PROFILI DI RISCHIO DI COMPARTO
- Settore calzaturiero-
Indice
1.
Flow Chart
2. Documento Comparto
1.1
Area geografica considerata dall’indagine.
1.2 Il sistema
calzaturiero vigevanese: caratteri produttivi, sociali e storici.
1.3 Dati
demografici-occupazionali dell’area geografica considerata.
1.4 Dati analiti del
campione indagato.
1.5 Descrizione del
ciclo produttivo.
1.6 Classificazione e
definizione dei rischi trasversali.
1.6.1 Requisiti
strutturali di sicurezza e salute dei luoghi di lavoro
1.6.2 Impianti
elettrici.
1.6.3
Illuminazione.
1.6.4 Microclima
e climatizzazione.
1.6.5 Aerazione e
ventilazione dei locali di lavoro.
1.6.6 Rischi di
esposizione o incendio.
1.6.7 Rischio
rumore.
1.7 Prodotti e materie
prime impiegate.
1.7.1 Adesivi.
1.7.2 Attivatori
e diluenti per colle.
1.7.3 Prodotti di
finitura.
1.7.4 Altre
materie prime.
1.7.5 Modifiche
nella composizione dei solventi presenti negli adesivi
impiegati nella
fabbricazione di calzature.
1.7.6
Contenimento del rischio.
1.8
Patologie professionali.
1.8.1 Solventi ed altri composti contenuti nei collanti.
1.8.2 Posture incongrue, movimenti ripetitivi a carico degli arti
superiori
(CTD) e
movimentazione dei carichi.
1.8.3 Vibrazioni al sistema mano-braccio.
1.8.4 Polveri, in particolare di cuoio.
1.8.5 Obblighi di sorveglianza sanitaria e monitoraggio biologico.
1.9
Infortuni sul lavoro.
1.9.1. Stima dell’Indice di infortunio sul lavoro.
1.9.2 Carenze inadeguatezze di frequente riscontro comuni a molte
macchine del
comparto.
1.10
Il rischio esterno.
1.10.1 I rifiuti.
1.10.2 Inquinamento atmosferico.
1.11
Riferimenti
legislativi.
1.11.1 Luoghi di lavoro.
1.11.2 Impianti elettrici.
1.11.3 Illuminazione.
1.11.4 Microclima.
1.11.5 Aerazione.
1.11.6 Incendio ed esplosione.
1.11.7
Rumore.
1.11.8
Agenti nocivi.
1..11.9
Informazione, formazione.
1.11.10
Videoterminali.
1.11.11
Macchine ed attrezzature di lavoro.
1.12 Tabella riassuntiva del profilo di rischio
nel settore calzaturiero.
3.
Documenti
fase di lavorazione.
q Fase di
modelleria.
Cap.1 Fase di lavorazione:
modelleria
1.1 Fase di creazione stilistica.
1.2 Fase di
modellazione.
1.3 Realizzazione della
tomaia.
1.4 Realizzazione dei
tacchi.
1.5 Realizzazione delle
suole.
1.6 Fase di
prototipazione.
Cap.2 Attrezzature, Macchine
e Impianti.
2.1 Sistemi manuali.
2.2 Sistemi CAD.
2.2.1 La
progettazione CAD tridimensionale.
2.2.2 la
progettazione CAD bidimensionale.
Cap.3 Il fattore di rischio.
3.1 Attività al
videoterminale.
Cap.4 Danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
Cap.6 Riferimenti
legislativi e norme di buona tecnica.
q Fase di taglio.
Cap.1 Fase di lavorazione:
taglio.
Cap.2 Attrezzature, Macchine
e Impianti.
2.1 Attrezzature
manuali.
2.2 Sistemi di taglio a
fustella.
2.3 Sistemi di taglio
senza fustella.
Cap.3 Il fattore di rischio.
3.1 Trance e fustelle.
3.2 Attrezzature
manuali.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
Cap.6 Riferimenti
legislativi.
q Fase di
giunteria.
Cap.1 Fase di lavorazione:
giunteria.
Cap.2 Attrezzature, Macchine
e Impianti
2.1 Spaccapelle
2.2 Scarnitrice
2.3 Ripiegatrice
2.4 Cucitrice
2.5 Occhiellatrice/Rivettatrice.
Cap.3 Il fattore di rischio.
3.1 Rischi connessi alle
macchine.
3.2 Il rischio
collanti: operazioni di incollaggio “giunteria”.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
5.1 Gli interventi sulle
macchine.
Cap.6 Riferimenti legislativi.
q Fase di
montaggio.
Cap.1 Fase di lavorazione:
Montaggio.
Cap.2 Attrezzature, Macchine
e Impianti
2.1
Le macchine.
Cap.3 Il fattore di
rischio.
3.1 Rischi connessi alle
macchine.
3.2 Collanti: operazioni
di incollaggio “montaggio”.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
5.1 Gli interventi sulle
macchine.
5.2 Interventi sulle
operazioni di incollaggio.
Cap.6 Riferimenti
legislativi.
q Fase di fondo.
Cap.1
Fase di lavorazione: Fondo.
Cap.2 Attrezzature,
Macchine e Impianti.
2.1 Macchine
cardatrici o raspatrici.
2.2
Macchine incollatrici.
2.3
Forni di essiccazione.
2.4
Macchina pressasuole.
2.5
Macchina prefissatacchi e inchiodatacchi.
2.6
Fresatrici per suole e tacchi.
2.7
Sgrossatrici.
2.8
Cucitrice Black.
Cap.3 Il fattore di
rischio.
3.1 Rischi connessi alle
macchine.
3.2 Collanti: operazioni
di incollaggio “fondo ”.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
5.1 Gli interventi sulle
macchine.
5.2 Interventi sulle
operazioni di incollaggio.
Cap.6 Riferimenti
legislativi.
q Fase di
Finissaggio.
Cap.1 Fase di lavorazione: Finissaggio.
Cap.2 Attrezzature,
Macchine e Impianti.
2.1 Spazzolatrici.
2.2 Ferri da stiro.
2.3 Timbratrice.
Cap.3 Il fattore di
rischio.
3.1 Rischi connessi
alle macchine o alle attrezzature.
3.2 Rischio solventi:
operazioni di pulizia del “finissaggio”.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
5.1 Gli interventi
sulle macchine.
5.3 Interventi adottati
sulle operazioni di “finissaggio”.
Cap.6 Riferimenti
legislativi.
q Fase di
confezionamento e magazzino.
Cap.1 Fase di lavorazione: confezionamento e magazzino.
Cap.2 Attrezzature,
Macchine e Impianti.
2.1 Timbratrice per
suole.
2.2 Mezzi di
sollevamento o di trasporto.
Cap.3 Il fattore di
rischio.
3.1 Movimentazione dei
carichi.
3.2 Timbratrici.
Cap.4 Il danno atteso.
Cap.5 Gli interventi.
5.1 Norme di buona
tecnica consigliate in fase di carico e scarico.
Cap.6 Riferimenti legislativi.
Parte 1
-
Flow Chart -
1.
“Flow Chart”.
Parte 2
- Documento Comparto -
§1.“Documento Comparto”.
§1.1
Area geografica considerata dall’indagine.
La
città di Vigevano, un tempo definita capitale italiana della calzatura, è
geograficamente situata al centro di un quadrilatero che ha per vertici Milano
a nord-est, Pavia a sud-est, Mortara a sud-ovest e, a nord-ovest, Novara.
Nel corso dell’indagine, nell'individuazione dei criteri
d'inclusione del campione e dell'area geografica di riferimento, è stato preso
in considerazione il territorio a più alta densità manifatturiera-calzaturiera
che risulta comprendere, oltre alla città di Vigevano, un gruppo di nove comuni
vicini, uno dei quali di dimensioni medie, la città di Mortara, e gli altri
otto di più piccole dimensioni: Garlasco, Cassolnovo, Gambolò, Tromello, Dorno,
Cilavegna, Parona e Gravellona. All’interno dell’area selezionata, che presenta
caratteri di sufficiente omogeneità e rappresentatività, si configura un vero e
proprio sistema produttivo calzaturiero, completo, autosufficiente ed
integrato, costituito, oltre che dalle aziende per la produzione della
calzatura, anche da numerose altre aziende da questa indotte (tacchifici,
suolifici, bordinifici, ecc.) o da aziende satellitari (produzione di macchine
per la fabbricazione delle scarpe, settore meccano-calzaturiero, commercio nazionale
ed internazionale di questo manufatto, ecc.).
Tale rete può essere definita un’area-sistema, vale a dire un
sistema produttivo diffuso su un territorio e composto da imprese appartenenti
a vari settori merceologici, tutti legati al settore calzaturiero.
§1.2 Il Sistema calzaturiero vigevanese:
caratteri produttivi, sociali e storici.
La
prima fabbrica di scarpe vigevanese nacque nel 1866.
Successivamente,
nell’arco di pochi anni, si svilupparono numerose aziende medio-grandi
specializzate in questa particolare produzione, caratterizzate da ampia
presenza di manodopera femminile.
Il
comparto si espanse ulteriormente con piccoli stabilimenti, spesso impiantati
da ex-operai calzaturieri, dotati di laboratori specializzati nella produzione
di accessori per calzature o nell’esecuzione di singole fasi del processo
produttivo.
Agli
inizi del ‘900 si avviò la prima officina meccanica specificatamente orientata
alla produzione/riparazione di macchine per calzaturifici. Altre officine modificarono la loro attività
originaria per soddisfare le crescenti richieste di macchinari e di utensileria
destinati all’industria calzaturiera. Sempre ad inizio secolo, si svilupparono
aziende medio-grandi di conceria.
Lo sviluppo del settore fu tale che già nel 1911 la produzione
calzaturiera divenne l’attività trainante l’economia vigevanese: risultavano
attive 50 aziende con oltre 6000 occupati (circa il 30% della popolazione
lavorativa complessiva).
Durante e subito dopo la prima guerra mondiale, grazie alle
commesse di forniture per l’esercito, la struttura produttiva continuò ad
espandersi . Analoga espansione si registrò negli anni successivi al secondo
conflitto mondiale, più precisamente dal 1951 al 1961, quando l’incremento
delle unità produttive e degli addetti del comparto, fu, rispettivamente, del
67,5% e del 93,2%. Imponente fu pertanto lo sviluppo del settore, dovuto sia
alla solidità dell'impianto, basato sulle grandi imprese capaci di prodotti
d’alta qualità, sia sulla rete delle piccole-medie imprese.
