A.R.P.A.T.

Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana

 

http://www.arpat.toscana.it/

Settore tecnico C.E.D.I.F.

Comunicazione Educazione Documentazione Informazione Formazione

 

Unità Operativa

“Documentazione e Informazione”

 

 

 

 

 

"Profili di rischio per comparto produttivo"

 

 

 

 

CEMENTIFICI

(Produzione di cemento)

 

Area fiorentina e aretina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Responsabile del procedimento la ricerca: Stefano Beccastrini.

Autori: Giuseppe Banchi, Claudio Nobler.

Con la collaborazione di: Mauro Giannelli, Gabriele Oliva, Maria Teresa Mechi.

 

RICERCA FINANZIATA DA:

ISPESL - Istituto Superiore Prevenzione E Sicurezza del Lavoro

 

Ricerca aggiornata al Marzo 2001

 


1.     - GENERALITA’ SUL COMPARTO.

 

Il comparto produttivo “Produzione di cemento”, secondo la classificazione ISTAT – ATECO’91, è identificato dal codice di attività 26.51; questo comparto fa parte del settore produttivo “Produzione di cemento, calce, gesso” (Codice 26.5), il quale a sua volta fa parte della categoria della “Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi” (Codice 26).

 

Tabella – Classificazione ISTAT-ATECO’91 del settore produttivo

Produzione di cemento, calce, gesso (codice 26.5).

Codice attività

ISTAT - aTECO’91

Denominazione

attività

Descrizione

attività

26.51

Produzione di cemento

Questa classe comprende:

§         produzione di cementi non polverizzati detti clinkers e di cementi idraulici, compresi il cemento portland, il cemento alluminoso, il cemento di scoria e i cementi superfosfati.

Questa classe non comprende:

§         produzione di cementi per uso odontoiatrico

§         produzione di cementi, malte, calcestruzzi, refrattari, ecc…

§         fabbricazione di prodotti in cemento

§         produzione di calcestruzzo pronto per l’uso.

26.52

Produzione di calce

Questa classe comprende:

§         produzione di calce viva, calce spenta e calce idraulica.

26.53

Produzione di gesso

Questa classe non comprende:

§         fabbricazione di articoli in gesso.

 

Il presente profilo di rischio si riferisce alle attività identificate dal codice ATECO ’91 per la classificazione delle attività economiche: 26.51 – Produzione di cemento.

Vengono esclusi dalla presente indagine le attività per la produzione di calce (Codice ATECO ’91: 26.52) e le attività per la produzione di gesso (Codice ATECO ’91: 26.53).

 

Le unità produttive che producono cemento sono chiamate cementerie o cementifici. In genere si tratta di attività industriali classificate come insalubri di 1° classe (n. 33 B, D.M. 05.09.1994); sono attività soggette al controllo da parte dei Vigili del Fuoco per la prevenzione incendi, ma in genere non sono classificate come industrie a rischio di incidente industriale rilevante (D.P.R. n.175 del 1988 e s.m.i) a meno che non siano presenti grandi stoccaggi di gasolio (oltre 200 t.).

 

Per la presente ricerca, le aree territoriali a cui ci siamo principalmente riferiti per l’individuazione di fattori di rischio, danni e misure di prevenzione sono la fiorentina e l’aretina.

 

Per quanto riguarda i principali dati sulla consistenza del comparto, produzione e consumi a livello nazionale e della Toscana, riportiamo i seguenti dati forniti dall’Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento (A.I.T.E.C.).

 

L’italia è il maggior produttore di cemento della Comunità Europea e detiene questo primato da 26 anni (con la sola eccezione dell’anno 1994). A livello mondiale l’Italia si colloca all’ottavo posto per quantitativo di cemento prodotto e all’undicesimo posto per quantitativo di cemento esportato.

