PROFILI DI RISCHIO DI COMPARTO
- Settore calzaturiero-
Indice
1.
Flow Chart
2. Documento Comparto
1.1
Area geografica considerata dall’indagine.
1.2 Il sistema
calzaturiero vigevanese: caratteri produttivi, sociali e storici.
1.3 Dati
demografici-occupazionali dell’area geografica considerata.
1.4 Dati analiti del
campione indagato.
1.5 Descrizione del
ciclo produttivo.
1.6 Classificazione e
definizione dei rischi trasversali.
1.6.1 Requisiti
strutturali di sicurezza e salute dei luoghi di lavoro
1.6.2 Impianti
elettrici.
1.6.3
Illuminazione.
1.6.4 Microclima
e climatizzazione.
1.6.5 Aerazione e
ventilazione dei locali di lavoro.
1.6.6 Rischi di
esposizione o incendio.
1.6.7 Rischio
rumore.
1.7 Prodotti e materie
prime impiegate.
1.7.1 Adesivi.
1.7.2 Attivatori
e diluenti per colle.
1.7.3 Prodotti di
finitura.
1.7.4 Altre
materie prime.
1.7.5 Modifiche
nella composizione dei solventi presenti negli adesivi
impiegati nella
fabbricazione di calzature.
1.7.6
Contenimento del rischio.
1.8
Patologie professionali.
1.8.1 Solventi ed altri composti contenuti nei collanti.
1.8.2 Posture incongrue, movimenti ripetitivi a carico degli arti
superiori
(CTD) e
movimentazione dei carichi.
1.8.3 Vibrazioni al sistema mano-braccio.
1.8.4 Polveri, in particolare di cuoio.
1.8.5 Obblighi di sorveglianza sanitaria e monitoraggio biologico.
1.9
Infortuni sul lavoro.
1.9.1. Stima dell’Indice di infortunio sul lavoro.
1.9.2 Carenze inadeguatezze di frequente riscontro comuni a molte
macchine del
comparto.
1.10
Il rischio esterno.
1.10.1 I rifiuti.
1.10.2 Inquinamento atmosferico.
1.11
Riferimenti
legislativi.
1.11.1 Luoghi di lavoro.
1.11.2 Impianti elettrici.
1.11.3 Illuminazione.
1.11.4 Microclima.
1.11.5 Aerazione.
1.11.6 Incendio ed esplosione.
1.11.7
Rumore.
1.11.8
Agenti nocivi.
1..11.9
Informazione, formazione.
1.11.10
Videoterminali.
1.11.11
Macchine ed attrezzature di lavoro.
1.12 Tabella riassuntiva del profilo di rischio
nel settore calzaturiero.
3.
Documenti
fase di lavorazione.
q Fase di
modelleria.
Cap.1 Fase di lavorazione:
modelleria
1.1 Fase di creazione stilistica.
1.2 Fase di
modellazione.
1.3 Realizzazione della
tomaia.
1.4 Realizzazione dei
tacchi.
1.5 Realizzazione delle
suole.
1.6 Fase di
prototipazione.
Cap.2 Attrezzature, Macchine
e Impianti.
2.1 Sistemi manuali.
2.2 Sistemi CAD.
2.2.1 La
progettazione CAD tridimensionale.
2.2.2 la
progettazione CAD bidimensionale.
Cap.3 Il fattore di rischio.
3.1 Attività al
videoterminale.
Cap.4 Danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
Cap.6 Riferimenti
legislativi e norme di buona tecnica.
q Fase di taglio.
Cap.1 Fase di lavorazione:
taglio.
Cap.2 Attrezzature, Macchine
e Impianti.
2.1 Attrezzature
manuali.
2.2 Sistemi di taglio a
fustella.
2.3 Sistemi di taglio
senza fustella.
Cap.3 Il fattore di rischio.
3.1 Trance e fustelle.
3.2 Attrezzature
manuali.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
Cap.6 Riferimenti
legislativi.
q Fase di
giunteria.
Cap.1 Fase di lavorazione:
giunteria.
Cap.2 Attrezzature, Macchine
e Impianti
2.1 Spaccapelle
2.2 Scarnitrice
2.3 Ripiegatrice
2.4 Cucitrice
2.5 Occhiellatrice/Rivettatrice.
Cap.3 Il fattore di rischio.
3.1 Rischi connessi alle
macchine.
3.2 Il rischio
collanti: operazioni di incollaggio “giunteria”.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
5.1 Gli interventi sulle
macchine.
Cap.6 Riferimenti legislativi.
q Fase di
montaggio.
Cap.1 Fase di lavorazione:
Montaggio.
Cap.2 Attrezzature, Macchine
e Impianti
2.1
Le macchine.
Cap.3 Il fattore di
rischio.
3.1 Rischi connessi alle
macchine.
3.2 Collanti: operazioni
di incollaggio “montaggio”.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
5.1 Gli interventi sulle
macchine.
5.2 Interventi sulle
operazioni di incollaggio.
Cap.6 Riferimenti
legislativi.
q Fase di fondo.
Cap.1
Fase di lavorazione: Fondo.
Cap.2 Attrezzature,
Macchine e Impianti.
2.1 Macchine
cardatrici o raspatrici.
2.2
Macchine incollatrici.
2.3
Forni di essiccazione.
2.4
Macchina pressasuole.
2.5
Macchina prefissatacchi e inchiodatacchi.
2.6
Fresatrici per suole e tacchi.
2.7
Sgrossatrici.
2.8
Cucitrice Black.
Cap.3 Il fattore di
rischio.
3.1 Rischi connessi alle
macchine.
3.2 Collanti: operazioni
di incollaggio “fondo ”.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
5.1 Gli interventi sulle
macchine.
5.2 Interventi sulle
operazioni di incollaggio.
Cap.6 Riferimenti
legislativi.
q Fase di
Finissaggio.
Cap.1 Fase di lavorazione: Finissaggio.
Cap.2 Attrezzature,
Macchine e Impianti.
2.1 Spazzolatrici.
2.2 Ferri da stiro.
2.3 Timbratrice.
Cap.3 Il fattore di
rischio.
3.1 Rischi connessi
alle macchine o alle attrezzature.
3.2 Rischio solventi:
operazioni di pulizia del “finissaggio”.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
5.1 Gli interventi
sulle macchine.
5.3 Interventi adottati
sulle operazioni di “finissaggio”.
Cap.6 Riferimenti
legislativi.
q Fase di
confezionamento e magazzino.
Cap.1 Fase di lavorazione: confezionamento e magazzino.
Cap.2 Attrezzature,
Macchine e Impianti.
2.1 Timbratrice per
suole.
2.2 Mezzi di
sollevamento o di trasporto.
Cap.3 Il fattore di
rischio.
3.1 Movimentazione dei
carichi.
3.2 Timbratrici.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
5.1 Norme di buona
tecnica consigliate in fase di carico e scarico.
Cap.6 Riferimenti legislativi.
Parte 1
-
Flow Chart -
1.
“Flow Chart”.
Parte 2
- Documento Comparto -
§1.“Documento Comparto”.
§1.1
Area geografica considerata dall’indagine.
La
città di Vigevano, un tempo definita capitale italiana della calzatura, è
geograficamente situata al centro di un quadrilatero che ha per vertici Milano
a nord-est, Pavia a sud-est, Mortara a sud-ovest e, a nord-ovest, Novara.
Nel corso dell’indagine, nell'individuazione dei criteri
d'inclusione del campione e dell'area geografica di riferimento, è stato preso
in considerazione il territorio a più alta densità manifatturiera-calzaturiera
che risulta comprendere, oltre alla città di Vigevano, un gruppo di nove comuni
vicini, uno dei quali di dimensioni medie, la città di Mortara, e gli altri
otto di più piccole dimensioni: Garlasco, Cassolnovo, Gambolò, Tromello, Dorno,
Cilavegna, Parona e Gravellona. All’interno dell’area selezionata, che presenta
caratteri di sufficiente omogeneità e rappresentatività, si configura un vero e
proprio sistema produttivo calzaturiero, completo, autosufficiente ed
integrato, costituito, oltre che dalle aziende per la produzione della
calzatura, anche da numerose altre aziende da questa indotte (tacchifici,
suolifici, bordinifici, ecc.) o da aziende satellitari (produzione di macchine
per la fabbricazione delle scarpe, settore meccano-calzaturiero, commercio nazionale
ed internazionale di questo manufatto, ecc.).
Tale rete può essere definita un’area-sistema, vale a dire un
sistema produttivo diffuso su un territorio e composto da imprese appartenenti
a vari settori merceologici, tutti legati al settore calzaturiero.
§1.2 Il Sistema calzaturiero vigevanese:
caratteri produttivi, sociali e storici.
La
prima fabbrica di scarpe vigevanese nacque nel 1866.
Successivamente,
nell’arco di pochi anni, si svilupparono numerose aziende medio-grandi
specializzate in questa particolare produzione, caratterizzate da ampia
presenza di manodopera femminile.
Il
comparto si espanse ulteriormente con piccoli stabilimenti, spesso impiantati
da ex-operai calzaturieri, dotati di laboratori specializzati nella produzione
di accessori per calzature o nell’esecuzione di singole fasi del processo
produttivo.
Agli
inizi del ‘900 si avviò la prima officina meccanica specificatamente orientata
alla produzione/riparazione di macchine per calzaturifici. Altre officine modificarono la loro attività
originaria per soddisfare le crescenti richieste di macchinari e di utensileria
destinati all’industria calzaturiera. Sempre ad inizio secolo, si svilupparono
aziende medio-grandi di conceria.
Lo sviluppo del settore fu tale che già nel 1911 la produzione
calzaturiera divenne l’attività trainante l’economia vigevanese: risultavano
attive 50 aziende con oltre 6000 occupati (circa il 30% della popolazione
lavorativa complessiva).
Durante e subito dopo la prima guerra mondiale, grazie alle
commesse di forniture per l’esercito, la struttura produttiva continuò ad
espandersi . Analoga espansione si registrò negli anni successivi al secondo
conflitto mondiale, più precisamente dal 1951 al 1961, quando l’incremento
delle unità produttive e degli addetti del comparto, fu, rispettivamente, del
67,5% e del 93,2%. Imponente fu pertanto lo sviluppo del settore, dovuto sia
alla solidità dell'impianto, basato sulle grandi imprese capaci di prodotti
d’alta qualità, sia sulla rete delle piccole-medie imprese.
Tra il 1961 ed il 1971 si registrò il primo calo considerevole del
settore, sia in termini di unità produttive sia in termini di addetti
calzaturieri. Le unità passarono da 838 a 593 e gli addetti da 14.045 a 8.649.
Per arginare la crisi, determinata dalla presenza di nuovi concorrenti sia
italiani sia stranieri, i calzaturieri vigevanesi ricorsero ad innovazioni
tecnologiche ed organizzative, con ulteriore scomposizione del processo
produttivo e decentramento di alcune mansioni a favore di imprese esterne, più flessibili.
Tale impronta è ancora oggi percepibile: il tessuto produttivo
calzaturiero locale è, infatti, caratterizzato dalla presenza di parecchie
imprese di sub-fornitura e risulta diffuso il “lavoro a domicilio” a prevalente
partecipazione femminile.
Gli
anni settanta /ottanta videro una relativa ripresa con stimolo alla
diversificazione della produzione: si confermarono aziende con produzione di
elevata qualità e con forza lavoro altamente qualificata (nicchie di qualità
con domanda costante) e, contemporaneamente, si accrebbero aziende con
produzione di manufatti a basso costo, molte delle quali di piccola e
piccolissima dimensione.
Infine nell’ultimo ventennio le modifiche e le ristrutturazioni
del distretto produttivo hanno comportato:
1. una sensibile riduzione del numero di unità
produttive, che passano da 839 nel 1981 a 702 nel 1992, e una contrazione
marcata dell’occupazione, che da 10.000 unità nel 1981 si riduce fino ad
arrivare agli attuali 4.000 addetti;
2. la razionalizzazione dell’organizzazione
della produzione attraverso una disintegrazione del ciclo produttivo, che ha
implicato anche una diminuzione consistente del numero medio di addetti per
impresa pari a dodici nel 1981 ed a sette negli ultimi anni;
3. la riqualificazione della produzione verso
fasce di domanda di articoli di alta qualità in cui i nuovi concorrenti dello
scenario internazionale (Taiwan, Sud Corea) non fossero competitivi;
4. la diversificazione della produzione verso
comparti contigui, in particolare quelli meccanico-calzaturiero, degli
accessori in gomma-plastica e delle finte pelli.
Nonostante tale calo complessivo del settore , l’area vigevanese
rimane ancora importante tra le aree
calzaturiere presenti in Italia, soprattutto grazie alla presenza di tutti i
comparti correlati: l’industria degli accessori, la produzione delle pelli
sintetiche, di articoli in gomma e in plastica e l’industria
meccano-calzaturiera.
§1.3 Dati demografici-occupazionali
dell'area geografica considerata.
Il comprensorio vigevanese ad alta prevalenza
di produzione calzaturiera comprende i comuni di: Vigevano (abitanti 60.384),
Mortara (14.093 abitanti), Gambolò (7.654 abitanti), Garlasco (9.572 abitanti),
Cassolnovo (5.571 abitanti), Cilavegna (4.416 abitanti), Dorno (4.084
abitanti), Tromello (3.123 abitanti), Gravellona (1.994 abitanti), Parona
(1.500 abitanti).
Il numero complessivo di residenti nell’area di nostro interesse è
pari a circa 112.000, di cui 28.000
occupati nel settore manifatturiero; risultano attive nell'area 450 aziende calzaturiere con circa 4.000
occupati.
§1.4 Dati analitici del campione
indagato.
Al
fine di realizzare l’indagine sui profili di rischio di comparto , nell’area
geografica sopra individuata, si è
provveduto a selezionare un campione di venti aziende, rappresentativo
dell’intero settore produttivo usufruendo degli elenchi delle imprese forniti
dall’Associazione Vigevanese Industriali e dalla locale Camera di Commercio.
I criteri di selezione hanno riguardato:
· appartenenza a classi dimensionali diverse per quanto concerne
numero di addetti. Il campione estrapolato comprende imprese piccole (n°
dip.< 10), imprese medio-grandi (n° dip. < 50) e imprese grandi (n° dip.³ 50);
· profili qualitativi differenti del prodotto finito (qualità fine,
medio-fine, sportiva, ecc.);
· distribuzione geografica, coinvolgendo ditte con insediamenti
produttivi localizzati nei 9 comuni limitrofi alla città di Vigevano, inclusi
nell'area di interesse.
La tabella 1.1 fornisce una sintetica immagine del campione
analizzato, alla luce dei criteri sopra elencati:
Tabella 1.1: Profilo dei calzaturifici campionati.
PRODOTTO FINITO |
Dipendenti <10 (percentuale inclusa) |
10 £ Dipendenti< 50 (percentuale inclusa) |
Dipendenti. ³50 (percentuale inclusa) |
Calzature fini e lusso |
0% |
0% |
20% |
Calzature medio fine |
5% |
20% |
5% |
Calzature media qualità |
15% |
5% |
0% |
Calzature sportive |
20% |
5% |
0% |
Calzature per bambino |
5% |
0% |
0% |
TOTALE 20 aziende |
45% 9 aziende |
30% 6 aziende |
25% 5 aziende |
Come già presentato nel flow-chart il ciclo produttivo del
comparto calzaturiero è stato diviso nelle
fasi di lavorazione:
1. MODELLERIA
2. TAGLIO/TRANCERIA
3. GIUNTERIA
4. MONTAGGIO
5. FONDO
6. FINISSAGGIO
7. CONFEZIONAMENTO E IMMAGAZZINAGGIO.
Sulla base del riconoscimento di queste fasi, la tabella 1.2 schematizza l’organizzazione evidenziata nell’indagine svolta sul campione di venti aziende (presenza della fase di lavorazione internamente alla ditta e numero di addetti).
Tabella 1.2: Profilo dei
calzaturifici campionati.
FASE
DI LAVORAZIONE |
Percentuale
riscontrata su campione indagato |
N° addetti Uomini
|
N° addetti Donne |
N° addetti TOTALE |
Modelleria |
70% |
26 |
1 |
27 |
Taglio/tranceria |
80% |
21 |
115 |
136 |
Giunteria |
85% |
11 |
271 |
282 |
Montaggio |
85% |
120 |
29 |
149 |
Fondo |
80% |
125 |
26 |
151 |
Finissaggio |
100% |
14 |
79 |
93 |
Confezion./immagazzin. |
100% |
18 |
4 |
22 |
TOTALE |
|
335 |
525 |
860 |
§1.5
Descrizione del ciclo produttivo.
Nel
settore calzaturiero sono comprese tutte quelle lavorazioni che portano alla
produzione di manufatti che servono a “vestire” il piede: scarpe, sandali,
ciabatte, stivali, ecc.
Il
ciclo tecnologico è spesso organizzato con la separazione delle fasi di
lavorazione tra il calzaturificio vero e proprio e le aziende minori
complementari, quali tomaifici, solettifici, tacchifici , ecc.
Molto
diffuso nel comparto calzaturiero è il lavoro a domicilio per la produzione
degli elementi che compongono la scarpa ed in particolare la tomaia.
Un altro fattore di cui tenere conto è la qualità dell’articolo prodotto, se pregiato o di serie, in quanto condizionante l’organizzazione del lavoro e i materiali usati.
Le
materie prime utilizzate sono:
- pelli naturali, pelli sintetiche (poliuretano, PVC, ecc.);
- cuoio, gomma;
- collanti (lattici, mastici, colle solide costituite da materie plastiche termofusibili);
- coloranti, vernici, lucidi;
- solventi da rifinitura;
- tessuti.
Una
calzatura si compone di due parti:
1) SUOLA: parte della calzatura che posa in terra (pianta), a sua
volta formata da tre parti: tacco, soletta e suola propriamente detta;
2) TOMAIA: parte superiore
della calzatura.
Il processo produttivo inizia nel reparto di taglio con il taglio delle pelli e dei gropponi di cuoio per mezzo di trance, con preparazione di tomaie, suole, fodere ed accessori. Successivamente, nelle fasi di giunteria si procede all’assemblaggio e alla cucitura delle tomaie; a queste, con apposite macchine per cucire, nel reparto orlatura, sono montate le eventuali guarnizioni.
Segue l'operazione di montaggio su forma: con l’uso di chiodi e piantachiodi si inseriscono i contrafforti ed il sottopiede. La tomaia montata, dopo essere passata nel forno di stiraggio, è preparata per l’applicazione della suola. Questa viene applicata mediante collante e con l’intervento di una pressa; a volte viene anche cucita con apposita cucitrice. Una macchina piantatacchi provvede all’applicazione finale del tacco. Nel caso di suole in gomma, si impiega invece un’apposita pressa che provvede al fissaggio di suola e tacco.
La successiva finitura consiste nella fresatura e smerigliatura del tacco e della suola a mezzo di macchine utensili rotanti; seguono la coloritura della lissa (parte perimetrale della suola), del tacco e della suola intera, la ceratura della suola e la pulitura della tomaia con solventi e/o spazzole. Le operazioni si concludono con le operazioni di apprettatura e di lucidatura dei manufatti. Ultima operazione consiste nel confezionamento ed inscatolamento.
La
separazione del ciclo, con fasi di esso realizzate in aziende specializzate, ha
dato luogo ad una classificazione merceologica particolareggiata della quale
proponiamo una sintesi nella tabella 1.3.
Nella tabella 1.4 vengono indicate le operazioni unitarie presenti nel ciclo e la relativa denominazione corrente della mansione.
Tabella 1.3: Definizione merceologica delle principali
aziende incluse nel comparto calzaturiero.
Bordinificio, Calzaturificio, Contraffortificio, Fettuccificio, Finissaggio, Formificio, Giunteria, Guardolificio, Montaggio, Pantolificio, Solettificio, Suolificio, Tacchificio, Tomaificio, Tranceria.
Tabella 1.4: Reparto/Fasi di lavorazione/denominazione
corrente della mansione.
Reparto |
Operazione |
Denominazione
corrente della mansione |
|
||
Modelleria |
1. Ideazione/preparazione modello |
Modellista |
|
||
Taglio |
1.Taglio |
Tagliatore |
|
||
|
2.Timbratura, Occhiellatura
|
Timbratrice |
|
||
Giunteria |
1.Spaccatura o Egualizzatura |
Spaccatrice |
|
||
|
2.Scarnitura |
Scarnitrice |
|
||
|
3.Assemblaggio fodere |
Orlatrice |
|
||
|
4.Assemblaggio della tomaia |
Preparatrice o orlatrice |
|
||
|
5.Ripiegatura |
Preparatrice o orlatrice |
|
||
|
6.Bordatura |
Bordatrice |
|
||
|
7.Cucitura della tomaia |
Orlatrice |
|
||
|
8.Applicazione nastrini |
Orlatrice |
|
||
|
9.Incollaggio fodera/tomaia |
Preparatrice |
|
||
|
10.Messa in fodera |
Orlatrice |
|
||
Montaggio |
1.Applicazione sottopiede o soletta alla forma |
Preparatore/ice |
|
||
|
2.Applicazione del puntale alla tomaia |
Preparatore/ice |
|
||
|
3.Applicazione dello sperone |
Preparatore/Masticiatore |
|
||
|
4.Spalmatura collante bordo tomaia, sottopiede |
Preparatore/Masticiatore |
|
||
|
5.Premonta/monta |
Montatore /Imbroccatore |
|
||
|
6.Garbasperoni |
Montatore /Calzolaio |
|
||
|
7.Tirafodere |
Montatore /Calzolaio |
|
||
|
8.Montafianchi |
Montatore /Calzolaio |
|
||
|
9.Montabuetta |
Montatore /Calzolaio |
|
||
|
10.Levachiodi |
Levachiodi |
|
||
|
11.Ribattitura |
Ribattitore |
|
||
|
12Buettatura |
Buettatore |
|
||
|
13Fasciatura zeppa |
Masticiatore |
|
||
Fondo |
1.Tranciatura Suole e tacchi |
Tranciatore |
|
||
|
2.Cardatura o scartatura |
Cardatore/Scartatore |
|
||
|
3.Riempimento sugherina |
Incollatrice |
|
||
|
4.Spalmatura collante fondo e suola |
Incollatrice/Masticiatrice |
|
||
|
5.Pressatura |
Pressatore |
|
||
|
6.Cucitura Black |
Cucitore |
|
||
|
7.Sgrossatura |
Sgrossatore |
|
||
|
8.Fresatura suole |
Fresatore |
|
||
|
9.Applicazione tacchi (colla o chiodi) |
Incollatrice |
|
||
|
10.Fresatura tacchi |
Fresatore |
|
||
|
11.Smerigliatura
|
Smerigliatore |
|
||
Finissaggio |
1.Coloritura |
Coloritore |
|||
|
2.Pomiciatura suola |
Pomiciatore |
|||
|
3.Coloritura suola |
Coloritore |
|||
|
4.Lucidatura suola |
Lucidatore |
|||
Inguarnitura, Rifinitura |
1.Pulitura e lavatura della scarpa |
Inguarnitrice/ Rifinitrice |
|||
|
2.Applicazione tallonetta |
Inguarnitrice |
|||
|
3.Aprettatura |
Inguarnitrice |
|||
|
4.Lucidatura |
Inguarnitrice |
|||
|
5.Stiratura |
Inguarnitrice |
|||
|
6.Scatolatura |
Inguarnitrice |
|||
Magazzino |
1.Carico-scarico merci |
Magazziniere |
|||
§1.6
Classificazione e definizione dei rischi trasversali.
Prima
di analizzare i rischi caratteristici del settore calzaturiero, scomponendoli
capitolo per capitolo nelle singole fasi di lavorazione tipiche, si valutano
complessivamente i rischi “trasversali”, intesi quali rischi comuni
a tutte le mansioni all’interno del ciclo lavorativo.
Rischi traversali
q Requisiti strutturali di sicurezza e
salute dei luoghi di lavoro
q Impianti
elettrici
q Illuminazione
q Microclima
e climatizzazione
q Aerazione
e ventilazione dei locali di lavoro
q Rischi
di esplosione o incendio
q Rischio
rumore
q Prodotti
e materie prime impiegati (vedi capitolo 1.7)
Per
ciascuno dei rischi considerati, si presentano le variabili analizzate ed i
risultati delle osservazioni tratte dai sopralluoghi e dall’analisi dei
documenti di valutazione delle venti aziende campionate. I riferimenti normativi
propri delle variabili citate sono da ricercare al cap.1.11.
Il
rischio “Prodotti
e materie prime impiegati”, data la considerazione che merita il
tema, sarà invece trattato in un apposito capitolo (rif. capitolo 1.7) e
ripreso nei singoli documenti riferiti alle fasi di lavoro.
§ 1.6.1 Requisiti strutturali
di sicurezza e salute dei luoghi di lavoro.
Sono state raccolte informazioni relative alle seguenti variabili:
§ anno di
costruzione dell'edificio in cui ha sede la ditta, anno/i di adattamento,
anno/i d’ampliamento;
§
numero dei locali, adibiti a reparti e lavorazioni,
che costituiscono la fabbrica;
§
disponibilità di spazio in relazione alla
lavorazione che vi si svolge ed al numero di addetti;
§
numero porte e portoni, numero di uscite di emergenza;
§
vie di uscita ed emergenza, presenza di ostacoli;
§
aree di transito, viabilità interna ed esterna,
presenza di ostacoli;
§
servizi igienici, servizi assistenziali, docce e
spogliatoi;
§
scale, parapetti;
§
pavimentazione;
§
altezza e superficie del locale, superficie
finestrata;
§
locali seminterrati o sotterranei;
§
locali adibiti ad immagazzinamento.
Risultati delle osservazioni:
Gli
edifici sede delle aziende calzaturiere visitate hanno spesso una vetustà più
elevata, in media di circa un decennio, rispetto alla data di inizio
dell’attività.
In questa condizione risultano l’80% delle ditte, mentre il rimanente 20% presenta una contemporaneità tra la costruzione dell’insediamento produttivo e l’effettivo avvio dall’attività. Tale scarto indica che, nella maggioranza dei casi, le attività produttive sono state avviate in edifici già esistenti, progettati e per lunghi tempi impiegati in attività manifatturiere differenti, per dimensioni aziendali e tipologia di impianti produttivi.
La
vetustà degli insediamenti produttivi emerge osservando le proporzioni dei
reparti e/o la loro irrazionale distribuzione. Gli edifici sede delle aziende
di più vecchio insediamento presentano spesso dimensioni inadeguate, sia in
eccesso (situazioni produttive mantenutesi in vecchi edifici che riflettono
l’antico splendore della produzione calzaturiera e godono di ampi spazi,
attualmente solo parzialmente sfruttati), sia in difetto (situazioni produttive
ubicate nei centri storici, in locali angusti ).
L’indagine svolta ha evidenziato che nel 65% delle aziende vi è un unico locale adibito alla produzione (nel 25% due locali e nel 10% tre locali). Comprese in questa percentuale vi sono:
- sia aziende che svolgono un'unica fase del ciclo di produzione della calzatura, condizione adeguata in quanto ad un locale corrisponde una sola fase lavorativa;
- sia aziende con più fasi lavorative, condizione inadeguata poiché in un unico locale sono presenti più lavorazioni a diverso rischio.
Tipiche al riguardo sono le presenze in un unico locale di operazioni di montaggio/fondo con operazioni di giunteria/finissaggio. Deriva, per i lavoratori addetti a queste ultime operazioni, un elevato rischio indiretto da collanti e rumore, eliminabile con la semplice separazione dei locali.
Esempio altrettanto significativo d’inadeguatezza, pure correggibile con la progettazione di spazi di lavoro separati, è rappresentato dalla collocazione della fase modelleria. Tale fase di lavoro, priva di rischi rilevanti quando ubicata in uno spazio proprio, viene spesso inserita o direttamente nei reparti di produzione, o in locali a cubatura ridotta comunque ad esso comunicanti (38% dei casi campionati), facendone aumentare i rischi.
L’indagine
ha inoltre evidenziato:
- insufficiente disponibilità di spazi di lavoro adeguati alle
varie postazioni (10%);
- inadeguatezza delle porte dei locali di lavoro: numero e
larghezza insufficiente (15%);
- accatastamenti pericolosi in corrispondenza di spazi di lavoro e
presenza di ostacoli in zone di passaggio all’interno dell’azienda (25%);
- inadeguatezza dei servizi igienici e degli spogliatoi: mancata
separazione dei locali per sesso, errata ubicazione di docce e lavabi non
comunicanti con gli spogliatoi, mancanza di erogatori a sapone liquido, assenza
di mezzi per asciugarsi a perdere o in alternativa di apparecchi ad aria calda
(15%);
- inadeguatezza delle scale e dei parapetti: assenza di bande
antiscivolo, di corrimano e di parapetti normali con arresto al piede (35%);
- mancata evidenziazione delle superfici vetrate in corrispondenza
di aree di ingresso ai capannoni o vicino ad installazioni pericolose; mancata
indicazione del carico massimo ammissibile su piani rialzati; mancata
segnalazione dei macchinari in disuso (35%);
- inadeguatezza delle vie e uscite di emergenza: ostacoli su vie
di fuga o in corrispondenza di uscite di sicurezza, mancanza di segnaletica di
legge o di illuminazione adeguata (35%);
- pavimentazione sconnessa o inadeguata (10%);
- mancanza di spazi da adibire al solo stoccaggio ed
immagazzinamento (15%).
Tutte le carenze strutturali sopra esaminate possono essere causa d’infortunio. La tabella 1.5 riassume gli eventi infortunistici riferiti al periodo 1992–1998 che, per la tipologia dell’agente materiale o per la dinamica, sono da attribuire a questa categoria di rischio.
Tabella 1.5: Eventi infortunistici
connessi a carenze strutturali relativi al periodo 1992/1998.
Agente materiale
|
Natura della lesione* |
Infortuni (n) |
Media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea (gg) |
Superficie di transitoAperture pavimenti pareti Arredi, impianti fissi |
CONTUSIONE,
TRAUMI, DISTORSIONI DA URTO O CADUTA |
15 |
11,9 |
TRAUMA
DA SCHIACCIAMENTO |
11 |
6,7 |
|
Scale e passerelle |
DISTORSIONE
CAVIGLIA |
4 |
20,25 |
DISTORSIONE
POLSO |
1 |
30 |
*NOTA: lesioni non gravi, secondo
la definizione di cui all’art. 590 c.p.
Per comodità di esposizione, separatamente ,nella tabella 1.6 , si completano i dati relativi agli infortuni sul lavoro non coinvolgenti impiego di macchine o attrezzature , riportando i casi d’infortunio occorsi al di fuori dei reparti produttivi, in itinere e all’interno del perimetro di proprietà aziendale.
Tabella 1.6: Eventi infortunistici
occorsi al di fuori dei reparti produttivi relativi al periodo 1992/1998.
Forma di avvenimento |
Natura della lesione |
Infortuni (n) |
Media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea (gg) |
Incidente alla guida Caduta in piano; piede in fallo |
CONTUSIONE,
TRAUMA |
3
|
229 |
CONTUSIONE,
TRAUMI, DISTORSIONI DA URTO O CADUTA |
3 |
35,5 |
§ 1.6.2 Impianti elettrici.
Sono state
raccolte informazioni relative alle seguenti variabili:
·
modello B di denuncia di installazione di impianto
di messa a terra;
·
verifiche biennali dell’impianto di messa a terra;
·
dichiarazione di conformità alla regola dell’arte
per gli impianti realizzati successivamente alla data di entrata in vigore
della L.46/90 (13.03.90).
Risultati delle
osservazioni:
Il 20% delle aziende non ha presentato regolare denuncia di messa a terra degli impianti elettrici su apposito Modello B.
E’
stata inoltre osservata una scarsa attenzione complessiva al rischio elettrico,
desumibile sia dalla presenza di pericoli evidenti (cavi elettrici a vista,
elementi in tensione protetti con nastro isolante) , sia dalla diffusa assenza
della relativa segnaletica (assenza di cartello di divieto di utilizzo di acqua
per spegnere incendi nelle zone in cui sono presenti impianti elettrici o
apparecchiature elettriche in tensione,
assenza di divieto di utilizzo
di cavi volanti attraverso i locali ).
§ 1.6.3. Illuminazione.
Le variabili relative alle condizioni d’illuminamento considerate sono quelle indicate dalle norme legislative e di buona tecnica (rif. capitolo 1.11).
Risultati delle osservazioni:
Il 25 % delle aziende campionate ha omesso la valutazione del fattore di rischio illuminazione; nel restante 75% è stato osservato:
- inadeguatezza dei sistemi di illuminazione: lampade non dotate
di elementi diffusori o schermature, lampade al neon non protette contro urti
accidentali (15%);
- assenza di impianto di illuminazione di emergenza (25%);
- mancata predisposizione di un programma di manutenzione
preventiva e periodica degli impianti di illuminazione (10%).
§
1.6.4 Microclima e climatizzazione.
Le variabili relative alle condizioni microclimatiche nei locali di lavoro qui considerate sono quelle indicate dalle norme legislative e di buona tecnica (rif. capitolo 1.11).
Risultati delle osservazioni:
I parametri di temperatura registrati risultano compresi nei limiti raccomandati e quindi non rappresentano un rischio per la salute dei lavoratori.
§ 1.6.5 Aerazione e
ventilazione dei locali di lavoro.
Le variabili relative alle condizioni di aerazione/ventilazione nei locali di lavoro qui considerate sono quelle indicate dalle norme legislative e di buona tecnica (rif. capitolo 1.11).
Risultati delle osservazioni:
Il 50% delle imprese ha omesso la verifica di rispondenza ai requisiti normativi relativi al fattore aerazione/ventilazione.
Il 25% delle imprese ha evidenziato un’insufficienza del numero di ricambi d’aria nei locali di produzione attribuibile all’inadeguatezza dei sistemi di ventilazione naturale o forzata: detta inadeguatezza, genericamente attribuita alla mancata definizione di locali separati destinati ai fumatori, è stata concretamente risolta da una sola impresa attraverso:
- la disposizione di una adeguata superficie finestrata apribile;
- la predisposizione di impianto di termoventilazione o condizionamento, correttamente dimensionato.
§ 1.6.6 Rischi di esplosione o
incendio.
Attraverso sopralluogo ed analisi dei documenti di valutazione del rischio ex art. 4 del D.L.gs 626/94, sono state raccolte informazioni sulle variabili relative al rischio di incendio indicate al capitolo 1.10.
Risultati delle osservazioni:
Considerato il totale delle aziende tenute al possesso di Nulla Osta Provvisorio (N.O.P.) o Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.) , il 25% di esse risulta inottemperante. I piani di emergenza predisposti, comprendenti piano antincendio e piano di evacuazione, hanno evidenziato:
- inadeguata o assente formazione ai lavoratori incaricati dell’attività di antincendio ed evacuazione (10%);
- alta densità di macchinari che non agevola la fuoriuscita dai
locali (5%);
- scarsa
manutenzione di estintori e idranti
(10%);
- assenza di sistemi di rilevamento di incendio (5%);
- assenza di segnaletica di sicurezza e antincendio di varia tipologia, quale:
a) segnaletica che vieti l’utilizzo di
acqua per spegnere incendi in zone con presenza impianti elettrici o
apparecchiature in tensione (5%);
b) planimetria con schema rete
idrica, indicante i luoghi dotati di
mezzi fissi e mobili per estinzione incendio (5%);
c) divieto di fumare nei locali
a rischio (15%);
d) divieto di uso di fiamme
libere nei locali ove sono presenti
prodotti infiammabili (5%);
-
cattiva manutenzione della segnaletica di sicurezza e antincendio (10%).
§ 1.6.7 Rischio rumore.
Sono
state analizzate le valutazioni del rischio rumore realizzate in ottemperanza
al Decreto Legislativo del 15 agosto 1991 n. 277.
Il
rumore che si riscontra nei calzaturifici è di tipo intermittente con intensità
che aumenta quando i pezzi vengono lavorati sulle macchine. Possibile è anche
la reciproca interferenza tra rumori prodotti da macchine vicine.
E'
perciò frequente che nelle stesse posizioni si possano registrare livelli
sonori molto variabili nel tempo.
Si evidenzia inoltre un fenomeno di intercambiabilità di mansione, o comunque l’alternanza di operazioni differenti per il medesimo addetto, fattore che contribuisce anch’esso ad elevare la varianza delle misure.