Tra il 1961 ed il 1971 si registrò il primo calo considerevole del
settore, sia in termini di unità produttive sia in termini di addetti
calzaturieri. Le unità passarono da 838 a 593 e gli addetti da 14.045 a 8.649.
Per arginare la crisi, determinata dalla presenza di nuovi concorrenti sia
italiani sia stranieri, i calzaturieri vigevanesi ricorsero ad innovazioni
tecnologiche ed organizzative, con ulteriore scomposizione del processo
produttivo e decentramento di alcune mansioni a favore di imprese esterne, più flessibili.
Tale impronta è ancora oggi percepibile: il tessuto produttivo
calzaturiero locale è, infatti, caratterizzato dalla presenza di parecchie
imprese di sub-fornitura e risulta diffuso il “lavoro a domicilio” a prevalente
partecipazione femminile.
Gli
anni settanta /ottanta videro una relativa ripresa con stimolo alla
diversificazione della produzione: si confermarono aziende con produzione di
elevata qualità e con forza lavoro altamente qualificata (nicchie di qualità
con domanda costante) e, contemporaneamente, si accrebbero aziende con
produzione di manufatti a basso costo, molte delle quali di piccola e
piccolissima dimensione.
Infine nell’ultimo ventennio le modifiche e le ristrutturazioni
del distretto produttivo hanno comportato:
1. una sensibile riduzione del numero di unità
produttive, che passano da 839 nel 1981 a 702 nel 1992, e una contrazione
marcata dell’occupazione, che da 10.000 unità nel 1981 si riduce fino ad
arrivare agli attuali 4.000 addetti;
2. la razionalizzazione dell’organizzazione
della produzione attraverso una disintegrazione del ciclo produttivo, che ha
implicato anche una diminuzione consistente del numero medio di addetti per
impresa pari a dodici nel 1981 ed a sette negli ultimi anni;
3. la riqualificazione della produzione verso
fasce di domanda di articoli di alta qualità in cui i nuovi concorrenti dello
scenario internazionale (Taiwan, Sud Corea) non fossero competitivi;
4. la diversificazione della produzione verso
comparti contigui, in particolare quelli meccanico-calzaturiero, degli
accessori in gomma-plastica e delle finte pelli.
Nonostante tale calo complessivo del settore , l’area vigevanese
rimane ancora importante tra le aree
calzaturiere presenti in Italia, soprattutto grazie alla presenza di tutti i
comparti correlati: l’industria degli accessori, la produzione delle pelli
sintetiche, di articoli in gomma e in plastica e l’industria
meccano-calzaturiera.
§1.3 Dati demografici-occupazionali
dell'area geografica considerata.
Il comprensorio vigevanese ad alta prevalenza
di produzione calzaturiera comprende i comuni di: Vigevano (abitanti 60.384),
Mortara (14.093 abitanti), Gambolò (7.654 abitanti), Garlasco (9.572 abitanti),
Cassolnovo (5.571 abitanti), Cilavegna (4.416 abitanti), Dorno (4.084
abitanti), Tromello (3.123 abitanti), Gravellona (1.994 abitanti), Parona
(1.500 abitanti).
Il numero complessivo di residenti nell’area di nostro interesse è
pari a circa 112.000, di cui 28.000
occupati nel settore manifatturiero; risultano attive nell'area 450 aziende calzaturiere con circa 4.000
occupati.
§1.4 Dati analitici del campione
indagato.
Al
fine di realizzare l’indagine sui profili di rischio di comparto , nell’area
geografica sopra individuata, si è
provveduto a selezionare un campione di venti aziende, rappresentativo
dell’intero settore produttivo usufruendo degli elenchi delle imprese forniti
dall’Associazione Vigevanese Industriali e dalla locale Camera di Commercio.
I criteri di selezione hanno riguardato:
· appartenenza a classi dimensionali diverse per quanto concerne
numero di addetti. Il campione estrapolato comprende imprese piccole (n°
dip.< 10), imprese medio-grandi (n° dip. < 50) e imprese grandi (n° dip.³ 50);
· profili qualitativi differenti del prodotto finito (qualità fine,
medio-fine, sportiva, ecc.);
· distribuzione geografica, coinvolgendo ditte con insediamenti
produttivi localizzati nei 9 comuni limitrofi alla città di Vigevano, inclusi
nell'area di interesse.
La tabella 1.1 fornisce una sintetica immagine del campione
analizzato, alla luce dei criteri sopra elencati:
Tabella 1.1: Profilo dei calzaturifici campionati.
PRODOTTO FINITO |
Dipendenti <10 (percentuale inclusa) |
10 £ Dipendenti< 50 (percentuale inclusa) |
Dipendenti. ³50 (percentuale inclusa) |
Calzature fini e lusso |
0% |
0% |
20% |
Calzature medio fine |
5% |
20% |
5% |
Calzature media qualità |
15% |
5% |
0% |
Calzature sportive |
20% |
5% |
0% |
Calzature per bambino |
5% |
0% |
0% |
TOTALE 20 aziende |
45% 9 aziende |
30% 6 aziende |
25% 5 aziende |
Come già presentato nel flow-chart il ciclo produttivo del
comparto calzaturiero è stato diviso nelle
fasi di lavorazione:
1. MODELLERIA
2. TAGLIO/TRANCERIA
3. GIUNTERIA
4. MONTAGGIO
5. FONDO
6. FINISSAGGIO
7. CONFEZIONAMENTO E IMMAGAZZINAGGIO.
Sulla base del riconoscimento di queste fasi, la tabella 1.2 schematizza l’organizzazione evidenziata nell’indagine svolta sul campione di venti aziende (presenza della fase di lavorazione internamente alla ditta e numero di addetti).
Tabella 1.2: Profilo dei
calzaturifici campionati.
FASE
DI LAVORAZIONE |
Percentuale
riscontrata su campione indagato |
N° addetti Uomini
|
N° addetti Donne |
N° addetti TOTALE |
Modelleria |
70% |
26 |
1 |
27 |
Taglio/tranceria |
80% |
21 |
115 |
136 |
Giunteria |
85% |
11 |
271 |
282 |
Montaggio |
85% |
120 |
29 |
149 |
Fondo |
80% |
125 |
26 |
151 |
Finissaggio |
100% |
14 |
79 |
93 |
Confezion./immagazzin. |
100% |
18 |
4 |
22 |
TOTALE |
|
335 |
525 |
860 |
§1.5
Descrizione del ciclo produttivo.
Nel
settore calzaturiero sono comprese tutte quelle lavorazioni che portano alla
produzione di manufatti che servono a “vestire” il piede: scarpe, sandali,
ciabatte, stivali, ecc.
Il
ciclo tecnologico è spesso organizzato con la separazione delle fasi di
lavorazione tra il calzaturificio vero e proprio e le aziende minori
complementari, quali tomaifici, solettifici, tacchifici , ecc.
Molto
diffuso nel comparto calzaturiero è il lavoro a domicilio per la produzione
degli elementi che compongono la scarpa ed in particolare la tomaia.
Un altro fattore di cui tenere conto è la qualità dell’articolo prodotto, se pregiato o di serie, in quanto condizionante l’organizzazione del lavoro e i materiali usati.
Le
materie prime utilizzate sono:
- pelli naturali, pelli sintetiche (poliuretano, PVC, ecc.);
- cuoio, gomma;
- collanti (lattici, mastici, colle solide costituite da materie plastiche termofusibili);
- coloranti, vernici, lucidi;
- solventi da rifinitura;
- tessuti.
Una
calzatura si compone di due parti:
1) SUOLA: parte della calzatura che posa in terra (pianta), a sua
volta formata da tre parti: tacco, soletta e suola propriamente detta;
2) TOMAIA: parte superiore
della calzatura.
Il processo produttivo inizia nel reparto di taglio con il taglio delle pelli e dei gropponi di cuoio per mezzo di trance, con preparazione di tomaie, suole, fodere ed accessori. Successivamente, nelle fasi di giunteria si procede all’assemblaggio e alla cucitura delle tomaie; a queste, con apposite macchine per cucire, nel reparto orlatura, sono montate le eventuali guarnizioni.
Segue l'operazione di montaggio su forma: con l’uso di chiodi e piantachiodi si inseriscono i contrafforti ed il sottopiede. La tomaia montata, dopo essere passata nel forno di stiraggio, è preparata per l’applicazione della suola. Questa viene applicata mediante collante e con l’intervento di una pressa; a volte viene anche cucita con apposita cucitrice. Una macchina piantatacchi provvede all’applicazione finale del tacco. Nel caso di suole in gomma, si impiega invece un’apposita pressa che provvede al fissaggio di suola e tacco.
La successiva finitura consiste nella fresatura e smerigliatura del tacco e della suola a mezzo di macchine utensili rotanti; seguono la coloritura della lissa (parte perimetrale della suola), del tacco e della suola intera, la ceratura della suola e la pulitura della tomaia con solventi e/o spazzole. Le operazioni si concludono con le operazioni di apprettatura e di lucidatura dei manufatti. Ultima operazione consiste nel confezionamento ed inscatolamento.
La
separazione del ciclo, con fasi di esso realizzate in aziende specializzate, ha
dato luogo ad una classificazione merceologica particolareggiata della quale
proponiamo una sintesi nella tabella 1.3.
Nella tabella 1.4 vengono indicate le operazioni unitarie presenti nel ciclo e la relativa denominazione corrente della mansione.
Tabella 1.3: Definizione merceologica delle principali
aziende incluse nel comparto calzaturiero.
Bordinificio, Calzaturificio, Contraffortificio, Fettuccificio, Finissaggio, Formificio, Giunteria, Guardolificio, Montaggio, Pantolificio, Solettificio, Suolificio, Tacchificio, Tomaificio, Tranceria.
Tabella 1.4: Reparto/Fasi di lavorazione/denominazione
corrente della mansione.
