non
tabellate |
17 |
1 |
0 |
1 |
|||||||||
|
Totale 1995 |
20 |
2 |
0 |
2 |
||||||||||
|
1996 |
39 |
Aldeidi e
derivati |
1 |
0 |
0 |
0 |
||||||||
|
99 |
Non
tabellate |
23 |
0 |
0 |
0 |
|||||||||
|
Totale 1996 |
24 |
0 |
0 |
0 |
||||||||||
|
1997 |
42 |
Malattie
cutanee da resine, oligomeri, elastomeri, gomma arabica, caprolattame |
1 |
1 |
0 |
1 |
||||||||
|
42 |
Malattie
cutanee da oli di lino, trementina, lacche, vernici, smalti, pitture. |
1 |
0 |
0 |
0 |
|||||||||
|
42 |
Malattie
cutanee da alcali caustici, cloruro di sodio, persolfato di ammonio. |
1 |
0 |
0 |
0 |
|||||||||
|
48 |
Bissinosi
e pneumopatie da fibre tessili vegetali ed animali |
1 |
0 |
0 |
0 |
|||||||||
|
50 |
Ipoacusia |
1 |
0 |
0 |
0 |
|||||||||
|
99 |
Non
tabellate |
18 |
0 |
1 |
1 |
|||||||||
|
Totale 1997 |
23 |
1 |
1 |
2 |
||||||||||
|
1998 |
9 |
Nichel,
leghe e composti inorganici |
1 |
0 |
0 |
0 |
||||||||
|
34 |
Ammine
aromatiche e loro derivati |
1 |
1 |
0 |
1 |
|||||||||
|
42 |
Malattie
cutanee da catrame, bitume, pece, fuliggine |
1 |
0 |
0 |
0 |
|||||||||
|
50 |
Ipoacusia |
1 |
0 |
0 |
0 |
|||||||||
|
99 |
Non
tabellate |
15 |
2 |
0 |
2 |
|||||||||
|
Totale 1998 |
19 |
3 |
0 |
3 |
||||||||||
|
1999 |
5 |
Cromo,
leghe, composti del cromo trivalente |
1 |
0 |
1 |
1 |
||||||||
|
34 |
Ammine
aromatiche e loro derivati |
2 |
2 |
0 |
2 |
|||||||||
|
50 |
Ipoacusia |
1 |
0 |
0 |
0 |
|||||||||
|
99 |
Non
tabellate |
28 |
2 |
0 |
2 |
|||||||||
|
Totale 1999 |
32 |
4 |
1 |
5 |
||||||||||
|
TOTALE
1995-1999 |
118 |
10 |
2 |
12 |
||||||||||
Fonte: INAIL
All’interno del settore tessile – abbigliamento, il comparto delle confezioni in tessuto è stato riconosciuto nel corso degli anni come a basso rischio infortunistico. I dati attuali e quelli di indagini pluriennali condotte negli anni 60-80 nel nostro territorio presentano casistiche di media e lieve entità, con discreta prevalenza di infortuni “in itinere”. Frequenti sono gli infortuni relativi a urti contro e da parte di oggetti e le cadute. Relativamente alle macchine, laddove non è presente il confezionamento in serie, gli infortuni al taglio e allo stiro prevalgono su quelli al cucito.
Per quanto attiene le patologie da lavoro presenti
nel settore, gli “Atti della ricerca sui rischi, patologia e prevenzione
nell’industria dell’abbigliamento” oggetto di un convegno nazionale promosso
dall’Istituto Italiano di Medicina Sociale ad Arezzo il 7 giugno 1986,
riportavano: il dolore di schiena, la pesantezza ed i formicolii agli arti
inferiori rappresentano generalmente la causa di disagio lamentato dalle
lavoratrici dell’industria dell’abbigliamento. I sopralluoghi effettuati nei
posti di lavoro hanno messo in luce un errato rapporto ergonomico nella postura
statica e dinamica tra operatrice e macchina o banco di lavoro.
Possiamo dire che ad oggi la progettazione
ergonomica del posto di lavoro non è stata risolta e che alcune delle soluzioni
individuate in quella ricerca (e pubblicate anche in materiali successivi – v.
E.B.E.R., ecc…), non sono divenute patrimonio delle aziende presenti in altre
aree e/o nate in anni successivi. Ne consegue un impegno posturale spesso
inadeguato a carico dei vari distretti muscolo-tendinei nelle posizioni di
lavoro sedute e in piedi, con rischio di insorgenza di disturbi.
Negli anni ’70 e ’80 si sono avute in Toscana e
altrove, manifestazioni acute e diffuse di disturbi irritativi a carico della
faringe, laringe, congiuntive e della cute degli arti superiori. Tali disturbi
furono attribuiti alla formaldeide presente in elevata quantità non tanto
nell’ambiente di lavoro quanto nei tessuti e nelle fodere, sia come formaldeide
totale, sia come formaldeide libera, sia soprattutto come formaldeide sotto
flusso di vapore, importante per i posti di lavoro al reparto stiro dove
risultava maggiore l’incidenza delle patologie.
Fra questi disturbi, quelli a carico dell’orofaringe
si sono cronicizzati in maggior misura lasciando un danno permanente alle corde
vocali (diverse centinaia furono in quegli anni le malattie professionali
riconosciute dall’INAIL fra questi lavoratori).
Le misure preventive efficacemente adottate e
tuttora valide furono quelle di certificare e controllare i tessuti in ingresso
all’azienda rispetto alla presenza di sostanze nocive provenienti dai
trattamenti precedentemente eseguiti sui tessuti.
Per quanto riguarda la produzione di rifiuti
riportiamo nella tabella seguente i dati ricavati dalla elaborazione delle
denunce M.U.D. (Modello Unico di Dichiarazione).
Nella prima colonna della tabella è riportato il codice PCER2 che indica la classe delle prime due cifre del codice del rifiuto secondo la codifica europea (Codifica Europea dei Rifiuti, che utilizza codici di 6 cifre per identificare i diversi tipi di rifiuti), e la P, ove presente, specifica che si tratta di un rifiuto pericoloso (ad una stessa classe possono appartenere codici di rifiuti pericolosi e codici di rifiuti non pericolosi). Al codice di due cifre (PCER2) corrisponde, come legenda, il campo descrizione tipo di rifiuto. I quantitativi sono tutti espressi in tonnellate.
Tabella 6 - Dati statistici sui
rifiuti prodotti
Comparto: confezione di vestiario esterno,
codice di attività: 18221,
Regione Toscana, anno 1999.
PCER2 |
Descrizione TIPO DI RIFIUTI |
Totale rifiuti prodotti |
AR |
FI |
GR |
LI |
LU |
MS |
PI |
PO |
PT |
SI |
04 |
Rifiuti della produzione conciaria e
tessile |
256,422 |
136,604 |
60,316 |
|
|
|
|
|
19,917 |
25,233 |
14,352 |
06 |
Rifiuti da processi chimici inorganici |
0,466 |
0,466 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
08 |
Rifiuti da produzione, formulazione,
fornitura ed uso (pffu) di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati),
sigillanti e inchiostri per stampa |
2,179 |
2,176 |
|
0,003 |
|
|
|
|
|
|
|
10 |
Rifiuti inorganici provenienti da processi
termici |
2,05 |
|
2,05 |
|
|
|
|
|
|
|
|
11_P |
Rifiuti inorganici contenenti metalli
provenienti dal trattamento e ricopertura di metalli; idrometallurgia non
ferrosa |
37,82 |
37,82 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
12 |
Rifiuti di lavorazione e di trattamento
superficiale di metalli e plastica |
0,382 |
|
|
0,382 |
|
|
|
|
|
|
|
13_P |
Oli esauriti (tranne gli oli commestibili
05 00 00 e 12 00 00) |
0,132 |
|
0,06 |
0,072 |
|
|
|
|
|
|
|
14_P |
Rifiuti di sostanze organiche utilizzate
come solventi (tranne 07 00 00 e 08 00 00) |
0,071 |
|
|
0,071 |
|
|
|
|
|
|
|
15 |
Imballaggi, assorbenti; stracci, materiali
filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti) |
1136,22 |
71,242 |
562,30 |
16,19 |
|
|
|
393,2 |
38,68 |
43,96 |
10,65 |
16 |
Rifiuti non specificati altrimenti nel
catalogo |
1,4636 |
1,0536 |
0,41 |
|
|
|
|
|
|
|
|
16_P |
Rifiuti non specificati altrimenti nel
catalogo |
0,537 |
0,5 |
|
0,037 |
|
|
|
|
|
|
|
17 |
Rifiuti di costruzioni e demolizioni
(compresa la costruzione di strade) |
293,537 |
25,38 |
262,26 |
5,9 |
|
|
|
|
|
|
|
19 |
Rifiuti da impianti di trattamento
rifiuti, impianti di trattamento acque reflue fuori sito e industrie
dell'acqua |
1,846 |
|
1,846 |
|
|
|
|
|
|
|
|
20 |
Rifiuti solidi urbani ed assimilabili da
commercio, industria ed istituzioni inclusi i rifiuti della raccolta
differenziata |
229,905 |
187,375 |
17,509 |
7 |
|
3,84 |
|
|
|
11,701 |
2,48 |
Fonte: elaborazione dalle denunce
M.U.D. (Modulo Unico di Dichiarazione),
Catasto Regionale dei Rifiuti
(A.R.P.A.T. - Sezione Regionale del Catasto Rifiuti)
2. - DESCRIZIONE GENERALE
DEL CICLO DI LAVORAZIONE
Il ciclo lavorativo delle aziende del comparto può essere così sintetizzato:
·
CONTROLLO
E PREPARAZIONE TESSUTO
Si prepara il tessuto per
essere successivamente lavorato, controllandone la qualità e sottoponendolo a
trattamenti preliminari quali il vaporizzo e il decatizzo.
·
PROGETTAZIONE
E PREPARAZIONE MODELLI
Il modello è un foglio di carta sagomata che riproduce le varie parti
che compongono il capo di abbigliamento e che è utilizzato al reparto taglio. Gli stilisti di moda progettano
il capo di abbigliamento eseguendo disegni e sviluppando il progetto fino alla
realizzazione del modello.
Tradizionalmente, per la
riproduzione dei disegni su fogli di carta, erano utilizzate macchine per
eliografia in un apposito reparto, ma in molte aziende del comparto esse sono state sostituite con plotter elettronici, i quali sono collegati a Personal Computer
dotati di appositi software
utilizzati per la progettazione dei capi di abbigliamento.
·
TAGLIO
Si taglia il tessuto nelle
forme necessarie per confezionare il capo di abbigliamento secondo il modello.
·
CONFEZIONE
- CUCITO
La confezione dei capi di
abbigliamento avviene lungo linee di lavorazione che possono comprendere:
-
impuntura;
-
imbastitura;
-
imbottitura;
-
cucitura
a macchina dei vari particolari;
-
incollaggio
a caldo di rinforzi;
-
applicazione
di termoaderenti decorativi;
-
attaccatura
dei bottoni;
-
etichettatura.
·
STIRO
Una volta realizzato il capo
di abbigliamento viene sottoposto alla stiratura finale per completare la
finitura del prodotto prima di essere inviato al magazzino dei prodotti finiti.
Talvolta la stiratura si
rende necessaria anche nelle fasi intermedie della lavorazione.
·
MAGAZZINO,
CONTROLLO E SPEDIZIONE CAPI FINITI
Viene effettuato il
controllo finale di qualità dei prodotti, l’imbustamento, l’immagazzinamento e
la spedizione ai clienti.
Inoltre possono essere eseguite operazioni
trasversali a più fasi lavorative come ad esempio:
-
MOVIMENTAZIONE
MECCANICA DEI CARICHI
-
PRODUZIONE
DI VAPORE (CONDUZIONE CENTRALE TERMICA)
-
PRODUZIONE
DI ARIA COMPRESSA (CONDUZIONE COMPRESSORI D’ARIA)
-
MANUTENZIONE
DELLE ATTREZZATURE E MACCHINE.
Nella figura seguente si riporta uno schema a
blocchi di massima del ciclo lavorativo.
3.
ANALISI DEI
RISCHI E DELLE SOLUZIONI
STOCCAGGIO,
CONTROLLO E PREPARAZIONE TESSUTO
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Il tessuto che arriva alle aziende del comparto, proviene dalle industrie
tessili fornitrici sotto forma di bobine (tessuto arrotolato intorno ad
un’anima tubolare di cartone), spesso chiamate semplicemente pezze.
Un campione del tessuto in arrivo viene sottoposto
ad un primo controllo per accertare che non abbia difetti e che le
caratteristiche merceologiche dichiarate dal fornitore siano quelle richieste.
I tessuti che risultano essere stati trattati chimicamente vengono sottoposti
ad analisi chimica allo scopo di accertare la tipologia e quantità di sostanze
chimiche che sono rimaste inglobate nel tessuto e che potrebbero liberarsi
durante la lavorazione. Se i risultati dei controlli e delle analisi indicano
che il tessuto è conforme allo standard di qualità richiesto, esso viene
accettato, in caso contrario viene rigettato, oppure, se si ritiene che sia
possibile ridurre il tenore di inquinanti presenti nel tessuto al di sotto
della soglia di inaccettabilità, esso viene sottoposto a vaporizzo e quindi di nuovo analizzato; a questo punto, se le sue
caratteristiche sono divenute conformi a quelle richieste, il tessuto viene
accettato e inviato al magazzino tessuti, altrimenti viene definitivamente
rigettato.
Dal magazzino tessuti, le bobine vengono portate al
controllo con lo specchio e quindi ai
trattamenti preliminari quali il vaporizzo
e il decatizzo. Queste operazioni
richiedono la movimentazione delle bobine, lo svolgimento del tessuto, la
movimentazione da una macchina all’altra dei carrelli contenenti il tessuto in
lavorazione.
Nel reparto “premagazzino – controllo tessuto”
possono essere presenti varie macchine, tra le quali:
Macchine per
controllo tessuto (tribunale o specchio)
Sono utilizzate per verificare visivamente se il
tessuto rispecchia o meno le caratteristiche qualitative del campionario. La
macchina è essenzialmente costituita da un sistema meccanico alimentato
elettricamente, che permette di svolgere il tessuto dal rullo sul quale è
arrotolato e di farlo passare su un piano inclinato (chiamato specchio). In piedi di fronte alla
macchina staziona l’operatore che effettua l’esame visivo del tessuto stesso,
ricordando in questo la posizione di una persona che sta in piedi davanti ad
uno specchio. Un sistema di rulli, dei quali alcuni sono motorizzati ed altri
sono folli, permette lo scorrimento del tessuto sullo specchio. A seconda del modello della macchina, il tessuto può
essere recuperato con meccanismi diversi: uno prevede che all’uscita della
macchina il tessuto passi su un’asta oscillante in senso trasversale allo scopo
di raccogliere il tessuto su un carrello, facendogli assumere la forma di una
pezza piegata trasversalmente in numerosi strati rettangolari; l’altro
meccanismo invece prevede che in uscita alla macchina sia presente
un’avvolgipezza per raccogliere il tessuto di nuovo in forma di rotolo,
avvolgendo il tessuto intorno ad un’anima tubolare di cartone.
Macchine
avvolgipezza
(rollatrici)
Sono utilizzate per rimettere la pezza sotto forma
di rotolo ed anche per una funzione di metraggio del tessuto. Queste macchine
possono essere a sé stanti e/o integrate con lo specchio.
Fig. n. 1: macchina specchio
per controllo tessuto dotata di rulli avvolgipezza con protezioni rimosse.
Fig. n. 2: particolare della macchina specchio.
Macchine per
vaporizzo
Sono utilizzate per ridare al tessuto la morbidezza
naturale; questa operazione viene effettuata principalmente su tessuti per
abbigliamento estivo, di solito maggiormente apprettati. Lo scopo si raggiunge
grazie all’azione del vapore che libera le tensioni interne del tessuto.
La
machina è essenzialmente costituita da un sistema che fa scorrere il tessuto da
trattare su nastro trasportatore al di sopra del quale e a distanza ravvicinata
sono poste le cappe di vaporizzo e di ventilazione del tessuto.
Il
tessuto da trattare viene introdotto sul nastro trasportatore tramite un
sistema di rulli che lo prelevano dal carrello dove è stato riposto all’uscita
della macchina specchio. All’uscita
dalla macchina vaporizzatrice, il tessuto trattato viene raccolto su un
carrello come quello dal quale è stato prelevato, tramite un sistema di rulli
ed un’asta oscillante in senso trasversale, analogamente a quanto avviene
all’uscita della macchina specchio.
Macchine per
decatizzo
Sono impiegate
per mantenere la stabilità dimensionale del tessuto. La macchina è
essenzialmente costituita da due cilindri cavi, dei quali uno di grandi
dimensioni con superficie forellata nel quale viene introdotto il vapore e
l’altro di dimensioni più piccole dove è avvolto un tappeto che ha una estremità fissata su una generatrice del
cilindro più grande. Il tessuto da trattare viene introdotto dall’esterno della
macchina sul cilindro più grande, trainato dalla rotazione stessa del cilindro,
che determina la formazione su di esso di strati alterni di tappeto e tessuto,
i quali vengono attraversati dal
vapore. Questo realizza l’effetto di stabilizzazione dimensionale del tessuto.
Al termine del trattamento con il vapore, il tessuto viene essiccato tramite
una pompa di estrazione aria-vapore.
FATTORI DI RISCHIO
Lavoro in
posture scorrette e movimenti ripetitivi
descrizione
Il lavoro in posizione fissa in piedi davanti alle
macchine può essere causa di affaticamento eccessivo. Il disagio è maggiore
quando il posto di lavoro in piedi richiede l’uso di un pedale di comando che
obbliga l’operatore a ripetuti movimenti che tendono a sovraccaricare un solo
arto.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici, a carico della schiena
e delle altre parti del corpo coinvolte in posture scorrette o in movimenti
ripetitivi. I principali disturbi che possono comparire sono: - senso di peso,
senso di fastidio, dolore, intorpidimento, rigidità al collo e alla schiena,
formicolii, perdita di forza, impaccio ai movimenti, dolore agli arti
superiori, caduta spontanea di piccoli oggetti dalle mani, ecc.
La fatica derivante dallo stare in piedi e da altre
attività fisiche per le lavoratrici in gravidanza è stata spesso segnalata tra
le cause di aborti spontanei, parti prematuri e neonati sottopeso. Inoltre la
stazione eretta prolungata può aggravare la stasi venosa e i disturbi a carico
della colonna vertebrale frequenti in gravidanza.
interventi prevenzionistici
Talvolta si è assistito a spontanee trasformazioni
di un posto di lavoro in piedi a posto di lavoro seduto, in quanto gli stessi
addetti si sono procurati una sedia per alternare le due posizioni di lavoro in
piedi / seduto, con ergonomia inadeguata dovuta all’improvvisazione della
soluzione.
Senza altre componenti, quali quelle descritte nella
fase di stiro e di cucito, la posizione di lavoro fissa in piedi richiede una
idonea strutturazione del posto di lavoro, che consenta di mantenere la schiena
eretta e di appoggiare alternativamente un piede su un rialzo, inoltre tali
posizioni non vanno mantenute continuativamente a lungo senza attuare
intervalli.
È importante una organizzazione del lavoro che
preveda pause e turnazione con altre mansioni che consentano un cambio della
posizione eretta/seduta.
Per le lavoratrici in gravidanza:
-
assicurare
che il ritmo e l’intensità del lavoro non sia eccessivo;
-
favorire
una gestione delle pause da parte della lavoratrice stessa;
-
assicurare
che vi sia la possibilità di sedersi;
-
adeguare
il posto di lavoro o delle procedure operative al crescere del volume
addominale al fine di contribuire a ridurre i problemi posturali e il rischio
di infortuni.
-
allontanare
o spostare la lavoratrice dalla mansione nel caso non sia possibile la
eliminazione della stazione in piedi per più di metà dell’orario di lavoro o
della posizione particolarmente affaticante.
