ARPAT - CEDIF Profilo di rischio "Cantine vinicole" nell'area di Firenze e Siena.



A.R.P.A.T.

Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana


http://www.arpat.toscana.it/

Settore tecnico C.E.D.I.F.
Comunicazione Educazione Documentazione Informazione Formazione


Unità Operativa

"Documentazione e Informazione"



"Profili di rischio per comparto produttivo"




CANTINE VINICOLE
(Produzione di vino)
Nell'area di Firenze e Siena.





Responsabili del procedimento la ricerca: Stefano Beccastrini, Barbara Gobbò.

Autori della ricerca: Giuseppe Banchi, Claudio Nobler, Danila Scala.

Con la collaborazione di: Mauro Giannelli, Paolo Borghi.

Fotografie: Claudio Nobler


RICERCA FINANZIATA DA:

ISPESL - Istituto Superiore Prevenzione E Sicurezza del Lavoro



Ricerca aggiornata al giorno 27 marzo 2002.


1 - GENERALITA' SUL COMPARTO.


Nella presente ricerca si prende in esame il comparto produttivo delle cantine vinicole, ovvero la produzione di vino a partire dall'uva (vinificazione), imbottigliamento e confezionamento.


Questo comparto fa parte del settore produttivo della "Industria delle bevande" identificata dal codice 15.9 secondo la classificazione ISTAT-ATECO '91.


Tab. 1 - Classificazione ISTAT-ATECO '91 del settore produttivo

"Industria delle bevande" (codice 15.9).

Codice attività

ISTAT-aTECO '91

Denominazione attività

15.91

- Fabbricazione di bevande alcoliche distillate.

15.92

- Fabbricazione di alcool etilico di fermentazione.

15.93.0

- Fabbricazione di vino di uve (non di produzione propria).

15.93.1

- Fabbricazione di vini (esclusi i vini speciali).

15.93.2

- Fabbricazione di vini speciali.

15.94

- Produzione di sidro e altri vini a base di frutta.

15.95

- Produzione di altre bevante fermentate non distillate.

15.96

- Fabbricazione di birra.

15.97

- Fabbricazione di malto.

15.98

- Produzione di acque minerali e bibite analcoliche.

15.99

- Fabbricazione di altre bevande analcoliche.


Le aziende vitivinicole (produttrici di vino da uve di produzione propria), invece, sono identificate dal codice ISTAT-ATECO '91 per la classificazione delle attività economiche: 01.13.1 - "Colture vinicole e aziende vitivinicole". Questo comparto fa parte del settore produttivo della "Coltivazione di frutta, frutta a guscio, prodotti destinati alla preparazione di bevande e spezie" (codice 01.13).


E' importante notare che la maggior parte delle aziende registrate alla C.C.I.A.A. come "Codice attività: 01.13.1 - Colture viticole e aziende vitivinicole" non effettuano in proprio la vinificazione ma la sola coltivazione della vite e la raccolta dell'uva. Tuttavia con lo stesso codice di attività sono registrate anche aziende che invece effettuano in proprio la vinificazione.


Da una ricerca effettuata sui dati delle C.C.I.A.A. (Unioncamere) del 1999, ricavati da A.R.P.A.T. a cura del settore tecnico S.I.R.A. ed elaborati dal settore tecnico CEDIF, si sono ottenuti i risultati riportati nelle tabelle seguenti.


Tab. 2 - Numero di unità locali per la coltura della vite e per la produzione del vino - Toscana - 1999.

Codice

attività

Descrizione attività

totale Unità locali

Regione

Toscana

Numero unità locali suddivise per provincia

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

01.13.1

Colture viticole e aziende vitivinicole

4.219

644

1.436

262

112

165

27

391

39

137

1.005

15.93.0

Fabbricazione di vino di uve

(non di produzione propria)

20

-

9

-

-

1

1

1

-

2

6

15.93.1

Fabbricazione di vini

(esclusi i vini speciali)

115

6

36

8

6

3

-

5

2

6

43

15.93.2

Fabbricazione di vini speciali

1

-

1

-

-

-

-

-

-

-

-

TOTALE

4.355

650

1.482

270

118

169

28

397

41

145

1.054

Fonte: - Elaborazione ARPAT su dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).


Tab. 3 - Numero di lavoratori dipendenti per la coltura della vite e per la produzione del vino - Toscana - 1999.

Codice

Attività


Descrizione attività

Totale

addetti

Regione

Toscana

Numero lavoratori dipendenti suddivisi per provincia

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

01.13.1

Colture viticole e aziende vitivinicole.

2.784

274

777

141

53

93

6

205

25

57

1.153

15.93.0

Fabbricazione di vino di uve

(non di produzione propria).

100

-

16

-

-

9

0

9

-

23

43

15.93.1

Fabbricazione di vini

(esclusi i vini speciali).

744

29

366

31

11

26

-

29

5

20

227

15.93.2

Fabbricazione di vini speciali.

0

-

0

-

-

-

-

-

-

-

-

TOTALE

3.628

303

1.159

172

64

128

6

243

30

100

1.423

Fonte: - Elaborazione ARPAT su dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).


Tab. 4 - Classificazione delle unità locali in base al numero di dipendenti

"Codice Attività: 15.93.0 - Fabbricazione di vino di uve (non di produzione propria)"- Toscana - 1999.

Codice

Attività

Descrizione attività

totale

Regione

Toscana

Numero unità locali suddivise per provincia

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

15.93.0

Fabbricazione di vino di uve

(non di produzione propria).

20

-

9

-

-

1

1

1

-

2

6

Delle quali:












Con 0 dipendenti

10

-

7

-

-

-

1

-

-

-

2

Con 1-3 dipendenti

2

-

-

-

-

-

-

-

-

-

2

Con 4-10 dipendenti

5

-

2

-

-

1

-

1

-

-

1

Con 11-15 dipendenti

2

-

-

-

-

-

-

-

-

2

-

Con 31 dipendenti

1

-

-

-

-

-

-

-

-

-

1

Oltre 31 dipendenti

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

Fonte: - Elaborazione ARPAT su dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).


Tab. 5 - Classificazione delle unità locali in base al numero di dipendenti

"Codice attività: 15.93.1 - Fabbricazione di vini (esclusi i vini speciali)"- Toscana - 1999.

Codice

Attività

Descrizione attività

totale

Regione

Toscana

Numero unità locali suddivise per provincia

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

15.93.1

Fabbricazione di vini

(esclusi i vini speciali)

115

6

36

8

6

3

-

5

2

6

43

Delle quali:












Con 0 dipendenti

34

1

8

4

4

1

-

-

1

2

13

Con 1-3 dipendenti

36

2

10

-

1

1

-

4

-

2

15

Con 4-10 dipendenti

24

2

9

3

1

-

-

-

1

1

7

Con 11-15 dipendenti

11

1

3

1

-

-

-

-

-

1

5

Con 16-30 dipendenti

7

-

3

-

-

1

-

1

-

-

2

Con 31-71 dipendenti

4

-

3

-

-

-

-

-

-

-

1

Oltre 71 dipendenti

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

Fonte: - Elaborazione ARPAT su dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).


Tab. 6 - Classificazione delle unità locali in base al numero di dipendenti

"Codice attività: 01.13.1 - Colture viticole e aziende vitivinicole" - Toscana - 1999.

Codice

Attività

Descrizione attività

totale

Regione

Toscana

Numero unità locali suddivise per provincia

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

01.13.1

Colture viticole e aziende vitivinicole

4.219

644

1.437

262

112

165

27

391

39

137

1.005

Delle quali:












Con 0 dipendenti

2.737

437

986

156

81

107

21

225

26

90

608

Con 1-3 dipendente

1.368

201

418

105

28

54

6

163

12

46

335

Con 4-10 dipendenti

92

6

28

1

3

4

-

2

1

1

46

Con 11-15 dipendenti

10

-

2

-

-

-

-

1

-

-

7

Con 16-30 dipendenti

10

-

2

-

-

-

-

1

-

-

7

Con 31-52 dipendenti

2

-

-

-

-

-

-

-

-

-

2

Con 137 dipendenti

1

-

-

-

-

-

-

-

-

-

1

Oltre 137 dipendenti

-

-


-

-

-

-

-

-

-

-

Fonte: - Elaborazione ARPAT su dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).



Per quanto riguarda il numero dei lavoratori è importante notare che i dati sopra riportati non comprendo né i titolari e i soci di unità locali, né i lavoratori stagionali, che tuttavia sono in numero notevole.

Per quanto riguarda il numero di titolari e soci di unità locali, si consideri il numero di unità locali prive di lavoratori dipendenti (si pensi ad esempio alle aziende agricole registrate alla camera di commercio come ditte individuali o familiari ed altre forme societarie). Dalle tabelle 4, 5 e 6 si ricava che, con zero dipendenti sono presenti ben 2.782 unità locali, delle quali:

Anche i lavoratori stagionali sono un numero considerevole (si pensi al periodo di raccolta dell'uva), molti dei quali extracomunitari.


Tutto ciò, insieme al fatto che numerose aziende registrate alla C.C.I.A.A. come "Colture viticole e aziende vitivinicole (codice attività: 01.13.1)" effettuano in proprio sia la coltivazione che la vinificazione, rende difficile stimare quanti lavoratori in Toscana sono addetti alla vinificazione.

Nella presente indagine ci si occupa delle cantine vinicole (produzione del vino) - escludendo la coltivazione della vite e la raccolta dell'uva - rimandando per quest'ultimo aspetto al profilo di rischio delle colture agricole.


Nelle tabelle precedenti (dalla Tab. 2 alla Tab. 6) si nota che le aree fiorentina e senese sono quelle dove il comparto è maggiormente presente, pertanto sono state scelte come aree di riferimento per la presente ricerca.



Tabella 7 - Infortuni denunciati e indennizzati all'INAIL nel periodo 1996-2000.
Comparto produttivo "Produzione vino (cantine vinicole)" nella Regione Toscana.

Anni

Numero

Infortuni

Numero Infortuni

Mortali

1996

55

0

1997

44

0

1998

48

1

1999

37

0

2000

39

0

Totale

223

1

Fonte: INAIL


Tabella 8 - Malattie professionali denunciate all'INAIL nel periodo 1996-2000.
Comparto produttivo "Produzione vino (cantine vinicole)" nella Regione Toscana.

Anno

Tipo di conseguenza

Codice della malattia professionale

Tipologia di malattia professionale

Numero

di casi

1996

PERMANENTE

99

MALATTIE NON TABELLATE

1

Fonte: INAIL


2 - DESCRIZIONE GENERALE DEL CICLO DI LAVORAZIONE


Le principali fasi del ciclo produttivo delle aziende del comparto possono essere così elencate:


Conferimento dell'uva, pesatura, prelevamento campione, analisi del grado zuccherino, scarico, pigiatura-diraspatura, solfitazione, fermentazione tumultuosa, svinatura, pressatura vinacce, fermentazione lenta, elaborazione, invecchiamento, trattamenti e correzioni, imbottigliamento (depallettizzazione delle bottiglie, lavaggio o risciacquo delle bottiglie, pastorizzazione, riempimento, tappatura, incapsulatura, etichettatura, inscatolamento, pallettizzazione), altri tipi di confezionamento (bagging box), immagazzinamento, spedizione e consegna, centrale termica e produzione di vapore, impianti frigoriferi, manutenzione meccanica, travasi e lavorazione fecce, manutenzione e pulizia dei vasi vinari, manutenzione e pulizia dei locali.


Nella figura seguente si riporta uno schema a blocchi di massima del ciclo lavorativo, riferito in particolare alla produzione dei vini rossi.


Cliccare sui box rettangolari per accedere al primo capitolo della relativa fase di lavorazione.

3. ANALISI DEI RISCHI E DELLE SOLUZIONI


CONFERIMENTO, PESATA, PRELIEVO DEL CAMPIONE, SCARICO DELL'UVA, PIGIATURA-DIRASPATURA, TRASPORTO DEL MOSTO E DEI RASPI


DESCRIZIONE DELLA FASE

L'uva può giungere alla cantina vinicola in diverse modalità; in genere su carrelli rimorchiati da trattori oppure su camion con cassone ribaltabile, ma spesso anche in ceste trasportate a bordo di normali automezzi (quest'ultimo caso è frequente nelle cantine sociali alle quali viene conferita l'uva raccolta da tanti piccoli produttori).

Sul fondo dei carrelli (o del cassone del camion) talvolta è posto un telo di plastica sul quale è adagiata l'uva, sia allo scopo di proteggerla dalla sporcizia eventualmente presente sul fondo, sia per evitare la dispersione di succo d'uva che potrebbe scolare durante il trasporto.

Quando il mezzo carico d'uva giunge alla cantina vinicola esso viene pesato sul piazzale esterno dello stabilimento. Contestualmente si preleva un campione d'uva per l'analisi del grado zuccherino da effettuarsi nel laboratorio della cantina stessa. Il prelievo può avvenire manualmente, oppure tramite una piccola coclea mobile. Nel primo caso l'addetto prende in mano qualche grappolo e lo deposita in un secchio nel quale lo pressa con un attrezzo manuale per ottenere il succo. Nel secondo caso l'addetto manovra la coclea prelevando più campioni in vari punti del carico e il succo ottenuto viene raccolto in un secchio attaccato lateralmente alla coclea. In entrambi i casi, il succo ottenuto viene versato manualmente dal secchio nello strumento di analisi, il quale in pochi istanti mostra sul proprio display il grado zuccherino. Quest'ultimo influisce sulla gradazione alcolica del vino che verrà ottenuto e può variare a seconda che l'uva sia asciutta o umida; per questo motivo - in caso di pioggia - l'uva viene coperta durante il trasporto e la raccolta stessa è preferibile che avvenga quando non è piovuto da un tempo sufficiente per farla asciugare.

Fig. 1 Zona di pesata dei mezzi con pesa a ponte (bascula) e coclea mobile per il prelievo del campione d'uva.

Infatti, l'alcool presente nel vino (alcol etilico) rappresenta il risultato della trasformazione degli zuccheri per opera dei lieviti presenti nelle uve. E' naturale che partendo da uve con un elevato grado zuccherino si avrà una maggiore gradazione alcolica del vino prodotto.

Una volta effettuata l'analisi, l'uva viene scaricata in un'apposita tramoggia sul cui fondo è presente una coclea.

In una stessa cantina vinicola possono essere presenti più tramogge utilizzate per le diverse qualità di uva che possono giungere contemporaneamente alla cantina (la prima distinzione riguarda l'uva bianca e l'uva nera).

La coclea presente nella tramoggia spinge l'uva direttamente nella macchina pigiatrice (o pigia-diraspatrice) a seconda del tipo di vino da produrre.

Nella aziende con minore capacità produttiva, tutto l'insieme delle macchine tramoggia con coclea-pigiatrice-diraspatrice è anche chiamata gramola (o macchina gramolatrice).

La diraspatrice ha la funzione di separare i chicchi d'uva (acini) dalla parte legnosa (raspi). Questi ultimi sono temporaneamente accumulati all'uscita della diraspatrice, mentre tutto il resto, cioè il cosiddetto mosto (massa costituita da succo, polpa, bucce e semi degli acini d'uva) è trasportato fino ai vasi di fermentazione (fermentini).

L'operazione di pigiatura - diraspatura è automatica pertanto l'addetto si limita controllare di tanto in tanto il buon funzionamento dell'impianto.

I raspi vengono estratti dalla diraspatrice in modo pneumatico e, negli impianti di maggiore capacità produttiva, trasportati tramite una tubazione al punto di raccolta da dove sono successivamente prelevati per essere inviati alla loro destinazione finale. Nel caso i raspi usciti dalla diraspatrice siano accumulati sul pavimento del piazzale aziendale, il loro prelievo avviene per mezzo di camion dotati di benna montata a bordo. Altrimenti sono utilizzati cassoni scarrabili nei quali i raspi vengono fatti cadere dall'alto.

La lavorazione può cambiare a seconda del tipo di vino che si intende produrre, come di seguito descritto.


Dalla prima spremitura si ottiene il cosiddetto mosto fiore (da 100 kg di uva da spremere si ottengono circa 65-70 kg di mosto fiore); un altro 5-10% di mosto liquido è ottenuto da successive pigiature (pressatura vinacce); la parte rimanente è costituita da parti solide residue.


In genere la pigia-diraspatrice si trova in prossimità dei fermentini nei quali il mosto giunge direttamente attraverso una tubazione tramite una pompa fissa. Tuttavia in alcune aziende, specie quelle che dispongono di una vasta produzione di uva da vigneti propri, sono presenti più pigia-diraspatrici nelle varie aziende agricole di produzione delle uve e il trasporto del mosto all'impianto di vinificazione avviene per mezzo di autocisterne.

In questa fase lavorativa non si producono rifiuti. Infatti, i raspi sono inviati alla distillazione (così come le vinacce -vedere la fase pressatura vinacce).



ATTREZZATURE E MACCHINE


Coclea mobile per il prelievo del campione d'uva

Si tratta di una coclea a profilo elicoidale ad alimentazione elettrica, orientabile tramite un braccio meccanico, il quale a sua volta è montato a bordo di un carrello sul quale si trovano anche i comandi della macchina (Fig. 1). L'azionamento della coclea è a pulsante "ad uomo presente", cioè il pulsante di avvio deve essere tenuto premuto per mantenere la coclea in rotazione. Ciò è anche dovuto al fatto che lo scopo è di prelevare una piccola quantità di uva.


Tramoggia con coclea

E' essenzialmente costituita da una vasca in acciaio inox a forma trapezoidale (tramoggia) sul fondo della quale sono presenti una o più coclee (viti senza fine a profilo elicoidale) ad alimentazione elettrica (Figg. 2 e 3); le coclee - ruotando intorno al proprio asse - determinano l'avanzamento dell'uva verso la parte terminale della tramoggia fino a convogliarla alla sua uscita. In questa azione si realizza anche una leggera pigiatura. In alcune aziende, anziché di tipo elicoidale le coclee sono di tipo trapezoidale e sul fondo della tramoggia è posto un nastro trasportatore; ciò consente l'avanzamento dell'uva in modo più delicato.

Fig. 2 - Scarico manuale di una cesta di uva bianca nella gramola.


Diraspatrice

E' essenzialmente costituita da un tamburo rotante di acciaio inox forellato I fori sul tamburo sono sufficientemente ampi da consentire facilmente il passaggio degli acini, mentre i raspi vengono trattenuti all'interno del tamburo e quindi espulsi tramite pompa. La diraspatura avviene per forza centrifuga e/o grazie all'azione di un albero sbattitore a palette.

Fig. 3 Diraspatrice ad asse orizzontale (vista dall'alto) posta al di sotto della tramoggia (di quest'ultima si nota la parte terminale dove l'uva viene spinta nella diraspatrice); sulla destra è presente la scala a chiocciola per l'accesso al piano dove si trova la diraspatrice.


Fig. 4 Particolare degli organi lavoratori della diraspatrice con ripari rimossi per pulizia (vista dall'alto). Si noti a sinistra il nastro trasportatore che proviene dal fondo della tramoggia e a destra il cilindro forellato di acciaio della diraspatrice.

Fig. 5 Sistema pneumatico di estrazione dei raspi dalla diraspatrice (in alto a destra si noti il ciclone di uscita e sotto il tetto la tubazione di trasporto).

Pompa fissa

Si tratta in genere di pompe a stantuffo grande o a palette rotanti, funzionanti ad alimentazione elettrica.


Autocisterna

Si tratta di cisterne camionabili in genere di acciaio inox, dotate di passerella sulla sommità per l'accesso dell'addetto durante le operazioni di riempimento o lavaggio.


Fig. n. 6 Autocisterna per il trasporto del mosto dalle aziende vitivinicole alla cantina vinicola centrale.


FATTORI DI RISCHIO


In questa fase lavorativa, i principali rischi professionali potenzialmente presenti sono i seguenti:


Transito di veicoli

descrizione

I veicoli che conferiscono l'uva transitano nei piazzali esterni dello stabilimento produttivo con il seguente percorso: dal cancello di ingresso fino al punto di pesata; poi allo scarico dell'uva nella tramoggia; quindi di nuovo alla pesata (per calcolare la differenza di peso); infine al cancello di uscita, che spesso è lo stesso di quello di ingresso (eventualmente dopo una sosta al parcheggio). Nel periodo della raccolta dell'uva il via vai dei mezzi può essere notevole e può comportare il rischio di investimento dei lavoratori e il rischio di collisioni tra i mezzi.

danno atteso

Lesioni traumatiche per investimento da veicoli o collisioni tra veicoli.

prevenzione

Predisporre e segnalare (mediante segnaletica orizzontale e verticale) percorsi separati per pedoni ed automezzi. Stabilire e segnalare il limite di velocità a 5 Km/h. A seconda delle dimensioni del piazzale, valutare l'opportunità di stabilire, segnalare rispettare percorsi a senso unico.

riferimenti normativi


Caduta dall'alto su organi meccanici in movimento

descrizione

Lavorando in prossimità della tramoggia, è presente il rischio di caduta dall'alto nella stessa. Infatti, per favorire lo scarico dell'uva, la tramoggia si trova ad una quota più bassa di quella del pavimento.

La caduta all'interno della tramoggia potrebbe avvenire per perdita di equilibrio o scivolamento durante lo scarico manuale delle ceste, oppure per investimento da parte di mezzi meccanici in movimento nei pressi della tramoggia.

Altra possibile causa di caduta, potrebbe essere l'operazione di scuotimento del telo di plastica (posto sul fondo del cassone ribaltabile del camion). Tale operazione si rende necessaria allo scopo di completare lo scarico quando qualche grappolo d'uva rimane sul telo. In questo caso l'operatore che scuote il telo potrebbe essere tentato di "arrampicarsi" pericolosamente, ad esempio mettendo i piedi sulle ruote del camion, o peggio, salendo in piedi sul parapetto della tramoggia.

In caso di caduta nella tramoggia il lavoratore può venire a contatto con gli organi lavoratori sul fondo della macchina, i quali - per la loro conformazione - costituiscono un pericolo anche da fermi.

danno atteso

In caso di caduta dall'alto all'interno della tramoggia si possono riportare danni traumatici quali contusioni e ferite. Se la caduta avviene sugli organi lavoratori mentre essi sono in moto le lesioni conseguenti possono essere mortali.

interventi prevenzionistici

La prevenzione può consistere nell'installare parapetti fissi di altezza adeguata ai lati della tramoggia dove lo scarico dell'uva avviene manualmente dalle ceste. Dove ciò non è possibile, ad esempio sul lato della tramoggia dove lo scarico dell'uva avviene per ribaltamento del cassone del camion, il parapetto può essere mobile, ad esempio realizzato tramite una sbarra comandata elettricamente da alzare per lo scarico (Fig. 7) e riabbassare subito dopo. Al parapetto mobile, comunque sia realizzato, può essere abbinato un dispositivo di interblocco che fermi gli organi lavoratori all'apertura del parapetto e ne impedisca l'avviamento fin tanto che non viene richiuso.