Reparto |
Operazione |
Denominazione
corrente della mansione |
|
||
Modelleria |
1. Ideazione/preparazione modello |
Modellista |
|
||
Taglio |
1.Taglio |
Tagliatore |
|
||
|
2.Timbratura, Occhiellatura
|
Timbratrice |
|
||
Giunteria |
1.Spaccatura o Egualizzatura |
Spaccatrice |
|
||
|
2.Scarnitura |
Scarnitrice |
|
||
|
3.Assemblaggio fodere |
Orlatrice |
|
||
|
4.Assemblaggio della tomaia |
Preparatrice o orlatrice |
|
||
|
5.Ripiegatura |
Preparatrice o orlatrice |
|
||
|
6.Bordatura |
Bordatrice |
|
||
|
7.Cucitura della tomaia |
Orlatrice |
|
||
|
8.Applicazione nastrini |
Orlatrice |
|
||
|
9.Incollaggio fodera/tomaia |
Preparatrice |
|
||
|
10.Messa in fodera |
Orlatrice |
|
||
Montaggio |
1.Applicazione sottopiede o soletta alla forma |
Preparatore/ice |
|
||
|
2.Applicazione del puntale alla tomaia |
Preparatore/ice |
|
||
|
3.Applicazione dello sperone |
Preparatore/Masticiatore |
|
||
|
4.Spalmatura collante bordo tomaia, sottopiede |
Preparatore/Masticiatore |
|
||
|
5.Premonta/monta |
Montatore /Imbroccatore |
|
||
|
6.Garbasperoni |
Montatore /Calzolaio |
|
||
|
7.Tirafodere |
Montatore /Calzolaio |
|
||
|
8.Montafianchi |
Montatore /Calzolaio |
|
||
|
9.Montabuetta |
Montatore /Calzolaio |
|
||
|
10.Levachiodi |
Levachiodi |
|
||
|
11.Ribattitura |
Ribattitore |
|
||
|
12Buettatura |
Buettatore |
|
||
|
13Fasciatura zeppa |
Masticiatore |
|
||
Fondo |
1.Tranciatura Suole e tacchi |
Tranciatore |
|
||
|
2.Cardatura o scartatura |
Cardatore/Scartatore |
|
||
|
3.Riempimento sugherina |
Incollatrice |
|
||
|
4.Spalmatura collante fondo e suola |
Incollatrice/Masticiatrice |
|
||
|
5.Pressatura |
Pressatore |
|
||
|
6.Cucitura Black |
Cucitore |
|
||
|
7.Sgrossatura |
Sgrossatore |
|
||
|
8.Fresatura suole |
Fresatore |
|
||
|
9.Applicazione tacchi (colla o chiodi) |
Incollatrice |
|
||
|
10.Fresatura tacchi |
Fresatore |
|
||
|
11.Smerigliatura
|
Smerigliatore |
|
||
Finissaggio |
1.Coloritura |
Coloritore |
|||
|
2.Pomiciatura suola |
Pomiciatore |
|||
|
3.Coloritura suola |
Coloritore |
|||
|
4.Lucidatura suola |
Lucidatore |
|||
Inguarnitura, Rifinitura |
1.Pulitura e lavatura della scarpa |
Inguarnitrice/ Rifinitrice |
|||
|
2.Applicazione tallonetta |
Inguarnitrice |
|||
|
3.Aprettatura |
Inguarnitrice |
|||
|
4.Lucidatura |
Inguarnitrice |
|||
|
5.Stiratura |
Inguarnitrice |
|||
|
6.Scatolatura |
Inguarnitrice |
|||
Magazzino |
1.Carico-scarico merci |
Magazziniere |
|||
§1.6
Classificazione e definizione dei rischi trasversali.
Prima
di analizzare i rischi caratteristici del settore calzaturiero, scomponendoli
capitolo per capitolo nelle singole fasi di lavorazione tipiche, si valutano
complessivamente i rischi “trasversali”, intesi quali rischi comuni
a tutte le mansioni all’interno del ciclo lavorativo.
Rischi traversali
q Requisiti strutturali di sicurezza e
salute dei luoghi di lavoro
q Impianti
elettrici
q Illuminazione
q Microclima
e climatizzazione
q Aerazione
e ventilazione dei locali di lavoro
q Rischi
di esplosione o incendio
q Rischio
rumore
q Prodotti
e materie prime impiegati (vedi capitolo 1.7)
Per
ciascuno dei rischi considerati, si presentano le variabili analizzate ed i
risultati delle osservazioni tratte dai sopralluoghi e dall’analisi dei
documenti di valutazione delle venti aziende campionate. I riferimenti normativi
propri delle variabili citate sono da ricercare al cap.1.11.
Il
rischio “Prodotti
e materie prime impiegati”, data la considerazione che merita il
tema, sarà invece trattato in un apposito capitolo (rif. capitolo 1.7) e
ripreso nei singoli documenti riferiti alle fasi di lavoro.
§ 1.6.1 Requisiti strutturali
di sicurezza e salute dei luoghi di lavoro.
Sono state raccolte informazioni relative alle seguenti variabili:
§ anno di
costruzione dell'edificio in cui ha sede la ditta, anno/i di adattamento,
anno/i d’ampliamento;
§
numero dei locali, adibiti a reparti e lavorazioni,
che costituiscono la fabbrica;
§
disponibilità di spazio in relazione alla
lavorazione che vi si svolge ed al numero di addetti;
§
numero porte e portoni, numero di uscite di emergenza;
§
vie di uscita ed emergenza, presenza di ostacoli;
§
aree di transito, viabilità interna ed esterna,
presenza di ostacoli;
§
servizi igienici, servizi assistenziali, docce e
spogliatoi;
§
scale, parapetti;
§
pavimentazione;
§
altezza e superficie del locale, superficie
finestrata;
§
locali seminterrati o sotterranei;
§
locali adibiti ad immagazzinamento.
Risultati delle osservazioni:
Gli
edifici sede delle aziende calzaturiere visitate hanno spesso una vetustà più
elevata, in media di circa un decennio, rispetto alla data di inizio
dell’attività.
In questa condizione risultano l’80% delle ditte, mentre il rimanente 20% presenta una contemporaneità tra la costruzione dell’insediamento produttivo e l’effettivo avvio dall’attività. Tale scarto indica che, nella maggioranza dei casi, le attività produttive sono state avviate in edifici già esistenti, progettati e per lunghi tempi impiegati in attività manifatturiere differenti, per dimensioni aziendali e tipologia di impianti produttivi.
La
vetustà degli insediamenti produttivi emerge osservando le proporzioni dei
reparti e/o la loro irrazionale distribuzione. Gli edifici sede delle aziende
di più vecchio insediamento presentano spesso dimensioni inadeguate, sia in
eccesso (situazioni produttive mantenutesi in vecchi edifici che riflettono
l’antico splendore della produzione calzaturiera e godono di ampi spazi,
attualmente solo parzialmente sfruttati), sia in difetto (situazioni produttive
ubicate nei centri storici, in locali angusti ).
L’indagine svolta ha evidenziato che nel 65% delle aziende vi è un unico locale adibito alla produzione (nel 25% due locali e nel 10% tre locali). Comprese in questa percentuale vi sono:
- sia aziende che svolgono un'unica fase del ciclo di produzione della calzatura, condizione adeguata in quanto ad un locale corrisponde una sola fase lavorativa;
- sia aziende con più fasi lavorative, condizione inadeguata poiché in un unico locale sono presenti più lavorazioni a diverso rischio.
Tipiche al riguardo sono le presenze in un unico locale di operazioni di montaggio/fondo con operazioni di giunteria/finissaggio. Deriva, per i lavoratori addetti a queste ultime operazioni, un elevato rischio indiretto da collanti e rumore, eliminabile con la semplice separazione dei locali.
Esempio altrettanto significativo d’inadeguatezza, pure correggibile con la progettazione di spazi di lavoro separati, è rappresentato dalla collocazione della fase modelleria. Tale fase di lavoro, priva di rischi rilevanti quando ubicata in uno spazio proprio, viene spesso inserita o direttamente nei reparti di produzione, o in locali a cubatura ridotta comunque ad esso comunicanti (38% dei casi campionati), facendone aumentare i rischi.
L’indagine
ha inoltre evidenziato:
- insufficiente disponibilità di spazi di lavoro adeguati alle
varie postazioni (10%);
- inadeguatezza delle porte dei locali di lavoro: numero e
larghezza insufficiente (15%);
- accatastamenti pericolosi in corrispondenza di spazi di lavoro e
presenza di ostacoli in zone di passaggio all’interno dell’azienda (25%);
- inadeguatezza dei servizi igienici e degli spogliatoi: mancata
separazione dei locali per sesso, errata ubicazione di docce e lavabi non
comunicanti con gli spogliatoi, mancanza di erogatori a sapone liquido, assenza
di mezzi per asciugarsi a perdere o in alternativa di apparecchi ad aria calda
(15%);
- inadeguatezza delle scale e dei parapetti: assenza di bande
antiscivolo, di corrimano e di parapetti normali con arresto al piede (35%);
- mancata evidenziazione delle superfici vetrate in corrispondenza
di aree di ingresso ai capannoni o vicino ad installazioni pericolose; mancata
indicazione del carico massimo ammissibile su piani rialzati; mancata
segnalazione dei macchinari in disuso (35%);
- inadeguatezza delle vie e uscite di emergenza: ostacoli su vie
di fuga o in corrispondenza di uscite di sicurezza, mancanza di segnaletica di
legge o di illuminazione adeguata (35%);
- pavimentazione sconnessa o inadeguata (10%);
- mancanza di spazi da adibire al solo stoccaggio ed
immagazzinamento (15%).
Tutte le carenze strutturali sopra esaminate possono essere causa d’infortunio. La tabella 1.5 riassume gli eventi infortunistici riferiti al periodo 1992–1998 che, per la tipologia dell’agente materiale o per la dinamica, sono da attribuire a questa categoria di rischio.
Tabella 1.5: Eventi infortunistici
connessi a carenze strutturali relativi al periodo 1992/1998.
Agente materiale
|
Natura della lesione* |
Infortuni (n) |
Media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea (gg) |
Superficie di transitoAperture pavimenti pareti Arredi, impianti fissi |
CONTUSIONE,
TRAUMI, DISTORSIONI DA URTO O CADUTA |
15 |
11,9 |
TRAUMA
DA SCHIACCIAMENTO |
11 |
6,7 |
|
Scale e passerelle |
DISTORSIONE
CAVIGLIA |
4 |
20,25 |
DISTORSIONE
POLSO |
1 |
30 |
*NOTA: lesioni non gravi, secondo
la definizione di cui all’art. 590 c.p.
Per comodità di esposizione, separatamente ,nella tabella 1.6 , si completano i dati relativi agli infortuni sul lavoro non coinvolgenti impiego di macchine o attrezzature , riportando i casi d’infortunio occorsi al di fuori dei reparti produttivi, in itinere e all’interno del perimetro di proprietà aziendale.
Tabella 1.6: Eventi infortunistici
occorsi al di fuori dei reparti produttivi relativi al periodo 1992/1998.