 

La produzione di cemento in Italia nel 1999 è stata di 37 milioni e 299 mila tonnellate (+ 3,4% rispetto al 1998 e pari al 19,6% del totale prodotto nella Comunità Europea). Questo quantitativo è così ripartito per quando riguarda il tipo di cemento prodotto: 73,3% portland, 14,1% pozzolanico, 5,6% altoforno, 7%  altri tipi.

La quasi totalità (97,5%) della produzione italiana di cemento avviene con processo produttivo per via secca o via semisecca, mentre solo il 2,5 % avviene per via umida.

La produzione di cemento in  Toscana, nel 1999, è stata di 2 milioni e 24 mila tonnellate (+5% rispetto al 1998).

 

Il consumo di cemento in Italia è stato di 36 milioni 147 mila tonnellate (+ 4,2% rispetto al 1998).

Le esportazioni italiane nel 1999 sono state 2 milioni e 572 mila tonnellate che rappresentano il 6,9% della produzione nazionale (- 4% del 1998), di cui 2 milioni e 480 mila tonnellate di cemento e 92 mila tonnellate del semilavorato clinker.

Tra i principali paesi di destinazione del cemento esportato dall’Italia figurano gli Stati Uniti (23%), l’Albania (21%), i Paesi Bassi (10%) e la Francia (8%). Il 72% dell’export si è diretto in Europa, il 25 % nelle Americhe e il restante 3% in Africa e Medio Oriente. Il clincker è stato assorbito prevalentemente dalla Svizzera (65%) e dalla Croazia (34,8%). L’esportazione, attuata principalmente via mare, ha interessato per circa il 50% i porti del meridione e per il 23% quelli delle grandi isole.

L’interscambio commerciale nel 1999 tra cemento esportato e cemento importato ha presentato un saldo attivo di quasi 900 mila tonnellate.

 

Nel 1999, così come nell’anno precedente, le consegne del cemento sfuso sono ulteriormente incrementate rispetto a quelle in sacchi. Le consegne del cemento sfuso sono state di 27,5 milioni di tonnellate rappresentando il 73,8% delle consegne, mentre le consegne di cemento in sacchi sono state di 9,8 milioni di tonnellate rappresentando il 26,2% del totale. Il prodotto in sacchi è maggiormente utilizzato nelle realizzazioni di opere di piccola o media entità, come è il caso delle ristrutturazioni edilizie. La quasi totalità del cemento, sia sfuso che in sacchi, è stato consegnato attraverso il trasporto su strada, secondo un sistema tariffario obbligatorio.

 

La crescita della produzione e dei consumi interni di cemento non è stata del tutto inattesa. Infatti, i gravi ritardi accumulati negli ultimi anni, soprattutto in fatto di infrastrutture pubbliche, l’imminente scadenza del Giubileo e le agevolazioni fiscali sulle ristrutturazioni edilizie, hanno contribuito a tonificare parzialmente l’industria delle costruzioni nel suo complesso e, di riflesso, il collegato mercato cementiero.

 

Le società operative che producono cemento in Italia sono passate da 72 che erano nel 1969 a 37 nel 1996, e poi ancora calate a 32 nel 1997, 31 nel 1998 e 30 nel 1999. Tale ridimensionamento è avvenuto principalmente per fusioni e acquisizioni tra le aziende. Il numero delle società che producono cemento in Italia resta comunque di gran lunga superiore a quello degli altri Paesi occidentali, dove la concentrazione è stata di intensità ben maggiore.

 

Ripartizione della produzione di cemento in Italia

tra i maggiori Gruppi e aziende associate A.I.T.E.C., anno 1999.

Denominazione

N° aziende

N° unità produttive

produzione  %

Italcementi

1

34

31,2

Buzzi Unicem

4

13

19,0

Colacem

4

7

11,6

Cementir

2

4

8,1

Cementi Rossi

1

4

5,8

Merone

1

4

5,8

Sacci

1

4

3,6

Lafarge Adriasebina

1

2

2,9

Barbetti

1

2

2,8

Cementizillo

1

2

2,6

Insicem

1

2

1,7

Monselice

1

1

1,6

Cementi Moccia

1

1

0,9

Cementi della Lucania

1

1

0,5

Altre aziende

8

8

1,9

Totale

30

89

100,0

Fonte: A.I.T.E.C.