In alcune aziende è stata installata anche una fotocellula (Fig. 8) che blocca gli organi lavoratori in caso un lavoratore si avvicini alla tramoggia. La fotocellula deve essere considerata come un dispositivo di sicurezza aggiuntivo e non sostitutivo del parapetto mobile, in quanto è necessario prima di tutto evitare il rischio di caduta dall'alto dentro la tramoggia.

Qualora durante lo scarico di grandi quantità di uva, per facilitarne il deflusso, sia necessario attivare la coclea con il parapetto alzato o con la fotocellula disinserita, ciò deve essere consentito solo tramite pulsantiera ad impulsi a "uomo presente" che, una volta inserita, escluda il quadro comando principale. La stessa pulsantiera può essere molto utile anche per operare in sicurezza in caso di interventi di manutenzione e pulizia.

Particolare attenzione deve essere prestata durante l'avvicinamento in retromarcia del veicolo alla tramoggia fino al raggiungimento della corretta posizione di scarico. E' opportuno che un addetto a terra assista alla manovra, con il duplice scopo di segnalare all'autista del mezzo in retromarcia la distanza che man mano manca alla posizione corretta per lo scarico, e al tempo stesso di verificare l'assenza di altro personale nel raggio di manovra. Per l'operazione di scuotimento del telo di plastica posto sul fondo del cassone ribaltabile del camion è opportuno che nei pressi della tramoggia sia disponibile una scaletta - con piattaforma con dotata di parapetto e montata a bordo di un carrello che consenta spostarla manualmente - tale da poter raggiungere facilmente e in sicurezza la posizione in altezza. E' importante che questa operazione sia eseguita da lavoratori dipendenti non stagionali adeguatamente informati e formati, mentre gli autisti dei mezzi che conferiscono l'uva non devono essere ammessi nella zona operativa.

riferimenti normativi

Fig. 7 Scarico nella tramoggia con coclea dell'uva nera da un camion con cassone ribaltabile. Si noti il telo di plastica sul fondo del cassone, l'organo lavoratore (coclea) sul fondo della tramoggia, la sbarra con funzione di parapetto mobile contro la caduta dall'alto di persone nella tramoggia.

Fig. 8 Particolare della gramola (in fase di carico) dotata di fotocellula che blocca in movimento della coclea in caso un lavoratore si avvicini alla macchina in moto.



Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento


Coclea mobile per il prelievo di campioni di uva

descrizione

La coclea mobile (Fig. 1) utilizzata per il prelievo di campioni d'uva da analizzare può comportare rischi infortunistici qualora l'organo lavoratore non sia adeguatamente protetto. Infatti, sebbene la coclea sia segregata lungo la sua estensione longitudinale, la sua parte terminale - che viene immersa nel carico d'uva - è lasciata scoperta per prelevare i grappoli. Ciò può costituire un pericolo di presa in caso di contatto con le mani dei lavoratori.

Il rischio è notevolmente ridotto quando l'operazione è svolta da un solo addetto. Infatti, in tal caso, egli aziona la coclea tramite la pulsantiera a distanza dall'organo lavoratore, pertanto non c'è la possibilità che possa venire in contatto con quest'ultimo. Diverso è il caso in cui un secondo lavoratore si avvicini alla coclea quando è ancora in rotazione, ad esempio per prelevare il secchio che vi è attaccato lateralmente per raccogliere il succo.

Il braccio meccanico della coclea mobile, durante il suo movimento laterale, può urtare le persone che possano eventualmente trovarsi entro il suo raggio di azione.

danno atteso

Ferite e contusioni.

interventi prevenzionistici

La prevenzione può consistere nel proteggere la parte terminale della coclea mobile tramite una protezione mobile che la lasci scoperta solo durante la sua immersione nel carico d'uva e che si riporti automaticamente nella posizione originale una volta che la coclea viene estratta.

E' comunque opportuno che l'operazione sia svolta da un solo addetto, il quale deve essere adeguatamente formato. Egli dovrebbe verificare che l'autista del mezzo che conferisce l'uva (che potrebbe non essere un dipendente della cantina vinicola, ma piuttosto il dipendente di una ditta di autotrasporti oppure un piccolo produttore), si tenga a debita distanza dalla zona operativa.


Diraspatrice

descrizione

Gli organi meccanici in movimento della diraspatrice (Figure 3 e 4) possono comportare il rischio di presa e trascinamento in caso di contatto con gli arti superiori dell'addetto. Durante il normale funzionamento della macchina, il rischio infortunistico è estremamente basso in quanto la macchina lavora in automatico senza la presenza dell'addetto; il rischio è sostanzialmente legato alla pulizia e manutenzione della macchina.

danno atteso

Ferite e contusioni.

interventi prevenzionistici

La prevenzione può consistere nel proteggere gli organi meccanici in movimento mediante ripari fissi o muniti di dispositivo di interblocco che blocchi il movimento in caso di apertura del riparo e impedisca l'avviamento fintanto che il riparo non è stato richiuso. In caso sia necessario attivare la macchina con in ripari aperti, ad esempio in caso di manutenzione o pulizia, ciò deve essere consentito solo a personale specializzato che utilizzi una pulsantiera che permetta l'avanzamento ad impulsi a "uomo presente" la quale, una volta inserita, escluda il quadro di comando.

riferimenti normativi


Lavoro in prossimità di aperture nel pavimento

descrizione

La diraspatrice si trova in genere sotto il piano del pavimento al di sotto della tramoggia; è pertanto presente il rischio di caduta dall'alto nel caso le aperture verso il vuoto non siano adeguatamente protette. Eventuale materiale che potrebbe cadere dall'alto potrebbe colpire gli addetti

danno atteso

Ferite e contusioni.

interventi prevenzionistici

Installare parapetto normale con fascia fermapiedi tutto intorno alla apertura verso il vuoto. L'accesso alle scale per scendere nella zona inferiore dove è installata la diraspatrice può essere protetto con un cancellino.

La scala per scendere al piano inferiore (in genere a chiocciola) deve essere stabilmente fissata, realizzata in materiale antiscivolo (ad esempio grigliato metallico), dotata di corrimano e fascia fermapiedi.

riferimenti normativi

- Tit. II del D.P.R. n.547 del 27.04.1955 "Norme per la prevenzione degli infortuni".

- D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.


Lavoro in postazioni sopraelevate

descrizione

Le operazioni di riempimento della autocisterna e/o dei vasi vinari comportano in genere la necessità di raggiungere postazioni in altezza, con conseguente rischio di caduta dall'alto. Anche per le operazioni pulizia dell'autocisterna l'addetto accede alla sommità della stessa con il rischio di caduta dall'alto.

danno atteso

Lesioni traumatiche per caduta dall'alto (rischio di infortunio mortale).

prevenzione

Predisporre accessi sicuri alle postazioni in altezza ai vasi vinari con gradini stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, ecc... come prescritto dalle norme vigenti.

Anche l'accesso alla parte superiore della autocisterna deve essere reso sicuro, ad esempio con una scaletta robusta dotata di gradini stabili e antiscivolo, oltre a dotare la sommità della cisterna di camminamento antiscivolo (ad esempio un grigliato metallico) lungo il quale siano presenti corrimano e parapetto reclinabili, che l'operatore possa alzare prima di accedere al camminamento.

A seconda delle situazioni possono essere necessari D.P.I. (scarpe antiscivolo, imbracatura con sistema di trattenuta che impedisca la caduta d'alto).

riferimenti normativi


Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

Nelle aziende più piccole o nelle cantine sociali, quando l'uva viene conferita allo stabilimento entro ceste, le operazioni di prelevamento di queste ultime dal veicolo di trasporto per poi essere rovesciate nelle tramogge di ricevimento dell'uva può comportare la necessità di sollevare e trasportare manualmente le ceste piene, il cui peso può arrivare a qualche decina di chili. In caso di caduta di una cesta durante la sua movimentazione manuale (ad esempio per la rottura di un manico) gli addetti possono essere colpiti ai piedi.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

Ferite e contusioni ai piedi.

prevenzione

riferimenti normativi


Esposizione a rumore

descrizione

Durante il lavoro in prossimità delle macchine pigiatrici, diraspatrici o gramolatrici gli addetti possono essere esposti a rumore con livelli equivalenti che possono superare gli 85 dB(A). Tuttavia l'esposizione personale degli addetti è in genere non continuativa nell'arco della giornata lavorativa e per pochi giorni all'anno.

danno atteso

L'esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e/o di disturbi extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Inoltre sono possibili disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa.

interventi prevenzionistici

E' necessaria la valutazione del rumore ai sensi del D.Lgs. 277/1991, utilizzare macchine di tipo meno rumoroso e tenute in buono stato di manutenzione.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella "Valori limite di esposizione al rumore", riportata nel presente documento al Capitolo "Riferimenti normativi di carattere generale".

riferimenti normativi



APPALTI ESTERNI

La distillazione avviene in distilleria che è in genere è una azienda esterna. Anche il trasporto dei raspi tramite camion e del mosto tramite autocisterne (ove previsto) viene appaltato ad aziende esterne specializzate in autotrasporti.



IMPATTO ESTERNO


Traffico veicolare indotto

I mezzi che conferiscono l'uva raccolta e le autocisterne che conferiscono il mosto possono costituire un notevole traffico veicolare indotto specialmente in alcuni periodi dell'anno corrispondenti alla vendemmia e alle prime lavorazioni delle uve.


Diffusione di rumore

E' determinato sia dai veicoli sopra citati, sia dalle macchine quali coclee, pigiatrici-diraspatrici, trasportatori e pompe. Ciò può provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli impianti produttivi. E' opportuno utilizzare macchine del tipo rumoroso e sottoporle ad adeguata manutenzione, insonorizzare le macchine più rumorose, collocare i macchinari più rumorosi in un'area dello stabilimento produttivo il più lontano possibile dalle abitazioni, predisporre barriere antirumore ove necessarie.


Sversamenti di succo d'uva e di mosto

Durante il conferimento e trasferimento dell'uva e del mosto possono verificarsi sversamenti accidentali. E' opportuno che il piazzale aziendale sia conformato in modo tale da consentire il raccoglimento delle acque meteoriche ed eventuali sversamenti, con pozzetti di raccolta prima di invio all'impianto di depurazione o alla rete fognaria esterna.

FERMENTAZIONE TUMULTUOSA, SOLFITAZIONE, FOLLATURA


DESCRIZIONE DELLA FASE

Il mosto è introdotto tramite pompe in contenitori (vasi vinari) nei quali avviene la fermentazione (perciò tali vasi vinari sono anche chiamati fermentini o semplicemente tini).

In genere queste lavorazioni sono svolte a livello del terreno, direttamente all'aperto eventualmente sotto tettoie oppure entro locali.

Il mosto, ottenuto dalle uve dopo la gramolatura / pigiatura, è un liquido zuccherino semidenso, composto da varie sostanze che erano nell'uva e che verranno trasferite al vino. E' un elemento vivo, che contiene il 65-80% di acqua e il 15-30% di zuccheri, per lo più fruttosio e glucosio. La maggior parte di questi ultimi saranno poi trasformati in alcool durante la fermentazione, grazie all'azione dei lieviti. Non tutti gli zuccheri vengono trasformati in alcol durante la fermentazione, infatti zuccheri non fermentati restano presenti in quantità elevate nei vini dolci e liquorosi ma anche, seppur in minima parte, nei vini secchi.

I lieviti sono dei complessi di microrganismi in grado di provocare la fermentazione attraverso gli enzimi da essi prodotti. Quelli presenti naturalmente nell'uva sono in grado autonomamente di far partire la fermentazione del mosto, tuttavia per completare o favorire una perfetta fermentazione alcolica, è prassi normale aggiungerne altri dalle caratteristiche diverse a seconda del risultato che si vuole ottenere. Infatti esistono migliaia di tipi di lieviti, ognuno utilizzato per scopi diversi: alcuni sono particolarmente resistenti all'alcool, altri all'anidride solforosa, altri al freddo, ecc... I lieviti sono inoltre fondamentali nella spumantizzazione dei vini: vengono infatti aggiunti per ottenere una rifermentazione che svilupperà l'anidride carbonica responsabile delle bollicine.

L'anidride carbonica (CO2) si sviluppa in modo naturale nel vino come conseguenza dei diversi processi di fermentazione; la sua presenza è evidente negli spumanti e nei vini frizzanti, ma è presente, in minime dosi, anche nelle tipologie "ferme" e serve per equilibrare i vini mantenendo più vivi e più freschi i profumi e i gusti, purché non si esageri rendendo il vino troppo gassato. Una eventuale aggiunta esterna di CO2 deve essere evidenziata in etichetta.

Per la produzione del vino novello (un particolare tipo di vino pronto dopo poche settimane dalla raccolta dell'uva) è utilizzato il procedimento della macerazione carbonica detta anche fermentazione aromatica per il fatto che ne risulta un vino notevolmente odoroso. Come si è accennato alla fase precedente, l'uva destinata a questo tipo di produzione non viene gramolata, ma introdotta intatta un contenitore (in genere di cemento smaltato internamente). Quest'ultimo è tenuto ermeticamente chiuso per 7-20 giorni a temperatura di circa 30°C, saturo di anidride carbonica; la CO2 all'interno del contenitore in parte si sviluppa naturalmente dalla fermentazione di una minima quantità del succo d'uva che cola sul fondo (per effetto che l'uva posta più in basso viene schiacciata dal peso di quella sovrastante), e in parte viene aggiunta dall'esterno tramite bombole. L'ambiente saturo di CO2 del contenitore provoca l'innesco della fermentazione all'interno degli acini d'uva. In altre parole, a causa dell'ambiente asfittico, si modifica la permeabilità delle bucce e la macerazione avviene malgrado l'integrità del grappolo. Alla fine del periodo di macerazione carbonica, tutta la massa sarà poi pigiata e posta nel tino di fermentazione ove, in capo a due o tre giorni, terminerà la trasformazione degli zuccheri in alcool, per essere subito imbottigliato e possibilmente consumato dopo non troppo tempo.

Nella produzione di vini rossi, l'azione della anidride carbonica che si sviluppa nel mosto durante la fermentazione provoca l'affioramento delle vinacce le quali formano sulla superficie del mosto il cosiddetto cappello, il quale per ottimizzare il processo deve essere di nuovo immerso e mescolato. Ciò avviene tramite follature e rimontaggi. Nel primo caso si affondano le vinacce con appositi organi lavoratori che possono essere incorporati nei moderni tini in acciaio, oppure con attrezzi esterni chiamati follatori che vengono calati nei tini (ciò è quanto avviene per i tini in legno); nel secondo caso invece è il liquido che viene pompato da una spina di base del tino e reimmesso dall'alto investendo il cappello. Follature e rimontaggi hanno anche lo scopo di arieggiare il mosto e attivare, grazie all'ossigeno presente nell'aria, i lieviti della fermentazione. Tuttavia è da tenere presente che l'aria va ben dosata in quanto l'eccessivo contatto del mosto con l'aria favorisce lo sviluppo dei batteri dell'aceto ed altera i colori scolorendo i vini rossi e imbrunendo quelli bianchi; ciò è particolarmente importante per le successive fasi di maturazione del vino. I procedimenti di follatura e rimontaggio, più comuni nei tini di medie o grandi dimensioni, vengono eseguiti con una certa frequenza per evitare che la parte superficiale delle vinacce possa acetire e alterare poi tutta la massa. Inoltre, per evitare una eccessiva ossidazione per contatto con l'aria, quando si travasa il mosto o il vino in tempi successivi per arrivare a riempire un vaso vinario di grande capacità, l'operazione viene preceduta dalla introduzione nel vaso di un gas inerte (in genere azoto).

Per la preparazione dei vini comuni è spesso introdotta nel mosto l'anidride solforosa (SO2) allo scopo principale di selezionare i lieviti in esso presenti. Questa operazione (chiamata solfitazione o solforazione) avviene in genere immediatamente dopo la prima spremitura dell'uva, ma talvolta anche successivamente nei fermentini e può riguardare sia i mosti che i vini. L'anidride solforosa che viene fatta gorgogliare nel liquido agisce come un antisettico che impedisce la riproduzione dei lieviti non desiderati quali gli apiculatus ed altri microrganismi, mentre i lieviti desiderati per la fermentazione del mosto, come i lieviti ellittici, sono molto resistenti a questo trattamento. Oltre che per l'effetto sterilizzante, l'anidride solforosa è talvolta impiegata come solubilizzante delle sostanze coloranti e per favorire l'aumento della gradazione alcolica del vino. L'anidride solforosa (SO2) introdotta nei mosti si ripartisce in due forme: combinata con i composti presenti nel vino (in particolare con il glucosio, fruttosio, sostanze coloranti) e libera. L'equilibrio tra le due forme, tipico per ogni vino, è influenzato dalla temperatura. La frazione libera diminuisce con il tempo, non solo per le combinazioni, ma anche per evaporazione, ossidazione e riduzione ad acido solfidrico. Per la qualità del prodotto (la Legge italiana stabilisce tra l'altro il limite massimo per la presenza di SO2 nel vino), l'anidride solforosa tende ad essere utilizzata nelle aziende vinicole solo limitatamente ai reali bisogni che il mosto presenta a seguito delle analisi chimiche di laboratorio. Infatti, tutto il processo di fermentazione è tenuto sotto controllo per mezzo di prelievi periodici e analisi di laboratorio.

Come si è accennato sopra, la temperatura gioca un ruolo fondamentale. Infatti, durante la fermentazione alcolica si sviluppa calore, ma il processo può cessare se la temperatura sale troppo arrivando fino ai 35-38 °C e il mosto si rovina per effetto della cosiddetta fermentazione mannitica; per evitarla è necessario raffreddare il mosto. Può anche verificarsi il caso opposto, cioè la temperatura ambientale troppo bassa (10°C) può impedire l'innesco della fermentazione; in questo caso è necessario riscaldare il mosto.

Per questi motivi nelle cantine moderne la fermentazione avviene in genere in recipienti a temperatura controllata, con la possibilità di riscaldare o refrigerare il mosto.

Quando l'enologo decide che sia arrivato il momento giusto viene effettuata l'operazione chiamata svinatura, la quale consiste nel prelevare dal fermentino la parte più liquida del mosto fermentato (chiamata vino fiore), mentre la parte solida viene convogliata - tramite una coclea - alla pressatura (svinatura e pressatura sono meglio descritte ai paragrafi successivi).

Fino alla svinatura la fermentazione è anche chiamata fermentazione tumultuosa per distinguerla dalla fermentazione lenta che continua a svolgersi anche nelle fasi successive del processo produttivo del vino.



ATTREZZATURE E MACCHINE


Pompa di travaso

Si tratta di una pompa mobile su ruote che ha la funzione di aspirare il liquido da un contenitore e contemporaneamente spingerlo in un altro. Ne esistono di diverse dimensioni e quelle più grandi possono raggiungere un peso considerevole (ad esempio 560 Kg.).

Fig. n. 9 Pompa di travaso di medie dimensioni.


Fermentini (tini)

Sono contenitori nei quali viene fatto fermentare il mosto. Ne esistono diversi tipi le cui differenze possono riguardare i materiali costitutivi, gli accessori, la capacità, la forma e le dimensioni.

Il materiale costitutivo dei fermentini più moderni è l'acciaio inox, mentre quelli più vecchi, oltre che in legno, sono in ferro smaltato esternamente e verniciato internamente con vernici epossidiche le quali rendono la superficie interna simile al vetro. Spesso sono presenti fermentini in cemento armato rivestito internamente di malta cementizia a sua volta ricoperta da piastrelle o vernici vetrificanti. Esistono anche fermentini in vetroresina.

La forma è in genere cilindrica specie per i tini in acciaio, ma ne esistono anche a forma di parallelepipedo specie per i tini in cemento. Questi ultimi hanno il vantaggio di consentire una migliore utilizzazione dello spazio all'interno della cantina.

I tini sono dotati di: spine (in genere due) per il travaso del liquido tramite pompe e tubazioni flessibili; un portello laterale (anche chiamato passo d'uomo e posto lateralmente un po' più in alto della base del tino, in genere tra le due spine); un portello inferiore (posto alla base del tino e in genere utilizzato per l'evacuazione delle vinacce); un portello superiore (posto alla sommità del tino). Talvolta sulla sommità del tino, è anche presente una valvola di sicurezza per lo sfiato dei gas in eccesso quando la pressione all'interno del contenitore sale oltre un certo limite.

I tini possono essere dotati internamente di organi agitatori e/o di follatura il cui movimento è ottenuto per mezzo di motori elettrici o sistemi pneumatici.

Alcuni fermentini sono coibentati e/o dotati di sistemi di controllo delle temperatura (riscaldamento / raffreddamento) la quale influisce sul processo di fermentazione.

Il raffreddamento è talvolta realizzato facendo scorrere un velo d'acqua fredda sulle pareti del tino; a tale scopo sulla sommità del tino è predisposto un tubo di plastica ad anello forellato inferiormente, mentre tutto intorno alla base del tino è predisposto un bordo sporgente scanalato per la raccolta dell'acqua che cola lungo le pareti; l'acqua raccolta è quindi inviata all'impianto di raffreddamento prima di essere rimessa in circolo.

Altri sistemi più moderni sono costituiti da tini provvisti di doppia camicia (intercapedine) ove scorre un liquido refrigerante o riscaldante che consente di controllare la temperatura del processo.

I tini in legno tendono ad essere sostituiti con tini in acciaio (o cemento o altri materiali citati) perché consentono una più facile installazione degli accessori suddetti, una più facile manutenzione e presentano il vantaggio rispetto al legno di evitare cali per evaporazione in quanto la loro permeabilità è minima.

Per i tini in legno il raffreddamento / riscaldamento del mosto viene effettuato grazie a piastre metalliche cave nelle quali viene fatto scorrere un liquido refrigerante / riscaldante.


Fig. n. 10 Piastre per il raffreddamento / riscaldamento del mosto durante la fermentazione in tini di legno.





Bombole trasportabili per l'anidride carbonica

Sono bombole di acciaio del tipo normalmente utilizzate per contenere gas compressi.


Bombole trasportabili per l'azoto

Sono bombole di acciaio del tipo normalmente utilizzate per contenere gas compressi.


Generatore di azoto

Nelle aziende più grandi, anziché essere utilizzato in bombole, l'azoto è prodotto direttamente in azienda alla portata e alla purezza desiderate, mediante un apposito generatore continuo. In questo caso l'azoto viene ottenuto per separazione dagli altri componenti dell'atmosfera (ciò consente di evitare una serie di problemi connessi con l'utilizzo delle bombole quali la sostituzione dei vuoti con i pieni, l'utilizzo di carrelli, filtri, ecc...).