Forma di avvenimento |
Natura della lesione |
Infortuni (n) |
Media dei giorni di assenza per
inabilità temporanea (gg) |
Incidente alla guida Caduta in piano; piede in fallo |
CONTUSIONE,
TRAUMA |
3
|
229 |
CONTUSIONE,
TRAUMI, DISTORSIONI DA URTO O CADUTA |
3 |
35,5 |
§ 1.6.2 Impianti elettrici.
Sono state
raccolte informazioni relative alle seguenti variabili:
·
modello B di denuncia di installazione di impianto
di messa a terra;
·
verifiche biennali dell’impianto di messa a terra;
·
dichiarazione di conformità alla regola dell’arte
per gli impianti realizzati successivamente alla data di entrata in vigore
della L.46/90 (13.03.90).
Risultati delle
osservazioni:
Il 20% delle aziende non ha presentato regolare denuncia di messa a terra degli impianti elettrici su apposito Modello B.
E’
stata inoltre osservata una scarsa attenzione complessiva al rischio elettrico,
desumibile sia dalla presenza di pericoli evidenti (cavi elettrici a vista,
elementi in tensione protetti con nastro isolante) , sia dalla diffusa assenza
della relativa segnaletica (assenza di cartello di divieto di utilizzo di acqua
per spegnere incendi nelle zone in cui sono presenti impianti elettrici o
apparecchiature elettriche in tensione,
assenza di divieto di utilizzo
di cavi volanti attraverso i locali ).
§ 1.6.3. Illuminazione.
Le variabili relative alle condizioni d’illuminamento considerate sono quelle indicate dalle norme legislative e di buona tecnica (rif. capitolo 1.11).
Risultati delle osservazioni:
Il 25 % delle aziende campionate ha omesso la valutazione del fattore di rischio illuminazione; nel restante 75% è stato osservato:
- inadeguatezza dei sistemi di illuminazione: lampade non dotate
di elementi diffusori o schermature, lampade al neon non protette contro urti
accidentali (15%);
- assenza di impianto di illuminazione di emergenza (25%);
- mancata predisposizione di un programma di manutenzione
preventiva e periodica degli impianti di illuminazione (10%).
§
1.6.4 Microclima e climatizzazione.
Le variabili relative alle condizioni microclimatiche nei locali di lavoro qui considerate sono quelle indicate dalle norme legislative e di buona tecnica (rif. capitolo 1.11).
Risultati delle osservazioni:
I parametri di temperatura registrati risultano compresi nei limiti raccomandati e quindi non rappresentano un rischio per la salute dei lavoratori.
§ 1.6.5 Aerazione e
ventilazione dei locali di lavoro.
Le variabili relative alle condizioni di aerazione/ventilazione nei locali di lavoro qui considerate sono quelle indicate dalle norme legislative e di buona tecnica (rif. capitolo 1.11).
Risultati delle osservazioni:
Il 50% delle imprese ha omesso la verifica di rispondenza ai requisiti normativi relativi al fattore aerazione/ventilazione.
Il 25% delle imprese ha evidenziato un’insufficienza del numero di ricambi d’aria nei locali di produzione attribuibile all’inadeguatezza dei sistemi di ventilazione naturale o forzata: detta inadeguatezza, genericamente attribuita alla mancata definizione di locali separati destinati ai fumatori, è stata concretamente risolta da una sola impresa attraverso:
- la disposizione di una adeguata superficie finestrata apribile;
- la predisposizione di impianto di termoventilazione o condizionamento, correttamente dimensionato.
§ 1.6.6 Rischi di esplosione o
incendio.
Attraverso sopralluogo ed analisi dei documenti di valutazione del rischio ex art. 4 del D.L.gs 626/94, sono state raccolte informazioni sulle variabili relative al rischio di incendio indicate al capitolo 1.10.
Risultati delle osservazioni:
Considerato il totale delle aziende tenute al possesso di Nulla Osta Provvisorio (N.O.P.) o Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.) , il 25% di esse risulta inottemperante. I piani di emergenza predisposti, comprendenti piano antincendio e piano di evacuazione, hanno evidenziato:
- inadeguata o assente formazione ai lavoratori incaricati dell’attività di antincendio ed evacuazione (10%);
- alta densità di macchinari che non agevola la fuoriuscita dai
locali (5%);
- scarsa
manutenzione di estintori e idranti
(10%);
- assenza di sistemi di rilevamento di incendio (5%);
- assenza di segnaletica di sicurezza e antincendio di varia tipologia, quale:
a) segnaletica che vieti l’utilizzo di
acqua per spegnere incendi in zone con presenza impianti elettrici o
apparecchiature in tensione (5%);
b) planimetria con schema rete
idrica, indicante i luoghi dotati di
mezzi fissi e mobili per estinzione incendio (5%);
c) divieto di fumare nei locali
a rischio (15%);
d) divieto di uso di fiamme
libere nei locali ove sono presenti
prodotti infiammabili (5%);
-
cattiva manutenzione della segnaletica di sicurezza e antincendio (10%).
§ 1.6.7 Rischio rumore.
Sono
state analizzate le valutazioni del rischio rumore realizzate in ottemperanza
al Decreto Legislativo del 15 agosto 1991 n. 277.
Il
rumore che si riscontra nei calzaturifici è di tipo intermittente con intensità
che aumenta quando i pezzi vengono lavorati sulle macchine. Possibile è anche
la reciproca interferenza tra rumori prodotti da macchine vicine.
E'
perciò frequente che nelle stesse posizioni si possano registrare livelli
sonori molto variabili nel tempo.
Si evidenzia inoltre un fenomeno di intercambiabilità di mansione, o comunque l’alternanza di operazioni differenti per il medesimo addetto, fattore che contribuisce anch’esso ad elevare la varianza delle misure.
Studi di rumorosità realizzati in passato su un elevato numero di calzaturifici hanno condotto a conclusioni generali, quali:
-
la grande maggioranza dei calzaturifici ha nel
proprio ciclo produttivo macchine che producono una rumorosità superiore a 85 dB(A);
-
la rumorosità di centro ambiente e conseguentemente
i valori di Lep,d aumentano in proporzione al numero di macchine presenti
nell'ambiente, e ciò indipendentemente da altre variabili (cubatura, struttura
dei locali, ecc.);
-
occorre la presenza di almeno 4 macchine con
rumorosità superiore a 85 dB(A) per causare un livello di rumorosità media a
centro ambiente superiore a 85 dB(A);
-
reparti di giunteria e finissaggio, uniti nello
stesso locale di lavoro con i reparti di montaggio e fondo, presentano, valutando
la reciproca influenza di tutte le variabili potenzialmente incidenti sul
livello di rumorosità, valori medi di rumore a centro ambiente mediamente
superiori di 5 dB(A) rispetto alla situazione di reparti separati.
I
provvedimenti di contenimento del rischio più frequentemente osservati sulle
macchine del comparto risultavano:
1.
uso di giunti flessibili sugli impianti di
ventilazione generali e localizzati;
2.
cappe di rivestimento dei macchinari;
3.
silenziatori su motori elettrici, compressori,
ventilatori;
4.
barriere fonoassorbenti;
5.
segregazione di lavorazioni;
Risultati delle osservazioni:
Rumorosità delle fasi di
lavoro.
La
valutazione del rischio rumore nelle venti aziende indagate ha fornito 576
misurazioni riguardanti la rumorosità prodotta nell’espletamento di attività
manuali e meccaniche. Risulta che:
· 26 misurazioni
(4,5%) documentano una rumorosità superiore a 90 dB (A);
· 85 misurazioni
(14,7%) documentano una rumorosità compresa fra 85 e 90 dB (A);
· 102 misurazioni
(17,7%) documentano una rumorosità compresa fra 80 e 85 dB (A);
· 363 misurazioni
(63%) documentano una rumorosità inferiore a 80 dB (A).
Le
misurazioni riferite al primo gruppo derivano da attività meccaniche, ovvero da
attività che comportano l’uso delle macchine elencate nella tabella 1.7, di cui
si indica il valore massimo di rumorosità:
Livelli equivalenti di esposizione Lep,d.
Sono stati calcolati 162 Lep,d riferiti a mansioni svolte nei diversi reparti produttivi. Tra questi:
- n° 4 valori (1,8%) superano i 90 dB (A);
- n°60 valori (19,75%) sono compresi tra a 85-90 dB (A),
e sono riferiti a mansioni svolte nei reparti:
-
tranceria
suole/lavorazione fondo (1,8%);
-
montaggio (4,32%);
-
fondo
(12,34%);
-
taglio (0,61%).
Tabella
1.7: Rumorosità delle macchine
Macchine |
rumorosità dB (A) |
-
battiboette |
-
99,7 |
-
imboettatrice |
-
99,0 |
- ribattitrice |
- 99,5 |
-
pianta tacchi |
-
97,0 |
-
cucitrice Black |
-
97,0 |
-
apriincrene |
-
95,8 |
-
fresa cuoio |
-
95,5 |
-
montagancetti |
-
94,8 |
-
inchioda fodere |
-
93,0 |
-
cucitrice suole |
-
91,6 |
-
smeriglia |
-
91,0 |
-
pistola-spara gancetti |
-
91,7 |
-
montafianchi |
-
95,3 |
-
calzera |
-
93,0 |
Viene dunque evidenziato che:
1) il reparto con più alti livelli di esposizione a rumore è il reparto fondo, dove si collocano
anche due dei tre valori di Lep,d che superano i 90 dB(A). In questo reparto
sono presenti alcune delle macchine a più alta rumorosità sopra citate, ed
esattamente:
- frese 95,5 dB (A);
-
cucitrici
Black 97,0 dB (A);
-
montafianchi 95,3 dB(A);
2) nel reparto montaggio, i lavoratori sono esposti a valori di Lep,d moderatamente alti,
spesso conseguenza del rumore prodotto
da macchine tipiche delle operazioni di fondo collocate in aree limitrofe. Nel
caso dei reparti di montaggio ubicati nello stesso locale del fondo
(5,5% dei casi), si ha una rumorosità più elevata che nei reparti montaggio ubicati
in locali separati;
3)
i reparti meno interessati dal rumore sono la modelleria,
la giunteria,
il finissaggio
e l'inguarnitura.
E’
stato osservato che nel campione di 860 lavoratori presenti nelle 20 aziende
valutate, solo 218, pari al 24,7%, risulta esposto a livelli di rumorosità
personale giornaliera (Lep,d) superiori a 80 dB(A).