 

Le 89 unità produttive presenti in Italia sono così distribuite: 43 al Nord, 15 al Centro, 22 nel Meridione e 9 nelle Isole.

 

In Toscana sono presenti 6 unità produttive delle quali 4 compiono il ciclo produttivo completo e 2 compiono solo la fase di macinazione.

 

 

Da una ricerca effettuata sui dati delle C.C.I.A.A. (Unioncamere), si sono ottenuti i seguenti risultati:

 

Tabella  - Numero di unità locali in Toscana, anno 1999.

Settore produttivo: produzione di cemento, calce, gesso. Codice di attività ATECO’91: 26.5,

Codice

Attività

Descrizione attività

totale Unità locali

Regione

Toscana

Numero unità locali suddivise per provincia

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

26500

Produzione di cemento, calce, gesso

5

2

1

 

 

 

1

1

 

 

 

26510

Produzione di cemento

32

6

1

4

3

5

1

4

 

1

7

26520

Produzione di calce

14

1

3

2

1

1

1

2

 

1

2

26530

Produzione di gesso

29

1

13

 

 

7

2

1

 

 

5

Fonte: elaborazione a cura di A.R.P.A.T. – settore tecnico S.I.R.A.

su dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).

 

 

Tabella  - Numero di addetti in Toscana, anno 1999.

Comparto: produzione di cemento, codice di attività ATECO’91: 26151,

Codice

Attività

 

Descrizione attività

Totale

addetti

Regione

Toscana

Numero addetti suddivisi per provincia

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

26500

Produzione di cemento, calce, gesso

42

16

0

 

 

 

0

26

 

 

 

26510

Produzione di cemento

302

125

61

1

22

21

27

7

 

4

34

26520

Produzione di calce

76

1

21

10

0

12

2

29

 

0

1

26530

Produzione di gesso

167

3

40

 

 

46

3

3

 

 

72

Fonte: elaborazione a cura di A.R.P.A.T. – settore tecnico S.I.R.A.

su dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).

 

 


Per quanto riguarda infortuni e malattie professionali riportiamo i dati forniti dall’INAIL:

 

Tabella - Infortuni denunciati all'INAIL nel periodo 1995-1999,

 con evidenza dei casi riconosciuti e indennizzati

Comparto produttivo: CEMENTIFICI

INFORTUNI - Regione Toscana

ANNO

DENUNCIATI

INDENNIZZATI

TOTALE

INDENNIZZATI

TIPO CONSEGUENZA

TEMPORANEA

PERMANENTE

MORTE

1995

49

45

1

 

46

1996

43

37

1

 

38

1997

52

49

1

1

51

1998

47

39

2

 

41

1999

45

43

 

 

43

Totale  1995-1999

236

213

5

1

219

INFORTUNI - Italia

ANNO

DENUNCIATI

INDENNIZZATI

TOTALE

INDENNIZZATI

TIPO CONSEGUENZA

TEMPORANEA

PERMANENTE

MORTE

1995

970

879

28

3

910

1996

929

818

27

3

848

1997

835

749

24

4

777

1998

813

699

33

7

739

1999

769

683

19

1

703

Totale  1995-1999

4.316

3.828

131

18

3.977

Fonte: INAIL

 


Tabella - Malattie professionali denunciate all'INAIL nel periodo 1995 - 1999,

 con evidenza dei casi riconosciuti e indennizzati

Comparto produttivo: CEMENTIFICI

MALATTIE PROFESSIONALI – Regione Toscana

ANNO

TIPO DI

MALATTIA PROFESSIONALE

MALATTIE

DENUNCIATE

MALATTIE INDENNIZZATE

TIPO DI CONSEGUENZA

TOTALE indennizzate

Temporanea

Permanente

Codice

Descrizione

1995

43

Pneumoconiosi da estrazione e trattamento di rocce silicatiche.