A seconda della portata i generatori di azoto possono essere con compressore incorporato oppure con compressore esterno.


Bombole trasportabili per l'anidride solforosa

In genere si utilizza anidride solforosa compressa in bombole di acciaio (la pressione è di circa 3 atm a 20°C) da cui viene prelevata allo stato gassoso per essere utilizzata nella sterilizzazione dei recipienti, oppure allo stato liquido per le solfitazioni dei mosti e dei vini (nel secondo caso la bombola viene mantenuta capovolta).


Attrezzatura di solfitazione

Spesso sono utilizzati carrellini sui quali è fissata una bombola di SO2 (tenuta capovolta) ed un solfitometro che è un dispositivo il cui scopo è quello di consentire il dosaggio della corretta quantità di anidride solforosa e che viene riempito per travaso dalla bombola. Il solfitometro è essenzialmente costituito da un cilindro dotato di una parte trasparente (in genere di vetro resistente) sulla quale è presente una scala graduata utilizzata per misure la quantità voluta di anidride solforosa liquida. Il collegamento tra la bombola di SO2 ed il solfitometro è fisso tramite un tubo di rame. I solfitometri sono in genere dotati di tre rubinetti: uno apre il foro di entrata della SO2, un altro serve da sfiato per l'aria e il terzo per immettere la SO2 nei tini. La capacità del solfitometro in genere varia dai 2 a 5 Kg. L'attrezzatura di solfitazione prevede in genere anche un'asta metallica per l'iniezione di anidride solforosa ed altri gas nei serbatoi, attraverso l'apposita valvola. Essa può essere telescopica e retrattile (ciò evita lo smontaggio e il rimontaggio).


Follatore

Il follatore è una attrezzatura utilizzata per affondare il cappello formato dalle vinacce che tendono a portarsi sulla superficie del mosto nei tini. In genere si tratta di una croce di acciaio inox fissata alla base di un pistone a movimento pneumatico; l'attrezzo scorre lungo una monorotaia fissata al soffitto al di sopra della fila dei tini.


Compressori frigoriferi

Vedere la fase "centrale frigorifera"

Fig. 11 Tini in cemento.


Fig. n. 12 Fila di fermentini dotati di agitatori (si notino i motori che fuoriescono dall'alto del loro lato sinistro).

Fig. n. 13 Presa dell'azoto tra i fermentini coibentati.

Fig. n. 14 Generatore di azoto.

Fig. n. 15 Sommità di un vaso vinario in acciaio inox da 3.500 ettolitri.

Fig. n. 16 Base di un vaso vinario in acciaio inox da 3.500 ettolitri. Si noti il passo d'uomo, le tre spine e la scala graduata per la misurazione della quantità di vino presente nel contenitore.

Fig. n. 17 Carrellino per il trasporto di una bombola di azoto e una di anidride solforosa.


FATTORI DI RISCHIO


Lavoro in altezza

descrizione

Sono numerosi i motivi per i quali gli addetti salgono sulla sommità dei tini, tra i quali ricordiamo i seguenti:

L'addetto sale sulla sommità del tino, utilizzando una scaletta portatile o tramite una struttura metallica fissa costituita da scale di accesso e passerelle che corrono lungo la sommità dei tini.

Le suddette operazioni espongono il lavoratore al pericolo di caduta dall'alto (verso il vuoto o all'interno del tino pieno di mosto).

Quando al di sopra dei tini sono presenti camminamenti (ad esempio passerelle realizzate con grigliati metallici) sul cui piano di calpestio si trovano i boccaporti superiori dei tini, se questi ultimi sono lasciati aperti, gli addetti possano inciamparci e cadere (dentro il tino o verso il vuoto). Nel caso di più tini disposti in fila, sul piano di calpestio dello stesso camminamento sopraelevato possono trovarsi più boccaporti, a filo o rialzati rispetto al piano di calpestio.

L'eventuale presenza di gas asfissianti (anidride carbonica), tossici (anidride solforosa) e di vapori alcolici può aggravare il rischio di cadute dall'alto.

danno atteso

In entrambi i casi sussiste il pericolo di infortunio mortale.

interventi prevenzionistici

L'addetto che sale sulla sommità dei tini deve poter svolgere il suo lavoro in sicurezza; ad esempio, in caso l'operazione di follatura sia eseguita su tini di legno alla cui sommità si accede con scala portatile, il lavoratore deve indossare una cintura di sicurezza o imbracatura adeguatamente fissata alla monorotaia o al soffitto e la scala portatile deve essere dotata di appositi rampini per essere fissata al bordo superiore del tino e di basi di appoggio al pavimento con rinforzi in gomma antiscivolo.

Fig. n. 18 Attrezzo di follatura su monorotaia aerea con organo follatore a croce a movimento pneumatico. La monorotaia fissata al soffitto corre sopra i tini in legno. Si noti che l'addetto indossa la cintura di sicurezza fissata alla monorotaia. La scala è dotata di appositi rampini per essere fissata al bordo superiore del tino e di basi di appoggio al pavimento con rinforzi in gomma antiscivolo.


Nel caso in cui lungo i fermentini sia predisposta una struttura fissa di accesso con scale e passerelle, esse devono essere stabilmente fissate, realizzate in materiale antiscivolo (ad esempio grigliato metallico), dotate di parapetti e fasce fermapiedi.

E' necessario adottare misure tali da ridurre il rischio di inciampare o cadere dentro i boccaporti superiori dei tini, specie quando questi si trovano sul piano di calpestio di passerelle; ad esempio, un possibile accorgimento potrebbe essere quello di realizzare la passerella grigliata in modo che il boccaporto superiore del tino sia "a filo" o anche qualche centimetro più in basso del piano di calpestio, prevedendo una "botola" incernierata sul grigliato che può essere aperta per togliere il coperchio del boccaporto del tino e poi immediatamente richiusa lasciando pure il boccaporto aperto. In tale modo, che il boccaporto del tino sia aperto o chiuso, il camminamento rimarrebbe sempre privo di aperture e di ostacoli. Eventualmente può essere prevista una seconda botola incernierata più piccola (all'interno di quella grande) per permettere più facilmente il passaggio dei tubi utilizzati per rimontaggi, lavaggi, ecc...


Fig. n. 19 Tino in acciaio visto dall'alto si noti il pavimento grigliato della passerella e il portello superiore aperto.

E' opportuno valutare la possibilità di adottare tutte le misure organizzative e tecnologiche volte ad evitare o ridurre la necessità di eseguire lavori in altezza, come negli esempi seguenti.

Nel caso di tini posti all'aperto il tubo di plastica trasparente può essere soggetto a deteriorarsi facilmente (specie se la plastica con la quale è realizzato è del tipo rigido e poco resistente agli stress termici dovuti agli agenti meteorologici) pertanto necessita di essere periodicamente sostituito. Per facilitarne la sostituzione è possibile utilizzare un tubo in plastica flessibile la cui sommità sia legata ad una corda che, attraverso una carrucola, può essere tirata da terra in modo tale che mentre si tira via il tubo vecchio allo stesso tempo si inserisce il tubo nuovo, senza la necessità di salire sulla sommità del tino; inoltre la plastica morbida sembra presentare il vantaggio di richiedere una minore frequenza di sostituzione.

riferimenti normativi

Fig. n. 20 Interno di un fermentino in acciaio inox dotato di organi di follatura (visto dal basso verso l'alto).


Esposizione ad anidride solforosa

descrizione

Le varie operazioni legate alla fase di solfitazione sopra descritta (stoccaggio e movimentazione delle bombole si SO2, riempimento del solfitometro, solfitazione del mosto) possono determinare l'esposizione degli addetti ad anidride solforosa (SO2). Si tratta di un gas più pesante dell'aria che pertanto tende ad accumularsi verso il basso nelle cantine vinicole scarsamente aerate.

Una volta nelle cantine più piccole era pratica comune gonfiare un palloncino di gomma con anidride solforosa allo stato gassoso direttamente dalla bombola; il palloncino veniva poi lasciato sgonfiare nel mosto in modo da farvi gorgogliare il gas. Ciò comportava un elevato rischio per l'addetto in quanto il palloncino si poteva rompere o poteva sfuggirgli di mano con la conseguenza di essere investito da una folata di anidride solforosa tale da provocare svenimento e rischi mortali.

Il palloncino è oggi stato sostituito dal solfitometro con notevole riduzione del rischio. Tuttavia anche con il solfitometro il rischio è comunque presente, specie durante l'operazione di riempimento dello stesso.

stima

Campionamenti effettuati in precedenti indagini svolte in alcune aziende vinicole [hanno evidenziato valori ambientali variabili tra 0,011 e 0,16 mg/m3 risultano piuttosto bassi se confrontati con il TLV-TWA = 5,2 mg/m3 e con il TLV-STEL = 13 mg/m3 (valori TLV secondo ACGIH 2000), mentre i valori di esposizione personale durante il riempimento del solfitometro e durante la solfitazione nel vaso vinario risultano essere più dispersi da 0,43 a 52,3 mg/m3 [2]. Da notare comunque che l'operazione di riempimento del solfitometro è saltuaria e di breve durata.

danno atteso

L'anidride solforosa è così classificata: T (tossico), R23 (tossico per inalazione), C (corrosivo), R34 (provoca ustioni). E' irritante di grado moderatamente elevato. L'azione irritante è dovuta alla sua trasformazione in acido a contatto con l'ambiente umido delle mucose oculari, nasali e della pelle per poi arrivare all'apparato respiratorio provocando bronco-costrizione, con sintomi asmatiformi per esposizioni elevate e/o prolungate.

interventi prevenzionistici

Particolare attenzione deve essere posta dagli addetti durante il riempimento del solfitometro. Prima di procedere con tale operazione è sempre necessario verificare il buono stato sia della tubazione utilizzata per il travaso, sia dei rubinetti della bombola e del solfitometro.

Gli addetti al riempimento del solfitometro e alla solfitazione del mosto devono indossare adeguati D.P.I. quali maschera facciale con filtro specifico per SO2 (tipo A3) per la protezione delle vie respiratorie e degli occhi, guanti, grembiuli e calzature resistenti alla corrosione.

E' opportuno che il riempimento del solfitometro avvenga in esterno in prossimità di una doccia di emergenza dotata di lavaocchi, la quale possa essere immediatamente utilizzata dall'addetto in caso di contaminazione con il prodotto pericoloso. L'addetto all'operazione dovrebbe essere sorvegliato da un altro lavoratore che si mantenga a debita distanza pur indossando anch'egli i D.P.I. in modo da poter intervenire immediatamente in caso di emergenza.

In caso sia effettuata la solfitazione in fermentini posti all'interno dei locali della cantina, questi ultimi devono essere dotati di idonei sistemi di aerazione, posizionando estrattori d'aria, possibilmente nelle parti basse delle pareti.

Una volta utilizzato, il solfitometro dovrebbe essere riposto in luogo sicuro, al riparo da agenti atmosferici, lontano da fonti di calore e da possibili urti accidentali da parte dei lavoratori o dei mezzi in transito, possibilmente in locale o armadietto chiuso a chiave con accesso riservato agli addetti e dove è apposta idonea cartellonistica. Tutti i contenitori devono essere dotati della prescritta etichettatura.

Gli addetti devono essere adeguatamente informati e formati alle corrette procedure di lavorazione e alla modalità di gestione delle emergenze e pronto soccorso.

E' opportuno valutare la possibilità di sostituzione della anidride solforosa con altri antifermentativi meno pericolosi [9].

riferimenti normativi


Esposizione ad anidride carbonica

descrizione

L'anidride carbonica che si sviluppa naturalmente dalla fermentazione del mosto può accumularsi nell'ambiente di lavoro con conseguente diminuzione dell'ossigeno presente nell'aria ambiente. Si tenga presente che l'anidride carbonica ha una densità maggiore dell'aria e quindi tende ad accumularsi in basso. Questo rischio è reale nelle situazioni in cui i tini di fermentazione sono posizionati all'interno dei locali della cantina e scarsamente ventilati.

L'esposizione ad anidride carbonica può avvenire anche durante le operazioni di follatura con attrezzi ad azionamento manuale.

L'anidride carbonica è un gas incolore e inodore che si trova anche in piccola quantità nell'aria atmosferica (circa 0,035 %); non è combustibile; è facilmente solubile in acqua.

danno atteso

Un lavoratore che entra in un ambiente dove è presente una elevata concentrazione di anidride carbonica rischia di svenire e di morire per asfissia, per effetto anche della riduzione di ossigeno nell'aria.

Esposizioni di breve durata a livelli di concentrazione di CO2 inferiori al 2% (2000 ppm) non sono state associate ad effetti dannosi. A concentrazioni più elevate si manifestano effetti sulla funzione respiratoria e sul sistema nervoso centrale.

L'inalazione di anidride carbonica a una concentrazione del 5% provoca dispnea, tachicardia, sudorazione, mal di testa, vertigini, disorientamento, visione distorta, ecc...; a lungo termine si possono verificare alterazioni del metabolismo acido-base e della funzione respiratoria e vascolare.

Inoltre la presenza di anidride carbonica può aumentare il rischio di cadute dall'alto, ad esempio quando gli addetti si trovano sulla sommità dei tini (vedere il fattore di rischio lavoro in altezza). La caduta può avvenire sia verso il vuoto con conseguenti lesioni traumatiche, sia nel tino pieno con il rischio di annegamento nel mosto.

interventi prevenzionistici

E' opportuno che, nelle aziende dove i fermentini sono posizionati all'interno dei locali, siano installati rilevatori di CO2 posizionati nei punti significativi delle zone a rischio, in quanto il gas è inodore. Inoltre i locali di lavoro devono essere ben aerati. L'addetto che per primo entra nei locali all'inizio della giornata di lavoro per aerarli, prima di compiere tale operazione, deve verificare lo stato dei rivelatori di CO2 ai fini della propria incolumità. Può essere opportuno che al sistema di rivelazione di CO2 sia collegato un sistema di aerazione automatico.

riferimenti normativi


Esposizione a vapori di alcool etilico

descrizione

Durante le operazioni svolte in questa fase lavorativa gli addetti possono essere esposti a vapori di alcool etilico che si sviluppano durante la fermentazione del mosto.

L'alcool etilico è facilmente volatile ed ha un odore caratteristico riconoscibile a 1/5 - 1/10 della concentrazione previste dal TLV.

danno atteso

In ambito occupazionale non si producono quadri di intossicazione alcolica simili a quelli da ingestione, a causa della presenza di esposizioni per via inalatoria e di minore durata, grazie anche all'odore caratteristico che avverte della presenza del vapore di alcool etilico.

In presenza di elevate concentrazioni di vapore di alcool etilico si può avere una depressione del sistema nervoso centrale, mal di testa, nausea, sonnolenza, vertigini, incoordinazione e confusione.

Aumento del rischio di scivolamenti e cadute dall'alto.

interventi prevenzionistici

Garantire una adeguata ventilazione naturale o forzata dell'ambiente di lavoro.

Aerare gli ambienti ristretti prima di accedervi.

Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi


Utilizzo e stoccaggio di bombole contenenti gas a pressione

descrizione

Le bombole contenenti gas a pressione (anidride solforosa, anidride carbonica, azoto) possono comportare il rischio di scoppio se la pressione interna cresce eccessivamente; questa eventualità può essere causata dall'aumento della temperatura.

Altro rischio è costituito dalla possibilità che le bombole possano subire urti, ad esempio per caduta; ciò può comportare la rottura del riduttore con conseguente proiezione dello stesso e uscita del gas dalla bombola con un getto a fortissima pressione e quindi con una elevata forza d'urto.

Inoltre è presente il rischio specifico per l'inalazione dei gas contenuti nelle bombole (vedere i fattori di rischio "esposizione ad anidride solforosa", "esposizione ad azoto", "esposizione ad anidride carbonica"), oltre al fatto che il contatto cutaneo con azoto o anidride carbonica può provocare lesioni da raffreddamento causate dalla loro bassissima temperatura.

L'azoto per essere trasformato in un liquido è raffreddato a bassissime temperature (circa - 210 °C) mentre la CO2 si liquefà alla temperatura di 0 °C alla pressione di 36-40 atm. (o anche a 30 °C alla pressione di 77 atm.).

danno atteso

In caso di scoppio di una bombola o di rottura del suo riduttore i lavoratori che dovessero trovarsi nelle vicinanze possono essere investiti dalle parti metalliche o dal getto di gas ad altissima pressione con conseguenti lesioni traumatiche (rischio di infortunio mortale).

Svenimento, asfissia per inalazione dei gas in elevata concentrazione.

Lesioni da raffreddamento per contatto con i gas freddi.

interventi prevenzionistici

Le bombole devono essere provviste della prescritta etichettatura, stoccate in un locale apposito aerato e riparato dall'irraggiamento solare, lontano da altri materiali infiammabili o che costituiscano un elevato carico di incendio. Inoltre le bombole stoccate devono essere legate in modo che sia impossibile la loro caduta. Il rubinetto deve essere protetto contro possibili urti accidentali mediante apposito cappellotto di acciaio. Particolare cautela deve essere posta durante la movimentazione delle bombole, per le quali è opportuno utilizzare appositi carrelli.

I lavoratori devono essere adeguatamente informati e formati.

riferimenti normativi


Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

Le pompe di travaso (dotate di ruote) sono spesso spinte manualmente dagli addetti per essere spostate da un punto ad un altro della cantina vinicola al fine di utilizzarle di volta in volta dove è necessario. Il peso di queste pompe varia a seconda della loro dimensione e capacità, ad esempio una azienda del comparto caratterizzata da una produzione industriale dispone di pompe che arrivano a pesare 560 Kg., pertanto spingerle a mano richiede un certo sforzo fisico. In caso siano presenti dislivelli tra i vari reparti dello stabilimento produttivo dove occorre usare le pompe di travaso ed i reparti stessi siano collegati tra loro da tratti di pavimento in pendenza, spingere le pompe lungo questi percorsi può comportare uno sforzo fisico notevolmente maggiore, in relazione alla pendenza dello scivolo.

Oltre allo sforzo fisico necessario allo spostamento è da tenere presente il rischio di infortuni per schiacciamento dei piedi da parte delle ruote e il rischio di investimento in caso l'addetto non riesca a trattenere la pompa lungo il percorso in pendenza. La forza d'urto può essere notevole se la pompa, lasciata libera di muoversi lungo lo scivolo, prende velocità.

danno atteso

Disturbi muscolo-scheletrici.

Lesioni traumatiche per urto, investimento, schiacciamento.

interventi prevenzionistici

E' opportuno evitare per quanto possibile la presenza di dislivelli tra i reparti dove è necessario l'utilizzo delle pompe di travaso; dove ciò non sia possibile è opportuno limitare al massimo la pendenza degli scivoli di comunicazione tra reparti a quote diverse, spingere il carico in due addetti o meglio utilizzare montacarichi per superare i dislivelli.

E' opportuno che le ruote delle pompe siano dotate di dispositivi scansa - piede e di un sistema meccanico di frenata; ad esempio può essere utilizzato un freno che si inserisca automaticamente quando il lavoratore rilascia una leva posta sotto il manubrio dal quale si spinge la pompa (un dispositivo analogo è utilizzato sui carrelli portabagagli comunemente usati nelle stazioni ferroviarie).

Gli addetti devono essere adeguatamente informati e formati.

riferimenti normativi


Lavoro all'aperto

descrizione

In molte aziende i fermentini sono installati all'aperto, di conseguenza l'esecuzione delle operazioni sopra descritte espone gli addetti agli agenti meteorologici (sole e caldo nei mesi estivi; pioggia e freddo nei mesi invernali).

danno atteso

Malattie da raffreddamento durante la stagione fredda.

Affaticamento eccessivo, insolazione, stress termico durante la stagione calda.

interventi prevenzionistici

E' opportuno valutare la possibilità di installare tettoie per la protezione dei lavoratori dagli agenti meteorologici; gli addetti devono poter disporre di indumenti protettivi adeguati; il lavoro deve essere organizzato in modo da minimizzare i tempi di esposizione e prevedendo pause di riposo in ambienti climatizzati. Gli addetti devono essere informati e formati.

riferimenti normativi


Utilizzo di attrezzature ad alimentazione elettrica in ambiente umido

descrizione

Il rischio deriva principalmente dall'utilizzo di pompe e agitatori ad alimentazione elettrica nell'ambiente di lavoro che in genere è bagnato per i frequenti lavaggi (e per i possibili sversamenti dei liquidi in lavorazione). L'ambiente umido amplifica il rischio infortunistico in caso di contatti accidentali diretto o indiretto con parti elettriche in tensione.

Inoltre i cavi elettrici di alimentazione di macchine portatili (esempio: pompe mobili su ruote), possono determinare rischi infortunistici dovuti alla possibilità che i lavoratori possano inciampare e cadere. Quest'ultimo rischio è aumentato dal fatto che i pavimenti bagnati possono essere scivolosi.

danno atteso

interventi prevenzionistici

L'impianto elettrico deve essere adeguato alla classificazione (secondo le norme CEI) della pericolosità del luogo dove è installato e protetto da rischi derivanti dai possibili contatti diretti / indiretti con parti elettriche in tensione. Particolare attenzione deve essere posta al grado di isolamento (IP) dell'impianto e alla tipologia delle prese elettriche (evitare prese triple, ciabatte, ecc... ma utilizzare prese elettriche di tipo industriale interbloccate, dedicando una presa ad ogni spina).

Prima dell'utilizzo di macchine portatili ad alimentazione elettrica (pompe, ecc...) l'addetto deve verificare il buono stato di isolamento dei cavi elettrici e collocarli in maniera da non intralciare il normale passaggio degli operatori e dei mezzi meccanici (in particolare questi ultimi possono deteriorare i cavi se ci passano sopra). Le connessioni stagne dei quadri elettrici delle macchine devono essere periodicamente controllate ed i lavoratori devono segnalare al caporeparto eventuali carenze. La manutenzione delle parti elettriche deve essere riservata a personale specializzato ed è fondamentale l'informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi



APPALTI ESTERNI

La conduzione del generatore di azoto è talvolta affidata ad una ditta esterna, la quale può essere essa stessa proprietaria dell'impianto sebbene sia installato presso la cantina vinicola; in tal caso l'azienda vinicola paga il consumo dell'azoto e il noleggio dell'impianto alla ditta fornitrice la quale si occupa della gestione e manutenzione dell'impianto.