Questa
percentuale di esposti così si ripartisce nei singoli reparti:
1)
il 53,6% è addetto alle operazioni di fondo, di
cui il:
-
23,5% di addetti esposti a Lep,d compresi fra 80 e
85 dB(A);
-
28,1% di addetti esposti a Lep,d compresi fra 85 e
90 dB(A);
-
2,0 % di addetti esposti a Lep,d > 90 dB(A);
2)
il 29,3 % è addetto alle operazioni di montaggio, di
cui:
-
22,8% di addetti esposti a Lep,d compresi fra 80 e
85 dB(A);
-
5,2% di addetti esposti a Lep,d compresi fra 85 e 90
dB(A);
-
1,3% di addetti esposti a Lep,d > 90 dB(A);
3)
il 7,8% è addetto alle operazioni di giunteria, con
un’esposizione di Lep,d compresa fra 80 e 85;
4)
il 9,3 %, è addetto alle operazioni di finissaggio,
di cui:
-
8,7% addetti esposti a Lep,d compresi fra 80 e 85
dB(A);
-
0,6% di addetti esposti a Lep,d compresi fra 85 e 90
dB(A).
In sintesi, i dati di rumorosità rilevati nel settore documentano un livello di rischio contenuto.
Come documentano le indagini fonometriche effettuate, ciò è da riferirsi principalmente a fattori organizzativi: il lavoratore, nell’arco della giornata, svolge diverse mansioni cui corrispondono livelli sonori diversi con tempi di permanenza variabili. Ne deriva che l’esposizione conseguente all’uso di macchine rumorose viene abbattuta perché alternata ad attività a basso livello di rumorosità.
§1.7 Prodotti e materie prime impiegati.
I prodotti usati nei calzaturifici, rilevanti sotto il profilo
igienico-sanitario, sono fondamentalmente appartenenti ai seguenti gruppi
funzionali:
1.7.1.adesivi utilizzati nelle fasi di
lavoro di giunteria e di manovia fino all'incollaggio della suola alla scarpa;
1.7.2. attivatori e diluenti utilizzati per alcuni tipi
di adesivi;
1.7.3.prodotti di finitura costituiti da coloranti,
vernici, lucidi, appretti e da solventi per pulitura, utilizzati nelle fasi di
lavoro di finissaggio;
1.7.4.altre materie prime e semilavorati.
§ 1.7.1 Adesivi.
Un adesivo si può definire, in linea generale, come una sostanza idonea
a tenere unite due superfici mediante adesione specifica o meccanica. Secondo
la forma in cui si presenta, l’impiego cui è destinato, un adesivo viene
definito nella pratica applicativa con terminologia varia: ad esempio è detto “collante”
quando si presenta in forma di liquido più o meno viscoso, “mastice”(o
“tenacio”
in gergo calzaturiero) quando ha una consistenza semi-solida, “sigillante”
se serve per otturare e sigillare.
Si userà qui la denominazione “adesivo” per tutti i prodotti sopra menzionati. Un adesivo è essenzialmente costituito dalla soluzione di determinate sostanze (polimeri ed elastomeri) in uno o più solventi, con l'eventuale aggiunta di opportuni additivi.
Si possono pertanto individuare due fasi, una solida ed una liquida. La composizione si può schematicamente rappresentare come segue:
Sostanza base. La sostanza base stabilisce una prima classificazione
degli adesivi; essa caratterizza inoltre il tipo di adesivo sotto il profilo
applicativo e, seppure entro un margine di variabilità in cui i prodotti
possono differenziarsi l'uno dall'altro, ne definisce anche la formulazione (ad
una certa base devono obbligatoriamente corrispondere alcuni solventi).
Distinguiamo adesivi a base di:
-
gomma naturale o para o lattice naturale o CREP,
ottenuta per coagulazione mediante affumicamento del lattice dell'Hevea
brasiliensis;
-
neoprene;
-
poliuretani;
-
altre resine, gruppo poco rappresentato che include
resine e gomme sintetiche quali polimeri SBR, butil rubber, nitrici,
polivinilici, poliacrilici, polivinilacetati, poliammidi, ecc. oppure derivati
della cellulosa quali nitrocellulosa, etilcellulosa, ecc.
-
termofusibili, adesivi solidi che vengono resi
fluidi per azione di calore o di calore
e pressione.
Adesivi di largo impiego sono quelli a base di gomma naturale e
neoprene. Di notevole importanza sono anche gli adesivi poliuretanici, il cui
uso si è sempre più diffuso nell'ultimo ventennio. Gli adesivi neoprenici e
poliuretanici possono essere utilizzati anche come “adesivi a due componenti”,
aggiungendo cioè al momento dell'uso una determinata quantità di un secondo
componente, il cosiddetto attivatore (poli-isocianato), che ne
esalta e migliora le proprietà adesive. Gli adesivi termofusibili (hot melt)
non contengono solventi ed hanno la proprietà di liquefarsi col calore per
risolidificarsi con il raffreddamento, realizzando la giunzione delle parti da
incollare. L'impiego di questi adesivi termofusibili si va diffondendo, implicando
dal punto di vista preventivo un auspicabile miglioramento.
Additivi. Tra gli addittivi della sostanza base si citano solo i
plastificanti, tra i quali il più noto, sotto il profilo tossicologico, è il
tri–orto-cresilfosfato. Vengono impiegati altri additivi quali resine
terpeniche, fenoliche, ossidi metallici (Mg, Zn), cariche minerali inerti
(silice amorfa), ecc..
Solventi La funzione del solvente è quella di consentire la
distribuzione uniforme della resina collante e, quindi, di evaporare per permettere
la perfetta adesione tra le parti da incollare. La scelta di solventi ad alta
volatilità consente di accelerare le fasi d'incollaggio. I solventi contenuti
nei prodotti impiegati possono essere classificati nei gruppi elencati nel DPR
n° 303/56 all’articolo 33:
- gruppo 30: eteri di petrolio e benzina (idrocarburi paraffinici bassobollenti quale n-esano, cicloesano, eptano, ecc.);
- gruppo 32: glicoli e loro derivati (glicole etilenico, monobutiletere, glicole etilenico, monoetiletere acetato,ecc.);
-
gruppo 33: idrocarburi benzenici (benzolo, toluolo,
xilolo ed omologhi);
- gruppo 38: derivati alogenati degli idrocarburi alifatici (tetracloroetano, trielina, cloruro di metilene,ecc.);
-
gruppo 39: acetone e derivati(meti-etil-chetone,
metilisobutilchetone, ecc.);
-
gruppo 40: alcoli(etilico, amilico, butilico, ecc.);
- gruppo 41: esteri(acetato di etile, acetato di butile, ecc.).
Una classificazione per grandi gruppi dei solventi presenti comunemente
impiegata è la seguente:
- chetoni (acetone, metiletilchetone);
-
esteri (acetato di etile e metile);
-
idrocarburi alifatici (esano e suoi isomeri).
Sotto il profilo applicativo e della presenza obbligata di alcuni solventi, si distinguono : (si veda anche la tabella 1.8 )
Mastici leggeri. Adesivi
impiegati per lo più in giunteria, per fodere e sottopiedi; possiedono minor
forza adesiva e minor resistenza alla temperatura. Possono essere:
-
a base di gomma naturale. In un passato recente
disciolta in esano tecnico (si veda il successivo punto), sostituito
nell'ultimo decennio da isoesano, con n-esano ridotto al 3%. Nel gergo
calzaturiero, questo adesivo è chiamato tenacio.
-
a base di neoprene, anch'esso disciolto
essenzialmente in esano tecnico, ultimamente sostituito da isoesano.
Mastici forti.
Utilizzati per incollaggio suole, fondo e tacchi. La fase solida è
rappresentata da neopreni, poliuretani e, in pochi casi, da altre resine. La
fase liquida per basi neopreniche o altre resine è costituita da miscele di
vari solventi: isoesano, acetato di etile, metiletilchetone, cicloesano,
distillati di petrolio, eptano tecnico, esano tecnico. Per basi poliuretaniche,
la base liquida è costituita da acetone e metiletilchetone, soli o in miscela
con esteri (di norma acetato di etile); questo tipo di adesivo risulta esente
da esano.
Sotto l'aspetto tossicologico è rilevante il dato relativo al contenuto liquido percentuale dell'adesivo. Unitamente al consumo giornaliero dei prodotti, questo valore determina la quantità di solventi che vengono immessi nell'ambiente di lavoro. A parità di prestazioni applicative di prodotti aventi la stessa formulazione base, sotto il profilo del contenimento del rischio, saranno da preferire i composti che contengano solvente in quantità minore. Si segnala come particolarmente nociva la pratica di rigenerare adesivi invecchiati aggiungendo solventi e/o plastificanti. Alcuni produttori artigianali di adesivi segnalano infine che, per contenere il prezzo finale del collante, viene aggiunto il dicloropropano, sostanza molto economica.
Adesivi poliuretanici. Hanno avuto un largo impiego nell'ultimo periodo
perché indispensabili nelle lavorazioni di alcuni tipi di suole in gomma.
Queste suole richiedono l'interposizione di una pellicola poliuretanica senza
la quale non si potrebbe ottenere una perfetta vulcanizzazione. Come già
esposto, tali adesivi non contengono esano. Il rischio maggiore è costituito
dagli attivatori, aggiunti all'adesivo per aumentarne il potere reticolante,
costituiti da una miscela di isocianati in cloruro di metilene (diclorometano).
Per questo adesivo è indispensabile attivare le parti da unire; questa
operazione è di norma eseguita con un flash a raggi infrarossi.
Tipo di adesivo
|
Natura della Fase Solida |
Natura della Fase Liquida |
Settore applicativo |
A base di gomma naturale |
Gomma naturale (poli-isoprene) |
esano tecnico sempre più
sostituito da isoesano in miscela con idrocarburi alifatici bassobollenti |
assemblaggio fodera ripiegatura bordatura incollaggio della fodera alla tomaia incollaggio sottopiedi |
A base di neoprene |
Neoprene (policloroprene) + promotori (resine fenoliche modificate o
terpenfenoliche o cumaroliche) + (eventualmente) ossidi metallici e cariche
inerti |
isoesano, acetato
di etile, metiletilchetone, cicloesano, distillati
di petrolio, eptano
tecnico, esano
tecnico. |
incollaggio suole incollaggio tacchi preparazione fondo incollaggio guardolo incollaggio bordo incollaggio sottopiedi |
A base di poliuretani |
elastomeri poliuretanici termoplastici |
acetone o
metil-etilchetone da soli o in miscela con esteri (normalmente acetato di
etile) |
incollaggio suola |
Hot melts(adesivi termofusibili) |
poliammidi di acidi grassi naturali oppure poliesteri (da acido
tereftalico + glicoli a catena lunga ) |
non sono presenti solventi
(si tratta di adesivi al 100% di solido) |
assemblaggio tomaia ripiegatura tomaia applicazione puntali |
Adesivi all'acqua |
gomma naturale o sintetica |
acqua |
|
Prodotti all’acqua. Vari tentativi sono stati fatti per formulare
collanti o altra tipologia di prodotto impiegando acqua o soluzioni
acquose/ammoniacali.