Studi di rumorosità realizzati in passato su un elevato numero di calzaturifici hanno condotto a conclusioni generali, quali:
-
la grande maggioranza dei calzaturifici ha nel
proprio ciclo produttivo macchine che producono una rumorosità superiore a 85 dB(A);
-
la rumorosità di centro ambiente e conseguentemente
i valori di Lep,d aumentano in proporzione al numero di macchine presenti
nell'ambiente, e ciò indipendentemente da altre variabili (cubatura, struttura
dei locali, ecc.);
-
occorre la presenza di almeno 4 macchine con
rumorosità superiore a 85 dB(A) per causare un livello di rumorosità media a
centro ambiente superiore a 85 dB(A);
-
reparti di giunteria e finissaggio, uniti nello
stesso locale di lavoro con i reparti di montaggio e fondo, presentano, valutando
la reciproca influenza di tutte le variabili potenzialmente incidenti sul
livello di rumorosità, valori medi di rumore a centro ambiente mediamente
superiori di 5 dB(A) rispetto alla situazione di reparti separati.
I
provvedimenti di contenimento del rischio più frequentemente osservati sulle
macchine del comparto risultavano:
1.
uso di giunti flessibili sugli impianti di
ventilazione generali e localizzati;
2.
cappe di rivestimento dei macchinari;
3.
silenziatori su motori elettrici, compressori,
ventilatori;
4.
barriere fonoassorbenti;
5.
segregazione di lavorazioni;
Risultati delle osservazioni:
Rumorosità delle fasi di
lavoro.
La
valutazione del rischio rumore nelle venti aziende indagate ha fornito 576
misurazioni riguardanti la rumorosità prodotta nell’espletamento di attività
manuali e meccaniche. Risulta che:
· 26 misurazioni
(4,5%) documentano una rumorosità superiore a 90 dB (A);
· 85 misurazioni
(14,7%) documentano una rumorosità compresa fra 85 e 90 dB (A);
· 102 misurazioni
(17,7%) documentano una rumorosità compresa fra 80 e 85 dB (A);
· 363 misurazioni
(63%) documentano una rumorosità inferiore a 80 dB (A).
Le
misurazioni riferite al primo gruppo derivano da attività meccaniche, ovvero da
attività che comportano l’uso delle macchine elencate nella tabella 1.7, di cui
si indica il valore massimo di rumorosità:
Livelli equivalenti di esposizione Lep,d.
Sono stati calcolati 162 Lep,d riferiti a mansioni svolte nei diversi reparti produttivi. Tra questi:
- n° 4 valori (1,8%) superano i 90 dB (A);
- n°60 valori (19,75%) sono compresi tra a 85-90 dB (A),
e sono riferiti a mansioni svolte nei reparti:
-
tranceria
suole/lavorazione fondo (1,8%);
-
montaggio (4,32%);
-
fondo
(12,34%);
-
taglio (0,61%).
Tabella
1.7: Rumorosità delle macchine
Macchine |
rumorosità dB (A) |
-
battiboette |
-
99,7 |
-
imboettatrice |
-
99,0 |
- ribattitrice |
- 99,5 |
-
pianta tacchi |
-
97,0 |
-
cucitrice Black |
-
97,0 |
-
apriincrene |
-
95,8 |
-
fresa cuoio |
-
95,5 |
-
montagancetti |
-
94,8 |
-
inchioda fodere |
-
93,0 |
-
cucitrice suole |
-
91,6 |
-
smeriglia |
-
91,0 |
-
pistola-spara gancetti |
-
91,7 |
-
montafianchi |
-
95,3 |
-
calzera |
-
93,0 |
Viene dunque evidenziato che:
1) il reparto con più alti livelli di esposizione a rumore è il reparto fondo, dove si collocano
anche due dei tre valori di Lep,d che superano i 90 dB(A). In questo reparto
sono presenti alcune delle macchine a più alta rumorosità sopra citate, ed
esattamente:
- frese 95,5 dB (A);
-
cucitrici
Black 97,0 dB (A);
-
montafianchi 95,3 dB(A);
2) nel reparto montaggio, i lavoratori sono esposti a valori di Lep,d moderatamente alti,
spesso conseguenza del rumore prodotto
da macchine tipiche delle operazioni di fondo collocate in aree limitrofe. Nel
caso dei reparti di montaggio ubicati nello stesso locale del fondo
(5,5% dei casi), si ha una rumorosità più elevata che nei reparti montaggio ubicati
in locali separati;
3)
i reparti meno interessati dal rumore sono la modelleria,
la giunteria,
il finissaggio
e l'inguarnitura.
E’
stato osservato che nel campione di 860 lavoratori presenti nelle 20 aziende
valutate, solo 218, pari al 24,7%, risulta esposto a livelli di rumorosità
personale giornaliera (Lep,d) superiori a 80 dB(A).
Questa
percentuale di esposti così si ripartisce nei singoli reparti:
1)
il 53,6% è addetto alle operazioni di fondo, di
cui il:
-
23,5% di addetti esposti a Lep,d compresi fra 80 e
85 dB(A);
-
28,1% di addetti esposti a Lep,d compresi fra 85 e
90 dB(A);
-
2,0 % di addetti esposti a Lep,d > 90 dB(A);
2)
il 29,3 % è addetto alle operazioni di montaggio, di
cui:
-
22,8% di addetti esposti a Lep,d compresi fra 80 e
85 dB(A);
-
5,2% di addetti esposti a Lep,d compresi fra 85 e 90
dB(A);
-
1,3% di addetti esposti a Lep,d > 90 dB(A);
3)
il 7,8% è addetto alle operazioni di giunteria, con
un’esposizione di Lep,d compresa fra 80 e 85;
4)
il 9,3 %, è addetto alle operazioni di finissaggio,
di cui:
-
8,7% addetti esposti a Lep,d compresi fra 80 e 85
dB(A);
-
0,6% di addetti esposti a Lep,d compresi fra 85 e 90
dB(A).
In sintesi, i dati di rumorosità rilevati nel settore documentano un livello di rischio contenuto.
Come documentano le indagini fonometriche effettuate, ciò è da riferirsi principalmente a fattori organizzativi: il lavoratore, nell’arco della giornata, svolge diverse mansioni cui corrispondono livelli sonori diversi con tempi di permanenza variabili. Ne deriva che l’esposizione conseguente all’uso di macchine rumorose viene abbattuta perché alternata ad attività a basso livello di rumorosità.
§1.7 Prodotti e materie prime impiegati.
I prodotti usati nei calzaturifici, rilevanti sotto il profilo
igienico-sanitario, sono fondamentalmente appartenenti ai seguenti gruppi
funzionali:
1.7.1.adesivi utilizzati nelle fasi di
lavoro di giunteria e di manovia fino all'incollaggio della suola alla scarpa;
1.7.2. attivatori e diluenti utilizzati per alcuni tipi
di adesivi;
1.7.3.prodotti di finitura costituiti da coloranti,
vernici, lucidi, appretti e da solventi per pulitura, utilizzati nelle fasi di
lavoro di finissaggio;
1.7.4.altre materie prime e semilavorati.
§ 1.7.1 Adesivi.
Un adesivo si può definire, in linea generale, come una sostanza idonea
a tenere unite due superfici mediante adesione specifica o meccanica. Secondo
la forma in cui si presenta, l’impiego cui è destinato, un adesivo viene
definito nella pratica applicativa con terminologia varia: ad esempio è detto “collante”
quando si presenta in forma di liquido più o meno viscoso, “mastice”(o
“tenacio”
in gergo calzaturiero) quando ha una consistenza semi-solida, “sigillante”
se serve per otturare e sigillare.
Si userà qui la denominazione “adesivo” per tutti i prodotti sopra menzionati. Un adesivo è essenzialmente costituito dalla soluzione di determinate sostanze (polimeri ed elastomeri) in uno o più solventi, con l'eventuale aggiunta di opportuni additivi.
Si possono pertanto individuare due fasi, una solida ed una liquida. La composizione si può schematicamente rappresentare come segue:
Sostanza base. La sostanza base stabilisce una prima classificazione
degli adesivi; essa caratterizza inoltre il tipo di adesivo sotto il profilo
applicativo e, seppure entro un margine di variabilità in cui i prodotti
possono differenziarsi l'uno dall'altro, ne definisce anche la formulazione (ad
una certa base devono obbligatoriamente corrispondere alcuni solventi).
Distinguiamo adesivi a base di:
-
gomma naturale o para o lattice naturale o CREP,
ottenuta per coagulazione mediante affumicamento del lattice dell'Hevea
brasiliensis;
-
neoprene;
-
poliuretani;
-
altre resine, gruppo poco rappresentato che include
resine e gomme sintetiche quali polimeri SBR, butil rubber, nitrici,
polivinilici, poliacrilici, polivinilacetati, poliammidi, ecc. oppure derivati
della cellulosa quali nitrocellulosa, etilcellulosa, ecc.
-
termofusibili, adesivi solidi che vengono resi
fluidi per azione di calore o di calore
e pressione.
Adesivi di largo impiego sono quelli a base di gomma naturale e
neoprene. Di notevole importanza sono anche gli adesivi poliuretanici, il cui
uso si è sempre più diffuso nell'ultimo ventennio. Gli adesivi neoprenici e
poliuretanici possono essere utilizzati anche come “adesivi a due componenti”,
aggiungendo cioè al momento dell'uso una determinata quantità di un secondo
componente, il cosiddetto attivatore (poli-isocianato), che ne
esalta e migliora le proprietà adesive. Gli adesivi termofusibili (hot melt)
non contengono solventi ed hanno la proprietà di liquefarsi col calore per
risolidificarsi con il raffreddamento, realizzando la giunzione delle parti da
incollare. L'impiego di questi adesivi termofusibili si va diffondendo, implicando
dal punto di vista preventivo un auspicabile miglioramento.
Additivi. Tra gli addittivi della sostanza base si citano solo i
plastificanti, tra i quali il più noto, sotto il profilo tossicologico, è il
tri–orto-cresilfosfato. Vengono impiegati altri additivi quali resine
terpeniche, fenoliche, ossidi metallici (Mg, Zn), cariche minerali inerti
(silice amorfa), ecc..
Solventi La funzione del solvente è quella di consentire la
distribuzione uniforme della resina collante e, quindi, di evaporare per permettere
la perfetta adesione tra le parti da incollare. La scelta di solventi ad alta
volatilità consente di accelerare le fasi d'incollaggio. I solventi contenuti
nei prodotti impiegati possono essere classificati nei gruppi elencati nel DPR
n° 303/56 all’articolo 33:
- gruppo 30: eteri di petrolio e benzina (idrocarburi paraffinici bassobollenti quale n-esano, cicloesano, eptano, ecc.);
- gruppo 32: glicoli e loro derivati (glicole etilenico, monobutiletere, glicole etilenico, monoetiletere acetato,ecc.);
-
gruppo 33: idrocarburi benzenici (benzolo, toluolo,
xilolo ed omologhi);
- gruppo 38: derivati alogenati degli idrocarburi alifatici (tetracloroetano, trielina, cloruro di metilene,ecc.);
-
gruppo 39: acetone e derivati(meti-etil-chetone,
metilisobutilchetone, ecc.);
-
gruppo 40: alcoli(etilico, amilico, butilico, ecc.);
- gruppo 41: esteri(acetato di etile, acetato di butile, ecc.).
Una classificazione per grandi gruppi dei solventi presenti comunemente
impiegata è la seguente:
- chetoni (acetone, metiletilchetone);
-
esteri (acetato di etile e metile);
-
idrocarburi alifatici (esano e suoi isomeri).
Sotto il profilo applicativo e della presenza obbligata di alcuni solventi, si distinguono : (si veda anche la tabella 1.8 )
Mastici leggeri. Adesivi
impiegati per lo più in giunteria, per fodere e sottopiedi; possiedono minor
forza adesiva e minor resistenza alla temperatura. Possono essere:
-
a base di gomma naturale. In un passato recente
disciolta in esano tecnico (si veda il successivo punto), sostituito
nell'ultimo decennio da isoesano, con n-esano ridotto al 3%. Nel gergo
calzaturiero, questo adesivo è chiamato tenacio.
-
a base di neoprene, anch'esso disciolto
essenzialmente in esano tecnico, ultimamente sostituito da isoesano.
Mastici forti.
Utilizzati per incollaggio suole, fondo e tacchi. La fase solida è
rappresentata da neopreni, poliuretani e, in pochi casi, da altre resine. La
fase liquida per basi neopreniche o altre resine è costituita da miscele di
vari solventi: isoesano, acetato di etile, metiletilchetone, cicloesano,
distillati di petrolio, eptano tecnico, esano tecnico. Per basi poliuretaniche,
la base liquida è costituita da acetone e metiletilchetone, soli o in miscela
con esteri (di norma acetato di etile); questo tipo di adesivo risulta esente
da esano.
Sotto l'aspetto tossicologico è rilevante il dato relativo al contenuto liquido percentuale dell'adesivo. Unitamente al consumo giornaliero dei prodotti, questo valore determina la quantità di solventi che vengono immessi nell'ambiente di lavoro. A parità di prestazioni applicative di prodotti aventi la stessa formulazione base, sotto il profilo del contenimento del rischio, saranno da preferire i composti che contengano solvente in quantità minore. Si segnala come particolarmente nociva la pratica di rigenerare adesivi invecchiati aggiungendo solventi e/o plastificanti. Alcuni produttori artigianali di adesivi segnalano infine che, per contenere il prezzo finale del collante, viene aggiunto il dicloropropano, sostanza molto economica.
Adesivi poliuretanici. Hanno avuto un largo impiego nell'ultimo periodo
perché indispensabili nelle lavorazioni di alcuni tipi di suole in gomma.
Queste suole richiedono l'interposizione di una pellicola poliuretanica senza
la quale non si potrebbe ottenere una perfetta vulcanizzazione. Come già
esposto, tali adesivi non contengono esano. Il rischio maggiore è costituito
dagli attivatori, aggiunti all'adesivo per aumentarne il potere reticolante,
costituiti da una miscela di isocianati in cloruro di metilene (diclorometano).
Per questo adesivo è indispensabile attivare le parti da unire; questa
operazione è di norma eseguita con un flash a raggi infrarossi.
Tipo di adesivo
|
Natura della Fase Solida |
Natura della Fase Liquida |
Settore applicativo |
A base di gomma naturale |
Gomma naturale (poli-isoprene) |
esano tecnico sempre più
sostituito da isoesano in miscela con idrocarburi alifatici bassobollenti |
assemblaggio fodera ripiegatura bordatura incollaggio della fodera alla tomaia incollaggio sottopiedi |
A base di neoprene |
Neoprene (policloroprene) + promotori (resine fenoliche modificate o
terpenfenoliche o cumaroliche) + (eventualmente) ossidi metallici e cariche
inerti |
isoesano, acetato
di etile, metiletilchetone, cicloesano, distillati
di petrolio, eptano
tecnico, esano
tecnico. |
incollaggio suole incollaggio tacchi preparazione fondo incollaggio guardolo incollaggio bordo incollaggio sottopiedi |
A base di poliuretani |
elastomeri poliuretanici termoplastici |
acetone o
metil-etilchetone da soli o in miscela con esteri (normalmente acetato di
etile) |
incollaggio suola |
Hot melts(adesivi termofusibili) |
poliammidi di acidi grassi naturali oppure poliesteri (da acido
tereftalico + glicoli a catena lunga ) |
non sono presenti solventi
(si tratta di adesivi al 100% di solido) |
assemblaggio tomaia ripiegatura tomaia applicazione puntali |
Adesivi all'acqua |
gomma naturale o sintetica |
acqua |
|
Prodotti all’acqua. Vari tentativi sono stati fatti per formulare
collanti o altra tipologia di prodotto impiegando acqua o soluzioni
acquose/ammoniacali.
Attualmente si stima che già una percentuale discretamente
rappresentativa degli adesivi impiegati nel comparto (il 30%, secondo alcuni
produttori) sia costituita da prodotti a basso contenuto in solventi organici.
Gli adesivi con queste caratteristiche sono costituiti da un miscuglio in
dispersione acquosa/ammoniacale di polimeri e resine sintetiche (base solida).
Largamente impiegati sono il polivinilacetato e le gomme naturali o sintetiche.
In essi, l’enorme vantaggio è rappresentato da una elevata percentuale
della componente solida rispetto alla parte volatile, contrariamente agli
adesivi a base solvente (rispettivamente 40% contro il 20%).
Si impiegano efficacemente su materiali quali cuoio, pelle sintetica,
gomma naturale, SBR e PVC. Le maggiori resistenze per un impiego diffuso dei
prodotti acquosi rispetto ai tradizionali prodotti adesivi, sono
sostanzialmente le seguenti:
-
l’evaporazione dei prodotti all’acqua richiede tempi
più lunghi;
-
comportano introduzione di diverse modalità e
procedure di lavoro;
-
sono più costosi.
Per contro, i vantaggi generali offerti consistono invece in:
- possibilità di non installare sistemi di aspirazione localizzata a presidio delle postazioni di incollaggio;
- mancato obbligo di visite mediche periodiche per i lavoratori che impiegano tali prodotti a bassa pericolosità;
- riduzione del pericolo di incendio, essendo i prodotti acquosi non infiammabili;
- riduzione delle emissioni di inquinanti in atmosfera.
La formulazione dei prodotti a base acquosa permette di ottenere sia
composti di consistenza liquida sia composti pastosi, secondo l’uso cui sono
destinati.
Possono essere applicati con varie modalità:
- a pennello, in giunteria;
-
a spruzzo, per la messa in fodera dei sandali;
-
a immersione, per il trattamento di tacchi al
polistirolo o polietilene o delle zeppe;
-
su spalmatrici a rullo per fasce e suole.
L’inconveniente del lento asciugamento è passibile di correzione
attraverso l’introduzione di una fase di passaggio delle parti incollate in un
tunnel ad aria calda o in fornetti di riattivazione (ad es.: fornelli a raggi
infrarossi).
Vantaggi tecnologici nell’utilizzo di tali prodotti si hanno in diverse operazioni, quali:
-
applicazione di componenti minuti, in particolare in
giunteria;
-
ripiegatura della tomaia e la messa in fodera con
pellami naturali;
-
applicazione del puntale con pennello;
- applicazione delle suole alle tomaie con macchina spalmatrice;
- applicazione del guardolo;
- fasciatura di tacchi e zeppe.
Sotto il profilo sanitario, si segnalano possibili rischi in relazione al contenuto di ammoniaca e formaldeide che possono essere presenti in questi adesivi, anche se in minima concentrazione.
§ 1.7.2 Attivatori e diluenti per
colle.
Gli additivi e i diluenti per colla vengono aggiunti nella proporzione
del 5% del peso del collante per “allungare” l'adesivo troppo denso.
Sono composti da miscele degli stessi solventi presenti negli adesivi.
Le sostanze più rappresentate sono acetone, metiletilchetone, etilacetato,
eptano industriale (n-eptano e suoi isomeri). Il cloruro di metilene
(diclorometano) è frequentemente impiegato come attivatore per gli adesivi a
due fasi (fondamentalmente a base poliuretanica).
§ 1.7.3. Prodotti di finitura.
Si tratta di prodotti di varia natura che vengono impiegati nella lavorazione del fondo ed in guarnitura. Sono per lo più a base di coloranti sintetici e resine sintetiche in emulsioni acquose o disciolte in solventi appartenenti ai gruppi descritti per i collanti. I solventi stessi, come tali, trovano impiego nel finissaggio. Si possono classificare nel seguente modo:
§ Appretti
§ Vernici
§ Lucidi
§ Solventi
§ Prodotti vari non classificabili
nei precedenti gruppi
L’acetone costituisce il solvente più impiegato; a volte è utilizzato puro per la pulizia della scarpa, dei pennelli e per lavarsi le mani a fine turno.
Si possono incontrare vernici poliuretaniche nella produzione di tacchi di alta qualità. Per il contenimento del rischio, alcuni produttori segnalano le seguenti positive tendenze:
-
impiego delle vernici a base acqua per suole;
-
eliminazione di pigmenti contenenti cromo e piombo;
-
eliminazione dei prodotti classificati come “Xn” o
“T”, quali ad esempio gli etil- e metil-glicoli sostituibili con
propilengligoli o propanolglicoli.
§ 1.7.4. Altre materie prime.
Altre materie prime
utilizzate risultano:
-
pellame,
in particolare per tomaie e fodere (vitello; mezzo vitello, cioè vitello di
qualità inferiore; scamosciato, cioè pelle di variabile origine conciata
all’olio; capretto, conciato al cromo; vernice; pelle di varia origine, anche
“crosta”, trattata con vernice lucente a base di cloruro di polivinile;
anfibio; pelle di vitellone “ingrassata” dopo la concia; vacchetta, pelle di
mucca o di vitellone, per tomaie di calzature ordinarie e per suole);
-
cuoio
per fondo (pelle bovina pesante conciata al cromo, al tannino, ecc.);
-
gomma
(gomma naturale o elastomeri sintetici, per tacchi, suole, per calzature
particolari);
-
finte
pelli;
-
tela
di cotone impiegata quale materiale per rinforzi;
-
filati
per cucitura di tomaia e fondo.
§ 1.7.5 Modifiche nella composizione
delle miscele di solventi presenti negli adesivi impiegati nella fabbricazione
di calzature.
Nel periodo tra il 1963 e il 1980, l'esano commerciale o tecnico, grazie alle proprietà solventi ed alla elevata volatilità, ha progressivamente sostituito il benzolo, il cui impiego era stato limitato con l'emanazione della Legge n. 245/63.
E’ a partire dal 1970 che l'esano tecnico, diventato il solvente maggiormente presente nei prodotti impiegati nel comparto, inizia ad essere sottoposto ad un’attenta considerazione preventiva per il suo alto contenuto di n-esano, scoperto neurotossico e responsabile di polinevriti.
Un'indagine condotta nel vigevanese nella prima metà degli anni ‘80 sulla composizione degli adesivi (99 prodotti analizzati) evidenziava :
-
gli adesivi a base di neoprene rappresentano il
67,7% degli adesivi impiegati nel comparto; quelli a base gomma naturale
rappresentano il 10,1%. Pertanto i due adesivi (77 prodotti dei 99 considerati)
costituiscono il 77,8% dei collanti impiegati;
-
il 100% degli adesivi a base di gomma naturale
(mastici leggeri) contiene quasi esclusivamente esano tecnico con n-esano in
quantità mai inferiore al 35%;
-
l'89,5% degli adesivi a base di neoprene (mastici
forti) contiene alte percentuali di esano tecnico (20-50%), in buona parte
costituito da n-esano (mediamente 12,5 % in peso del solvente), in miscela con
altri solventi come cicloesano, metiletilchetone, acetati, idrocarburi
alifatici.
A partire dalla seconda metà degli anni ’80, alcuni produttori iniziano
la sostituzione dell'esano tecnico con l'eptano tecnico o con distillati di
petrolio contenenti cicloesano (80%) ed altri idrocarburi C5-C7 con n-esano al
di sotto del 10% del peso del solvente.
Negli anni ‘90 diviene disponibile sul mercato l'isoesano contenente isomeri dell'esano (2-etilpentano, 3-metilpentano) e n-esano inferiore al 5%. Tale scelta trova il favore dei produttori di calzature, nonostante l'isoesano sia più costoso dell'esano tecnico (circa del 30%), in quanto offre vantaggi commerciali e di immagine in relazione alla normativa sulla classificazione, l’imballaggio ed etichettatura dei prodotti pericolosi (mantenere l’n-esano al di sotto del 5% consente di non indicare nell'etichetta la dizione ed il simbolo di “prodotto nocivo”).
La maggior parte dei produttori di collanti sostituisce così l'esano tecnico con isoesano; tale sostituzione risulta particolarmente facile per le soluzioni di para-gomma naturale, ovvero i mastici leggeri. Per i mastici forti, si cerca di modificare la miscela di solventi sempre nella direzione di contenere la percentuale di n-esano al di sotto del 5% .
Agli inizi degli anni '90, i produttori hanno segnalato anche la tendenza a ridurre la percentuale di MEK e di clorurati nelle miscele e ad aumentare la percentuale di acetone ed etilacetato.
Il fatto più rilevante del periodo recentissimo è l'ulteriore abbassamento nell'isoesano della percentuale di n-esano fino a concentrazioni inferiori al 3%.
Un’indagine sui collanti eseguita
nel 1992 da Perbellini e collaboratori nell'area veronese evidenzia:
- considerando, per 43 collanti, la frequenza delle presenze di un determinato solvente, nonché la concentrazione media dello stesso (proporzione media di un collante rispetto alla miscela), emerge che l’acetone (o dimetilchetone), il cicloesano, l’etilacetato e il metiletilchetone sono i solventi più rilevabili. L’acetone è al primo posto per presenza e quantità media.
- gli isomeri dell’ n-esano (isoesano) sono presenti nel 45% dei collanti in percentuale media di circa il 15%;
-
l’n-esano è presente nel 32% dei collanti e
raggiunge la proporzione media nella miscela del 10%;
- il toluene è presente in percentuale modeste (in media 2%).
In conclusione, l'inquinamento da solventi nei calzaturifici è sensibilmente modificato rispetto al passato. In particolare il n-esano è presente in un numero limitato di colle e rappresenta meno del 10% sulla miscela-solventi che costituisce la parte volatile dei collanti.
Un’indagine di Valentini e collaboratori con stesso oggetto, eseguita nel 1993 nell’area della “Riviera del Brenta”, evidenziava che le miscele più utilizzate, in riferimento ai soli mastici forti, erano:
§ isoesano,
acetato di etile, MEK, cicloesano;
§ distillato di
petrolio, acetato di etile, MEK;
§ eptano tecnico,
acetato di etile, MEK, cicloesano;
L’indagine evidenziava inoltre che vengono ancora impiegate miscele di:
§ esano tecnico;
§ isoesano;
§ esano tecnico,
acetato di etile;
§ esano tecnico,
acetato di etile, MEK, cicloesano;
§ isoesano, acetato
di etile;
Gli autori non menzionavano l’acetone e gli aromatici.
§ 1.7.6. Contenimento del rischio.
La quantità di solventi che si libera e si diffondono nell’ambiente con
potenziali effetti patogeni è da correlarsi a:
-
caratteristiche dei prodotti utilizzati in
riferimento al loro indice di tossicità;
-
realizzazione di accorgimenti per il contenimento
dell’inquinamento;
- osservanza di norme igieniche e comportamentali.
Nella prima linea d’azione per il contenimento si collocano le scelte seguenti :
- sostituzione di prodotti nocivi con prodotti non nocivi ;
-
sostituzione di prodotti nocivi con prodotti meno
nocivi .
La sostituzione di sostanze nocive con sostanze prive di rischio (ovvero non contenenti solventi organici) può essere realizzata:
-
sostituendo i mastici leggeri con adesivi dispersi
in acqua;
-
sostituendo i mastici leggeri con nastri bioadesivi
(esempio: nelle parti che vengono ripiegate e successivamente cucite);
-
impiegando adesivi termoplastici;
- impiegando colle animali-vegetali su base acquosa invece dei mastici leggeri (esempio: nell'applicazione della soletta interna della scarpa).
La sostituzione di prodotti nocivi con prodotti intrinsecamente meno
nocivi può essere realizzata:
-
impiegando prodotti che contengono solventi in
quantità minore rispetto al tenore medio di solventi degli adesivi comunemente
impiegati, pari all' 80%;
- impiegando prodotti che non riportano sull'etichetta il simbolo "Prodotto Nocivo" in quanto contengono miscele di isomeri dell'esano con un massimo del 5% di n-esano (D.M.16/2/1993 – “Classificazione e disciplina dell'etichettatura delle sostanze pericolose”);
-
impiegando prodotti che contengono percentuali
sempre più basse di isoesano in sostituzione dell'esano tecnico (contenente
n-esano);
-
impiegando prodotti che contengono percentuali
maggiori di chetoni ed esteri;
-
impiegando prodotti che contengono percentuali
maggiori di cicloesano ed eptano;
-
impiegando prodotti che non contengano aromatici ed
organoclorurati. Per questi ultimi, laddove tecnicamente indispensabile un loro
impiego, è comune la regola che pone il divieto d’uso dell’ 1,1,1-tricloroetano
e la sostituzione della trielina e del percloroetilene;
- disponendo il divieto d’impiego di attivatori contenenti cloruro di metilene, anch’esso sostituibile con prodotti equivalenti meno nocivi;
- disponendo il divieto di rigenerazione di mastici invecchiati.
Nella seconda linea di contenimento dell’inquinamento si collocano i seguenti possibili interventi:
-
installazione di sistemi di captazione
nell'applicazione ed essicatura del collante;
-
riduzione della quantità di collante impiegato;
-
modificazione della modalità di masticiatura,
passando dalle modalità a pennello a quelle con erogatori o rulli applicati su
macchine dotate di aspirazione.
Per quanto concerne l'installazione di sistemi di captazione valgono i
seguenti criteri:
-
la manovia deve essere munita di tunnel con pannelli
di materiale trasparente (plastica o vetro), possibilmente scorrevoli e dotata
all'interno di bocche d'aspirazione dal basso. La lunghezza del tunnel deve
essere tale da garantire l'asciugatura del collante prima dell'uscita dei pezzi
dalla manovia;
-
le cappe aspiranti devono permettere la captazione
dei solventi dal basso, con portata aspirante adeguata, per tutte le postazioni
d’incollaggio e per tutti i banchi di lavoro dove vengono utilizzati prodotti
collanti;
-
le stazioni di asciugatura sulle quali vengono poste
ad essiccare suole, tomaie, ecc., precedentemente spalmate di colla, devono
essere schermate e le esalazioni devono essere convogliate in ambiente esterno;
-
le superfici dei piani di lavoro con uso di solventi
non devono essere coperte da tavole o da oggetti analoghi (es.cartoni). Devono
inoltre essere sempre ripulite dalle incrostazioni che vi si depositano;
-
i contenitori di colle e prodotti con solventi
devono avere le caratteristiche di dispensatori a collo d'oca. In caso di
impossibilità all’uso di tali dispensatori, è necessario che i contenitori
utilizzati siano provvisti di coperchio. I contenitori non in corso d’impiego
devono rimanere chiusi;
-
gli impianti di aspirazione degli inquinanti devono
assicurare un valore di velocità di cattura pari ad almeno 0,25 m/sec. (Industrial Ventilation ACGIH ). Pure
consigliato in letteratura è il valore di 0,76 m/sec. (Irving Sax - "Dangerous properties of industrial
materials"; Section 2: "Industrial Air Contaminant Control"). Ancora, alcuni
Servizi di Prevenzione e Sicurezza delle ASL raccomandano il valore di 1,25
m/sec.
Nella terza linea di azione si collocano le seguenti misure preventive:
-
le materie prime non in corso di lavorazione, i
prodotti e i rifiuti con proprietà tossiche o caustiche, devono essere
custoditi in recipienti a tenuta e muniti di buona chiusura, con l’indicazione
del contenuto e l’apposito contrassegno;
-
le materie
nocive alla salute o che sviluppano emanazioni sgradevoli non devono
essere accumulate nei locali di lavoro in quantità superiore a quella
strettamente necessaria per la lavorazione;
-
il datore di lavoro è tenuto ad effettuare, ogni
qualvolta sia possibile, le lavorazioni pericolose o insalubri in luoghi
separati, allo scopo di evitare l’esposizione ai rischi per i lavoratori
addetti ad altre mansioni;
-
deve essere evitato ogni contatto con i materiali in
questione fornendo ai lavoratori idonei mezzi protettivi personali (guanti);
-
deve essere evitato di impiegare solventi per
operazioni di pulizia;
-
deve essere evitato di mangiare, di bere con mani
sporche di prodotto;
-
deve essere evitato di fumare nell’area di lavoro;
-
deve essere evitata la contaminazione di cibi e
bevande.
§1.8
Patologie professionali.
Accanto ai rischi di natura traumatica ed al rischio d’esposizione a rumore, i lavoratori del calzaturiero sono esposti ai rischi professionali specifici legati:
- alla tossicità dei solventi e degli altri composti contenuti nei collanti;
- all’assunzione di posture incongrue, all’esecuzione di movimenti ripetitivi a carico degli arti superiori (cumulative trauma disorders-CTD) e alla movimentazione di carichi;
- all’utilizzo di utensili che trasmettono vibrazioni al sistema mano-braccio;
- all’esposizione a polveri, in particolare a quelle di cuoio.
§ 1.8.1 Solventi ed
altri composti contenuti nei collanti.
Le fasi di lavorazione che prevedono l’impiego di prodotti collanti o
di finitura sono giunteria, montaggio, fondo, finissaggio.
L’assorbimento dei solventi avviene soprattutto per via inalatoria. Possibile, e per alcune sostanze di rilevante importanza tossicologica, l’assorbimento cutaneo per contatto diretto. La gravità del rischio dipende dalla concentrazione, dal tipo di contatto e di assorbimento, oltre che dalla intrinseca tossicità.
Gli effetti sono essenzialmente a carico del sistema nervoso centrale e periferico, dell’apparato digerente (in particolare del fegato) e delle mucose oculari e respiratorie.
L’azione acuta sul sistema nervoso centrale è comune agli idrocarburi alifatici, ciclici, aromatici e alogenati, e può comportare, per esposizioni ad altissime concentrazioni, un’azione deprimente fino al coma.
Disturbi neurologici da esposizione cronica possono essere riconducibili alla cosiddetta sindrome psico-organica, descritta in lavoratori soggetti ad esposizione protratta a solventi organici (xilene, toluene, tricloroetilene) o ancor più a miscele di solventi nelle due varianti : sindrome affettiva organica ed encefalopatia tossica cronica. Nella prima sindrome predominano alterazioni reversibili dell’umore, irritabilità, depressione, mancanza di interessi nelle attività quotidiane. La seconda, che può avere carattere lieve o grave, comporta nei soggetti affetti chiare alterazioni funzionali, in particolare riduzione delle capacità psicomotorie (rapidità, attenzione, destrezza), della memoria recente e alterazioni della personalità. Tali deficit neurocomportamentali potrebbero persistere anche per un lungo tempo dopo la fine dell’esposizione, con compromissione, oltre che della capacità lavorativa, anche della normale vita di relazione.
Tra i solventi in grado di indurre neuropatie periferiche ricordiamo l’esano e il metil butil chetone. La polineuropatia da collanti, attribuita al n-esano, è stata fino a pochi anni fa la patologia tipica dei calzaturieri: una polineuropatia mista, prevalentemente motoria, bilaterale e simmetrica interessante dapprima i segmenti più distali degli arti, in particolare di quelli inferiori, fino a quadri conclamati di tetraplegia e tetraparesi flaccida nelle forme più severe. Attualmente questo solvente non è più presente in concentrazioni rilevanti e spesso è stato sostituito nelle colle da altri idrocarburi ritenuti meno nocivi.
Risulta accertato il ruolo della esposizione cronica a solventi nell’insorgenza di epatopatie croniche. I solventi epatotossici per esposizione cronica sono gli idrocarburi “clorurati” (dicloropropano, trielina), mentre di minore rilievo appare la tossicità degli aromatici benzenici. Eteri, esteri ed alifatici non determinano invece quadri di epatopatia. L’epatotossicità acuta o subacuta da esposizione professionale massiva a solventi epatotossici è da ritenersi, invece, attualmente improbabile.
Comuni ai solventi organici sono gli effetti irritativi su cute e mucose. L’inalazione di elevate concentrazioni può determinare irritazione delle mucose delle prime vie aeree, con segni di tracheo bronchite irritativa fino al possibile manifestarsi di polmonite chimica e di edema polmonare. Il contatto cutaneo prolungato può esercitare un effetto irritante (dermatite ortoergica) e, attraverso l’alterazione del mantello idrolipidico, facilitare la sensibilizzazione allergica (dermatite allergica).
§ 1.8.2 Posture incongrue, movimenti
ripetitivi a carico degli arti superiori (CTD) e movimentazione di carichi.
Molto segnalate per gli addetti al settore calzaturiero sono le patologie muscolo-scheletriche da movimenti ripetitivi ad interessamento muscolotendineo o da intrappolamento dei nervi periferici, quali:
· in particolare, l’operazione di cucitura di tomaia con macchina da cucire a colonna, comportante appoggio dei gomiti al piano di lavoro come postura abituale, movimenti ripetitivi di prono supinazione e microtraumi al gomito, è stata correlata con l’insorgenza di neuropatia da intrappolamento del nervo ulnare al gomito;
· operazioni di masticiatura e cucitura, per le caratteristiche di ripetitività, rendono plausibile un rischio di CTD: è stata dimostrata una notevole frequenza di fenomeni parestesici a carico degli arti superiori attribuibili soprattutto alla sindrome del tunnel carpale;
· altre patologie comuni a tutte quelle attività che impongono il mantenimento di posizioni sedute per lungo tempo sono le patologie a carico del rachide causate da posture incongrue, conseguenza di una scarsa diffusione di idonei sedili ergonomici per le lavorazioni di preparazione ed orlatura. Condizioni di scorretta postura possono essere dovute anche ad assetto inidoneo delle macchine ripiegatrici e cucitrici con obbligo per il lavoratore ad operare curvo sulla macchina. Ne conseguono lombalgie, cervicalgie, ernie discali e algie scapolo-omerali.
§ 1.8.3.Vibrazioni al sistema mano-braccio.