È importante la informazione e formazione degli
addetti sia nell’assumere atteggiamenti e/o abitudini di vita e di lavoro
adatte a proteggere la schiena e le altre articolazioni, sia nello svolgere
utili esercizi di rilassamento, stiramento e rinforzo muscolare. Effettuare la
sorveglianza sanitaria dei lavoratori.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 1026 del 1976, Art. 5, lett. g.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
descrizione
I sistemi di rulli per lo scorrimento del tessuto
presenti nelle macchine sopra descritte, possono essere causa di presa e
trascinamento degli arti superiori degli addetti. Il rischio è maggiore dove i
rulli sono motorizzati, contrapposti o posti ad una distanza da parti fisse
tale che possa avvenire la presa e il trascinamento con conseguente
schiacciamento tra i rulli o tra la parte fissa e quella mobile.
Altra parte pericolosa di queste macchine può essere
il sistema di trasmissione del moto.
danno atteso
Lesioni traumatiche per schiacciamento, ferite e contusioni.
interventi prevenzionistici
Le macchine devono essere rese sicure rispettando
quanto previsto dalla direttiva macchine e dalle altre norme vigenti.
In particolare:
-
i
rulli per lo scorrimento del tessuto e gli organi di trasmissione del moto
devono essere protetti contro il rischio di presa e trascinamento degli arti
dell’addetto, tramite ripari (eventualmente trasparenti) fissi o dotati di
dispositivo di interblocco, o tramite altri dispositivi che garantiscano lo
stesso livello di sicurezza (esempio: fotocellule).
Per dispositivo di interblocco si intende un dispositivo ad apertura positiva che impedisce l’apertura del riparo posto sulla zona pericolosa finché la macchina è in movimento e non consente l’avvio della macchina se il riparo è aperto.
-
deve
essere presente il dispositivo di arresto di emergenza, per fare fronte a
situazioni di pericolo imminente o in caso di incidente; su una stessa macchina
possono essere presenti più dispositivi di arresto di emergenza. Il dispositivo
deve:
-
comprendere
dispositivi di comando chiaramente individuabili, ben visibili e rapidamente
accessibili,
-
provocare
l’arresto del processo pericoloso nel tempo più breve possibile, senza creare
rischi supplementari,
-
eventualmente
avviare, o permettere di avviare, alcuni movimenti di salvaguardia.
Quando si smette di azionare il comando dell’arresto
di emergenza, l'ordine di arresto deve essere mantenuto da un blocco del
dispositivo di arresto di emergenza, sino al suo sblocco; non deve essere possibile
ottenere il blocco del dispositivo senza che quest’ultimo generi un ordine di
arresto; lo sblocco del dispositivo deve essere possibile soltanto con una
apposita manovra e non deve riavviare la macchina, ma soltanto autorizzarne la
rimessa in funzione.
-
deve
essere presente il dispositivo che impedisca l’avviamento accidentale o
inatteso della macchina (ad esempio nel caso dovesse ritornare la tensione di
alimentazione elettrica dopo che era venuta a mancare).
-
deve
essere effettuata la periodica manutenzione delle macchine e la verifica
dell’efficienza dei relativi dispositivi di sicurezza.
-
è
importante una buona illuminazione del posto di lavoro.
-
è importante la
tenuta del manuale d’uso e manutenzione in sicurezza di ogni macchina, e
svolgere la relativa opera di informazione e formazione dei lavoratori.
- in fase di manutenzione, taratura e pulizia della macchina è opportuno che, per ogni diverso tipo di macchina, sia prevista una specifica procedura standardizzata che preveda, prima dell’intervento, la neutralizzazione di tutte le forme di energia (elettrica, meccanica, oleodinamica, pneumatica) e che assicuri tutte le parti che si potrebbero muovere per il proprio peso. Una procedura in uso consiste nel dotare il quadro di controllo della macchina di un dispositivo a chiave, in modo che l’addetto alla manutenzione, prima di intervenire, si impossessi della chiave fino a termine del lavoro. Altri sistemi possono essere ugualmente efficaci purché precedentemente definiti, ad esempio eventuali manovre straordinarie e regolazioni che richiedano l'intervento ad impianto in moto possono avvenire sotto la supervisione del responsabile del reparto, ed essere effettuate tramite pulsantiera a uomo presente con avanzamento a impulsi che, una volta inserita, escluda il quadro comando. La segnalazione del pericolo e la disposizione del divieto di attivazione e/o utilizzo può avvenire ponendo un cartello sul quadro di comando della macchina, ad esempio recante la scritta "Lavori in corso - Divieto di effettuare manovre".
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
-
D.P.R.
n. 459/1996 (Direttiva Macchine).
-
norma
CEI EN 60947-5-1 del 1991
-
norma
UNI EN 1088 del 30.11.1997
descrizione
Le operazioni di svolgimento dei rotoli di tessuto
durante la sua introduzione nelle macchine, può determinare la diffusione
nell’ambiente di lavoro delle polveri eventualmente presenti sul tessuto. Si
tratta di polveri delle fibre che costituiscono le stoffe ma anche delle
sostanze chimiche utilizzate nelle precedenti operazioni di finissaggio
(antipiega, coloranti, ecc…).
L’adsorbimento dei gas alle particelle fini
(frazione respirabile delle polveri), può aumentare il rischio di effetti
irritativi.
Il trattamento con vapore del tessuto può
determinare l’asportazione dallo stesso di varie sostanze che possono essere
irritanti e tossiche, la cui natura e quantità dipendono dal tipo di fibre che
costituiscono il tessuto, dai trattamenti di finissaggio ai quali il tessuto è
stato precedentemente sottoposto dal suo produttore e dalla attitudine delle
sostanze stesse ad essere estratte dal tessuto e trasportate nella corrente di
vapore.
danno atteso
Patologie irritative delle prime vie aeree e degli
occhi, con manifestazioni sintomatiche quali voce rauca o abbassamento della
voce, mal di gola, arrossamento degli occhi, lacrimazione, fastidio alla luce.
stima
L’esposizione alle polveri in questa fase lavorativa
è inferiore a quella che si può verificare al reparto taglio alle macchine
tagliaecuci.
interventi prevenzionistici
Per ridurre il rischio derivante dalla diffusione di
polveri e inquinanti aerodispersi nell’ambiente di lavoro, è opportuno:
-
preferire
l’impiego di tessuti privi di trattamenti con sostanze chimiche pericolose,
esaminando le schede tecniche dei tessuti rilasciate dal produttore.
-
prevedere
sistemi di aspirazione localizzata; talvolta ciò può essere di non semplice
realizzazione, in tal caso si può ricorrere alla ventilazione per ottenere la
diluizione della concentrazione delle polveri presenti nell’ambiente di lavoro;
il sistema di aspirazione / ventilazione deve essere progettato in modo che
l’operatore non sia investito dal flusso di aria polverosa.
-
alla
macchina per decatizzo, dove si può verificare lo sviluppo di polveri nella
zona di imbocco del tessuto (che coincide con la zona dove staziona
l’operatore), può essere prevista per l’addetto una postazione di lavoro
cabinata fornita di un sistema che tramite una leggera ventilazione determini
una sovrapressione interna che impedisca l’ingresso in cabina di polveri o
altri inquinanti aerodispersi.
-
Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
- D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
Esposizione a
vapore, calore radiante e microclima caldo umido
descrizione
La diffusione del vapore nell’ambiente di lavoro può
determinare un microclima caldo-umido. Il problema può essere maggiore nella
stagione estiva se i locali di lavoro non sono climatizzati. Inoltre le parti
calde delle macchine di trattamento del tessuto (vaporizzo, decatizzo) possono
esporre gli addetti al rischio di ustioni e a calore radiante.
danno atteso
L’esposizione a microclima caldo-umido può essere
causa di disturbi da scomfort
termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psicofisico; insieme alle
polveri, può contribuire a patologie respiratorie.
interventi prevenzionistici
-
Impianti
di aspirazione localizzata per captare gli inquinanti il più vicino possibile
alla fonte di emissione, progettati in modo che il flusso di aria inquinata non
investa l’operatore.
-
Coibentazione
delle pareti esterne delle macchine e dei condotti di adduzione del vapore e di
recupero della condensa.
-
Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
La movimentazione manuale dei carichi in questa fase
lavorativa è dovuta principalmente al sollevamento e allo spostamento dei
rotoli di tessuto e dei carrelli porta pezze.
danno atteso
Disturbi muscolo – scheletrici.
La movimentazione manuale di carichi pesanti è
ritenuta rischiosa per la gravidanza in quanto può determinare lesioni al feto
e un parto prematuro. Il rischio dipende dallo sforzo, vale a dire dal peso del
carico, dal modo in cui esso viene sollevato e dalla frequenza con cui avviene
il sollevamento durante l'orario di lavoro. Con il progredire della gravidanza
una lavoratrice incinta è esposta a un rischio maggiore di lesioni a seguito
della manipolazione manuale di carichi. Ciò è causato dal rilassamento ormonale
dei legamenti e dai problemi posturali ingenerati dalla gravidanza avanzata. Vi
possono essere inoltre rischi per le puerpere, ad esempio dopo un taglio
cesareo che può determinare una limitazione temporanea delle capacità di
sollevamento e di movimentazione. Le madri che allattano possono trovarsi a
disagio a causa del maggiore volume dei seni e della loro maggiore sensibilità.
interventi prevenzionistici
-
Ridurre
la movimentazione manuale per tutti i lavoratori, comprese le lavoratrici
gestanti o puerpere o in allattamento.
-
Utilizzare
ausili per la movimentazione.
-
Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 1026 del 1976, Art. 5, lett. f.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
Movimentazione
meccanica dei carichi
La movimentazione meccanica dei carichi in questa
fase lavorativa è dovuta principalmente al sollevamento e allo spostamento dei
rotoli di tessuto, dei carrelli porta pezze, dei cassoni metallici contenenti
vari rotoli di tessuto, i quali a loro volta vengono depositati su scaffalature
metalliche.
Per questa operazione vengono utilizzati transpalletts e carrelli elevatori a
trazione elettrica. Per gli aspetti generali riguardanti l’utilizzo dei mezzi
di sollevamento ed i relativi rischi, danni attesi e misure di prevenzione, si
veda la fase “movimentazione meccanica
dei carichi”.
Utilizzo di scaffalature verticali
descrizione
I tessuti e i materiali accessori sono stoccati su
scaffalature metalliche di varia portata a seconda delle necessità aziendali e
del tipo di materiale; ad esempio:
-
scaffalature
di struttura robusta, per lo stoccaggio dei rotoli di tessuto, direttamente o
entro cassoni metallici utilizzati per contenere più rotoli.
-
scaffalature
di struttura leggera, per lo stoccaggio di vari materiali accessori (bottoni,
cerniere zip, rinforzi sagomati, ecc…), in genere entro scatole di cartone.
Per l’accesso ai ripiani più alti delle scaffalature
per materiali leggeri, talvolta vengono utilizzate scale portatili.
Quando le scaffalature non sono adeguatamente
fissate alle pareti e/o di portata non adeguata, è possibile il loro
ribaltamento accidentale a seguito di:
-
urto
da parte degli addetti o da parte di carrelli elevatori.
-
sbilanciamento
del carico.
-
appoggio
di una scala portatile sulla quale sale l’addetto.
-
trascinamento
della struttura nel caso un addetto vi si appigli cadendo dalla scala
portatile.
E’ anche possibile la caduta della scaffalatura per
cedimento strutturale in caso il carico superi la portata o se la struttura è
deteriorata.
danno atteso
Lesioni traumatiche da urti e cadute.
In una azienda di un altro comparto in Toscana è recentemente accaduto un infortunio mortale
da schiacciamento sotto una scaffalatura caduta per cedimento strutturale.
interventi prevenzionistici
Le scaffalature devono essere di portata idonea,
dotate di cartelli che ne indichino la portata (in caso di ripiani con portata
diversa, ogni ripiano deve riportare l’indicazione della sua portata); le
scaffalature devono essere stabilmente fissate al soffitto o alle pareti o
comunque realizzate con una struttura tale che sia impossibile la caduta per
ribaltamento. Periodicamente è opportuno controllare il buono stato della
scaffalatura.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1994 e s.m.i.
descrizione
I tessuti stoccati in grande quantità possono
costituire un carico di incendio tale da far rientrare l’attività tra quelle
soggette al controllo da parte dei vigili del fuoco.
danno atteso
interventi prevenzionistici
Attuare le misure di prevenzione antincendio
necessarie al rilascio del C.I.P. Prestare attenzione in particolare alle
possibili fonti di innesco, predisporre le vie di fuga (vie sgombre, senso
corretto di apertura delle porte, maniglie antipanico, ecc..), illuminazione di
emergenza, mezzi estinguenti, segnaletica, cartellonistica, ecc..
Formare gli addetti alla gestione delle emergenze.
Informare e formare i lavoratori.
riferimenti normativi
- Norme generali di prevenzione incendi.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1994 e s.m.i.
APPALTI ESTERNI
Le fasi di controllo e trattamento del tessuto
(specchio, vaporizzo, decatizzo) sono spesso eseguite a cura del produttore del
tessuto oppure da ditte specializzate nella riparazione dei difetti dei
tessuti.
IMPATTO
ESTERNO
Non sono previsti impatti con l’esterno
PROGETTAZIONE
E PREPARAZIONE MODELLI
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Il modello
è un foglio di carta sagomata che riproduce le varie parti che compongono il
capo di abbigliamento e che è utilizzato al reparto taglio. Gli stilisti di moda progettano il capo di abbigliamento
eseguendo disegni e sviluppando il progetto fino alla realizzazione del modello.
Tradizionalmente, per la riproduzione dei disegni su
fogli di carta, erano utilizzate macchine per eliografia in un apposito
reparto, ma in molte aziende del comparto
esse sono state sostituite con plotter
elettronici, i quali sono collegati a Personal Computer dotati di appositi software utilizzati per la progettazione
dei capi di abbigliamento.
FATTORI DI RISCHIO
Lavoro ai
videoterminali
descrizione
Il lavoro continuativo al videoterminale, anche in
presenza di una postazione di lavoro correttamente progettata, comporta le seguenti
condizioni di rischio: impegno visivo ravvicinato, protratto e statico; fissità
della posizione seduta, abuso della mano e dell'avambraccio nella digitazione.
danno atteso
interventi prevenzionistici
Garantire un idoneo livello di illuminamento dello schermo e dell’ambiente di lavoro eliminando abbagliamenti o riflessi.
Garantire una postura corretta della schiena, degli
arti superiori e delle gambe.
Effettuare pause di riposo.
Mantenere un adeguato microclima nell’ambiente di lavoro.
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei
lavoratori che utilizzano in modo sistematico o abituale, una attrezzatura
munita di videoterminale per almeno 20 ore settimanali (dedotte le pause).
riferimenti normativi
-
Tit.
VI e All. VII del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 così come modificato dalla Legge
Comunitaria del 2000 (Legge n.422 del 29.12.2001).
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D.M.L.
del 02.10.2000 "Linee guida d'uso dei videoterminali" (Attuazione
dell'Art. 56 del D.Lgs. n.626/94 e s.m.i.).
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Circolare
n.16 del 25.01.2001 del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale “Modifiche al
titolo VII del D.Lgs. n. 626/1994 – Chiarimenti operativi in ordine alla
definizione di lavoratore esposto e sorveglianza sanitaria”.
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Norme
U.N.I. 7367, 9095, 7498.
Esposizione a
vapori di ammoniaca
descrizione
Dove è ancora presente la macchina per eliografia,
gli addetti possono essere esposti a vapori di ammoniaca.
danno atteso
irritazione delle prime vie aeree, delle mucose e della
cute.
interventi prevenzionistici
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Installazione
di aspirazioni localizzate alla macchina per eliografia.
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Appena
usciti dalla macchina, depositare i fogli eliografati in una cabina aspirata e
mantenerli in essa per un tempo sufficientemente lungo in modo da evitare che,
quando i fogli vengono portati al reparto taglio, gli addetti al taglio possano
venire esposti a vapori di ammoniaca.
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Ricambio
forzato dell'aria nell'ambiente di lavoro (consigliati almeno 6 ricambi / ora).
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Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 303 del 1956 e s.m.i.
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D.Lgs.
n. 626 del 1994 e s.m.i.
APPALTI ESTERNI
Questa lavorazione può essere appaltata all’esterno.
IMPATTO
ESTERNO
Si
tratta prevalentemente di carta e contenitori dei materiali di consumo del plotter.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Questa lavorazione consiste nel tagliare il tessuto nelle forme necessarie per confezionare il capo di abbigliamento secondo il modello. Talvolta, per tagliare i capi non in serie, sono utilizzate forbici; tuttavia nella maggior parte dei casi i tessuti vengono stesi e allineati lungo un tavolo in vari strati formando il cosiddetto materasso, costituito da tessuti di uguale natura e destinati allo stesso tipo di confezione, sul quale si interviene per effettuare il taglio tramite taglierine computerizzate, oppure tramite taglierine manuali. In quest’ultimo caso si posiziona il modello (realizzato in carta termoaderente) sulla superficie del materasso al quale si fa aderire, passandoci sopra una piastra metallica calda. Tale operazione è effettuata manualmente dall’addetto, il quale si deve chinare in avanti sul banco di stesura per passare la piastra calda sul modello. Si effettua un 1° taglio grossolano, tramite taglierine elettriche ad azionamento manuale, per prelevare un pezzo di materasso contenente il modello, e poi si effettua un 2° taglio di rifinitura, tramite sega a nastro, seguendo precisamente le linee del modello.
Talvolta, anche nelle aziende dove sono presenti taglierine computerizzate, la produzione di alcuni capi richiede il taglio a mano, come nel caso di tessuti disegnati, ad esempio a quadri, per i quali è necessario che il taglio, oltre a seguire il modello, segua anche le linee del disegno del tessuto.
Lo spessore del materasso può variare da qualche centimetro fino a circa 20 cm., in base sia al tipo di tessuto, sia alle esigenze produttive (a seconda di quanti capi dello stesso tipo si intende produrre).
Nelle aziende che non dispongono della macchina specchio (vedi fase stoccaggio, controllo e trattamento tessuto), durante la stesura
viene anche effettuato un controllo visivo della qualità del tessuto.
La movimentazione delle pezze di tessuto (bobine),
dal magazzino fino al banco di stesura e taglio, in genere avviene tramite
carrelli elevatori a trazione elettrica, ma in alcuni casi sono presenti
sistemi automatici che movimentano le bobine dal magazzino alla macchina e che
effettuano direttamente il caricamento delle bobine sulla macchina stessa.
In questo reparto possono essere presenti varie attrezzature e macchine.
Si tratta di lunghi banchi sui quali viene
appoggiato il tessuto da tagliare. Il tessuto viene steso, con mezzi manuali o
tramite macchine semiautomatiche, fino a formare il materasso il quale viene
tagliato in modo manuale o automatico, secondo le linee dei modelli da
confezionare: il taglio viene eseguito sull’intero materasso, seguendo il
profilo del modello.
Nei sistemi semiautomatici di stenditura, l’addetto comanda la macchina stenditrice da una postazione di lavoro posta su una piattaforma mobile, di poco più alta del livello del pavimento e solidale al carrello stenditore, che scorre lungo il banco di stesura e taglio.
Taglierine
Sono attrezzature manuali ad alimentazione
elettrica, dotate di una lama verticale a movimento alternato, utilizzate per
il taglio (tenendo fermo il materiale e spostando la taglierina).
Seghe a nastro
Sono utilizzate per il taglio (tenendo ferma la lama
e spostando il materiale).
Trance
Si tratta di macchine ad azionamento idraulico,
utilizzate per tagliare particolari pezzi componenti dei vari capi di abbigliamento
a seconda del modello; ad esempio, nel caso di una giacca: il collo, il
taschino, ecc…Esistono trance a bandiera oppure con il ponte superiore fisso ed
il piano di tranciatura mobile, tuttavia in molte aziende del comparto le trance non sono utilizzate.
FATTORI DI RISCHIO
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
-
Il
carrello stenditore, durante il suo moto lungo il banco di stesura e taglio,
può determinare l’investimento di persone che possono trovarsi nella zona
operativa; inoltre può essere presente il rischio di schiacciamento degli arti
dell’addetto tra carrello stenditore (mobile) e banco di stenditura e taglio
(fisso).