Attualmente si stima che già una percentuale discretamente
rappresentativa degli adesivi impiegati nel comparto (il 30%, secondo alcuni
produttori) sia costituita da prodotti a basso contenuto in solventi organici.
Gli adesivi con queste caratteristiche sono costituiti da un miscuglio in
dispersione acquosa/ammoniacale di polimeri e resine sintetiche (base solida).
Largamente impiegati sono il polivinilacetato e le gomme naturali o sintetiche.
In essi, l’enorme vantaggio è rappresentato da una elevata percentuale
della componente solida rispetto alla parte volatile, contrariamente agli
adesivi a base solvente (rispettivamente 40% contro il 20%).
Si impiegano efficacemente su materiali quali cuoio, pelle sintetica,
gomma naturale, SBR e PVC. Le maggiori resistenze per un impiego diffuso dei
prodotti acquosi rispetto ai tradizionali prodotti adesivi, sono
sostanzialmente le seguenti:
-
l’evaporazione dei prodotti all’acqua richiede tempi
più lunghi;
-
comportano introduzione di diverse modalità e
procedure di lavoro;
-
sono più costosi.
Per contro, i vantaggi generali offerti consistono invece in:
- possibilità di non installare sistemi di aspirazione localizzata a presidio delle postazioni di incollaggio;
- mancato obbligo di visite mediche periodiche per i lavoratori che impiegano tali prodotti a bassa pericolosità;
- riduzione del pericolo di incendio, essendo i prodotti acquosi non infiammabili;
- riduzione delle emissioni di inquinanti in atmosfera.
La formulazione dei prodotti a base acquosa permette di ottenere sia
composti di consistenza liquida sia composti pastosi, secondo l’uso cui sono
destinati.
Possono essere applicati con varie modalità:
- a pennello, in giunteria;
-
a spruzzo, per la messa in fodera dei sandali;
-
a immersione, per il trattamento di tacchi al
polistirolo o polietilene o delle zeppe;
-
su spalmatrici a rullo per fasce e suole.
L’inconveniente del lento asciugamento è passibile di correzione
attraverso l’introduzione di una fase di passaggio delle parti incollate in un
tunnel ad aria calda o in fornetti di riattivazione (ad es.: fornelli a raggi
infrarossi).
Vantaggi tecnologici nell’utilizzo di tali prodotti si hanno in diverse operazioni, quali:
-
applicazione di componenti minuti, in particolare in
giunteria;
-
ripiegatura della tomaia e la messa in fodera con
pellami naturali;
-
applicazione del puntale con pennello;
- applicazione delle suole alle tomaie con macchina spalmatrice;
- applicazione del guardolo;
- fasciatura di tacchi e zeppe.
Sotto il profilo sanitario, si segnalano possibili rischi in relazione al contenuto di ammoniaca e formaldeide che possono essere presenti in questi adesivi, anche se in minima concentrazione.
§ 1.7.2 Attivatori e diluenti per
colle.
Gli additivi e i diluenti per colla vengono aggiunti nella proporzione
del 5% del peso del collante per “allungare” l'adesivo troppo denso.
Sono composti da miscele degli stessi solventi presenti negli adesivi.
Le sostanze più rappresentate sono acetone, metiletilchetone, etilacetato,
eptano industriale (n-eptano e suoi isomeri). Il cloruro di metilene
(diclorometano) è frequentemente impiegato come attivatore per gli adesivi a
due fasi (fondamentalmente a base poliuretanica).
§ 1.7.3. Prodotti di finitura.
Si tratta di prodotti di varia natura che vengono impiegati nella lavorazione del fondo ed in guarnitura. Sono per lo più a base di coloranti sintetici e resine sintetiche in emulsioni acquose o disciolte in solventi appartenenti ai gruppi descritti per i collanti. I solventi stessi, come tali, trovano impiego nel finissaggio. Si possono classificare nel seguente modo:
§ Appretti
§ Vernici
§ Lucidi
§ Solventi
§ Prodotti vari non classificabili
nei precedenti gruppi
L’acetone costituisce il solvente più impiegato; a volte è utilizzato puro per la pulizia della scarpa, dei pennelli e per lavarsi le mani a fine turno.
Si possono incontrare vernici poliuretaniche nella produzione di tacchi di alta qualità. Per il contenimento del rischio, alcuni produttori segnalano le seguenti positive tendenze:
-
impiego delle vernici a base acqua per suole;
-
eliminazione di pigmenti contenenti cromo e piombo;
-
eliminazione dei prodotti classificati come “Xn” o
“T”, quali ad esempio gli etil- e metil-glicoli sostituibili con
propilengligoli o propanolglicoli.
§ 1.7.4. Altre materie prime.
Altre materie prime
utilizzate risultano:
-
pellame,
in particolare per tomaie e fodere (vitello; mezzo vitello, cioè vitello di
qualità inferiore; scamosciato, cioè pelle di variabile origine conciata
all’olio; capretto, conciato al cromo; vernice; pelle di varia origine, anche
“crosta”, trattata con vernice lucente a base di cloruro di polivinile;
anfibio; pelle di vitellone “ingrassata” dopo la concia; vacchetta, pelle di
mucca o di vitellone, per tomaie di calzature ordinarie e per suole);
-
cuoio
per fondo (pelle bovina pesante conciata al cromo, al tannino, ecc.);
-
gomma
(gomma naturale o elastomeri sintetici, per tacchi, suole, per calzature
particolari);
-
finte
pelli;
-
tela
di cotone impiegata quale materiale per rinforzi;
-
filati
per cucitura di tomaia e fondo.
§ 1.7.5 Modifiche nella composizione
delle miscele di solventi presenti negli adesivi impiegati nella fabbricazione
di calzature.
Nel periodo tra il 1963 e il 1980, l'esano commerciale o tecnico, grazie alle proprietà solventi ed alla elevata volatilità, ha progressivamente sostituito il benzolo, il cui impiego era stato limitato con l'emanazione della Legge n. 245/63.
E’ a partire dal 1970 che l'esano tecnico, diventato il solvente maggiormente presente nei prodotti impiegati nel comparto, inizia ad essere sottoposto ad un’attenta considerazione preventiva per il suo alto contenuto di n-esano, scoperto neurotossico e responsabile di polinevriti.
Un'indagine condotta nel vigevanese nella prima metà degli anni ‘80 sulla composizione degli adesivi (99 prodotti analizzati) evidenziava :
-
gli adesivi a base di neoprene rappresentano il
67,7% degli adesivi impiegati nel comparto; quelli a base gomma naturale
rappresentano il 10,1%. Pertanto i due adesivi (77 prodotti dei 99 considerati)
costituiscono il 77,8% dei collanti impiegati;
-
il 100% degli adesivi a base di gomma naturale
(mastici leggeri) contiene quasi esclusivamente esano tecnico con n-esano in
quantità mai inferiore al 35%;
-
l'89,5% degli adesivi a base di neoprene (mastici
forti) contiene alte percentuali di esano tecnico (20-50%), in buona parte
costituito da n-esano (mediamente 12,5 % in peso del solvente), in miscela con
altri solventi come cicloesano, metiletilchetone, acetati, idrocarburi
alifatici.
A partire dalla seconda metà degli anni ’80, alcuni produttori iniziano
la sostituzione dell'esano tecnico con l'eptano tecnico o con distillati di
petrolio contenenti cicloesano (80%) ed altri idrocarburi C5-C7 con n-esano al
di sotto del 10% del peso del solvente.
Negli anni ‘90 diviene disponibile sul mercato l'isoesano contenente isomeri dell'esano (2-etilpentano, 3-metilpentano) e n-esano inferiore al 5%. Tale scelta trova il favore dei produttori di calzature, nonostante l'isoesano sia più costoso dell'esano tecnico (circa del 30%), in quanto offre vantaggi commerciali e di immagine in relazione alla normativa sulla classificazione, l’imballaggio ed etichettatura dei prodotti pericolosi (mantenere l’n-esano al di sotto del 5% consente di non indicare nell'etichetta la dizione ed il simbolo di “prodotto nocivo”).
La maggior parte dei produttori di collanti sostituisce così l'esano tecnico con isoesano; tale sostituzione risulta particolarmente facile per le soluzioni di para-gomma naturale, ovvero i mastici leggeri. Per i mastici forti, si cerca di modificare la miscela di solventi sempre nella direzione di contenere la percentuale di n-esano al di sotto del 5% .
Agli inizi degli anni '90, i produttori hanno segnalato anche la tendenza a ridurre la percentuale di MEK e di clorurati nelle miscele e ad aumentare la percentuale di acetone ed etilacetato.
Il fatto più rilevante del periodo recentissimo è l'ulteriore abbassamento nell'isoesano della percentuale di n-esano fino a concentrazioni inferiori al 3%.
Un’indagine sui collanti eseguita
nel 1992 da Perbellini e collaboratori nell'area veronese evidenzia:
- considerando, per 43 collanti, la frequenza delle presenze di un determinato solvente, nonché la concentrazione media dello stesso (proporzione media di un collante rispetto alla miscela), emerge che l’acetone (o dimetilchetone), il cicloesano, l’etilacetato e il metiletilchetone sono i solventi più rilevabili. L’acetone è al primo posto per presenza e quantità media.
- gli isomeri dell’ n-esano (isoesano) sono presenti nel 45% dei collanti in percentuale media di circa il 15%;
-
l’n-esano è presente nel 32% dei collanti e
raggiunge la proporzione media nella miscela del 10%;
- il toluene è presente in percentuale modeste (in media 2%).
In conclusione, l'inquinamento da solventi nei calzaturifici è sensibilmente modificato rispetto al passato. In particolare il n-esano è presente in un numero limitato di colle e rappresenta meno del 10% sulla miscela-solventi che costituisce la parte volatile dei collanti.