Negli operatori del comparto calzaturiero addetti all’utilizzo di strumenti vibranti, in particolare della ribattitrice e delle cucitrici, si possono evidenziare lesioni vascolari, neurologiche e muscolo scheletriche a carico del sistema mano-braccio. L’insieme di tali lesioni è definito sindrome da vibrazioni mano braccio, caratterizzata da una forma secondaria di fenomeno di Raynod, da una neuropatia periferica prevalentemente sensitiva e da lesioni cronico degenerative a carico dei segmenti ossei ed articolari degli arti superiori, in particolare dei polsi e dei gomiti.
§ 1.8.4 Polveri, in
particolare di cuoio.
Nelle lavorazioni in cui è previsto l’utilizzo di strumenti quali la ribattitrice, la fresatrice, la scarnitrice, la cardatrice e la spazzolatrice, si manifesta il rischio di esposizione alle polveri generate.
Le polveri provenienti dal cuoio, dalle pelli conciate e dalle finte pelli contengono sostanze sensibilizzanti capaci di provocare oculo-riniti, asma e dermatiti su base allergica. Oltre agli allergeni impiegati nella fase di conciatura (sali di cromo, tannini, pigmenti, biocidi, ecc.), anche i plastificanti impiegati nelle finte pelli sono a volte causa di tali patologie.
Le polveri che si producono in queste fasi lavorative possono esplicare un’azione di tipo irritativo acuto a livello di naso, faringe e trachea; frequenti anche i quadri di irritazione cronica con interessamento delle prime vie respiratorie.
Da studi epidemiologici eseguiti nell'ultimo trentennio è emerso che le polveri di cuoio sono responsabili di insorgenza di manifestazioni tumorali delle fosse nasali e dei seni paranasali.
Questo rischio è stato indagato anche in una ricerca promossa dalla USSL di Vigevano che ha interessato retrospettivamente gli anni 1968-1986. In questo periodo sono stati registrati 14 casi contro i 2,2 attesi.
Da segnalare, infine, uno studio caso-controllo che conclude in senso favorevole per la correlazione tra incidenza di aborti spontanei ed esposizione ad alti livelli (comunque inferiori al TLV) di solventi organici in lavoratrici occupate nell’industria delle calzature.
§ 1.8.5. Obblighi di sorveglianza sanitaria
e monitoraggio biologico.
I prodotti impiegati nei calzaturifici contengono comunemente sostanze appartenenti ai gruppi 30, 32, 33, 38, 39, 40, 41 della tabella annessa al D.P.R. 303/56. Ai sensi dell’art. 33 di questo D.P.R., per i lavoratori che impiegano composti del gruppi 33 e 38 sono previste, oltre alla visita iniziale, visite periodiche con periodicità trimestrale. La frequenza prevista è invece semestrale nel caso di rischio per impiego di sostanze appartenenti ai gruppi 30, 32, 39, 40. Viene altresì specificato che, per le lavorazioni che comportino l’esposizione a più di uno dei rischi tabellati, si debba utilizzare, come base di riferimento, la periodicità più breve. E’ peraltro auspicabile, come viene sottolineato dai più recenti orientamenti in materia di sorveglianza sanitaria, l’adeguamento della periodicità delle visite mediche all’effettivo rischio, adottando gli strumenti forniti dall’art. 35 dello stesso D.P.R.
Disposizioni specifiche per l’effettuazione delle visite mediche
periodiche dei lavoratori calzaturieri, sono contenute nella circolare 256 del
29/03/76 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e nella nota dell’Ispettorato
Provinciale del Lavoro di Pavia ,stesso anno, “Disposizioni circa l’impiego dei
collanti dei calzaturifici e affini” emanata nello stesso anno, che dispongono
l’effettuazione di accertamenti sanitari integrativi la visita medica,
comprendenti il monitoraggio biologico degli esposti.
Il monitoraggio biologico delle esposizioni professionali a solventi viene generalmente effettuato attraverso gli specifici metaboliti urinari (esempio: 2,5-esandione per il n-esano).
Nell’ultimo
ventennio è stato documentato che le
concentrazioni urinarie dei solventi tal quali sono ben correlate con
l’intensità delle esposizioni e quindi possono essere utilizzate per un
adeguato monitoraggio biologico. Per solventi organici piuttosto idrosolubili
quali acetone, metiletilchetone e metilisobutilchetone, l’ACGIH ha proposto
concentrazioni urinarie da utilizzare quali limiti biologici di esposizione.
L’esposizione ad acetone può essere monitorata anche con la determinazione
dell’acetonemia.
La
tossicità della frazione solvente dei mastici attualmente in uso nel
calzaturiero si è notevolmente ridotta con la sostituzione del n-esano (TLV
=176 mg/mc) con solventi quali l’acetone, gli isomeri dell’esano, il
cicloesano, l’etilacetato, l’eptano ed isomeri, che presentano un TLV superiore
a 1000 mg/mc. Da ricordare il metiletilchetone, con TLV pari a 590 mg/mc.
Possibili, soprattutto in manovia, le esposizioni a miscele di solventi
organici.
Sulla base dei
valori di Livelli Biologici Equivalenti(LBE) del solvente scelto come
indicatore di esposizione, riscontrati nel corso del primo monitoraggio
biologico, si presenta nella tabella 1.9 una proposta di periodicità delle
successive esecuzioni.
Tabella
1.9 : Periodicità del monitoraggio biologico
CASO |
PERIODICITA' |
A. Tutti i valori sono inferiori
o uguali ad 1/2 del LBE* |
Quinquennale e comunque
ogni qualvolta vi sia un mutamento
nelle lavorazioni che influisca in
modo sostanziale sul rischio precedentemente valutato. |
B. Uno o più valori compresi
tra 1/2 ed il LBE |
Annuale |
C. Valore superiore al LBE |
Trimestrale o inferiore
a seconda del caso |
*LBE(Livello
Biologico Equivalente)
§1.9 Infortuni sul lavoro.
§1.9.1
Stima dell’Indice di infortunio sul lavoro.
Nell’impossibilità di calcolare correttamente l’indice d’incidenza
annuale (I.I), è stata ricavata una stima dello stesso utilizzando la seguente
formula:
I.I. = (numero di infortuni / numero di persone
esposte a rischio *anno) x 100
= (164 / 860*7) x 100 = 2.71%
dove il numeratore rappresenta il numero assoluto degli infortuni nel periodo 1992–1998 ed il
denominatore il numero di lavoratori esposti a tale rischio con
l’approssimazione che il numero di lavoratori negli anni di riferimento 92-98
sia costante e pari a quello osservato nel corso del 1998.
L’indice di incidenza riferito a tutto il periodo di osservazione, pari
a 7 anni, risulta uguale al 19%.
Le tabelle 1.10 e 1.11 riportano informazioni sugli eventi
infortunistici ,dopo disaggregazione dei dati totali .
Tabella
1.10: Statistica di gravità infortuni nel periodo 1992–1998.
Infortuni sul
lavoro registrati nelle 20 aziende del settore calzaturiero indagate per tipo di
conseguenza Anni eventi:
1992-1998 Territorio: Vigevano-Lomellina |
|||
|
Inabilità temporanea < 40 gg |
Inabilità temporanea > 40 gg |
TOTALE |
n° di eventi |
157 |
7 |
164 |
Tabella
1.11: Statistica gravità di infortunio nel periodo 1992–1998, sulla base delle
forma di avvenimento e dell’agente materiale..
Infortuni sul lavoro registrati nelle 20 aziende del
settore calzaturiero indagate per forma di
avvenimento e tipo di conseguenza Anni eventi: 1992-1998 Territorio: Vigevano-Lomellina |
|||||||
Forma di avvenimento |
Inabilità temporanea < 40 gg |
Inabilità temporanea > 40 gg |
TOTALE |
Agente materiale |
Inabilità temporanea < 40 gg |
Inabilità temporanea > 40 gg |
TOTALE
|
A contatto con |
57 |
3 |
60 |
71 |
3 |
74 |
|
Punto da |
13 |
0 |
13 |
Scale |
5 |
2 |
7 |
Piede in fallo |
9 |
2 |
11 |
Superfici di transito |
15 |
1 |
16 |
Caduto in piano |
3 |
1 |
4 |
Attrezzi, Utensili |
36 |
0 |
36 |
Movimento incoordinato |
7 |
0 |
7 |
Mezzi di trasporto terrestre |
2 |
1 |
3 |
Colpito da |
16 |
0 |
16 |
polveri |
3 |
0 |
3 |
Schiacciato da |
24 |
0 |
24 |
vegetali |
1 |
0 |
1 |
Ha urtato contro |
15 |
0 |
15 |
Arredi, impianti fissi |
11 |
0 |
11 |
Si è colpito con |
1 |
0 |
1 |
Scheggia |
6 |
0 |
6 |
Incidente alla guida |
2 |
1 |
3 |
Parti termiche |
1 |
0 |
1 |
Esposto a |
3 |
0 |
3 |
Parti meccaniche |
5 |
0 |
5 |
Sollevando con sforzo |
3 |
0 |
3 |
infissi |
1 |
0 |
1 |
Urtato da |
1 |
0 |
1 |
|
|
|
|
Caduta dall’alto |
1 |
0 |
1 |
|
|
|
|
Impigliato/agganciato |
1 |
0 |
1 |
|
|
|
|
Si è punto con |
1 |
0 |
1 |
|
|
|
|
TOTALE |
157 |
7 |
164 |
TOTALE |
157 |
7 |
164 |
§
1.9.2. Carenze e inadeguatezze di frequente riscontro comuni a molte macchine
del comparto.
Assenza del dispositivo di
sezionamento dell’alimentazione.
Le macchine devono essere provviste di un dispositivo di sezionamento
dell’alimentazione a comando manuale che permetta di separare l’equipaggiamento
elettrico della macchina dall’alimentazione.
Il dispositivo di
sezionamento dell’alimentazione deve essere dei seguenti tipi:
a)
Un interruttore sezionatore conforme alla Norma
Europea EN 60947-3 (nella categoria di impiego AC-23B o DC-23B);
b)
Un sezionatore con un contatto ausiliario che
mediante dispositivi di interruzione in tutti i casi provochi l’interruzione
del circuito di carico prima dell’apertura dei contatti principali del
sezionatore stesso;
c)
Un interruttore automatico conforme alla Norma
Europea EN 609047-3;
d)
Una combinazione presa/spina per quelle macchine che
abbiano una corrente nominale non superiore a 16 A e una potenza totale non
superiore a 3 Kw.
Quando il sezionatore non viene usato come dispositivo di arresto di emergenza, la sua maniglia di azionamento non deve essere di colore rossa. Si raccomandano i colori nero o grigio.
Assenza dell’arresto
di emergenza.
Ogni macchina deve essere munita di uno o più dispositivi di arresto di emergenza che consentano di evitare situazioni di pericolo che stiano per verificarsi o che già si stanno producendo.
Detto dispositivo deve:
- essere chiaramente individuabile, ben visibile e rapidamente accessibile;
- provocare l’arresto del processo pericoloso nel tempo più breve possibile senza creare rischi supplementari;
- avviare o almeno permettere di avviare alcuni movimenti di salvaguardia.
Inadeguatezza delle protezioni
· Protezioni fisse.
Le protezioni fisse devono essere fissate solidamente.
Per quanto possibile, esse
non devono poter rimanere al loro posto in mancanza dei loro mezzi di
fissaggio. Il loro fissaggio deve essere ottenuto con sistemi che richiedono
l’uso di utensili per la loro apertura.
· Protezioni mobili.
In base a quanto stabilito
dalla direttiva macchine (D.P.R. 459/96) si distinguono due tipi di protezione:
1.
le protezioni mobili del tipo A che devono:
-
per quanto possibile, restare unite alla macchina
quando siano aperte;
-
essere munite di un dispositivo di bloccaggio che:
a)
impedisca l’avviamento degli elementi mobili sino a
quando esse consentono l’accesso a detti elementi;
b)
inserisca l’arresto non appena esse vengano aperte.
2.
Le protezioni mobili del tipo B che devono:
-
essere progettate ed inserite nel sistema di comando
in modo che:
a)
la messa in moto degli elementi mobili non sia
possibile fin tanto che l’operatore può raggiungerli;
b)
la persona esposta non possa accedere agli elementi
mobili in movimento;
c)
la loro regolazione richieda un intervento
volontario (ad esempio, l’uso di un attrezzo, di una chiave);
d)
la mancanza o il mancato funzionamento di uno dei
loro elementi impedisca o provochi l’arresto degli elementi mobili.
§1.10 Il rischio esterno.
§ 1.10.1 I rifiuti.
Lo smaltimento dei rifiuti è disciplinato dal D.P.R. del 10 settembre 1982 n. 915 che classifica i rifiuti in urbani, speciali, tossici e nocivi.
I rifiuti generati dall’attività calzaturiera interessano:
- scarti derivanti dalle lavorazioni di taglio o, più in generale, dalle lavorazioni meccaniche sul pellame;
- polveri, prodotte dalle operazioni di scarnitura, cardatura e fresatura della scarpa, raccolte in sistemi di captazione “a sacco” di plastica o juta.
L’elenco dei rifiuti speciali riconosce pelle e similpelle, sacchi e sacchetti di carta o plastica, ritagli e scarti di tessuto di fibra naturale o sintetica, stracci e juta, quali scarti assimilabili agli urbani e pertanto facilmente smaltibili.
Sono invece classificati come tossico-nocivi i rifiuti costituiti dalle latte contenenti i collanti impiegati nel ciclo produttivo.
Al loro smaltimento sono tenuti a provvedere, a proprie spese, i produttori dei rifiuti stessi, direttamente o attraverso imprese od enti autorizzati dalle Regioni.
Fatto
salvo il rispetto di precisi adempimenti tecnici ed amministrativi, si possono
realizzare, entro il perimetro dello stabilimento, uno o più siti per lo
stoccaggio provvisorio dei rifiuti, adottando tutte le misure di prevenzione
per l’esposizione ad agenti chimici, il contatto o comunque la vicinanza con i
residui.
§ 1.10.2. Inquinamento atmosferico.
Con D.P.R. n. 203/88, attuazione delle direttive CEE concernenti le norme in materia di qualità dell’aria, relativamente all’inquinamento prodotto dagli impianti industriali, sono state dettate le norme per la tutela della qualità dell’aria ai fini della protezione della salute e dell’ambiente.
Sono
stati stabiliti da questo decreto:
a) gli impianti che possono dar luogo ad emissioni nell’atmosfera;
b) le caratteristiche merceologiche dei combustibili ed il loro
impiego;
c) i valori limite ed i valori guida per gli inquinanti dell’aria
nell’ambiente esterno ed i relativi metodi di campionamento, analisi e
valutazione;
d) i limiti delle emissioni inquinanti ed i relativi metodi di
campionamento e valutazione.
Per
gli impianti già esistenti è stato
disposto l’obbligo di presentazione di domanda di autorizzazione alla
regione o alla provincia autonoma. La domanda doveva essere corredata da
relazione tecnica contenente la descrizione del ciclo produttivo, le tecnologie
adottate per prevenire l’inquinamento, la quantità e la qualità delle emissioni
nonché il progetto di adeguamento.
In
Lombardia, con deliberazione regionale è stata disposta l’autorizzazione, in
via generale (ai sensi dell’art.5 del DPR 25 luglio 1991) , in quanto attività
a ridotto inquinamento atmosferico, delle operazioni: “Incollaggio di parti di
calzature e di articoli di pelletteria con consumo di prodotti collanti non
superiore a 100 Kg/giorno e 22.000 Kg/anno”.
La
deliberazione regionale lombarda descrive le fasi lavorative e i relativi
inquinanti, formulando per essi le prescrizioni che appresso si dettagliano.
Fasi lavorative.
· lavorazioni meccaniche (sgarzatura, smerigliatura, raspatura, ecc.) per la preparazione dei materiali;
· incollaggio delle parti
eseguito su banchi o con macchine;
· essiccamento dei pezzi in
forni.
Sostanze Inquinanti: polveri.
Prescrizioni
Valori limite in emissione di polveri da lavorazioni meccaniche:
concentrazione
massima ammessa: 10 mg/Nm3
Si considera questo valore limite rispettato, e di conseguenza non devono essere eseguiti controlli analitici se l’emissione è presidiata da un impianto di depolverazione a mezzo filtrante con i seguenti requisiti minimi:
- velocità di filtrazione: 1,6 m/min.
- sistema di pulizia: scuotimento meccanico temporizzato o
lavaggio in controcorrente con aria compressa;
- sistema di controllo del grado di efficienza dei filtri (ad es.
pressostato differenziale o sistema equivalente).
E’
consentito l’impiego di impianti di abbattimento di tipo mobile a condizione
che la relativa emissione sia convogliata all’esterno del locale di
lavorazione.
Sostanze Inquinanti: Sostanze Organiche Volatili.
Prescrizioni.
Non vengono imposti valori limite in emissione se sono utilizzati prodotti collanti nelle quantità e con le caratteristiche sotto elencate:
a) utilizzo di prodotti con un residuo secco del 100% (adesivi
termofusibili);
b) utilizzo di una quantità non superiore a 7.000 Kg/anno di prodotti
collanti a base solvente qualora questi:
- abbiano un contenuto in solvente inferiore o uguale all’80% in
peso, nella colla pronta all’uso;
- non contengano solventi indicati nelle classi della tabella A1 ed nelle classi I e II della tabella D del D.M. 12 luglio 1990.
Nelle situazioni di impossibilità all’osservanza delle condizioni sopra indicate, si dovrà invece garantire:
- il non impiego di prodotti che contengano SOV appartenenti alle
classi della tabella A1 ed alle classi I e II della tabella D - allegato 1 del
D.M. 12 luglio 1990;
- per le classi III, IV,V della tabella D , il rispetto dei
seguenti valori limite in emissione:
classi D.M. 12 luglio 1990 |
III |
IV |
V |
Concentrazione
massima ammessa (mg/Nm3) Concentrazione
oraria ammessa per linea (Kg/h) |
150 0,5 |
300 1,5 |
600 3 |
Infine,quando non potranno essere rispettate neanche queste ultime condizioni ,dovrà essere installato uno dei sistemi di depurazione seguenti:
- impianto di abbattimento mediante adsorbimento su carboni
attivi;
- impianto di abbattimento mediante combustione catalitica;
- impianto di abbattimento ad umido (solo per solventi organici
volatili solubili in acqua).
La
deliberazione riporta per ciascun impianto i requisiti tecnici richiesti per il
giudizio sulla loro idoneità. I valori limite in emissione da rispettare sono i
seguenti:
Classi D.M.. 12 luglio 1990 |
I |
II |
III |
IV |
V |
Concentrazione max ammessa (mg/Nm3) |
5 |
40 |
150 |
200 |
300 |
§1.11 Riferimenti legislativi.
§ 1.11.1 Luoghi
di lavoro.
·
vie ed uscite di emergenza: art. 13 DPR 547/55
(sostituto dall’art.33,c.1,D.Lgs. 626/94,modificato dall’art.16 del D.Lgs
242/96)
·
porte e portoni: art. 14 DPR 547/55 (sostituto
dall’art.33,c.2,D.Lgs. 626/94,modificato dall’art.16 del D.Lgs 242/96)
·
vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi: art. 8 DPR
547/55(sostituto dall’art.33,c.3,D.Lgs. 626/94)
·
altezza, superficie e cubatura: art. 6 DPR 303/56(sostituto
dall’art.33,c.5,D.Lgs. 626/94,integrato dall’art.16 del D.Lgs 242/96)
·
locali seminterrati: art. 8 DPR 303/56
·
gabinetti e lavabi: art. 39 DPR 303/56 (sostituto
dall’art.33,c.12,D.Lgs. 626/94,integrato dall’art.16 del D.Lgs 242/96)
: Coordinamento Tecnico
delle Regioni. Documento n°10 – Linee Guida sul Titolo II D.L.gs 626/94
: Regolamenti comunali e regionali
di igiene edilizia (Regione Lombardia regolamento Locale Igiene - Aggiornamento
Titolo III-1989-punto 3.11.6).
vedi tabella 1.12
1. I lavoratori devono disporre, in
prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi,
delle docce, di gabinetti e di lavabi, con acqua corrente calda, se necessario,
e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere
previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli
urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso
diverso in numero non superiore a 10 è ammessa un’utilizzazione separata degli
stessi.
Conclusione:
A.
1 WC + ANTIBAGNO + LAVABO fino A 3 ADDETTI;
B.
2 WC + ANTIBAGNO + 2 LAVABI FINO A 10 ADDETTI ;
C.
3 WC + ANTIBAGNO + LAVABI + SPOGLIATOI DIVISI PER
SESSO DA 10 FINO A 40 ADDETTI;
1
WC ulteriore ogni 30 ADDETTI.
Nelle
situazioni A e B, l’antibagno potrà essere utilizzato come spogliatoio.
Antibagno
con lavabi o punti di erogazione acqua pari al n° di WC.
Caratteristiche
Il
locale WC e l’antibagno devono avere superficie minima di mq. 1, devono
garantire i normali movimenti delle persone e devono essere separati
fisicamente (a tutta altezza) da altri ambienti.
Se
l’antibagno coincide con lo spogliatoio, la superficie minima di esso non sarà
inferiore a mq. 3.
Devono
essere riscaldati, devono essere rispettati i requisiti di aeroilluminazione.
Le
pareti perimetrali fino all'altezza di 180 cm ed i pavimenti devono essere
piastrellati.
L'altezza
deve superare 240 cm. Preferibilmente la rubinetteria dovrà essere a comando
non manuale.
Il
numero totale dei gabinetti potrà essere ridotto a 2/3 quando vengono previsti
orinatoi.
I
vasi dovranno essere preferibilmente alla turca.
·
Spogliatoi e armadi per il vestiario: art. 40 DPR
303/56(sostituto dall’art.33,c.11,D.Lgs. 626/94,integrato dall’art.16 del D.Lgs
242/96)
: Coordinamento Tecnico
delle Regioni. Documento n°10 – Linee Guida sul Titolo II D.L.gs 626/94
: Regolamenti comunali e regionali
di igiene edilizia (Regione Lombardia regolamento Locale Igiene - Aggiornamento
Titolo III-1989-punto 3.11.6 e 3.11.8 e 3.11.9).
vedi tabella 1.13
1. Locali appositamente destinati a
spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi
devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o
di decenza non si possa loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti
fra i due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a
5 dipendenti, lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso
i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi secondo
opportuni turni prestabiliti e concordati nell’ambito dell’orario di lavoro.
Se
il numero di addetti è maggiore di 10 deve essere predisposto un locale
spogliatoio per sesso.
Quando
gli addetti sono meno di 10, potrà essere utilizzato come spogliatoio
l’antibagno.
Superficie:
1 mq. per ogni potenziale utilizzatore contemporaneo e comunque non inferiore a
mq. 5.
Devono
essere separati fisicamente (a tutta altezza) da altri ambienti, inclusi i
servizi igienici.
Pareti
rivestite di materiale impermeabile e facilmente lavabile fino ad un’altezza di
m. 1.80 dal pavimento.
Spazi
adeguati per appositi armadietti a doppio comparto per ogni lavoratore
previsto.
·
Docce: art. 37 DPR 303/56 (sostituto
dall’art.33,c.12,D.Lgs. 626/94,integrato dall’art.16 del D.Lgs 242/96)
: Coordinamento Tecnico
delle Regioni. Documento n°10 – Linee Guida sul Titolo II D.L.gs 626/94
: Regolamenti comunali e
regionali di igiene edilizia (Regione Lombardia regolamento Locale Igiene -
Aggiornamento Titolo III-1989-punto 3.11.9).
vedi tabella 1.114
1. Docce sufficienti e appropriate devono
essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la
salubrità lo esigano.
2. Devono essere previsti locali per le
docce separati per uomini e donne o un’utilizzazione separata degli stessi. Le
docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.
Almeno
1 doccia con antidoccia, divise per sesso, in relazione ad ogni 20 potenziali
utilizzatori contemporanei.
Le
docce dovranno essere in comunicazione diretta con gli spogliatoi o con
l’antibagno.
Si
dovranno fornire detersivi, asciugamani, acqua fredda e calda. Gli ambienti
dovranno essere riscaldati in inverno.
·
Refettorio: art. 41 DPR 303/56
: Coordinamento Tecnico
delle Regioni. Documento n°10 – Linee Guida sul Titolo II D.L.gs 626/94
: Regolamenti comunali e
regionali di igiene edilizia (Regione Lombardia regolamento Locale Igiene -
Aggiornamento Titolo III-1989-punto 3.11.10).
vedi tabella 1.15
Va
previsto laddove sia presumibile la presenza di 30 addetti durante l'intervallo
per la refezione.
Caratteristiche:
spazio di almeno 1 mq. per persona con valore minimo pari a 7.5 mq.
Arredamento
composto almeno da sedili e tavoli. Ambiente riscaldato. Altezza non inferiore
a 2.70 m.
Possibilità
di conservare e riscaldare le vivande. Possibilità di lavare i piatti.
Divieto
di consumare pasti negli ambienti di lavoro.
Divieto
di installare distributori di alimenti e di bevande negli ambienti di lavoro.
Divieto
di consumare alcolici (consentite modiche quantità nel refettorio).
§ 1.11.2 Impianti elettrici.
· verifiche periodiche: art. 328 del
D.P.R. n. 547/55
: D.M. 12/09/59
· norme per la sicurezza degli impianti:
Legge 46/90
§ 1.11.3 Illuminazione.
·
illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro: art. 10 DPR
303/56(sostituto dall’art.33,c.8,D.Lgs. 626/94)
: Coordinamento Tecnico
delle Regioni. Documento n°10 – Linee Guida sul Titolo II D.L.gs 626/94
: Regolamenti comunali e
regionali di igiene edilizia (Regione Lombardia regolamento Locale Igiene -
Aggiornamento Titolo III-1989-punto 3.4.47).
: UNI 10380
L’illuminazione
naturale dovrà essere realizzata con aperture (finestre) con superficie pari ad
1/8 di quella in pianta del pavimento, 1/10 se a livello della copertura.
Gli
standard europei riportati dalle Norme UNI n. 10380, forniscono, in riferimento
all’attività produttiva generica, i valori indicati nella tabella 1.16:
Tabella 1.16: Standard europei
d’illuminamento (valori lux).
Locali o tipologia di lavoro |
Standard europei
|
Depositi |
100-200 |
Luoghi di passaggio |
100-200 |
Lavori grossolani |
200-400 |
Lavori di media finezza
(illuminazione generale) |
200-400 |
Lavori di media finezza
(illuminazione localizzata) |
1000-2000 |
Lavori fini (illuminazione
generale) |
400-800 |
Lavori fini (illuminazione
localizzata) |
2000-4000 |
Lavori finissimi
(illuminazione generale) |
800-1200 |
Lavori finissimi
(illuminazione localizzata) |
4000-6000 |
In
riferimento specificamente al settore calzaturiero, gli stessi standard riportano
i valori indicati nella tabella 1.17.
Tab. 1.17: Lavorazione pelli e
calzature: indicazione d’illuminazione medio esercizio.
|
Grossolano 50-300 lux |
Medio 150-500 lux |
Fine 300-750 lux |
Finissimo 750-2000 lux |
Industria: Cuoio e pelle |
Conceria |
Tagli
grossi |
Tagli,
lavorazioni alle macchine, tintura, cucitura |
Lavorazioni
di precisione su piccoli manufatti |
§ 1.11.4
Microclima.
·
temperatura dei locali: art. 11 DPR 303/56
(sostituto dall’art.33,c.7,D.Lgs. 626/94)
: Coordinamento Tecnico
delle Regioni. Documento n°10 – Linee Guida sul Titolo II D.L.gs 626/94
: Regolamenti comunali e
regionali di igiene edilizia (Regione Lombardia regolamento Locale Igiene -
Aggiornamento Titolo III-1989-punto 3.4.47).
: Circolare
Ministero del Lavoro N. 256/76
vedi
tabella 1.18
Temperatura dei luoghi di lavoro compresa tra 20 1 °C in inverno; tra 25 e
27 °C in estate. U.R. di 40-60%. Differenza di temperatura fra aria esterna ed
interna non inferiore a 7 °C.
Assicurare
in inverno una temperatura di almeno 16-17 °C.
La
temperatura dei locali di riposo e dei servizi igienici, mense e pronto
soccorso deve essere compresa tra 20 e 23 °C.
Il
riscaldamento deve essere attuato con sistemi indiretti (termosifone, aria
calda) ed in modo da escludere la
presenza negli ambienti di sorgenti termiche a temperatura superiore ai 60-70
°C (esempio stufe a cherosene, a gas, elettriche, a incandescenza o caldaie a
metano).
§ 1.11.5
Aerazione.
·
aerazione dei luoghi di lavoro chiusi: art. 9 DPR
303/56(sostituto dall’art.33,c.6,D.Lgs. 626/94,integrato dall’art. 16 del D.Lgs
242/96)
: Coordinamento Tecnico
delle Regioni. Documento n°10 – Linee Guida sul Titolo II D.L.gs 626/94
: Regolamenti comunali e
regionali di igiene edilizia (Regione Lombardia regolamento Locale Igiene -
Aggiornamento Titolo III-1989-punto 3.11.5 e 3.4.47).
: Circolare
Ministero del Lavoro N. 256/76
vedi tabella 1.19
"La ventilazione dei
locali di lavoro e l'impiego di sistemi meccanici di aerazione devono essere
realizzati mediante superfici apribili e con le modalità previste dai Regolamenti
comunali e regionali d’igiene edilizia".
- l'obbligo di aerazione
naturale degli ambienti di lavoro;
- l'aerazione naturale diretta deve essere
ottenuta attraverso una superficie apribile con comandi ad altezza d'uomo,
comprensiva degli ingressi, non inferiore ad 1/12 della superficie del
pavimento;
- per i bagni dovrà essere prevista una
finestra di almeno 0.5 mq. di superficie;
- il rinnovo dell'aria esterna filtrata non
deve essere inferiore a 20mc/persona/ora (parametro previsto per i locali di
uso privato);
-
l'aria di innovo dovrà essere prelevata in zona
esente da inquinamento. L'aria di mandata dovrà essere omogeneamente
distribuita, onde evitare flussi d'aria molesti (velocità dell'aria nelle zone
occupate da persone non deve essere maggiore di 0.20 m/sec.).
" …nei calzaturifici dovranno essere garantiti, mediante aerazione
mista (naturale-artificiale), almeno 4 ricambi aria l’ora. Potranno essere
ammessi 2 ricambi solo se è stato dimostrato che le concentrazioni dei solventi
sono largamente al di sotto dei TLV nel periodo invernale”. Raccomandazioni di
Associazioni Igienistiche, in riferimento ai calzaturifici, suggeriscono che i
locali di lavoro dispongano di sistemi di ventilazione naturale o forzata, tali
da garantire un numero di ricambi d’aria per persona l’ora pari a 30 m3.
§ 1.11.6 Incendio
ed esplosione.
· difesa contro gli incendi: art. 33 DPR
547/55, art. 13 D.Lgs 626/94.
· divieti – mezzi di estinzione –
allontanamento dei lavoratori: art. 34 DPR 547/55.
· scariche atmosferiche: artt.38,39,
40 D.P.R. n.547/55.
: DM.12/9/59.
· determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi:art. 36 D.P.R. 547/55 e DM 16/2/82
vedi tabella 1.20
Nei
calzaturifici in cui esistono pericoli generici:
-
è vietato fumare;
-
è vietato usare apparecchi a fiamma libera;
-
devono essere predisposti mezzi di estinzione
idonei; detti mezzi devono essere mantenuti in efficienza e controllati almeno
ogni sei mesi da personale esperto;
-
deve essere assicurato, in caso di necessità,
l'agevole e rapido allontanamento dei lavoratori dai luoghi pericolosi.
Certificato di prevenzione
incendi:
-
sono soggette le aziende calzaturiere che detengono
più di 500 l. (0.5 metricubi di liquidi infiammabili e/o combustibili) - voce
13 dell'elenco contenuto nel D.M. 16/2/82 - e comunque quelle che occupano più
di 25 dipendenti - voce 49 dell'elenco contenuto stesso D.M.
-
sono soggette le aziende con impianto di produzione
termica che supera le 100.000 Kcal/ora.
Il
certificato ha validità di 6 anni per chi ha fino a 75 dipendenti e per chi
detiene da 500 l. (0.5 metricubi) a 25.000 l. (25 metricubi) di liquidi
infiammabili e/o combustibili; di 3 anni se vengono superati questi limiti.
I
calzaturifici che sono soggetti al rilascio del “Certificato di prevenzione
incendi” e quelli dotati di camini industriali che possono costituire pericolo,
devono essere protetti contro le scariche atmosferiche con mezzi idonei e
controllati ogni due anni.
§ 1.11.7 Rumore.
· Protezione dei lavoratori contro i
rischi da esposizione a rumore durante il lavoro: capo IV D.Lgs 277/91.
EN 23740 series 1) Acoustics – Determination of sound power levels of
noise sources- Guidelines for the use of basic standards.
EN 4871 1) Acoustics –
Declaration and verification of noise emission values of machinery and
equipment (ISO 4871:1996).
EN ISO 9614 1) Acoustics –
Determination of sound power level of noise sources using sound intensity.
EN ISO 11200 series 1) Acoustics – Noise emitted by machinery and
equipments – Guidelines for the use of basic standards for the determination of
emission sound pressure levels at the work station and at other specified
positions (ISO 11200:1995).
EN ISO 11689 1) Acoustics – Systematic colection and comparison of
noise emission data for machinery and equipment (ISO 11689:1996).
·
§ 1.11.8 Agenti nocivi.
· difesa dalla sostanze nocive: art. 18
D.P.R. 303/56.
· separazione dei lavori nocivi: art. 19 D.P.R.
303/56.
·
difesa dell’aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi: art. 20 D.P.R.
303/56 (modificato dall’art.36,c.7,D.Lgs. 626/94 e dall’art. 17 del D.Lgs
242/96)
· limitazione dell'impiego del
benzolo e suoi omologhi nelle attività lavorative: Legge n.245
del 5/03/1963.
Nella fabbricazione e riparazione delle calzature è vietato l'uso di prodotti quali colle, mastici, cementi sciolti in solventi contenenti benzene. E' tollerata la presenza del benzene solo come impurezza fino al valore massimo del 2% in peso del solvente; detta percentuale deve essere conteggiata ai fini della somma complessiva massima del 5% in peso prevista per il toluene e xilene.
· impiego dei collanti nei
calzaturifici, nelle pelletterie e nelle lavorazioni affini: disposizioni
emanate dall'Ispettorato
Provinciale del Lavoro di Pavia nel 1976
· prevenzione della polinevrite nei
calzaturifici: Circolare n.256 del 29/03/1976 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
I posti di lavoro ove si impiegano adesivi e vernici sciolte in solventi organici devono essere dotati di idonei impianti di aspirazione meccanica localizzata.
In
particolare:
-
la manovia deve essere schermata a tunnel con
pannelli di materiale trasparente possibilmente scorrevoli e dotata all’interno
di bocche di aspirazione dal basso e collegate con un sistema centrale
disperdente all’esterno della fabbrica i vapori . La lunghezza del tunnel deve
essere tale da garantire l’asciugamento del collante prima dell’uscita dei
pezzi dalla manovia.
-
La superficie del piano di lavoro non deve essere
coperta da tavole od oggetti analoghi che rendano inefficiente l’aspirazione.
Le
macchine incollatrici devono avere annesso il sistema aspirante ,analogamente i
banchi di lavoro ove vengano impiegati solventi organici devono essere dotati
di aspirazione localizzata come i banchi di incollaggio.
-
Manutenzione dei banchi aspiranti: il piano di
lavoro deve essere via via ripulito dalle incrostazioni che si depositano, onde
non rendere inefficace l’aspirazione.
-
Contenitori di mastice o altri prodotti nocivi: è
necessario l’uso di contenitori che limitino al massimo la superficie di
evaporazione, come i dispersori a “collo d’oca”. In presenza di adesivi a due
componenti, per i quali è impossibile l’uso di dispersori, si consigliano
contenitori provvisti di coperchio, a superficie evaporante minima. I
contenitori devono recare i contrassegni e le indicazioni previste dall’art. 18
del D.P.R. 303/1956.
-
I contenitori di colle e solventi non in corso
d’impiego devono essere mantenuti chiusi.
-
Le materie prime in corso di lavorazione che sono
nocive non devono essere accumulate nei locali di lavoro in quantità superiore
a quella necessaria per la lavorazione.
-
Deve essere evitato ogni contatto cutaneo con i
materiali in questione, fornendo ai lavoratori idonei mezzi protettivi personali.
-
Ventilazione dei locali di lavoro: deve essere
mantenuta una idonea ventilazione mediante aria di rinnovo prelevata da zona
esente da inquinamento, senza riciclo.