IMPATTO ESTERNO


Rilasci di gas in atmosfera (anidride carbonica, azoto, anidride solforosa)

L'anidride carbonica derivante dalla fermentazione del mosto, l'azoto utilizzato per evitare la ossidazione del prodotto in caso di serbatoi riempiti parzialmente, l'anidride solforosa utilizzata per la solfitazione del mosto, sono tutti gas rilasciati in atmosfera in modalità diffusa (senza essere né convogliati né abbattuti).


Diffusione di rumore

Il rumore in questa fase lavorativa deriva principalmente dalle pompe. Ciò può provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli impianti produttivi. E' opportuno utilizzare macchine del tipo rumoroso da sottoporre ad adeguata manutenzione, insonorizzare le macchine rumorose ove possibile, predisporre barriere antirumore, collocare il reparto dove vengono svolte lavorazioni rumorose in un'area dello stabilimento produttivo il più lontano possibile dalle abitazioni.


Sversamenti di mosto

In caso di rottura accidentale di tubazioni, pompe o serbatoi si possono verificare sversamenti accidentali. E' opportuno che il pavimento aziendale sia conformato in modo tale da consentire il raccoglimento dei liquidi con pozzetti di raccolta prima di invio all'impianto di depurazione o alla rete fognaria esterna.



Fig. n. 21 Veduta esterna dei fermentini in acciaio inox. I due vasi più bassi in primo piano sono dotati organi a pistone per la follatura del mosto (si notino i pistoni che fuoriescono dalla parte alta dei vasi).


SVINATURA


DESCRIZIONE DELLA FASE

Successivamente alla fermentazione tumultuosa è eseguita la svinatura. Essa consiste nel prelevare dal fermentino - tramite una pompa - la parte più liquida del mosto per inviarlo, dopo una filtratura grossolana, in altri vasi vinari dove dovrà avvenire la maturazione del vino; dopo che è stata tolta la parte liquida, la parte solida del mosto (vinacce, vinaccioli, ecc...) che rimane nel fermentino viene estratta manualmente con rastrelli e badili e introdotta in una tramoggia con coclea e pompa che convoglia la massa alla pressatura (quest'ultima fase lavorativa è meglio descritta al paragrafo successivo). Per completare l'estrazione delle vinacce dal tino uno o due addetti entrano al suo interno attraverso il portello laterale, mentre un terzo lavoratore rimane all'esterno per favorire l'alimentazione della tramoggia con coclea e pompa.


ATTREZZATURE E MACCHINE


Filtro a vibrazione

Si tratta di un filtro vibrante ad alimentazione elettrica, montato a bordo di un carrellino su ruote. Lo scopo è quello di effettuare una prima filtrazione grossolana sulla parte liquida del mosto prelevata dal tino. Le vinacce si raccolgono nella parte superiore del filtro e per effetto delle vibrazioni cadono in un contenitore esterno di raccolta, da quale possono essere estratte tramite badili per essere immesse in contenitori più grandi (trasportabili con carrelli elevatori) e/o nella menestrina.

Fig. n. 22 Filtratura grossolana della parte liquida del mosto appena svinato mediante filtro a vibrazione. Le vibrazioni fanno avanzare le vinacce sulla superficie del filtro fino a farle cadere in un contenitore di raccolta, da cui sono poi prelevate con il badile e immesse nella menestrina che alimenta la pressa per vinacce.

Tramoggia con coclea e pompa - "Menestrina"

In alcune aziende la tramoggia con coclea utilizzata per la svinatura è fissa ed è posta alla base dei fermentini direttamente sotto i portelli inferiori (un'unica lunga tramoggia serve una fila di fermentini, ovvero si trova in mezzo a due file di fermentini). In tal caso la pompa che spinge le vinacce verso la pressa può essere anch'essa fissa oppure mobile su ruote per essere utilizzata anche per altri travasi.

In altre aziende viene utilizzata una macchina più piccola, dotata di ruote, composta da tramoggia, coclea e pompa in un unico corpo. All'interno della tramoggia, vicino alla coclea, sono presenti anche altri organi agitatori che hanno la funzione di favorire la presa della vinacce dalla coclea che le spinge nella pompa. Questa macchina, chiamata anche menestrina, viene spinta manualmente di volta in volta alla base del fermentino sottoposto a svinatura.

Fig. n. 23 Svinatura di tini posti all'interno della cantina vinicola. Dopo aver estratto dal tino la parte liquida del mosto, l'addetto utilizza un rastrello per estrarre le vinacce rimaste nel tino facendole cadere nella menestrina.



Fig. n. 24 Particolare della figura precedente. Si noti la griglia di protezione degli organi lavoratori.

Fig. n. 25 Un addetto alla estrazione delle vinacce che è entrato dentro il tino per completare l'operazione.


Fig. n. 26 Tramoggia con coclea fissa e posta tra due file di fermentini all'aperto, utilizzata per il trasporto alla pressa della parte solida del mosto rimasta dalla svinatura (protezione della coclea rimossa per manutenzione).


FATTORI DI RISCHIO


Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi lavoratori della menestrina e della coclea costituiscono un pericolo di impigliamento, presa e trascinamento per gli arti dei lavoratori.

danno atteso

Ferite e contusioni. Pericolo di infortunio mortale.

interventi prevenzionistici

Una possibile soluzione consiste nel proteggere gli organi lavoratori mediante griglie metalliche. Data la densità delle vinacce sembra non essere applicabile una griglia a maglia stretta, tale ad esempio da non permettere il passaggio di un dito. Si può quindi adottare una griglia che, pur consentendo il passaggio delle vinacce, non consenta il passaggio delle mani e che sia installata in modo che la distanza degli organi lavoratori sia tale da essere irraggiungibili con le dita.

In caso sia necessario avviare la macchina con protezioni rimosse, ad esempio per operazioni di pulizia e manutenzione, l'operazione può essere svolta tramite pulsantiera ad impulsi a "uomo presente" che una volta inserita escluda il quadro comando. E' fondamentale la informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi


Accesso e lavoro in ambiente ristretto

descrizione

L'ingresso nel tino (così come l'uscita) richiede una certa abilità ed una tecnica specifica (si infila prima un braccio, poi la testa, la spalla, ecc...) in quanto l'apertura è abbastanza stretta, specie nei tini più vecchi. Lavoratori apprendisti che entrano per la prima volta in un tino, possono talvolta trovarsi in difficoltà ad uscire, non riuscendo a trovare la giusta posizione. Questa difficoltà può essere maggiore in soggetti ansiosi o claustrofobici.

danno atteso

Stress, crisi da claustrofobia.

interventi prevenzionistici

E' opportuno valutare la possibilità di utilizzare tini con portelli di larghezza sufficientemente ampia da consentire l'ingresso / uscita agevole da parte dell'addetto.

Quando un lavoratore si trova all'interno di un tino deve essere sempre assistito e sorvegliato da un altro all'esterno. E' opportuno che i lavoratori soggetti a crisi ansiose o claustrofobiche non siano forzati dal datore di lavoro, dal dirigente o dal preposto a svolgere questa mansione.

Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi


Esposizione ad anidride carbonica

descrizione

L'anidride carbonica che si sviluppa durante la fermentazione può rimanere all'interno del tino anche dopo l'evacuazione del mosto. Ciò costituisce un pericolo quando l'addetto entra all'interno del tino. Il pericolo è aggravato dal fatto che, al manifestarsi dei primi sintomi, il lavoratore può non essere più in grado di uscire dal tino ed anche un altro lavoratore che si trovi all'esterno del tino può avere difficoltà nell'assistere l'infortunato.

danno atteso

Svenimento, asfissia, morte.

interventi prevenzionistici

Prima che un lavoratore entri in un tino è necessario assicurarsi che al suo interno sia presente un'aria respirabile. A tale scopo possono essere utilizzati rivelatori portatili di ossigeno. Prima di entrare nel tino è necessario aerarlo per un tempo sufficiente aprendo tutti i portelli (superiore, laterale e di base). L'aerazione del tino può essere favorita mediante l'utilizzo di ventilatori portatili, ad esempio appositamente conformati per essere installati sul boccaporto dei tini. Quando un lavoratore si trova all'interno di un tino deve essere sempre assistito e sorvegliato da un altro all'esterno. E' fondamentale la informazione e formazione degli addetti, sui rischi, sulle corrette procedure di lavoro e sulle tecniche di soccorso e rianimazione per questo rischio specifico.

riferimenti normativi


Esposizione a rumore

descrizione

Durante questa lavorazione il rumore deriva principalmente dal filtro a vibrazione, dalle pompe e dagli organi lavoratori di coclee e menestrine.

danno atteso

L'esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e/o di disturbi extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Inoltre sono possibili disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa.

interventi prevenzionistici

E' necessaria la valutazione del rumore ai sensi del D.Lgs. 277/1991, utilizzare macchine di tipo meno rumoroso e tenute in buono stato di manutenzione.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella "Valori limite di esposizione al rumore", riportata nel presente documento al Capitolo "Riferimenti normativi di carattere generale".

riferimenti normativi


Posture, movimenti ripetitivi e lavoro disagevole

descrizione

L'operazione di evacuazione delle vinacce dal fermentino, così come mostrano anche le fotografie riportate in questo paragrafo, può richiedere l'assunzione da parte degli addetti di posture incongrue e l'esecuzione di movimenti ripetitivi.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

interventi prevenzionistici

Progettazione ergonomica delle macchine e degli impianti, corretta organizzazione del lavoro, pause di riposo, informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi


Lavoro all'aperto

Vedere quanto riportato alla fase fermentazione tumultuosa.



APPALTI ESTERNI

In genere questa fase lavorativa non è appaltata.



IMPATTO ESTERNO


Sversamenti di mosto

Durante questa operazione si possono verificare sversamenti accidentali di mosto. Pertanto per evitare immissioni in scarichi idrici è opportuno che il pavimento sia conformato in modo tale da convogliare e raccogliere in pozzetti i liquidi sversati.



PRESSATURA VINACCE


DESCRIZIONE DELLA FASE

La fase di pressatura delle vinacce è anche chiamata torchiatura. Dopo la svinatura le vinacce (bucce e semi) sono pressate tramite una apposita pressa che ha la funzione di estrarne il succo residuo. Le vinacce pressate, dopo essere state estratte dalla macchina, sono inviate alla distilleria (in genere è una azienda esterna) dove si produce la grappa.

Gli addetti sovrintendono al funzionamento della pressa e al termine della operazione ne effettuano la pulizia (talvolta la pressa è dotata di dispositivi di lavaggio automatico, ma per la pulizia accurata un addetto entra comunque dentro la macchina).


ATTREZZATURE E MACCHINE


Pressa per vinacce

La macchina è essenzialmente costituita da un cilindro ad asse quasi orizzontale, dotato di organi interni che consentano la pressatura.

L'alimentazione della pressa con le vinacce avviene ad un capo del cilindro dove è previsto l'attacco per il tubo corrugato flessibile nel quale le vinacce vengono spinte per mezzo di pompe.

Al termine della pressatura, le vinacce sono estratte dalla macchina: viene aperto (in genere con un comando elettrico) il boccaporto posto sulla superficie laterale del cilindro, dopo averlo fatto ruotare fino alla posizione di scarico, cioè in modo che il boccaporto si trovi in basso e le vinacce possano cadere su un nastro trasportatore che le invia ad un cassone di raccolta.

Per favorire lo scarico delle vinacce dalla sua parte inferiore tramite un nastro trasportatore e per favorire la raccolta per gravità del liquido in una tramoggia posta sotto la pressa, quest'ultima in genere è montata ad una altezza dal pavimento (circa un metro). Per accedere alla parte alta della pressa (ciò è necessario per la manutenzione e pulizia), lungo la pressa sono predisposte passerelle alle quali si accede tramite scale.

Fig. n. 27 Pressa per vinacce. Si notino le vinacce ammucchiate all'uscita della macchina e la tramoggia posta sotto la pressa per la raccolta del liquido.

Fig. n. 28 Pressa per vinacce (simile alla precedente). Si noti le griglia di protezione della parte rotante.

Fig. n. 29 Raccolta del liquido dalla parte inferiore della pressa per vinacce.

Fig. n. 30 Parte inferiore della pressa per vinacce in posizione di scarico con riparo dotato di dispositivo di interblocco rimosso per il lavaggio.


FATTORI DI RISCHIO


Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Il cilindro della pressa per vinacce, quando viene posto in rotazione, può costituire un pericolo di presa e trascinamento per gli arti degli addetti che si dovessero trovare in prossimità della macchina, con il rischio che un arto possa rimanere a contrasto tra la parte fissa che sostiene il cilindro e la parte mobile (il cilindro stesso). Questo rischio è presente sia nella parte superiore della macchina nella zona operativa (passerella lungo la pressa), sia nella parte inferiore della macchina dove gli addetti accedono per il lavaggio e tale l'operazione talvolta richiede la rimozione dei ripari di protezione.

Il nastro trasportatore che estrae le vinacce pressate per inviarle al cassone di raccolta può costituire il pericolo di presa e trascinamento qualora un lavoratore vi si trovi vicino.

danno atteso

Lesioni traumatiche (ferite e contusioni).

interventi prevenzionistici

Quando un addetto entra dentro la pressa per la pulizia accurata è necessario che, prima di entrarvi, si impossessi della chiave del quadro comando sul quale deve apporre un cartello con l'avviso di pulizia in corso, in modo che sia impossibile l'avviamento della macchina da parte di un altro operatore. L'addetto che lavora all'interno della pressa deve essere costantemente assistito da un altro lavoratore all'esterno.

Le parti pericolose dei nastri trasportatori devono essere protette con ripari fissi in modo tale da evitare rischi di presa e trascinamento.

Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi


Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore in questa fase lavorativa deriva principalmente dalla pressa, dalla pompa che spinge le vinacce da pressare e dal nastro trasportatore che convoglia le vinacce pressate nel punto di raccolta.

danno atteso

L'esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e/o di disturbi extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Inoltre sono possibili disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa.

interventi prevenzionistici

E' necessaria la valutazione del rumore ai sensi del D.Lgs. 277/1991, utilizzare macchine di tipo meno rumoroso e tenute in buono stato di manutenzione.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella "Valori limite di esposizione al rumore", riportata nel presente documento al Capitolo "Riferimenti normativi di carattere generale".

riferimenti normativi



APPALTI ESTERNI

Questa fase lavorativa in genere non è appaltata.



IMPATTO ESTERNO


Diffusione di rumore

Il rumore in questa fase deriva prevalentemente dalla pompa e dalla pressa. Ciò può provocare disturbo alla popolazione residente nelle vicinanze dello stabilimento produttivo. E' opportuno utilizzare macchine del tipo meno rumoroso, tenute in buono stato di manutenzione e disposte in un'area dello stabilimento il più lontano possibile dalle abitazioni. Talvolta possono essere previste barriere antirumore.


Produzione di scarti di lavorazione

Le vinacce pressate fuoriescono dal ciclo produttivo del vino. Normalmente vengono accumulate all'esterno in depositi temporanei per poi essere inviate in distilleria per la produzione della grappa.


FERMENTAZIONE LENTA, ELABORAZIONE E INVECCHIAMENTO


DESCRIZIONE DELLA FASE

La fermentazione lenta, l'elaborazione del vino per ottimizzarne le caratteristiche organolettiche ed anche la sua conservazione avvengono entro vasi vinari chiamati botti.

In alcune aziende la distinzione tra tini (descritti alla fase fermentazione tumultuosa) e botti viene a cadere in quanto si utilizza lo stesso contenitore per tutte le operazioni. Tuttavia, sebbene i tini in acciaio (o cemento o vetroresina) siano vantaggiosi per la fermentazione tumultuosa e per la conservazione del vino a causa della loro non permeabilità, questa stessa caratteristica impedisce il processo di ossidazione lenta e di esterificazione che caratterizzano i vini vecchi, perciò in genere per l'invecchiamento si utilizzano botti in legno.

Il legno può cedere al vino molti dei suoi costituenti, tra i quali tannini, aldeidi aromatiche e sostanze odoranti non fenoliche; ciò conduce all'affinamento delle qualità organolettiche ed una maturazione del colore, ma anche alla modificazione del tenore di tannino del vino.

Il legno utilizzato per i vasi vinari è il genere rovere (una specie del genere Quercus), ma talvolta è utilizzato anche il castagno selvatico e l'acacia. Tali tipi di legno sono compatti ma porosi ed è abbastanza semplice depurarli.

La cessione di sostanze dal legno al vino è influenzata oltre che dalle caratteristiche del vino che la botte dovrà contenere, anche dal tipo di legno e dalla sua tostatura (un'operazione delicata che prevede una breve bruciatura del legno per "fissare" le sostanze aromatiche ed estrattive che saranno rilasciate al vino); altro aspetto da considerare è la dimensione della botte: più questa è grande e minore sarà il contatto con il vino (e quindi minore lo scambio di proprietà). Per quest'ultimo motivo si sta affermando la tecnica della affinazione del vino in piccole botti chiamate barriques. Per i vini più pregiati le barriques sono utilizzate solo una o due volte, dopo di ché sono vendute a produttori di altri vini meno pregiati che le riutilizzano per un certo altro numero di volte fino a quando ormai il legno della botte ha praticamente esaurito le sostanze che poteva cedere al vino.











Fig. n. 31 Botti di tipo barriques in una antica cantina.


Non tutti i vini vengono affinati in legno. Come si è detto, un vino affinato in botte acquisisce aromi particolari derivati dal legno, che se ben dosati ne migliorano il gusto, altrimenti possono risultare anche fastidiosi. Molti vini vengono affinati in vasi vinari di cemento o di ferro vetrificati internamente oppure in vasi vinari di acciaio inox.

Fig. n. 32 Vista generale dell'interno di una cantina con vasi vinari in acciaio inox.


Queste operazioni di fermentazione lenta, affinamento e invecchiamento si svolgono in genere all'interno dei locali della cantina vinicola.



ATTREZZATURE E MACCHINE


Botti

La botte è un recipiente di legno, di forma irregolarmente cilindrica, costituito da doghe arcuate, tenute aderenti da liste circolari metalliche e limitate ai margini da due cerchi opposti.

Le botti possono essere di diverse capacità.

Una barrique da 225 litri pesa circa 70 Kg vuota e circa 300 Kg. piena.

Sia le botti che le barriques possono essere accatastate una sull'altra.


FATTORI DI RISCHIO


Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

Le barriques vuote in genere sono movimentate da due addetti, accatastate e riempite / svuotate sul posto. In caso di caduta di una botte durante la sua movimentazione manuale gli addetti possono essere colpiti agli arti inferiori.

In caso di caduta (ed eventuale rotolamento) di botti dalla catasta i lavoratori possono essere investiti.

danno atteso

Ferite e contusioni (anche gravi o mortali) in caso di investimento da parte botti cadute dalla catasta.

Ferite e contusioni agli arti inferiori in caso di caduta sui piedi di oggetti pesanti movimentati a mano.

Il sollevamento e trasporto manuale dei carichi può determinare disturbi muscoloscheletrici.

interventi prevenzionistici

L'accatastamento delle botti deve essere effettuato correttamente in modo da evitare il rischio di cadute e rotolamenti. L'operazione di accatastamento delle botti deve eseguita in sicurezza da personale esperto.

Il lavoro deve essere organizzato in modo da minimizzare le esigenze di movimentazione ed utilizzare il più possibile ausili meccanici per la movimentazione e/o movimentare i carichi in due addetti.

Gli addetti devono indossare D.P.I. (scarpe di sicurezza dotate di punta rinforzata con metallo) ed essere stati adeguatamente informati e formati.

E' necessario tutelare in modo particolare alcune categorie di lavoratori quali donne, adolescenti, lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, valutando quali lavorazioni sono incompatibili.

riferimenti normativi


Esposizione a microclima sfavorevole

descrizione

La cantina dove sono conservate le botti in legno è caratterizzata da particolari condizioni di temperatura e umidità allo scopo di meglio conservare il prodotto. Tali condizioni microclimatiche sono in genere diverse a quelle ideali per i lavoratori. Questo fattore di rischio è tuttavia mitigato dal fatto che tali ambienti solo occasionalmente sono ambienti di lavoro.

danno atteso

Disturbi e malattie da raffreddamento.

interventi prevenzionistici

Il lavoro nelle zone a microclima sfavorevole deve essere organizzato in modo tale da rendere minimi i tempi di esposizione, prevedendo delle pause in locali opportunamente climatizzati per il benessere dei lavoratori. Questi ultimi devono poter disporre di adeguati indumenti di protezione ed essere informati e formati.

riferimenti normativi




Utilizzo di scale portatili

descrizione

Spesso le botti sono poste una sull'altra secondo una disposizione piramidale, grazie anche ad appositi supporti che vengono sistemati tra due botti in modo da consentire lo stabile appoggio di una terza botte al di sopra delle due sulle quali è appoggiato il supporto. Per raggiungere le botti più alte sono talvolta utilizzate scale portatili.

danno atteso

Ferite e contusioni per caduta dall'alto.

interventi prevenzionistici

Per ridurre il rischio di cadute è opportuno che le scale portatili siano dotate di sistemi che consentano il fissaggio della loro sommità alla botte o alla incastellatura delle botti. In caso sia necessario effettuare lavori in altezza è opportuno utilizzare scale portatili dotate di ballatoi con parapetto e fascia fermapiedi, la cui movimentazione può essere facilitata da ruote. I gradini delle scale devono essere antiscivolo, ad esempio grigliati. I lavoratori devono indossare calzature adeguate ed essere informati e formati.

riferimenti normativi






Fig. n. 33 Scala portatile su ruote con ballatoio dotato di parapetto. La scala è incatenata tramite un gancio alla struttura sulla quale è posta la botte superiore, allo scopo di impedire il rischio di ribaltamento della scala.




APPALTI ESTERNI

In genere questa fase lavorativa non viene appaltata essendo una fase centrale del processo produttivo.


IMPATTO ESTERNO


Produzione scarti di lavorazione

Le botti utilizzate varie volte e che hanno perso la caratteristica di poter cedere sostanze al vino sono inviate a cantine di produzione di vini meno pregiati oppure inviate alla demolizione e smaltimento.



TRATTAMENTI E CORREZIONI DEI VINI


DESCRIZIONE DELLA FASE

I principali trattamenti e correzioni che vengono effettuati sui vini prima di essere confezionati e venduti possono essere così elencati: rifermentazione, centrifugazione, chiarificazione (collaggio) e demetallizzazione, filtrazione, deodorazione e decolorazione, aumento del colore, correzione dell'acidità totale, correzione del materiale tannico, correzione del grado alcolico.

Rifermentazione

La rifermentazione consiste nell'ottenere una seconda fermentazione alcolica, in genere per i seguenti casi: eliminare difetti e malattie; rendere secchi vini rimasti dolciastri; ridare freschezza e tono; preparare vini spumanti.