Un’indagine di Valentini e collaboratori con stesso oggetto, eseguita nel 1993 nell’area della “Riviera del Brenta”, evidenziava che le miscele più utilizzate, in riferimento ai soli mastici forti, erano:
§ isoesano,
acetato di etile, MEK, cicloesano;
§ distillato di
petrolio, acetato di etile, MEK;
§ eptano tecnico,
acetato di etile, MEK, cicloesano;
L’indagine evidenziava inoltre che vengono ancora impiegate miscele di:
§ esano tecnico;
§ isoesano;
§ esano tecnico,
acetato di etile;
§ esano tecnico,
acetato di etile, MEK, cicloesano;
§ isoesano, acetato
di etile;
Gli autori non menzionavano l’acetone e gli aromatici.
§ 1.7.6. Contenimento del rischio.
La quantità di solventi che si libera e si diffondono nell’ambiente con
potenziali effetti patogeni è da correlarsi a:
-
caratteristiche dei prodotti utilizzati in
riferimento al loro indice di tossicità;
-
realizzazione di accorgimenti per il contenimento
dell’inquinamento;
- osservanza di norme igieniche e comportamentali.
Nella prima linea d’azione per il contenimento si collocano le scelte seguenti :
- sostituzione di prodotti nocivi con prodotti non nocivi ;
-
sostituzione di prodotti nocivi con prodotti meno
nocivi .
La sostituzione di sostanze nocive con sostanze prive di rischio (ovvero non contenenti solventi organici) può essere realizzata:
-
sostituendo i mastici leggeri con adesivi dispersi
in acqua;
-
sostituendo i mastici leggeri con nastri bioadesivi
(esempio: nelle parti che vengono ripiegate e successivamente cucite);
-
impiegando adesivi termoplastici;
- impiegando colle animali-vegetali su base acquosa invece dei mastici leggeri (esempio: nell'applicazione della soletta interna della scarpa).
La sostituzione di prodotti nocivi con prodotti intrinsecamente meno
nocivi può essere realizzata:
-
impiegando prodotti che contengono solventi in
quantità minore rispetto al tenore medio di solventi degli adesivi comunemente
impiegati, pari all' 80%;
- impiegando prodotti che non riportano sull'etichetta il simbolo "Prodotto Nocivo" in quanto contengono miscele di isomeri dell'esano con un massimo del 5% di n-esano (D.M.16/2/1993 – “Classificazione e disciplina dell'etichettatura delle sostanze pericolose”);
-
impiegando prodotti che contengono percentuali
sempre più basse di isoesano in sostituzione dell'esano tecnico (contenente
n-esano);
-
impiegando prodotti che contengono percentuali
maggiori di chetoni ed esteri;
-
impiegando prodotti che contengono percentuali
maggiori di cicloesano ed eptano;
-
impiegando prodotti che non contengano aromatici ed
organoclorurati. Per questi ultimi, laddove tecnicamente indispensabile un loro
impiego, è comune la regola che pone il divieto d’uso dell’ 1,1,1-tricloroetano
e la sostituzione della trielina e del percloroetilene;
- disponendo il divieto d’impiego di attivatori contenenti cloruro di metilene, anch’esso sostituibile con prodotti equivalenti meno nocivi;
- disponendo il divieto di rigenerazione di mastici invecchiati.
Nella seconda linea di contenimento dell’inquinamento si collocano i seguenti possibili interventi:
-
installazione di sistemi di captazione
nell'applicazione ed essicatura del collante;
-
riduzione della quantità di collante impiegato;
-
modificazione della modalità di masticiatura,
passando dalle modalità a pennello a quelle con erogatori o rulli applicati su
macchine dotate di aspirazione.
Per quanto concerne l'installazione di sistemi di captazione valgono i
seguenti criteri:
-
la manovia deve essere munita di tunnel con pannelli
di materiale trasparente (plastica o vetro), possibilmente scorrevoli e dotata
all'interno di bocche d'aspirazione dal basso. La lunghezza del tunnel deve
essere tale da garantire l'asciugatura del collante prima dell'uscita dei pezzi
dalla manovia;
-
le cappe aspiranti devono permettere la captazione
dei solventi dal basso, con portata aspirante adeguata, per tutte le postazioni
d’incollaggio e per tutti i banchi di lavoro dove vengono utilizzati prodotti
collanti;
-
le stazioni di asciugatura sulle quali vengono poste
ad essiccare suole, tomaie, ecc., precedentemente spalmate di colla, devono
essere schermate e le esalazioni devono essere convogliate in ambiente esterno;
-
le superfici dei piani di lavoro con uso di solventi
non devono essere coperte da tavole o da oggetti analoghi (es.cartoni). Devono
inoltre essere sempre ripulite dalle incrostazioni che vi si depositano;
-
i contenitori di colle e prodotti con solventi
devono avere le caratteristiche di dispensatori a collo d'oca. In caso di
impossibilità all’uso di tali dispensatori, è necessario che i contenitori
utilizzati siano provvisti di coperchio. I contenitori non in corso d’impiego
devono rimanere chiusi;
-
gli impianti di aspirazione degli inquinanti devono
assicurare un valore di velocità di cattura pari ad almeno 0,25 m/sec. (Industrial Ventilation ACGIH ). Pure
consigliato in letteratura è il valore di 0,76 m/sec. (Irving Sax - "Dangerous properties of industrial
materials"; Section 2: "Industrial Air Contaminant Control"). Ancora, alcuni
Servizi di Prevenzione e Sicurezza delle ASL raccomandano il valore di 1,25
m/sec.
Nella terza linea di azione si collocano le seguenti misure preventive:
-
le materie prime non in corso di lavorazione, i
prodotti e i rifiuti con proprietà tossiche o caustiche, devono essere
custoditi in recipienti a tenuta e muniti di buona chiusura, con l’indicazione
del contenuto e l’apposito contrassegno;
-
le materie
nocive alla salute o che sviluppano emanazioni sgradevoli non devono
essere accumulate nei locali di lavoro in quantità superiore a quella
strettamente necessaria per la lavorazione;
-
il datore di lavoro è tenuto ad effettuare, ogni
qualvolta sia possibile, le lavorazioni pericolose o insalubri in luoghi
separati, allo scopo di evitare l’esposizione ai rischi per i lavoratori
addetti ad altre mansioni;
-
deve essere evitato ogni contatto con i materiali in
questione fornendo ai lavoratori idonei mezzi protettivi personali (guanti);
-
deve essere evitato di impiegare solventi per
operazioni di pulizia;
-
deve essere evitato di mangiare, di bere con mani
sporche di prodotto;
-
deve essere evitato di fumare nell’area di lavoro;
-
deve essere evitata la contaminazione di cibi e
bevande.
§1.8
Patologie professionali.
Accanto ai rischi di natura traumatica ed al rischio d’esposizione a rumore, i lavoratori del calzaturiero sono esposti ai rischi professionali specifici legati:
- alla tossicità dei solventi e degli altri composti contenuti nei collanti;
- all’assunzione di posture incongrue, all’esecuzione di movimenti ripetitivi a carico degli arti superiori (cumulative trauma disorders-CTD) e alla movimentazione di carichi;
- all’utilizzo di utensili che trasmettono vibrazioni al sistema mano-braccio;
- all’esposizione a polveri, in particolare a quelle di cuoio.
§ 1.8.1 Solventi ed
altri composti contenuti nei collanti.
Le fasi di lavorazione che prevedono l’impiego di prodotti collanti o
di finitura sono giunteria, montaggio, fondo, finissaggio.
L’assorbimento dei solventi avviene soprattutto per via inalatoria. Possibile, e per alcune sostanze di rilevante importanza tossicologica, l’assorbimento cutaneo per contatto diretto. La gravità del rischio dipende dalla concentrazione, dal tipo di contatto e di assorbimento, oltre che dalla intrinseca tossicità.
Gli effetti sono essenzialmente a carico del sistema nervoso centrale e periferico, dell’apparato digerente (in particolare del fegato) e delle mucose oculari e respiratorie.
L’azione acuta sul sistema nervoso centrale è comune agli idrocarburi alifatici, ciclici, aromatici e alogenati, e può comportare, per esposizioni ad altissime concentrazioni, un’azione deprimente fino al coma.
Disturbi neurologici da esposizione cronica possono essere riconducibili alla cosiddetta sindrome psico-organica, descritta in lavoratori soggetti ad esposizione protratta a solventi organici (xilene, toluene, tricloroetilene) o ancor più a miscele di solventi nelle due varianti : sindrome affettiva organica ed encefalopatia tossica cronica. Nella prima sindrome predominano alterazioni reversibili dell’umore, irritabilità, depressione, mancanza di interessi nelle attività quotidiane. La seconda, che può avere carattere lieve o grave, comporta nei soggetti affetti chiare alterazioni funzionali, in particolare riduzione delle capacità psicomotorie (rapidità, attenzione, destrezza), della memoria recente e alterazioni della personalità. Tali deficit neurocomportamentali potrebbero persistere anche per un lungo tempo dopo la fine dell’esposizione, con compromissione, oltre che della capacità lavorativa, anche della normale vita di relazione.
Tra i solventi in grado di indurre neuropatie periferiche ricordiamo l’esano e il metil butil chetone. La polineuropatia da collanti, attribuita al n-esano, è stata fino a pochi anni fa la patologia tipica dei calzaturieri: una polineuropatia mista, prevalentemente motoria, bilaterale e simmetrica interessante dapprima i segmenti più distali degli arti, in particolare di quelli inferiori, fino a quadri conclamati di tetraplegia e tetraparesi flaccida nelle forme più severe. Attualmente questo solvente non è più presente in concentrazioni rilevanti e spesso è stato sostituito nelle colle da altri idrocarburi ritenuti meno nocivi.
Risulta accertato il ruolo della esposizione cronica a solventi nell’insorgenza di epatopatie croniche. I solventi epatotossici per esposizione cronica sono gli idrocarburi “clorurati” (dicloropropano, trielina), mentre di minore rilievo appare la tossicità degli aromatici benzenici. Eteri, esteri ed alifatici non determinano invece quadri di epatopatia. L’epatotossicità acuta o subacuta da esposizione professionale massiva a solventi epatotossici è da ritenersi, invece, attualmente improbabile.
Comuni ai solventi organici sono gli effetti irritativi su cute e mucose. L’inalazione di elevate concentrazioni può determinare irritazione delle mucose delle prime vie aeree, con segni di tracheo bronchite irritativa fino al possibile manifestarsi di polmonite chimica e di edema polmonare. Il contatto cutaneo prolungato può esercitare un effetto irritante (dermatite ortoergica) e, attraverso l’alterazione del mantello idrolipidico, facilitare la sensibilizzazione allergica (dermatite allergica).