-
Le
ruote del carrello stenditore che scorrono su guide poste lungo il banco di
stenditura e taglio possono costituire rischi infortunistici per presa e
trascinamento, schiacciamento.
-
Le
taglierine e le seghe a nastro possono comportare il rischio di infortuni per
contatto con la lama. In generale l’utilizzo della sega a nastro può comportare
un rischio maggiore rispetto all’utilizzo della taglierina, sia per il tipo di
lavorazione che per la sua durata.
-
Le
trance possono determinare il rischio di schiacciamento delle mani tra la parte
fissa e la parte mobile.
-
Gli
organi di trasmissione del moto delle macchine possono costituire rischi
infortunistici per presa e trascinamento.
danno atteso
-
In
caso di investimento dal carrello stenditore, schiacciamento tra parte mobile e
parte fissa, presa e trascinamento dagli organi di trasmissione del moto:
lesioni traumatiche (contusioni e ferite).
-
In
caso di contatto con la lama tagliente: ferite da taglio alle mani e alle dita;
amputazione delle dita.
interventi prevenzionistici
-
Dispositivo
di arresto automatico del carrello stenditore in caso di urto (barra sensibile
ad entrambi i lati della piattaforma mobile).
-
Dispositivo
di protezione coprilama regolabile in modo che venga lasciata scoperta solo
quella parte della lama che di volta in volta è necessaria per il taglio. Il
coprilama talvolta può essere integrato con uno schermo in plexiglas.
-
Dispositivo
scansamano sulle ruote del carrello mobile.
-
Doppi
comandi a consenso e distanziati tra loro, tali da tenere impegnate entrambe
dell’operatore addetto alla trancia.
-
Gli
addetti al taglio devono indossare guanti antitaglio in maglia di acciaio.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
-
D.P.R.
n. 459/1996 (Direttiva Macchine).
-
norme
UNI e CEI
Esposizione a
polveri e inquinanti aerodispersi o adsorbiti
descrizione
Sia durante la stenditura del tessuto sul banco di
taglio, sia durante l’operazione di taglio vera e propria si possono diffondere
nell’ambiente di lavoro le polveri del tessuto stesso, le quali possono essere
portatrici di inquinanti chimici, a seconda della natura del tessuto e dei
trattamenti con prodotti chimici pericolosi per la salute ai quali è stato
eventualmente sottoposto il tessuto in precedenza.
Alcuni tipi di tessuto, in
particolare quelli invernali (pile, velluto, etc.) sono particolarmente
polverosi durante il taglio e, in mancanza di aspirazione localizzata,
l’esposizione alle polveri di tessuto può essere notevole. Queste tipologie di
tessuto presentano il vantaggio che l’operazione di taglio è meno faticosa
rispetto al taglio di altri tessuti più duri, come ad esempio il cotone, il
quale però genera meno polvere.
I frammenti di filo di certi tessuti sintetici
notevolmente duri, possono essere proiettati dalle macchine da taglio ed
investire gli addetti, infiggendosi nella cute (le parti maggiormente esposte
sono le mani).
danno
atteso
L’esposizione a polveri di tessuto può essere causa
di imbrattamento, irritazione degli occhi e vie respiratorie, irritazione
cutanea. L’azione meccanica che piccoli frammenti di filo di certi tessuti duri
possono esercitare sulla cute, può determinare su di essa una serie di piccole
scarificazioni (prodotte anche dall’azione spontanea di grattarsi per il
fastidio dovuto al corpo estraneo), le quali costituiscono un terreno favorevole
per l’insorgenza di dermatiti.
L’adsorbimento dei gas alle particelle fini
(frazione respirabile delle polveri), può aumentare il rischio di effetti
irritativi.
interventi prevenzionistici
-
Impianti
di aspirazione localizzata per captare gli inquinanti il più vicino possibile
alla fonte di emissione. Sui banchi di stesura e taglio, essendo questi di
grandi dimensioni, talvolta ciò può essere di non semplice realizzazione, in
tal caso si può ricorrere alla ventilazione per ottenere la diluizione della
concentrazione delle polveri e dei gas presenti nell’ambiente di lavoro. Il
sistema di aspirazione / ventilazione deve essere progettato in modo che
l’operatore non sia investito dal flusso di aria polverosa.
-
Le
taglierine possono essere dotate di un piccolo aspiratore a cartuccia.
L’efficienza dell’aspiratore può essere ottenuta svuotando frequentemente la
cartuccia (tale operazione richiede una procedura organizzata in modo opportuno
per evitare che l’operatore possa essere esposto alla polvere al momento che
effettua lo svuotamento della cartuccia).
-
Frequente
pulizia dell'ambiente di lavoro, evitando l'utilizzo di scope che darebbero
luogo al sollevamento di polvere, ma utilizzando invece aspirapolveri
industriali dotati di filtro che eviti la nuova immissione di polveri fini
nell'ambiente di lavoro.
-
Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
- D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
-
L.1204/71
Art.3 comma III
Fig. n. 3: schema grafico della taglierina. A) motore elettrico; B)
aspiratore: C) protezione sulla lama di taglio.
descrizione
In questa fase lavorativa il rumore è dovuto principalmente alle macchine per il taglio del tessuto.
stima
Data la vicinanza dell’operatore alla macchina durante il taglio e considerato che gli addetti a questa mansione in genere sono sempre gli stessi, l’esposizione a rumore può essere medio-alta.
danno atteso
L’esposizione continuativa a rumore, oltre ai
disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, può provocare
danni extrauditivi che si possono manifestare anche per livelli di esposizione
inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure
preventive, quali: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna,
ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia);
disturbi a carico dell’apparato digerente. L’esposizione continuativa a livelli
di rumore medio-alti può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore).
Come conseguenza della necessità di parlare ad alta
voce per le comunicazioni verbali in presenza di rumore si può verificare
l’affaticamento delle corde vocali, che può essere una concausa (insieme alla
esposizione a microclima sfavorevole, vapori, polveri e sostanze chimiche) per
l’insorgenza di laringopatie con ipofonesi.
interventi prevenzionistici
Anche dove i livelli di rumore non sono considerati di particolare rischio per l’udito, è bene attuare tutte le possibili misure di riduzione del rumore rendendo l’ambiente idoneo a comunicazioni verbali con voce più bassa.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
descrizione
L’utilizzo di taglierine elettriche manuali può
essere causa di esposizione a vibrazioni a carico degli arti superiori. Stare
in piedi in prossimità della trancia e stare in piedi sulla pedana del banco di
stesura possono essere cause di esposizione a vibrazioni a carico degli arti
inferiori.
danno atteso
L’esposizione continuativa a vibrazioni può causare
una malattia professionale detta Sindrome
di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno
del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della
microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da
esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta. L’insorgenza di
questa patologia è correlata ai tempi ed all’entità di esposizione.
prevenzione
- Utilizzare taglierine del tipo a bassa vibrazione e minore impatto vibratorio, oltre a effettuare su di esse una accurata manutenzione.
-
Per
ridurre la possibilità della trasmissione di vibrazioni dalla trancia alla
struttura dello stabilimento produttivo, è opportuno installare sotto la
trancia un basamento dimensionato in modo tale da evitare ponti acustici con la
restante struttura del fabbricato.
-
D.M.L.
del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la
denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali".
-
Art.
46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R.
n. 547 del 27.04.1955.
-
Art.
24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del
19.3.1956.
-
9.9.3
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per movimentazione".
-
1.5.9
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".
-
1.5.9
"Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate
e disposizioni di carattere equivalente"
D.P.R. n. 459 del 24.07.1996
-
Comunicazione
CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione
della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del
Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle
direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
-
Norma
UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la
valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".
-
D.M.
30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai
sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2):
«Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE,
91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".
-
Comunicazione
CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della
direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine,
modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
descrizione
Le operazioni di stesura e taglio del tessuto,
quando sono eseguite manualmente, possono esporre gli addetti ai rischi
derivanti dalla assunzione di posture scorrette (in particolare posture a
schiena flessa) e dalla esecuzione di movimenti ripetitivi a carico della mano.
Inoltre, nella maggior parte dei casi, il lavoro è svolto prevalentemente in
piedi. L’operazione di taglio, sia che venga effettuata con forbici, con
taglierine o con sega a nastro può essere faticosa specie quando si tagliano
tessuti duri.
Possono essere presenti rischi da movimentazione
manuale dei carichi per il caricamento della bobina di tessuto sui supporti dei
banchi di stesura e taglio, dove l’operazione non è stata automatizzata.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici. Tenosinoviti a carico
dei flessori-estensori delle dita della mano destra impegnata nell’utilizzo
delle attrezzature di taglio manuale. Alterazioni della sensibilità, formicolio
(in particolare durante di riposo notturno) e dolore.
La fatica derivante dallo stare in piedi e da altre
attività fisiche per le lavoratrici in gravidanza è stata spesso segnalata tra
le cause di aborti spontanei, parti prematuri e neonati sottopeso. Inoltre la
stazione eretta prolungata può aggravare la stasi venosa e i disturbi a carico
della colonna vertebrale frequenti in gravidanza.
interventi prevenzionistici
-
Evitare
l’uso delle forbici per tempi prolungati (30 minuti continuativi di utilizzo
delle forbici andrebbero alternati per almeno mezz’ora con altri lavori che non
comportino movimenti rapidi e ripetitivi della mano);
-
L’uso
delle forbici non deve richiedere l’uso di forza; per ridurre lo sforzo è
necessaria una buona manutenzione delle lame (affilatura).
-
È
necessario scegliere modelli di forbici ben conformati che consentano
l’alloggiamento delle dita senza provocare dannose compressioni delle strutture
della mano.
-
Sostituire
il più possibile le operazioni di taglio manuale con operazioni di taglio
automatico.
-
Automatizzare
il sistema di caricamento delle bobine di tessuto sui banchi di stesura e
taglio.
-
Progettare
adeguatamente il posto di lavoro.
-
Prevedere
pause, turnazione con altre mansioni che consentano un cambio della posizione
eretta/seduta.
-
Per
le lavoratrici in gravidanza assicurare che il ritmo e l’intensità del lavoro
non sia eccessivo. Favorire una gestione delle pause da parte della lavoratrice
stessa. Assicurare che vi sia la possibilità di sedersi. Adeguare il posto di
lavoro o delle procedure operative al crescere del volume addominale al fine di
contribuire a ridurre i problemi posturali e il rischio di infortuni.
Allontanare o spostare la lavoratrice dalla mansione nel caso non sia possibile
la eliminazione della stazione in piedi per più di metà dell’orario di lavoro o
della posizione particolarmente affaticante.
-
Informazione,
formazione degli addetti sia nell’assumere atteggiamenti e/o abitudini di vita
e di lavoro adatte a proteggere la schiena e le altre articolazioni, sia nello
svolgere utili esercizi di rilassamento, stiramento e rinforzo muscolare.
-
Sorveglianza
sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 1026 del 1976, Art. 5, lett. g., f
-
D.Lgs.
n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
APPALTI ESTERNI
Questa
lavorazione può essere appaltata all’esterno
IMPATTO
ESTERNO
Si tratta principalmente degli sfridi di tessuto derivanti dal taglio e dalle anime di cartone sulle quali è avvolto il tessuto in rotoli, dai fogli di carta che riproducono il modello. Ad esempio, una azienda di medie dimensioni del comparto ha dichiarato per l’anno 2000 una produzione complessiva di rifiuti di circa 8.400 Kg. di fibre tessili (Cod. CER 150101) e di circa 30.000 Kg. di carta e cartone.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
In questo reparto si cuciono insieme le varie parti
che compongono il capo di abbigliamento.
In questo reparto possono essere presenti varie
macchine.
Sono macchine ad alimentazione elettrica e comando a
manuale e a pedale. Esistono diversi tipi di macchine per cucire: macchine
piane, a braccio, cilindriche, con base a colonna, ecc… Possono essere
utilizzate a vari scopi: cuciture lineari, attaccare maniche, fare occhielli,
attaccare bottoni, ecc…
In genere le macchine per cucire sono dotate di due
linee distinte di lubrificazione: una per gli organi elettropneumatici e
l’altra per gli organi di cucitura:
-
Gli
organi elettropneumatici vengono lubrificati con un sistema ad aerosol: il
lubrificante viene fatto cadere goccia a goccia mentre viene investito da una
corrente d’aria compressa che ne determina la sua conversione in aerosol.
Quest’ultimo, dopo aver attraversato gli organi elettropneumatici
lubrificandoli, viene filtrato allo scopo di recuperare la maggior parte del
lubrificante contenuto nella corrente d’aria, prima essa sia espulsa dalla
macchina.
-
Gli
organi di cucitura vengono lubrificati con un sistema a caduta o pompa
centrifuga interna: in questo caso non si ha formazione di aerosol e la maggior
parte del lubrificante, assolta la sua funzione, si deposita nel sottofondo
della macchina.
L’olio lubrificante utilizzato in entrambi i casi è
in genere lo stesso.
Sono macchine ad alimentazione elettrica e comando a
manuale e a pedale. La tagliaecuci è una macchina per cucire dotata anche di un
dispositivo di taglio (coltello) per
togliere le parti eccedenti di tessuto. Questa macchina può essere utilizzata
sia per il tessuto che per le fodere, per realizzare cuciture interne dei capi
di abbigliamento.
Si tratta di particolari macchine da cucire ad
alimentazione elettrica utilizzate per attaccare i bottoni. In genere sono
dotate di un vetro ottico, chiamato salvaocchi,
che ha la funzione di lente di ingrandimento per meglio visualizzare la zona
operativa. Il salvaocchi è posto
circa a metà distanza tra l’occhio e il punto di applicazione del bottone, è
mobile nel senso alto-basso, ed è anche incernierato su un lato in modo da
poterlo escludere.
FATTORI DI RISCHIO
Lavoro
ripetitivo, posture scorrette, carico di lavoro fisico.
descrizione
Gli addetti alle operazioni di cucito svolgono la
lavorazione stando seduti fissi alle macchine, compiendo movimenti ripetitivi.
La postura seduta fissa alle macchine può essere aggravata dalla non corretta
progettazione del posto di lavoro e indurre gli addetti ad assumere una
flessione della parte alta del tronco (dorso curvo) e del collo ed a tenere le
braccia sollevate o comunque non appoggiate e la coscia e la gamba in
angolature scorrette. Il problema è causato in genere da inadeguata distanza
tra il sedile e il piano di lavoro, quando la presenza sotto il piano di lavoro
del motore di altre parti funzionali (sistema di trasmissione del moto,
lubrificazione, ecc…) non consentire una buona sistemazione delle gambe.
L'addetto allora può tendere ad una eccessiva flessione del tronco per
avvicinarsi alla zona di cucitura, allo scopo di stabilire una distanza
ottimale, tra l’occhio ed il punto di applicazione, che è stimata in circa 35
cm.
La posizione scorretta della seduta può essere
dovuta anche all’utilizzo di sedie non idonee e non adeguabili alle esigenze
personali.
Durante la postura seduta fissa alla macchina,
l’errato rapporto delle distanze tra il sedile ed il piano di lavoro, così come
tra il sedile e la pedana, può determinare la compressione della faccia
posteriore delle cosce o una sollecitazione eccessiva del piede.
La presa continuativa di parti di capi di
abbigliamento da cucire e i movimenti per prendere eventuali oggetti posti
dietro la schiena e in basso rispetto alla postazione di lavoro seduta alla
macchina da cucire, possono comportare una notevole sollecitazione a carico del
polso e delle dita, della spalla e del rachide. Inoltre, la cucitura di tessuti
rigidi comporta la necessità tirare il tessuto sotto l’ago per farlo scorrere.
Per le donne in gravidanza è potenzialmente
pericoloso lavorare in posti di lavoro ristretti ovvero in postazioni non
sufficientemente adattabili per tenere conto del crescente volume addominale,
in particolare a gravidanza inoltrata. Il permanere a lungo immobili in
posizione seduta aggrava i rischi di trombosi, embolia, lombalgia già presente
in gravidanza.
stima
Il lavoro alla macchina da cucire è spesso
erroneamente ritenuto leggero e pertanto i relativi rischi sono sottovalutati;
infatti, l’immagine considerata di un lavoro pesante è in genere quella di una
attività faticosa che coinvolge tutto il corpo, come ad esempio la
movimentazione manuale di carichi pesanti, mentre si tende a non preoccuparsi
della pesantezza del lavoro di una persona seduta alla macchina da cucire,
occupata a spostare carichi leggeri. Da un punto di vista energetico, stante lo
scarso peso unitario dei capi da cucire, l’esercizio muscolare sembra leggero,
tuttavia se si considera, nell’arco dell’intera giornata lavorativa, il numero
di volte che un capo viene sollevato, lo sforzo esercitato e i movimenti
ripetuti delle braccia, spesso in posture scorrette, ci si rende conto di
quanto siano rilevanti il carico di lavoro e le sollecitazioni osteoarticolari.
Studi condotti in Quebec tra le lavoratrici addette alle macchine da cucire per la
cucitura in serie di pantaloni, hanno dimostrato che una lavoratrice può
arrivare a ripetere lo stesso ciclo oltre 1.500 volte al giorno, sollevare
complessivamente oltre 400 Kg di materiale, esercitare una forza di oltre 2.850
Kg. con le braccia, le spalle e le mani, 29.648 Kg con le gambe per
l’attivazione del pedale. Tutto ciò
dimostra come non si possa considerare il lavoro delle addette alla cucitura
“un lavoro leggero”.
Nel comparto produttivo in Toscana, lo sforzo fisico
delle addette al cucito è mitigato dal fatto che spesso la cucitura in serie è
appaltata a ditte esterne extraregionali.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici, che si manifestano in particolare
come dolori di schiena, pesantezza e formicolio degli arti superiori e
inferiori. Sono segnalate per le sarte maggiori probabilità di soffrire al
momento del pensionamento di forme di inabilità grave e permanente, nonché una
elevata frequenza di lesioni muscoloscheletriche alla spalla sinistra.
Il disagio alle gambe è maggiore nei soggetti
portatori di varici o nevriti agli arti inferiori.
Disturbi da affaticamento visivo (bruciore agli
occhi, ecc…).
La stazione seduta prolungata e in spazi ristretti
può aggravare la stasi venosa e i disturbi muscolari (stiramenti, strappi,
ecc…) che sono favoriti durante la gravidanza.
Disturbi da stress mentale per monotonia del lavoro,
carichi di lavoro elevati concentrati nel tempo, incertezza del lavoro, ecc...
interventi prevenzionistici
-
Progettazione
adeguata del posto di lavoro. Riportiamo qui alcune indicazioni che sono
risultate vantaggiose:
§
la
macchina è stata sollevata in modo da alzare il piano di lavoro il quale è
stato sdoppiato e inclinato con un angolo di 8° verso l’esterno; ciò ha
consentito di rendere più ampio il campo visivo sul punto di applicazione
(altrimenti parzialmente limitato dal ponte della macchina) e di ridurre la
distanza tra l’occhio e il punto di applicazione. Il piano di lavoro originario
è stato mantenuto per garantire il necessario appoggio degli arti superiori sui
gomiti. Il piano superiore sul quale poggia la macchina è stato conformato con
una opportuna convessità allo scopo di agevolare lo scorrimento del tessuto.
§
il
piano di lavoro può essere reso regolabile in altezza fino a consentire
l’alternanza della posizione seduta con quella in piedi e/o l’utilizzo di
appoggi “siedi-in-piedi”.
§
la
pedana e/o i pedali di comando, tradizionalmente fissi sulla struttura della
macchina, sono stati resi mobili consentendo movimenti di aggiustamento nelle
tre direzioni: avanti-indietro, alto-basso, destra-sinistra.
§
il
sedile è stato reso regolabile in altezza e più facilmente avvicinabile alla
macchina, in modo da favorire, insieme al sollevamento del punto di
applicazione, il corretto atteggiamento eretto della colonna vertebrale.
Il favorevole risultato è
stato documentato con tracciati elettromiografici, eseguiti prima e dopo
l’adozione dei suddetti accorgimenti, che hanno dimostrato una minore tensione
muscolare nella nuova situazione posturale.