2

0

0

0

50

Ipoacusia da frantumazione o macinazione ai frantoi, molini per produzione cemento.

1

0

1

1

91

Asbestosi.

1

0

1

1

99

Non tabellate.

5

0

0

0

Totale 1995

9

0

2

2

1996

50

Ipoacusia da rumore da martellatura, scriccatura di caldaie e serbatoi.

2

0

0

0

50

Ipoacusia da frantumazione o macinazione ai frantoi, molini per minerale o rocce.

1

0

0

0

50

Ipoacusia da perforazione con metalli pneumatici.

2

0

2

2

90

Silicosi.

1

0

0

0

99

Non tabellate.

1

0

1

1

Totale 1996

7

0

3

3

1997

05

Composti del cromo esavalente.

1

0

1

1

Totale 1997

1

0

1

1

1998

99

Non tabellate.

1

0

0

0

Totale 1998

1

0

0

0

1999

43

Pneumoconiosi da estrazione e trattamento di rocce silicatiche.

1

0

1

1

Totale 1999

1

0

1

1

TOTALE 1995-1999

19

0

7

7

Fonte: INAIL

 

 


Per quanto riguarda i consumi energetici nell’anno 1999 riportiamo i dati forniti dall’A.I.T.E.C.

 

L’industria del cemento è ad alto impiego di energia, con una incidenza del 30-40% di questa voce sul costo totale di produzione. Nel 1999 i combustibili utilizzati per la produzione del semilavorato clincker sono stati prevalentemente di origine fossile.

I produttori di cemento si sono approvigionati di combustibili solidi per la quasi totalità da rivenditori nazionali, che hanno fornito carbone fossile originario dal Sudafrica, CSI e Colombia, mentre il coke di petrolio è giunto dagli Stati Uniti e dal Venezuela.

I consumi di energia elettrica impegati dalla industria cementiera hanno rappresentato nel 1999 circa il 3% della potenza complessiva assorbita dall’industria nazionale e il 32% del totale dell’energia impiegata nell’industria dei materiali da costruzione

 

Nel 1999 i consumi medi unitari di energia per produrre una tonnellata di cemento, ragguaggliati ad olio combustibile denso, sono stati pari a 72 Kg. di combustibile e a 117,4 KWh, contro i 69,1 Kg. e i 115,3 KWh del 1998.

 

Consumi energetici per la produzione italiana del cemento, 1999. 

Tipo

Consumo

Variazione % rispetto al 1998

Energia elettrica

4.378.527.551

KWh

+ 5,3

Metano

111.272.317

m3

- 4,7

Carbone

2.725.389

tonnellate

+ 6,7

Olio combustibile denso

314.913

tonnellate

+ 10,0

Combustibili non convenzionali

64.371

tonnellate

+ 135,8

Fonte: A.I.T.E.C.

 

In genere i cementifici sono conosciuti come una delle attività industriali che impiega, tra le varie fonti energetiche, anche il combustibile derivato dai rifiuti (C.D.R.). Attualmente l’utilizzo di C.D.R. sembra essere limitato da varie difficoltà legate sia alla normativa comunitaria e/o nazionale in materia di tutela ambientale, sia alla convenienza economica e ai rapporti tra i potenziali produttori di C.D.R. e le aziende produttrici di cemento.

 

Per quanto riguarda la produzione di rifiuti riportiamo nella tabella seguente i dati ricavati dalla elaborazione delle denunce M.U.D. (Modello Unico di Dichiarazione).

Nella prima colonna della tabella è riportato il codice PCER2 che indica la classe delle prime due cifre del codice del rifiuto secondo la codifica europea (Codifica Europea dei Rifiuti, che utilizza codici di 6 cifre per identificare i diversi tipi di rifiuti), e la P, ove presente, specifica che si tratta di un rifiuto pericoloso (ad una stessa classe possono appartenere codici di rifiuti pericolosi e codici di rifiuti non pericolosi). Al codice di due cifre (PCER2) corrisponde, come legenda, il campo descrizione tipo di rifiuto. I quantitativi sono tutti espressi in tonnellate.