· classificazione, imballaggio ed
etichettatura di sostanze e preparati pericolosi:
Legge 256 del 1974 e D.M. 28/1/92
Il
produttore deve fornire alla ditta acquirente confezioni della sostanza e del
preparato regolarmente etichettate e, al più tardi nell'atto del primo
acquisto, una scheda di sicurezza della sostanza o del preparato.
D.P.R. 27 Aprile 1955, n.
547, art. 355:
I recipienti nei quali sono conservati prodotti o materie pericolose o nocive devono, allo scopo di rendere nota la natura e la pericolosità del loro contenuto, portare le indicazioni ed i contrassegni prescritti per ciascuno di essi dalla normativa che li disciplina.
Tale obbligo si applica a tutti i materiali e prodotti infiammabili ed
esplodenti, corrosivi e aventi temperature dannose, asfissianti, irritanti,
tossici e infettanti, taglienti o pungenti.
Le
indicazioni e i contrassegni devono rispondere ai requisiti prescritti dal
D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493 che, in attuazione della direttiva n. 92/58/CEE,
ha stabilito le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di
salute sul luogo di lavoro. La tipologia dei contrassegni è quella prescritta
per l’etichettatura di sostanze o preparati pericolosi, così come classificati
dalla L. 29 maggio 1974, n. 256.
Occorre inoltre ricordare che il D.Lgs 19 settembre 1994, n. 626, individua all’art.3, lettera a), l’uso dei segnali di avvertimento e sicurezza come misure di sicurezza.
· Polveri : D.P.R. 27
Aprile 1956, n. 303, art. 21
§ 1.11.9 Informazione, formazione.
· informazione dei lavoratori: art. 21 D.Lgs 626/94
· formazione dei lavoratori: art. 22 DLgs 626/94
: D.M. 16.01.97.
§ 1.11.10 Videoterminali.
· uso di attrezzature munite di
videoterminali:
Titolo
VI D.Lgs 626/94
UNI EN 29241 parte 3^
UNI 7367: 1987 Posto di lavoro: scrivania e sedia, tavolo per videoterminale
e sedia.
Generalità.
UNI 9095: 1987 Mobili per ufficio. Tavoli per
videoterminali. Dimensioni (minime).
UNI 7498: 1987 Mobili per ufficio. Sedie e
poggiapiedi.
UNI 8582: 1984 Sedie. Stabilità.
ISO 9241
Ergonomic requirements for office work with visual display terminals (VDTs).
EN29241-1
General introduction
EN29241-2
Guidance on task requirements
EN29241-3
Visual display requirements
ISO/DIS
9241-4 Keyboard requirements
ISO/DIS
9241-5 Workstation lay-out and postural requirements
ISO/CD 9241-6
Environmental requirements
ISO/CD 9241-7
Display requirements with reflections
ISO/DIS
9241-8 Requirements for displayed colours
ISO/CD 9241-9
Requirements for non- keyboard input devices
ISO/DIS 9241-10
Dialogue principles
ISO/CD
9241-11 Guidance on usability specification and measures
ISO/CD
9241-12 Presentation of information
ISO/CD 9241-13 User guidance
ISO/DIS 9241-14
Menu dialogues
ISO/CD 9241-15
Comand dialogues
ISO/CD 9241-16
Direct manipolation dialogues
ISO 6385:1981
Ergonomic principles in the design of work systems
ISO 8995:1989
Principles of visual ergonomic. The ligthing of indoor work systems
ISO 7730:1984
Moderate thermal environments. Determintaion of PMV 1 and PPD indeces and
specification of conditions for thermal comfort
ISO 5349:1986
Mechanical vibration – Guidelines for the measurement and the assessment of
human exposures hand transmitted vibration
ISO 2631:1985
Evalution of human exposures to whole body vibrations. Part 1: General
requirements
ISO
1996-1:1982 Acoustics- Description and measurement of noise. Part 1: Basic
qualities and procedures
ISO 7779:1988
Acoustics- Measurement of airborne noise emitted by computer and business
equipment
ISO 9296:1988
Acoustics- Declared noise emission values of computer and business equipment
ISO 2913:1978 Paints and varnishes
CIE 29/2:1986 Guide on interior lighting
CIE 44:1979 Absolute methods for reflection
measurements
CIE 69:1987 Methods of characterising
luminance meters and illuminance meters
IEC 801-2:1984 Electromagnetic compatibility
for industrial process measurement and
control equipment
IEC 950:1991 Safety of information tecnology
equipment including electrical business equipment.
§ 1.11.11
Macchine ed attrezzature di lavoro.
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 29:Illuminazione particolare
D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 41: Protezione e sicurezza delle macchine.
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 55:Organi ed elementi per la trasmissione del moto
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 59: Ingranaggi
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 72: Blocco degli apparecchi di protezione
D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art.77
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art.78: Comando a pedale delle macchine
La
norma, con riferimento ai comandi di avvio delle macchine (o di parti di esse)
mediante pedale, in relazione allo specifico pericolo di essere azionati
accidentalmente (è facile che l’operatore possa inavvertitamente pigiarlo),
impone l’adozione di adeguata protezione sia nella parte superiore che ai lati
del comando. Analogamente, il D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (direttiva
macchine), a proposito delle caratteristiche del comando di avviamento, impone
al costruttore che l’azionamento deve essere possibile solo con una azione
volontaria dell’operatore.
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 94: Pulitrici e levigatrici
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 115: Dispositivi per le presse in genere
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 116 :Presse e cesoie
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 117: Presse e cesoie
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 118: Presse e cesoie
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 132: Laminatoi, rullatrici, calandre e cilindri in
genere
La zona pericolosa da proteggere è quella d’imbocco, dove va impedito il danno alle mani dell’operatore da parte dei cilindri; si deve prevedere per tutta l’estensione dell’imbocco una protezione opportuna, idonea ad impedire il trascinamento delle mani dell’operatore.
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 158:Macchine con cilindro a lame elicoidali
D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 166: Fustelle.
D.P.R.
27 Aprile 1955, n. 547, art. 374: Manutenzione e riparazione.
D.
Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 35, 36, 37, 38, 39: “Uso delle
attrezzature di lavoro”.
Il
datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al
lavoro da svolgere ovvero adatte a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza
e della salute.
Le
attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare
alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della
sicurezza e della salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
Il
datore di lavoro provvede affinchè per ogni attrezzatura di lavoro a
disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni
istruzione d’uso necessaria in rapporto alla sicurezza.
D.Lgs. 4 agosto 1999,n. 359
CEI EN 60204-1 17.2.4
Porta lampada in materiale isolante (rif.: ripiegatrice)
CEI EN 60204 – 1 6.2.1
Microinterruttore
di sicurezza ad azione positiva in apertura posizionato sul carter di
protezione impianto elettrico
EN931 Agosto 1997: Footwear manufactoring machines – lasting machines –
Safety requirements
EN292-1: 1991 Safety of machinery – Basic concepts; general principles
for design – Part 1: Basic terminology, methodology.
EN292-2: 1991 Safety of machinery – Basic concepts; general principles
for design – Part 2: Technical principles and specifications.
EN294: 1992 Safety of machinery – Emergency stop equipment; functional
aspects – Priciples for design.
prEN547 – 1: 1991 Safety of machinery – Human body dimensions – Part 1:
Principles for determining the dimensions required for openings for whole body
access into machinery.
prEN547 – 2: 1991 Safety of machinery – Human body dimensions – Part 2:
Principles for determining the dimensions required for access openings.
EN563: 1994 Safety of machinery – Temperature of touchable surfaces –
Ergonomic data to establish temperature limit values for hot surfaces.
PrEN894 – 1: 1992 Safety of machinery – Ergonomic requirements and data
for the design of displays and control actuators – Part 1: Human interaction
with display and control actuators.
PrEN953:1992 Safety of machinery – General requirements for the design
and the construction of guards (fixwd, movable).
EN954-1: 1996 Safety of machinery – Safety related parts of control
systems – part 1: General principles for design.
EN982: 1996 Safety of machinery – Safety requirements for fuid power
systems and components – Hydraulics.
EN983: 1996 Safety of machinery – Safety requirements for fuid power
systems and components – Pneumatics.
prEN1005 – 1: 1993 Safety of
machinery – Human physical performance – Part 1:Terms and definitions.
prEN1005 – 2: 1993 Safety of
machinery – Human physical performance – Part 2: Manual handling of heavy
weights associated with machinery.
prEN1005 – 1: 1993 Safety of
machinery – Human physical performance – Part 3: Recommended force limits for
machinery operation.
EN1037: 1995 Safety of machinery – Isolation and energy dissipation –
Prevention of unexpected start-up.
ENV 1070:1993 Safety of machinery – Terminology.
EN 60204 – 1: 1992 Safety of machinery – Electrical equipment of
machines – part 1: General requirements.
EN 60947- 5-1: 1992 Low voltage switchgear and controlgear – Part 5:
Control circuit devices and switching elements; Electro-mechanical control circuit
devices
§1.12
Tabella riassuntiva del profilo di rischio nel settore calzaturiero.
.
Rischi per
la sicurezza del lavoratore
Ambiente di lavoro
Porte e portoni
Vie ed uscite d'emergenza
Vie di circolazione, pavimenti e
passaggi
Spazi di lavoro
Scale
Aerazione - Ventilazione
Microclima- Climatizzazione
Illuminazione
Incendio- Scariche atmosferiche -
Impianti Elettrici
Servizi Igienici ed assistenziali
Macchine
Rischi per
la salute del lavoratore
Agenti chimici- Polveri
Rumore - Vibrazioni
Carico di lavoro fisico- Posture
incongrue
Altro
Aspetti
organizzativi e gestionali
Organizzazione - Norme e
procedimenti di lavoro
Formazione/Informazione
Manutenzione
Dispositivi di protezione
individuale
Emergenza e Pronto Soccorso
Sorveglianza Sanitaria
Segnaletica
Autorizzazioni - Tutela lavoratori
a rischio elevato
Capitolo 1
§1.
“La fase di lavorazione: modelleria”.
La
fase iniziale nella produzione della scarpa consiste nella “ideazione” della
stessa definendo, attraverso il lavoro di stilisti, i modelli caratteristici
della stagione e della moda in corso.
Risultano
impiegati in questa prima fase di lavorazione, considerando il campione
costituito dalle 20 aziende calzaturiere selezionate, 27 addetti, di cui 26
uomini e 1 donna.
§1.1 Fase di creazione stilistica.
La creazione stilistica può essere effettuata da personale interno del calzaturificio (se quest’ultimo ha una propria linea di prodotto), nel qual caso la figura dello stilista coincide con quella del modellista, oppure commissionando a studi stilistici o a case di moda esterne.
Lo
stilista, sulla base delle indicazioni delle ultime tendenze moda e della sua
personalità artistica, propone un nuovo modello di calzatura eseguendo disegni
su semplici fogli di carta.
Sulla
base di questi schizzi viene effettuata una prima analisi di fattibilità
industriale accompagnata da un’eventuale introduzione di varianti stilistiche
dettate da esigenze produttive e dal know-how aziendale.
§1.2 Fase di modellazione.
I
formisti (ossia coloro che creano il primo campione di legno, figure
professionali che si trovano generalmente all’interno di formifici e raramente
presenti nei calzaturifici), collaborando con i modellisti, costruiscono in
legno la forma per la calzatura in una taglia campione, in base ai dettami
stilistici e nel rispetto della struttura anatomica del piede.
La
procedura più complessa viene applicata per le scarpe da passeggio o da donna:
lo stilista, o il modellista, utilizza in questo caso un gran numero di forme
diverse fra loro e traccia le linee stilistiche della calzatura sulla forma
ricoperta con carta adesiva o con gusci di plastica che vengono successivamente
spianati.
Chi
disegna scarpe sportive (di più facile esecuzione), procede disegnando
direttamente su carta (chiamata “camicia piana” o semplicemente” camicia”)
risparmiando, così, il tempo necessario per l'operazione di spianamento. In
questo secondo caso le forme sono molto simili tra loro, perciò il modellista
può lavorare “a memoria”.
§1.3 Realizzazione della tomaia.
Sia
che il modellista disegni direttamente sulla forma o che impieghi la carta,
egli dovrà comunque realizzare il modello piano della calzatura, spianando la
superficie su cui sono state disegnate le linee della stessa.
A
questa operazione segue la cosiddetta “cambratura”: partendo dal modello base,
dopo aver ricavato i pezzi che costituiranno la tomaia, con opportune procedure
di sviluppo in taglie (grading) e d’ingegnerizzazione (quali
l’aggiunta dei margini di montaggio, l’incisione dei riferimenti per la
cucitura e l’incollaggio, ecc.), il modellista otterrà i modelli in cartone dei
vari pezzi della tomaia che serviranno sia per la realizzazione del prototipo,
sia per la produzione della serie di fustelle sia infine, direttamente, per il
taglio a mano.
§1.4 Realizzazione dei tacchi.
Seguendo le indicazioni dello stilista, il modellista del tacco realizza in legno un primo tacco prototipo da provare sulla calzatura che si vuole realizzare. Anche in questa fase, come in quella precedente di produzione della forma, molto tempo è richiesto dal coordinamento del lavoro di modellazione che viene solitamente svolto in tre luoghi distinti: calzaturificio, tacchificio, formificio (figura 1). Una volta creato con le linee e le proporzioni volute, decisa la produzione della nuova calzatura, il tacco passa allo stampo, realizzato tramite fusione. Tali stampi serviranno poi a produrre, attraverso un processo ad iniezione, serie di tacchi in plastica.
§1.5 Realizzazione delle suole.
Le
operazioni che portano alla realizzazione di una suola sono effettuate nel
suolificio, prelevando dalla forma il contorno della pianta necessario per il
taglio della suola in cuoio.
Per
le suole sportive o in generale iniettate, il procedimento è più laborioso. Una
volta realizzate le dime (pezzi campione per il controllo e la produzione in
serie) delle varie sezioni della forma, si esegue un disegno tecnico della
nuova suola, necessario allo stampista per realizzare gli stampi metallici per
le macchine ad iniezione. Si può comprendere quanto sia onerosa la
realizzazione di tali disegni pensando solo alla complessità dello sviluppo in
taglie della suola, e ancor di più se si realizza la stessa in materiali o
colori diversi.
Figura 1: Aziende coinvolte nel
processo di progettazione e produzione della calzatura.
calzaturificio
§1.6
Fase di prototipazione.
Realizzare
un prototipo significa produrre il mezzo paio della nuova calzatura. Questo
comporta la realizzazione dei modelli degli elementi della tomaia in
cartoncino, il taglio manuale della pelle, la cucitura della tomaia ed il
montaggio della calzatura, seguendo una prima sequenza produttiva pianificata
in base all’esperienza ed alle indicazioni del modellista.
I
“fondi”, tacchi e suole, vengono sostituiti con maquette in cera e legno
realizzate da esperti artigiani, e una volta applicate, conferiscono la forma
finale alla scarpa.
In ogni fase
della realizzazione ed in particolare al termine, il “modello” subisce il
giudizio di un gruppo d’esperti che suggerisce le modifiche da apportare.
Capitolo 2
§2.
“Attrezzature, Macchine e Impianti”.
Attualmente
questa prima operazione viene realizzata nel 70% delle ditte campionate
utilizzando esclusivamente procedure e strumenti manuali, mentre nel 30% dei
casi queste sono affiancate da tecniche di progettazione computerizzate (Sistemi CAD).
§2.1 Sistemi manuali.
Il
modellista riveste interamente la forma rigida, rispondente alle
caratteristiche strutturali del modello scelto, con nastro adesivo bianco
cartaceo, prestando molta attenzione a distenderlo uniformemente. Su di esso
l’operatore disegnerà con la matita i profili, le cuciture, le allacciature e
gli eventuali motivi rispondenti al modello. Le sagome cartacee così ottenute, riprodotte
in fustelle, ossia profili sagomati taglienti in acciaio, permetteranno, nella
fase successiva di tranciatura, la realizzazione del disegno ideato sul cuoio o
sulla pelle.
§2.2 Sistemi CAD.
I
programmi CAD (Computer-Aided Design) e CAM (Computer-Aided Manufacturing),
ovvero la progettazione e la produzione assistita da calcolatore, sono
applicazioni software, caratterizzate da interfacce grafiche che rendono
agevole la fase di progettazione di un nuovo oggetto.
Le
applicazioni CAD sovrintendono, oggi, alla prima fase del ciclo produttivo
della calzatura che va dalla sua concezione e progettazione alle operazioni di
taglio dei modelli o della pelle.
In
quest’ottica, possiamo individuare due principali classi di sistemi CAD (figura
2):
· i programmi tridimensionali
(CAD 3D) che permettono al modellista di interagire a video con un “oggetto”
tridimensionale (oggetto nello spazio), quale forma, tomaia, tacco e suola, in
modo analogo a come si lavora tradizionalmente;
· i programmi bidimensionali
(CAD 2D) nei quali il processo di progettazione al calcolatore è relativo
soltanto alla tomaia, e comincia un gradino più a valle, cioè dalla camicia già
sviluppata nel piano.
§
2.2.1 La progettazione CAD tridimensionale.
Rilevamento della forma: l’elemento indispensabile su cui si basa la progettazione CAD tridimensionale, è costituito dalla forma, realizzata in legno dal formista seguendo le indicazioni dello stilista. Tale forma, affinché possa prendere il via la fase di progettazione, deve essere “conosciuta” dal sistema CAD attraverso “digitalizzazione”, ovvero viene copiata in forma binaria e trasformata da forma reale a forma virtuale. Tale fase consente di trasformare la superficie reale della forma in una superficie matematica tridimensionale parametrica su cui poter “tracciare” le linee di stile e su cui poter costruire altre superfici che rappresentano le componenti suole, tacchi, sottopiedi, ecc.
Per
tale operazione di rilievo della superficie, si fa uso di digitalizzatori
tridimensionali meccanici e ottici (figura 3), per poi passare alla
“progettazione stilistica”. Prima ancora è necessario sviluppare la forma,
digitalizzandola nella numerazione necessaria, cosicché tutte le operazioni che
si andranno a fare sulla forma base saranno automaticamente riportate su tutte
le altre e quindi il grading di tomaia, forma, suola e tacchi risulterà
totalmente automatico.
Figura 3:
Ciclo di progettazione della calzatura con sistema CAD 3D/2D.
Produzione singoli componenti tomaia con CAD 2D
Progettazione stilistica: si descrivono
in seguito i metodi disponibili per disegnare le linee di stile di un nuovo
modello di calzatura utilizzando il sistema CAD tridimensionale.
· Disegno sulla forma reale e digitalizzazione delle linee di
stile.
Operando
in modo tradizionale, alcuni CAD consentono al modellista di disegnare le linee
di stile sulla forma o sulla conchiglia in plastica e successivamente di
digitalizzarle con l’ausilio di un digitalizzatore manuale, cioè di trasferirle
sulla forma virtuale a video e, simultaneamente, sulla camicia piana.
· Disegno sulla forma o sullo spianamento a video.
Una
volta acquisita familiarità con il sistema CAD ed il mouse, il modellista può
disegnare le linee di stile della calzatura direttamente sul modello della
forma presentata a video. Nello svolgere questa operazione il modellista ha la
possibilità di ruotare e manipolare (ingrandire o rimpicciolire) l’immagine
della forma come se stesse operando su di essa a mano.
Anche
se il lavoro viene svolto principalmente in 3D è molto importante poter
controllare in ogni momento il risultato dello sviluppo della tomaia (e di
tutte le sue caratteristiche).
· Disegno sulla camicia piana e digitalizzazione delle linee
di stile.
Il
modellista spiana manualmente la camicia e disegna su di essa con la matita le
linee di stile. Impiegando un sistema CAD 2D successivamente digitalizza con
una grafica dotata di un mouse con puntatore. A questo punto il modellista può
decidere se continuare nella progettazione tridimensionale provvedendo a creare
il fondo della calzatura, la suola ed il tacco, o se passare direttamente
all’ingegnerizzazione della tomaia (bidimensionale).
· La prototipazione virtuale.
Con
il termine “prototipazione virtuale” s’intende la possibilità di vedere la
scarpa appena progettata dal modellista prima di produrla fisicamente.
Solitamente
per presentare il nuovo modello di calzatura, al cliente o alla direzione
stilistica, occorre realizzare un prototipo, cioè produrre il mezzo paio:
questo comporta notevoli problemi logistici dal punto di vista produttivo
poiché s’introduce nel programma di produzione stabilito un nuovo lavoro con
priorità massima.
Sfruttando
le potenzialità grafiche dei sistemi CAD è possibile disegnare a video tutti i
particolari della nuova calzatura e stampare poi, su stampati a colori,
un’immagine di qualità fotografica.
Il
modellista, infatti, ha a disposizione più di 16 milioni di colori, che può poi
visualizzare in tonalità diverse, spostando le sorgenti di luce fittizie che
illuminano la calzatura. Inoltre, qualora egli abbia già a disposizione la
pelle o il materiale sintetico o il tessuto stampato con cui costruire la
tomaia, può digitalizzare con uno scanner bidimensionale le caratteristiche di
tessitura del materiale stesso e riportarle sul prototipo in fase di
realizzazione.
§ 2.2.2 La
progettazione CAD bidimensionale.
Con il termine “progettazione bidimensionale” ci si riferisce alla fase in cui vengono realizzati i singoli componenti della tomaia. Come detto sopra, nei CAD 3D/2D evoluti tale fase bidimensionale è sempre integrata con quella tridimensionale: è possibile, quindi, passare dall’una all’altra in qualsiasi momento.
·
L’ ingegnerizzazione della camicia.
Punto di partenza della progettazione è pertanto la camicia che, nei sistemi CAD 3D/2D, viene ottenuta automaticamente come spianamento della superficie della forma. Nello spianamento automatico sono a disposizione del modellista diverse opzioni che permettono di ottenere il risultato migliore in relazione al modello da realizzare. Utilizzando invece un semplice CAD 2D, la fase di progettazione automatica inizia solo a questo punto con l’inserimento nel lettore, tramite tavoletta digitalizzatrice, della camicia spianata manualmente. Sulla camicia vengono definiti i margini di piegatura ed i riferimenti di montaggio (linee e puntate), sfruttando funzioni di specchiatura, di offset (spostamento parallelo di linee) e comandi di ritaglio e copiatura.
E’ poi possibile inserire decori, simboli, e tutto quanto serve al completamento sia tecnico che stilistico del modello.
· L’esposizione dei componenti.
Una volta completata la camicia, con l’aggiunta delle informazioni tecnologiche più importanti, si passa alla fase di “esplosione” dei componenti, ossia alla separazione delle parti che compongono la tomaia. Anche in questo caso le operazioni possono essere compiute in modo semplice e veloce, indicando al sistema le varie curve che delimitano le zone da separare e lasciando ad esso il compito di estrarre la precisa geometria delle singole parti.
Si procede poi alla costruzione degli altri componenti della calzatura quali fodere, contrafforti e puntali, sempre a partire dalle stesse geometrie di base della camicia. In questa fase vengono anche inseriti tutti quei riferimenti utili ad adeguare, in fase di produzione, un montaggio della tomaia semplice e corretto.
·
Lo sviluppo delle taglie.
E’ l’ultima fase relativa all’ingegnerizzazione del modello durante la quale viene effettuato lo sviluppo completo delle varie taglie, similmente a quanto normalmente effettuato per mezzo dei pantografi manuali od automatici.
Il pantografo
è uno strumento che permette la riproduzione secondo una progressione di misure
corrispondenti ai numeri delle scarpe (dal 34 al 41 per la donna; dal 38 al 46
per l’uomo). E' costituito da un parallelogramma articolato ad aste, le quali
possono essere di tipo graduato o a rapporti fissi, munite da un lato di punta
conduttrice e dall’altro di punta scrivente. Quindi, con macchine da taglio
laser, si prepara il modello della scarpa desiderata, dal quale si ricavano
delle dime di materiale rigido che definiscono il numero e le forme dei pezzi
di pelle o tessuto da tagliare, per poi comporre il prodotto.
Figura
3: Digitalizzatore meccanico e progettazione stilistica.
Capitolo 3
§3.“ Il fattore di rischio”.
I rischi lavorativi connessi alla fase di modelleria sono essenzialmente di natura sanitaria, connessi all’uso di videoterminali impiegati nella progettazione tramite sistema CAD. Nei calzaturifici in cui, diversamente, tale fase operativa è svolta manualmente, non si rilevano rischi professionali significativi.
§3.1 Attività al videoterminale.
La rapida diffusione dei sistemi informatici CAD ha coinvolto anche il settore calzaturiero: 6 delle 20 aziende esaminate svolgono attività di progettazione della calzatura al videoterminale tramite sistemi. Tale dato è comunque destinato a crescere rapidamente, come indica la disponibilità e l’entusiasmo dei più giovani ed intraprendenti modellisti, istruiti in tale mansione da un numero sempre più alto di corsi finalizzati all’utilizzo dei sistemi CAD in modelleria calzaturiera. Tale innovazione trova invece poca accoglienza in quei calzaturifici a ridotta attività, legati a tradizioni familiari, i cui modellisti, operatori nel settore da molti anni, risultano restii ad introdurre novità che capovolgono le normali abitudini lavorative, creando problemi e rallentamento dei ritmi di produzione.
I rischi derivanti dall’utilizzo dei videoterminali per sistemi CAD non si discostano dai rischi legati all’impiego di VDT e possono così essere riassunti:
1)
affaticamento e disturbi dell’organo della vista;
2)
problemi legati alla postura e ai movimenti
ripetitivi, specie se le postazioni di lavoro non sono ergonomiche
3)
affaticamento mentale.
Si sottolinea che l’utilizzo di sistemi informatici nella fase di modelleria del settore calzaturiero, permette comunque all’operatore di valorizzare le proprie capacità creative, rinnovando continuamente la propria mansione nell’attività di ricerca di nuovi modelli.
Capitolo 4
§4.“Danno
atteso”.
Dalle
informazioni ricavate dai dati infortunistici, riportati nei registri degli
infortuni delle aziende indagate, non emergono considerazioni di interesse
relative a questa fase di lavoro, sia laddove venga svolta manualmente sia
laddove sia svolta utilizzando sistemi informatici CAD.
Identicamente
si esclude la possibilità del verificarsi di malattie professionali causate da
rischi connessi alle operazioni di modelleria.
Capitolo 5
§5.“Gli
interventi”.
L’esecuzione di lavoro a videoterminale per applicazione CAM-CAD, implica l’applicazione di misure ergonomiche previste per le postazioni VDT ordinarie, facendo riferimento al titolo VI del D.Lgs 626/94 ed alle norme di buona tecnica.
Risultati delle osservazioni
L’analisi
degli interventi adottati per eliminare/ridurre i rischi derivanti
dall’utilizzo di videoterminali nella fase di modelleria, desunti dalle
check-list di valutazione dei documenti raccolti nelle venti aziende, hanno
evidenziato che:
1. 5/6 delle ditte che fanno uso di sistemi CAD ha adottato i seguenti provvedimenti:
¨ il datore di lavoro, nella distribuzione delle mansioni e dei compiti lavorativi comportanti l’uso di videoterminali, ha evitato il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni;
¨ al lavoratore è stato garantito il diritto di ottenere un’interruzione di 15 minuti dell’attività se opera per due ore consecutive.
2. 2/6 delle stesse ditte ha adottato questi ulteriori provvedimenti:
¨ informazione e
formazione adeguata ai lavoratori in ordine alle modalità di svolgimento
dell’attività comportante l’uso di videoterminali, ai rischi connessi e alle
misure per evitarli;
¨ uso di schermi
adeguati (antiriflesso, con immagine stabile, a bassa emissione di radiazioni
regolabili in posizione);
¨ uso di tastiere
per l’introduzione di dati aventi le
necessarie caratteristiche (inclinazione, spazio, superficie opaca);
¨ scelta di piano
di lavoro con superficie poco riflettente, di dimensioni sufficienti e in grado
di permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, e del
materiale accessorio;
¨ scelta di
sedile stabile, che permetta all’utilizzatore libertà di movimento e una
posizione comoda.
3. una sola ditta ha omesso l’identificazione di tale rischio nel proprio documento di valutazione, allineandosi in ciò alla diffusa posizione di molte grandi aziende italiane che considera il lavoro al video per disegni CAM/CAD non incluso nel campo di applicazione del D.L.gs 626/94.
Capitolo 6
§6.
“Riferimenti legislativi e norme di buona tecnica”*.
* l’eplicitazione dei riferimenti normativi al § 1.11.
DLgs.
19 settembre 1994, n. 626, Titolo VI.
DLgs. 19 settembre 1994, n. 626, all. VII.
NORMA UNI EN 29241 parte 3^
ISO 9241 Ergonomic requirements for office work
with visual display terminals (VDTs).
EN29241-1
General introduction
EN29241-2
Guidance on task requirements
EN29241-3
Visual display requirements
ISO/DIS
9241-4 Keyboard requirements
ISO/DIS
9241-5 Workstation layout and postural requirements
ISO/CD 9241-6
Environmental requirements
ISO/CD 9241-7
Display requirements with reflections
ISO/DIS
9241-8 Requirements for displayed colours
ISO/CD 9241-9
Requirements for non- keyboard input devices
ISO/DIS 9241-10 Dialogue principles
ISO/CD
9241-11 Guidance on usability
specification and measures
ISO/CD
9241-12 Presentation of information
ISO/CD 9241-13 User guidance
ISO/DIS 9241-14 Menu dialogues
ISO/CD 9241-15 Comand dialogues
ISO/CD 9241-16 Direct manipolation dialogues
ISO 6385:
1981 Ergonomic principles in the design of work systems
ISO 8995:
1989 Principles of visual ergonomic. The ligthing ofindoor work systems
ISO 7730:
1984 Moderate thermal environments. Determintaion of PMV 1 and PPD indeces and
specification of conditions for thermal comfort
ISO 5349:
1986 Mechanical vibration –
Guidelines for the measurement and the assessment of human exposures hand
transmitted vibration
ISO 2631:
1985 Evalution of human exposures
to whole body vibrations. Part 1: General requirements
ISO 1996-
1:1982 Acoustics- Description and measurement of noise. Part 1: Basic qualities
and procedures
ISO 7779:
1988 Acoustics- Measurement of
airborne noise emitted by computer and business equipment
ISO 9296: 1988 Acoustics- Declared noise
emission values of computer and business equipment
ISO 2913: 1978 Paints and varnishes
CIE 29/2:
1986 Guide on. interpor lighting
CIE 44: 1979
Absolute methods for reflection measurements
CIE 69: 1987
Methods of characterising luminance meters and illuminance meters
IEC 801-2:
1984 Electromagnetic compatibility
for industrial process measurement and control equipment
IEC 950: 1991 Safety of information tecnology
equipment including electrical business equipment
UNI 7367: 1987 Posto di lavoro: scrivania e sedia, tavolo per
videoterminale e sedia. Generalità.
UNI 9095: 1987 Mobili per ufficio. Tavoli per videoterminali. Dimensioni
(minime).
UNI 7498: 1987 Mobili per ufficio. Sedie e poggiapiedi.
UNI 8582: 1984 Sedie. Stabilità.
Capitolo 1
§1.“Fase di lavorazione: taglio e tranciatura”.
Questa fase di lavorazione consiste nel taglio della pelle naturale o sintetica, impiegando attrezzature manuali o sistemi di taglio a fustella o privi di fustella, per arrivare ad ottenere i vari componenti che verranno successivamente assemblati per la preparazione di tomaie, fodere e altre parti di rivestimento e di guarnizione della scarpa. Con l’operazione di tranciatura si provvede a formare la suola, il tacco, il sopratacco e il sottopiede.
Le
materie prime tranciate/tagliate in pelletteria sono di vario tipo:
1.
Pelli
naturali: possono essere variamente conciate, al cromo (per
le tomaie), al tannino (per le suole) o con sostanze organiche. Oltre a ciò, le
pelli possono essere colorate e/o verniciate.
2.
Pelli
sintetiche: le più diffuse sono le policloruro vinile (PVC),
le poliacriliche e le poliuretaniche.
Le operazioni di taglio manuale vengono per lo più realizzate in posizione eretta dalle addette, utilizzando semplice attrezzatura, rappresentata da taglierine e coltelli sottili ed affilati, in grado, seguendo il profilo delle forme già preparate sul tessuto, di riprodurre le parti componenti. Gli utensili vengono spesso forniti con lima per affilare.
L’attività di taglio/tranciatura è svolta nell’80% delle ditte indagate; nel restante 20% dei casi la fase è affidata a ditte esterne. Il numero degli addetti all’operazione di taglio risulta pari a 136 operatori, 67 donne e 9 uomini. Si verifica spesso l’impiego di collaboratori domiciliari, presenti nell’indagine svolta, in numero pari a 60, di cui 48 donne e 12 uomini.
Capitolo 2
§2.“Attrezzature,
Macchine e Impianti”.
§2.1
Attrezzature manuali.
L’operatore utilizza strumenti molto semplici per realizzare i pezzi di tomaia della calzatura desiderata.
Gli utensili impiegati in questa prima fase di lavorazione sono:
-
coltelli, forbici;
- taglierine: eseguono il taglio e la rifilatura di vario materiale (pelli sintetiche o naturali). Si compongono di basamento di ghisa con due spalle fra le quali si muove una lama tagliente che recide il materiale;
- torchietto: comprime gradatamente il materiale da tagliare tra due piastre parallele.
§2.2 Sistemi di taglio a fustella.
Le fustellatrici manuali rappresentano le macchine di taglio più diffuse. Nella grande maggioranza dei casi sono di tipo oleodinamico. Possiamo distinguere varie tipologie di fustellatrici:
§ Fustellatrici a braccio (a bandiera): si tratta di presse dotate di un braccio rotante intorno ad un gruppo pistone/cilindro che viene manovrato dall’operatore, manualmente o automaticamente, sopra un piano di taglio. Su questo piano viene appoggiato il materiale e posizionata la fustella, utensile d’acciaio a tronco di piramide a base variabile, o a cono rovesciato, con base più piccola e contorni taglienti ed affilati (Fig.1).
Figura 1: Fustellatrice a braccio rotante con
spostamento automatico.
§ Fustellatrici a carrello: rappresentano le macchine con le caratteristiche di massima versatilità per il taglio a fustella. Offrono un piano di taglio molto esteso ed accessibile (le potenze di taglio possono arrivare a più del doppio di quelle disponibili sulle fustellatrici a braccio) e sono combinate con grandi aree del piatto battente. Il principio di funzionamento è lo stesso di una fustellatrice a braccio, ma in questo caso il piatto battente è montato su un carrello dotato di pistone idraulico. Il piatto battente può così spostarsi, manualmente o automaticamente, entro un struttura a portale, comprendente una trave superiore ed un taglio inferiore (Fig.2).
Figura 2: Fustellatrice a carrello con
barriera fotoelettrica.
§ Fustellatrici
a ponte mobile: appartengono a questo gruppo le fustellatrici
nelle quali il piatto battente è rappresentato dall’intera trave superiore
(“ponte mobile”). Altra caratteristica è costituita dall’esistenza di un piano
estraibile dalla struttura a portale, sul quale viene appoggiato il materiale
da tagliare e posizionate le fustelle.
§ Fustellatrice automatica: sono state recentemente introdotte sul mercato, specificamente indirizzate all’industria calzaturiera; il sistema di taglio automatico è basato su controllo elettronico.
§2.3
Sistemi di taglio senza fustella.
Il
taglio viene realizzato muovendo l’utensile lungo il profilo del pezzo da
tagliare: è definito taglio “in continuo” in quanto realizzato con movimento
continuo dell’utensile lungo la traiettoria. Le macchine di taglio di questa
famiglia sono controllate elettronicamente (Controllo Numerico) in base a
parametri di lavoro dai quali dipendono l’accuratezza del taglio e la sua
velocità. I tavoli di taglio in continuo, impiegati come periferiche dei
sistemi CAD, sono raggruppabili in due grandi classi:
· Tecnologie di taglio a lama nelle quali il taglio viene
effettuato per “frattura” del materiale a mezzo di utensile tagliente;
· Tecnologie di taglio d’energia (laser e getto d’acqua) in cui il
taglio è realizzato concentrando un flusso ad alta densità d’energia sul
materiale che si vuole tagliare.
Capitolo 3
§3.“Il fattore di rischio”.
I
rischi professionali propri della fase del taglio sono per lo più rappresentati
da infortuni derivanti dall’impiego d’utensili taglienti.
§3.1 Trance e fustelle.
I più frequenti infortuni che si registrano nelle operazioni di fustellatura sono:
-
lesioni da taglio di scarsa rilevanza alle dita
(alle falangi con prevalenza al pollice, all’indice ed al medio);
- lesioni più gravi con amputazioni di falangi;
- lesioni da schiacciamento delle mani.