Centrifugazione

La centrifugazione viene eseguita in genere su vini nuovi e destinati al consumo immediato, presenta il vantaggio di consentire l'eliminazione di quasi tutta la flora microbica (vini da uve alterate) e di rendere il vino quasi finito commercialmente a brevissima distanza dalla svinatura. Sui mosti la centrifugazione può essere operata al fine di arrestare la fermentazione in varie riprese, per ottenere dei vini dolci. Per trattare vini velati, sono necessarie le supercentrifughe. Queste sono macchine che sviluppano una forza centrifugata pari a circa 100.000 volte la forza di gravità.

La centrifugazione in campo enologico non può sostituire né il trattamento chiarificante, né la filtrazione, ma è senz'altro un valido mezzo complementare nella stabilizzazione artificiale del vino.

Chiarificazione

La chiarificazione è eseguita sui vini da pasto per renderli dall'aspetto pulito e limpido. I francesi lo chiamano collage (collaggio): al vino viene infatti aggiunto un composto colloidale opposto a quello della sostanza che nel vino è causa di intorbidamento. Le due sostanze (il vino e la sostanza colloidale aggiunta), avendo segno opposto, si attraggono reciprocamente, flocculando (cioè unendosi) e precipitando sul fondo del contenitore. Il deposito viene quindi separato dal vino tramite un travaso e una filtrazione.Nel vino esistono colloidi a carica positiva e colloidi a carica negativa. Diventa pertanto necessario trovare colloidi del segno opposto per asportarli. I colloidi a carica positiva vengono flocculati da bentonite, oppure da caolino, dalla silice colloidale o dal tannino. Per asportare i colloidi a carica negativa (tannini), i collanti impiegati sono invece di tipo proteico: colla di pesce (ittiocolla), caseina (caseinato potassico), albumina, gelatina, sangue di bue defibrinato e inoltre un tipo di silice colloidale avente carica positiva. La gomma arabica è adatta a prevenire ogni tipo di intorbidamento colloidale in quanto avvolge le singole particelle (micelle) di colloide e non ne consente la reciproca attrazione, evitando quindi la loro flocculazione e il deposito; si dice che la gomma arabica svolge azione di colloide - protettore.

Filtrazione

La filtrazione in genere ha lo scopo di ottenere vari gradi di limpidezza, eliminando le particelle solide disperse nel vino. I filtri possono agire per setacciamento (trattengono le sostanze di dimensione superiore a quelle dei pori del filtro); per adsorbimento (trattengono le sostanze del vino la cui carica elettrica è opposta a quella del filtro); per ritenzione in profondità (trattengono le particelle anche più piccole dei pori del filtro, in quanto restano intrappolate tra i meandri costituiti dall'intreccio delle fibre costituenti il filtro). Per aumentare la capacità di filtrazione, ottenere la costanza del flusso, favorire la rimozione del deposito e la riattivazione del filtro, si impiegano dei coadiuvanti o ausiliari di filtrazione; si tratta di sostanze inerti dal punto di vista chimico (che pertanto non reagiscono col vino) quali farina fossile, perlite, cotone, cellulosa.

Le filtrazioni fondamentali nel ciclo di preparazione del vino per l'imbottigliamento sono tre: una si esegue subito dopo il collaggio con filtri a farina fossile e talvolta si sostituisce con una centrifugazione spinta; una seconda filtrazione è eseguita dopo la refrigerazione, anch'essa eseguita in genere con filtri a farina fossile sul vino ancora a temperatura intorno allo zero; l'ultima, dopo le piccole correzioni per perfezionare la stabilizzazione del vino. Questa terza filtrazione si esegue per ottenere la finitura e la limpidezza assoluta.

La farina fossile (anche chiamata filtrina) è un materiale inorganico sotto forma di polvere, costituito per il 90% circa da anidride silicica e derivato dall'ammasso di scheletri fossili di alghe microscopiche (diatomee). La filtrina per uso enologico si ottiene industrialmente con opportuni trattamenti di depurazione e si presenta di colore biancastro o gialliccio. In commercio ne esistono vari tipi, a grana più o meno fine, tanto da poter soddisfare tutte le esigenze. La filtrina ha un'azione prevalentemente setacciante, ma è prezioso anche il suo effetto adsorbente verso alcune sostante colloidali. Per usarla si miscela con poco vino e si versa nel dosatore dal quale viene poi immessa, tramite rubinetto graduato, nel flusso del vino che entra dentro il filtro. Il dosatore permette di rinnovare continuamente lo strato filtrante, ritardandone al massimo l'intasamento. Si calcola che, per avviare la filtrazione e formare il primo strato sui diaframmi, occorra da 0,5 a 1 kg di filtrina/m2 di superficie filtrante; mentre per ogni ettolitro di vino da filtrare, a rimontaggio ultimato, ne sono sufficienti 50 - 100 gr.

Fig. n. 34 Locale di deposito della farina fossile.

Oltre a diverse tecnologie esistono anche diversi metodi di filtrazione: quella sgrossante o sfecciante, è praticata sui vini giovani e ricchi di sostanze intorbidanti; quella ad alluvionaggio, è una filtrazione adatta per illimpidire grandi quantità di vino; la "brillantante" rende il vino limpidissimo avvalendosi di strati filtranti costituiti da cartoni di cellulosa; è in genere applicata su vino già filtrato ad alluvionaggio con farina fossile.

Da ultimo la filtrazione sterilizzante o microporosa, ha lo scopo di eliminare dal vino tutti i microrganismi che vengono trattenuti dai piccolissimi pori del filtro inferiore, come dimensioni, a 1 micron.

Di recente concezione sono l'ultrafiltrazione e la filtrazione tangenziale, tecniche con le quali vengono trattenute le sostanze più "grosse", spesso responsabili dei difetti di un vino.



ATTREZZATURE E MACCHINE


Centrifuga

Si tratta di una centrifuga ermetica ad alta velocità, realizzata in acciaio inossidabile, che ha lo scopo di separare le impurità dal vino grazie al loro peso specifico differente e all'azione della forza centrifuga. E' essenzialmente costituita da un motore elettrico ad elevato numero di giri che trasmette la rotazione ad un albero verticale al quale vengono fissati il cestello e i dischi metallici separatori che effettuano la suddivisione in strati sottili del liquido da centrifugare.

La macchina è in genere dotata di sistema di lavaggio automatico in controcorrente. Periodicamente è tuttavia necessario lo smontaggio per la pulizia completa.

Fig. n. 35 Centrifuga per la pulizia del vino.


Filtro a farina fossile

Si tratta di un filtro per vino che utilizza farina fossile, la quale viene introdotta nell'apparecchio in un serbatoio laterale, miscelata con il vino grazie ad organi miscelatori, ed inviata a formare lo strato filtrante all'interno del cilindro principale.


Fig. n. 36 Filtro a farina fossile.



Filtro a tamburo a farina fossile

E' essenzialmente costituito da un tamburo rotante ad asse orizzontale sulla cui superficie si forma lo strato filtrante di farina fossile sostenuto da tessuto microforato. La macchina è dotata da un lato di una vasca di carico della farina fossile e, dall'altro lato, di un coltello raschiante tangenziale al cilindro allo scopo di rimuovere i residui dalla superficie esterna del filtro facendoli cadere in una coclea che li convoglia verso l'uscita.



Fig. n. 37 Filtro a tamburo a farina fossile (visto dal lato di carico della farina fossile).


FATTORI DI RISCHIO


Esposizione a polveri

descrizione

A seconda dei prodotti utilizzati, le filtrine possono contenere silice libera cristallina.

danno atteso

Disturbi all'apparato respiratorio, pneumoconiosi da polveri miste.

interventi prevenzionistici

Le principali misure di prevenzione possono essere così individuate:

riferimenti normativi


Esposizione a rumore

descrizione

Nel reparto filtrazione il livello equivalente di rumore Leq può superare i 90 dB(A).

danno atteso

L'esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e/o di disturbi extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Inoltre sono possibili disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa.

interventi prevenzionistici

Le macchine più rumorose devono essere segregate in locale apposito, separato dagli altri locali di lavoro e insonorizzato con pannelli fonoisolanti - fonoassorbenti, in modo da ridurre l'esposizione diretta e indiretta dei lavoratori.

E' necessaria la valutazione del rumore ai sensi del D.Lgs. 277/1991, utilizzare macchine di tipo meno rumoroso e tenute in buono stato di manutenzione.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella "Valori limite di esposizione al rumore", riportata nel presente documento al Capitolo "Riferimenti normativi di carattere generale".

riferimenti normativi

Fig. n. 38 Separazione acustica del locale dove sono installate le macchine rumorose.



Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento


Filtro a tamburo

descrizione

La coclea che convoglia i residui all'uscita del filtro a tamburo costituisce per l'addetto alla macchina il rischio di presa e trascinamento degli arti superiori, così come gli organi di trasmissione del moto di coclea e tamburo rotante.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

La coclea deve essere protetta contro eventuali contatti accidentali e/o presa e trascinamento degli arti superiori (eventualmente per tramite delle maniche degli indumenti). La protezione può essere realizzata con grigliato metallico le cui maglie siano sufficientemente larghe da permettere il passaggio del materiale di risulta, ma al tempo stesso sufficientemente strette da rendere irraggiungibile l'organo lavoratore. La macchina deve prevedere un dispositivo di arresto di emergenza, azionabile ad esempio premendo un filo teso lungo il tamburo. Tuttavia tale dispositivo NON può essere considerato sostitutivo della protezione sulla coclea.

Gli organi di trasmissione del moto devono essere protetti mediante ripari fissi o muniti di dispositivo di interblocco, il quale impedisca l'apertura del riparo a macchina in moto e non consenta l'avviamento della macchina fin tanto che il riparo non è stato richiuso.

In particolari casi di manutenzione in cui dovesse essere necessario l'avviamento della macchina con protezioni rimosse, può essere utilizzata una pulsantiera ad uomo presente con avanzamento ad impulsi la quale una volta inserita escluda il quadro comando principale della macchina. Tale operazione deve essere svolta esclusivamente da personale appositamente formato.


Fig. n. 39 Filtro a tamburo a farina fossile. La macchina è vista dal lato di scarico dei residui i quali vengono raschiati dal coltello tangenziale lungo il cilindro filtrante posto in rotazione, per poi cadere nella coclea che li convoglia all'uscita della macchina. La protezione fissa realizzata in grigliato metallico per impedire contatti accidentali con la coclea è stata temporaneamente rimossa per manutenzione. L'addetto staziona in piedi davanti alla macchina e tramite il volantino in primo piano avvicina il coltello al tamburo. Si noti il dispositivo di arresto di emergenza (pulsante a fungo di colore rosso), azionabile anche premendo il filo teso lungo il cilindro (tale dispositivo NON è sostitutivo della protezione sulla coclea). Sullo sfondo del locale si intravede la centrifuga.

Miscelatore del filtro a farina fossile

descrizione

Gli organi di miscelazione possono costituire il rischio di presa e trascinamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

Proteggere gli organi lavoratori tramite ripari fissi o dotati di dispositivo di interblocco o, in caso siano necessarie ispezioni visive durante il funzionamento della macchina, rendere irraggiungili gli organi lavoratori tramite griglia di protezione fissa o munita di dispositivo di interblocco.


Centrifuga

descrizione

La centrifuga pulitrice del vino può esporre i lavoratori a rischi infortunistici nel caso il coperchio venga aperto quando la parte interna rotante è ancora in moto. Oltre alla proiezione del vino che può investire gli addetti, può avvenire la proiezione di parti metalliche in movimento all'interno della centrifuga che, anche se imbullonate, possono essersi allentate per effetto delle vibrazioni, infine vi è la possibilità di contatti accidentali con parti in movimento con il rischio di presa e trascinamento.

danno atteso

Imbrattamento, lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

Fig. n. 40 Particolare del dispositivo di interblocco sul coperchio della centrifuga per la pulizia del vino.


riferimenti normativi


Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

Le materie prime utilizzate per la filtrazione (farina fossile, ecc...) giungono in azienda in sacchi che sono riposti in magazzino, dal quale sono poi prelevati per l'alimentazione manuale dei filtri.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

interventi prevenzionistici

Richiedere al fornitore sacchi di dimensione (e quindi di peso) più piccoli.

Utilizzare ausili per la movimentazione, ovvero movimentare i sacchi in due addetti.

Informazione e formazione degli addetti, con particolare attenzione alla assunzione di posture corrette durante la movimentazione.

riferimenti normativi



APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non viene appaltata.



IMPATTO ESTERNO


Scarichi idrici

Le acque reflue derivanti dal lavaggio delle apparecchiature, contenti residui di vino, farina fossile e prodotti detergenti, possono costituire un rischio di inquinamento idrico, pertanto prima di essere rilasciate nei corpi idrici devono subire un trattamento di depurazione.


Produzione di scarti di lavorazione

La farina fossile recuperata dai filtri viene inviata in distilleria.


Fig. n. 41 Recupero della farina fossile dopo la filtratura del vino.


PULIZIA E MANUTENZIONE DEI VASI VINARI


DESCRIZIONE DELLA FASE

Prima di riutilizzare un tino che non è stato usato da tempo o al termine del suo utilizzo, ne viene effettuato il lavaggio con una soluzione di idrossido di sodio (anche chiamata soda caustica, NaOH). In genere la soda caustica utilizzata per i lavaggi è diluita come segue: 5 litri di NaOH ogni 100 litri di acqua.

La soluzione di soda caustica talvolta è preparata in azienda a cura degli addetti, oppure sono utilizzati prodotti in soluzione già pronta all'uso.

La soluzione diluita di soda caustica viene portata in prossimità dei vasi vinari in contenitori mobili su ruote, dotati di pompa e di lancia collegata tramite tubazione flessibile. L'addetto introduce la lancia nel vaso vinario dal boccaporto inferiore tenuto in posizione semiaperta, indirizzando il getto sulle pareti e sul fondo.

Il risciacquo avviene con acqua tramite tubazione flessibile introdotta dall'addetto dal boccaporto superiore.

Le acque reflue fuoriescono da bocche di uscita situate sul fondo del vaso vinario e/o prelevate tramite tubi flessibili collegati a pompe aspiranti.


Fig. n. 42 Lavaggio vasi vinari in acciaio inox. Si noti l'operatore in cima al vaso e la fuoriuscita dell'acqua sporca dal basso dello stesso.






ATTREZZATURE E MACCHINE


Attrezzatura mobile di lavaggio

Si tratta di contenitori di prodotti di lavaggio dotati di pompa ad alimentazione elettrica e lancia in metallo collegata tramite tubo flessibile, il tutto a bordo di un carrello mobile su ruote a spinta manuale.



FATTORI DI RISCHIO


Lavoro in ambienti ristretti con possibile presenza di gas asfissianti

descrizione

Durante l'accesso all'interno di vasi vinari dove era stato introdotto l'azoto per inertizzarne l'atmosfera allo scopo di evitare l'ossidazione del prodotto in serbatoi riempiti parzialmente (vedere anche la descrizione alla fase fermentazione tumultuosa), gli addetti possono essere esposti all'azoto eventualmente rimasto nel contenitore dopo lo svuotamento del liquido.

L'azoto è un gas incolore, inodore, insapore, non combustibile, poco solubile in acqua e in alcool, relativamente inerte a temperatura ordinaria. Esso costituisce circa il 78% in volume dell'atmosfera terrestre. L'azoto raffreddato a bassissime temperature (circa a - 210 °C) si trasforma in un liquido.

Nel vaso vinario, inoltre, può essere rimasta anche l'anidride carbonica che si sviluppa durante la fermentazione. L'anidride carbonica è un gas incolore e inodore che si trova allo stato libero ed in piccola quantità nell'aria atmosferica (circa 30 litri ogni 100 m3 di aria); non è combustibile; è facilmente solubile in acqua.

danno atteso

L'azoto gassoso, così come l'anidride carbonica, in alta concentrazione nell'aria possono provocare asfissia.

interventi prevenzionistici

Garantire una adeguata ventilazione naturale o forzata dell'ambiente di lavoro.

Aerare gli ambienti ristretti prima di accedervi. A tale scopo possono essere utilizzati appositi ventilatori.

In caso di dubbio sulla presenza di azoto in elevata concentrazione in ambienti ristretti è opportuno rilevare la percentuale di ossigeno presente nell'aria prima di accedere nell'ambiente. A tale scopo possono essere utilizzati rivelatori portatili di ossigeno.

Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi


Utilizzo di soluzioni a base di soda caustica

descrizione

Durante la preparazione e l'utilizzo delle soluzioni di lavaggio a base di soda caustica gli addetti possono essere esposti a contatto sulla pelle o essere investiti da schizzi con possibili contatti sulla pelle o sugli occhi. In mancanza di adeguata etichettatura dei recipienti possono aggiungersi rischi di contatti e/o ingestione accidentale.

danno atteso

L'idrossido di sodio (soda caustica, NaOH) è classificato come segue.

L'idrossido di sodio e le sue soluzioni acquose sono caustiche per la pelle e le mucose. La gravità delle lesioni dipende dalla quantità usata, dalla concentrazione della soluzione e dal tempo di contatto. Sulla pelle una soluzione di 25 - 50 % causa sensazione di irritazione dopo circa 3 minuti; con soluzioni al 4 % questo accade dopo molte ore. Se non viene rimossa dalla pelle, possono presentarsi ustioni anche gravi con ulcere profonde [10].

L'idrossido di sodio (soda caustica) in soluzione concentrata è corrosiva per tutti i tessuti, provoca ustioni molto gravi (più a rischio di contatto sono in genere la pelle e gli occhi); l'inalazione delle polveri o delle soluzioni concentrate provocano gravi lesioni del sistema respiratorio (intensa irritazione del naso e della gola, broncopolmonite chimica ed edema polmonare); per ingestione: lesioni gravi con pericolo di morte. In altri comparti produttivi in Toscana sono accaduti infortuni mortali per ingestione accidentale di prodotti tossici.

interventi prevenzionistici

riferimenti normativi


Transito su pavimenti resi scivolosi e ingombrati da tubi e cavi

descrizione

In tutti i reparti della cantina, specialmente quelli di produzione, il pavimento tende costantemente a bagnarsi determinando il rischio di cadute per scivolamento. A tale rischio contribuisce anche il quotidiano uso di soluzioni di lavaggio utilizzate per la pulizia dei vasi vinari e dei pavimenti.

Il rischio è aumentato dal fatto che i pavimenti sono spesso ingombrati dai tubi flessibili per il travaso del vino con le pompe, dai tubi di gomma per il lavaggio con acqua, dai cavi elettrici di alimentazione delle pompe portatili, menestrine, filtri a vibrazione, ecc... e tutto ciò comporta il rischio per gli addetti di inciampare e cadere.

danno atteso

Lesioni traumatiche per cadute sul pavimento per scivolate o inciampate.

interventi prevenzionistici

riferimenti normativi


Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

Lo spostamento e la spinta manuale dell'attrezzatura mobile di lavaggio può comportare un certo sforzo fisico da parte dell'addetto. In caso siano presenti dislivelli tra i vari reparti dello stabilimento produttivo ed i reparti stessi siano collegati tra loro da tratti di pavimento in pendenza, spingere l'attrezzatura di lavaggio lungo questi percorsi può comportare uno sforzo fisico notevolmente maggiore (vedere anche la descrizione del fattore di rischio relativa alla movimentazione manuale delle pompe di travaso, riportata alla fase fermentazione).

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

Lesioni traumatiche per urto, investimento, schiacciamento.

interventi prevenzionistici

E' opportuno evitare per quanto possibile la presenza di dislivelli tra i reparti dove è necessario l'utilizzo delle attrezzature di lavaggio; dove ciò non sia possibile è opportuno limitare al massimo la pendenza degli scivoli di comunicazione tra reparti a quote diverse, spingere il carico in due addetti o meglio utilizzare montacarichi per superare i dislivelli.

E' opportuno che le ruote dei carrelli delle attrezzature di lavaggio siano dotate di dispositivi scansa-piede e di un sistema meccanico di frenata; ad esempio può essere utilizzato un freno che si inserisca automaticamente quando il lavoratore rilascia una leva posta sotto il manubrio dal quale si spinge l'attrezzatura (un dispositivo analogo è utilizzato sui carrelli portabagagli comunemente usati nelle stazioni ferroviarie).

Gli addetti devono essere adeguatamente informati e formati.

riferimenti normativi


Installazioni elettriche in locali soggetti a spruzzi d'acqua

descrizione

Le operazioni di lavaggio con getti d'acqua possono comportare il rischio di cortocircuiti e contatti indiretti con parti in tensione.

danno atteso

Elettrocuzione.

interventi prevenzionistici

Le apparecchiature elettriche e gli impianti elettrici devono essere idonei al luogo nei quali sono installati, in particolare i quadri elettrici e di comando delle macchine devono essere a tenuta stagna.

riferimenti normativi



APPALTI ESTERNI

Questa fase in genere non è appaltata.



IMPATTO ESTERNO


Scarichi idrici

Le acque reflue derivanti dal lavaggio delle apparecchiature, contenti residui di vino / mosto e prodotti detergenti, possono costituire un rischio di inquinamento idrico, pertanto prima di essere rilasciate nei corpi idrici devono essere raccolte e subire un trattamento di neutralizzazione e depurazione.


Sversamenti accidentali di prodotti chimici

Lo sversamento accidentale dei prodotti chimici utilizzati per la pulizia - sanificazione può determinare inquinamento ambientale. E' necessario mettere in atto tutte le possibili misure volte a contenere gli eventuali sversamenti come sopra descritto per i fattori di rischio lavorativo.

Inoltre è opportuno che i piazzali aziendali siano conformati in modo da permettere la raccolta delle acque meteoriche in modo che, specie in caso di sversamento di prodotti chimici sui piazzali, possano essere inviate alla neutralizzazione / depurazione prima di essere rilasciate nei corpi idrici.



PULIZIA E MANUTENZIONE DEI LOCALI


DESCRIZIONE DELLA FASE

Mantenere igienica e pulita la cantina è più una necessità che un fatto legato all'estetica, sia per proteggere il prodotto, sia per l'igiene e la salute dei lavoratori. I pavimenti sono frequentemente lavati con acqua ed altri prodotti disinfettanti, come ad esempio una soluzione di ipoclorito di sodio.

Quest'ultima è in genere contenuta in serbatoi a forma di parallelepipedo dotati di rubinetto e trasportabili con i carrelli elevatori a forche.

Anche i muri dei locali sono spesso sottoposti a pulizia e periodicamente imbiancati con pitture lavabili e antimuffa.


Fig. n. 43 Contenitore dell'ipoclorito di sodio in uso in una azienda per la pulizia dei vasi vinari.







Fig. n. 44 Sistema di contenimento contro sversamenti accidentali.