Gli arti inferiori, inoltre,
assumono un corretto assetto con un angolo di 110° sotto il ginocchio e con un
angolo di 90° tra piede e gamba.
A questi risultati si può
giungere grazie ad una progettazione ergonomica dell’intera macchina, pertanto
per le aziende del comparto può
essere più facile rivolgersi alle ditte costruttrici delle macchine e valutare
la possibilità di sostituire le macchine presenti in azienda piuttosto che
incaricare il proprio ufficio tecnico di apportarvi delle modifiche.
La seduta dovrebbe essere un
supporto stabile per il corpo in una postura che è fisicamente soddisfacente e
appropriata per il compito o l’attività e che rimane confortevole per un lungo
periodo di tempo. Normalmente la seduta dovrebbe essere rotabile. Per
realizzare una seduta idonea si può fare riferimento alle norme UNI EN ISO 7250
e UNI EN 547-3.
-
Inoltre
possono essere utili:
§
Poggia
braccia regolabili da applicare sul piano della macchina se il punto di
cucitura è alto.
§
sagomatura
del piano di lavoro in modo adeguato per facilitare l’appoggio degli arti
superiori e dei tessuti da cucire.
§
pedali
e pedane che richiedano un ridotto sforzo per il loro azionamento
§
contenitori
appositi da porre di fianco (e non dietro) all’addetto, per alloggiare i pezzi
da cucire ed i pezzi cuciti.
§
organizzare
il lavoro e progettare il posto di lavoro in modo da ridurre la frequenza e
l’ampiezza dei movimenti di adduzione, abduzione e rotazione della spalla.
-
Organizzazione
del lavoro, turnazione con periodi di riposo o altre mansioni, che consentono
di alternare la posizione seduta con quella in piedi, pause brevi ma frequenti
per sgranchirsi la schiena e le braccia.
-
Per
ridurre la monotonia del lavoro è opportuno disporre le postazioni di lavoro in
modo da favorire la socializzazione; ad esempio, anziché tutte in fila una
dietro l’altra (come avviene tradizionalmente), le postazioni di lavoro possono
essere disposte in semicerchio o a coppie affacciate.
-
Per
le lavoratrici in gravidanza assicurare che il ritmo e l’intensità del lavoro
non sia eccessivo. Favorire una gestione delle pause da parte della lavoratrice
stessa. Assicurare che vi sia la possibilità di sedersi. L’adeguamento del
posto di lavoro o delle procedure operative al crescere del volume addominale,
contribuisce a ridurre i problemi posturali e rischio di infortuni.
-
Informazione,
formazione degli addetti sia nell’assumere atteggiamenti e/o abitudini di vita
e di lavoro adatte a proteggere la schiena e le altre articolazioni, sia nello
svolgere utili esercizi di rilassamento, stiramento e rinforzo muscolare.
-
Sorveglianza
sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
-
D.P.R.
1026/76 Art. 5 lett. g, h.
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
-
Norma
UNI EN ISO 7250 del 29.02.2000 (sostituisce UNI 10120) “Misurazioni di base del
corpo umano per la progettazione tecnologica”- La norma è la versione ufficiale
in lingua italiana della norma europea EN ISO 7250 (edizione luglio 1997). La
norma fornisce una descrizione delle misure antropometriche che può essere
utilizzata come base per il confronto di gruppi di popolazione. L'elenco di
riferimento specificato nella norma e' destinato a servire come guida per
ergonomiche devono definire gruppi di popolazione e applicare le loro
conoscenze alla progettazione delle geometrie dei luoghi nei quali le persone
lavorano e vivono. Concordanze: EN
ISO 7250 del 1997 - ISO 7250 del 1996.
-
Norma
UNI EN 547-3 del 30.09.1998 “Sicurezza
del macchinario - Misure del corpo umano - Dati antropometrici”. La norma è
la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 547-3 (edizione
dicembre 1996). La norma specifica le misure del corpo umano attualmente
accettate, cioè i dati antropometrici richiesti dalla UNI EN 547-1 e dalla UNI
EN 547-2 per calcolare le dimensioni delle aperture d'accesso utilizzate nel
macchinario. Concordanze: EN 547-3
del 1996.
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Il rapido movimento alternato dell’ago cucitrice può
esporre gli addetti al rischio di puntura da parte dell’ago stesso. In caso di
rottura accidentale dell’ago, i frammenti possono proiettarsi sull’operatore.
La cinghia di trasmissione del moto può determinare
il rischio di presa e trascinamento.
danno atteso
-
Ferite
alle dita delle mani, in genere di lieve entità.
-
Ferite
cutanee e lesioni oculari in caso di proiezione dei frammenti di ago
conseguente alla sua rottura accidentale.
interventi prevenzionistici
-
Installazione
di protezioni salvadito e salvaocchi nella zona di lavoro dell’ago.
-
Installazione
di carter di protezione agli organi di trasmissione del moto, fisso o munito di
dispositivo di interblocco.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
-
D.P.R.
n. 459/1996 (Direttiva Macchine).
-
norme
UNI e CEI
Esposizione a
polveri
descrizione
Le lavorazioni eseguite sul tessuto mediante le
macchine sopra descritte, possono determinare lo sviluppo di polveri che si
possono diffondere nell’ambiente di lavoro. Il problema richiede una
particolare attenzione per la tagliaecuci, in quanto la macchina per cucire in
genere da luogo ad uno sviluppo di polveri molto minore.
Le polveri prodotte dalla tagliaecuci sono dovute
alla produzione di sfrido frastagliato del tessuto ed alla produzione di
eccedenza di filato (cordellina); inoltre, il riscaldamento localizzato indotto
sul tessuto dall’azione meccanica del coltello, favorisce la aerodispersione
delle polveri.
danno atteso
L’esposizione a polveri di tessuto può essere causa
di irritazione degli occhi e vie respiratorie, irritazione cutanea. L’azione
meccanica che piccoli frammenti di filo di certi tessuti duri possono
esercitare sulla cute, può determinare su di essa una serie di piccole
scarificazioni (prodotte anche dall’azione spontanea di grattarsi per il
fastidio dovuto al corpo estraneo), le quali costituiscono un terreno
favorevole per l’insorgenza di dermatiti.
interventi prevenzionistici
-
Ventilazione
generale dell’ambiente di lavoro.
-
Installazione
alla tagliaecuci di due bocchette di aspirazione: una posizionata il più vicino
possibile al coltello rifilatore, lateralmente o in basso anteriormente ad
esso; l’altra posizionata posteriormente all’ago. Ad entrambe le bocchette,
l’aspirazione può essere realizzata con un sistema aspirante tradizionale,
oppure tramite l’asservimento di un sistema ad aria compressa che sfrutta il
principio dell’eiettore. I residui devono essere convogliati in appositi
contenitori filtranti.
-
Frequente
pulizia dell'ambiente di lavoro, evitando l'utilizzo di scope che darebbero
luogo al sollevamento di polvere, ma utilizzando invece aspirapolveri
industriali dotati di filtro che eviti la nuova immissione di polveri fini
nell'ambiente di lavoro.
-
Utilizzo
di aspiratori individuali per la frequente pulizia del tavolo di lavoro e degli
indumenti dell’operatore.
-
Indossare
D.P.I. (grembiuli) e utilizzare armadietti doppio scomparto per separare gli
abiti civili da quelli utilizzati per il lavoro.
-
Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
- D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
Fig. n. 4.1: schema grafico sorgettatrice. A) bocchetta di aspirazione
dello sfrido al coltello rifilatore. B) bocchetta di aspirazione dell’eccedenza
di filato posteriormente all’ago.
Fig. n. 4.2: schema grafico sorgettatrice. A) sezione della bocchetta
di aspirazione dello sfrido al coltello rifilatore. B) sezione bocchetta di
aspirazione dell’eccedenza di filato posteriormente all’ago. C) contenitore di
raccolta filtrante e/o evacuante all’esterno dell’ambiente di lavoro.
Esposizione ad
aerosol di olio lubrificante
descrizione
Il sistema di lubrificazione degli organi
elettropneumatici può determinare la diffusione di aerosol di olio lubrificate
nell’ambiente di lavoro.
stima
Una stima del rischio di esposizione, quando non
siano disponibili misurazioni ambientali e/o di esposizione personale, può
essere ottenuta indirettamente dal consumo di olio lubrificante che
periodicamente necessita di essere aggiunto nella macchina. In alcuni casi, il
consumo di olio lubrificante della linea di lubrificazione ad aerosol di una
macchina per cucire, è stato stimato in
circa 125 – 150 cc al mese.
danno atteso
Sono possibili danni alla pelle, agli occhi e alle vie
respiratorie la cui entità dipende dalla natura dei prodotti impiegati come oli
lubrificanti.
interventi prevenzionistici
-
Verifica
della efficacia dei filtri e loro periodica sostituzione secondo le indicazioni
del fabbricante.
-
Esame
della scheda di sicurezza del prodotto (che deve essere obbligatoriamente
fornita dal fornitore) e valutazione della possibilità di sostituzione con
prodotti meno pericolosi.
-
Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
descrizione
Il lavoro del cucito può richiedere un impegno
visivo ravvicinato e protratto e il frequente alternarsi di punti di focalizzazione
diversi. In particolare gli addetti alle macchine attaccabottoni, talvolta non
utilizzano il salvaocchi perché ciò
richiederebbe una frequente diversa accomodazione rispetto al punto di
applicazione. Questo tipo di visione sollecita fortemente i muscoli per la
messa a fuoco dell’immagine e per la motilità oculare. L’impegno aumenta quanto
più l’oggetto è vicino o piccolo e quanto più a lungo è fissato nel tempo.
All’affaticamento visivo contribuiscono i movimenti ritmici e continui, per
esempio seguire il tessuto che scorre sul piano di lavoro e/o l’ago della
macchina. Un altro fattore da considerare attentamente è il sistema di
illuminazione naturale e artificiale dell’ambiente di lavoro.
danno atteso
In situazioni di sovraccarico dell’apparato visivo
possono insorgere disturbi reversibili quali bruciori, lacrimazione, secchezza,
senso di corpo estraneo, ammiccamento frequente, fastidio alla luce,
pesantezza, visione annebbiata, visione sdoppiata, stanchezza durante la
visione protratta da vicino. Questi disturbi nel loro complesso costituiscono
la sindrome da fatica visiva (astenopia).
L’affaticamento visivo ed il movimento alto-basso
possono favorire l’insorgenza di nistagmo verticale.
Tali disturbi, in talune condizioni, possono
manifestarsi maggiormente in caso siano presenti negli addetti difetti visivi
(presbiopia, ipermetropia, astigmatismo, miopia) non o mal corretti.
interventi prevenzionistici
-
Il
sistema di illuminazione deve essere realizzato in modo tale da garantire la
posizione corretta rispetto al punto di applicazione, sul quale i valori di
illuminamento devono essere idonei alla finezza che il lavoro richiede: ad
esempio, considerando che prevalentemente vengono svolti lavori di media
finezza, valori di 450 – 600 lux possono in genere essere considerati
soddisfacenti. È opportuno utilizzare lampade a bassa luminanza (e quindi minor
abbagliamento), minimo calore e gradevole colore, ad esempio le lampade a
scarica di vapori fluorescenti in genere possono essere considerate idonee. Al
fine di ridurre la possibilità di esposizione alle radiazioni ultraviolette, è
bene che le lampade siano installate ad una opportuna distanza (ad esempio
almeno 1 metro) dalla testa dell’operatore; per un illuminamento migliore
possibile è opportuno disporre le lampade secondo la regola dei 30 gradi, in
modo tale da non entrare nel campo visivo dell’operatore mentre lavora.
L’installazione elettrica deve essere realizzata in modo tale da evitare lo
sfarfallamento dell’illuminazione (ad esempio installando le lampade sulle tre
fasi dell’impianto elettrico trifase).
-
Progettazione
corretta del posto di lavoro, tenendo in debita considerazione, oltre agli
aspetti ergonomici posturali, anche la posizione rispetto al sistema di
illuminazione; è bene che le superfici di lavoro siano opache in moda da
evitare riflessi che possono essere causa di abbagliamento.
-
Sottoporre
gli addetti ad un controllo dell’apparato oculo-visivo, prima che vengano
assegnati a mansioni che comportano un impegno visivo ravvicinato per buona
parte del turno, al fine di evidenziare eventuali difetti visivi (miopia,
astigmatismo, ecc…) di cui il soggetto sia già portatore e correggerle
adeguatamente, anche se lievi, per evitare un ulteriore sforzo visivo durante
il lavoro.
-
Organizzazione
corretta del lavoro.
-
Pause
e turnazione con altre mansioni.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
Esposizione a
rumore
descrizione
In questa fase lavorativa il rumore deriva
prevalentemente dalle macchine attaccabottoni, dalle macchine da cucire e dalle
tagliaecuci, per il movimento dei loro organi meccanici e per il sistema di
lubrificazione.
stima
La stima della esposizione personale a rumore in
questo reparto è da valutare in relazione al tipo e al numero di macchine
funzionanti contemporaneamente e all'eventuale funzionamento nello stesso
reparto di altre macchine rumorose. In genere nell’industria dell’abbigliamento
il livello sonoro è contenuto entro gli 85 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa a rumore, oltre ai
disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, può provocare
danni extrauditivi che si possono manifestare anche per livelli di esposizione
inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive,
quali: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…);
disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a
carico dell’apparato digerente. L’esposizione continuativa a livelli di rumore
medio-alti può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore).
Come conseguenza della necessità di parlare ad alta
voce per le comunicazioni verbali in presenza di rumore si può verificare
l’affaticamento delle corde vocali, che può essere una concausa (insieme alla
esposizione a microclima sfavorevole, vapori, polveri e sostanze chimiche) per
l’insorgenza di laringopatie con ipofonesi.
interventi prevenzionistici
-
Posizionare
il compressore d'aria esternamente all'ambiente di lavoro.
-
Anche
dove i livelli di rumore non sono considerati di particolare rischio per
l’udito, è bene attuare tutte le possibili misure di riduzione del rumore
rendendo l’ambiente idoneo a comunicazioni verbali con voce più bassa.
-
Nei
casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le
misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella
“Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al
Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
Esposizione a
vapori inquinanti
descrizione
I collanti di cui sono impregnati i termoadesivi,
sciogliendosi sotto l’azione del calore durante la loro applicazione, possono
determinare la dispersione di vapori nell’ambiente di lavoro.
danno atteso
Sono possibili danni alla pelle, agli occhi e alle vie
respiratorie la cui entità dipende dalla natura dei prodotti impiegati come
collanti.
interventi prevenzionistici
-
Esame
delle schede di sicurezza dei prodotti.
-
Impianto
di aspirazione localizzata con cappe aspiranti poste all’imbocco e all’uscita
della macchina.
-
Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
Esposizione a
campo magnetico a bassa frequenza (50 Hz)
descrizione
Sotto il piano di lavoro delle macchine per cucire e
delle tagliaecuci, si trova il motore elettrico per il funzionamento delle
macchine stesse, il quale genera nel suo intorno un campo magnetico di tipo
reattivo dovuto alla circolazione della corrente a frequenza di rete (50 Hz)
negli avvolgimenti elettrici del motore.
In questo caso non ha senso parlare di radiazioni
elettromagnetiche, in quanto non siamo in presenza di campi radiativi che si staccano dalla sorgente (come ad esempio nel
caso di una antenna), ma di campi
reattivi (dovuti alla corrente elettrica che scorre nei numerosi
avvolgimenti interni del motore elettrico) che decrescono rapidamente
allontanandosi dalla sorgente. Pertanto nell’affrontare l’analisi di questo
fattore di rischio è necessario fare attenzione a non confondere le sue specifiche
problematiche con quelle riguardanti ad esempio i campi elettrici a bassa
frequenza e i campi elettromagnetici ad alta frequenza, per i quali sono
diversi gli effetti dell’esposizione, i possibili danni, i limiti di
riferimento e le misure di prevenzione. Pertanto, tutta la trattazione che
segue, è esclusivamente riferita ai campi
magnetici variabili a bassa frequenza, coerentemente al caso in esame.
stima
Dalle misurazioni di induzione del campo magnetico B effettuate dal Dipartimento Provinciale ARPAT di Prato in una azienda del comparto, su macchine cucitrici di varie tipologie (macchina piana, tagliaecuci, ribattitrice, bordatrice, smerlatrice) tutte con motori ad alimentazione elettrica monofase a 50 Hz, sono risultati i valori sotto riportati:
Fig. n. 4.3: schema
di postazione di lavoro alla macchina cucitrice, con indicazione dei punti (a,
b, c, d, e) dove sono state effettuate le misure del campo magnetico, qui sotto
elencati.
a: in prossimità del motore sul retro della macchina;
b: a 10 cm circa da A;
c: a 30 cm circa da A, in prossimità del ginocchio della operatrice;
d: in prossimità della coscia sinistra;
e: in prossimità della coscia destra.
Tipo
di macchina
|
Valori
massimi di induzione magnetica a 50 Hz espressi in microtesla (mT) misurati nei punti indicati in figura n. 4.3 |
||||
a |
b
|
c |
d |
e |
|
Ribattitrice con motore 550W |
381 |
n.r. |
n.r. |
1,0 |
0,41 |
Macchina
piana con motore 550 W |
58 |
n.r. |
n.r. |
5,98 |
3,01 |
Tagliaecuci
(marca 1) |
394 |
n.r. |
n.r. |
2,06 |
2,26 |
Tagliaecuci
(marca 2), motore 740 W |
82 |
n.r. |
n.r. |
2,2 |
3,4 |
Bordatrice
|
365 |
n.r. |
n.r. |
2,60 |
3,06 |
Smerlatrice
con motore 370 W |
500 |
125 |
15 |
n.r. |
4,8 |
danno atteso
Per quanto riguarda la descrizione dei possibili
danni, è importante avere presente la distinzione tra effetto sul corpo umano e
danno. Le conclusioni attuali, dimostrate e internazionalmente accreditate,
fanno risalire gli effetti e le potenziali cause di danno derivante dalla
esposizione umana a campi magnetici
variabili a bassa frequenza, alle correnti elettriche che i campi stessi
inducono nel corpo umano quando l'intensità di tali correnti sia capace di
interferire con le correnti fisiologiche dell'organismo.
I criteri di
base per la protezione dalle correnti indotte nel corpo umano sono ormai
concordati e omogenei nelle recenti raccomandazioni e normative. Sono presenti
tuttavia lievi variazioni dei valori di riferimento, da una norma ad un'altra,
originate da differenti coefficienti di sicurezza o da criteri accessori. In
ogni caso si può ritenere che, dal punto di vista della protezione dalle
correnti indotte nel corpo umano, i risultati degli studi siano sostanzialmente
definitivi.
Ciò nonostante, sulla base di indagini epidemiologiche sono state avanzate ipotesi secondo le quali si possono verificare danni da esposizione a campi magnetici variabili a bassa frequenza, anche se l'esposizione ad essi determina valori di intensità di corrente indotte nell'organismo inferiori a quelle per cui si possono verificare interazioni con le correnti fisiologiche, ridotte per il coefficiente di sicurezza; tali ipotesi sono ispirate alla prudenza contro eventuali effetti ignoti nell'organismo, quali possibile causa che favorisca l’insorgenza di rare forme neoplastiche.
Recenti studi hanno esaminato il rischio di
insorgenza di tumori infantili (leucemia, tumori cerebrali, ecc...) in figli di
sarte, in relazione alla esposizione a radiazioni non ionizzati in utero,
prodotte dal motore della macchina da cucire. I risultati non sono coerenti fra
gli studi e manca una valutazione quantitativa dell’esposizione al campo
magnetico durante la gravidanza.