Questi
infortuni occorrono spesso per l’inadeguatezza degli strumenti di lavoro o per
l’errato impiego degli stessi, nonché per scarsa manutenzione.
Le
ferite da taglio e/o lacero-contusioni, con lesioni personali gravi o
gravissime e le lesioni da schiacciamento, risultano eventi a bassa percentuale
d’accadimento.
Possibile il rischio di contatto accidentale con parti di macchine o attrezzature.
§3.2 Attrezzature manuali.
La
scarsa formazione del personale, lo scorretto utilizzo degli attrezzi taglienti
(coltelli, taglierine o più semplicemente forbici), la ripetitività delle
operazioni di taglio sono i fattori di rischio responsabili del verificarsi di
infortuni, in genere di scarsa entità, quali ferite o abrasioni delle dita con
inabilità temporanea al lavoro di 4-5 giorni.
Il
rischio da taglio o puntura, provocato da lame sottili o aghi e simili, è stato
indicato in qualche azienda come potenziale rischio infettivo, per la possibile
presenza di germi patogeni sugli attrezzi non sterilizzati. In due sole aziende
delle venti esaminate questo rischio, giudicato ad elevata probabilità di
evenienza e causa di danni lievi, è stato oggetto di un intervento mirato.
Gli
infortuni occorsi a seguito dell’impiego di attrezzature manuali nelle
operazioni di taglio possono essere prevenuti attraverso un’adeguata formazione
degli addetti.
Capitolo 4
§4.“Il
danno atteso”.
Nell’impossibilità di calcolare correttamente l’indice d’incidenza
annuale (I..I), è stata ricavata una stima dello stesso utilizzando la seguente
formula:
I.I. = (numero di infortuni / numero di persone
esposte a rischio *anno) x 100
= (18 / 136*7) x 100 =1.89 %
I.I. intero
comparto = 2.71%
dove il numeratore rappresenta il numero assoluto degli infortuni nel
periodo 1992–1998, sulla base delle informazioni raccolte nei registri
degli infortuni delle venti aziende indagate, ed il denominatore il numero di
lavoratori esposti a tale rischio, 136 lavoratori addetti ad operazioni di
taglio/tranciatura, con l’approssimazione che il numero di lavoratori negli
anni di riferimento 92-98 sia costante e pari a quello osservato nel corso del
1998.
L’indice di incidenza riferito a tutto il periodo di osservazione, pari
a 7 anni, risulta uguale al 13.2% (I.I. intero comparto = 19%)
Scomponendo quest’ultima misura d’incidenza sulla base dell’agente materiale si ottiene:.
I.I.= 11,8% ® casi di infortunio per impiego di attrezzi ed utensili
(coltello, forbici, taglierina, punteruolo) relativi alla fase considerata;
I.I.= 1,5% ® casi di infortunio per utilizzo di trance e fustelle (macchine) sul totale del numero
dei casi registrati.
La tabella 4.1. seguente riassume i dati ricavati dall’indagine, organizzati secondo i seguenti criteri:
1.
tipologia dell’agente materiale;
2.
numero di infortunati;
3.
calcolo della media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea.
Tab. 4.1: Dati di infortunio
relativo a fase di taglio/tranciatura.
Agente materiale (attrezzi, utensili/macchine) |
infortunati (N°) |
Media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea |
Coltello |
6 |
gg.
10,75 di assenza |
Forbici |
5 |
gg.
9,6 di assenza |
Taglierina |
4 |
gg.
10,75 di assenza |
Punteruolo |
1 |
gg.
3 di assenza |
Trance
e fustelle |
2 |
gg.
27 di assenza |
TOTALE |
18 |
GG. 11,8 DI ASSENZA |
Non
sono emerse malattie professionali causate da rischi connessi alle operazioni
di taglio.
Capitolo 5
§5.“Gli
interventi”.
La
fustellatrice manuale a bandiera, risultata essere quella più diffusa nei
calzaturifici oggetto dell’indagine, deve essere munite di ripari o dispositivi
atti ad evitare che le mani o altre parti del corpo dei lavoratori siano offese
dal punzone o da altri organi mobili.
I sistemi di protezione, normalmente installati a seconda del tipo di macchina o delle esigenze della lavorazione, risultano essere:
1) fotocellule;
2) doppi comandi posti sul carrello rasati e a scomparsa;
3) sensore a sbarra;
4) dispositivi di emergenza.
Per
quanto concerne, invece, l’uso di utensili taglienti, le misure di protezione
da realizzare sono:
1) fornitura di attrezzi di qualità soddisfacente, in buono stato per
quanto riguarda la pulizia e la conservazione. E’ utile, inoltre, disporre
affinché siano questi siano riposti in ordine nei luoghi ad essi destinati;
2)
predisposizione di un’adeguata formazione ed
informazione del personale addetto;
3)
fornitura e impiego di idonei mezzi di protezione
individuali, quali guanti resistenti al taglio ed alle altre sollecitazioni
meccaniche lesive (guanti di protezione contro rischi meccanici -UNI-EN 388: 94
- Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea n. 94/C 359/06 del 16.02.94).
Risultati delle osservazioni:
Tra quelle campionate, una sola azienda realizza l’operazione di taglio unicamente con l’ausilio di strumenti manuali.
Relativamente
all’impiego di attrezzature manuali, l’indagine ha evidenziato che:
· nel 45% delle aziende visitate, il datore di lavoro ha valutato il rischio di taglio connesso disponendo che detti attrezzi rispondano ai seguenti requisiti:
- adeguatezza ed idoneità;
- conservazione in buono stato di pulizia;
- collocazione ordinata in spazi appositi (scaffali, armadi,
cassetti, ecc.).
· nel 55% dei casi, il rischio non è
stato riconosciuto, quindi non è stato valutato.
Relativamente all’impiego di
attrezzature meccaniche, è stato rilevato che, nel 30% dei casi, la fase
di taglio a trancia è
affidata a ditte esterne. Laddove venga eseguita internamente, i dispositivi di
sicurezza adottati sono:
· sistemi a fotocellula,
affiancati da doppi comandi posti sul carrello nel 25% delle aziende;
· comando a due mani ed ad
uomo presente (pressione continua) nel 40% delle aziende.
Alcune presse fustellatrici che richiedono il collocamento a mano delle fustelle fra le due piastre sono attrezzate con fustelle che presentano altezza di circa 30 mm, non rispondenti alla norma vigente.
E’ stato osservato che nella maggioranza dei casi gli addetti alla fase di taglio, manuale e meccanica, non utilizzano dispositivi di protezione individuali adeguati.
Capitolo 6
§6.“Riferimenti
legislativi”*.
*l’esplicitazione dei riferimenti normativi è da ricercare al § 1.11.
La prevenzione infortuni richiede l’osservanza della normativa specifica di cui al D.P.R. n. 547/55. Il Titolo III del citato decreto reca norme a carattere generale trovando applicazione su tutte le macchine o parti di esse, il cui utilizzo può essere causa di pericolo di qualsiasi genere per i lavoratori. L’obbligo di protezione o di segregazione sussiste per le parti che manifestino un pericolo anche a macchina ferma, come ad es. nelle numerosissime macchine dotate di utensili in evidenza, affilati e taglienti. Al titolo IV, invece, il decreto 547 reca le norme particolari di protezione per determinate macchine: tra queste, sono trattate le trance e le fustelle. Il contenuto generale del dettato viene ancora ripreso ed ampliato dal legislatore nel 1994 con l’art. 35, punto 1 del D.Lgs. n. 626 che, a proposito delle attrezzature di lavoro, stabilisce l’obbligo in capo al datore di lavoro di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della sicurezza e della salute. Il D.P.R. 24/07/96 n. 459 (direttiva macchine) prevede, a proposito dei requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione ad alla costruzione delle macchine di cui all’Allegato 1, che per costruzione le macchine devono essere atte a funzionare, ad essere regolate ad a subire la manutenzione senza che tali operazioni, se effettuate nelle condizioni previste dal fabbricante, espongano a rischi le persone. Il D.L.gs 4/08/1999 n.359, infine, in attuazione della direttiva 95/63/CE del consiglio del 5 dicembre 19995, reca modifiche e integrazioni al Titolo III del D.L.gs 626/94 e all’art. 184 del D.P.R.547/55, in relazione ai requisiti minimi di sicurezza e salute per l’uso di attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori.
Ø
D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 41: Protezione e
sicurezza delle macchine.
Gli elementi delle macchine, quando costituiscono un pericolo, devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivi di sicurezza.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art.
115: Dispositivi per le presse in genere.
Le
presse e le trance e le macchine simili debbono essere munite di ripari o
dispositivi atti ad impedire che le mani od altre parti del corpo dei
lavoratori siano offese dal punzone o da altri organi mobili lavoratori. Tali
ripari o dispositivi, secondo il tipo di macchina o delle esigenze della
lavorazione, possono essere costituiti da:
a)
schermi fissi che permettono il passaggio dei
materiali nella zona di lavoro pericolosa, ma non quello delle mani del
lavoratore;
b)
schermi mobili di completa protezione della zona
pericolosa, che non consentano il movimento del punzone se non quando nella
posizione di chiusura;
c)
apparecchi scansamano comandati automaticamente
dagli organi mobili della macchina;
d)
dispositivi che impediscano la discesa del punzone
quando le mani od altre parti del corpo dei lavoratori si trovino nella zona di
pericolo.
I
dispositivi di sicurezza consistenti nel comando obbligato della macchina per
mezzo di due organi da manovrarsi contemporaneamente con ambo le mani, possono essere
ritenuti sufficienti soltanto nel caso che alla macchina sia addetto un solo
lavoratore.
I
suddetti ripari e dispositivi di sicurezza possono essere omessi quando la
macchina sia provvista di apparecchi automatici o semi – automatici di
alimentazione.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art.
116:
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art.
117:
L’applicazione
di ripari o dispositivi di sicurezza, in conformità a quanto stabilisce l’art.
115, può essere omessa per le presse o macchine simili mosse direttamente dalla
persona che la usa, senza intervento diretto o indiretto di motori nonché per
le presse comunque azionate a movimento lento, purché le eventuali condizioni
di pericolo siano eliminate mediante altri dispositivi od accorgimenti.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art.
118:
Le
presse meccaniche alimentate a mano debbono essere munite di dispositivo
antiripetitore del colpo.
Ø
D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 166:
Fustelle.
Le
presse fustellatrici che richiedono il collocamento a mano delle fustelle fra
le due piastre devono essere attrezzate con fustelle di altezza non inferiore a
50 mm munite di bordo sporgente, allo scopo di consentirne l’uso senza pericolo
per le mani. La disposizione di cui al primo comma non è obbligatoria quando
l’applicazione delle fustelle sul materiale in lavorazione è effettuata a
piastre di pressione spostate e quindi in condizioni non pericolose.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art.
374: Manutenzione e riparazione.
Gli
edifici, le opere destinate ad ambienti o posti di lavoro compresi i servizi
accessori, devono essere costruiti e mantenuti in buono stato di stabilità, di
conservazione e di efficienza in relazione alle condizioni di uso e alle
necessità della sicurezza del lavoro.
Gli impianti, le macchine, gli apparecchi, le attrezzature, gli utensili, gli strumenti, compresi gli apprestamenti di difesa, devono possedere, in relazione alle necessità della sicurezza del lavoro, i necessari requisiti di resistenza e di idoneità ed essere mantenuti in buono stato di conservazione e di efficienza.
Ø D. Lgs. 19 settembre 1994, n. 626,
titolo III: Uso delle attrezzature di lavoro (modificato dal D.Lgs 4/8/99
n.359)
Il
datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al
lavoro da svolgere ovvero adatte a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza
e della salute.
Le
attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare
alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della
sicurezza e della salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
Il
datore di lavoro provvede affinchè per ogni attrezzatura di lavoro a
disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni
istruzione d’uso necessaria in rapporto alla sicurezza.
Capitolo 1
§1.“Fase di lavorazione:
giunteria o orlatura”.
Sono state esaminate 17
giunterie sul totale delle 20 aziende interessate dall’indagine, in quanto in
tre situazioni tale fase di lavorazione è affidata esternamente. Nelle
giunterie “campionate” si svolgevano, parzialmente o totalmente, le operazioni
relative al ciclo lavorativo che appresso si descriverà.
Gli addetti alle operazioni di giunteria sono risultati prevalentemente di sesso femminile. Il numero totale di lavoratrici interessate è pari a 271, mentre il numero di addetti di sesso maschile è pari a 11.
Operazioni
di incollaggio vengono svolte in 19 giunterie, pari al 94% delle ditte che effettuano
tale fase. Dei 282 lavoratori considerati, all’incirca il 30%
impiega adesivi nello svolgimento della propria mansione e risulta quindi
direttamente esposto.
La restante percentuale di lavoratrici risulta addetta a mansioni che
implicano un impiego sporadico e di bassa entità di prodotti collanti, o non
viene mai a contatto diretto con essi. E’ comunque possibile l’esposizione
indiretta ai solventi presenti nell'ambiente di lavoro.
Infine, nelle giunterie è di frequente osservazione la presenza di
lavoratori che non hanno una mansione fissa ma che sostituiscono o sopperiscono
le esigenze produttive del momento (“jolly”). Anche questi operatori possono
svolgere periodicamente mansioni che implicano impiego di adesivi, esponendosi
così direttamente ai solventi contenuti in essi.
Spesso le ditte coinvolte si avvalgono della collaborazione di
lavoratori a domicilio, riscontrati, nell’indagine svolta in numero pari a 53,
di cui 42 donne e 11 uomini. Tali lavoratori, ai sensi della normativa vigente,
non possono essere adibiti ad attività che comportino l’impiego di sostanze
nocive o pericolose per la salute. Nel caso sia necessario l’incollaggio devono
pertanto venire utilizzati collanti a base acquosa in sostituzione di quelli a
base organica. (L. 18/12/73 n. 877- D.Lgs 9/09/94).
La fase di giunteria porta alla produzione della tomaia, attraverso congiunzione per cucitura delle varie parti prodotte nel reparto taglio, previa incollatura con adesivi e previa eventuale raspatura e ripiegatura di alcune sue parti. Le fasi di lavorazioni possono essere così riassunte:
· Egualizzatura o spaccatura: i pezzi della tomaia vengono
portati a spessore desiderato e uniforme utilizzando delle spaccatrici.
· Scarnitura: con una scarnitrice regolabile si
assottigliano i bordi dei pezzi della tomaia per permettere la successiva ripiegatura
o aggiuntatura di diversi pezzi senza aumenti di spessore.
· Assemblaggio fodera: si realizza con particolari
macchine da cucire (aggiuntatrici) e con eventuale incollaggio di bordi e
cuciture.
· Spalmatura mastice: viene effettuata manualmente
dalle orlatrici o preparatrici.
· Ripiegatura: il contorno della tomaia in corrispondenza
del collo della scarpa (bordo superiore) viene ripiegato e incollato,
successivamente cucito con una ripiegatrice.
· Bordatura: consiste nell’applicazione di una striscia di
pelle sul contorno superiore della tomaia mediante incollatura e cucitura a
mano e/o a macchina (bordatrice).
· Cucitura della tomaia: la tomaia precedentemente
assemblata viene cucita ed in alcuni punti incollata.
· Applicazione nastrino: un nastro di tela della
larghezza di 1-2 cm viene incollato all’interno della tomaia sulle giunture per
rinforzarle, soprattutto sulla giuntura posteriore. Un altro tipo di nastrino,
della larghezza di 0,3- 0,4 cm, viene posto all’interno della ripiegatura.
· Applicazione occhielli: con occhiellatrice vengono
applicate alle tomaie degli occhielli.
· Incollaggio della fodera sulle tomaie, cucitura della fodera sulla
tomaia: effettuata lungo i bordi (messa in fodera) con
collante o con macchine da cucire.
Capitolo 2
§2.“Macchine, attrezzature e
utensili”.
§2.1
Spaccapelle.
E’
una macchina utilizzata per incidere le pelli (fig.1).
L’azione
di incisione viene effettuata da un gruppo lama posto in rotazione da un motore
che trasmette il movimento mediante una cinghia. Il trasporto ed il caricamento
del materiale sono comandati da un diverso motore.
§2.2 Scarnitrice.
E’
una macchina utilizzata per assottigliare i bordi delle tomaie (fig.2). La
lavorazione è eseguita da una lama posta su una puleggia, affiancata ad un
rullo di trasporto che realizza lo scorrimento del materiale. La scarnitrice
solitamente è movimentata da un motore che aziona il gruppo di lavoro tramite
una cinghia di trasmissione. In dettaglio: il motore trasmette il moto alla
lama che si pone in rotazione ed esegue l’operazione di scarnitura; tramite una
seconda trasmissione viene messo in funzione il rullo di trasporto per
scorrimento del materiale da lavorare.
§2.3 Ripiegatrice.
E’ una macchina utilizzata per ripiegare i bordi scarniti della tomaia e per fissarli con colla (fig.3). In alcuni casi un filo di nylon viene inserito come rinforzo all’interno del bordo ripiegato. Sono disponibili ripiegatrici capaci di effettuare operazioni di termo-incollaggio programmate: le regolazioni di tutti gli organi di ripiegatura sono affidate a servocomandi controllati dall’operatore tramite consolle. Con queste ripiegatrici, l’operatore esperto può raggiungere velocità di lavoro elevate (3000 giri/min.).
§2.4
Cucitrice.
La cucitura si esegue con cucitrici di diversi tipi. Sono soprattutto impiegate le cucitrici piane, per le parti che possono essere distese su un piano, o le cucitrici a colonna, per le cuciture di parti tubolari. Possono essere a uno o più aghi (fig.4).
§2.5
Occhiellatrice/Rivettatrice.
Impiegata per il fissaggio di ganci, rivetti, occhielli, bottoni, è predisposta per l’applicazione di una fila di occhielli su di un lembo della tomaia, con la possibilità di escludere il dispositivo di caricamento in modo da ottenere la sola foratura passalaccio (Fig.5). L’azionamento della macchina può avvenire tramite programma oppure in maniera manuale.
Figura 1: Spaccapelle.
Figura 2. Scarnitrice.
Figura 3: Ripiegatrice.
Figura 4: Cucitrice.
Figura 5: Occhiellatrice.
Capitolo 3
§3.“Il fattore di rischio”.
§3.1 Rischi connessi alle macchine.
I rischi caratteristici delle fasi di giunteria sono di natura infortunistica, connessi all’utilizzo delle macchine sopra descritte. E’ a causa di errori nella gestione di tali macchine che spesso si verificano lesioni alle mani dell’operatore, quali tagli o schiacciamenti.
¨
Scarnitrice.
Per esigenze di lavorazione, allo stato attuale della tecnologia, non è possibile proteggere completamente la zona di lavoro situata tra il gruppo piedino, lama e rullo di trasporto.
Risultano perciò possibili, specie quando l’operatore non pone attenzione all’uso della macchina, lesioni lievi quali tagli alle dita o alle mani.
¨
Spaccapelli.
Durante l’inserimento a mano del materiale all’interno della macchina, può verificarsi che il gruppo lama intercetti le dita degli operatori, ferendole. Anche gli interventi di sostituzione delle lame usurate, effettuati da operatori inesperti, possono essere causa di tagli alle mani.
¨
Cucitrice.
I rischi rilevati consistono nella possibilità di ferite da puntura alle dita delle mani, causate dal movimento dell’ago, spesso durante le operazioni di sostituzione dello stesso per usura. Allo stato attuale della tecnica, la zona di cucitura non può essere protetta completamente; si segnala che l’utilizzo di dispositivi di protezione come schermi di protezione o salvadita non adeguatamente fabbricati ed installati possono aumentare il rischio di infortunio.
L’illuminazione localizzata può agevolare le operazioni ed evitare un eccessivo affaticamento oculare.
¨
Ripiegatrice.
A causa dell’impossibilità di collocare un dispositivo di protezione nella zona di ripiegatura, l’operatore è esposto al rischio di tagli alle dita. Inoltre, nei casi in cui si effettua contemporaneamente l’incollatura, l’operatore può procurarsi scottature, venendo a contatto con la zona di riscaldamento della colla.
Risultati
delle osservazioni sui rischi connessi alle macchine:
Il 25% dei documenti di valutazione dei rischi raccolti nelle venti ditte, evidenzia che:
· gli elementi
mobili delle macchine che intervengono nel lavoro non sono sempre completamente
isolati per progettazione, costruzione e/o ubicazione.
Gli
interventi suggeriti riguardano l’isolamento, con opportuni ripari, di tutti
gli organi mobili non protetti.
In
particolare, sono indicate protezioni fisse da situare a sufficiente distanza
dalla zona di pericolo o dispositivi di protezione che garantiscono
l’inaccessibilità agli elementi mobili.
Ove
non risulta possibile, s’indica di segnalare il pericolo; si segnala per il
personale addetto l'obbligo d’informazione e formazione.
Il
10%
dei documenti di valutazione dei rischi, indica che:
· le protezioni
fisse, in caso di apertura restano correttamente unite alla macchina;
· gli organi di
azionamento e di arresto dei motori non sono collocati al di fuori delle zone
di pericolo; la loro manovra comporta rischi supplementari o posizioni
ergonomicamente scorrette;
· non esistono
manuali di istruzione in cui si specifichi come realizzare in modo sicuro le
distinte operazioni sulla macchina: messa a punto, funzionamento, manutenzione,
pulizia;
· non esistono
protezioni mobili in grado di eliminare il rischio di proiezione di materiali.
Il
20%
dei documenti di valutazione dei rischi, indica che:
· la rimozione
delle protezioni mobili non è sempre associata a meccanismi che determinano
l’arresto e impediscano la messa in marcia della macchina. Negli interventi di
bonifica contenuti nei documenti di valutazione, è indicata la necessità di
provvede ad asservire tutte le protezioni mobili di microinterruttori di
sicurezza che interrompano il funzionamento della macchina o ne blocchino la messa
in marcia, in caso di apertura delle protezioni stesse;
·
i comandi di azionamento e di arresto di
motori e macchine non sono sempre chiaramente visibili mancando iscrizioni o
pittogrammi chiari per la loro identificazione da parte degli operatori.
Il
25%
dei documenti di valutazione dei rischi, indica che:
· non esistono
avvisi chiaramente visibili che fanno esplicito divieto di pulire, oliare,
ingrassare, riparare o registrare a mano gli organi e gli elementi delle
macchine durante il moto;
Il
5%
dei documenti di valutazione dei rischi, indica che:
· non è
formalizzato un programma per gli interventi di manutenzione preventiva e
periodica di tutti i macchinari;
· non sono
contrassegnati i macchinari in stato di fuori servizio , con segregazione degli
stessi se in disuso;
· esiste il
rischio di contatto accidentale con parti di macchine o attrezzature;
· gli alberi
delle macchine che sporgono dai supporti per più di ¼ del loro diametro non
sono adeguatamente protetti mediante custodia fissata su parti della macchina non
soggette a movimento;
· non esistono
protezioni mobili delle macchine;
· non esistono
protezioni regolabili che limitano l’accesso alle zone di operazione in lavori
che esigono l’intervento dell’operatore nelle loro vicinanze;
· l’interruzione
ed il successivo ritorno dell’energia elettrica non comporta il riavviamento
automatico della macchina.
§3.2 Il rischio collanti: operazioni di
incollaggio “giunteria”.
In giunteria vengono svolte varie operazioni che comportano l’utilizzazione di adesivi con potenziale rischio da esposizione a solventi. Si richiamano sinteticamente tali lavorazioni.
·
Assemblaggio fodera: eventuale incollaggio
di bordi e cuciture.
· Spalmatura mastice: viene
effettuata manualmente dalle orlatrici o preparatrici.
· Ripiegatura: il contorno della
tomaia in corrispondenza del collo della scarpa (bordo superiore) viene
ripiegato e incollato, successivamente cucito con una ripiegatrice.
· Bordatura: consiste
nell’applicazione di una striscia di pelle sul contorno superiore della tomaia
mediante incollatura e cucitura a mano e/o macchina (effettuata generalmente da
un'operatrice chiamata in gergo bordatrice).
· Cucitura della tomaia: la tomaia
precedentemente assemblata viene cucita ed in alcuni punti incollati.
· Applicazione nastrino: un nastro
di tela viene incollato all’interno della tomaia o all’interno della
ripiegatura.
· Incollaggio della fodera sulle
tomaie.
A volte l’operazione di ripiegatura è eseguita con l’ausilio di
ripiegatrice, dotata di sistema di alimentazione dell’adesivo in genere termoplastico.
Si rinvia al capitolo sui rischi trasversali per le informazioni generali sugli adesivi impiegati nel settore.
Si presentano di seguito i dati relativi alle osservazioni effettuate nella fase di lavorazione di giunteria.
Risultati
dell'indagine in riferimento alla composizione dei prodotti:
I
prodotti sono stati classificati sulla base dei criteri:
A.
natura della fase solida;
¨ adesivi a base
gomma naturale;
¨ adesivi a base
di neoprene;
¨ adesivi a base
di poliuretani;
¨ adesivi a base di altre resine.
B. natura della fase
liquida distinguendo:
¨
solventi
organici;
¨
soluzioni
acquose o ammoniacali;
Sono
stati infine considerati gli adesivi termoplastici.
Nel corso dell’indagine sono state esaminate le schede tossicologiche relative a 17 adesivi impiegati nella fase di giunteria. Sulla base delle classificazioni sopra descritte, si è ottenuta la seguente distribuzione:
-
totale adesivi in soluzione di solventi organici: n.
8 di cui
n. 5 a base di gomma naturale;
n. 2 a base
neoprene;
n. 1 a base altre gomme e/o resine.
Sotto
l’aspetto della composizione, questi adesivi hanno le seguenti caratteristiche:
¨ contengono
N-esano ed isomeri con percentuali variabili da 2,5-4,5%;
¨
contengono isoesano con percentuali comprese da 67%
all’85%;
¨ contengono cicloesano (percentuale massima del 18%), etile acetato (percentuale massima del 78%) ed acetone (percentuale massima del 45%).
La fase liquida composta da solventi organici varia da un minimo dell'80% ad un massimo del 91%.
Questi prodotti sono utilizzati in 9 giunterie delle 17 esaminate (pari al 53%), generalmente come adesivi-cementanti nell’assemblaggio della tomaia.
-
totale adesivi in dispersione acquosa: n. 2
Adesivi a base di acetato di polivinile.
Una sola azienda (pari al 5,8%) impiega tali prodotti nelle operazioni di messa in fodera, ripiegatura, sormontatura e accoppiamento dei rinforzi della tomaia. In alcuni casi i prodotti a base acqua sono affiancati con adesivi a base solvente.
-
totale adesivi
termoplastici, solidi: n. 7
In
7 giunterie (41,2%) si eseguono operazioni di ripiegatura con ripiegatrici
"caricate" con adesivi termofusibili.
Risultati
dell'indagine in riferimento all'impiego di adesivi meno nocivi:
Per quanto concerne la sostituzione di prodotti a base solvente con
adesivi a minor rischio o privi di rischio, emergono le seguenti conclusioni:
-
buon impiego di adesivi termoplastici nella
operazione di ripiegatura;
-
mediocre impiego di adesivi dispersi in acqua
(utilizzati in una sola giunteria);
-
nessun impiego di nastri bioadesivi;
-
nessun prodotto contiene solventi organici in
quantità minore rispetto all’80%;
-
generalizzato impiego di prodotti che non riportano
sull’etichetta il simbolo "Prodotto Nocivo" in quanto contengono
miscele di isomeri dell’esano con un massimo del 5% di n-esano (D.M. 16/2/1993
- classificazione e disciplina dell’etichettatura delle sostanze pericolose);
-
generalizzato impiego di prodotti che contengono
percentuali sempre più alte di isoesano in sostituzione dell’esano tecnico
(contenente n-esano);
- modesto impiego di prodotti che contengono percentuali maggiori di chetoni, esteri cicloesano ed eptano (va considerato al riguardo che in giunteria si impiega in maggior quantità il mastice leggero che deve obbligatoriamente contenere un'elevata percentuale di esano tecnico, sostituibile solo con isoesano);
- nessun impiego di prodotti che contengono aromatici ed organoclorurati.
Risultati dell'indagine in riferimento alle
misure di contenimento del rischio.
Per
un giudizio su questi aspetti si è provveduto a valutare i seguenti punti:
¨ presenza/assenza
di cappe di aspirazione;
¨ idoneità delle
cappe aspiranti presenti;
¨ idoneità dei
contenitori per collanti.
Presenza di cappe di aspirazione
Le operazioni d’incollaggio sono svolte nel 94% delle ditte che presentano la fase di giunteria.
Considerando
il totale delle postazioni d’impiego di adesivi, le cappe di aspirazione
risultano presenti nel 55% dei casi.
Delle
17 giunterie esaminate, n.8 situazioni, pari al 47%, presentano presenza
completa di cappe; in 2 casi è stata riscontrata assenza completa di sistemi di
captazione.
Solo
il 12,5%
delle postazioni di orlatura con impiego di collante presentano bocca di
aspirazione localizzata al banco di lavoro o asservita alla macchina da cucire.
Le cappe installate sui banchi d’incollaggio risultano idonee
nel 55%
dei casi. L’inidoneità è dovuta, per la maggioranza delle cappe,
all’aspirazione dall’alto ed all’assenza di piano grigliato (semplice
bocchettone di aspirazione collocato sul piano di lavoro).
Le cappe idonee presentano le seguenti proprietà:
-
il 57% presenta aspirazione dal basso, il 28%
aspirazione laterale ed il 15% presenta aspirazione frontale.
Relativamente
alla manutenzione e pulizia delle stesse, si constata che:
- solo il 12,5% delle cappe di aspirazione manifesta un adeguato livello di pulizia e gestione del piano grigliato.
Impiego di contenitori idonei per le colle a becco d’oca
Nel 15% delle ditte si è riscontrata la presenza completa di idonei recipienti per prodotti (dispenser a superficie evaporante ridotta). Mediamente, considerando il totale delle osservazioni risulta idoneo circa il 50% dei contenitori.
In nessun caso, le addette alle operazioni di incollaggio indossano, onde evitare il contatto cutaneo con i prodotti, i mezzi di protezione protettivi individuali (guanti) messi a loro disposizione.
Capitolo 4
§4.“ Il danno atteso”.
Nell’impossibilità di calcolare correttamente l’indice d’incidenza
annuale (I..I), è stata ricavata una stima dello stesso utilizzando la seguente
formula:
I.I. = (numero di infortuni / numero di persone
esposte a rischio *anno) x 100
= (10 / 282*7) x 100 =0.5 %
I.I. intero
comparto = 2.71%
dove il numeratore rappresenta il numero assoluto degli infortuni nel
periodo 1992–1998, sulla base delle informazioni raccolte nei registri degli
infortuni delle venti aziende indagate, ed il denominatore il numero di
lavoratori esposti a tale rischio, 282 (229 dipendenti e 53 domiciliari)
lavoratori addetti ad operazioni di giunteria, con l’approssimazione che il
numero di lavoratori negli anni di riferimento 92-98 sia costante e pari a
quello osservato nel corso del 1998.
L’indice di incidenza riferito a tutto il periodo di osservazione, pari
a 7 anni, risulta uguale al 3.5% (I.I. intero comparto = 19%)
La
tabella (Tab.
4.1) sotto riportata riassume i dati ricavati dall’indagine in
riferimento alla macchina o operazione coinvolte negli infortuni.
Tab. 4.1:
Incidenza infortuni in fase di giunteria.
Agente materiale (macchina) |
N° addetti infortunati |
Media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea |
Scarnitrice |
2 |
gg.
13 di assenza |
Spaccapelli |
3 |
gg.
10,6 di assenza |
Cucitrice |
4 |
gg.5
di assenza |
Ripiegatrice |
0 |
/ |
TOTALE |
10 |
GG. 9,5 DI ASSENZA |
Non
sono emerse malattie professionali causate da rischi connessi alle operazioni
di giunteria.
Capitolo 5
§5.“ Gli interventi”.
§5.1
Interventi sulle macchine.
Gli
interventi sostenuti o programmati, al fine di risolvere le esposizioni ai
rischi definiti al cap. 4, più frequentemente riscontrati risultano essere:
1.
macchina
da cucire:
- installazione di un riparo (salvadito) contornante l’ago;
- copertura delle cinghie e delle relative pulegge con carter fissi;
- predisposizione di sistemi di illuminazione localizzata per esecuzione di lavori di precisione;
- copripedale di protezione per evitare azionamento accidentale della macchina.
2.
spaccapelli,
scarnitrice:
-
l’utensile viene reso inaccessibile ad esclusione
della parte strettamente necessaria alla lavorazione;
-
cuffie di protezione al di sopra di cilindro
portalame;
-
protezione della cinghia di trasmissione;
- copripedale di protezione per evitare azionamento accidentale della macchina.
3.
occhiellatrice:
- la zona di lavoro viene protetta con un riparo avvolgente
associato ad un dispositivo salvadito;
- per assorbire le vibrazioni trasmesse dalla macchina in fase di
lavorazione, il basamento viene isolato dalla pavimentazione mediante
interposizione di piedini di gomma.
Risultati delle osservazioni:
Relativamente ai rischi connessi all’utilizzo di macchine in fase di giunteria, l’indagine svolta ha evidenziato la realizzazione, da parte delle ditte, dei seguenti interventi:
· in tutte le
ditte visitate in cui vengono utilizzate scarnitrici (75%), vengono adottati
dispositivi di protezione e prevenzione sufficientemente efficaci da ridurre il
rischio di infortunio, quali:
-
inaccessibilità della zona d’imbocco impedendo
completamente un possibile trascinamento delle mani o di altre parti del corpo,
come stabilito dall’art.132 del D.P.R. 547/55;
-
predisposizione di cuffie di protezione al di sopra
di cilindro portalame;
-
protezione della cinghia di trasmissione.
Nel
16,7%
delle ditte indagate è stato predisposto il copripedale per impedire
l’azionamento accidentale causato dalla caduta di un oggetto sul pedale stesso.
Sono
stati installati sistemi di captazione delle polveri a presidio delle macchine
nel 16%
delle ditte.
· per quanto
concerne gli interventi di prevenzione adottati sulle cucitrici,
presenti nel 100% delle ditte che svolgono la fase di giunteria, si è
constatato:
-
nel 25% delle ditte, ai sensi dell’art. 155 del
D.P.R. 547/55, sono stati predisposti dispositivi di protezioni per l’ago;
-
nel 33% delle ditte, ai sensi dell’art. 55 del
D.P.R. 547/55, si predispongono carter di protezione posti sopra le cinghie di
trasmissione.
Per
le lavorazioni che comportano l’uso delle cucitrici, sono stati predisposti
sistemi di illuminazione localizzata per l’esecuzione di lavori di precisione
nel 50%
delle ditte (rif. art.29 D.P.R. 547/55; art.10 del D.P.R. 303/56).
Capitolo 6
§6.“Riferimenti legislativi”.
La
prevenzione infortuni richiede l’osservanza della normativa specifica di cui al
D.P.R. n. 547/55; in particolare i titoli III e IV riguardano rispettivamente
le “Norme generali di protezione delle macchine” e le “Norme particolari di
protezione per determinate macchine”.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 29: Illuminazione
particolare
Le
zone di azione delle macchine operatrici e quelle dei lavori manuali, i campi
di lettura o di osservazione degli organi e degli strumenti di controllo, di
misure o d’indicatori in genere e ogni luogo od elemento che presenti un
particolare pericolo di infortunio o che necessiti di una speciale
sorveglianza, devono essere illuminati in modo diretto con mezzi particolari.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 41: Protezione e
sicurezza delle macchine
Gli elementi delle macchine, quando costituiscono un pericolo, devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivi di sicurezza.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 55: Organi ed elementi
per la trasmissione del moto
Gli alberi, le pulegge, le cinghie, le funi, le catene di trasmissione, i cilindri e i coni di frizione, gli ingranaggi e tutti gli organi di trasmissione devono essere protetti ogni qualvolta possono costituire un pericolo.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 59: Ingranaggi
Gli ingranaggi, le ruote e gli elementi dentati mobili devono essere racchiusi completamente entro involucri metallici, oppure, nel caso di ruote ad anima piena, protetti con schermi ricoprenti le sole dentature sino alla loro base.
Possono essere, tuttavia, tollerate protezioni limitate alla sola zona d’imbocco, quando, in relazione a particolari caratteristiche della macchina o dell’installazione, quali la ridottissima velocità degli ingranaggi o la loro ubicazione fuori portata delle persone, dette protezioni offrano sufficiente garanzia di sicurezza.