 


 

Tabella  - Dati statistici sui rifiuti prodotti (quantità espresse in tonnellate)

Comparto: produzione di cemento, codice di attività: 26510, Regione Toscana, anno 1999.

PCER2

Descrizione

TIPO DI RIFIUTI

Totale rifiuti prodotti

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

01

Rifiuti derivanti dalla prospezione, l'estrazione, il trattamento e l'ulteriore lavorazione di minerali e materiali di cava

4,923

1,5

3,423

 

 

 

 

 

 

 

 

06

Rifiuti da processi chimici inorganici

195,935

 

 

 

 

 

 

 

 

 

195,9

06_P

Rifiuti da processi chimici inorganici

77,762

 

65,88

 

 

 

 

 

 

 

11,88

07_P

Rifiuti da processi chimici organici

0,182

 

0,182

 

 

 

 

 

 

 

 

08

Rifiuti da produzione, formulazione, fornitura ed uso (pffu) di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), sigillanti e inchiostri per stampa

99,092

 

98,79

 

 

 

 

 

 

 

0,3

08_P

Rifiuti da produzione, formulazione, fornitura ed uso (pffu) di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), sigillanti e inchiostri per stampa

0,164

 

0,164

 

 

 

 

 

 

 

 

09_P

Rifiuti dell'industria fotografica

0,002

 

0,002

 

 

 

 

 

 

 

 

10

Rifiuti inorganici provenienti da processi termici

63,244

2,7

51,4

 

 

 

 

 

 

 

9,15

12

Rifiuti di lavorazione e di trattamento superficiale di metalli e plastica

0,3

 

0,3

 

 

 

 

 

 

 

 

12_P

Rifiuti di lavorazione e di trattamento superficiale di metalli e plastica

18,2

 

18,2

 

 

 

 

 

 

 

 

13_P

Oli esauriti (tranne gli oli commestibili 05 00 00 e 12 00 00)

0,06

 

0,06

 

 

 

 

 

 

 

 

14_P

Rifiuti di sostanze organiche utilizzate come solventi (tranne 07 00 00 e 08 00 00)

0,061

 

0,061

 

 

 

 

 

 

 

 

15

Imballaggi, assorbenti; stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti)

77,769

 

6,857

 

 

 

 

 

 

 

70,91

16

Rifiuti non specificati altrimenti nel catalogo

0,6

0,6

 

 

 

 

 

 

 

 

 

17

Rifiuti di costruzioni e demolizioni (compresa la costruzione di strade)

20,17

2,4

 

 

 

 

 

 

 

 

17,82

19

Rifiuti da impianti di trattamento rifiuti, impianti di trattamento acque reflue fuori sito e industrie dell'acqua

1,52

 

1,52

 

 

 

 

 

 

 

 

20

Rifiuti solidi urbani ed assimilabili da commercio, industria ed istituzioni inclusi i rifiuti della raccolta differenziata

477,291

270

12,84

 

 

123,9

 

 

 

 

70,36

Fonte: elaborazione dalle denunce M.U.D. (Modulo Unico di Dichiarazione),

Catasto Regionale dei Rifiuti (A.R.P.A.T. - Sezione Regionale del Catasto Rifiuti)


 

Tra gli elementi centrali su cui si basa la procedura di autorizzazione all’esercizio di impianti industriali introdotta dalla Direttiva 96/61/CE “Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (I.P.P.C.)”, recepita in Italia con D.M.A. n.503 del 19.11.1997 - Legge n.128 del 24.04.1998 - D.Lgs. n. 372 del 04.08.1999 “Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (I.P.P.C.)”, vi sono le cosiddette migliori tecniche disponibili (B.A.T., dall’inglese: Best Available Technology). Esse rappresentano uno degli elementi tecnici a disposizione delle Amministrazioni Competenti per determinare, in sede di rilascio della autorizzazione, le prescrizioni tecniche e i valori limite di emissione a cui l’impianto dovrà conformarsi.