Uno studio caso controllo su tre serie cliniche di
casi sporadici di malattie di Alzheimer (finlandesi e statunitensi) ha
evidenziato un’associazione con l’esposizione occupazionale a campi
elettromagnetici, in particolare per donne nelle professioni di sartoria e
confezionamento abiti.
limiti di esposizione
Per la protezione della popolazione in genere dalla esposizione a campi magnetici variabili alla frequenza di 50 Hz, vige in Italia il limite di riferimento di 100 mT (ovvero 0,1 mT) stabilito dall’Art. 4 del D.P.C.M. del 23.04.1992, in accordo al limite indicato dalla Raccomandazione 1999/519/CE, norma relativa alla protezione della popolazione in genere, demandando le norme per i professionalmente esposti ai singoli Stati membri (la distinzione tra popolazione in genere e professionalmente esposti è dovuta al fatto che la Raccomandazione CE ritiene accettabile per questi ultimi una esposizione maggiore, in quanto si ipotizza che siano esposti per tempi inferiori rispetto ai primi).
La suddetta Raccomandazione CE suggerisce, per l’intervallo di frequenze tra 4 e 1.000 Hz, di considerare come limite di base, cioè come limite relativo alle grandezze elettriche interne al corpo umano ritenute responsabili di possibile danno, il valore di 2 mA/m2 (milliAmpere/metroquadro) inteso come valore efficace della densità di corrente, mediata su 1 cm2 di sezione del corpo; dato che le correnti elettriche indotte all’interno del corpo umano non sono facilmente misurabili, la stessa Raccomandazione suggerisce di adottare come limite di riferimento, cioè come limite relativo alle grandezze elettriche misurabili esternamente al corpo in modo che sia garantito il rispetto del limite di base, per l’induzione del campo magnetico B espresso in mT (microtesla) nell’intervallo tra 25 e 800 Hz, il valore di 5/f (con f = frequenza espressa in KHz), pertanto a 50 Hz il limite di riferimento corrisponde al valore di 100 mT, coerentemente all’Art. 4 del D.P.C.M. del 23.04.1992.
L'European Pre-standard ENV 50166-1 "Human exposure to electromagnetic fields - Low frequency (0 Hz – 10 KHz )" del gennaio 1995, suggeriva per l’induzione del campo magnetico B espresso in mT (microtesla) nell'intervallo di frequenza tra 1,15 e 1.500 Hz il limite di riferimento per la popolazione in genere di 32/f (con f = frequenza espressa in KHz), che a 50 Hz corrispondeva a 640 mT. Tale limite era stato ottenuto dai valori per cui sono noti gli effetti potenzialmente dannosi derivanti dalla esposizione a campo magnetico a bassa frequenza, diviso per un coefficiente di sicurezza. La Raccomandazione 1999/519/CE, per maggiore cautela, ha abbassato tale limite, portandolo a 100 mT per la frequenza di 50 Hz.
Per i
professionalmente esposti si può fare riferimento alla Raccomandazione
I.C.N.I.R.P. pubblicata nel 1998 “Guidelines
for limiting exposure to time-varying electric, magnetic and electromagnetic
fields (up to 300 GHz)” la quale suggerisce di adottare come limite di riferimento alla frequenza di
50 Hz il valore di 500 mT.
Recenti studi condotti in vari paesi, considerano probabile l’associazione tra esposizione a campi magnetici a bassa frequenza al di sopra della soglia di 0,2 mT e l’insorgenza di rare forme neoplastiche, ma al tempo stesso che non vi siano rischi quantitativamente significativi connessi con la normale esposizione della popolazione. Il valore di 0,2 mT è stato scelto non in base a criteri di sicurezza, ma semplicemente come valore statistico per classificare la popolazione sulla quale è stato condotto lo studio epidemiologico.
Pur accettando la correttezza del criterio per la protezione dalle correnti indotte nel corpo umano, l'ipotesi della presenza di effetti ignoti, in mancanza di risultati definitivi degli studi, ha ispirato alcune Regioni italiane ad adottare criteri di maggiore prudenza per l’esposizione ai campi magnetici variabili alla frequenza di 50 Hz, considerando come soglia di attenzione il valore di induzione magnetica B = 0,2 mT.
La validità scientifica dei metodi con cui sono state condotte tali indagini epidemiologiche è messa in dubbio da altri studiosi che si occupano di elettromagnetismo e ad oggi il dibattito è ancora in corso.
La quasi totalità degli organismi scientifici internazionali più accreditati concorda nel ritenere che, per l’induzione magnetica B a 50 Hz, non ci sono elementi sufficienti per poter individuare un limite di riferimento diverso da quello oggi fissato dalla normativa vigente di 100 mT come limite massimo di esposizione (Art. 4 del D.P.C.M. 23.04.1992).
Sempre per quanto riguarda i limiti di esposizione, è importante notare che siamo in attesa dei decreti attuativi della Legge Quadro del 14.02.2001, i quali dovranno stabilire i limiti di esposizione ai campi elettrici, magnetici e elettromagnetici nell’intervallo di frequenza da 0 a 300 GHz.
interventi prevenzionistici
Utilizzare macchine da cucire con motori con caratteristiche costruttive che nel proprio intorno generano minimi valori di campo magnetico e/o posizionare il motore il più lontano possibile dalle parti del corpo della operatrice, al fine di consentire la riduzione al minimo della esposizione al campo magnetico. In alcune macchine da cucire moderne, è utilizzato un motore che genera un ridotto campo magnetico nel proprio intorno e lo stesso motore è stato incorporato nel braccio della macchina (anziché sotto il piano di lavoro dove viene quasi a contatto con le gambe), consentendo tra l’altro anche un miglioramento posturale grazie alla riduzione degli ingombri al di sotto del piano di lavoro. È inoltre necessaria l’informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.C.M.
del 23.04.1992
-
D.P.C.M.
del 28.09.1995
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
-
D.M.A.
n. 381 del 10.09.1998
-
Raccomandazione
CE n. 519 del 12.07.1999 "1999/519/CE: Raccomandazione del Consiglio,
relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz".
-
Legge
quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici, del 14.02.2001.
APPALTI ESTERNI
Nelle aziende dove ancora è presente la produzione
in serie dei capi di abbigliamento, in questo reparto è presente il maggior
numero di lavoratori, in genere tutte donne. Anche nelle aziende che hanno
appaltato la produzione in serie dei capi (in genere all’estero, spesso in
stabilimenti di proprietà dell’azienda stessa), sono presenti comunque un certo
numero di addetti al cucito per la produzione dei campioni; in quest’ultimo
caso il numero maggiore di lavoratori si trova negli altri reparti
dell’azienda.
IMPATTO
ESTERNO
Si tratta di polveri, sfridi e parti di tessuti
DESCRIZIONE
DELLA FASE
La stiratura può essere eseguita sia nelle fasi
intermedie, sia al termine del ciclo produttivo per il confezionamento dei capi
di abbigliamento. Infatti, nelle fasi intermedie la stiratura ha lo scopo di
garantire la stabilità del tessuto durante la lavorazione, mentre la stiratura
finale ha lo scopo di eliminare dal tessuto le pieghe che si possono essere
formate durante le precedenti lavorazioni, al fine di completare la rifinitura
del prodotto.
La stiratura consiste nel sottoporre il capo (o
parte di esso) all’azione combinata di pressione, temperatura e umidità.
Allo scopo possono essere utilizzate macchine
specifiche quali le presse stiro oppure attrezzature manuali come ferri da
stiro.
In questo reparto viene talvolta effettuata anche
l’applicazione di termoadesivi (termoaderenti) al tessuto (rinforzi per colli e
polsini, decorazioni, etc…). Il termoaderente è composto di un tessuto a maglia
(che serve da armatura al tessuto vero e proprio) impregnato di un collante
che, sotto l’azione del calore, si scioglie determinando così la sua salda
adesione al tessuto.
Si tratta di macchine
aventi lo scopo di stirare il tessuto ed aventi forma e dimensioni variabili a
seconda di quelle dei pezzi da stirare.
Fig. n. 5: pressa stiro.
Fig. n. 6: macchina da stiro per giacche.
Attrezzatura per stiro
manuale
Si tratta di una attrezzatura uguale a quella
utilizzata nelle lavanderie, costituita da un ferro da stiro dotato di pulsante
per comandare l’uscita del vapore e da un asse da stiro forellato sul quale
viene appoggiato il tessuto da stirare; l’asse è dotato di aspirazione
localizzata da sotto di esso, azionata tramite pedale.
Talvolta sono presenti attrezzature per stiro
verticale, cioè per stirare i capi lasciandoli direttamente sulle grucce o sui
manichini.
Presse per
applicazione termoadesivi
Sono utilizzate per applicare termoaderenti
(rinforzi, decorazioni, ecc…) al tessuto, facendole aderire per pressione e
calore. La pressione del termoadesivo sul tessuto è esercitata da piani
contrapposti riscaldati elettricamente e da rulli contrapposti.
FATTORI DI RISCHIO
Esposizione a
calore radiante e microclima caldo umido
descrizione
Il vapore acqueo utilizzato per la stiratura può
diffondere nell’ambiente di lavoro, investire l’operatore e determinare un
microclima caldo-umido. Il problema può essere maggiore nella stagione estiva
se i locali di lavoro non sono climatizzati.
Durante le operazioni di aggiustamento dell’abito
sul piano della pressa e/o durante l’operazione di stiro, si determinano
contatti e attriti tra il palmo della mano dell’addetto e il tessuto in
presenza di vapore, con conseguente rischio per la cute derivante dall’azione
meccanica e chimica alla quale si trova esposta.
Le parti calde della macchina possono determinare
calore radiante ed esporre gli addetti al rischio di ustioni.
danno atteso
L’esposizione a microclima caldo-umido può essere
causa di disturbi da scomfort
termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psicofisico.
L’esposizione al vapore derivante dalle operazioni
di stiro può essere causa di scottature, indurre iperemia della congiuntive e
delle mucose delle prime vie respiratorie, predisponendo gli esposti
all’insorgenza di congiuntiviti, faringo-laringiti ed anche dermatite del volto.
I contatti e gli attriti con il tessuto sottoposto
all’azione del vapore possono essere causa di modifiche sulla cute con
conseguente insorgenza di disidrosi predisponente all’eczema o ad altre forme
di dermatiti da contatto.
Sono possibili ustioni per contatto con superfici
calde.
interventi prevenzionistici
-
Aspirazione
localizzata al bordo del piano superiore della pressa stiro, con cappa
solidale. Detta aspirazione può essere resa attiva nella sola fase di
abbassamento del piano superiore (quando si ha emissione di vapore) con un
semplice collegamento meccanico (cordicella) fra il piano superiore della
pressa e una valvola di intercettazione posta sul condotto di aspirazione.
-
Aspirazione
localizzata sotto l’asse per stiro manuale.
-
Operare
sotto cappe di aspirazione del vapore nel caso di stiro verticale, realizzate
in modo che l’operatore non sia investito dal flusso di vapore aspirato.
-
Coibentazione
delle facce esterne dei piani di pressatura e dei condotti di adduzione del
vapore e di recupero della condensa.
-
Nelle
situazioni di maggior esposizione a stress termico, è utile prevedere l’uso di
abbigliamento idoneo specifico, in relazione al rischio da esposizione ad
elevata temperatura, oltre a prevedere una corretta organizzazione del lavoro
ed idonei periodi di acclimatamento.
-
È
altresì opportuno valutare la possibilità di confinare in locali appositi le
macchine che determinano il microclima caldo-umido, in modo da separarle dagli
altri reparti di lavorazione, al fine di evitare l'esposizione indiretta degli
addetti.
-
Informazione,
formazione (in particolare l’addestramento all’uso del comando del vapore) e
sorveglianza sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
Fig. n. 7: schema grafico della pressa
stiro. A) cappa aspirante.
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
La lavorazione può esporre l’addetto ad infortuni in
caso gli arti superiori rimangano schiacciati nella pressa con conseguenti
effetti dannosi combinati della pressione e del flusso di vapore in
temperatura.
danno atteso
Schiacciamento ed ustione degli arti superiori o
delle mani.
interventi prevenzionistici
-
Per
le presse stiro con comando di azionamento a mano: installare dispositivo di
azionamento a doppio comando distanziato, in modo che entrambe le mani debbano
essere impegnate per azionare la macchina e quindi sia impossibile che una
resti schiacciata dentro di essa.
-
Per
le presse stiro con comando di azionamento a pedale: installazione di una barra
sensibile di sicurezza posizionata lungo il profilo esterno del piano
superiore, 2 –3 cm più in basso rispetto al piano stesso, in modo tale da
rappresentare la prima parte solidale con il piano che, in caso esso venga a
contatto con gli arti dell’operatore, comandi la riapertura del piano stesso
tramite un sistema elettropneumatico.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
-
D.P.R.
n. 459/1996 (Direttiva Macchine).
-
norme
UNI e CEI
Lavoro
ripetitivo e posture scorrette
descrizione
Le operazioni di stiro manuale con sollevamento e
spostamento del ferro possono determinare movimenti ripetitivi e l'assunzione
di posture non corrette del tronco. Il ferro da stiro pesa mediamente 3 Kg e i
lavoratori di questo comparto produttivo sono prevalentemente donne. In
mancanza di un sistema di bilanciamento che permetta l'alleggerimento del peso
da sollevare, lo spostamento orizzontale del ferro lungo l'asse da stiro può
affaticare l'arto superiore della donna. L'affaticamento è maggiore quando la
stiratura avviene su un manichino e il ferro deve essere spostato in senso
verticale.
Un piano di stiratura troppo basso e/o troppo
profondo costringe a mantenere a lungo la schiena flessa.
Un piano di stiratura troppo alto obbliga a
mantenere le braccia sollevate.
Le operazioni di stiro comportano una posizione
eretta prolungata, con assunzione di posizioni di flessione del collo e del
dorso.
L’uso ripetuto di un pedale alle presse stiro (per
comandare l’aspirazione del vapore) può sovraccaricare l’arto inferiore.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici, specie a carico della
schiena, dell'arto superiore utilizzato per stirare, dell’arto inferiore
utilizzato per il pedale (possibili contratture muscolari). Tenosinoviti a
carico dei flessori-estensori delle dita della mano destra impegnata
nell’utilizzo del ferro da stiro. A lungo termine si possono determinare
patologie artrosiche della spalla o infiammazioni croniche dei tendini e dei
muscoli.
La fatica derivante dallo stare in piedi e da altre
attività fisiche per le lavoratrici in gravidanza è stata spesso segnalata tra
le cause di aborti spontanei, parti prematuri e neonati sottopeso. Inoltre la
stazione eretta prolungata può aggravare la stasi venosa e i disturbi a carico
della colonna vertebrale frequenti in gravidanza, stiramenti o strappi
muscolari.
interventi prevenzionistici
-
Prevedere
sistemi di bilanciamento per alleggerire il peso del ferro da stiro da
sollevare.
-
Progettare
adeguatamente il posto di lavoro. In particolare il piano di stiratura manuale
è di altezza adeguata quando consente di stirare mantenendo il gomito ad angolo
retto; la profondità di tale piano non dovrebbe superare 50 – 55 cm : la
presenza di entrambe queste caratteristiche consente di mantenere la schiena
eretta. E’ anche utile avere la possibilità di appoggiare alternativamente un
piede su un rialzo e se possibile alternare lo stiro in piedi con lo stiro in
posizione seduta.
-
Pause,
turnazione con altre mansioni che consentano un cambio della posizione
eretta/seduta.
-
Per
le lavoratrici in gravidanza assicurare che il ritmo e l’intensità del lavoro
non sia eccessivo. Favorire una gestione delle pause da parte della lavoratrice
stessa. Assicurare che vi sia la possibilità di sedersi. L’adeguamento del
posto di lavoro o delle procedure operative al crescere del volume addominale,
contribuisce a ridurre i problemi posturali e rischio di infortuni.
-
Educazione
sanitaria degli addetti sia nell’assumere atteggiamenti e/o abitudini di vita e
di lavoro adatte a proteggere la schiena e le altre articolazioni, sia nello
svolgere utili esercizi di rilassamento, stiramento e rinforzo muscolare.
-
Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
- D.P.R. 1026/76 Art. 5 lett. g, h.
Esposizione a
inquinanti aerodispersi
descrizione
Durante lo stiro si può determinare l’asportazione
dal tessuto di varie sostanze che possono essere irritanti e tossiche, la cui
natura e quantità dipendono dal tipo di fibre che costituiscono il tessuto, dai
trattamenti di finissaggio ai quali il tessuto è stato precedentemente sottoposto
dal suo produttore e dalla attitudine delle sostanze stesse ad essere estratte
dal tessuto e trasportate nella corrente di vapore. I collanti di cui sono
impregnati i termoadesivi, sciogliendosi sotto l’azione del calore durante lo
stiro, possono determinare la dispersione di vapori nell’ambiente di lavoro.
danno atteso
Sono possibili danni alle vie respiratorie, alla cute e agli occhi a seconda della natura degli inquinanti presenti.
interventi prevenzionistici
-
preferire
l’impiego di tessuti privi di sostanze pericolose per la salute, esaminando le
schede tecniche dei tessuti rilasciate dal produttore.
-
impianto
di aspirazione localizzata con cappe aspiranti poste all’imbocco e all’uscita
della macchina.
-
informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n. 303 del 1956 e s.m.i.
- D.P.R. n. 1026 del 1976 Art. 5, lett. b
- D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
descrizione
Nel reparto stiro il rumore proviene prevalentemente
dalle macchine da stiro.
stima
L’esposizione personale al rumore misurata nel
reparto stiro di una azienda di medie dimensioni del comparto ha evidenziato un livello equivalente Leq = 77,7 ¸ 79,4 dB(A) e livelli di esposizione
personale degli addetti sempre inferiore a 80 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa ai livelli di rumore
sopra riportati, può essere causa di danni extrauditivi che si possono
manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la
normativa prescrive particolari misure preventive.
prevenzione
Anche dove i livelli di rumore non sono considerati di particolare rischio per l’udito, è bene attuare tutte le possibili misure di riduzione del rumore rendendo l’ambiente idoneo a comunicazioni verbali con voce più bassa.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase è strettamente legata allo
taglio e al cucito, pertanto può essere affidata a ditte esterne, nei casi in
cui siano affidate alla stessa ditta anche il taglio e il cucito.
IMPATTO
ESTERNO
Emissione di vapore misto a vari inquinanti aerodispersi che possono derivare dai trattamenti effettuati sui tessuti o dai collanti dei termoaderenti.
Si tratta in genere di emissioni scarsamente
significative, specie quando sono stirati tessuti non trattati con sostanze
nocive che possono essere rilasciate durante lo stiro.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Talvolta, a seguito del controllo finale del capo di abbigliamento finito o al momento dello stiro, può rendersi necessario effettuare smacchiature, come ad esempio in caso una goccia di olio lubrificante delle macchine da cucire sia caduta sul capo. Per la smacchiatura vengono utilizzati appositi solventi: si tratta in genere di prodotti spray a base di tricloroetilene (trielina).
FATTORI DI RISCHIO
Esposizione a
solventi
descrizione
Durante l'applicazione spray di prodotti a base di
tricloroetilene (trielina) si può determinare l'esposizione dei lavoratori al
prodotto tossico, per inalazione e/o per contatto cutaneo.
stima
L'entità della esposizione personale al prodotto
tossico va valutata in base alla frequenza d'uso ed alle quantità utilizzate
per ogni operazione di smacchiatura.
danno atteso
Dermatiti, irritazione agli occhi e alla gola, depressione del S.N.C. e dei nervi cranici. In concentrazione maggiore o uguale all’1% il prodotto è classificato nocivo e accompagnato dalla frase di rischio “R40: può provocare effetti irreversibili” (per probabile effetto cancerogeno).
Per quanto riguarda il rischio per la riproduzione e
lo sviluppo neonatale la Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale ha
classificato il tricloroetilene in categoria 5 corrispondente a mancanza di
evidenza di effetto.
interventi prevenzionistici
-
Etichettatura
dei contenitori dei prodotti utilizzati.
-
Valutare
la sostituzione dei prodotti più pericolosi con altri meno pericolosi
esaminando le schede di sicurezza che il produttore è obbligato a fornire.
-
Utilizzare
il prodotto in modo corretto e solo quando effettivamente necessario.
-
Effettuare
la smacchiatura sotto cappa aspirante (può essere utilizzata la stessa
installata sulle presse stiro).
-
Indossare
D.P.I. (maschera, guanti, grembiuli).
-
Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n. 303 del 1956 e s.m.i.