FATTORI DI RISCHIO


Utilizzo di soluzioni a base di ipoclorito di sodio

descrizione

Durante le operazioni di stoccaggio e movimentazione dei serbatoi, travaso manuale in secchi e miscelazione con acqua dell'ipoclorito di sodio (NaClO), gli addetti sono esposti a possibili contatti della pelle e degli occhi con il prodotto pericoloso. Il contatto può avvenire anche durante il lavaggio dei pavimenti, tuttavia questa operazione comporta in genere il rischio minore rispetto alle precedenti in quanto il lavaggio avviene con una soluzione molto diluita.

danno atteso

L'ipoclorito di sodio è classificato come segue.

Il contatto con ipoclorito di sodio può provocare gravi ustioni alla pelle e agli occhi; per inalazione: intensa irritazione del naso, della gola e dei bronchi, broncopolmonite chimica ed edema polmonare; per ingestione: lesioni gravi (corrosione delle mucose, perforazione dell'esofago e dello stomaco) con pericolo di morte; l'odore pungente del prodotto rende meno probabile il rischio di ingestione accidentale.

interventi prevenzionistici

riferimenti normativi


APPALTI ESTERNI

L'imbiancatura dei muri dei locali della cantina vinicola è in genere affidata a ditte esterne specializzate.


IMPATTO ESTERNO


Scarichi idrici

Le acque reflue derivanti dal lavaggio delle apparecchiature, contenti residui di vino / mosto e prodotti detergenti, possono costituire un rischio di inquinamento idrico, pertanto prima di essere rilasciate nei corpi idrici devono essere raccolte e subire un trattamento di neutralizzazione e depurazione.


Sversamenti accidentali di prodotti chimici

Lo sversamento accidentale dei prodotti chimici utilizzati per la pulizia - sanificazione può determinare inquinamento ambientale. E' necessario mettere in atto tutte le possibili misure volte a contenere gli eventuali sversamenti come sopra descritto per i fattori di rischio lavorativo.

Inoltre è opportuno che i piazzali aziendali siano conformati in modo da permettere la raccolta delle acque meteoriche in modo che, specie in caso di sversamento di prodotti chimici sui piazzali, possano essere inviate alla neutralizzazione / depurazione prima di essere rilasciate nei corpi idrici.



IMBOTTIGLIAMENTO E INSCATOLAMENTO DELLE BOTTIGLIE


DESCRIZIONE DELLA FASE e delle ATTREZZATURE E MACCHINE

A questa fase lavorativa è in genere dedicato un apposito reparto della cantina vinicola. Si tratta di introdurre il vino in bottiglie di vetro che provengono nuove dalla vetreria. L'operazione prevede il lavaggio delle bottiglie, il riempimento con il vino, quindi si passa a tappare, incapsulare ed etichettare le bottiglie per poi inscatolarle e preparare i palletts per la spedizione.

Questa fase è in genere automatizzata tuttavia, in alcune aziende più piccole, alcune operazioni come ad esempio l'inscatolamento delle bottiglie avvengono ancora manualmente.

Il reparto imbottigliamento è in genere collocato vicino al magazzino dei materiali utilizzati (bottiglie, tappi, etichette, capsule, scatole di cartone) e vicino al magazzino dei prodotti finiti pronti da spedire.

Le bottiglie nuove arrivano in palletts dalla vetreria: su una base costituita da un pancale di legno sono disposti vari strati di bottiglie posizionate verticalmente, con ogni strato separato da un foglio di cartoncino; in cima alla pila è posto un cappuccio di cartone ed il tutto è avvolto da un foglio di plastica trasparente.

I palletts di bottiglie sono movimentati dagli addetti tramite carrelli elevatori e disposti sulle rulliere della linea di alimentazione delle bottiglie.

Gli addetti rimuovono manualmente il foglio di plastica utilizzando un trincetto e il cappuccio di cartone utilizzando un asta di metallo con punta a forcella.


Fig. n. 45 Carrello elevatore che trasporta le pile di bottiglie e le carica sull'alimentatore a rulliera della linea di imbottigliamento del vino.

Fig. n. 46 Pile di bottiglie sull'alimentatore della linea di imbottigliamento del vino. Si noti la rulliera sulla quale avanzano le pile, il pancale di legno alla base della pila, il cappuccio di cartone in cima alla pila e i fogli di cartoncino tra i vari strati della pila.


Un sistema robotizzato preleva uno strato di bottiglie alla volta e lo pone sul trasportatore a nastri metallici; quindi un altro braccio robotizzato, dotato di una serie di ventose, preleva automaticamente il foglio di cartoncino (che separa lo stato di bottiglie successivo) e lo lascia cadere in una sistema di raccolta in pila. I cartoncini raccolti verranno poi rispediti in vetreria, insieme ai pianali, per il riutilizzo.








Fig. n. 47 Caricamento tramite robot di uno strato di bottiglie prelevate dalla pila. Si noti la rulliera (in primo piano nella figura), lo strato di bottiglie cinto dal robot (in secondo piano nella figura) e le bottiglie poste sui nastri trasportatori della linea di imbottigliamento del vino (sullo sfondo). Si notino le fotocellule e le recinzioni di protezione a lato della macchina.


Il trasportatore a nastri metallici porta le bottiglie alla macchina che ne effettua il lavaggio; essa è la prima macchina della linea di imbottigliamento.



Fig. n. 48 Trasporto delle bottiglie vuote su nastri a velocità variabile che determinano il distanziamento tra le bottiglie prima di essere avviate al lavaggio.

Fig. n. 49 Ingresso delle bottiglie vuote nella macchina di lavaggio.


Dopo il lavaggio, le bottiglie passano automaticamente alla macchina riempitrice e quindi alla tappatrice. Esistono diversi tipi di tappatrici (per tappi di sughero, per tappi a corona, per tappi a strappo, per tappi a vite con anello di garanzia).

In genere per i tradizionali vini toscani sono utilizzati tappi di sughero che la tappatrice inserisce nel collo della bottiglia previo soffiaggio con azoto.

La tecnica del confezionamento in atmosfera modificata, oggi in netta espansione, sembra offrire notevoli possibilità di prolungamento della vita di conservazione e di mantenimento delle caratteristiche essenziali degli alimenti. Essa consiste nel confezionare i prodotti alimentari in un'atmosfera diversa da quella naturale, con composizioni differenziate di azoto, ossigeno, anidride carbonica ed altri gas. L'azione dei gas componenti l'atmosfera modificata è quella di limitare od impedire completamente lo sviluppo di microrganismi e rallentare i processi biochimici ed enzimatici che possono portare alla degradazione di un alimento.

Così nella maggior parte dei casi la tendenza è quella di ridurre o eliminare la presenza dell'ossigeno mediante la sostituzione con un altro gas più inerte, per esempio l'azoto la cui inerzia chimica lo rende particolarmente adatto nei settori in cui l'alta reattività dell'ossigeno provoca delle azioni indesiderate. Per questi motivi l'azoto è oggi largamente utilizzato per imbottigliare il vino sia per la sua praticità sia perché è conveniente anche per modeste quantità di vino da trattare.

Fig. n. 50 Recipiente fisso di azoto liquido installato all'esterno del reparto di imbottigliamento del vino (il cui riempimento avviene a cura di ditte fornitrici specializzate).


Fig. n. 51 Uscita delle bottiglie dalla macchina di riempimento. Le bottiglie piene di vino sono distanziate tra loro grazie ad una vite senza fine. Tutta la macchina è protetta da schermi di plastica trasparente, fissi o muniti di dispositivi di interblocco.

Fig. n. 52 Macchina di alimentazione dei tappi di sughero per tappare le bottiglie piene di vino. La macchina è segregata in un apposito locale insonorizzato.

Le bottiglie tappate sono quindi inviate alla incapsulatrice che ha funzione di coprirne il collo con una capsula che può essere di stagnola, plastica o altro. Segue la macchina etichettatrice che ha la funzione di incollare le etichette sulle bottiglie. Tra queste due macchine è in genere prevista una zona che funziona da polmone di accumulo delle bottiglie. Ciò è necessario in quanto l'etichettatrice necessita spesso di essere fermata, regolata e riavviata per il fatto che le etichette p facilmente si inceppano nell'alimentatore; il polmone consente quindi di non fermare la linea a monte della etichettatrice in caso di un suo fermo temporaneo.

Fig. n. 53 Macchina etichettatrice. Si noti la pulsantiera per il funzionamento ad impulsi "a uomo presente" per le regolazioni iniziali e il ripristino in caso di inceppamento della macchina.


A questo punto le bottiglie sono pronte e devono essere inscatolate, in genere in confezioni da 2, 4 o 6 bottiglie.

Le scatole di cartone arrivano dallo scatolificio già stampate. Esse sono piegate e disposte in pile che vengono inserite tal quali nell'alimentatore della prima macchina della linea di inscatolamento. Questa ha lo scopo di spiegare le scatole, aprendole. E' inoltre presente una macchina che inserisce nelle scatole i cosiddetti alveari (setti di cartone posti a separazione delle bottiglie, con lo scopo di proteggerle dagli urti reciproci dopo che saranno state inserite nelle scatole).




Fig. n. 54 Alimentazione delle scatole di cartone piegate e uscita delle scatole aperte nelle quali sono poi inserite le bottiglie pronte.


Un sistema robotizzato preleva le bottiglie e le inserisce nelle scatole, orizzontalmente oppure verticalmente a seconda del tipo di vino.

Fig. n. 55 Robot per l'inscatolamento orizzontale delle bottiglie pronte. Tutta la macchina è recintata da protezioni trasparenti fisse o munite di dispositivo di interblocco (vedere la figura seguente).

Segue una macchina che ha lo scopo di chiudere le scatole e di inviarle verso il pallettizzatore.


Fig. n. 56 Ingresso delle scatole piene di bottiglie verso la linea di chiusura delle scatole e pallettizzazione.

FATTORI DI RISCHIO


Esposizione a rumore

descrizione e stima

Il rumore nel reparto imbottigliamento è abbastanza alto e in certe posizioni di lavoro il livello equivalente supera i 90 dB(A).

Il rumore deriva, oltre che dalle macchine, anche dai continui piccoli urti tra le bottiglie mentre si muovono lungo la linea.

Nelle aziende più grandi al reparto imbottigliamento è dedicato un intero capannone dove sono presenti più linee di imbottigliamento; ad esempio una azienda del comparto caratterizzata da una produzione di quasi 1 milione di bottiglie l'anno, dispone nello stesso reparto di due linee: una della capacità di 10.000 bottiglie l'ora, utilizzata circa 100 giorni l'anno; l'altra della capacità di circa 3.000 bottiglie l'ora utilizzata circa 50 giorni l'anno.

Gli addetti lavorano in questo reparto con turni di 8 ore. L'esposizione personale dei lavoratori è in genere compresa tra 80 e 85 dB(A) per gli addetti alla depallettizzazione / pallettizzazione / carrello elevatore; mentre per gli addetti al controllo delle macchine riempitrice / tappatrice / incapsulatrice / etichettatrice / inserimento scatole di cartone / inserimento alveari, il livello di esposizione è in genere compreso tra gli 85 e i 90 dB(A).

danno atteso

Danni uditivi (ipoacusia da rumore).

interventi prevenzionistici

Le principali misure di prevenzione sono le seguenti:

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella "Valori limite di esposizione al rumore", riportata nel presente documento al Capitolo "Riferimenti normativi di carattere generale".

riferimenti normativi


Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Le parti mobili delle macchine possono costituire per gli addetti il rischio di presa, trascinamento, schiacciamento.

danno atteso

Ferite e contusioni.

interventi prevenzionistici

Le parti mobili delle macchine devono essere rese inaccessibili tramite ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco che impediscano l'avviamento della macchina fin tanto che il riparo non è chiuso e fermino la macchina se il riparo viene aperto. In luogo dei ripari possono essere utilizzate barriere immateriali realizzate tramite fotocellule. Quando la pulizia o la manutenzione delle macchine (ed anche le eventuali regolazioni iniziali, come ad esempio nel caso della etichettatrice) richiedono l'avvio della macchina con i ripari aperti o rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera a uomo presente con avanzamento ad impulsi, la quale una volta inserita escluda il quadro comando della macchina.

Le macchine devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza, il quale tuttavia non può essere considerato alternativo ai dispositivi di sicurezza sopra richiamati.

riferimenti normativi





Fig. n. 57 Porta di accesso alla macchina inscatolatrice munita di dispositivo di interblocco (vista dall'alto).


Utilizzo di materiale frangibile

descrizione

Nella linea di imbottigliamento talvolta accade che qualche bottiglia si rompa o si incastri. Ciò richiede l'intervento degli addetti per rimuovere le bottiglie incastrate, recuperare i frammenti di vetro delle bottiglie rotte e asciugare il pavimento dal vino sversato. La manipolazione dei frammenti di vetro può comportare rischi infortunistici.

danno atteso

Ferite da taglio.

interventi prevenzionistici

Gli addetti devono indossare guanti antitaglio ed essere stati adeguatamente informati e formati.

riferimenti normativi


Utilizzo di attrezzature taglienti

descrizione

L'utilizzo del trincetto per il taglio del foglio di plastica trasparente che avvolge i palletts di bottiglie può comportare il rischio di infortuni.

danno atteso

Ferite da taglio.

interventi prevenzionistici

riferimenti normativi


Utilizzo di azoto

descrizione

La quantità di azoto utilizzato nella macchina tappatrice per il soffiaggio prima della tappatura in genere non è tale da determinare una significativa esposizione degli addetti al reparto imbottigliamento.

In questa fase lavorativa il rischio derivante dall'utilizzo dell'azoto è costituito al più dalla possibilità di fuoriuscite accidentali per rottura delle tubazioni o del riduttore della bombola trasportabile o dal recipiente fisso di azoto liquido installato all'esterno del reparto produttivo (il cui riempimento avviene a cura di ditte fornitrici specializzate) o infine lo scoppio del recipiente. A tale rischio possono essere esposti gli addetti alla manutenzione e sostituzione delle bombole.

L'azoto è un gas incolore, inodore, insapore, non combustibile, poco solubile in acqua e in alcool, relativamente inerte a temperatura ordinaria. Esso costituisce circa il 78% in volume dell'atmosfera terrestre.

danno atteso

In caso di scoppio di una bombola o di rottura del suo riduttore i lavoratori che dovessero trovarsi nelle vicinanze possono essere investiti dalle parti metalliche o dal getto di gas ad altissima pressione con conseguenti lesioni traumatiche (rischio di infortunio mortale). Inoltre sono possibili lesioni per contatto con i gas freddi (l'azoto per essere trasformato in un liquido è raffreddato a bassissime temperature, circa - 210 °C). In caso di inalazione del gas in elevata concentrazione è possibile lo svenimenti, l'asfissia e la morte.

interventi prevenzionistici

Le bombole devono essere provviste della prescritta etichettatura, stoccate in un locale apposito aerato e riparato dall'irraggiamento solare, lontano da altri materiali infiammabili o che costituiscano un elevato carico di incendio. Inoltre le bombole stoccate devono essere legate in modo che sia impossibile la loro caduta. Il rubinetto deve essere protetto contro possibili urti accidentali mediante apposito cappellotto di acciaio. Particolare cautela deve essere posta durante la movimentazione delle bombole, per le quali è opportuno utilizzare appositi carrelli.

E' opportuno valutare la possibilità di sostituire le bombole (trasportabili o fisse) con generatori in continuo di azoto.

I lavoratori devono essere adeguatamente informati e formati.

riferimenti normativi



APPALTI ESTERNI


La fase di imbottigliamento e confezionamento non è presente in tutte le aziende del comparto ed è spesso appaltata a ditte esterne. Esistono anche linee di imbottigliamento montate a bordo di camion che fanno il giro presso le varie cantine vinicole ad imbottigliare il vino da loro prodotto.



IMPATTO ESTERNO


Diffusione di rumore all'esterno

Il rumore presente nel reparto di imbottigliamento si può diffondere nell'ambiente esterno. In caso questo reparto sia vicino ad insediamenti civili, è possibile che il rumore disturbi la popolazione circostante. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti - fonoassorbenti, posizionare il reparto imbottigliamento in un'area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili, lavorare con porte e finestre chiuse (climatizzando i locali ove necessario per il benessere dei lavoratori).


Produzione di rifiuti

Sono essenzialmente costituiti da:

Si tratta di materiali che ben si prestano alla raccolta differenziata finalizzata al successivo riciclaggio.

I pancali di legno, così come i cartoncini che separano i vari strati di bottiglie, sono in genere recuperati e riutilizzati nella vetreria che produce le bottiglie.


CONFEZIONAMENTO IN BAGGING BOX


DESCRIZIONE DELLA FASE

Un confezionamento alternativo all'imbottigliamento, prevalentemente rivolto ad una clientela locale e/o per vini da consumo familiare e che si sta affermando in luogo del vecchio sistema delle damigiane, è costituito dal riempimento di bagging box. Si tratta di contenitori costituiti da buste di plastica trasparente ma resistente, dotate di tappo a vite (eventualmente con rubinetto incorporato) della capacità in genere di 5 o 10 litri. La busta viene poi inserita in una scatola di cartone che ne costituisce la confezione. La scatola è dotata di una linguetta apribile nella sua parte inferiore, dal quale far fuoriuscire il tappo-rubinetto per un facile travaso da parte del consumatore.

In genere l'operazione si svolge nel modo seguente: un addetto alla macchina riempitrice inserisce manualmente uno alla volta i bagging box nel beccuccio di riempimento per poi prelevarlo una volta riempito. Un secondo operatore provvede all'inserimento manuale del bagging box nella scatola di cartone e un terzo operatore provvede alla sistemazione delle scatole impilandole su un pancale.


Fig. n. 58 Confezionamento e immagazzinamento dei bagging box.


ATTREZZATURE E MACCHINE


Riempitrice di bagging box

E' essenzialmente costituita da una pompa che preleva il vino dal serbatoio e, attraverso un beccuccio mobile, lo spinge nel bagging box riempiendolo.


FATTORI DI RISCHIO


Movimentazione manuale dei carichi, posture e movimenti ripetitivi

descrizione

Durante l'operazione di inserimento manuale nella scatola di cartone del bagging box pieno e la successiva operazione di sistemazione manuale delle scatole una sull'altra sul pancale di legno fino a formare il palletts, gli addetti sono portati a compiere movimenti ripetitivi e ad assumere posture incongrue.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

interventi prevenzionistici

riferimenti normativi


Fig. n. 59 Particolare della macchina di riempimento dei bagging box. Si notino le fotocellule di protezione, i bagging box vuoti appoggiati su un lato della macchina e il bagging box in fase di riempimento.

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Il beccuccio mobile per il riempimento dei bagging box può costituire il pericolo di schiacciamento per le mani dell'operatore.

danno atteso

Ferite e contusioni.

interventi prevenzionistici

riferimenti normativi



APPALTI ESTERNI

In genere questa fase lavorativa, ove presente, può essere appaltata.



IMPATTO ESTERNO

Questa fase lavorativa non produce un impatto esterno significativo.



IMBALLAGGIO DEI PALLETTS DEI PRODOTTI FINITI


DESCRIZIONE DELLA FASE

Ogni pallett (costituito dal pancale di legno sul quale sono poste le scatole di cartone contenenti le bottiglie o i bagging box) viene imballato mediante un foglio di plastica trasparente che viene avvolto intorno al pallett stesso in modo da tenere tutto insieme.

Nelle piccole aziende tale operazione avviene manualmente, mentre nelle aziende più grandi è utilizzata una apposita macchina.


Fig. n. 60 Macchina imballatrice con nastro di plastica di un palletts di scatole piene di bottiglie.


ATTREZZATURE E MACCHINE


Macchina imballatrice

E' essenzialmente costituita da una piattaforma rotante sul quale viene posto il pallett e da una guida verticale sul quale scorre il supporto che tiene il rotolo del nastro di plastica (cellophane). La rotazione della piattaforma mentre il rotolo si sposta verticalmente determina l'avvolgimento del cellophane tutto intorno al pallett. L'alimentazione e lo scarico dei palletts può essere automatica tramite rulliere (specie quando i palletts sono formati da pallettizzatori automatici) oppure può avvenire tramite carrelli elevatori o transpalletts manuali. La macchina è dotata di un quadro di comando laterale.




FATTORI DI RISCHIO


Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi in movimento (supporto scorrevole su guida verticale, piattaforma e il pallett di scatole piene in rotazione) possono costituire per gli addetti il rischio di urto, presa e trascinamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche (ferite e contusioni).

interventi prevenzionistici

Gli organi in movimento devono essere protetti, ad esempio tramite protezioni fisse (griglie metalliche o pannelli in plastica rigida trasparente) o barriere immateriali in grado di fermare la macchina qualora un addetto si trovi nella zona operativa. Altro sistema di protezione può essere l'utilizzo di una pulsantiera a uomo presente posta in posizione che renda ben visibile la zona operativa.

riferimenti normativi



APPALTI ESTERNI

In genere questa operazione non viene appaltata, salvo quando viene appaltato anche l'imbottigliamento.



IMPATTO ESTERNO

Questa fase non comporta un impatto esterno significativo.



MOVIMENTAZIONE MECCANICA, MAGAZZINO, SPEDIZIONE.


DESCRIZIONE DELLA FASE

I prodotti finiti imballati in palletts sono immagazzinati e successivamente caricati, tramite carrelli elevatori, su automezzi per la spedizione.

I carrelli elevatori sono impiegati per diverse esigenze di movimentazione come si è descritto nelle fasi precedenti, relativamente alle materie in arrivo, ai semilavorati, ai prodotti in uscita dal ciclo produttivo.

I magazzini - sia dei prodotti finiti sia dei materiali impiegati (bottiglie, tappi, ecc...) - sono spesso dotati di scaffalature metalliche sulle quali vengono disposte le merci.


ATTREZZATURE E MACCHINE


Carrelli elevatori

Si tratta in genere di carrelli elevatori a forche ad alimentazione elettrica. Talvolta nei piazzali esterni sono utilizzati anche carrelli elevatori a trazione diesel.


Scaffalature

Si tratta di scaffalature metalliche verticali la cui portata dipende dai diversi prodotti e dalle necessità aziendali, ad esempio:

Per l'accesso ai ripiani più alti delle scaffalature per materiali leggeri, talvolta vengono utilizzate scale portatili.



FATTORI DI RISCHIO

Utilizzo di scaffalature metalliche verticali

descrizione

Quando le scaffalature non sono adeguatamente fissate alle pareti e/o di portata non adeguata, è possibile il loro ribaltamento accidentale a seguito di:

E' anche possibile la caduta della scaffalatura per cedimento strutturale in caso il carico superi la portata o se la struttura è deteriorata (ad esempio a causa della ruggine) o per allentamento dei bulloni di fissaggio).