In ogni caso le protezioni di cui al precedente comma devono estendersi, lateralmente, sino alla base della dentatura e devono avere le estremità periferiche libere foggiate in modo da evitare il pericolo di tranciamento fra il riparo e la corona dentata.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 72: Blocco degli
apparecchi di protezione
Gli
apparecchi di protezione amovibili degli organi lavoratori, delle zone di
operazione e degli organi pericolosi delle macchine, quando sia tecnicamente
possibile e si tratti di eliminare un rischio grave e specifico, devono essere
provvisti di un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto
e di movimento della macchina tale che:
a) Impedisca di rimuovere o di aprire il riparo quando la macchina è
in moto, o provochi l’arresto della macchina all’atto della rimozione o
dell’apertura del riparo;
b) Non consenta l’avviamento della macchina se il riparo non è nella
posizione di chiusura.
Rif.: protezione mobile con microinterruttore (spaccapelli e macchine da cucire).
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art.77
I comandi di messa in moto delle macchine devono essere collocati in modo da evitare avviamenti o innesti accidentali o essere provvisti di dispositivi atti a conseguire lo stesso scopo.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art.78: comando a pedale delle
macchine
I
pedali di comando generale o particolare delle macchine, esclusi quelli di solo
arresto, devono essere protetti, al di sopra e ai lati da una custodia, oppure
essere muniti di altro dispositivo, che, pur consentendo un’agevole manovra,
eviti ogni possibilità di azionamento accidentale del pedale di comando.
La
norma, con riferimento ai comandi di avvio delle macchine (o di parti di esse)
mediante pedale, in relazione allo specifico pericolo di essere azionati
accidentalmente (è facile che l’operatore possa inavvertitamente pigiarlo),
impone l’adozione di adeguata protezione sia nella parte superiore che ai lati
del comando. Analogamente, il D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (direttiva
macchine), a proposito delle caratteristiche del comando di avviamento, impone
al costruttore che l’azionamento deve essere possibile solo con un’azione
volontaria dell’operatore.
Ø D.P.R. 27
Aprile 1955, n. 547, art. 155: Macchine per cucire con filo
Le macchine a motore per cucire con filo devono essere provviste, compatibilmente con le esigenze tecniche della lavorazione, di una protezione dell’ago per evitare lesioni alle dita del lavoratore.
Per le occhiellatrici e le borchiatrici, macchine assimilabili alle presse veloci, i mezzi di protezione installati devono risultare:
a) distanza minima tra punzone e mastice fino al punto di rendere impossibili l’introduzione delle dita delle mani tra essi;
b) schermi o telai metallici di protezione;
c) apparecchi scansamano;
d) collarino a comando pneumatico.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 132: Laminatoi,
rullatrici, calandre e cilindri in genere
Nelle macchine con cilindri lavoratori e alimentatori accoppiati e sovrapposti, o a cilindro contrapposto a superficie piana fissa o mobile, quali laminatori, rullatori, calandre, molini a cilindri, raffinatrici, macchine tipografiche e simili, la zona d’imbocco, qualora non sia inaccessibile, deve essere efficacemente protetta per tutta la sua estensione, con riparo per impedire la presa e il trascinamento delle mani o di altre parti del corpo del lavoratore.
Qualora
per esigenze della lavorazione non sia possibile proteggere la zona d’imbocco,
le macchine di cui al primo comma debbono essere provviste di un dispositivo
che, in caso di pericolo permetta, mediante agevole manovra, di conseguire il
rapido arresto dei cilindri.
Inoltre,
per quanto necessario ai fini della sicurezza e tecnicamente possibile, il
lavoratore deve essere fornito e fare uso di appropriati attrezzi che gli
consentano di eseguire le operazioni senza avvicinare le mani alla zona
pericolosa.
Le
disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui, in
relazione alla potenza, alla velocità, alle caratteristiche ed alle dimensioni
delle macchine, sia da escludersi il pericolo previsto dal primo comma.
La zona pericolosa da proteggere è quella d’imbocco, dove va impedito il danno alle mani dell’operatore da parte dei cilindri; si deve prevedere per tutta l’estensione dell’imbocco una protezione opportuna, idonea ad impedire il trascinamento delle mani dell’operatore.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 158: Macchine con
cilindro a lame elicoidali
Le macchine con cilindro a lame elicoidali, quali rasatrici, depilatrici, scarnitrici e distentitrici, devono essere provviste di cuffia di protezione al di sopra del cilindro portalame, la quale lasci scoperto il tratto strettamente necessario per la lavorazione. Quando la cuffia non sia fissa, deve essere munita del dispositivo di blocco previsto all’art.72.
Ø CEI EN
60204-1 17.2.4
Porta lampada in materiale isolante (rif.: ripiegatrice).
Ø CEI EN 60204
– 1 6.2.1
Microinterruttore di sicurezza ad azione positiva in apertura posizionato sul carter di protezione impianto elettrico
Ø D.P.R. 27 Aprile 1956, n. 303, art. 21: difesa contro le
polveri
Nei lavori che danno luogo normalmente alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti atti ad impedire o a ridurre, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell’ambiente di lavoro.
Le
misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e
della loro concentrazione nella atmosfera.
Ove
non sia possibile sostituire il materiale di lavoro polveroso, si devono
adottare procedimenti lavorativi in apparecchi chiusi ovvero muniti di sistemi
di aspirazione e di raccolta delle polveri, atti ad impedirne la dispersione
delle polveri.
Qualunque
sia il sistema adottato per la raccolta e l’eliminazione delle polveri, il
datore di lavoro è tenuto ad impedire che esse possano rientrare nell’ambiente
di lavoro.
Capitolo 1
§1.“Fase
di lavorazione: montaggio”.
Sono
state esaminate 17 reparti di montaggio sul totale delle 20 aziende interessate
dall'indagine.
In
tre situazioni tale fase di lavorazione non viene eseguita.
Nelle fasi montaggio osservate si svolgono, parzialmente o totalmente, le operazioni relative al ciclo lavorativo sottodescritto. Gli addetti alle operazioni di montaggio sono risultati 149, dei quali 120 di sesso femminile e 29 di sesso maschile.
Operazioni
di incollaggio vengono svolte in tutte le 17 situazioni considerate.
E' di frequente osservazione la presenza di lavoratori che non hanno
una mansione fissa ma che sostituiscono o sopperiscono le esigenze produttive
del momento (“jolly”). Questi operatori possono svolgere periodicamente
mansioni che implicano impiego di adesivi con esposizione diretta ai solventi
in essi contenuti.
Infine, le operazioni di masticiatura nell'area di montaggio dipendono dal tipo di scarpa prodotto (esempio: maggiore impiego di collante nella produzione della scarpa invernale rispetto all'estiva). Ne deriva che alcuni operatori alternano, in base alle esigenze produttive, mansioni diverse con o senza esposizione a collanti.
Alcune aziende si avvalgono, in questa fase, della collaborazione di lavoranti a domicilio; nell’indagine svolta risultano presenti 11 lavoratori a domicilio, esclusivamente di sesso maschile.
Il montaggio consiste
nell’applicazione della tomaia sulla forma su cui è stato preventivamente
fissato il sottopiede o soletta. La forma, attualmente realizzata in resine
sintetiche (non più in legno), riproduce il piede umano e serve da supporto per
la realizzazione della calzatura.
Le operazioni
si svolgono sulla manovia, costituita da carrelli che scorrono lungo due guide
e formano un anello.
Il
ciclo della lavorazione si conclude dopo che ogni carrello ha completato il
giro. L’avanzamento dei carrelli è ancora manuale nei piccoli calzaturifici,
automatico nei medi e nei grandi.
Il
ciclo tipico di montaggio comprende le seguenti operazioni:
1. applicazione sottopiede o
soletta alla forma: avviene mediante inchiodatura con tre oppure
cinque chiodi che verranno tolti in una fase successiva. A volte si esegue la
rifilatura del sottopiede quando non è stata eseguita nella fase di taglio;
2. applicazione del puntale tra
tomaia e fodera, per rendere più resistente la parte anteriore della
calzatura. Il puntale è costituito da tessuto impregnato da resina cellulosica
oppure costituito da resina termoindurente;
3. inserimento dello sperone (o
contrafforte o tallonetta): lo sperone, costituito da
cuoio o da un succedaneo del cuoio, viene applicato manualmente tra fodera e
tomaia (parte posteriore), incollato mediante mastici o vinavil; in altri casi,
utilizzando collante al termoplastico, è sufficiente una riattivazione a caldo.
Una volta preparata, la
tomaia viene montata sulla forma.
Tipicamente viene montato prima il “davanti”, punta e fianchi
della scarpa, quindi la parte posteriore utilizzando soprattutto la macchina
definita premonta/monta. Tali operazioni nel passato erano completamente
manuali (in qualche caso lo sono anche attualmente) e venivano svolte con pinze
e martello.
Capitolo
2
§2.“Attrezzature, Macchine e Impianti”.
§2.1 Le
macchine.
Di seguito si riporta
l’elenco delle macchine utilizzate nella fase di montaggio:
· applicapuntale: pressetta che effettua
l’applicazione del puntale tra fodera e tomaia;
· premonta/ monta: svolge operazioni che un
tempo impegnavano due macchine, ed esattamente la premonta che piantava tre
chiodi attaccando la parte anteriore della tomaia al sottopiede e la montapunte
che chiudeva completamente la punta della tomaia attorno alla forma e al
sottopiede;
· garbasperoni: ha lo scopo di fissare lo
sperone fra la fodera e la tomaia;
· tirafodere: ha lo scopo di tirare i
lembi che sopravanzano dalla tomaia in modo da rendere la fodera aderente e
tesa tra tomaia e forma; questa operazione è realizzata molto spesso in
concomitanza con il premontaggio da una sola macchina;
· montafianchi: utilizzata per il montaggio dei fianchi della tomaia
sul sottopiede mediante iniezione di termoplastico e/o mediante chiodatura.
L’operatore tiene la scarpa con due mani e inserisce i bordi della tomaia su
una pinza. Il comando di chiusura della pinza e il consenso per la spalmatura
del termoplastico o la chiodatura avviene premendo un pedale;
· montabuetta o calzera o calzerino: monta la
buetta (parte della tomaia corrispondente al tallone);
· ribattitrice: macchina a rulli che ribatte
eventuali pieghe della tomaia nella zona del calcagno e spiana la superficie
inferiore della scarpa;
· boettatrice o battibuetta: effettua
battitura in corrispondenza del calcagno per produrre l’incavo nel quale andrà
applicato il tacco delle scarpe da donna in corrispondenza del calcagno.
Il
montaggio è la fase produttiva che maggiormente ha beneficiato dei vantaggi
offerti dalle nuove tecnologie introdotte nel settore. Ricordiamo di seguito le
moderne premonte/monta, montafianchi e montaboette .
Tutte le premontatrici sono progettate per montare in modo completo la punta della tomaia sul sottopiede applicato alla forma.
E’ possibile evidenziare tre tipologie di macchine coerenti con tipologie produttive di differente complessità.
Primo livello:
ad esso appartiene la premonta-monta nella versione prevalentemente meccanica.
Secondo livello:
ad esso appartengono le macchine rivolte a prodotti confezionati con pellami e prodotti in similpelle. Si utilizza su queste macchine un collante termoplastico, con iniettori in grado di soddisfare una grande varietà di modelli; anche le forme hanno una configurazione che si modifica in funzione dello stile della punta (sfilata, rotonda o quadra) e dell’altezza del tacco.
Il blocco iniettori di questa macchina si presenta a ferro di cavallo, con elementi mobili imperniati sia in punta che sulle parti laterali ; tale mobilità consente un “tracciato modificabile”, in funzione dei profili di filoforma che si presentano in lavorazione.
La punta del blocco iniettori può ruotare attorno ad un perno; è estraibile ed intercambiabile a seconda del diverso disegno che ha la punta della tomaia.
I due segmenti laterali dell’iniettore si predispongono automaticamente a seconda della forma in lavorazione e sono dotati di steli di distribuzione della colla .
In sintesi, a questo livello appartengono macchine semiautomatiche molto flessibili e regolabili.
Fig.1 Premonta monta con sistema di
trasmissione elettrico.
Terzo livello:
sono
comprese le tecnologie rivolte a rispondere al mercato del cosiddetto “Pronto
Moda” e alle esigenze delle calzature di alta qualità.
L’operatore , in presenza di un modello caratterizzato da un certo stile, realizzato con definiti materiali, su una determinata forma, regola e predispone la macchina. Le operazioni di regolazione vengono archiviate in memoria da un microprocessore, preprogrammate per ogni cambiamento di modello e/o di taglia, adeguando il profilo delle pinze e dell’iniettore . Queste registrazioni , eseguite durante le prove di modello, verranno riprodotte esattamente al momento della produzione.
Le
macchine sono dotate di iniettori di collanti in grado di seguire la linea di
filoforma della calzatura in lavorazione , applicando una quantità controllata
di adesivo esattamente nella posizione richiesta.
Le macchine montafianchi e montaboette.
1) Macchine
montafianchi e montaboette stand alone.
2) Macchina
combinata: montafianchi e boetta.
Macchine montafianchi e montaboette stand
alone.
La
montafianchi è una macchina predisposta per il montaggio manuale dei fianchi
della calzatura. Le versioni disponibili sul mercato sono raggruppabili nelle
seguenti categorie:
-
montafianchi Kamboria con collante del tipo al
neoprene o al termoplastico (a filo o in blocchi cilindrici o in granuli).
Nella
versione al neoprene, la macchina è attrezzata con un’apparecchiatura che
dirige un getto d’acqua calda sul punto d’esecuzione del montaggio per
riattivare il collante precedentemente applicato.
Nella versione al termoplastico, la macchina è dotata di dispositivi che permettano l’erogazione automatica dell’adesivo che fuoriesce in una piccola quantità.
-
montafianchi a chiodi;
- montafianchi a chiodi e al termoplastico.
La montaboette è una macchina che effettua la stiratura, garbatura e spigolatura della boetta che accoglierà il tacco; sono presenti sul mercato differenti versioni di questa macchina: con funzionamento solo con colla, solo con chiodi e con colla e chiodi.
Macchina combinata: montafianchi e boetta.
Queste
macchine, come le premonta-monta, utilizzano distributori di collante che si
uniformano alla linea del sottopiede lungo i fianchi e la boetta. Ci sono anche
configurazioni che adottano il montaggio a chiodi o il montaggio misto, chiodi
e colla.
L’operatore si limita alla
scelta del modello e all’indicazione della misura della calzatura. La macchina
si predispone secondo le istruzioni ed esegue il montaggio programmato.
Figura 2: Montafianchi e montaboetta combinata.
Capitolo
3
§3.“Il fattore di rischio”.
§3.1 rischi connessi alle macchine.
Le
moderne premonte, montafianchi e montaboette agevolano notevolmente
l’operatore, riducendo il suo intervento alla sola operazione d’inserimento
della calzatura sul supporto specifico. Realizzata questa manovra, l’operatore
si limita ad avviare la macchina con il pedale o con il doppio comando,
sottraendo le mani da ogni pericolo di schiacciamento.
Risultati delle osservazioni:
Il 25% dei documenti di valutazione dei rischi, raccolti nelle venti ditte, evidenzia che:
· gli elementi
mobili delle macchine che intervengono nel lavoro non sono completamente
segregati per progettazione, costruzione e/o ubicazione.
Gli
interventi suggeriti riguardano l’isolamento, con opportuni ripari, di tutti
gli organi mobili non protetti. In particolare, sono indicate protezioni fisse
da situare a sufficiente distanza dalla zona di pericolo o dispositivi di
protezione che garantiscono l’inaccessibilità agli elementi mobili. Ove non
risulti possibile, s’interviene con segnaletica indicante il pericolo; inoltre,
per il personale addetto si realizzano momenti di informazione e formazione
all’uso della macchina.
Il
10% dei documenti di valutazione dei rischi indica che:
· le protezioni
fisse, in caso di apertura restano correttamente unite alla macchina;
· gli organi di
azionamento e di arresto dei motori non sono collocati al di fuori delle zone
di pericolo; la loro manovra comporta rischi supplementari o posizioni
ergonomicamente scorrette;
· non esistono
manuali di istruzione in cui si specifichi come realizzare in modo sicuro le
distinte operazioni sulla macchina: messa a punto, funzionamento, manutenzione
e pulizia;
· non esistono
protezioni mobili in grado di eliminare il rischio di proiezione di materiali.
Il 20% dei documenti di valutazione dei rischi indica che:
· la rimozione
delle protezioni mobili non è sempre associata a meccanismi che determinano
l’arresto e impediscano la messa in moto della macchina. Negli interventi di
bonifica, contenuti nei documenti di valutazione, è indicata la necessità di
installare, per le protezioni mobili , microinterruttori di sicurezza, in grado
di interrompere il funzionamento della macchina o di bloccare la messa in
marcia, in caso di apertura delle protezioni stesse;
·
i comandi di azionamento e di arresto di
motori e macchine non sono sempre chiaramente visibili, mancando iscrizioni o
pittogrammi chiari per la loro identificazione da parte degli operatori.
Il 25% dei documenti di valutazione dei rischi indica che:
· non esistono
avvisi chiaramente visibili che facciano esplicito divieto di pulire, oliare,
ingrassare, riparare o registrare a mano gli organi e gli elementi delle
macchine durante il moto.
Il 5% dei documenti di valutazione dei rischi indica che:
· non è
formalizzato un programma per gli interventi di manutenzione preventiva e
periodica di tutti i macchinari;
· non sono
contrassegnati i macchinari in stato di fuori servizio, con segregazione degli
stessi se in stato di disuso;
· esiste il
rischio di contatto accidentale con parti di macchine o attrezzature;
· gli alberi
delle macchine che sporgono dai supporti per più di ¼ del loro diametro non
sono adeguatamente protetti mediante custodia ;
· non esistono
protezioni mobili delle macchine;
· non esistono
protezioni regolabili che limitano l’accesso alle zone di operazione in lavori
che esigono l’intervento dell’operatore nelle loro vicinanze;
· l’interruzione
ed il successivo ritorno dell’energia elettrica comportano il riavviamento
automatico della macchina.
§3.2
Rischio da collanti: operazioni di incollaggio”montaggio”.
Nel montaggio vengono svolte varie operazioni che comportano l'utilizzazione di adesivi o altri prodotti con potenziale rischio da esposizione a solventi o ad altre sostanze nocive.
Si richiamano sinteticamente tali lavorazioni, già descritte nel Capitolo 1.
1.
applicazione
del puntale alla tomaia: con incollaggio tradizionale o mediante
macchina con adesivo al termoplastico; operazione effettuata nel 76% delle
ditte indagate;
2.
applicazione
dello sperone: lo sperone viene applicato manualmente tra fodera e
tomaia (parte posteriore) ed incollato mediante adesivi. In alcuni casi si
utilizza collante al termoplastico con una riattivazione a caldo; operazione
eseguita nel 65% delle ditte indagate;
3. spalmatura di adesivo sul bordo della tomaia: operazione eseguita nel 29% delle ditte indagate.
Inoltre , sono molte le operazioni di incollaggio che si eseguono con l'ausilio di macchine dotate di sistema di alimentazione dell'adesivo, normalmente del tipo termoplastico: premonta-monta, montafianchi e montaboette, da sole o combinate.
Nell'indagine
è stato osservato che il tipo e la quantità di collanti utilizzati
nella fase di montaggio subiscono significative variazioni, in relazione sia
alla tipologia della scarpa (con variazioni rilevanti nel corso dell’anno) sia
alle differenti tecnologie produttive adottate.
Si rinvia al capitolo sui rischi trasversali per le informazioni generali sugli adesivi impiegati nel settore. Si presentano di seguito i dati relativi alle osservazioni effettuate nella fase di lavorazione di montaggio.
Risultati dell'indagine in riferimento alla
composizione dei prodotti:
I
prodotti sono stati classificati sulla base dei seguenti criteri:
A.
natura della fase solida:
Ø adesivi a base
gomma naturale;
Ø adesivi a base
di neoprene;
Ø adesivi a base
di poliuretani;
Ø adesivi a base
di altre resine.
B. natura della fase
liquida:
Ø solventi
organici;
Ø soluzioni
acquose.
Sono stati conteggiati a
parte gli adesivi termoplastici.
Sono stati infine
considerati i prodotti con funzioni di diluenti degli adesivi.
Nel
corso dell'indagine sono state esaminate le schede tecniche relative a 32
prodotti impiegati nella fase di montaggio (29 adesivi e 3 solventi /diluenti
per collanti). Sulla base delle classificazioni sopra descritte, si è ottenuta
la seguente distribuzione:
- totale adesivi in soluzione di solventi organici: n.10 di cui
n.
4 a base di gomma naturale;
n.
5 a base neoprene;
n.
1 a base di poliuretani.
Sotto
l'aspetto della composizione, questi adesivi hanno le seguenti caratteristiche:
· n.9 contengono N-esano
con percentuali variabili da 2,5-4,5%;
·
n.1 (a base poliuretanica) non contine N-esano;
· n.9 contengono isoesano con percentuali comprese da 10% a 80%;
· n. 7 contengono cicloesano ( percentuali fino al 50%);
· n. 6 contengono etile acetato (percentuali variabili dal 2.5 all’80%);
· n. 5 contengono acetone (percentuali variabili dal 2,5% al 15%);
· n. 2 contengono
toluene (percentuale massima 2,5%, prodotti pertanto conformi ai requisiti
della legge n. 245/63 sulla limitazione dell'impiego del benzolo ed omologhi
nelle attività lavorative).
In
6 prodotti viene dichiarata la presenza di dicloropropano.
L'adesivo
a base poliuretano contiene acetone, in percentuale maggiore, cicloesano ed
etilacetato.
La
fase liquida composta da solventi organici varia da un minimo dell’80% ad un
massimo del 91%.
Questi prodotti sono utilizzati in tutte le 17 fasi di montaggio (fase presente nell'85% delle aziende coinvolte nell'indagine).
-
totale solventi /diluenti/primer costituiti da solventi organici: 3
Sotto
l'aspetto della composizione, questi prodotti, costituiti unicamente dalla fase
liquida, hanno le seguenti caratteristiche:
· n.3 contengono N-esano
con percentuali variabili da 2,5-4,5%;
· n.6 contengono isoesano con percentuali comprese da 2,5% al 15%;
· n. 2 contengono etile acetato (percentuali variabili dal 15 al 75%)
· n. 2 contengono acetone (percentuali variabili dal 5% al 15%);
· n. 1 contiene acetone (percentuale del 90%);
· n. 2 contengono
toluene (percentuale dal 2,5% al 5%);
· n. 1 contiene
toluene (percentuale del 10%).
- totale adesivi in dispersione acquosa: n. 4
Adesivi a base di acetato di vinile
omopolimero o a base di prodotti amidacei con resine sintetiche e cariche
minerali.
Due sole aziende (pari al 11,8%) impiegano
tali prodotti nelle operazioni di applicazione sperone e puntale.
-
totale adesivi termoplastici, solidi: n 15
Poliammidi
di acidi grassi naturali o poliesteri utilizzati nelle operazioni di montaggio:
premonta-monta, applicazione puntale, sperone e contrafforti.
Risultati dell'indagine in riferimento
all'impiego di adesivi meno nocivi:
Per quanto concerne la sostituzione di sostanze contenenti solventi
organici con adesivi a minor rischio o privi di rischio, emergono le seguenti
conclusioni:
-
significativo
impiego di adesivi termoplastici applicati con macchine;
-
mediocre impiego di adesivi dispersi in acqua (2
sole situazioni);
-
nessun impiego di nastri biadesivi;
-
nessun prodotto contiene solventi organici in
quantità minore rispetto all’80%;
-
nessun impiego di prodotti che riportano
sull'etichetta il simbolo "Prodotto Nocivo", ovvero tutti i
prodotti osservati contengono miscele di isomeri dell'esano con un massimo del
5% di n-esano (D.M. 16/2/1993 - classificazione e disciplina dell'etichettatura
delle sostanze pericolose);
-
generalizzato impiego di prodotti che contengono
percentuali sempre più alte di isoesano in sostituzione dell'esano tecnico
(contenente n-esano);
-
buon impiego di prodotti che contengono percentuali
maggiori di chetoni, esteri, cicloesano ed eptano;
-
impiego limitato di prodotti che contengono toluene;
I diluenti per collante analizzati contengono un'elevata percentuale di
acetone; in un prodotto è stata riscontrata la presenza di toluene in una
percentuale del 10%.
Considerando
le tre operazioni d'incollaggio più comuni della fase e la tipologia
dell'adesivo impiegato, si ottiene la seguente distribuzione:
1.
applicazione sperone:
-
impiego di adesivi termofusibili in nove ditte;
-
impiego di adesivi a base acqua in due ditte;
-
impiego di adesivi
a base solvente in sette ditte.
2.
applicazione puntale:
- impiego di adesivi termofusibili in sei
ditte:
-
impiego di adesivi a base acqua in una ditte;
-
impiego di adesivi a base solvente in due ditte;
3.
spalmatura collante bordo tomaia:
- impiego di adesivi a base solvente in
otto ditte;
- impiego di adesivi a base acqua in una
ditta.
Risultati dell'indagine in riferimento alle
misure di contenimento del rischio:
Per
un giudizio su questi aspetti si è provveduto a valutare i seguenti punti:
1) presenza/assenza di cappe
di aspirazione;
2) idoneità delle cappe aspiranti presenti;
3) idoneità dei contenitori per collanti.
§ Presenza di cappe di aspirazione.
Le operazioni d’incollaggio sono svolte in tutte le ditte che presentano la fase di montaggio.
Considerando
il totale delle postazioni d'impiego di adesivi con fase liquida costituita da
solventi organici nonché le tre principali attività che ne comportano l'uso,
emerge la seguente situazione:
le cappe di aspirazione risultano presenti:
- nel 91% delle posizioni dove si effettua l’applicazione del puntale;
- nel 40% delle posizioni dove si effettua la spalmatura del collante sul bordo della tomaia;
- nell’88% delle posizioni dove si effettua l'applicazione dello sperone.
Si richiama il dato che nell'impiego di termoplastici non si rende necessaria la cappa d'aspirazione.
Idoneità di aspirazione delle cappe presenti.
Le
cappe installate sui banchi d'incollaggio risultano idonee nel 65% dei casi.
L'inidoneità è dovuta, per la maggioranza delle cappe, all'aspirazione
dall'alto ed all'assenza di piano grigliato.
Relativamente
alla manutenzione e pulizia delle stesse, si constata una carenza grave di
attenzione:
- il 50% delle cappe
presenta caratteristiche giudicabili mediocri per la scarsa pulizia del
piano grigliato, per trascurata manutenzione e per inefficienza di aspirazione
(coperture della griglia aspirante);
- il restante 50% presenta caratteristiche giudicabili pessime del piano grigliato che non viene
mai ripulito dei residui di colla.
Tunnel.
E'
risultato assente in due situazioni (11,8%). Laddove presenti, i tunnel di
manovia risultano in generale ben dimensionati e di lunghezza opportuna, anche
se non interamente sfruttata; i sistemi di captazione di solventi, realizzati
dal basso, sono presenti nel 60% delle ditte indagate; i tunnel sono comunque
complessivamente inidonei (73% delle osservazioni). L'inidoneità è determinata:
-
dall'insufficiente aspirazione;
-
dall'aspirazione dall'alto anziché dal basso;
-
dall’ubicazione della bocca d'aspirazione,
eccessivamente bassa rispetto al piano di appoggio dei pezzi;
-
dal mantenimento dei pannelli di chiusura scorrevoli
, in posizione costantemente aperta.
Impiego di contenitori idonei
Nel 20% delle ditte si è riscontrata la presenza completa di idonei recipienti per prodotti (dispenser a superficie evaporante ridotta). Mediamente, considerando il totale delle osservazioni risulta idoneo circa il 35% dei contenitori.
E' frequente l'osservazione di adesivi collocati in vasetti in vetro da confettura.
In nessun caso le addette alle operazioni di incollaggio indossano, onde evitare il contatto cutaneo con i prodotti, i mezzi protettivi individuali (guanti) messi a loro disposizione.
Capitolo
4
§4.“Il danno atteso”.
Nell’impossibilità di calcolare
correttamente l’indice d’incidenza annuale (I..I), è stata ricavata una stima
dello stesso utilizzando la seguente formula:
I.I. = (numero di infortuni / numero di persone
esposte a rischio *anno) x 100
= (26 / 149*7) x 100 = 2.49%
I.I. intero
comparto = 2.71%
dove il numeratore rappresenta il numero assoluto degli infortuni nel
periodo 1992–1998, sulla base delle informazioni raccolte nei registri degli
infortuni delle venti aziende indagate, ed il denominatore il numero di
lavoratori esposti a tale rischio, 149 lavoratori addetti ad operazioni di
montaggio, con l’approssimazione che il numero di lavoratori negli anni di
riferimento ‘92-‘98 sia costante e pari a quello osservato nel corso del 1998.
L’indice di incidenza riferito a tutto il periodo di osservazione, pari
a 7 anni, risulta uguale al 17.5% (I.I.
intero comparto = 19%).
Per il periodo indagato, si ricava un indice di incidenza per impiego di attrezzi ed utensili pari a 5,4%, mentre per l’impiego di macchine risulta pari a 12,1%.
La tabella (Tab. 4.1) seguente riassume i dati ricavati dalla indagine , in base ai seguenti criteri:
1.
agente materiale (strumento o macchina responsabile
dell’evento infortunistico);
2.
numero di addetti infortunati;
3.
calcolo della media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea assoluta.
Tabella 4.1: Incidenza infortuni in fase di
montaggio.
Agente materiale (macchine; attrezzi / utensili) |
N° addetti infortunati |
Media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea |
Inchiodatrice |
1 |
gg.
7 di assenza |
Applicasperone |
1 |
gg.
11 di assenza |
Applicapuntale |
0 |
/ |
Garbasperone |
0 |
/ |
Premonta/monta |
7 |
gg.
11,8 di assenza |
Montafianchi |
1 |
gg.
2 di assenza |
Levachiodi |
3 |
gg.
15 di assenza |
Boettatrice |
1 |
gg.
3 di assenza |
Ribattitrice |
0 |
/ |
Smeriglia |
4 |
gg.
2,75 di assenza |
Attrezzi
e utensili (pinze, martelli, ago, ecc.) |
8 |
gg.
5,8 di assenza |
TOTALE |
26 |
GG. 8 DI ASSENZA |
Non
sono emerse malattie professionali causate da rischi connessi alle operazioni
di montaggio.
Capitolo
5
§5.“Gli interventi”.
§5.1
Interventi sulle macchine
Gli
interventi sostenuti o programmati più frequentemente indicati nei documenti di
valutazione, riprendono i contenuti delle norme del D.P.R. 459/96 (Direttiva
Macchine) e del Decreto Legislativo 626/94.
Risultati delle osservazioni:
L’indagine
svolta ha portato alle seguenti constatazioni:
· laddove
utilizzata (64,7% delle ditte indagate), la macchina inchiodatrice, per
l’applicazione del sottopiede, è costantemente dotata di apposito copripedale
per impedirne l’azionamento involontario. Nel 27% di tali ditte, a tale
dispositivo di sicurezza, sono affiancati dispositivi a doppio comando, per
mantenere l’operatore a distanza;
· i dispositivi
di sicurezza per la macchina applicasperone (macchine presenti nel 47%
delle aziende indagate), sono rappresentati da sistemi a doppio comando, nonché
da copripedale per impedirne l’azionamento involontario;
· l’operazione di
applicazione del puntale viene eseguita manualmente nel 18% delle ditte, mentre
è eseguita con macchina applicapuntale nel 82% dei casi. In queste
situazioni le applicapuntale sono dotate dei dispositivi previsti dalla
Direttiva Macchine nel 78% dei casi;
· tutte le garbasperoni,
presenti nel 41% delle ditte visitate, sono dotate di copripedale di protezione
dei comandi e di dispositivi a doppio comando;
· la premonta-monta,
macchina di fondamentale importanza per il montaggio della calzatura, risulta
presente nell’85% delle ditte (l’assenza è giustificata solo nei casi di
realizzazione presso ditte esterne dell’operazione - nel 10% dei casi - o in
lavorazioni di calzature molto particolari - 5% dei casi); queste macchine
dispongono di idonea protezione del pedale di avvio al comando nel 76,5%, di
dispositivo a doppio comando nel 53% dei casi e dispositivo di emergenza nel
100% dei casi;
· la montafianchi
(presente nel 64,7% delle ditte) presenta dispositivo a doppio
comando nel 61,5% dei casi; il copripedale è sempre adottato; ulteriori
dispositivi di emergenza o di arresto sono stati osservati nel 54% dei casi;
· è presente nel
35% dei calzaturifici la ribattitrice, dotata di dispositivo di
sicurezza conforme alla Direttiva Macchine nel 67% dei casi. I dispositivi di
aspirazione delle polveri sono presenti nel 55,5% dei casi;
· nel 64,7% delle
aziende indagate è utilizzata la smeriglia in questa fase di lavorazione:
essa è dotata di sistemi a sacco per la raccolta delle polveri generate (vedi
rischi polveri). Si registra frequentemente per queste macchine l'inosservanza
dell’art. 94 del D.P.R. 547/55 in quanto risultano totalmente prive o
parzialmente dotate di protezione della parte abrasiva rotante; diffusi anche
sistemi precari ed inadeguati di protezione, quali l'apposizione di “cartoni”
lacerati dal moto di rotazione e debolmente fermati.
§5.2
Interventi adottati sulle operazioni di incollaggio.
Per
il contenimento del rischio nell’impiego di prodotti d’incollaggio e di
pulizia, contenenti solventi organici, sono stati attuati interventi
sulla base delle norme contenute nel D.P.R. 303/56 e nella Circolare del
29/03/1976 del Ministero del Lavoro.
Risultati delle osservazioni:
Relativamente ai rischi connessi all’utilizzo di colle in fase di montaggio, l’indagine svolta ha evidenziato l’adozione, da parte delle ditte, dei seguenti interventi:
· realizzazione
di cappe di aspirazione a presidio delle operazioni di incollaggio nel:
-
nel 40% delle ditte che effettuano la spalmatura del
collante sul bordo della tomaia;
- nel 7,7% delle ditte che effettuano operazioni di applicazione sperone con prodotti a base solvente;
· utilizzo di contenitori idonei per le colle nel 20% delle ditte indagate;
· introduzione di prodotti collanti meno nocivi o non nocivi in sostituzione di prodotti nocivi (vedi capitolo 3).
Capitolo
6
§6.“Riferimenti legislativi”.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art.
94: Pulitrici e levigatrici
Le macchine pulitrici o levigatrici a nastro, a tamburo, a rulli a disco, operanti con smeriglio o altre polveri abrasive, devono avere la parte abrasiva non utilizzata nell’operazione, protetta contro il contatto accidentale.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, artt. 115, 117: Dispositivi
per le presse in genere
Ø
EN931 Agosto 1997: Footwear manufactoring machines –
lasting machines – Safety requirements
·
EN292-1: 1991 Safety of machinery – Basic
concepts; general principles for design – Part 1: Basic terminology,
methodology.
·
EN292-2: 1991 Safety of machinery – Basic
concepts; general principles for design – Part 2: Technical principles and
specifications.
·
EN294: 1992 Safety of machinery – Emergency stop
equipment; functional aspects – Priciples for design.
·
prEN547 – 1: 1991 Safety of machinery – Human body
dimensions – Part 1: Principles for determining the dimensions required for
openings for whole body access into machinery.
·
prEN547 – 2: 1991 Safety of machinery – Human body
dimensions – Part 2: Principles for determining the dimensions required for
access openings.
·
EN563: 1994 Safety of machinery – Temperature of
touchable surfaces – Ergonomic data to establish temperature limit values for
hot surfaces.
·
PrEN894 – 1:
1992 Safety of machinery – Ergonomic requirements
and data for the design of displays and control actuators – Part 1: Human
interaction with display and control actuators.
·
PrEN953:1992 Safety of machinery – General
requirements for the design and the construction of guards (fixwd, movable).
·
EN954-1: 1996 Safety of machinery – Safety related
parts of control systems – part 1: General principles for design.
·
EN982: 1996 Safety of machinery – Safety
requirements for fuid power systems and components – Hydraulics.
·
EN983: 1996 Safety of machinery – Safety
requirements for fuid power systems and components – Pneumatics.
·
prEN1005 – 1:
1993 Safety of machinery – Human physical
performance – Part 1:Terms and definitions.
·
prEN1005 – 2:
1993 Safety of machinery – Human physical performance
– Part 2: Manual handling of heavy weights associated with machinery.
·
prEN1005 – 1:
1993 Safety of machinery – Human physical
performance – Part 3: Recommended force limits for machinery operativo.
·
EN1037: 1995 Safety of machinery – Isolation and
energy dissipation – Prevention of unexpected start-up.
·
ENV 1070:1993 Safety of machinery – Terminology.
·
EN 23740 series 1)
Acoustics – Determination
of sound power levels of noise sources- Guidelines for the use of basic
standards.
·
EN 4871 1) Acoustics – Declaration and verification of noise
emission values of machinery and equipment (ISO 4871:1996).