- D.P.R. n. 1026 del 1976 Art. 5, lett. b
- D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
Questa fase è talvolta appaltata all’esterno.
IMPATTO
ESTERNO
Si tratta prevalentemente dei contenitori vuoti dei prodotti utilizzati per smacchiare.
Si tratta dei solventi captati dall’impianto di aspirazione ed evacuati all’esterno dell’ambiente di lavoro.
MAGAZZINO CAPI DI ABBIGLIAMENTO FINITI E SPEDIZIONE
DESCRIZIONE
DELLA FASE
In questo reparto sono temporaneamente stoccati i capi in arrivo dalla produzione, ai quali si appongono i cartellini e si prepara la spedizione, eventualmente coprendo i singoli capi con buste di plastica trasparente allo scopo di proteggerli durante il trasporto. I capi così preparati sono poi smistati in base alla destinazione e quindi caricati su furgoni o camion per la spedizione ai Clienti (negozi).
L’attività lavorativa in questo reparto è legata ai flussi dei capi di abbigliamento primavera/estate o autunno/inverno, pertanto in alcuni periodi dell’anno (in genere aprile-maggio e settembre-ottobre), è molto ridotta. Nelle aziende dove il ciclo lavorativo viene svolto per intero, in tali periodi di ridotta attività, il personale addetto al magazzino è impiegato per altre mansioni all’interno dell’azienda. Tuttavia, nella maggior parte delle aziende di una certa grandezza del comparto, la produzione dei capi è appaltata a ditte esterne (talvolta anche fuori Italia), pertanto nei periodi di ridotta attività, talvolta sono applicate forme di contrattazione tra associazioni datoriali e associazioni sindacali; ad esempio nell’area Pistoiese l’accordo prevede che durante l’anno l’azienda può anticipare al lavoratore il pagamento di ore lavorative fino ad un massimo di 96 ore l’anno, che poi lo stesso deve restituire lavorando un’ora di più al giorno nei periodi di maggiore attività produttiva (al massimo 8 ore lavorative in più alla settimana). In tale modo la giornata lavorativa arriva fino ad un massimo di 9 ore al giorno. In alcuni casi, i lavoratori che preferiscono avere libero il sabato, si accordano direttamente con l’azienda per allungare la propria giornata lavorativa di altri 30 minuti, portandola fino a 9,5 ore al giorno, anche se ciò non è previsto nell’accordo sindacale. L’accordo ha il duplice scopo di evitare la cassa integrazione nei periodi di ridotta attività e le ore di straordinario nei periodi di maggiore attività. Accordi di questo tipo a volte riguardano non solo il personale del magazzino, ma anche quello degli altri reparti dell’azienda.
Si tratta di un sistema di monorotaie aeree, provviste di vari scambi, sulle quali scorrono supporti tubolari metallici (motorizzati o a spinta manuale) sui quali vengono appese le grucce con sopra i capi di abbigliamento. Gli scambi hanno lo scopo di indirizzare e smistare i capi, a seconda della destinazione finale, nelle varie linee di spedizione e/o verso le macchine imbustatrici. Per il comando degli scambi tra le varie monorotaie esistono soluzioni diverse, più o meno automatizzate. La parte terminale della monorotaia dell’impianto è dotata in genere di un’asta orizzontale telescopica, realizzata in modo da innestarsi nella monorotaia montata a bordo dei camion utilizzati per le consegne ai Clienti. Sistemi analoghi sono presenti in caso il magazzino sia posto su più piani collegati tra loro da ascensori-montacarichi, anch’essi dotati di monorotaie sul soffitto della cabina montacarichi.
Fig. n. 8: particolare dell’impianto per
la movimentazione dei capi su monorotaia.
Si tratta di una macchina automatica che ha lo scopo
di imbustare i capi di abbigliamento entro buste di plastica trasparente; in
genere la macchina è collegata ad un impianto per la movimentazione automatica
dei capi, i quali sono posti su grucce e vengono introdotti automaticamente
nella macchina. Essa è dotata di un supporto meccanico che scende dall’alto
lungo guide verticali, che ha la funzione di portare con sé la busta di
plastica tenendola tesa e allargata mentre la stessa viene calata intorno al
capo di abbigliamento, fino a coprirlo completamente. Una volta che il supporto
meccanico arriva al termine della propria corsa, il capo imbustato viene
automaticamente espulso dalla macchina, eventualmente inviato ad una
termosaldatrice per chiudere la busta, e quindi reimmesso nell’impianto di
movimentazione per la spedizione, mentre un altro capo viene introdotto nella
macchina e il ciclo ricomincia.
Fig. n. 9: imbustatrice automatica dei
capi di abbigliamento.
Si tratta di una macchina che ha lo scopo di
chiudere il fondo della buste di plastica trasparente che avvolgono i capi di
abbigliamento, per meglio garantire la protezione dei capi. La termosaldatrice
è in genere collegata alla macchina imbustatrice senza soluzione di continuità
e la movimentazione dei capi tra le due macchine è automatica.
La termosaldatrice è essenzialmente costituita da
due aste metalliche mobili riscaldate che si abbassano fino a toccare l’asta
metallica fissa sulla quale è appoggiata la parte terminale della busta
contenente il capo di abbigliamento. La saldatura tra i due lembi della busta
avviene per combinazione di calore e pressione. A saldatura effettuata le due
aste si rialzano, la plastica in eccesso viene aspirata e raccolta in un
apposito contenitore, il capo imbustato viene espulso verso l’impianto di
movimentazione per la spedizione, un nuovo capo imbustato viene introdotto
nella macchina e il ciclo ricomincia.
Fig n. 10: termosaldatrice delle buste
di plastica trasparente che proteggono i capi di abbigliamento.
FATTORI DI RISCHIO
Esposizione a
inquinanti aeriformi (fumi di termosaldatura della plastica)
descrizione
La termosaldatura tra i due lembi della busta di
plastica che avviene per combinazione di calore e pressione, può essere causa
della diffusione di sostanze organiche volatili nell’ambiente di lavoro.
danno atteso
Irritazione delle mucose e delle vie aeree superiori.
interventi prevenzionistici
- Aspirazione localizzate il più vicino possibile alla fonte di emissione.
- Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
Esposizione a
rumore
descrizione
Il rumore in questo reparto è dovuto prevalentemente alle macchine imbustatrici e termosaldatrici, ove presenti, e all’impianto per la movimentazione dei capi di abbigliamento, ove questo è motorizzato e automatico.
stima
L’esposizione personale al rumore misurata in
prossimità di una macchina imbustatrice–termosaldatrice di una azienda di medie
dimensioni del comparto ha
evidenziato un livello equivalente Leq = 79,5 dB(A) e livelli di esposizione
personale degli addetti sempre inferiore a 80 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa ai livelli di rumore
sopra riportati, può essere causa di danni extrauditivi che si possono
manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la
normativa prescrive particolari misure preventive.
prevenzione
- E’ opportuno prevedere la separazione delle macchine rumorose (imbustatrice e termosaldatrice), dalla zona di stoccaggio e movimentazione dei capi, in modo da evitare l’esposizione indiretta al rumore di lavoratori non addetti a tali macchine.
- Anche dove i livelli di rumore non sono considerati di particolare rischio per l’udito, è bene attuare tutte le possibili misure di riduzione del rumore rendendo l’ambiente idoneo a comunicazioni verbali con voce più bassa.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Gli organi lavoratori delle macchine imbustatrici e
termosaldatrici possono essere causa di urti, presa e trascinamento degli arti
superiori degli addetti.
Le parti mobili motorizzate appese alle monorotaie
aeree, cariche dei capi di abbigliamento, potrebbero investire gli addetti se
questi si trovano nel percorso della monorotaia.
danno atteso
Lesioni traumatiche per urto e schiacciamento,
ferite e contusioni.
interventi prevenzionistici
- E’ opportuno prevedere la separazione e la segnalazione della zona operativa da quella riservata al transito del personale.
- Presenza di una segnalazione luminosa che si attivi automaticamente durante il funzionamento dell’impianto di movimentazione automatica su monorotaia aerea.
- Segregare le zone pericolose con protezioni fisse o munite di dispositivo di interblocco.
- Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
-
D.P.R.
n. 459/1996 (Direttiva Macchine).
-
norme
UNI e CEI
descrizione
La macchina imbustatrice è dotata di scala a pioli
per l’accesso alla parte alta della macchina.
danno atteso
Lesioni traumatiche per cadute dall’alto.
interventi prevenzionistici
- scale di sicurezza, stabilmente fissate.
- informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
-
norme
UNI
Lavoro in
ambiente con attrezzature sospese e/o montate dal soffitto fino ad altezza
d’uomo
descrizione
L’impianto di movimentazione dei capi su monorotaie
fissate a soffitto è spesso montato ad altezza d’uomo, pertanto lavoratori alti
possono urtare con la testa le parti metalliche delle monorotaie.
danno atteso
Lesioni traumatiche alla testa per urto (ferite e
contusioni).
interventi prevenzionistici
-
installare
l’impianto in ambienti con soffitti di altezza adeguata.
-
indossare
l’elmetto di protezione della testa.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
Lavoro
faticoso – movimentazione manuale dei carichi
descrizione
Dove l’impianto di movimentazione dei capi su
monorotaie non è automatico, l’operazione di spinta manuale dei capi di
abbigliamento sulle monorotaie aeree può richiedere un certo sforzo fisico,
aggravato dal fatto che gli addetti svolgono la maggior parte delle proprie
mansioni stando in piedi.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
La fatica derivante dallo stare in piedi e da altre
attività fisiche per le lavoratrici in gravidanza è stata spesso segnalata tra
le cause di aborti spontanei, parti prematuri e neonati sottopeso. Inoltre la
stazione eretta prolungata può aggravare la stasi venosa e i disturbi a carico
della colonna vertebrale frequenti in gravidanza.
interventi prevenzionistici
-
Meccanizzare
il più possibile la movimentazione, con soluzioni impiantistiche sicure.
-
Prevedere
pause, turnazione con altre mansioni che consentano un cambio della posizione
eretta/seduta.
-
Per
le lavoratrici in gravidanza assicurare che il ritmo e l’intensità del lavoro
non sia eccessivo. Favorire una gestione delle pause da parte della lavoratrice
stessa. Assicurare che vi sia la possibilità di sedersi. L’adeguamento del
posto di lavoro o delle procedure operative al crescere del volume addominale
contribuisce a ridurre i problemi posturali e il rischio di infortuni.
-
Informazione,
formazione degli addetti sia nell’assumere atteggiamenti e/o abitudini di vita
e di lavoro adatte a proteggere la schiena e le altre articolazioni, sia nello
svolgere utili esercizi di rilassamento, stiramento e rinforzo muscolare.
-
Sorveglianza
sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
- D.P.R. n. 1026 del 1976 Art. 5, lett. f, g
-
D.Lgs.
n. 645 del 1996, Allegato I.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase lavorativa non è appaltata,
salvo alcune singole operazioni come l’imbustamento e/o il controllo di qualità
dei capi. In genere, una macchina imbustatrice è comunque presente in azienda,
ad esempio per la sostituzione di buste che dovessero arrivare sporche a
seguito del trasporto dalla ditta appaltatrice che ha realizzato i capi in serie.
IMPATTO
ESTERNO
Nel caso sia necessario sostituire le buste di
plastica trasparente che proteggono i capi finiti, ad esempio perché arrivate
sporche dalla ditta appaltatrice che ha realizzato la produzione in serie dei
capi di abbigliamento, le buste sostituite vengono raccolte e avviate allo
smaltimento tramite ditte autorizzate. Ad esempio, una azienda di medie
dimensioni del comparto ha dichiarato
per l’anno 2000 una produzione complessiva di circa 13.900 Kg. di rifiuti di
imballaggi di plastica (Cod. CER 150102).
MOVIMENTAZIONE
MECCANICA DEI CARICHI
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Nella fase lavorativa dello stoccaggio, controllo e preparazione tessuto, che in tale reparto si ricorre utilizzo di ausili per la movimentazione meccanica dei carichi, in particolare carrelli elevatori a trazione elettrica; approfondiamo qui alcune problematiche legate al loro utilizzo.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Si tratta di carrelli
elevatori (chiamati anche muletti) a
forche ad alimentazione elettrica.
In alcune aziende del comparto, per accedere tra le scaffalature poste a distanza inferiore a quella del normale raggio di manovra dei carrelli elevatori di tipo tradizionale, sono utilizzati carrelli elevatori con guida laterale (il cui sedile è orientato a 90° rispetto alla normale direzione di marcia).
Fig. n. 11: carrello elevatore a guida
laterale.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di
rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:
Movimentazione
meccanica dei carichi con carrelli elevatori
descrizione
Durante le operazioni di movimentazione può avvenire
il ribaltamento del carrello elevatore
nel caso in cui il carico non sia bene bilanciato e/o per asperità e dislivelli
eccessivi del terreno, raggio di curvatura troppo stretto. In caso di
ribaltamento l’addetto può venire
sbalzato fuori dal posto di guida e rimanere schiacciato sotto il carrello.
Può anche avvenire l’investimento di altri lavoratori da
parte dei carrelli elevatori o dal materiale trasportato. In una azienda del comparto è recentemente accaduto un
infortunio per investimento da parte di un carrello elevatore guidato in
retromarcia.
Quando viene accatastato in modo non corretto, il materiale può cadere ed investire gli
addetti.
danno atteso
Durante le suddette
operazioni, gli addetti possono riportare gravi lesioni traumatiche
danno rilevato
Nei casi di infortunio
accaduti in diversi comparti
produttivi, le lesioni riportate per infortuni occorsi durante questa fase
lavorativa sono risultate gravi o anche mortali.
prevenzione
I rischi sopra evidenziati possono essere limitati garantendo le seguenti condizioni:
·
sistemare
o attrezzare i carrelli elevatori in modo da limitare i rischi di ribaltamento;
a tal fine l'Art. 7, lettera b), punto 1.4 del D.Lgs. n. 359 del 04.08.1999,
elenca una serie di possibili accorgimenti, come esempi delle possibili
soluzioni attuabili, quali:
-
cabina
per il conducente;
-
struttura
concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello
elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello
stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo:
-
struttura
che trattenga il lavoratore sul sedile del posto di guida per evitare che, in
caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati
da parti del carrello stesso.
·
dispositivi
di trattenuta del conducente al posto di guida dei muletti, per eliminare il rischio di essere sbalzati fuori, in caso
di ribaltamento.
·
pavimenti
privi di buche, sporgenze o sconnessioni.
·
percorsi
dei mezzi senza curve troppo strette, senza pendenze eccessive, preferibilmente
a senso unico, oppure ampi a sufficienza per il passaggio di due carrelli
caricati.
·
limitazione
delle interferenze fra i percorsi dei mezzi e quelli pedonali.
·
percorsi
pedonali e luoghi di stazionamento dei lavoratori protetti dal pericolo di
investimento da parte di materiali stivati.
·
protezione
delle uscite da locali o altri punti frequentati dai lavoratori, quando
incrociano i percorsi dei mezzi.
·
buona
illuminazione dei percorsi e tinteggiatura con colori chiari delle pareti dei
locali di lavoro.
·
specchi
parabolici ove occorrenti; in casi particolari valutare la possibilità di
installare semafori.
·
segnalazione
e, se necessario, protezione di eventuali ostacoli sul percorso dei carrelli
elevatori.
·
individuazione
di zone di attraversamento delle linee di trasporto che consentano il passaggio
delle persone senza pericoli di investimento.
·
organizzazione
spaziale e/o temporale del magazzino in modo da limitare al minimo le
interferenze fra il carico e lo scarico del magazzino stesso.
·
idonei
ancoraggi, funi ed imbracatura in tutti i casi in cui è necessario intervenire
in altezza
·
i
prodotti in entrata devono riportare l’indicazione del loro peso in modo che l’addetto
possa verificare che il carrello ed il sistema di presa sia di adeguata
capacità.
·
dispositivi
acustici e luminosi di segnalazione di manovra dei mezzi.
·
mantenimento
della visibilità dal posto di guida dei mezzi anche mediante opportuno
posizionamento del carico trasportato, che comunque deve essere posizionato più
in basso possibile in modo da garantire la stabilità del carrello; in casi
occasionali in cui l’ingombro del carico sia tale da pregiudicare la visuale,
il carrello può essere preceduto da un altro lavoratore che aiuti il
carrellista nella manovra e segnali agli altri lavoratori eventualmente
presenti nei dintorni, la presenza del trasporto.
·
preferenza
dell’acquisto di mezzi con pedaliera analoga a quella degli automezzi.
·
limitazione
della velocità dei mezzi in relazione alle caratteristiche del percorso, anche
con eventuali dispositivi regolabili che limitano la velocità.
·
protezione
degli organi di comando contro l’avviamento accidentale.
·
protezione
del posto di guida contro il pericolo di investimento di corpi che possono
cadere dall’alto.
·
regolare
manutenzione e periodica revisione del mezzo meccanico e delle sue varie
componenti.
·
il
conducente deve guidare con prudenza senza fare sporgere gambe o braccia
dall’abitacolo di guida, prestare particolare attenzione in retromarcia,
condurre il carrello all’interno dei percorsi segnalati a terra, interrompere
il lavoro se qualcuno si trova nel raggio di azione del mezzo, inserire il
freno prima di lasciare il carrello in sosta.
·
disporre
il divieto di trasportare persone facendole salire sulle forche di
sollevamento.
·
puntuale
informazione, formazione, ed addestramento dei lavoratori all’uso corretto e
sicuro dei mezzi nelle diverse condizioni di impiego. Ad esempio l’addetto deve
essere sapere come comportarsi se il mezzo dovesse accidentalmente ribaltarsi,
ovvero: non buttarsi giù dal mezzo, ma tenersi saldamente al volante, puntare i
piedi e inclinarsi dalla parte opposta a quella di ribaltamento.
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 11 “Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. X, Capo III, Art. 381 "Protezione del capo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. V “Mezzi ed apparecchi di sollevamento, trasporto e immagazzinamento” (Capo I “Disposizioni generali”, Capo II “Gru, argani, paranchi e simili”, Capo III “Ascensori e montacarichi”, Capo V “Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici”) D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 10 “Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro” D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
- Tit. II, Capo V "Illuminazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- All. 1 "Requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine e dei componenti di sicurezza" D.P.R. n.459 del 24.07.1996.
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Gli organi meccanici mobili
del carrello elevatore possono essere causa di presa, impigliamento,
cesoiamento.
danno atteso
Lesioni temporanee e
permanenti per presa, trascinamento, taglio, amputazione, schiacciamento degli
arti.
prevenzione
Le parti pericolose devono
essere rese inaccessibili tramite adeguati ripari fissi.
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
-
D.P.R.
n. 459/1996 (Direttiva Macchine).
-
norme
UNI e CEI
Lavoro in posture incongrue
descrizione
In caso vengano utilizzati carrelli elevatori a guida laterale (il cui sedile è orientato a 90° rispetto alla normale direzione di marcia), le modalità di conduzione del mezzo richiedono che l’addetto, per rivolgere lo sguardo nella direzione di marcia, debba assumere una postura seduta con torsione (verso destra o verso sinistra) del collo e del tronco, e debba mantenere questa posizione durante tutta la marcia del mezzo. Ad esempio, se nel percorso di andata l’addetto si torce verso destra, nel percorso di ritorno l’addetto si torce verso sinistra.
danno atteso
Disturbi muscolo scheletrici, maggior rischio di infortuni per investimento di altri lavoratori, per riduzione del campo visivo.
prevenzione
L’utilizzo di carrelli elevatori con posto di guida a 90° rispetto al normale senso di marcia è altamente sconsigliato. È opportuno distanziare sufficientemente le scaffalature in modo poter utilizzare carrelli elevatori a guida normale, oppure dotare il carrello elevatore di sedile girevole e doppi comandi.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1996 e s.m.i.
Movimentazione manuale dei carichi.
descrizione
L’operazione di sostituzione delle batterie dei muletti richiede la loro movimentazione.
danno atteso
La movimentazione manuale può comportare disturbi e danni muscolo – scheletrici.
prevenzione
I rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi possono essere ridotti utilizzando mezzi meccanici di sollevamento per le batterie.