In una azienda di un altro comparto in Toscana è recentemente accaduto un infortunio mortale da schiacciamento sotto una scaffalatura caduta per cedimento strutturale.

Altro rischio è determinato dalla possibilità di caduta di materiale dalla scaffalatura, ad esempio da lato opposto a quello da cui avviene il caricamento con il carrello elevatore. In una azienda del comparto è recentemente accaduto che alcuni materiali sono caduti dal retro di una scaffalatura sul controsoffitto di un ufficio adiacente al magazzino. I materiali hanno sfondato il controsoffitto e sono caduti sul pavimento, fortunatamente senza conseguenze infortunistiche perché in quell'istante nessun impiegato si trovava nel punto di caduta del grave.

danno atteso

Lesioni traumatiche per investimento e schiacciamento.

interventi prevenzionistici

Le scaffalature devono essere di portata idonea, dotate di cartelli che ne indichino la portata (in caso di ripiani con portata diversa, ogni ripiano deve riportare l'indicazione della sua portata); le scaffalature devono essere stabilmente fissate al soffitto o alle pareti o comunque realizzate con una struttura tale che sia impossibile la loro caduta per ribaltamento. Periodicamente è opportuno controllare il buono stato della scaffalatura.

Ove è possibile la caduta di materiali dal retro della scaffalatura (lato opposto a quello di accesso dei carrelli elevatori) è necessario eliminare il rischio, ad esempio grazie ad una robusta griglia metallica.

L'eventuale utilizzo di scale portatili richiede che le stesse siano dotate alla loro sommità di rampini di aggancio alla struttura metallica, di appoggi antiscivolo a pavimento e di gradini antiscivolo.

I carichi sulla scaffalatura devono essere disposti correttamente e gli addetti alla movimentazione devono essere adeguatamente informati e formati.

riferimenti normativi


Movimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori

descrizione

Durante le operazioni di movimentazione può avvenire il ribaltamento del carrello elevatore nel caso in cui il carico non sia bene bilanciato e/o per asperità e dislivelli eccessivi del terreno, raggio di curvatura troppo stretto. In caso di ribaltamento l'addetto può venire sbalzato fuori dal posto di guida e rimanere schiacciato sotto il carrello.

Può anche avvenire l'investimento di altri lavoratori da parte dei carrelli elevatori o dal materiale trasportato. In una azienda del comparto è recentemente accaduto un infortunio per investimento da parte di un carrello elevatore guidato in retromarcia.

Quando viene accatastato in modo non corretto, il materiale può cadere ed investire gli addetti.

danno atteso

Durante le suddette operazioni, gli addetti possono riportare gravi lesioni traumatiche

danno rilevato

Nei casi di infortunio accaduti in diversi comparti produttivi, le lesioni riportate per infortuni occorsi durante questa fase lavorativa sono risultate gravi o anche mortali.

prevenzione

I rischi sopra evidenziati possono essere limitati garantendo le seguenti condizioni:

riferimenti normativi


Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi meccanici mobili del carrello elevatore possono essere causa di presa, impigliamento, cesoiamento.

danno atteso

Lesioni temporanee e permanenti per presa, trascinamento, taglio, amputazione, schiacciamento degli arti.

prevenzione

Le parti pericolose devono essere rese inaccessibili tramite adeguati ripari fissi.

riferimenti normativi


Movimentazione manuale dei carichi.

descrizione

L'operazione di sostituzione delle batterie dei muletti richiede la loro movimentazione.

danno atteso

La movimentazione manuale può comportare disturbi e danni muscolo - scheletrici. In caso di caduta delle batterie gli addetti possono riportare lesioni traumatiche agli arti inferiori.

prevenzione

I rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi possono essere ridotti utilizzando mezzi meccanici di sollevamento per le batterie.

Si può anche mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all'interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del locale sulla quale sono poste prese e spine per il collegamento elettrico; questa soluzione limita anche l'esposizione agli acidi degli accumulatori elettrici e il rischio di esplosione e incendio.

Nel caso della movimentazione manuale occorre procedere alla valutazione del rischio in sede di misure attuative del D.Lgs. 626/94, gli addetti devono indossare scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico ed essere informati e formati.

riferimenti normativi


Esposizione a prodotti della combustione diesel

descrizione

Qualora vengano utilizzati carrelli elevatori diesel, gli addetti possono essere esposti ai prodotti della combustione, costituiti prevalentemente da: particolato da idrocarburi incombusti, ossidi di azoto (NO, NO2), anidride solforosa (SO2), ossido di carbonio (CO), formaldeide (HCHO), idrocarburi aromatici e alifatici, sostanze organiche volatili (S.O.V.).

danno atteso

L'esposizione continuativa ai suddetti inquinanti può provocare broncopneumopatie, ossicarbonismo, sindrome irritative delle estremità cefaliche, asma bronchiale, emopatie, epatopatie, neuropatie, nefropatie, miocardiopatie, dermatiti. Inoltre la formaldeide è un sospetto cancerogeno.

danno rilevato

Dalle indagini svolte in altri comparti produttivi, i lavoratori esposti ai gas di combustione dei carrelli diesel hanno lamentato l'irritazione delle congiuntive oculari e delle vie respiratorie.

prevenzione

Per limitare l'esposizione a questo fattore di rischio è opportuno valutare la possibilità di sostituirli con carrelli elevatori a trazione elettrica. Ciò è indispensabile quando i carrelli elevatori sono utilizzati all'interno dei magazzini e degli altri locali di lavoro, ma è consigliabile anche quando sono utilizzati esclusivamente sui piazzali aziendali, anche in considerazione della minore rumorosità dei carrelli a trazione elettrica. Tra l'altro sono attualmente disponibili sul mercato carrelli elevatori a trazione elettrica la cui portata è sufficiente per le esigenze di produzione del comparto. In attesa della loro sostituzione è bene che i carrelli elevatori diesel siano provvisti di marmitta catalitica (valida per NO2 e CO) o ad acqua (valida per il particolato) ed il loro impiego deve essere limitato all'esterno dei locali di lavoro (nel piazzale antistante lo stabilimento produttivo).

riferimenti normativi


Esposizione a rumore

descrizione

La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione al rumore degli addetti, sia per il rumore generato dai mezzi stessi, sia nel caso esposizione indiretta se il mezzo viene introdotto in reparti dove si svolgono lavorazioni rumorose.

danno atteso

L'esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc...); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell'apparato digerente.

prevenzione

E' necessario la valutazione della esposizione e l'adozione delle relative misure di prevenzione, in primo luogo una accurata manutenzione dei mezzi. Dato che i carrelli elevatori diesel (talvolta utilizzati nei piazzali esterni) emettono in genere un rumore stimabile con un livello equivalente Leq di circa 85 dB(A) è opportuno valutare la possibilità di sostituirli con carrelli elettrici che sono meno rumorosi in quanto presentano un Leq di circa 79 dB(A).

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella "Valori limite di esposizione al rumore", riportata nel presente documento al Capitolo "Riferimenti normativi di carattere generale".

riferimenti normativi


Esposizione a vibrazioni

descrizione

La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione a vibrazioni.

danno atteso

L'esposizione continuativa a vibrazioni all'intero corpo può causare dolori e disturbi al rachide dorso-lombare, oltre che impedimento a manovrare con precisione.

L'esposizione continuativa a vibrazioni al sistema mano-braccio può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta. L'insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi ed all'entità di esposizione.

interventi prevenzionistici

riferimenti normativi


Manipolazione di oli minerali

descrizione

I carrelli elevatori, come la generalità delle macchine, necessitano di oli minerali come lubrificanti degli organi meccanici.

danno atteso

Gli oli minerali sono una classe di composti che possono presentare rischi per i lavoratori di danni di tipo acuto (allergie, dermatiti) e di tipo cronico (tumori).

La IARC suddivide gli oli in due grandi categorie:

L'Unione Europea, invece, nel classificare i prodotti derivanti dal petrolio e dal carbone (tra cui ovviamente gli oli minerali) ha seguito un diverso criterio da quello della raffinazione "tal quale": le miscele di sostanze derivate dal petrolio e dal carbone vengono considerate sostanze a cui è stato attribuito un univoco numero di identificazione CAS ed un univoco numero di indice CE, classificando circa 600 sostanze come cancerogene (R45) a meno che il produttore non possa dimostrare che contengono (D.P.R. n. 52/97):

oppure se il produttore, conoscendo l'intero iter di raffinazione, può dimostrare che la sostanza da cui il prodotto è derivato non è cancerogena.

Quindi, anche in questo caso, è fondamentale la lettura dell'etichetta e della scheda dei dati di sicurezza e che questi strumenti siano correttamente compilati.

prevenzione

Utilizzare oli minerali del tipo meno pericoloso (oli severamente raffinati) ed evitare l'imbrattamento, specie durante il prelievo degli oli esausti. E' pertanto necessario utilizzare D.P.I. (guanti, tuta, grembiuli, occhiali) ed evitare di tenere in tasca stracci o utilizzare guanti impregnati di olio minerale. E' importante una adeguata informazione, formazione, e sorveglianza sanitaria degli esposti.

riferimenti normativi


Esposizione ad acidi di accumulatori elettrici

descrizione

Durante la ricarica delle batterie di carrelli a trazione elettrica, i lavoratori possono essere esposti ad acidi contenuti nelle batterie.

danno atteso

Irritazione e ustione chimica della cute e delle mucose con cui vengono in contatto.

prevenzione

L'inalazione di vapori degli acidi presenti negli accumulatori elettrici viene limitata effettuando la ricarica in locale separato adeguatamente aerato. Se l'aerazione naturale non è sufficiente è necessario un sistema di aspirazione. In alternativa possono essere utilizzati apparecchi di ricarica chiusi e posti sotto aspirazione.

Una ulteriore soluzione può essere quella di mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all'interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del suddetto locale; questa soluzione evita anche il problema della movimentazione dei carichi per la sostituzione delle batterie.

Per evitare il contatto degli acidi con la pelle, durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi e i lavoratori devono indossare guanti antiacido. L'aggiunta dell'acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida.

riferimenti normativi


Sviluppo di sostanze capaci di creare miscele esplosive con l'aria

descrizione

L'operazione di ricarica degli accumulatori dei carrelli a trazione elettrica comporta il pericolo di incendio - esplosione. Infatti, durante la ricarica, il passaggio della corrente elettrica determina un processo di elettrolisi con sviluppo di idrogeno. Si ha anche una parziale evaporazione degli acidi forti contenuti nella batteria. Pertanto, in assenza di idonea aerazione, si può arrivare ad un livello di saturazione ambientale che può determinare la formazione di una miscela esplosiva.

Se avviene l'esplosione si può anche verificare la proiezione violenta degli acidi forti contenuti nella batteria.

danno atteso

In caso di incendio-esplosione, gli addetti possono riportare gravi ustioni, lesioni traumatiche, intossicazioni. Se investiti da schizzi di acido della batteria, possono riportare anche ustioni cutanee e lesioni agli occhi.

prevenzione

Per ridurre i rischi derivanti dalla ricarica degli accumulatori elettrici è necessario effettuare questa operazione in locale separato dai restanti locali di lavoro, adeguatamente aerato. L'impianto elettrico deve rispondere alle norme per gli ambienti a maggior rischio in caso di incendio (CEI 64-8). E' opportuno che in tale locale non siano presenti altri materiali infiammabili. In caso di ricarica sotto aspirazione localizzata, i parametri geometrici dell'impianto di aspirazione devono essere adeguatamente dimensionati in relazione alla velocità di aspirazione per evitare che si formino miscele esplosive con l'aria.

La protezione antincendio deve prevedere la presenza almeno di estintori a polvere, del tipo omologato. Nei casi a rischio più elevato può essere opportuno installare un impianto di spegnimento automatico (ad esempio del tipo a CO2).

E' necessaria la valutazione dettagliata del rischio d'incendio in base a quanto previsto dal D.M. del 10.03.98.

riferimenti normativi



APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata, a meno che non sia appaltato anche l'imbottigliamento.



IMPATTO ESTERNO


I principali fattori di impatto ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:


Produzione di rifiuti

I principali rifiuti prodotti in questa fase sono gli oli esausti e le batterie esauste dei carrelli elevatori. Tali rifiuti vengono ritirati da ditte specializzate (si veda il paragrafo 4.1).

L'olio esausto va tenuto, prima del conferimento alla ditta incaricata al ritiro, in modo idoneo ed in condizioni di sicurezza per l'ambiente e per gli addetti. Pertanto devono essere utilizzati contenitori adatti ad eliminare i rischi di rottura e sversamento. Contenitori adatti a questo scopo devono rispondere a regole precise. In particolare devono essere provvisti di:

La sistemazione dei contenitori deve essere studiata per evitare al massimo gli urti accidentali ed altri gravi inconvenienti.

In procinto di raggiungere la capacità massima del contenitore di olio usato chiamare esclusivamente l'incaricato del Consorzio Obbligatorio degli oli usati e conferirgli l'olio in condizioni di sicurezza (il conferimento al Consorzio di olio usato non inquinato avviene a titolo gratuito), ponendo la massima attenzione alla movimentazione dei contenitori ed alla situazione di lavoro intorno alle operazioni di trasferimento del liquido.

Le batterie al piombo esauste sono pericolose per l'uomo e per l'ambiente perché contengono il 60-65% in peso di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato riproduttivo, l'acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre l'acido solforico è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.

Le batterie esauste devono essere conferite al raccoglitore incaricato COBAT.


I principali fattori di rischio ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:



Sversamenti di acido solforico e contaminazione del suolo con piombo.

In caso di rottura delle batterie durante la loro movimentazione si possono verificare sversamenti della soluzione acida; sversamenti sono possibili anche durante la ricarica delle batterie e durante lo stoccaggio provvisorio delle batterie esauste nell'attesa del ritiro da parte dello smaltitore. In caso di sversamento si può verificare l'inquinamento del suolo e delle acque. La batteria al piombo esausta è pericolosa per l'uomo e per l'ambiente perché contiene il 60-65% in peso di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato riproduttivo, l'acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre l'acido solforico in nebbie di acidi forti è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.

L'aggiunta dell'acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida; durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi.

I luoghi di ricarica devono essere conformati in modo da evitare sversamenti, ad esempio può essere predisposto un apposito canale di raccolta, coperto da grigliato in materiale antiacido, e dotato di pozzetto di accumulo e neutralizzazione; l'acido raccolto nel pozzetto deve essere neutralizzato e rimosso.

I lavoratori devono essere adeguatamente formati per la gestione dell'evento accidentale, sia per quanto riguarda la protezione dell'ambiente, sia per le norme di prevenzione di salute e sicurezza.

In attesa dell'arrivo del raccoglitore incaricato COBAT, le batterie esauste vanno depositate temporaneamente in contenitori mobili costituiti in materiale antiacido e dotati delle seguenti caratteristiche (deliberazione Comitato interministeriale 27 luglio 1984):


Sversamenti di oli minerali sul suolo o nelle acque

La sostituzione dell'olio usato dei muletti e le operazioni di rabbocco dell'olio devono essere effettuate in condizioni di massima sicurezza ed igiene per evitare che operazioni approssimative o mezzi tecnici non adeguati producano spandimenti e sversamenti sul suolo o nelle acque, perciò vanno usate tutte le cautele e le professionalità necessarie per eseguire il lavoro a regola d'arte.

E' quindi indispensabile che i datori di lavoro impartiscano adeguate istruzioni al personale dipendente e agli apprendisti per la corretta gestione degli oli usati ai fini della protezione ambientale, senza trascurare le disposizioni igieniche e sanitarie a protezione della salute e della sicurezza: gli oli sono fonte di rischi (scivolamenti, incendi, intossicazioni) che vanno valutati e ridotti secondo le norme previste dagli appositi decreti legislativi 626/94 e 242/96.


Incendio - esplosione

L'incendio-esplosione del locale ricarica batterie può comportare danni strutturali interessanti anche altre parti dell'edificio, oltre che la propagazione dell'incendio ai locali limitrofi.

CENTRALE TERMICA - PRODUZIONE DI VAPORE


DESCRIZIONE DELLA FASE

La produzione del vapore che viene utilizzato nelle varie fasi dell'impianto come sopra descritto, avviene tramite centrali termiche di rilevante potenzialità produttiva, alimentate con vari combustibili (gas metano oppure olio combustibile) e poste in locali appositi.

Ad esempio una delle aziende del comparto, caratterizzata da una produzione di tipo industriale, dispone di n. 1 caldaie con le seguenti caratteristiche:

Fino ad alcune decine di anni fa erano installati solo generatori di vapore alimentati ad olio combustibile denso. Successivamente, tenendo presenti le problematiche derivanti dall'inquinamento atmosferico (D.P.R. 203/88), i generatori di vapore sono stati alimentati a olio combustibile fluido 3-5 °E, e adesso si tende a convertirle a metano.

Tuttavia diverse aziende sono ubicate in zone dove la rete del gas metano non è presente, pertanto in tali casi permangono le centrali termiche alimentate a gasolio.

Tenute presenti le potenzialità in gioco e la pressione massima necessaria del vapore, tali generatori di vapore possono essere di due tipi: a tubi di fumo o a tubi d'acqua.

I più moderni generatori di vapore sono dotati dei vari sistemi di recupero del calore (pressurizzazione della camera di combustione delle caldaie, preriscaldatori d'aria e/o economizzatori nel giro fumi dei generatori, degasatori per il recupero delle condense).

Dal momento che i citati generatori di vapore necessitano della presenza continua dei conduttori patentati, secondo le norme di cui al D.M. 01.03.1974, si è estesa sempre più l'installazione di generatori ad olio diatermico dotati di scambiatori - evaporatori in grado di produrre, a loro volta, vapore alla pressione richiesta. Il crescente successo di tali tipi di generatori di calore è dovuto al fatto che gli stessi non richiedono la presenza del conduttore patentato.


L'acqua utilizzata nell'impianto termico necessita di essere preventivamente demineralizzata mediante un apposito impianto. Questo trattamento può essere ottenuto tramite due sistemi diversi: osmosi inversa oppure attraverso resine scambiatrici di ioni.


Il principio dell'osmosi inversa consiste nell'estrarre i sali minerali contenuti nell'acqua, facendola passare ad una pressione di circa 20 bar attraverso membrane semipermeabili che lasciano passare acqua demineralizzata trattenendo i sali che vi erano disciolti. L'impianto a osmosi inversa è essenzialmente costituito da una pompa che alza la pressione dell'acqua, dal modulo contenente le membrane semipermeabili e da due misuratori di flusso, uno sul concentrato (liquido contenente i sali che vengono trattenuti dalle membrane) e l'altro sul permeato (acqua demineralizzata). I misuratori di flusso hanno lo scopo di controllare che la produzione sia quella desiderata. Normalmente, sulla linea del permeato viene installato un rilevatore di salinità costituito da un conduttivimetro che segnala immediatamente una eventuale rottura della membrana perché in questo caso l'acqua in uscita avrebbe caratteristiche pressoché uguali a quella in entrata mettendo a rischio il buon funzionamento della caldaia. Il concentrato viene scaricato verso l'impianto di depurazione delle acque.


Gli impianti a resine scambiatrici di ioni, hanno lo scopo di trasformare tutti i sali contenuti in nell'acqua da demineralizzare, mediante successivi scambi ionici. Tali scambi ionici avvengono, di norma, in due colonne contenenti resina cationica forte la prima e resina anionica forte la seconda.




Nelle colonne avvengono le seguenti reazioni chimiche:

(dove con R è indicata la resina scambiatrice).

La rigenerazione delle colonne avviene con lavaggi in controcorrente con una soluzione acida (di solito a base di acido cloridrico) per quella cationica e con una soluzione alcalina (di solito a base di soda caustica) per quella anionica, sfruttando così le reazioni inverse a quelle descritte sopra.

In certi casi, specie per grossi impianti termici, tra le due colonne è posta una torre di decarbonatazione.

Per ottimizzare la demineralizzazione talvolta viene aggiunta una terza colonna con il compito di eliminare la silice.

L'acido cloridrico e l'idrossido di sodio (soda) utilizzati per la rigenerazione delle resine vengono stoccati in serbatoi che alimentano l'impianto tramite tubazioni.


Gli impianti ad osmosi inversa si stanno affermando rispetto a quelli a resine scambiatrici di ioni perché, nonostante che i primi presentino costi maggiori, essi sono di più facile gestione ed evitano gli scarichi idrici dovuti al lavaggio delle resine scambiatrici.


La centrale termica richiede interventi di manutenzione periodica ordinaria e straordinaria, anche in corrispondenza delle verifiche obbligatorie previste per Legge.


FATTORI DI RISCHIO


I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:


Esposizione a prodotti chimici

descrizione e danno atteso

Il trattamento di demineralizzazione dell'acqua, talvolta prelevata da pozzi artesiani e immessa nell'impianto produzione calore in elevati quantitativi medi giornalieri, comporta l'impiego di vari prodotti chimici che possono essere causa di danni alla salute dei lavoratori. In particolare:

prevenzione

L'azienda deve richiedere ai propri fornitori le schede di sicurezza dei prodotti chimici utilizzati, renderle rapidamente disponibili per i lavoratori e valutare attentamente la possibilità di sostituire i prodotti più pericolosi con formulati meno tossici. I serbatoi e le tubazioni devono essere dotati della prescritta etichettatura.

Per eventuale prelievo, trasporto e dosaggio manuale dei suddetti prodotti possono essere utilizzate attrezzature atte ad evitare sgocciolamenti, sversamenti e diffusione di vapori, quali ad esempio rubinetti autochiudenti, pompe di travaso dotate di valvole di ritegno, contenitori di sicurezza a chiusura ermetica con tappo provvisto di molla autochiudente e beccuccio di scarico flessibile.


I serbatoi dei prodotti chimici diversi devono essere dotati di bacini di contenimento separati, per evitarne la possibilità di miscelazione.

E' necessario che gli addetti indossino Dispositivi di Protezione Individuali (D.P.I.) quali guanti, grembiuli, maschere, ecc... nelle fasi di preparazione e impiego, che vengano informati circa i rischi ed i danni potenziali a seguito dell'esposizione, che vengano formati alle corrette procedure di lavoro in sicurezza e che siano messi a loro disposizione servizi igienico assistenziali: armadietti con doppio scomparto per separare gli indumenti da lavoro da quelli civili, lavabi, docce, lavaocchi, ecc.... I lavoratori devono essere sottoposti ad opportuna sorveglianza sanitaria.

riferimenti normativi


Esposizione a gas di combustione

descrizione

La centrale termica può rilasciare i prodotti della combustione (NOx, CO, ecc.) nell'aria del locale.

danno atteso

L'esposizione ai prodotti di combustione che ristagnano nell'ambiente di lavoro può comportare fenomeni di intossicazione da ossido di carbonio (CO), irritazione delle mucose congiuntivali, delle prime vie aeree e broncopneumopatie.

prevenzione

Nei locali delle caldaie, per evitare il rischio di inalazione di gas tossici, occorre verificare che il tiraggio della caldaia sia mantenuto in perfetta efficienza e non debbano verificarsi fuoriuscite dei gas di combustione nell'ambiente di lavoro e comunque garantire l'arieggiamento costante dei locali caldaia.