·
EN ISO 9614 1) Acoustics – Determination of sound power
level of noise sources using sound intensity.
·
EN ISO 11200 series
1) Acoustics –
Noise emitted by machinery and equipments – Guidelines for the use of basic
standards for the determination of emission sound pressure levels at the work
station and at other specified positions (ISO 11200:1995).
·
EN ISO 11689 1) Acoustics – Systematic colection and comparison of noise
emission data for machinery and equipment (ISO 11689:1996).
·
EN 60204 – 1: 1992 Safety of machinery –
Electrical equipment of machines – part 1: General requirements.
·
EN 60947- 5-1: 1992 Low voltage switchgear
and controlgear – Part 5: Control circuit devices and switching elements;
Electro-mechanical control circuit devices.
Circolare 29/03/1976 n. 256
(Prevenzione delle polinevriti da collanti – vigilanza speciale) del Ministero
del Lavoro:
I posti di lavoro ove si impiegano adesivi e vernici sciolte in solventi organici devono essere dotate di idonei impianti di aspirazione meccanica localizzata.
In
particolare:
-
la manovia deve essere schermata a tunnel con
pannelli di materiale trasparente possibilmente scorrevoli e dotata all’interno
di bocche di aspirazione dal basso e collegate con un sistema centrale
disperdente all’esterno della fabbrica i vapori (nel rispetto della legge n.
615). La lunghezza del tunnel deve essere tale da garantire l’asciugamento del
collante prima dell’uscita dei pezzi dalla manovia.
La
superficie del piano di lavoro non deve essere coperta da tavole od oggetti
analoghi che rendano inefficiente l’aspirazione.
-
analogamente
i banchi di lavoro ove vengano impiegati solventi organici devono essere dotati
di aspirazione localizzata come i banchi di incollaggio.
-
Manutenzione
dei banchi aspiranti: il piano di lavoro deve essere via via ripulito dalle
incrostazioni che si depositano, onde non rendere inefficace l’aspirazione.
-
Contenitori
di mastice o altri prodotti nocivi: è necessario l’uso di contenitori che
limitino al massimo la superficie di evaporazione, come i dispersori a “collo
d’oca”. In presenza di adesivi a due componenti, per i quali è impossibile
l’uso di dispersori, si consigliano contenitori provvisti di coperchio, a
superficie evaporante minima. I contenitori devono recare i contrassegni e le
indicazioni previste dall’art. 18 del D.P.R. 303/1956.
-
I
contenitori di colle e solventi non in corso d’impiego devono essere mantenuti
chiusi.
-
Le
materie prime in corso di lavorazione che sono nocive non devono essere
accumulate nei locali di lavoro in quantità superiore a quella necessaria per
la lavorazione.
-
Deve
essere evitato ogni contatto cutaneo con i materiali in questione, fornendo ai
lavoratori idonei mezzi protettivi personali.
-
Ventilazione
dei locali di lavoro: deve essere mantenuta una idonea ventilazione mediante
aria di rinnovo prelevata da zona esente da inquinamento, senza riciclo.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 355: Indicazioni per i
recipienti (modificato dall’art.6 D.l.gs 14/8/96 n.493 sulla segnaletica di
sicurezza)
I recipienti nei quali sono conservati prodotti o materie pericolose o nocive devono, allo scopo di rendere nota la natura e la pericolosità del loro contenuto, portare le indicazioni ed i contrassegni prescritti per ciascuno di essi dalla normativa che li disciplina.
Le
indicazioni e i contrassegni devono rispondere ai requisiti prescritti dal D.Lgs. 14
agosto 1996, n. 493 che, in attuazione della direttiva n. 92/58/CEE,
ha stabilito le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di
salute sul luogo di lavoro. La tipologia dei contrassegni è quella prescritta
per l’etichettatura di sostanze o preparati pericolosi, così come classificati
dalla L.
29 maggio 1974, n. 256.
Ø D.P.R. 19 Marzo 1956, n. 303, art. 20: Difesa dell’aria dagli
inquinamenti con prodotti nocivi, modificato dall’art.36, c.7 del D.lgs 626/94
e dall’art. 17 del D.Lgs 242/96.
Nei lavori in cui si svolgono gas o vapori irrespirabili o tossici od infiammabili, ed in quelli nei quali si sviluppano normalmente odori o fumi di qualunque specie, il datore di lavoro deve adottare provvedimenti atti ad impedire o a ridurre, per quanto possibile, lo sviluppo e la diffusione.
L’aspirazione
dei gas, vapori, odori deve farsi, per quanto è possibile, immediatamente
vicino al luogo dove si producono.
Un’attrezzatura
di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazioni di gas, vapori o liquidi
ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munito di appropriati dispositivi
di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali
pericoli.
Capitolo
1
§1.“Fase di lavorazione:
fondo”.
Sono
stati esaminati 16 reparti di fondo sul totale delle venti aziende interessate
dall’indagine, in quanto nelle altre situazioni tale fase di lavorazione non
viene eseguita. Nelle fasi di fondo osservate si svolgono, parzialmente o
totalmente, le operazioni relative al ciclo lavorativo di seguito descritto.
Gli
addetti alle operazioni di montaggio risultano 151, dei quali 26 di sesso
femminile e 125 di sesso maschile.
Operazioni di incollaggio vengono svolte in
tutte le ditte considerate.
Nel gergo calzaturiero con la parola “fondo” si indicano vari manufatti impiegati per la fabbricazione della calzatura: cappellotto o puntale, contrafforte, sottopiede, eventuale riempimento, suola, arco plantare o campione, guardolo, giretto e tacco. Spesso il termine viene utilizzato anche in senso restrittivo, con il significato di suola.
Per reparto “fondo” s’intende l’area di lavoro dove si esegue l’assemblaggio della tomaia con la suola.
Una suola può essere unita alla tomaia:
- attraverso l’utilizzo di colle di varia natura;
- attraverso operazioni di cucitura;
- costruendo direttamente la stessa su scarpa montata;
- iniettando materiali sintetici appropriati entro opportuni stampi;
- vulcanizzando gomma in contenitori sagomati di alluminio riscaldati.
Sistema incollato o cementato: si realizza rivoltando parte del bordo della tomaia sul bordo inferiore del sottopiede ed ancorando tomaia, sottopiede e suola con colle diverse. E’ di gran lunga il sistema più impiegato e può disporre di macchine appositamente realizzate per compiere automaticamente alcune operazioni.
Sistema “ Good-year” guardolo cucito: sul sottopiede in cuoio si effettua un’incisione per ricavare un labbro successivamente aperto, sollevato e debitamente rinforzato. Quando il sottopiede è realizzato con materiale diverso dal cuoio, il labbro-nervatura su cui eseguire la cucitura è ottenuto usando tessuti molto resistenti, ancorati allo stesso con colle. Con una macchina speciale ad ago ricurvo, tomaia, sottopiede e guardolo (struttura di rinforzo) vengono uniti con una cucitura orizzontale.
Sistema con cucitura “Blake” (Cucitrice Blake): con questo sistema, utilizzando una macchina appropriata – chiamata Blake o McKay – vengono uniti con cucitura a due fili annodati sottopiede, tomaia e suola. Con questa macchina viene cucito anche il mocassino.
Oggi
è una produzione ridotta e prevede le seguenti operazioni: increnatura,
cucitura, chiusura dell’increna con collante, spalmatura della suola.
Sistema Ideal: a differenza degli altri sistemi, qui il bordo della tomaia viene girato rispetto alla forma e fissato sul sottopiede che sporge dal filoforma.
Una variante al sistema appena rappresentato è ottenuta cucendo il bordo della tomaia girato all’esterno e montato direttamente sulla suola: è il metodo più semplice di unione della suola alla tomaia.
Capitolo
2
§2.“Attrezzature,
Macchine e Impianti.”
Lungo la manovia vengono effettuate, successivamente al montaggio della tomaia, tutte le operazioni riguardanti la lavorazione e l’applicazione della suola formata da: tacco, soletta (o sottopiede) e suola propriamente detta.
Vengono impiegate le macchine sotto elencate.
§2.1
Macchine cardatrici o raspatrici.
L’operazione di cardatura (o
raspatura) della tomaia montata, ha lo scopo di asportare lo strato
superficiale della parte di tomaia ripiegata sotto la soletta e a questa
fissata, al fine di realizzare una superficie ruvida su cui permettere una
migliore presa dei collanti ed al fine di ridurne l’eventuale spessore
eccessivo. Si possono ricordare:
Cardatrici
lineari: la cardatura del bordo tomaia è ottenuta con
un utensile a spazzola in filo d’acciaio guidato lungo il percorso da un
tastatore che segue istantaneamente ogni tipo di profilo senza che sia
richiesta alcuna programmazione.
Cardatrici con
dime: la cardatura è resa possibile dall’apporto di
dime, richieste per ogni tipo di calzatura. Le dime, ottenute con l’ausilio di
un normale pantografo, gestiscono il tracciato della movimentazione delle
spazzole in filo di metallo garantendo continuità e precisione dell’operazione.
Cardatrici programmabili: operano secondo la logica del controllo numerico, cioè attraverso la predisposizione di un modello tridimensionale che consente di definire i punti dove la spazzola deve cardare.
§2.2
Macchine incollatrici.
L’operazione di distribuzione della colla sul fondo della scarpa montata è sequenziale a quella della cardatura. L’operazione d’incollaggio viene ancora frequentemente eseguita manualmente. Si possono ricordare:
Incollatrici
a rullo: spalmano il collante sulla superficie di suole e solette mediante il
movimento in controrotazione di due rulli, uno dei quali è parzialmente immerso
in una vaschetta contenente il collante
Incollatrici automatizzate: montano
erogatori di colla del tipo pennello-spazzola.
§2.3
Forni di essiccazione.
Si tratta di forni (con circolazione forzata d’aria a temperatura ambiente e ad alta velocità) per l’essiccazione delle colle spalmate sia sul fondo della scarpa montata che sulla suola da accoppiare. Il tempo di essiccazione degli adesivi è di due minuti per i poliuretanici, tre minuti per i neoprenici e quattro o cinque minuti per quelli ad acqua.
§2.4
Macchina pressasuole.
La
suola, previamente raspata e incollata, viene applicata mediante pressatura su
uno stampo elastico ricoperto di cuoio, opportunamente gonfiato con aria
compressa o con acqua.
Nelle
presse tradizionali la pressione, pneumatica o idraulica, viene applicata alla
suola.
Macchine
di più recente concezione adottano azionamenti idraulici automatici e bracci di
fissaggio che bloccano la parte superiore, liberando in tal modo l’operatore da
continui interventi di adattamento (figure 1,2).
Figura 1: Pressasuole.
Figura 2: Pressatura dell’appoggio
posteriore.
§2.5
Macchina prefissatacchi e inchiodatacchi.
Queste
macchine vengono utilizzate per tutti i fondi che si presentano con il tacco
separato e che richiedono quindi un ancoraggio tacco-suola (figura 3).
Le macchine
inchiodatrici sono presse che hanno subito modifiche per essere adeguate alle
esigenze del settore calzaturiero. Dovendo operare su tacchi, spesso molto
delicati (per struttura, per materiale di composizione, per presenza di
copritacco, ecc..), è stato necessario trovare soluzioni che combinassero
efficienza operativa a delicatezza di intervento, risolvendo i problemi creati
da eccessivi carichi di pressatura:
- bloccaggio idropneumatico: consiste nel bloccaggio del tacco prima che esso venga sottoposto alla spinta esercitata dagli organi preposti alla inchiodatura dello stesso;
-
ìnchiodatura a sequenza programmabile: riduce gli sforzi cui vengono sottoposti i tacchi
durante l’applicazione dei chiodi. La presenza di caricatori a più scomparti
consente a queste macchine un utilizzo simultaneo di chiodi e viti, abbattendo
i tempi morti ed aumentando la produttività;
-
inclinazione dei chiodi:
inclinazioni diverse della punta dei chiodi nell’applicazione di tacchi
particolarmente stilizzati;
-
braccio e piantoni snodabili e mobili: il braccio di alimentazione dei chiodi, snodabile,
in caso di inceppamento durante la fase di caricamento dei chiodi, si sblocca
in modo immediato ed automatico.
Figura 3: Inchiodatacchi.
§2.6
Fresatrici per suole e tacchi.
Eseguono
l’asportazione di materiale dal tacco o dalla suola per raggiungere le forme e
le dimensioni richieste. L’utensile è a taglienti multipli e opera ad
elevatissimo numero di giri.
§2.7
Sgrossatrici.
Esegue
un’operazione di fresatura con asportazione grossolana di materiale dalla
suola.
§2.8
Cucitrice Black.
Pratica nella superficie inferiore della suola l’increna, cioè un
lembo libero ribaltabile, una sorta di nicchia destinata ad accogliere la
cucitura che unisce suola, tomaia e sottopiede e successivamente ad essere
chiusa dal lembo suddetto mediante appositi adesivi. Tali operazioni non
vengono eseguite se la suola viene unita alla tomaia, a sua volta fissata al
sottopiede, senza cucitura ma solo mediante incollatura.
Capitolo
3
§3.“Il fattore di rischio”.
§3.1 Rischi connessi alle macchine.
Le operazioni di
cardatura, incollaggio e pressatura rappresentano fasi molto curate dai
produttori di calzature per le implicazioni che esse comportano sulla qualità
del prodotto.
Ancora
oggi pertanto, nella maggior parte dei calzaturifici, tali operazioni, eseguite
manualmente, sono affidate alle capacità professionali di addetti esperti.
L’importanza di questa fase ha dato luogo, negli ultimi anni, a una continua
ricerca di soluzioni innovative, automatizzando le operazioni e riducendo i
rischi connessi.
Risultati delle osservazioni:
I documenti di valutazione dei rischi raccolti nelle venti ditte hanno evidenziato nel 25% dei casi che:
· gli elementi
mobili delle macchine che intervengono nel lavoro non sono completamente
segregati per progettazione, costruzione e/o ubicazione.
Gli
interventi suggeriti riguardano l’isolamento, con opportuni ripari, di tutti
gli organi mobili non protetti. In particolare sono indicate protezioni fisse
da situare a sufficiente distanza dalla zona di pericolo o dispositivi di
protezione che garantiscono l’inaccessibilità agli elementi mobili. Ove non
risulta possibile, la misura adottata è l’affissione di segnali di pericolo e
la realizzazione per il personale addetto di momenti di informazione e
formazione all’uso della macchina.
nel
10% dei casi che:
· gli organi di
azionamento e di arresto dei motori non sono collocati al di fuori delle zone
di pericolo; la loro manovra comporta rischi supplementari o posizioni
ergonomicamente scorrette;
· non esistono
manuali di istruzione in cui si specifichi come realizzare in modo sicuro le
distinte operazioni sulla macchina: messa a punto, funzionamento, manutenzione,
pulizia;
· non esistono
protezioni mobili in grado di eliminare il rischio di proiezione di materiali.
nel 20% dei casi che:
· la rimozione
delle protezioni mobili non è sempre associata a meccanismi che determinano
l’arresto e impediscano la messa in marcia della macchina . In queste
situazioni , nei documenti di valutazione , si indica la necessità di
installare microinterruttori di sicurezza in caso di apertura delle protezioni
;
·
i comandi di azionamento e di arresto di
motori e macchine non sono sempre chiaramente visibili mancando iscrizioni o
pittogrammi chiari per la loro identificazione da parte degli operatori;
nel 25% dei casi che:
· non esistono
avvisi chiaramente visibili che fanno esplicito divieto di pulire, oliare,
ingrassare, riparare o registrare a mano gli organi e gli elementi delle
macchine durante il moto;
nel 5% dei casi che:
· non è
formalizzato un programma per gli interventi di manutenzione preventiva e
periodica di tutti i macchinari;
· non sono
contrassegnati i macchinari in stato di fuori servizio, con segregazione degli
stessi se in disuso;
· esiste il
rischio di contatto accidentale con parti di macchine o attrezzature;
· gli alberi
delle macchine che sporgono dai supporti per più di ¼ del loro diametro non
sono adeguatamente protetti mediante custodia fissata su parti della macchina
non soggette a movimento;
· non esistono
protezioni mobili delle macchine;
· non esistono
protezioni regolabili che limitano l’accesso alle zone di operazione in lavori
che esigono l’intervento dell’operatore nelle loro vicinanze;
§3.2 Rischio da collanti: operazioni di incollaggio “fondo”.
Nella fase fondo, vengono svolte varie operazioni che comportano l'utilizzazione di adesivi o altri prodotti con potenziale rischio da esposizione a solventi o ad altre sostanze nocive.
Si richiamano tali lavorazioni, consistenti nell'unione della suola alla tomaia, già descritte nel Capitolo 1, effettuate con le tecniche:
Sistema incollato o cementato
Sistema “ Good-year”
Sistema
con cucitura “Blake” con chiusura dell’increna con collante e spalmatura della
suola
Sistema Ideal.
Come già riportato, la fase di fondo viene eseguita in 17 aziende (85%) delle venti complesssivamente indagate; in tutte le situazioni viste vengono eseguite operazioni di incollaggio. Nel 74% dei casi le operazioni d'incollaggio si svolgono esclusivamente a mano , nel 13,5% sia a macchina che manualmente e nel restante 13,5% esclusivamente a macchina.
Si rinvia al capitolo sui rischi trasversali per le informazioni generali sugli adesivi impiegati nel settore. Si presentano di seguito i dati relativi alle osservazioni effettuate nella fase di lavorazione di fondo.
Risultati dell'indagine in riferimento alla
composizione dei prodotti:
I
prodotti sono stati classificati sulla base dei seguenti criteri:
A.
natura della fase solida;
· adesivi a base
gomma naturale;
· adesivi a base
di neoprene;
· adesivi a base
di poliuretani;
· adesivi a base
di altre resine.
B. natura della fase
liquida:
1.
solventi organici;
2.
soluzioni acquose.
Sono stati considerati i
prodotti con funzioni di diluenti, attivatori ed induritori degli adesivi.
Sono state infine analizzate
le schede degli ammorbidenti.
Nel corso dell'indagine sono state esaminate le schede tecniche relative a n. 44 prodotti impiegati nella fase di fondo:
· n. 20 adesivi
in solventi organici;
· n. 9 adesivi
dispersi in acqua;
· n. 5 solventi
/diluenti per collanti;
· n. 6
attivatori/prodotti vari;
· n. 2 prodotti
di riempimento;
· n. 2
ammorbidenti.
Sulla base delle
classificazioni sopra descritte, si è ottenuta la seguente distribuzione:
- Totale adesivi in soluzione di solventi organici: n. 20
nessuno
a base di gomma naturale;
n. 15 a base neoprene;
n. 5 a base di poliuretani.
Questi adesivi risultano usati in tutte le situazioni
osservate; nel 65% delle ditte si osserva un loro impiego congiuntamente con
prodotti adesivi in dispersione acquosa.
Non impiegati in questa fase gli adesivi a base di gomma naturale; diffusissimi, al contrario, gli adesivi a base di neoprene, per le loro proprietà di maggiore resistenza, utilizzati, di fatto, in tutte le ditte.
Infine,
gli adesivi a base di poliuretani sono impiegati dal 25% delle ditte.
Sotto
l'aspetto della composizione, questi adesivi hanno le seguenti caratteristiche:
-
Per i n. 15 adesivi a base neoprene:
· tutti
contengono N-esano con percentuali variabili da 2,5-4,5%;
·
tutti contengono isoesano con percentuali comprese
dal 3% al 44%;
·
n. 7
contengono miscele di idrocarburi alifatici e cicloalifatici paraffinici
con percentuali fino al 44 %;
·
n. 4
contengono etile acetato con percentuali variabili dal 2.5 al 16%;
·
n. 2
contengono acetone con percentuali variabili dal 8% al 13%;
·
n. 3
contengono metiletilchetone con percentuali variabili dal 7% al 19%;
·
n. 3 contengono eptano tecnico percentuali fino al 32%.
-
Per i n. 5 adesivi a base poliuretanica:
· nessuno contiene N-esano;
·
n. 5
contengono acetone con percentuali variabili dal 70% al 90%.
Si
rammenta che gli adesivi a base poliuretanica contengono acetone in percentuale
maggiore, con presenza nella miscela di cicloesano ed etilacetato.
La
fase liquida composta da solventi organici varia da un minimo del 75% ad un
massimo del 82%.
- Totale adesivi in dispersione acquosa: n. 9.
Adesivi a base di acetato di vinile
omopolimero o a base di prodotti amidacei con resine sintetiche e cariche
minerali.
· n. 11 aziende (pari al 64,7%) hanno introdotto tali prodotti nelle operazioni di preparazione ed applicazione del fondo.
- Totale solventi / diluenti / primer per adesivi costituiti da solventi organici: n. 5.
Sotto
l'aspetto della composizione, questi prodotti, costituiti unicamente dalla fase
liquida, hanno le seguenti caratteristiche:
· n.1 è
costituito unicamente da isoesano;
· n.1 contiene
N-esano con percentuale inferiore al 4%;
·
n. 3
contengono cicloesano (percentuali variabili dal 43 al 73%)
·
n. 1
contiene etile acetato (percentuale del 95%);
·
n. 3
contengono etile acetato (percentuali variabili dal 27 al 40%);
·
n. 1
contiene acetone (percentuale del 90%);
·
n. 2
contengono acetone (percentuali variabili dal 5% al 15%);
·
n. 2
contengono toluene (percentuale inferiore al 5%).
- Totale attivatori / induritori / preparatori / altri prodotti: n. 6
Risultano costituiti dai seguenti composti:
· attivatore
contenente acido tiofosforico-tris (p-isocianatofenilestere) al 27%,
clorobenzene in concentrazione minore al 2%, acetato di etile al 7%;
· induritore
incolore e promotore di adesione, contenente acido tiofosforico-tris
(p-isocianatofenilestere) al 27%, clorobenzene in concentrazione minore al 3%;
· attivatore
reticolante per adesivi, contenente 2,4/2,6 – toluendiisocianato in
concentrazione minore al 0,5% e acetato di etile (70-80 %);
· preparatore
alogenante a 2 componenti.
· prodotto a base
di tricloro-s-triazina 2,4,6-trione impiegato in due delle ditte indagate.
· miscela di cere
e silicone in ragia minerale e frazione terpenica.
· distaccante in
idrocarburi alifatici paraffinici in percentuale del 50-60%.
-
Totale prodotti di riempimento: n.2.
Risultano costituiti dai seguenti composti:
· stucco adesivo
per il livellamento del fondo a base di elastomeri sintetici, cariche e polveri
di legno dispersi e sciolti in solventi organici;
· pasta
riempitiva a base di nitrocellulosa, cariche e polvere di legno sciolti in
acetone con nitrocellulosa.
Risultano costituiti dai seguenti composti:
·
ammorbidente a base di acqua demineralizzata con
tensioattivo anionico biodegradabile;
· ammorbidente
contenente alcool isopropilico in percentuale minore al 10% e polisilossano.
Risultati dell'indagine in riferimento
all'impiego di adesivi meno nocivi:
Per quanto concerne la sostituzione di sostanze contenenti solventi
organici con adesivi a minor rischio o privi di rischio, emergono le seguenti
conclusioni:
-
buon impiego di adesivi dispersi in acqua (11
situazioni delle 17 esaminate);
-
alcuni prodotti contengono solventi organici in
quantità pari al 75%, minore pertanto della percentuale media pari all’80%;
-
nessun impiego di prodotti che riportano
sull'etichetta il simbolo “Prodotto Nocivo”, ovvero tutti i prodotti
osservati contengono miscele di isomeri dell'esano con un massimo del 5% di
n-esano (D.M. 16/2/1993 - classificazione e disciplina dell'etichettatura delle
sostanze pericolose);
- generalizzato impiego di prodotti che contengono percentuali sempre più alte di isoesano in sostituzione dell'esano tecnico (contenente n-esano);
-
generalizzato impiego di prodotti che contengono
percentuali maggiori di chetoni, esteri, cicloesano ed eptano anziché di esano
tecnico;
-
i chetoni impiegati risultano acetone, 2-butanone,
metiletilchetone e 2-propanone;
-
impiego non significativo di prodotti che contengono
toluene;
-
nessun impiego di adesivi termoplastici applicati
con macchine;
-
i diluenti per collante analizzati contengono
elevate percentuali di acetone, cicloesano e acetato di etile.
-
in un prodotto è stata riscontrata la presenza di
toluene in una percentuale inferiore del 5%.
Risultati dell'indagine in riferimento alle
misure di contenimento del rischio:
Per un giudizio su questi aspetti si è provveduto a valutare i seguenti punti:
1) presenza/assenza di cappe
di aspirazione;
2) idoneità delle cappe aspiranti presenti;
3) idoneità dei contenitori per collanti.
Presenza di cappe di aspirazione.
Le operazioni di incollaggio sono svolte in tutte le ditte che presentano la fase di fondo.
Considerando
il totale delle cappe presenti rispetto al numero di postazioni d'impiego di
adesivi in solventi organici, emerge una
copertura pari al 69%.
In particolare, per le operazioni di preparazione del fondo svolte nell’88% delle ditte che svolgono questa fase, si constata che le cappe di aspirazione sono presenti nel 73% delle situazioni.
Nel 82% dei casi la captazione avviene tramite le normali cappe d'aspirazione impiegate in operazioni di incollaggio manuale, mentre nel restante 18% dei casi la captazione è ottenuta con cappa installata direttamente sulla macchina dotata di sistema d'incollaggio.
Laddove è assente un sistema di captazione (4 aziende pari al 27% delle osservazioni), le operazioni di incollaggio sono eseguite su banconi di lavoro, evidenziando condizioni di elevato rischio per l’operatore, per la necessità, in molte operazioni, di avvicinare il viso alla zona d'incollaggio.
Per
le operazioni di applicazione del fondo, presenti nel 65% delle ditte, si
evidenzia che le cappe di aspirazione sono presenti nel 63% delle ditte ed
assenti nel restante 37%.
Idoneità di aspirazione delle cappe presenti.
Le cappe installate sui
banchi d’incollaggio risultano idonee nel 70% dei casi.
In particolare si è
osservato, in fase di preparazione del fondo:
-
l'aspirazione viene realizzata dal basso, con un
solo caso in cui avviene sia dal basso che dall’alto; per le macchine
incollatrici, l’aspirazione è realizzata dal basso in corrispondenza del blocco
iniettore, internamente alla macchina;
-
la manutenzione
è spesso trascurata (giudizio di accettabilità solo per il 27% delle situazioni) con conseguente
compromissione dell’efficacia di aspirazione delle cappe.
I piani di lavoro grigliati presentano spesso incrostazioni depositate.
Diffusa è la pratica di porre sul piano grigliato di aspirazione un cartone per estendere la superficie di lavoro disponibile, con conseguente riduzione della capacità aspirante complessiva in fase di applicazione fondo.
Pessime
le condizioni del piano grigliato, per pulizia non effettuata.
Anche in questa operazione si osserva l'abitudine di coprire il piano grigliato con cartoni (nel 15% delle osservazioni).
Tunnel.
Una
volta effettuata la spalmatura del collante, le calzature incollate vengono
adagiate sul tunnel della manovia, affinché possano asciugare e passare alla
fase successiva di lavorazione.
Il tunnel è risultato assente in due situazioni (11,8%). Laddove presenti, i tunnel di manovia risultano in generale ben dimensionati e di lunghezza opportuna, anche se non interamente sfruttata. I sistemi di captazione di solventi, realizzati dal basso, sono presenti nel 60% delle ditte indagate; i tunnel sono comunque complessivamente inidonei (73% delle osservazioni).
L'inidoneità è determinata:
-
dall'insufficiente aspirazione;
- dall'aspirazione realizzata dall'alto anziché dal basso;
-
dall’ubicazione della bocca d'aspirazione,
eccessivamente bassa rispetto al piano di appoggio dei pezzi;
-
dal mantenimento dei pannelli di chiusura
scorrevoli, in posizione costantemente aperta.
Si osserva frequentemente che, i tempi di produzione troppo veloci impongono agli addetti di intervenire prima che possa essere realizzata l’asciugatura del collante sulla calzatura in uscita dalla manovia. Il ritmo elevato implica, inoltre, che i lavoratori mantengano costantemente aperti gli sportelli del tunnel, se non per l’intera lunghezza, almeno in corrispondenza della zona incollaggio. Infine che gli operatori debbano impiegare carrelli non aspirati, a latere della manovia, per il trasporto rapido dei pezzi.
Frequente anche l'osservazione di stazioni di asciugatura extra-tunnel,
dove vengono posti ad essiccare le suole spalmate di colla, prive di
aspirazione.
Altrettanto negativo è il giudizio sui sistemi di aspirazione a braccio mobile. Tali apparecchiature vengono, infatti, agevolmente spostate dagli operatori in posizioni scorrette (ad esempio sopra la testa.), a distanze lontane dai punti di emissione e con aggravamento dell’esposizione.
Impiego di contenitori idonei.
Mediamente, considerando il totale delle osservazioni, risulta idoneo circa il 73% dei contenitori.
Nel 64% delle ditte si è riscontrata la presenza completa di idonei recipienti per prodotti (dispenser a superficie evaporante ridotta).
Nel 34% delle situazioni vengono alternativamente utilizzati contenitori non conformi, rappresentati spesso dalle stesse latte di collanti, o, nel caso in cui più addette operino allo stesso banco da “bacinelle” con ampiezza tale da risultare accessibile a tutte.
Per le operazioni di applicazione fondo sono stati introdotti e vengono correttamente impiegati dispensatori idonei nell’89% dei casi.
Capitolo
4
§4.“ Il danno atteso”.
Nell’impossibilità di calcolare correttamente l’indice d’incidenza
annuale (I.I.), è stata ricavata una stima dello stesso utilizzando la seguente
formula:
I.I. = (numero di infortuni / numero di persone
esposte a rischio *anno) x 100
= (41 / 151*7) x 100 = 3.87 %
I.I. intero
comparto = 2.71%
dove il numeratore rappresenta il numero assoluto degli infortuni nel
periodo 1992–1998, sulla base delle informazioni raccolte nei registri
degli infortuni delle venti aziende indagate, ed il denominatore il numero di
lavoratori esposti a tale rischio, 151 lavoratori addetti ad operazioni di
fondo, con l’approssimazione che il numero di lavoratori negli anni di
riferimento 92-98 sia costante e pari a quello osservato nel corso del 1998.
L’indice di incidenza riferito a tutto il periodo di osservazione, pari
a 7 anni, risulta uguale al 27.2% (I.I. intero comparto = 19%)
Per il periodo indagato, si ricava un indice di incidenza pari al 25,2% per impiego di macchine e al 2% per impiego di attrezzi ed utensili su 151 addetti alla fase.
La
tabella 4.1 riassume i dati ricavati dalla indagine, in base ai seguenti
criteri:
1.
natura dell’infortunio (strumento o macchina
responsabile dello stesso);
2.
numero di infortunati;
3.
calcolo della media dei giorni di assenza per
inabilità.
Tabella 4.1: Incidenza infortuni in fase di
fondo.
Agente materiale (macchina, attrezzi/utensili) |
N° addetti infortunati |
Media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea |
Cardatrice |
1 |
gg.
3 di assenza |
Aprincrene |
2 |
gg.
13,5 di assenza |
Cucitrice
black |
3 |
gg.
5,5 di assenza |
Fresa |
21 |
gg.
10,3 di assenza |
Pressa
idraulica |
1 |
gg.
6 di assenza |
Piantatacchi |
3 |
gg.
13 di assenza |
smeriglia |
5 |
gg.
11,9 di assenza |
Incollatrice
suole |
2 |
gg.
5 di assenza |
Attrezzi/utensili |
3 |
gg.
9,5 di assenza |
TOTALE |
41 |
GG IN MEDIA DI ASSENZA 8,48 |
Non
sono emerse malattie professionali causate da rischi connessi alle operazioni
di fondo.
Capitolo
5
§5.“Gli interventi”.
§5.1
Interventi sulle macchine.
Le macchine incollatrici per suole sono normate dall’art.132 del D.P.R. 547/55, con obbligo di adottare dispositivi di protezione della zona di imbocco.
I mezzi di protezione normalmente installati sulle presse idrauliche sono: doppi comandi da manovrarsi con entrambe le mani e impiego di bassa pressione, in fase di avvicinamento alla scarpa, onde evitare lo schiacciamento.
Le cucitrici Black sono normate dall’art.155 del D.P.R. 547/55. Si suggerisce per esse l’impiego di dispositivi di protezione contro le punture dell’ago (ad esempio: dispositivi per sostenere e guidare la scarpa senza reggerla direttamente con le mani).
Le cardatrici, le frese e le smeriglie sono normate dall’art.94 del D.P.R. 547/55, che impone l’obbligo di proteggere la parte abrasiva non utilizzata nell’operazione contro il contatto accidentale.
Risultati delle osservazioni:
L’indagine
svolta ha inoltre portato alle seguenti constatazioni:
-
le cardatrici lineari, utilizzata nel 50%
delle ditte indagate, risultano frequentemente prive, o precariamente dotate
(apposizione di “cartoni” lacerati dal moto di rotazione e debolmente fissati)
di protezione fissa sulla parte abrasiva rotante.
-
nel 21,4%
dei casi si è riscontrato l’impiego di macchine cardatrici-incollatrici,
dotate di moderni sistemi di sicurezza.
-
l’aprincrene, presente nel 15% delle ditte
campionate, presenta idonea protezione del pedale di avvio al comando (art. 7
del D.P.R. 547/55) e dispositivi di protezione delle componenti affilate e
taglienti;
-
le cucitrici Black , presenti nel 15% delle
aziende, presentano nel 66% dei casi dispositivi di protezione dell’ago (art.
155 del D.P.R. 547/55); in un caso , la macchina utilizzata per la cucitura di
una particolare tipologia di calzatura (stivaleria) era del tutto priva di
dispositivi di protezione adeguati in quanto strutturalmente antichissima;
-
le frese per le suole, presenti nel 35% dei
calzaturifici , risultano frequentemente prive, o precariamente dotate di
protezione fissa sulla parte abrasiva rotante.
- la pressa idraulica, presente nel 85% delle aziende, è dotata, in tutti i casi in cui sia stato predisposto un pedale di avviamento, di copripedale per impedire l’azionamento accidentale della macchina (art. 7 del D.P.R. 547/55) e nel 76,4% dei casi di un dispositivo a doppio comando;
- la piantatacchi, presente nel 55% delle ditte, presenta dispositivo a doppio comando nel 54,5% dei casi ed accensione automatica nel 27,3% dei casi; solo in una ditta, a lavorazione tradizionale ed altamente artigianale (produzione stivali da cavallerizza) la piantatacchi veniva azionata manualmente a leva.
5.2
Interventi adottati sulle operazioni di incollaggio.
Per
le norme generali di prevenzione tecnica circa l’impiego di prodotti collanti
contenenti solventi organici si fa riferimento alle norme del D.P.R. 303/56 ed
alla Circolare del 29/03/1976 del Ministero del Lavoro.
Risultati delle osservazioni:
Relativamente ai rischi connessi all’utilizzo di colle in fase di fondo, l’indagine svolta ha evidenziato la realizzazione, da parte delle ditte, dei seguenti interventi:
· realizzazione
di cappe di aspirazione a presidio delle operazioni di incollaggio nel 73,3%
delle ditte.
· utilizzo nel
63,6% delle ditte impiega idonei contenitori a becco d’oca;
· introduzione di prodotti collanti meno nocivi o non nocivi in sostituzione di prodotti nocivi.
(vedi capitolo 3)
Capitolo
6
6.“Riferimenti legislativi”.
Ø
D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, artt. 94, 132, 155.
Ø
prEN12203 Novembre 1995: Footwear, leather and imitation leather goods
manifaturing machines – Shoe and
leather presses - Safety requirements.
·
EN292-1: 1991 Safety of machinery – Basic
concepts; general principles for design – Part 1: Basic terminology,
methodology.
·
EN292-2: 1991 Safety of machinery – Basic
concepts; general principles for design – Part 2: Technical principles and
specifications.
·
EN294: 1992 Safety of machinery; safety
distances to prevent danger zones being reached by the upper limbs.
·
EN349: 1993 Safety of machinery – Minimum gaps
to avoid crushing of parts of human body.
·
EN418: 1992 Safety of machinery – Emergency
stop equipment; functional aspects – Principles for design.
·
EN547:1992 Safety of machinery – auditory
danger signals; general requirements, design and testing.
·
prEN547 – 1: 1991 Safety of machinery – Human body
dimensions – Part 1: Principles for determining the dimensions required
for openings for whole body access into
machinery..
·
prEN547 – 2: 1991 Safety of machinery – Human body
dimensions – Part 2: Principles for determining the dimensions required for
access openings.
·
prEN563: 1994 Safety of machinery – temperatures
of touchable surfaces; ergonomic data to establish temperature limit values for
hot surfaces.
·
prEN574: 1991 Safety of machinery – Two–hand
control devinces.