Si può anche mettere sotto
carica la batteria del muletto
lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene
posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia
nel piazzale in prossimità della parete esterna del locale sulla quale sono
poste prese e spine per il collegamento elettrico; questa soluzione limita
anche l’esposizione agli acidi degli accumulatori elettrici e il rischio di
esplosione e incendio.
Nel caso della movimentazione manuale occorre procedere alla valutazione del rischio in sede di misure attuative del D.Lgs. 626/94 ed informare e formare gli addetti.
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Esposizione a vibrazioni
descrizione
La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione a vibrazioni.
danno atteso
L’esposizione continuativa a vibrazioni può causare
una malattia professionale detta Sindrome
di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno
del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della
microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da
esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta. L’insorgenza di
questa patologia è correlata ai tempi ed all’entità di esposizione.
prevenzione
Utilizzare mezzi del tipo a bassa vibrazione e minore impatto vibratorio, oltre a effettuare su di essi una accurata manutenzione.
-
D.M.L.
del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la
denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"
-
Art.
46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R.
n. 547 del 27.04.1955.
-
Art.
24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del
19.3.1956
-
9.9.3
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per
movimentazione".
-
1.5.9
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".
-
1.5.9
"Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate
e disposizioni di carattere equivalente"
D.P.R. n. 459 del 24.07.1996
-
Comunicazione
CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione
della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del
Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle
direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
-
Norma
UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la
valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".
-
D.M.
30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai
sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2):
«Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE,
91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".
-
Comunicazione
CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della
direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine,
modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
Manipolazione di oli minerali
descrizione
I carrelli elevatori, come la generalità delle macchine, necessitano di oli minerali come lubrificanti degli organi meccanici.
danno atteso
Gli oli minerali sono una classe di composti che possono presentare rischi per i lavoratori di danni di tipo acuto (allergie, dermatiti) e di tipo cronico (tumori).
La IARC suddivide gli oli in due grandi categorie:
- non severamente raffinati: classificati certamente cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1).
- severamente raffinati: classificati tra le sostanze per le quali non è possibile esprimere un giudizio di cancerogenicità (Gruppo 3).
L’Unione Europea, invece, nel classificare i prodotti derivanti dal petrolio e dal carbone (tra cui ovviamente gli oli minerali) ha seguito un diverso criterio da quello della raffinazione ”tal quale”: le miscele di sostanze derivate dal petrolio e dal carbone vengono considerate sostanze a cui è stato attribuito un univoco numero di identificazione CAS ed un univoco numero di indice CE, classificando circa 600 sostanze come cancerogene (R45) a meno che il produttore non possa dimostrare che contengono (D.P.R. n. 52/97):
- meno dello 0,1% peso/peso di 1,3-butadiene
- meno dello 0,1% peso/peso di benzene
- meno del 3% di estratto Dmso (Dimetilsolfossido) secondo la misurazione IP 346
- meno del lo 0,005% peso/peso di benzo (a) pirene
oppure se il produttore, conoscendo l’intero iter di raffinazione, può dimostrare che la sostanza da cui il prodotto è derivato non è cancerogena.
Quindi, anche in questo caso, è fondamentale la lettura dell’etichetta e della scheda dei dati di sicurezza e che questi strumenti siano correttamente compilati.
prevenzione
Utilizzare oli minerali del tipo meno pericoloso (oli severamente raffinati) ed evitare l’imbrattamento, specie durante il prelievo degli oli esausti. È pertanto necessario utilizzare D.P.I. (guanti, tuta, grembiuli, occhiali) ed evitare di tenere in tasca stracci o utilizzare guanti impregnati di olio minerale. È importante una adeguata informazione, formazione, e sorveglianza sanitaria degli esposti.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
- Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.
Esposizione ad
acidi di accumulatori elettrici
descrizione
Durante la ricarica delle batterie di carrelli a trazione elettrica, i lavoratori possono essere esposti ad acidi contenuti nelle batterie.
danno atteso
Irritazione e ustione chimica della cute e delle mucose con cui vengono in contatto.
prevenzione
L’inalazione di vapori degli acidi presenti negli accumulatori elettrici viene limitata effettuando la ricarica in locale separato adeguatamente aerato. Se l’aerazione naturale non è sufficiente è necessario un sistema di aspirazione. In alternativa possono essere utilizzati apparecchi di ricarica chiusi e posti sotto aspirazione.
Una ulteriore soluzione può essere quella di mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del suddetto locale; questa soluzione evita anche il problema della movimentazione dei carichi per la sostituzione delle batterie.
Per evitare il contatto degli acidi con la pelle, durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi e i lavoratori devono indossare guanti antiacido. L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
Sviluppo
di sostanze capaci di creare miscele esplosive con l’aria
descrizione
L’operazione di ricarica degli accumulatori dei
carrelli a trazione elettrica comporta il pericolo di incendio – esplosione.
Infatti, durante la ricarica, il passaggio della corrente elettrica determina
un processo di elettrolisi con sviluppo di idrogeno. Si ha anche una parziale
evaporazione degli acidi forti contenuti nella batteria. Pertanto, in assenza
di idonea aerazione, si può arrivare ad un livello di saturazione ambientale
che può determinare la formazione di una miscela esplosiva.
Se avviene
l’esplosione si può anche verificare la proiezione violenta degli acidi forti
contenuti nella batteria.
danno atteso
In caso di
incendio-esplosione, gli addetti possono riportare gravi ustioni, lesioni
traumatiche, intossicazioni. Se investiti da schizzi di acido della batteria,
possono riportare anche ustioni cutanee e lesioni agli occhi.
prevenzione
Per ridurre i rischi derivanti dalla ricarica degli
accumulatori elettrici è necessario effettuare questa operazione in locale
separato dai restanti locali di lavoro, adeguatamente aerato. L’impianto
elettrico deve rispondere alle norme per gli ambienti a maggior rischio in caso
di incendio (CEI 64-8). È opportuno che in tale locale non siano presenti altri
materiali infiammabili. In caso di ricarica sotto aspirazione localizzata, i
parametri geometrici dell’impianto di aspirazione devono essere adeguatamente
dimensionati in relazione alla velocità di aspirazione per evitare che si
formino miscele esplosive con l’aria.
La protezione antincendio deve prevedere la presenza
almeno di estintori a polvere, del tipo omologato. Nei casi a rischio più
elevato può essere opportuno installare un impianto di spegnimento automatico
(ad esempio del tipo a CO2).
È necessaria la valutazione dettagliata del rischio
d’incendio in base a quanto previsto dal D.M. del 10.03.98.
-
Art.
19 “Separazione del locali nocivi”
D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
-
Art.
20 “Difesa dell’aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi” D.P.R. n. 303/56.
- Art. 303 “Accumulatori elettrici” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
D.M.
(Industria) del 01.03.1989 "Recepimento della direttiva CEE/88/571,
sull'aggiornamento al progresso tecnico dei metodi di protezione del materiale
elettrico antideflagrante"
- D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.
IMPATTO ESTERNO
I principali fattori di impatto ambientale di questa
fase lavorativa sono i seguenti:
Emissioni
in atmosfera
Sono costituite dalle
emissioni dei vapori degli acidi emessi durante la ricarica delle batterie. In
genere si tratta di emissioni non convogliate, che hanno un impatto ambientale
relativamente basso stante le ridotte quantità di emissione.
Produzione di rifiuti
I principali rifiuti
prodotti in questa fase sono gli oli esausti e le batterie esauste dei carrelli
elevatori. Tali rifiuti vengono ritirati da ditte specializzate (si veda il
paragrafo 4.1).
L’olio esausto va tenuto,
prima del conferimento alla ditta incaricata al ritiro, in modo idoneo ed in
condizioni di sicurezza per l’ambiente e per gli addetti. Pertanto devono
essere utilizzati contenitori adatti ad eliminare i rischi di rottura e
sversamento. Contenitori adatti a questo scopo devono rispondere a regole
precise. In particolare devono essere provvisti di:
·
idonee
chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;
·
accessori
e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza il riempimento e lo
svuotamento;
·
bacini
di contenimento in caso di rotture o sversamenti;
·
mezzi
di presa per rendere sicure le operazioni di movimentazione.
La sistemazione dei
contenitori deve essere studiata per evitare al massimo gli urti accidentali ed
altri gravi inconvenienti.
In procinto di raggiungere
la capacità massima del contenitore di olio usato chiamare esclusivamente
l’incaricato del Consorzio Obbligatorio
degli oli usati e conferirgli l’olio in condizioni di sicurezza (il
conferimento al Consorzio di olio usato non inquinato avviene a titolo
gratuito), ponendo la massima attenzione alla movimentazione dei contenitori ed
alla situazione di lavoro intorno alle operazioni di trasferimento del liquido.
Le batterie al piombo esauste
sono pericolose per l’uomo e per l’ambiente perché contengono il 60-65% in peso
di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui
processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed
apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque.
Inoltre l’acido solforico è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.
Le batterie esauste devono
essere conferite al raccoglitore incaricato COBAT.
I principali fattori di rischio ambientale di questa
fase lavorativa sono i seguenti:
Sversamenti di
acido solforico e contaminazione del suolo con piombo.
In caso di rottura delle
batterie durante la loro movimentazione si possono verificare sversamenti della
soluzione acida; sversamenti sono possibili anche durante la ricarica delle
batterie e durante lo stoccaggio provvisorio delle batterie esauste nell’attesa
del ritiro da parte dello smaltitore. In caso di sversamento si può verificare
l’inquinamento del suolo e delle acque. La batteria al piombo esausta è pericolosa
per l’uomo e per l’ambiente perché contiene il 60-65% in peso di piombo e il
20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi
biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato
riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre
l’acido solforico in nebbie di acidi forti è classificato dalla ACGIH come
sospetto cancerogeno.
L’aggiunta dell’acqua
demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico,
con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida; durante
le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi
devono essere chiusi.
I luoghi di ricarica devono
essere conformati in modo da evitare sversamenti, ad esempio può essere
predisposto un apposito canale di raccolta, coperto da grigliato in materiale
antiacido, e dotato di pozzetto di accumulo e neutralizzazione; l’acido
raccolto nel pozzetto deve essere neutralizzato e rimosso.
I lavoratori devono essere
adeguatamente formati per la gestione dell’evento accidentale, sia per quanto
riguarda la protezione dell’ambiente, sia per le norme di prevenzione di salute
e sicurezza.
In attesa dell’arrivo del
raccoglitore incaricato COBAT, le batterie esauste vanno depositate
temporaneamente in contenitori mobili costituiti in materiale antiacido e dotati
delle seguenti caratteristiche (deliberazione Comitato interministeriale 27
luglio 1984):
·
dotati
di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;
·
dotati
di maniglie per rendere sicure ed agevoli le operazioni di movimentazione;
·
utilizzare
accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le
operazioni di riempimento e svuotamento;
·
le
sponde siano più alte di almeno 20 cm dall’altezza massima dell’accumulo
previsto;
·
contrassegno
con etichetta o targa visibili, apposte sui recipienti stessi o collocate nelle
aree di stoccaggio;
·
i
recipienti che hanno contenuto le batterie e non reimpiegati per gli stessi
tipi di rifiuti, devono essere sottoposti a trattamenti di bonifica appropriati
ai nuovi usi. Non possono però essere mai utilizzati per contenere prodotti
alimentari.
Sversamenti di oli minerali sul suolo o nelle acque
La sostituzione dell’olio usato dei muletti e le operazioni di rabbocco dell’olio devono essere effettuate in condizioni di massima sicurezza ed igiene per evitare che operazioni approssimative o mezzi tecnici non adeguati producano spandimenti e sversamenti sul suolo o nelle acque, perciò vanno usate tutte le cautele e le professionalità necessarie per eseguire il lavoro a regola d’arte.
È quindi indispensabile che i datori di lavoro impartiscano adeguate istruzioni al personale dipendente e agli apprendisti per la corretta gestione degli oli usati ai fini della protezione ambientale, senza trascurare le disposizioni igieniche e sanitarie a protezione della salute e della sicurezza: gli oli sono fonte di rischi (scivolamenti, incendi, intossicazioni) che vanno valutati e ridotti secondo le norme previste dagli appositi decreti legislativi 626/94 e 242/96.
Incendio – esplosione
L’incendio-esplosione del locale ricarica batterie può comportare danni strutturali interessanti anche altre parti dell’edificio, oltre che la propagazione dell’incendio ai locali limitrofi.
CENTRALE
TERMICA - PRODUZIONE DI VAPORE
DESCRIZIONE DELLA FASE
La produzione del vapore che viene utilizzato nelle
varie fasi dell'impianto come sopra descritto, avviene tramite centrali
termiche di rilevante potenzialità produttiva, alimentate con vari combustibili
(gas metano oppure olio combustibile) e poste in locali appositi.
Ad esempio una delle aziende del comparto, caratterizzata da una produzione di tipo industriale, dispone di n. 2 caldaie con le seguenti caratteristiche:
|
Caldaia n.1 |
Caldaia n.2 |
Alimentazione |
gasolio |
gasolio |
Produzione di vapore |
3 t./h |
1 t./h |
Pressione |
12 bar |
12 bar |
Fino ad alcune decine di
anni fa erano installati solo generatori di vapore alimentati ad olio
combustibile denso. Successivamente, tenendo presenti le problematiche
derivanti dall'inquinamento atmosferico (D.P.R. 203/88), i generatori di vapore
sono stati alimentati a olio combustibile fluido 3-5 °E, e adesso si tende a
convertirle a metano.
Tenute presenti le
potenzialità in gioco e la pressione massima necessaria del vapore, tali
generatori di vapore possono essere di due tipi: a tubi di fumo o a tubi
d'acqua.
I più moderni generatori di
vapore sono dotati dei vari sistemi di recupero del calore (pressurizzazione
della camera di combustione delle caldaie, preriscaldatori d'aria e/o
economizzatori nel giro fumi dei generatori, degasatori per il recupero delle
condense).
Dal momento che i citati
generatori di vapore necessitano della presenza continua dei conduttori
patentati, secondo le norme di cui al D.M. 01.03.1974, si è estesa sempre più
l'installazione di generatori ad olio diatermico dotati di scambiatori -
evaporatori in grado di produrre, a loro volta, vapore alla pressione
richiesta. Il crescente successo di tali tipi di generatori di calore è dovuto
al fatto che gli stessi non richiedono la presenza del conduttore patentato.
L’acqua utilizzata nell’impianto termico necessita di essere preventivamente demineralizzata mediante un apposito impianto. Questo trattamento può essere ottenuto tramite due sistemi diversi: osmosi inversa oppure attraverso resine scambiatrici di ioni.
Il principio dell'osmosi inversa consiste nell'estrarre i sali minerali contenuti nell'acqua, facendola passare ad una pressione di circa 20 bar attraverso membrane semipermeabili che lasciano passare acqua demineralizzata trattenendo i sali che vi erano disciolti. L'impianto a osmosi inversa è essenzialmente costituito da una pompa che alza la pressione dell'acqua, dal modulo contenente le membrane semipermeabili e da due misuratori di flusso, uno sul concentrato (liquido contenente i sali che vengono trattenuti dalle membrane) e l'altro sul permeato (acqua demineralizzata). I misuratori di flusso hanno lo scopo di controllare che la produzione sia quella desiderata. Normalmente, sulla linea del permeato viene installato un rilevatore di salinità costituito da un conduttivimetro che segnala immediatamente una eventuale rottura della membrana perché in questo caso l'acqua in uscita avrebbe caratteristiche pressoché uguali a quella in entrata mettendo a rischio il buon funzionamento della caldaia. Il concentrato viene scaricato verso l'impianto di depurazione delle acque.
Gli impianti a resine scambiatrici di ioni, hanno lo scopo di trasformare tutti i sali contenuti in nell'acqua da demineralizzare, mediante successivi scambi ionici. Tali scambi ionici avvengono, di norma, in due colonne contenenti resina cationica forte la prima e resina anionica forte la seconda. Nelle colonne avvengono le seguenti reazioni chimiche:
Ø Colonna cationica: NaCl + H - R ® HCl + Na - R
Ø Colonna anionica: HCl + R - OH ® H2O + R - Cl
(dove con R è indicata la resina scambiatrice).
La rigenerazione delle colonne avviene con lavaggi in controcorrente con una soluzione acida (di solito a base di acido cloridrico) per quella cationica e con una soluzione alcalina (di solito a base di soda caustica) per quella anionica, sfruttando così le reazioni inverse a quelle descritte sopra.
In certi casi, specie per grossi impianti termici, tra le due colonne è posta una torre di decarbonatazione.
Per ottimizzare la demineralizzazione talvolta viene aggiunta una terza colonna con il compito di eliminare la silice.
L’acido cloridrico e l’idrossido di sodio (soda) utilizzati per la rigenerazione delle resine vengono stoccati in serbatoi che alimentano l’impianto tramite tubazioni.
Gli impianti ad osmosi inversa si stanno affermando rispetto a quelli a resine scambiatrici di ioni perché, nonostante che i primi presentino costi maggiori, essi sono di più facile gestione ed evitano gli scarichi idrici dovuti al lavaggio delle resine scambiatrici.
La centrale termica richiede interventi di manutenzione periodica ordinaria e straordinaria, anche in corrispondenza delle verifiche obbligatorie previste per Legge.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente
presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:
Esposizione a
prodotti chimici
descrizione e danno
atteso
Il trattamento di demineralizzazione dell’acqua, talvolta prelevata da pozzi artesiani e immessa nell'impianto produzione calore in elevati quantitativi medi giornalieri, comporta l'impiego di vari prodotti chimici che possono essere causa di danni alla salute dei lavoratori. In particolare:
- Soda: il contatto con soluzioni di soda, essendo un prodotto caustico, può provocare lesioni alla cute ed agli occhi. Il rischio di contatto è maggiore nelle operazioni di travaso dalle autocisterne ai serbatoi. L’esposizione ai vapori può provocare irritazione per occhi e prime vie aeree.
- Acido cloridrico: il contatto con soluzioni di acido cloridrico, può provocare lesioni alla cute ed agli occhi. L’esposizione ai vapori può provocare irritazione per occhi e prime vie aeree.
- Idrazine: vengono utilizzate allo scopo di ridurre l’acidità dell’acqua di caldaia ed evitare la corrosione delle tubazioni ed altre superfici metalliche dell’impianto. Alcune idrazine sono classificare dalla CEE come cancerogene (R45). Inoltre possono esercitare un’azione epato-nefrotossica e irritante sulle persone esposte. Si tratta di prodotti molto infiammabili capaci di formare miscele esplosive con l'aria.
prevenzione
L’azienda deve richiedere ai propri fornitori le schede di sicurezza dei prodotti chimici utilizzati, renderle rapidamente disponibili per i lavoratori e valutare attentamente la possibilità di sostituire i prodotti più pericolosi con formulati meno tossici. I serbatoi e le tubazioni devono essere dotati della prescritta etichettatura.
Per eventuale prelievo, trasporto e dosaggio manuale dei suddetti prodotti possono essere utilizzate attrezzature atte ad evitare sgocciolamenti, sversamenti e diffusione di vapori, quali ad esempio rubinetti autochiudenti, pompe di travaso dotate di valvole di ritegno, contenitori di sicurezza a chiusura ermetica con tappo provvisto di molla autochiudente e beccuccio di scarico flessibile.
I serbatoi dei prodotti chimici diversi devono essere dotati di bacini di contenimento separati, per evitarne la possibilità di miscelazione.
E’ necessario che gli addetti indossino Dispositivi di Protezione Individuali (D.P.I.) quali guanti, grembiuli, maschere, ecc… nelle fasi di preparazione e impiego, che vengano informati circa i rischi ed i danni potenziali a seguito dell’esposizione, che vengano formati alle corrette procedure di lavoro in sicurezza e che siano messi a loro disposizione servizi igienico assistenziali: armadietti con doppio scomparto per separare gli indumenti da lavoro da quelli civili, lavabi, docce, lavaocchi, ecc…. I lavoratori devono essere sottoposti ad opportuna sorveglianza sanitaria.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
-
D.M.