In caso di interventi straordinari di manutenzione, devono essere messi a disposizione degli addetti idonei DPI.

riferimenti normativi


Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

Nelle operazioni necessarie alla conduzione della centrale termica è presente un rischio da movimentazione carichi, dovuto all'utilizzo di prodotti chimici contenuti in sacchi di carta del peso di circa 25 Kg.

danno atteso

Possibili disturbi muscolo-scheletrici.

prevenzione

Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati ausili meccanici (apparecchi di sollevamento ecc.).

riferimenti normativi


Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore il questa fase lavorativa deriva prevalentemente dai bruciatori delle caldaie, le quali sono collocate in locali separati dagli altri ambienti di lavoro, ma la conduzione dell'impianto può richiedere una presenza continua dell'addetto.

stima

L'impianto di produzione del vapore sviluppa elevati livelli di rumorosità. I valori di livello equivalente (Leq) di rumore prodotto dalla caldaia in dB(A), evidenziano l'entità del problema, come si può vedere nella tabella seguente:


Tabella - Livello equivalente in dB(A) del rumore nel locale caldaia.


Leq max

Leq min

Leq medio

91.4

83.5

89.6


danno atteso

L'esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc...); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell'apparato digerente.

prevenzione

Per ridurre il rumore è necessaria una buona coibentazione termico-acustica dell'impianto, e mantenere in buono stato di manutenzione ed efficienza bruciatori, aspiratori e ventilatori. Inoltre devono essere evitati sfiati liberi di vapore. In caso di rumorosità eccessiva l'operatore deve poter disporre di una cabina insonorizzata e climatizzata e di D.P.I. (cuffie, tappi antirumore) per gli interventi di manutenzione.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella "Valori limite di esposizione al rumore", riportata nel presente documento al Capitolo "Riferimenti normativi di carattere generale".

riferimenti normativi



Esposizione a microclima sfavorevole e lavoro in prossimità di superfici calde

descrizione

La caldaia e le condutture dell'impianto termico possono presentare una elevata temperatura; nel locale si può determinare un microclima sfavorevole.

danno atteso

L'esposizione a microclima sfavorevole e a calore radiante può determinare disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psico fisico.

In caso di contatto cutaneo con superfici ad elevata temperatura, si possono verificare infortuni per ustioni di vario grado e lesioni cutanee.

prevenzione

E' necessaria la protezione di tutte le superfici calde mediante coibentazione e indossare guanti anticalore ed indumenti adeguati. Anche per questo fattore di rischio sono consigliabili locali di ristoro e cabine climatizzate.

riferimenti normativi


Esposizione ad amianto

descrizione

Durante l'esecuzione di lavori di manutenzione e coibentazione su guarnizioni, raccordi e condutture dell'impianto termico, nel caso tali interventi vengano effettuati su un vecchio impianto nel quale era stato utilizzato l'amianto prima che questo venisse vietato (D.L. 257/92), gli addetti possono essere esposti a polveri di amianto.

danno atteso

L'inalazione di polveri di amianto può provocare asbestosi, mesoteliomi e tumori polmonari.

prevenzione

In caso di lavori di demolizione - rimozione di parti dell'impianto termico contenenti amianto, è necessario notificare alla Azienda Sanitaria Locale competente per territorio, il relativo piano di lavoro in sicurezza ai sensi dell'Art. 34 del D.Lgs. n. 277/91. Tali operazioni, quando necessarie, vengono di solito affidate a ditte specializzate.

riferimenti normativi


Incendio - esplosione

descrizione

In una centrale termica è sempre presente il rischio di incendio - esplosione.

Inoltre le idrazine (vapori) sono in genere prodotti facilmente infiammabili e, in opportune condizioni, esplosivi: devono essere conservate pertanto entro contenitori di sicurezza, in ambienti separati (preferibilmente compartimentati), provvisti di idonea aerazione.

danno atteso

In caso di incendio - esplosione, sono possibili lesioni traumatiche, ustioni, intossicazioni.

prevenzione

E' necessario che la centrale termica sia rispondente in tutto alle specifiche norme di sicurezza antincendio, impianti elettrici a norma e predisporre idonei programmi di controlli e manutenzione programmata dell'impianto.

La normativa antincendio per le centrali termiche si differenzia a seconda del tipo di combustibile utilizzato:

Il locale della centrale termica deve essere provvisto almeno di estintori (normalmente del tipo a polvere od anidride carbonica) omologati.

Per la prevenzione di esplosione ed incendio occorre che l'unità produttiva abbia ottenuto il C.P.I. rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco. Inoltre l'addetto alla conduzione della caldaia deve essere provvisto della autorizzazione prevista dalla Legge, nei casi richiesti.

La presenza degli apparecchi a pressione (generatori di vapore, degasatori) comporta il pericolo di scoppio con conseguente rischio per i lavoratori presenti; il problema può essere ritenuto trascurabile se le caldaie e i recipienti a pressione sono stati regolarmente omologati da ISPESL e subiscono le regolari verifiche periodiche annuali da parte dell'Azienda Sanitaria Locale competente per territorio.

riferimenti normativi



IMPATTO ESTERNO


I principali fattori di impatto ambientale di questa fase sono i seguenti:


Emissioni in atmosfera

Si tratta delle emissioni dei gas prodotti dalla combustione in caldaia del metano per produrre il vapore necessario, distribuito poi, mediante apposite linee, ai reparti per l'utilizzazione.

I residui di questa combustione sono facilmente prevedibili: infatti un m3 di metano bruciato, in minimo eccesso di comburente, produce quantità note di residui (anidride carbonica, azoto, ossigeno, ecc...).

Quando la centrale termica è alimentata a gasolio è lecito aspettarsi un peggioramento delle emissioni a causa delle impurità presenti nell'olio combustibile.

Le emissioni sono controllate da ARPAT attraverso la determinazione delle concentrazioni degli ossidi di carbonio, di azoto, di zolfo e delle polveri.

Queste emissioni avvengono a temperature piuttosto elevate (circa 230 °C).


Scarichi idrici

Negli impianti a resine scambiatrici di ioni, sono costituiti dai reflui della rigenerazione delle resine utilizzate per la demineralizzazione dell'acqua, nonché dai cosiddetti spurghi di caldaia. Si tratta di soluzioni a pH acido o basico con elevata concentrazione di sali minerali e contenenti acido cloridrico e soda, che scaricate tal quali potrebbero inquinare le acque e il suolo. Pertanto tali reflui devono essere convogliati, tramite canalizzazioni in materiale chimicamente resistente, alla vasca di neutralizzazione nella quale viene corretto il pH mediante soda o acido cloridrico, prima di essere convogliate all'impianto di depurazione delle acque.

Negli impianti ad osmosi inversa, si ha solo lo scarico della soluzione concentrata dei sali trattenuti dalle membrane semipermeabili, pertanto ciò costituisce un impatto ambientale notevolmente minore rispetto a quello derivante dall'impianto a resine.


Produzione di rifiuti

Il rifiuto principale prodotto da questa fase del ciclo produttivo è costituito dalle resine esauste utilizzate nell'impianto di demineralizzazione dell'acqua.


Consumo delle risorse

Per la produzione del vapore viene utilizzata una notevole quantità di acqua e di combustibile.

Il consumo di acqua può essere minimizzato con sistemi di recupero delle condense. Il consumo di combustibile può essere ridotto mediante l'utilizzo di economizzatori per recuperare il calore e per riscaldare aria comburente e acqua di caldaia. Il consumo di energia elettrica può essere ridotto tramite l'utilizzo di sistemi di cogenerazione.


I principali fattori di rischio ambientale di questa fase sono i seguenti:


Sversamenti di olio combustile sul suolo

In caso di rottura del serbatoio interrato dell'olio combustibile, utilizzato come carburante della centrale termica secondaria, si possono verificare sversamenti sul terreno circostante, con conseguente inquinamento del suolo e possibile penetrazione nelle falde acquifere. Pertanto è richiesto che i serbatoi interrati siano realizzati secondo la recente emanazione del Ministero dell'Ambiente D.M. del 20.10.98 "Requisiti tecnici per la costruzione, l'installazione e l'esercizio di serbatoi interrati".


Sversamenti di prodotti chimici sul suolo

I prodotti chimici utilizzati nell'impianto di demineralizzazione dell'acqua, quali acido cloridrico e idrossido di sodio (soda), possono dare luogo a sversamenti sul suolo, sia durante il rifornimento dei serbatoi da autocisterne, sia in caso di rotture o cedimenti. In caso di sversamento si può verificare inquinamento del suolo, con possibile penetrazione nelle falde acquifere, ed emissione di vapori in atmosfera. Pertanto, per evitare il rischio di dispersione sul suolo, possono essere utilizzati bacini di contenimento in materiale chimicamente resistente e prevedere misure di emergenza per la neutralizzazione dei prodotti chimici.


Incendio - esplosione

In caso di incendio a carico della centrale termica il danno atteso per l'ambiente consiste prevalentemente nella formazione di prodotti parzialmente incombusti immessi nell'atmosfera. L'esplosione può comportare danni strutturali al locale sede della centrale termica ed a locali ed edifici limitrofi.



TRATTAMENTO SCARICHI IDRICI


DESCRIZIONE DELLA FASE

La depurazione delle acque riguarda i reflui provenienti dalla centrale termica, dai servizi civili e dal lavaggio delle varie attrezzature, impianti e pavimenti del locali di lavoro.

In genere la depurazione delle acque viene effettuata a piè di fabbrica con un impianto classico aerobico a fanghi attivi, ma talvolta gli scarichi vengono inviati ad impianti di depurazione consortili.

L'impianto è essenzialmente costituito dalle vasche di omogeneizzazione, sedimentazione primaria e secondaria, dalle vasche di aerazione, dal trattamento finale di disidratazione dei fanghi, dall'impianto di dosaggio dei reagenti che generalmente sono posti fuori terra dove si accede alle postazioni sopraelevate tramite scale.

I reagenti generalmente utilizzati nell'impianto di depurazione sono elencati nella tabella seguente:


Reagenti utilizzati nell'impianto di trattamento delle acque di scarico

PRODOTTO

STATO FISICO

MODALITA' DI ALIMENTAZIONE

Policloruro di alluminio 18%

Soluzione acquosa

Da serbatoi, mediante pompe

Solfato di alluminio 27%

Calce bianca superventilata

Polvere

Sacchi aggiunti manualmente


FATTORI DI RISCHIO


I lavoratori addetti alla conduzione dell'impianto sono soggetti ai rischi derivanti dall'esposizione a polveri, vapori, manipolazione di prodotti chimici, movimentazione manuale dei carichi, lavoro in postazioni sopraelevate e transito in ambiente scivoloso. Particolare attenzione deve essere rivolta durante la manutenzione e pulizia degli impianti, ove sono presenti ulteriori rischi di infortuni e intossicazione per il ristagno di gas tossici o asfissianti e rischi biologici.


Esposizione a prodotti chimici

descrizione e danno atteso

In caso di prelievo, trasporto e dosaggio manuale, i lavoratori possono essere esposti a contatto e inalazione dei vari prodotti chimici da aggiungere nelle vasche di trattamento delle acque. In particolare, per i vari prodotti, si possono evidenziare i seguenti danni attesi:

Policloruro di alluminio

Il contatto con soluzioni di policloruro di alluminio può provocare irritazione della cute. Può risultare caustico per contatto con gli occhi.

Solfato di alluminio

Il contatto con soluzioni di concentrate di solfato di alluminio può provocare lesioni agli occhi.

Calce bianca superventilata

L'esposizione a polveri di calce può provocare irritazione di cute, occhi e vie aeree. Può risultare caustico per contatto con la cute e gli occhi.

prevenzione

Per ridurre l'esposizione ai prodotti chimici impiegati, occorre valutare attentamente la possibilità di sostituire i prodotti più pericolosi con formulati meno tossici e l'adozione di impianti automatici a ciclo chiuso di dosaggio e miscelazione.

Per il prelievo, trasporto e dosaggio manuale dei prodotti pericolosi è necessario utilizzare attrezzature atte ad evitare sgocciolamenti, sversamenti e diffusione di vapori, quali ad esempio rubinetti autochiudenti per i fusti, pompe di travaso, contenitori di sicurezza a chiusura ermetica con tappo provvisto di molla autochiudente e beccuccio di scarico flessibile.

Inoltre è necessario che, nelle fasi di preparazione e impiego, gli addetti indossino idonei Dispositivi di Protezione Individuali (D.P.I.) quali guanti, grembiuli, dispositivi di protezione degli occhi e delle vie respiratorie, e che vengano informati circa i rischi ed i danni potenziali a seguito dell'esposizione, formati alle corrette procedure di lavoro in sicurezza e siano messi a loro disposizione idonei servizi igienico assistenziali: armadietti con doppio scomparto per separare gli indumenti da lavoro da quelli civili, lavabi, docce, lavaocchi, ecc...) ed infine che vengano sottoposti ad opportuna sorveglianza sanitaria.

riferimenti normativi


Movimentazione manuale dei carichi

descrizione e danno atteso

La movimentazione manuale dei sacchi di calce può comportare danni a carico dell'apparato muscolo - scheletrico in particolare alla colonna vertebrale degli addetti.

prevenzione

Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati opportuni ausili meccanici (apparecchi di sollevamento, ecc...). La soluzione più idonea risulta comunque essere l'adozione di impianti automatizzati per il dosaggio, la miscelazione e il trasporto dei preparati.

riferimenti normativi


Lavoro in postazioni sopraelevate e scivolose

descrizione e danno atteso

Durante la conduzione dell'impianto, i lavoratori accedono talvolta a postazioni di lavoro che comportano il rischio di caduta dall'alto. Il rischio è aggravato dalla scivolosità delle superfici di calpestio.

prevenzione

Le zone transitabili intorno alle vasche devono essere dotate di parapetti per evitare che gli addetti possano caderci dentro e dotate di fascia ferma piede. Inoltre le scale e le passerelle nelle zone di lavoro e transito devono essere antiscivolo e anch'esse dotate di parapetti e di fascia ferma piede. Le scale fisse a pioli devono essere dotate di gabbie di protezione anticaduta. I lavoratori devono indossare calzature adeguate.

riferimenti normativi


Esposizione a gas asfissianti

descrizione

Durante la manutenzione periodica delle vasche di depurazione delle acque, il fermo degli impianti, anche per breve durata, può provocare il ristagno di anidride carbonica, a cui gli addetti possono essere esposti nel caso entrino dentro le vasche vuote.

danno atteso

Intossicazione da anidride carbonica, rischio di asfissia per mancanza di ossigeno.

prevenzione

Le operazioni di pulizia e manutenzione degli impianti di deposito o trattamento o delle acque talvolta vengono affidate a ditte esterne e in tal caso la sicurezza di tali operazioni deve essere coordinata dal servizio di prevenzione e protezione dell'azienda. In particolare, prima di consentire l'accesso dei lavoratori alle vasche, deve essere verificata l'assenza di gas pericolosi tramite idonea strumentazione (misuratori di ossigeno). Per le operazioni preliminari di svuotamento e lavaggio, nella vasca deve essere soffiata aria esterna tramite soffiatori d'aria, altrimenti gli addetti devono essere dotati di autorespiratori. In caso di rischio di presenza di gas pericolosi o mancanza di ossigeno, l'addetto che accede all'interno della vasca, deve essere dotato di apposita imbracatura collegata ad un sistema che garantisca il recupero da parte di altra persona che presidia all'esterno. Se si fa uso di scale, queste devono essere di adeguata lunghezza, ben ancorate, stabili.

E' fondamentale la formazione degli addetti sui rischi specifici e sulle sequenze operative per lavorare in sicurezza.

riferimenti normativi


Esposizione a rischio biologico

descrizione

Gli addetti alla conduzione e manutenzione dell'impianto di depurazione delle acque possono essere esposti a rischio biologico.

stima

Il rischio maggiore deriva dall'esposizione ad aerosol, specie quelli provenienti dalle vasche aperte relative alle fasi iniziali di trattamento degli scarichi dove essi sono sottoposti ad aerazione per mezzo di organi meccanici in movimento (agitatori).

danno atteso

Possibili infezioni da agenti patogeni.

prevenzione

Vaccinazione degli addetti: antitetanica ed eventualmente antiepatite A, antitifica, antileptospirosi.

Norme igieniche: non mettere in bocca mani sporche; non bere, mangiare o fumare durante il lavoro; cambiarsi gli indumenti di lavoro e farsi la doccia al termine del turno di lavoro; armadietti a doppio scomparto per riporre separatamente gli abiti civile da quelli di lavoro.

Indossare maschere di protezione delle vie respiratorie specifiche per aerosol, in caso di transito o stazionamento in prossimità delle vasche dove si possono produrre aerosol; occhiali protettivi con riparo laterale per la protezione da schizzi.

Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli esposti.

riferimenti normativi







IMPATTO ESTERNO


I principali fattori di impatto ambientale di questa fase sono i seguenti:


Produzione di rifiuti

Il rifiuto principale prodotto da questa fase del ciclo produttivo è costituito dai fanghi disidratati derivanti dall'impianto di depurazione.


Diffusione di cattivi odori

Dall'impianto di depurazione acque si può avere la diffusione di cattivi odori nell'ambiente circostante. In particolare, la presenza di notevoli quantità di sostanze altamente degradabili nei fanghi possono essere causa di cattivi odori. Da qui la necessità di un completo e prolungato trattamento di ossidazione, di un corretto ed opportuno stoccaggio provvisorio che impedisca il contatto con il terreno e le acque meteoriche, nonché del frequente invio allo smaltimento definitivo.

I principali fattori di rischio ambientale di questa fase sono i seguenti:


Scarichi idrici

In caso di cattiva gestione dell'impianto si possono verificare sversamenti sul terreno o nei corpi idrici pertanto deve essere prevista una vasca di emergenza.


Sversamenti di prodotti chimici sul suolo

I prodotti chimici utilizzati nell'impianto di trattamento delle acque di scarico, quali calce bianca, policloruro di alluminio e solfato di alluminio, possono dare luogo a sversamenti sul suolo, sia durante il rifornimento dei serbatoi da autocisterne, sia in caso di rotture o cedimenti. In caso di sversamento si può verificare l'inquinamento del suolo con possibile penetrazione nelle falde acquifere e l'emissione di vapori in atmosfera. Pertanto, devono essere previsti bacini di contenimento in materiale chimicamente resistente, tali da evitare la dispersione sul suolo in caso di sversamento e devono essere previste misure di emergenza per la neutralizzazione.

RIFERIMENTI NORMATIVI DI CARATTERE GENERALE


Leggi fondamentali


La Costituzione della Repubblica Italiana, legge fondamentale dello Stato, inquadra il problema dell'igiene e sicurezza del lavoro con tre articoli:


Nel Codice Civile vi sono due articoli particolarmente rilevanti:


Il Codice Penale, a sua volta, contiene una serie di articoli importanti, dei quali, per brevità, citiamo soltanto i titoli:


Testo unico delle leggi sanitarie (1934).


Negli ultimi quaranta anni sono state approvate numerose ed importanti leggi, ognuna di esse ha rappresentato un passo avanti sulla strada dello sviluppo civile del paese.


Normative di carattere generale



Tabella riassuntiva

VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE AL RUMORE

e relative misure di prevenzione ai sensi del D.Lgs. n. 277/1991.

Valori limite

Principali misure da attuare al superamento dei valori limite

Lep,d 80 dB(A)

  • Informare i lavoratori su:

  • rischi per l'udito derivanti dall'esposizione al rumore;

  • le misure adottate in applicazione delle norme vigenti;

  • le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi;

  • la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso;

  • il significato ed il ruolo del controllo sanitario per mezzo del medico competente;

  • i risultati ed il significato della valutazione del rumore.

  • Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori interessati che ne facciano richiesta ed il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi.

  • Privilegiare all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore.

Lep,d 85 dB(A)

  • Formare i lavoratori su:

  • uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito;

  • uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzate in modo continuativo, producono un Lep,d pari o superiore a 85 dB(A);

  • Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori a due anni.

  • Corredare da un'adeguata informazione relativa al rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai rischi che questa comporta, i nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad essere utilizzati durante il lavoro che possono provocare ad un lavoratore che li utilizzi in modo appropriato e continuativo un'esposizione quotidiana personale al rumore pari o superiore al limite.

Lep,d 90 dB(A)


oppure


Pressione acustica istantanea non ponderata

140 dB

(200 Pa)

  • Esporre una segnaletica appropriata, perimetrare e limitare l'accesso ai luoghi di lavoro.

  • Fornire ai lavoratori i D.P.I per la protezione dell'udito.

  • Consultare i lavoratori per la scelta dei modelli dei D.P.I.

  • I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dB(A) sono tenuti ad utilizzare i D.P.I.

  • Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori ad un anno.

  • Adottare misure preventive e protettive per singoli lavoratori, in conformità al parere del medico competente, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative.

  • Tenuta del registro degli esposti.

  • Comunicare all'organo di vigilanza, informando i lavoratori, le misure tecniche ed organizzative applicate, qualora l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulti superiore ai limiti nonostante l'adozione delle misure preventive.

BIBLIOGRAFIA


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  2. Peruzzi M., Ferro B., Zampini G., Marchiori L., Cipriani E., Peruzzo M., Bellesini L., Renzo M., La cantina vitivinicola: tradizione DOC e sicurezza sul lavoro, pagg. 247 - 250 in Atti del Convegno Nazionale del 12.09.1997 a Gonzaga - La sicurezza e l'igiene del lavoro in agricoltura, Nuove prospettive in prevenzione offerte dal D.Lgs. 626/94 - ASL della provincia di Mantova, servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro.

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  4. Morelli A., Bini C., L'arte di fare il vino - manuale pratico, 1983, R.E.D.A. (Ramo Editoriale Degli Agricoltori) edizioni per l'agricoltura, organizzazione federconsorzi.

  5. Medori C., Ballardini A., Industrie Agrarie, Edagricole.

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  7. Villavecchia, Eigenmann, Nuovo dizionario di merceologia e chimica applicata, Hoepli - Milano.

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  10. I.N.R.S., Fiche toxicologique n. 20, Edition 1997.