·
PrEN614-1: 1991 Safety of machinery – ergonomic
design principles –Part 1:Terminology and general principles.
·
EN626- 1: 1992 Safety of machinery – Reduction of
risks to health from hazardous substances emitted by machinery – part 1:
Principles and specifications for machinery manufacturers.
·
EN775: 1992 Safety requirements for robots
(ISO/DIS 10 218).
·
EN811: 1992 Safety of machinery – safety
distances to prevent danger zones being reached by the lower limbs.
·
EN842: 1992 Safety of machinery – visual danger
and testing.
·
prEN894 – 1:
1992 Safety of machinery – Ergonomic requirements
and data for the design of displays and control actuators – Part 1: Human
interaction with display and control actuators.
·
prEN894 – 2:
1992 Safety of machinery – Ergonomic requirements
and data for the design of displays and control actuators – Part 2: Displays.
·
prEN894 – 3: 1992 Safety of machinery – Ergonomic requirements
and data for the design of displays and control actuators – Part 3: Control
actuators.
·
prEN953:1992 Safety of machinery – General
requirements for the design and the construction of guards (fixed, movable).
·
EN954-1: 1992 Safety of machinery – Safety related
parts of control systems – part 1: General principles for design.
·
prEN 281:1992 Safety of machinery – system of
danger and non –danger signals with sound and light.
·
EN982: 1992 Safety of machinery – Safety
requirements for fuid power systems and components – Hydraulics.
·
EN983: 1992 Safety of machinery – Safety
requirements for fuid power systems and components – Pneumatics.
·
PrEN999: 1993 Safety of machinery – Hand/arm speed
– Approach speed of parts of the body for the positioning of safety devices.
·
prEN1005 – 2:
1993 Safety of machinery – Human physical
performance – Part 2: Manual handling of heavy weights associated with
machinery.
·
prEN1005 – 3:
1993 Safety of machinery – Human physical
performance – Part 3: Recommended force limits for machinery operation.
·
EN1037: 1993 Safety of machinery – Isolation and
energy dissipation – Prevention of unexpected start-up.
·
ENV 1070:1993 Safety of machinery – Terminology.
·
EN 1088 :1995 Safety of machinery – Interlocking
devices with guard locking – General principles and provisions for design.
·
prEN 1093 – 1: 1993
Safety of machinery
– Evaluation of the emission of airbone hazardous substances _ Part 1:
Selection of the test method.
·
EN 24871 series 1)
Acoustics – Determination
of sound power levels of noise sources- Guidelines for the use of basic
standards.
·
EN 23 740 series 1)
Acoustics –
Determination of sound power level of noise sources.
·
ENV 26385 – Ergonomic principles in the design
of work systems.
·
EN 29614 Acoustics
– Determination of
sound power level of noise sources using sound intensity.
·
EN 31 200 series
acoustics. Noise emitted by machinery.
Guideline for the preparation of test codes of engineering grade requiring
noise measurements of the operator’s or bystander’s position.
·
prEN 50 100 - 1:
1992 Safety of
machinery – electrosensitive protective device. Specificatio for gereral
requirements.
·
prEN 50 100 - 2:
1992 Safety of
machinery – particular requirements for an active optoelectric protective
device.
·
prEN 60 204 - 1:
1992 Safety of
machinery – electrical equipment of machines. Part 1: General requirements.
·
prEN 60 947-5- 1:
1992 Safety of
machinery – Control circuit devices and switching elements. Electromechanical
control circuit devices.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 355:
Ø D.P.R. 19 Marzo 1956, n. 303, art.
20: “Difesa dell’aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi”.
Capitolo 1
§1.“Fase di lavorazione:
finissaggio”.
Ultima fase
del ciclo produttivo del settore calzaturiero, eseguita lateralmente alla
manovia, è rappresentata dall’inguarnitura e rifinitura della calzatura finita,
per permetterne un ulteriore miglioramento estetico ed il successivo
confezionamento per la distribuzione sul mercato.
Si distinguono le seguenti operazioni:
· Coloritura bordi suole e tacco: applicazione di vernici realizzata a mano o con pistola a spruzzo, indicata anche come operazione di “messa in colore della scarpa”;
· Pomiciatura della suola: leggera raspatura della
suola allo scopo di facilitare l’adesione del colore e migliorare quindi la
qualità del prodotto;
· Coloritura suola: operazione realizzata
attraverso l’applicazione manuale di cere naturali;
· Lucidatura suola: operazione di finitura della
suola realizzata mediante macchine a spazzole rotanti;
· Pulitura e lavatura della scarpa: tale operazione viene
effettuata manualmente utilizzando spugne o pezze di stoffa imbevute di
solventi , benzina o acqua passati sulla superficie della scarpa;
· Applicazione tallonetta: la tallonetta, già timbrata,
viene cosparsa di collante e inserita all’interno della scarpa. Frequentemente
le tallonette sono autoadesive;
· Apprettatura: è un’operazione realizzata
impiegando vernicetta o appretto che può essere spalmato a mano con l’impiego
di pennellini;
· Lucidatura scarpa: operazione di spalmatura del
lucido che può essere effettuata in alternativa alla apprettatura;
· Stiratura della scarpa: in tale fase si utilizzano
ferri da stiro per distendere la pelle sulla superficie della scarpa. Talvolta
per raggiungere lo stesso obiettivo, si utilizzano becchi bunsen, detti “lumette”,
sulla cui fiamma libera viene rapidamente fatta passare la scarpa stessa.
In due calzaturifici rientranti nel campione indagato vengono fabbricate calzature con la suola in gomma; per essi, le operazioni di rifinitura del prodotto consistono nel taglio delle parti eccedenti della suola con apposite taglierine.
Gli addetti alle operazioni di finissaggio risultano 93 (10,5% sul totale impiegato nel settore calzaturiero), dei quali 79 di sesso femminile (85%) e 14 di sesso maschile (15%).
Capitolo2
§2.“Attrezzature, Macchine e
Impianti”.
Nella
fase di finissaggio gli operatori eseguono semplici operazioni di coloritura,
pomiciatura e lucidatura della scarpa, usufruendo o di macchine o di attrezzi
manuali capaci di distendere, sulla superficie della scarpa, i prodotti adatti
a renderla esteticamente più apprezzabile.
La
tipologia della calzatura e il materiale che la costituisce determineranno il
numero e la natura degli interventi utili a rifinire la stessa.
Oltre
alle macchine appresso descritte, vengono impiegati i seguenti strumenti
manuali da parte del personale addetto:
- coltelli per rifilare;
- spugne e stracci;
- pennelli.
§2.1
Spazzolatrici.
Si
tratta di macchine pulitrici a spazzola o a rullo, operanti con smeriglio o
carte abrasive, in grado di realizzare un’azione di lucidatura sulla superficie
della pelle della calzatura. Le polveri generate, particolarmente fini,
derivano per lo più dallo strato di vernice applicato nelle precedenti
operazioni. Tali polveri vengono raccolte in sacchi di ricambio predisposti
sulle stesse macchine.
§2.2
Ferri da stiro.
La
stiratura della superficie della calzatura si realizza utilizzando semplici
ferri da stiro specifici per il settore.
§2.3
Timbratrice
Utilizzate
per imprimere su suole, tomaie e fodere marchi di fabbrica, numeri e cliché.
Sono macchine simili alle presse, presentano un organo pressore su cui è
applicata una matrice di stampa. La discesa dell’organo pressore può essere
comandata mediante un fine corsa elettrico oppure con un comando a pedale.
Capitolo 3
§3.“Il fattore di rischio”.
§3.1
Rischi connessi alle macchine o alle attrezzature.
I rischi d'infortunio sono rappresentati dal contatto delle mani con parti della macchine durante le azioni di avvicinamento della calzatura agli organi rotanti.
E' inoltre frequente l’infortunio provocato dalla scarpa stessa, proiettata contro l’operatore, sempre durante operazioni di avvicinamento agli organi rotanti.
Possibile
rischio, derivante dalle operazioni di stiratura della calzatura con ferri da
stiro, è la scottatura di parti delle mani.
Analogamente,
un rischio di scottatura si presenta nell’impiego delle “lumette”, fiamme libere
generate da becchi bunsen, su cui l’operatrice passa rapidamente la scarpa
affinché la pelle possa efficacemente distendersi.
Risultati delle osservazioni:
Il 25% dei documenti di valutazione dei rischi raccolti nelle venti ditte evidenzia che:
· gli elementi
mobili delle macchine che intervengono nel lavoro non sono sempre completamente
isolati per progettazione, costruzione e/o ubicazione.
Gli
interventi suggeriti riguardano l’isolamento, con opportuni ripari, di tutti
gli organi mobili non protetti.
In
particolare, sono indicate protezioni fisse da situare a sufficiente distanza
dalla zona di pericolo o dispositivi di protezione che garantiscono
l’inaccessibilità agli elementi mobili.
Ove
non risulta possibile, s’indica di segnalare il pericolo; si segnala per il
personale addetto l'obbligo d’informazione e formazione.
Il
10% dei documenti di valutazione dei rischi indica che:
· le protezioni
fisse, in caso di apertura, restano correttamente unite alla macchina;
· gli organi di
azionamento e di arresto dei motori non sono collocati al di fuori delle zone
di pericolo; la loro manovra comporta rischi supplementari o posizioni
ergonomicamente scorrette;
· non esistono
manuali di istruzione in cui si specifichi come realizzare in modo sicuro le
distinte operazioni sulla macchina: messa a punto, funzionamento, manutenzione
e pulizia;
· non esistono
protezioni mobili in grado di eliminare il rischio di proiezione di materiali.
Il 20% dei documenti di valutazione dei rischi indica che:
· la rimozione
delle protezioni mobili non è sempre associata a meccanismi che determinano
l’arresto e impediscano la messa in marcia della macchina. Negli interventi di
bonifica contenuti nei documenti di valutazione s’indica la necessità di
provvedere ad asservire tutte le protezioni mobili di microinterruttori di
sicurezza che interrompano il funzionamento della macchina o ne blocchino la
messa in marcia, in caso di apertura delle protezioni stesse;
·
i comandi di azionamento e di arresto di
motori e macchine non sono sempre chiaramente visibili mancando iscrizioni o
pittogrammi chiari per la loro identificazione da parte degli operatori;
Il 25% dei documenti di valutazione dei rischi indica che:
· non esistono
avvisi chiaramente visibili che fanno esplicito divieto di pulire, oliare,
ingrassare, riparare o registrare a mano gli organi e gli elementi delle
macchine durante il moto;
Il 5% dei documenti di valutazione dei rischi indica che:
· non è
formalizzato un programma per gli interventi di manutenzione preventiva e
periodica di tutti i macchinari;
· esiste il
rischio di contatto accidentale con parti di macchine o attrezzature;
· gli alberi
delle macchine che sporgono dai supporti per più di ¼ del loro diametro non
sono adeguatamente protetti mediante custodia fissata su parti della macchina
non soggette a movimento;
· non esistono
protezioni mobili delle macchine;
· non esistono
protezioni regolabili che limitano l’accesso alle zone di operazione in lavori
che esigono l’intervento dell’operatore nelle loro vicinanze;
· l’interruzione
ed il successivo ritorno dell’energia elettrica non comporta il riavviamento
automatico della macchina;
§3.2 Rischio solventi: operazioni di
pulizia “finissaggio”.
Si richiamano sinteticamente tali lavorazioni, già descritte nel Capitolo 1:
Nel finissaggio vengono svolte varie operazioni che comportano l'utilizzazione di prodotti con potenziale rischio da esposizione a solventi o ad altre sostanze nocive.Ø Pulitura e
lavatura della scarpa: si utilizzano solventi o acqua passati sulla superficie
della scarpa;
Ø Apprettatura,
lucidatura: è un’operazione realizzata impiegando vernicette, appretti o lucidi
spalmati a mano con l’impiego di pennelli.
Nella fase s’impiegano prodotti specifici di inguarnitura che possono essere classificati nel seguente modo:
-
appretti, vernici, lucidi, cere, ammorbidenti,
ravvivanti, coloranti, tinture, ecc.: sono prodotti perlopiù a base di
coloranti sintetici e resine sintetiche in emulsioni acquose o disciolte in
solventi appartenenti ai gruppi descritti per gli adesivi;
-
solventi tal quali per pulitura;
-
piccole quantità di adesivo nell'operazione di
applicazione della tallonetta all'interno della scarpa.
Risultati dell'indagine in riferimento alla
composizione dei prodotti:
I
prodotti sono stati classificati sulla base delle caratteristiche d’impiego,
distinguendo:
· solventi/diluenti di pulitura;
· appretti,
vernici, lucidi, cere, ammorbidenti, ravvivanti, coloranti, tinture, ecc..
E' stata inoltre considerata
la natura della fase liquida distinguendo tra:
1.
solventi organici;
2.
soluzioni acquose o ammoniacali-acquose.
Nel corso dell'indagine sono state esaminate le schede tecniche relative a 32 prodotti impiegati nella fase di finissaggio e 3 solventi/diluenti per collanti. Sulla base delle classificazioni sopra descritte, si è ottenuta la seguente distribuzione:
-
Totale prodotti di pulitura costituiti da miscele di
solventi organici: n. 21.
Sotto
l'aspetto della composizione, questi prodotti hanno le seguenti
caratteristiche:
· nessuno
contiene N-esano
con percentuali superiori al 3%;
· n.10 contengono
isoesano con percentuali comprese da 10% a 85%;
· n. 2 sono costituiti unicamente da isoesano;
· n. 17 contengono chetoni e rispettivamente: n. 2 sono costituiti unicamente da acetone e n. 11 con prevalenza di acetone (percentuali variabili dal 20% al 90%); n.3 con presenza di 2-butanone impiegati per la pulitura di materiali in gomma o plastica (percentuali variabili dal 10% al 20%); n. 1 costituito unicamente da 2-butanone; n. 3 con presenza di metiletilchetone (percentuali fino al 5%);
· n. 2 con presenza di acetato di etile (percentuali fino al 40%);
· n. 1 costituito unicamente da alcool etilico;
· n. 2 contengono
toluene in percentuale del 5%;
· n. 2 contengono
miscele di idrocarburi alifatici, aromatici e terpenici.
In
altri prodotti viene dichiarata la presenza di acido cloridrico (percentuale
del 10%), di diclorometano (percentuale minore dell'1%) e del tricloroetilene
(percentuale minore del 2%), di didecilmetilammonio (percentuale del 4,5 %) e
isodecanoletossilato (percentuale del 6%).
-
Totale prodotti di pulitura in dispersione acquosa:
n. 3.
Prodotti
a base di terpeni (estratti dalla buccia di agrumi) e tensioattivi.
-
Totale appretti, vernici, lucidi, cere,
ammorbidenti, ravvivanti, coloranti, tinture, ecc. in dispersione acquosa: n.
24.
Sono
prodotti a base di cere naturali o sintetiche (polietileniche o acriliche)
contenenti additivi quali emulsionanti, saponificanti, antifermantativi e
coloranti.
-
Totale coloranti e ravvivanti per suole e tacchi in
alcool: n. 5.
Sotto
l’aspetto della composizione, questi prodotti hanno le seguenti
caratteristiche:
· tutti contengono alcool etilico (percentuali dal 20% al 50%);
· tutti contengono alcool isopropilico (percentuali dal 15% al 20%);
· alcuni
contengono metossipropanolo (percentuale del 3%), alcool benzilico (percentuale
del 3%), trementina (percentuale del 10%) e diidrossietiletere (percentuale del
3%).
In
relazione all’utilizzo dei prodotti sopradescritti emergono le seguenti
considerazioni.
1. La fase di finissaggio viene eseguita in tutte le ditte indagate impiegando :
Prodotti di pulizia a base
solvente.
Utilizzati in tutte le ditte, includono anche i prodotti utilizzati nelle operazioni di pulizia dei
pennelli e delle attrezzature.
Coloranti, tinte, vernici.
Utilizzati nel 25% delle
ditte, vengono talvolta impiegati in operazioni di applicazione a spruzzo.
Prodotti di
rifinizione e ritocco.
Utilizzati nel 20% delle aziende
indagate, includono per il maggior numero prodotti coloranti in
alcooli.
Ammorbidenti.
Utilizzati nel 15% delle ditte indagate.
Emulsioni miste di
cere naturali e sintetiche o dispersioni acquose di tensioattivi.
Utilizzati nel 70% delle aziende indagate, antecedentemente alla fase
di spazzolatura della scarpa.
Risultati dell'indagine in riferimento
all'impiego di prodotti meno nocivi:
Per quanto concerne la sostituzione dei prodotti a rischio elevato con
altri a minor rischio o privi di rischio, emergono le seguenti conclusioni:
-
nessun impiego di prodotti che riportano
sull'etichetta il simbolo “Prodotto Nocivo”, ovvero tutti i prodotti
osservati contengono miscele di isomeri dell'esano con un massimo del 5% di
n-esano (D.M. 16/2/1993 -classificazione e disciplina dell'etichettatura delle
sostanze pericolose);
-
generalizzato impiego di prodotti che contengono
percentuali sempre più alte di isoesano in sostituzione dell'esano tecnico
(contenente n-esano);
-
significativo impiego di prodotti a base d'acqua per
le operazioni di coloritura ed apprettatura;
-
mediocre impiego di questi prodotti dispersi in
acqua nelle altre operazioni (es. impiego delle vernici all'acqua per le
suole);
-
l'acetone costituisce il solvente di pulitura più
impiegato;
-
alcool etilico ed isopropilico costituiscono i
solventi più impiegati nei coloranti;
-
nessuna presenza di pigmenti contenenti cromo e
piombo;
-
nessuna presenza di prodotti classificati come
"Xn" o " T " perché contenenti etil e metilglicoli
-
nessun impiego di nastri biadesivi;
-
impiego limitato di prodotti che contengono toluene;
-
presenza in alcuni prodotti di tricoloroetilene e
diclorometano.
Risultati dell'indagine in riferimento alle
misure di contenimento del rischio:
Per
un giudizio su questi aspetti si è provveduto a valutare i seguenti punti:
1) presenza/assenza di cappe
di aspirazione;
2) idoneità delle cappe aspiranti presenti;
3) idoneità dei contenitori per collanti.
§ Presenza di cappe di aspirazione
L’indagine ha rilevato una notevole disattenzione relativamente al rischio d'esposizione a solventi organici in questa fase di lavorazione. Si osserva, infatti, un esiguo numero di cappe d’aspirazione rispetto alle postazioni in cui sarebbero necessarie.
Solo nei casi in cui le operazioni di
verniciatura della calzatura vengano eseguite a spruzzo (10% delle aziende), le
ditte hanno predisposto sistemi di captazione.
Complessivamente le cappe risultano presenti nel 25% delle ditte e nel 30% delle postazioni di finissaggio con impiego di prodotti con solventi organici.
L'aspirazione nel 75% dei casi è rappresentato da cabine (situazioni di applicazione a spruzzo di vernice) e nel 25% dei casi da cappe a carboni attivi.
Gli
addetti, per la precisione richiesta nell’operazione, sono spesso costretti ad
avvicinare notevolmente la calzatura al viso con conseguente maggior rischio di
esposizione a solventi.
Frequentemente
le operazioni di coloritura, pulitura e lucidatura vengono realizzate nella
medesima area di lavoro sfruttando lo stesso sistema di captazione qualora
predisposto.
§ Idoneità delle cappe di
aspirazione presenti.
Le
cappe presenti in fase di finissaggio presentano le seguenti proprietà:
· una cabina a velo d’acqua
per l’applicazione a spruzzo della vernice in buone condizioni ed in grado di
realizzare un elevato abbattimento;
· due cabine per
l’applicazione a spruzzo della vernice a secco mantenute in buone condizioni,
con convogliamento delle emissioni in atmosfera in conformità alle normative
vigenti;
· una cappa mobile con piano
grigliato di scarsa ampiezza, con aspirazione dal basso e con abbattimento a
carboni attivi.
§
Impiego di contenitori idonei.
In nessun caso le ditte indagate predispongono in fase di coloritura, lavaggio o verniciatura, contenitori idonei in grado di ridurre l’evaporazione del solvente durante le applicazioni.
Vengono impiegati contenitori “occasionali” (vasetti in vetro, barattoli, ecc.) tali da permettere, anche a più persone contemporaneamente, l’immersione di pennelli, spugne o panni impiegati nell’applicazione del prodotto di rifinitura.
§ Utilizzo D.P.I.
· L’utilizzo di guanti di protezione per la pelle da parte degli operatori si osserva nel 53% delle ditte, mentre nel restante 47% tale prevenzione non viene effettuata.
· In una sola ditta si impiegano creme barriera per la protezione rispetto al contatto con i solventi di pulizia
§3.3 Rischio polveri.
Nell’indagine svolta è stata osservata la diffusa presenza di sistemi di captazione installati a presidio delle macchine generanti emissioni di polveri, quali spazzolatrici, raspatrici, lucidatrici, ecc.
I sistemi di captazione con sacco di raccolta annesso alla macchina sono presenti nel 64% delle ditte indagate; in nessun caso le polveri catturate vengono convogliate all'esterno.
In
riferimento a tali situazioni si è constatato che:
· nel 67% delle
ditte, le condizioni del sistema di aspirazione sono buone per corretta
manutenzione e qualità dei sacchi filtranti;
· nel restante
33% delle ditte, le condizioni risultano mediocri per bassa qualità dei sacchi
filtranti e/o per manutenzione insufficiente.
Capitolo 4
§4.“ Il danno atteso”.
Nell’impossibilità di calcolare correttamente l’indice d’incidenza
annuale (I..I), è stata ricavata una stima dello stesso utilizzando la seguente
formula:
I.I. = (numero di infortuni /numero di persone esposte
a rischio *anno) x 100
= (15 / 93*7) x 100 = 2.3 %
I.I. intero
comparto = 2.71%
dove il numeratore rappresenta il numero assoluto degli infortuni nel
periodo 1992–1998, sulla base delle informazioni raccolte nei registri
degli infortuni delle venti aziende indagate, ed il denominatore il numero di
lavoratori esposti a tale rischio, 93 lavoratori addetti ad operazioni di
finissaggio, con l’approssimazione che il numero di lavoratori negli anni di
riferimento 92-98 sia costante e pari a quello osservato nel corso del 1998.
L’indice di incidenza riferito a tutto il periodo di osservazione, pari
a 7 anni, risulta uguale al 16.1% (I.I. intero comparto = 19%)
Per il periodo indagato, si ricava un'incidenza di eventi infortunistici pari al 9,7% per impiego di attrezzi/utensili e pari al 6,4% per impiego di macchine.
La tabella 4.1 sottoriportata riassume i dati ricavati dall’indagine in riferimento alla macchina o operazione coinvolte negli infortuni.
Tab. 4.1: Danno rilevato negli
ultimi cinque anni relativa alla fase di finissaggio.
Agente materiale |
N° addetti infortunati |
Media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea |
Attrezzi manuali |
8 |
gg.
6,58 di assenza per inabilità |
Ferri
da stiro |
1 |
/ |
Spazzolatrici |
6 |
gg.11,6
di assenza per inabilità |
TOTALE |
15 |
GG. DI
ASSENZA 9,09 |
Non
sono emerse malattie professionali causate da rischi connessi alle operazioni
di finissaggio.
Capitolo 5
§5.“Gli interventi”.
§5.1
Interventi sulle macchine.
Gli interventi sostenuti o programmati più frequentemente indicati nei documenti di valutazione riprendono i contenuti delle norme del D.P.R. 459/96 (Direttiva Macchine) e del Decreto Legislativo 626/94.
§5.2
Interventi adottati sulle operazioni di finissaggio.
Per
il contenimento del rischio nell’impiego di prodotti di pulizia contenenti
solventi organici, sono stati attuati interventi sulla base delle norme
contenute nel D.P.R. 303/56 e nella Circolare del 29/03/1976 del Ministero del
Lavoro.
Relativamente ai rischi connessi all’utilizzo di prodotti di finissaggio, l’indagine svolta ha evidenziato la realizzazione, da parte delle ditte, dei seguenti interventi:
· realizzazione
di cappe di aspirazione a presidio delle operazioni di finissaggio nel 25%
delle ditte indagate;
· utilizzo di
guanti di protezione per la pelle da parte degli operatori nel 53% delle ditte;
Capitolo 6
§6.“Riferimenti legislativi”.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 94: Spazzolatrici,
sgrossatrici, lucidatrici, lissatrici, pomicini
Le macchine pulitrici e
levigatrici a nastro, a tamburo, a rulli, a disco, operanti con smeriglio o
altre polveri abrasive, devono avere la parte abrasiva, non utilizzata
nell’operazione, protetta contro il contatto accidentale.
Ø D.P.R. 19 Marzo 1956, n. 303, art.
20:
Nei lavori in cui si svolgono gas o vapori irrespirabili o tossici od infiammabili, ed in quelli nei quali si sviluppano normalmente odori o fumi di qualunque specie, il datore di lavoro deve adottare provvedimenti atti ad impedire o a ridurre, per quanto possibile, lo sviluppo e la diffusione.
L’aspirazione
dei gas, vapori, odori deve farsi, per quanto è possibile, immediatamente
vicino al luogo dove si producono.
Un’attrezzatura
di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazioni di gas, vapori o liquidi
ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munito di appropriati dispositivi
di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali
pericoli.
Ø Legge 303/1956 e Circolare 29/03/1976 n. 256 (Prevenzione
delle polinevriti da collanti – vigilanza speciale) del Ministero del Lavoro:
I posti di lavoro ove s’impiegano adesivi e vernici sciolte in solventi organici devono essere dotati di idonei impianti di aspirazione meccanica localizzata.
In
particolare:
-
la manovia deve essere schermata a tunnel con
pannelli di materiale trasparente possibilmente scorrevoli e dotata all’interno
di bocche di aspirazione dal basso e collegate con un sistema centrale
disperdente all’esterno della fabbrica i vapori. La lunghezza del tunnel deve
essere tale da garantire l’asciugamento del collante prima dell’uscita dei
pezzi dalla manovia.
La
superficie del piano di lavoro non deve essere coperta da tavole od oggetti
analoghi che rendano inefficiente l’aspirazione.
Le
macchine incollatrici devono avere annesso il sistema aspirante.
-
analogamente i banchi di lavoro ove vengano
impiegati solventi organici devono essere dotati di aspirazione localizzata
come i banchi di incollaggio.
-
manutenzione dei banchi aspiranti: il piano di
lavoro deve essere via via ripulito dalle incrostazioni che si depositano, onde
non rendere inefficace l’aspirazione.
-
contenitori di mastice o altri prodotti nocivi: è
necessario l’uso di contenitori che limitino al massimo la superficie di
evaporazione, come i dispersori a “collo d’oca”. In presenza di adesivi a due
componenti, per i quali è impossibile l’uso di dispersori, si consigliano
contenitori provvisti di coperchio, a superficie evaporante minima. I
contenitori devono recare i contrassegni e le indicazioni previste dall’art. 18
del D.P.R. 303/1956.
-
i contenitori di colle e solventi non in corso
d’impiego devono essere mantenuti chiusi.
-
le materie prime in corso di lavorazione che sono
nocive non devono essere accumulate nei locali di lavoro in quantità superiore
a quella necessaria per la lavorazione.
-
deve essere evitato ogni contatto cutaneo con i
materiali in questione, fornendo ai lavoratori idonei mezzi protettivi personali.
-
ventilazione dei locali di lavoro: deve essere
mantenuta una idonea ventilazione mediante aria di rinnovo prelevata da zona
esente da inquinamento, senza riciclo.
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art. 355: “Recipienti”.
I recipienti nei quali sono conservati prodotti o materie pericolose o nocive devono, allo scopo i rendere nota la natura e la pericolosità del loro contenuto, portare le indicazioni ed i contrassegni prescritti per ciascuno di essi dalla normativa che li disciplina.
Tale obbligo si applica a tutti i materiali e prodotti infiammabili ed esplodenti, corrosivi e aventi temperature dannose, asfissianti, irritanti, tossici e infettanti, taglienti o pungenti.
Capitolo 1
§1.“ Fase di lavorazione:
confezionamento e magazzino”.
Ultimata la lavorazione della calzatura, si passa alla fase di inscatolamento, magazzinaggio e carico per la successiva commercializzazione.
Il
confezionamento è generalmente svolto al termine della settimana lavorativa ed
è realizzato dal personale addetto anche al finissaggio.
L'operazione
consiste nel riporre la coppia di calzature in scatole apposite, rese
disponibili da ditte fornitrici prescelte; la qualità del prodotto confezionato
determinerà naturalmente il livello di qualità del confezionamento.
Avvenuto
il confezionamento, le scatole assemblate generalmente a gruppi di sei, vengono
riposte in “aree magazzino”, il più delle volte ricavate dai reparti di
produzione e sommariamente organizzate.
Capitolo 2
§2.“Attrezzature, Macchine e
Impianti”.
§2.1
Timbratrice per scatole.
Effettua il timbro indicante il modello della calzatura, la qualità del tessuto costituente ed il numero della stessa.
Tale operazione non viene sempre realizzata, in quanto, spesso, in alternativa si ricorre all’impiego di etichette autoadesive, a timbri apposti manualmente o, nelle ditte a bassa produzione, alla semplice scrittura manuale.
§2.2 Mezzi di sollevamento o di
trasporto.
Nella maggior parte delle aziende, in particolare in quelle di piccole dimensioni, le operazioni di carico e scarico delle merci, vengono effettuate manualmente. Gli operatori di norma sollevano un numero massimo di sei confezioni.
Talvolta, per agevolare e velocizzare le operazioni di trasferimento delle merci confezionate, gli operatori si avvalgono di “muletti” elettrici o, più semplicemente, di carrelli.
Capitolo 3
§3.“Il fattore di rischio”.
§3.1 Movimentazione dei carichi.
Affezioni
cronico-degenerative della colonna vertebrale possono manifestarsi nel settore
calzaturiero quale conseguenza di erronee movimentazioni dei carichi in fase di
magazzinaggio.
§3.2 Timbratrici.
Il rischio più frequente legato all’utilizzo di tale macchina è
rappresentato dalle lesioni alle dita o alle mani per schiacciamento.
L'operatore s'infortuna provocando l’azionamento accidentale del
pedale di comando e la successiva discesa del blocco mobile di timbratura.
Risultati delle osservazioni sui rischi
connessi alle movimentazione dei carichi:
Risultano
frequenti tra gli addetti gli episodi di lombalgia legati all’eccessiva
sollecitazione della colonna vertebrale.
Si
constata che:
- le operazioni di carico e scarico vengono
eseguite manualmente nel 29% dei casi; con ausilio di carrello trasportatore
nel 45% , con ausilio di muletto elettrico nel 8.5 % e con ausilio di entrambi
i mezzi nella restante quota percentuale, pari al 17.5%.
- nel 70% dei casi le confezioni di calzature
vengono accumulate a terra, per essere successivamente caricate; nel 30% dei
casi, le ditte hanno provveduto ad organizzare scaffalature su cui ordinare la
merce prima del carico.
Dai
documenti di valutazione risulta che:
-
nel 35% delle ditte indagate i lavoratori non hanno ricevuto
informazione e formazione sui rischi da movimentazione di carichi;
-
nel 25% dei casi le scaffalature su cui viene riposta la merce non sono
ancorate alle pareti con rischio di ribaltamento e di investimento del
personale;
- nel 15% delle ditte non sono stati
organizzati depositi con separazione del materiale, attrezzati per
l’immagazzinamento, delimitati e segnalati.
Risultati delle osservazioni sui rischi
connessi alle macchine:
L’indagine svolta ha evidenziato che:
- il 45% delle ditte utilizza la macchina timbratrice. Questa macchina risulta dotata di
copripedale per impedirne l’azionamento
accidentale nel 67% dei casi; alla restante quota percentuale appartengono le
timbratrici azionate manualmente.
Capitolo 4
§4.“ Il danno atteso”.
Nell’impossibilità di calcolare correttamente l’indice d’incidenza
annuale (I..I), è stata ricavata una stima dello stesso utilizzando la seguente
formula:
I.I. = (numero di infortuni /numero di persone esposte
a rischio *anno) x 100
= (3 / 22*7) x 100 = 1.94 %
I.I. intero
comparto = 2.71%
dove il numeratore rappresenta il numero assoluto degli infortuni nel
periodo 1992–1998, sulla base delle informazioni raccolte nei registri
degli infortuni delle venti aziende indagate, ed il denominatore il numero di
lavoratori esposti a tale rischio, 22 lavoratori addetti ad operazioni di
magazzinaggio, con l’approssimazione che il numero di lavoratori negli anni di
riferimento 92-98 sia costante e pari a quello osservato nel corso del 1998.
L’indice di incidenza riferito a tutto il periodo di osservazione, pari
a 7 anni, risulta uguale al 13.6 % (I.I. intero comparto = 19%)
Si osservi che non sono stati registrati infortuni occorsi su macchine, ma la totalità degli eventi è riferita ad operazioni di movimentazione di carichi (tant’è che la tabella 4.1 è rappresentativa degli infortuni per forma di avvenimento e non per agente materiale).
Tab.4.1: Danno rilevato negli
ultimi cinque anni relativa alla fase di immagazzinaggio e confezionamento.
Forma di
avvenimento |
N° addetti infortunati |
Media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea |
Sollevamento con sforzo |
3 |
gg. 14 di assenza |
Timbratrice |
0 |
/ |
TOTALE |
3 |
GG. 14 DI ASSENZA |
Non
sono emerse malattie professionali causate da rischi connessi alle operazioni
di magazzinaggio.
Capitolo 5
§5.“Gli interventi”.
§5.1 Norme di buona tecnica in fase di
carico e scarico.
Si descrivono gli interventi più frequentemente indicati nei documenti di valutazione del rischio, nel rispetto delle norme di buona tecnica:
· gli spazi previsti devono essere di dimensioni sufficienti all’immagazzinamento, devono essere chiaramente delimitati e segnalati, la pavimentazione dovrà essere resistente, orizzontale ed omogenea.
· se l’immagazzinamento è
effettuato mediante impilamento dei materiali uno sopra l’altro:
-
l’altezza della pila dovrà essere tale da
considerarsi stabile;
-
la forma e le caratteristiche di resistenza dei
materiali dovrà permettere l’impilamento.
· se l’immagazzinamento è
effettuato mediante pallets (bancali):
-
i bancali dovranno essere in buono stato di
conservazione;
-
i carichi dovranno essere in buono stato di
conservazione;
-
i carichi dovranno essere ben sicuri e fermi sui
bancali;
-
dovranno essere adottate misure per evitare
l’impilamento diretto di bancali già carichi;
-
dovrà essere previsto un limite massimo di carico
per ogni pallets.
· se l’impilamento è
effettuato mediante supporti:
-
le caratteristiche dei supporti dovranno essere tali
da facilitare l’immagazzinamento e l’utilizzo dei materiali impilati;
-
gli estremi degli elementi di forma lineare
immagazzinati orizzontalmente devono essere protetti.
· Se l’immagazzinamento sarà
effettuato mediante scaffalature:
-
le scaffalature dovranno essere stabili;
-
le scaffalature dovranno essere protette
frontalmente contro possibili urti;
-
le scaffalature dovranno avere forma e
caratteristiche di resistenza adeguate ai materiali che si immagazzinano.
Risultati delle osservazioni:
Relativamente agli interventi adottati per prevenire gli infortuni connessi alla movimentazione dei carichi manualmente o con mezzi di sollevamento, si constata che:
· nel 35% delle ditte campionate il rischio derivante dalle suddette operazioni non viene menzionato;
· nel 25% delle ditte la movimentazione è effettuata con l'ausilio di mezzi meccanici per i pesi
superiori a 30 Kg se trasportati da uomini e 20 Kg se trasportati da donne
· nel 5% dei casi sono state introdotte pause di 15’ ogni
120’ di lavoro continuativo;
· nel 15% delle ditte si è provveduto ad ancorare le
scaffalature alle pareti o evidenziarne lo stato di non-utilizzo.
Capitolo 6
§6.“Riferimenti legislativi”.
Ø
D. Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, capo V:
Movimentazione manuale dei carichi.
I
pedali di comando generale o particolare delle macchine, esclusi quelli di solo
arresto, devono essere protetti, al di sopra e ai lati da una custodia, oppure
essere muniti di altro dispositivo, che, pur consentendo un’agevole manovra,
eviti ogni possibilità di azionamento accidentale del pedale di comando.
Rif.: Timbratrice
Ø D.P.R. 27 Aprile 1955, n. 547, art.
168: “Mezzi ed apparecchi di sollevamento e di trasporto”.
I mezzi di sollevamento e di trasporto devono risultare appropriati,
per quanto riguarda la sicurezza, alla natura, alla forma e al volume dei
carichi al cui sollevamento e trasporto sono destinati, nonché alle condizioni
di impiego con particolare riguardo alle fasi di avviamento e di arresto.