(Industria) del 01.03.1989 "Recepimento della direttiva CEE/88/571,
sull'aggiornamento al progresso tecnico dei metodi di protezione del materiale
elettrico antideflagrante"
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
Esposizione a gas
di combustione
descrizione
La centrale termica può rilasciare i prodotti della combustione (NOx, CO, ecc.) nell'aria del locale.
danno atteso
L'esposizione ai prodotti di combustione che ristagnano nell'ambiente di lavoro può comportare fenomeni di intossicazione da ossido di carbonio (CO), irritazione delle mucose congiuntivali, delle prime vie aeree e broncopneumopatie.
prevenzione
Nei locali delle caldaie, per evitare il rischio di inalazione di gas tossici, occorre verificare che il tiraggio della caldaia sia mantenuto in perfetta efficienza e non debbano verificarsi fuoriuscite dei gas di combustione nell’ambiente di lavoro e comunque garantire l’arieggiamento costante dei locali caldaia.
In caso di interventi straordinari di manutenzione, devono essere messi a disposizione degli addetti idonei DPI.
- Art. 236 "Lavori entro tubazioni, canalizzazioni, recipienti e simili nei quali possono esservi gas e vapori tossici o asfissianti" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
- Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
Nelle operazioni necessarie alla conduzione della centrale termica è presente un rischio da movimentazione carichi, dovuto all’utilizzo di prodotti chimici contenuti in sacchi di carta del peso di circa 25 Kg.
danno atteso
Possibili disturbi muscoloscheletrici.
prevenzione
- Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati ausili meccanici (apparecchi di sollevamento ecc.).
- Informazione, formazione, sorveglianza sanitaria degli addetti.
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938.
Esposizione a rumore
descrizione
Il rumore il questa fase lavorativa deriva prevalentemente
dai bruciatori delle caldaie, le quali sono collocate in locali separati dagli
altri ambienti di lavoro, ma la conduzione dell'impianto può richiedere una
presenza continua dell'addetto.
stima
L’impianto di produzione del vapore sviluppa elevati
livelli di rumorosità. I valori di livello equivalente (Leq) di rumore prodotto
dalla caldaia in dB(A), evidenziano l’entità del problema, come si può vedere
nella tabella seguente:
Tabella - Livello equivalente
in dB(A) del rumore nel locale caldaia.
Leq max |
Leq min |
Leq medio |
91.4 |
83.5 |
89.6 |
In una azienda di medie dimensioni del comparto,
sono ad esempio esposti n. 2 lavoratori (uno a turno), addetti al controllo
della caldaia con un livello di esposizione personale al rumore Lep,w
= Lep,d = 73 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore
medio-alti può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni
extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli
inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure
preventive.
prevenzione
Per ridurre il rumore è necessaria una buona
coibentazione termico-acustica dell’impianto, e mantenere in buono stato di
manutenzione ed efficienza bruciatori, aspiratori e ventilatori. Inoltre devono
essere evitati sfiati liberi di vapore. In caso di rumorosità eccessiva
l’operatore deve poter disporre di una cabina insonorizzata e climatizzata e di
D.P.I. (cuffie, tappi antirumore) per gli interventi di manutenzione.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs.
277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”,
riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere
generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Esposizione a microclima sfavorevole e lavoro in prossimità
di superfici calde
descrizione
La caldaia e le condutture dell’impianto termico
possono presentare una elevata temperatura; nel locale si può determinare un
microclima sfavorevole.
danno atteso
L'esposizione a microclima sfavorevole e a calore radiante
può determinare disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità
lavorativa, stress psico fisico.
In caso di contatto cutaneo con superfici ad elevata
temperatura, si possono verificare infortuni per ustioni di vario grado e
lesioni cutanee.
prevenzione
- Proteggere tutte le superfici calde mediante coibentazione.
- Indossare guanti anticalore ed indumenti adeguati.
- Predisporre locali di ristoro e cabine climatizzate.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.
Esposizione ad
amianto
descrizione
Durante l’esecuzione di lavori di manutenzione e coibentazione su guarnizioni, raccordi e condutture dell’impianto termico, nel caso tali interventi vengano effettuati su un vecchio impianto nel quale era stato utilizzato l’amianto prima che questo venisse vietato (D.L. 257/92), gli addetti possono essere esposti a polveri di amianto.
danno atteso
L’inalazione di polveri di amianto può provocare asbestosi, mesoteliomi e tumori polmonari.
prevenzione
In caso di lavori di demolizione – rimozione di parti
dell’impianto termico contenenti amianto, è necessario notificare alla Azienda
Sanitaria Locale competente per territorio, il relativo piano di lavoro in
sicurezza ai sensi dell’Art. 34 del D.Lgs. n. 277/91. Tali operazioni, quando
necessarie, vengono di solito affidate a ditte specializzate.
riferimenti normativi
- Capo III “ Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto durante il lavoro” del D.Lgs. n. 277 del 15.08.1991 “Attuazione delle direttive 80/1107/CEE, 82/605/CEE, 83/477/CEE, 86/188/CEE e 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’Art. 7 Legge n.212 del 30.07.1990”.
- Legge n.257 del 27.03.92 "Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto"
- D.M. del 06.09.94 "Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'Art. 6, comma 3, e dell'Art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto"
- D.M. del 20.08.99 "Ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto, previsti dall'Art. 5, comma 1, lettera f), della L. 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto"
Incendio – esplosione
descrizione
In una centrale termica è sempre presente il rischio di incendio - esplosione.
Inoltre le idrazine (vapori) sono in genere prodotti facilmente infiammabili e, in opportune condizioni, esplosivi: devono essere conservate pertanto entro contenitori di sicurezza, in ambienti separati (preferibilmente compartimentati), provvisti di idonea aerazione.
danno
atteso
In caso di incendio - esplosione, sono possibili lesioni traumatiche, ustioni, intossicazioni.
prevenzione
È necessario che la centrale termica sia rispondente in tutto alle specifiche norme di sicurezza antincendio, impianti elettrici a norma e predisporre idonei programmi di controlli e manutenzione programmata dell’impianto.
La normativa antincendio per
le centrali termiche si differenzia a seconda del tipo di combustibile
utilizzato:
-
Olio
combustibile fluido 3-5 °E o gasolio: Circolare del M.I. n. 73 del 29/7/71 e
successive circolari integrative.
-
Metano:
Circolare del M.I. n°68 del 25/11/69 e successive circolari integrative.
Il locale della centrale termica deve essere
provvisto almeno di estintori (normalmente del tipo a polvere od anidride
carbonica) omologati.
Per la prevenzione di esplosione ed incendio occorre che l’unità produttiva abbia ottenuto il C.P.I. rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco. Inoltre l’addetto alla conduzione della caldaia deve essere provvisto della autorizzazione prevista dalla Legge, nei casi richiesti.
La presenza degli apparecchi
a pressione (generatori di vapore, degasatori) comporta il pericolo di scoppio
con conseguente rischio per i lavoratori presenti; il problema può essere
ritenuto trascurabile se le caldaie e i recipienti a pressione sono stati
regolarmente omologati da ISPESL e subiscono le regolari verifiche periodiche
annuali da parte dell'Azienda Sanitaria Locale competente per territorio.
riferimenti normativi
- Tit. II, Art. 13 "Vie d'uscita e di emergenza", Art. 14 "Porte e portoni" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Capo VI “Difesa contro gli incendi e le scariche atmosferiche” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- D.P.R. n.577 del 29.07.1982 “Approvazione del regolamento concernente l’espletamento dei servizi antincendio”.
- D.M.I. del 02.08.1984 "Norme e specificazioni per la formulazione del rapporto di sicurezza ai fini della prevenzione incendi nelle attività a rischio di incidenti rilevanti di cui al D.M.I. del 16.11.1983.
- D.M.I. del 24.11.1984 "Norme di sicurezza antincendio per il trasporto, la distribuzione, l'accumulo e l'utilizzazione del gas naturale con densità non superiore a 0,8".
- D.M.I. del 08.03.1985 "Direttive sulle misure più urgenti ed essenziali di prevenzione incendi ai fini del rilascio del nullaosta provvisorio di cui alla legge 7 dicembre 1984, n. 818".
- D.P.C.M. 31.03.1989 "Applicazione dell'Art. 12 del D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175, concernente rischi rilevanti connessi a determinate attività industriali."
- D.M.A. 14.04.1994 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di gas di petrolio liquefatto ai sensi dell'Art. 12 del D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175".
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto", comma 5 lettera a) e lettera q) del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 (con successive modifiche e integrazioni) “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 99/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
-
Art.
12 e 13 “Prevenzione incendi ed evacuazione dei lavoratori” D.Lgs. n.626/1994.
IMPATTO ESTERNO
I principali
fattori di impatto ambientale di questa fase sono i seguenti:
Emissioni in atmosfera
Si tratta delle emissioni dei gas prodotti dalla combustione in caldaia del combustibile per produrre il vapore necessario, distribuito poi, mediante apposite linee, ai reparti per l’utilizzazione.
I residui di questa
combustione sono facilmente prevedibili: infatti un m3 di metano bruciato,
in minimo eccesso di comburente, produce quantità note di residui (anidride
carbonica, azoto, ossigeno, ecc...). Quando la centrale termica è alimentata a
gasolio è lecito aspettarsi un peggioramento delle emissioni a causa delle
impurità presenti nell’olio combustibile.
Le emissioni sono
controllate da ARPAT attraverso la determinazione delle concentrazioni degli
ossidi di carbonio, di azoto, di zolfo e delle polveri.
Queste emissioni avvengono a
temperature piuttosto elevate (circa 230 °C).
E’ opportuno orientarsi verso la sostituzione delle caldaie alimentate a gasolio con caldaie alimentate a metano.
Scarichi idrici
Negli impianti a resine scambiatrici di ioni, sono costituiti dai reflui della rigenerazione delle resine utilizzate per la demineralizzazione dell’acqua, nonché dai cosiddetti spurghi di caldaia. Si tratta di soluzioni a pH acido o basico con elevata concentrazione di sali minerali e contenenti acido cloridrico e soda, che scaricate tal quali potrebbero inquinare le acque e il suolo. Pertanto tali reflui devono essere convogliati, tramite canalizzazioni in materiale chimicamente resistente, alla vasca di neutralizzazione nella quale viene corretto il pH mediante soda o acido cloridrico, prima di essere convogliate all’impianto di depurazione delle acque.
Negli impianti ad osmosi inversa, si ha solo lo scarico della soluzione concentrata dei sali trattenuti dalle membrane semipermeabili, pertanto ciò costituisce un impatto ambientale notevolmente minore rispetto a quello derivante dall'impianto a resine.
Produzione di rifiuti
Il rifiuto principale prodotto da questa fase del ciclo produttivo è costituito dalle resine esauste utilizzate nell’impianto di demineralizzazione dell’acqua.
Consumo delle risorse
Per la produzione del vapore
viene utilizzata una notevole quantità di acqua e di combustibile.
Il consumo di acqua può
essere minimizzato con sistemi di recupero delle condense. Il consumo di
combustibile può essere ridotto mediante l’utilizzo di economizzatori per
recuperare il calore e per riscaldare aria comburente e acqua di caldaia. Il
consumo di energia elettrica può essere ridotto tramite l’utilizzo di sistemi
di cogenerazione.
I principali
fattori di rischio ambientale di questa fase sono i seguenti:
Sversamenti di olio combustile sul suolo
In caso di rottura del
serbatoio interrato dell’olio combustibile, utilizzato come carburante della
centrale termica secondaria, si possono verificare sversamenti sul terreno
circostante, con conseguente inquinamento del suolo e possibile penetrazione
nelle falde acquifere. Pertanto è richiesto che i serbatoi interrati siano
realizzati secondo la recente emanazione del Ministero dell’Ambiente D.M. del
20.10.98 "Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e
l’esercizio di serbatoi interrati".
Sversamenti di prodotti chimici sul suolo
I prodotti chimici
utilizzati nell’impianto di demineralizzazione dell’acqua, quali acido
cloridrico e idrossido di sodio (soda), possono dare luogo a sversamenti sul
suolo, sia durante il rifornimento dei serbatoi da autocisterne, sia in caso di
rotture o cedimenti. In caso di sversamento si può verificare inquinamento del
suolo, con possibile penetrazione nelle falde acquifere, ed emissione di vapori
in atmosfera. Pertanto, per evitare il rischio di dispersione sul suolo,
possono essere utilizzati bacini di contenimento in materiale chimicamente
resistente e prevedere misure di emergenza per la neutralizzazione dei prodotti
chimici.
Incendio - esplosione
In caso di incendio a carico della centrale termica
il danno atteso per l’ambiente consiste prevalentemente nella formazione di
prodotti parzialmente incombusti immessi nell’atmosfera. L’esplosione può
comportare danni strutturali al locale sede della centrale termica ed a locali
ed edifici limitrofi.
RIFERIMENTI
NORMATIVI DI CARATTERE GENERALE
- D.P.R. n. 547 del 27.04.1955 (G.U. n. 158 del 02.07.1955) – Norme generali per la prevenzione degli infortuni. Norme per prevenzione degli infortuni sul lavoro.
-
D.P.R.
n. 302 del 19.03.1956 – Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro
integrative di quelle generali emanate con D.P.R. n. 547/1955.
-
D.P.R.
n. 303 del 19.03.1956 – Norme generali per l’igiene del lavoro.
-
D.M.L.
del 28.07.1958 – Presidi chirurgici e farmaceutici aziendali.
-
D.M.L.
del 12.09.1958 – Istituzione del registro degli infortuni.
-
D.P.R.
n. 1124 del 30.06.1965 – Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
-
Legge
n. 977 del 17.10.1967 – Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti.
-
Legge
n. 300 del 20.05.1970 – Norme sulla tutela della libertà e dignità dei
lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di
lavoro e norme sul collocamento.
-
Legge
n. 1204 del 30.12.1971 – Tutela delle lavoratrici madri.
-
D.M.L.
del 18 aprile 1973 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la
denuncia contro gli infortuni sul lavoro e la malattie professionali.
-
D.P.R.
n. 1026 del 25.11.1976 – Regolamento di esecuzione della Legge n. 1204 del
30.12.1971 sulla tutela delle lavoratrici madri.
-
Legge
n. 833 del 23.12.1978 – Istituzione del servizio sanitario nazionale.
-
Legge
n. 46 del 05.03.1990 – Norme per la sicurezza degli impianti
-
D.Lgs.
n. 277 del 15.08.1991 – Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n.
82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di
protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti
chimici, fisici e biologici durante il lavoro a norma dell’Art. 7 della Legge
n. 212 del 30.07.1990.
-
D.Lgs.
n. 77 del 25.01.1992 – Attuazione della direttiva 88/364/CEE in materia di
protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad agenti chimici,
fisici e biologici.
- D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 (con successive modifiche e integrazioni) “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 99/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
-
D.Lgs.
n. 242 del 19.03.1996 – Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994,
recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
-
Circolare
Ministero del Lavoro n. 89 del 27.06.1996 – Direzione generale dei rapporti di
lavoro Divisione VII - D.Lgs. n. 242/1996, , contenente modificazioni ed
integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994, in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro. Direttive per l’applicazione.
-
D.P.R.
n. 459 del 24.07.1996 – Regolamento per l’attuazione delle direttive
89/392/CEE, 81/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento
degli stati membri relative alle macchine.
-
D.Lgs.
n. 493 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/58/CEE concernente le
prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sui luoghi di
lavoro.
-
D.Lgs.
n. 494 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/57/CEE concernente le
prescrizioni minime di sicurezza e/o di salute da attuare nei cantieri
temporanei o mobili.
-
D.Lgs.
n. 645 del 25.11.1996 – Recepimento della Direttiva 92/85/CEE concernente il
miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici
gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.
-
Circolare
n. 172 del 20.12.1996 – Ulteriori indicazioni in ordine di applicazione del
D.Lgs. n. 626/1994, come modificato dal D.Lgs. n. 242/1996.
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D.M.L.
del 16.01.1997 – Individuazione dei contenuti minimi della formazione dei
lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro che
possono svolgere direttamente i compiti propri del Responsabile del Servizio di
Prevenzione e Protezione.
Tabella riassuntiva VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE AL RUMOREe relative misure di prevenzione ai sensi del D.Lgs. n. 277/1991. |
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Valori limite |
Principali misure da
attuare al superamento
dei valori limite |
Lep,d
80 dB(A) |
- Informare i lavoratori su: - rischi per l'udito derivanti dall'esposizione al rumore; - le misure adottate in applicazione delle norme vigenti; - le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi; - la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso; - il significato ed il ruolo del controllo sanitario per mezzo del medico competente; - i risultati ed il significato della valutazione del rumore. - Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori interessati che ne facciano richiesta ed il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi. - Privilegiare all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore. |
Lep,d
85 dB(A) |
- Formare i lavoratori su: - uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito; - uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzate in modo continuativo, producono un Lep,d pari o superiore a 85 dB(A); -
Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti
(indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive
è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori a due
anni. -
Corredare da un'adeguata informazione relativa al
rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai rischi che
questa comporta, i nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad
essere utilizzati durante il lavoro che possono provocare ad un lavoratore
che li utilizzi in modo appropriato e continuativo un'esposizione quotidiana
personale al rumore pari o superiore al limite. |
Lep,d
90 dB(A) oppure Pressione acustica istantanea non ponderata 140
dB (200 Pa) |
- Esporre una segnaletica appropriata, perimetrare e limitare l’accesso ai luoghi di lavoro. - Fornire ai lavoratori i D.P.I per la protezione dell'udito. - Consultare i lavoratori per la scelta dei modelli dei D.P.I. - I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dB(A) sono tenuti ad utilizzare i D.P.I. - Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori ad un anno. - Adottare misure preventive e protettive per singoli lavoratori, in conformità al parere del medico competente, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative. - Tenuta del registro degli esposti. - Comunicare all'organo di vigilanza, informando i lavoratori, le misure tecniche ed organizzative applicate, qualora l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulti superiore ai limiti nonostante l'adozione delle misure preventive. |
BIBLIOGRAFIA
1. “Atti del convegno nazionale di studio e ricerca sui rischi, patologia e prevenzione nell’industria dell’abbigliamento, Arezzo 7 Giungo 1986”, promosso ed organizzato dall’Istituto italiano di medicina sociale, Roma, 1987.
2. “Valutazione dei rischi nelle attività commerciali di abbigliamento e pelletteria (ai sensi del D.Lgs. 626/94): linee guida a cura di Matteo Farina”, Azienda USL di Ravenna, Servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro, Regione Emilia Romagna, 1995
3. “Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro – D.Lgs. 626/94 – Confezioni di abbigliamento”, E.B.E.R. Ente Bilaterale Emilia Romagna, 1996.
4. “ D.Lgs. 626/94 e sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: guida per il settore abbigliamento”, E.B.A.V., Artigianato Veneto, 1996.
5. “Lavoro e salute nell’industria dell’abbigliamento: la prevenzione dei disturbi dell’apparato locomotore”, a cura di Daniela Colombini, Enrico Occhipinti, Olga Menoni, Alessandra Petri, Angela Soccio, Emanuela Tosatto (ed altri), Monza, EPM, Unità di ricerca ergonomica della postura e del movimento, Regione Lombardia, 1994
6.
ILO Encyclopedia
of occupational health and safety, Textiles and apparel industries, Clothing
and finished.
7. “I disturbi muscolo-scheletrici lavorativi. La causa, l'insorgenza, la prevenzione, gli aspetti medico legali”, D. Colombini, E.Occhipinti, C. Colombini, 2000.
8. “Comprendere il lavoro delle donne per trasformarlo”, BTS, ISPESL, 2000.
9. “I diritti delle lavoratrici, dei lavoratori e dei consumatori nell’industria dell’abbigliamento”, A cura del Tribunale Permanente dei Popoli, Medicina Democratica, n. 125-126, Luglio-Ottobre 1999, pag. 53-76.
10. “Per te mamma”, Azienda U.S.S.L. n.32
11. “Maternità e lavoro”, U.L.S.S. n.20, Verona, pag. 33.