§ 1.8.2 Posture incongrue, movimenti
ripetitivi a carico degli arti superiori (CTD) e movimentazione di carichi.
Molto segnalate per gli addetti al settore calzaturiero sono le patologie muscolo-scheletriche da movimenti ripetitivi ad interessamento muscolotendineo o da intrappolamento dei nervi periferici, quali:
· in particolare, l’operazione di cucitura di tomaia con macchina da cucire a colonna, comportante appoggio dei gomiti al piano di lavoro come postura abituale, movimenti ripetitivi di prono supinazione e microtraumi al gomito, è stata correlata con l’insorgenza di neuropatia da intrappolamento del nervo ulnare al gomito;
· operazioni di masticiatura e cucitura, per le caratteristiche di ripetitività, rendono plausibile un rischio di CTD: è stata dimostrata una notevole frequenza di fenomeni parestesici a carico degli arti superiori attribuibili soprattutto alla sindrome del tunnel carpale;
· altre patologie comuni a tutte quelle attività che impongono il mantenimento di posizioni sedute per lungo tempo sono le patologie a carico del rachide causate da posture incongrue, conseguenza di una scarsa diffusione di idonei sedili ergonomici per le lavorazioni di preparazione ed orlatura. Condizioni di scorretta postura possono essere dovute anche ad assetto inidoneo delle macchine ripiegatrici e cucitrici con obbligo per il lavoratore ad operare curvo sulla macchina. Ne conseguono lombalgie, cervicalgie, ernie discali e algie scapolo-omerali.
§ 1.8.3.Vibrazioni al sistema mano-braccio.
Negli operatori del comparto calzaturiero addetti all’utilizzo di strumenti vibranti, in particolare della ribattitrice e delle cucitrici, si possono evidenziare lesioni vascolari, neurologiche e muscolo scheletriche a carico del sistema mano-braccio. L’insieme di tali lesioni è definito sindrome da vibrazioni mano braccio, caratterizzata da una forma secondaria di fenomeno di Raynod, da una neuropatia periferica prevalentemente sensitiva e da lesioni cronico degenerative a carico dei segmenti ossei ed articolari degli arti superiori, in particolare dei polsi e dei gomiti.
§ 1.8.4 Polveri, in
particolare di cuoio.
Nelle lavorazioni in cui è previsto l’utilizzo di strumenti quali la ribattitrice, la fresatrice, la scarnitrice, la cardatrice e la spazzolatrice, si manifesta il rischio di esposizione alle polveri generate.
Le polveri provenienti dal cuoio, dalle pelli conciate e dalle finte pelli contengono sostanze sensibilizzanti capaci di provocare oculo-riniti, asma e dermatiti su base allergica. Oltre agli allergeni impiegati nella fase di conciatura (sali di cromo, tannini, pigmenti, biocidi, ecc.), anche i plastificanti impiegati nelle finte pelli sono a volte causa di tali patologie.
Le polveri che si producono in queste fasi lavorative possono esplicare un’azione di tipo irritativo acuto a livello di naso, faringe e trachea; frequenti anche i quadri di irritazione cronica con interessamento delle prime vie respiratorie.
Da studi epidemiologici eseguiti nell'ultimo trentennio è emerso che le polveri di cuoio sono responsabili di insorgenza di manifestazioni tumorali delle fosse nasali e dei seni paranasali.
Questo rischio è stato indagato anche in una ricerca promossa dalla USSL di Vigevano che ha interessato retrospettivamente gli anni 1968-1986. In questo periodo sono stati registrati 14 casi contro i 2,2 attesi.
Da segnalare, infine, uno studio caso-controllo che conclude in senso favorevole per la correlazione tra incidenza di aborti spontanei ed esposizione ad alti livelli (comunque inferiori al TLV) di solventi organici in lavoratrici occupate nell’industria delle calzature.
§ 1.8.5. Obblighi di sorveglianza sanitaria
e monitoraggio biologico.
I prodotti impiegati nei calzaturifici contengono comunemente sostanze appartenenti ai gruppi 30, 32, 33, 38, 39, 40, 41 della tabella annessa al D.P.R. 303/56. Ai sensi dell’art. 33 di questo D.P.R., per i lavoratori che impiegano composti del gruppi 33 e 38 sono previste, oltre alla visita iniziale, visite periodiche con periodicità trimestrale. La frequenza prevista è invece semestrale nel caso di rischio per impiego di sostanze appartenenti ai gruppi 30, 32, 39, 40. Viene altresì specificato che, per le lavorazioni che comportino l’esposizione a più di uno dei rischi tabellati, si debba utilizzare, come base di riferimento, la periodicità più breve. E’ peraltro auspicabile, come viene sottolineato dai più recenti orientamenti in materia di sorveglianza sanitaria, l’adeguamento della periodicità delle visite mediche all’effettivo rischio, adottando gli strumenti forniti dall’art. 35 dello stesso D.P.R.
Disposizioni specifiche per l’effettuazione delle visite mediche
periodiche dei lavoratori calzaturieri, sono contenute nella circolare 256 del
29/03/76 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e nella nota dell’Ispettorato
Provinciale del Lavoro di Pavia ,stesso anno, “Disposizioni circa l’impiego dei
collanti dei calzaturifici e affini” emanata nello stesso anno, che dispongono
l’effettuazione di accertamenti sanitari integrativi la visita medica,
comprendenti il monitoraggio biologico degli esposti.
Il monitoraggio biologico delle esposizioni professionali a solventi viene generalmente effettuato attraverso gli specifici metaboliti urinari (esempio: 2,5-esandione per il n-esano).
Nell’ultimo
ventennio è stato documentato che le
concentrazioni urinarie dei solventi tal quali sono ben correlate con
l’intensità delle esposizioni e quindi possono essere utilizzate per un
adeguato monitoraggio biologico. Per solventi organici piuttosto idrosolubili
quali acetone, metiletilchetone e metilisobutilchetone, l’ACGIH ha proposto
concentrazioni urinarie da utilizzare quali limiti biologici di esposizione.
L’esposizione ad acetone può essere monitorata anche con la determinazione
dell’acetonemia.
La
tossicità della frazione solvente dei mastici attualmente in uso nel
calzaturiero si è notevolmente ridotta con la sostituzione del n-esano (TLV
=176 mg/mc) con solventi quali l’acetone, gli isomeri dell’esano, il
cicloesano, l’etilacetato, l’eptano ed isomeri, che presentano un TLV superiore
a 1000 mg/mc. Da ricordare il metiletilchetone, con TLV pari a 590 mg/mc.
Possibili, soprattutto in manovia, le esposizioni a miscele di solventi
organici.
Sulla base dei
valori di Livelli Biologici Equivalenti(LBE) del solvente scelto come
indicatore di esposizione, riscontrati nel corso del primo monitoraggio
biologico, si presenta nella tabella 1.9 una proposta di periodicità delle
successive esecuzioni.
Tabella
1.9 : Periodicità del monitoraggio biologico
CASO |
PERIODICITA' |
A. Tutti i valori sono inferiori
o uguali ad 1/2 del LBE* |
Quinquennale e comunque
ogni qualvolta vi sia un mutamento
nelle lavorazioni che influisca in
modo sostanziale sul rischio precedentemente valutato. |
B. Uno o più valori compresi
tra 1/2 ed il LBE |
Annuale |
C. Valore superiore al LBE |
Trimestrale o inferiore
a seconda del caso |
*LBE(Livello
Biologico Equivalente)
§1.9 Infortuni sul lavoro.
§1.9.1
Stima dell’Indice di infortunio sul lavoro.
Nell’impossibilità di calcolare correttamente l’indice d’incidenza
annuale (I.I), è stata ricavata una stima dello stesso utilizzando la seguente
formula:
I.I. = (numero di infortuni / numero di persone
esposte a rischio *anno) x 100
= (164 / 860*7) x 100 = 2.71%
dove il numeratore rappresenta il numero assoluto degli infortuni nel periodo 1992–1998 ed il
denominatore il numero di lavoratori esposti a tale rischio con
l’approssimazione che il numero di lavoratori negli anni di riferimento 92-98
sia costante e pari a quello osservato nel corso del 1998.
L’indice di incidenza riferito a tutto il periodo di osservazione, pari
a 7 anni, risulta uguale al 19%.
Le tabelle 1.10 e 1.11 riportano informazioni sugli eventi
infortunistici ,dopo disaggregazione dei dati totali .
Tabella
1.10: Statistica di gravità infortuni nel periodo 1992–1998.
Infortuni sul
lavoro registrati nelle 20 aziende del settore calzaturiero indagate per tipo di
conseguenza Anni eventi:
1992-1998 Territorio: Vigevano-Lomellina |
|||
|
Inabilità temporanea < 40 gg |
Inabilità temporanea > 40 gg |
TOTALE |
n° di eventi |
157 |
7 |
164 |
Tabella
1.11: Statistica gravità di infortunio nel periodo 1992–1998, sulla base delle
forma di avvenimento e dell’agente materiale..
Infortuni sul lavoro registrati nelle 20 aziende del
settore calzaturiero indagate per forma di
avvenimento e tipo di conseguenza Anni eventi: 1992-1998 Territorio: Vigevano-Lomellina |
|||||||
Forma di avvenimento |
Inabilità temporanea < 40 gg |
Inabilità temporanea > 40 gg |
TOTALE |
Agente materiale |
Inabilità temporanea < 40 gg |
Inabilità temporanea > 40 gg |
TOTALE
|
A contatto con |
57 |
3 |
60 |
71 |
3 |
74 |
|
Punto da |
13 |
0 |
13 |
Scale |
5 |
2 |
7 |
Piede in fallo |
9 |
2 |
11 |
Superfici di transito |
15 |
1 |
16 |
Caduto in piano |
3 |
1 |
4 |
Attrezzi, Utensili |
36 |
0 |
36 |
Movimento incoordinato |
7 |
0 |
7 |
Mezzi di trasporto terrestre |
2 |
1 |
3 |
Colpito da |
16 |
0 |
16 |
polveri |
3 |
0 |
3 |
Schiacciato da |
24 |
0 |
24 |
vegetali |
1 |
0 |
1 |
Ha urtato contro |
15 |
0 |
15 |
Arredi, impianti fissi |
11 |
0 |
11 |
Si è colpito con |
1 |
0 |
1 |
Scheggia |
6 |
0 |