L’Institute for Prospective Technological Studies (I.P.T.S.) di Siviglia, Istituto incaricato dalla Commissione della U.E. di predisporre i Rapporti sulle migliori tecniche disponibili, ha messo a punto il documento BREF (Best Available Techniques REFerence document) dal titolo “Rapporto di riferimento sulle migliori tecniche disponibili per l’industria del cemento e per l’industria della calce”.

Il documento è disponibile in Internet: http://eippcb.jrc.es/pages/FActivities.htm

 


2. - DESCRIZIONE GENERALE DEL CICLO DI LAVORAZIONE

 

Il ciclo lavorativo delle aziende del comparto è finalizzato alla produzione del cemento.

 

Il cemento è un prodotto finemente macinato dall’aspetto farinoso che, per aggiunta di una opportuna quantità di acqua, forma una pasta legante più o meno fluida, che indurisce più o meno rapidamente sia sotto acqua che all’aria ed è capace di agglomerare vari materiali. Tale proprietà ne consente l’utilizzo in edilizia ed appartiene alla categoria dei leganti idraulici.

Esistono vari tipi di leganti idraulici, quali ad esempio: cemento portland, cemento pozzolanico, cemento d’altoforno, cemento alluminoso, aglomerati cementizi, calci idrauliche, etc.

Definizioni, caratteristiche tecniche e requisiti dei leganti idraulici sono descritti negli Articoli 1 e 2 della Legge n. 595 del 25.05.1965.

 

Per la produzione del cemento, le aziende del comparto in Toscana, svolgono il ciclo produttivo per via secca (ciò significa che le materie prime, macinate e omogeneizzate, vengono introdotte nel forno di cottura allo stato di polvere secca chiamata farina) oppure per via semisecca (ciò significa che la farina cruda viene umidificata, in modo da formare dei piccoli agglomerati di farina e acqua, i quali vengono introdotti in forno per la cottura).

Le materie prime impiegate per la produzione del cemento sono essenzialmente materiali di miniera (marna, gesso, calcare, etc.) e sottoprodotti di altre lavorazioni (ceneri, marmettola, scorie, loppe).

La marna, il calcare ed eventuali altri materiali correttivi vengono introdotti in un mulino a cilindro verticale ruotante dove subiscono una 1° trasformazione che consiste nella loro frantumazione fino a formare una miscela farinosa omogenea; quest’ultima subisce poi una 2° trasformazione grazie alla cottura alla temperatura di 1.400 °C, in un forno alimentato in genere a polvere di carbone, con avvio della combustione ottenuta tramite un combustibile di altro tipo (gasolio o metano o gas povero ottenuto dai rifiuti). Il materiale ottenuto con la cottura (chiamato clinker) è una specie di roccia artificiale costituita da zolle di polvere agglomerata. Il clinker viene raffreddato e stivato in silos per poi essere sottoposto ad una 3° trasformazione, che consiste nella frantumazione fino alla sua polverizzazione attraverso un mulino a cilindro orizzontale ruotante dotato di sfere metalliche interne. Durante questa operazione si aggiungono altre sostanze (in particolare il gesso), addittivi chimici e materie secondarie, per ottenere il cemento in polvere con le caratteristiche qualitative desiderate.

Una parte del cemento prodotto viene insacchettata automaticamente entro sacchi del peso a pieno di 50 Kg. che poi sono sistemati in palletts e caricati su autotreni; un’altra parte di cemento viene invece consegnata sfusa al Cliente tramite autocisterne a caricamento automatico.

 

In generale, per la produzione del cemento si possono individuare le seguenti fasi lavorative:

 

-         PRELEVAMENTO DELLA MARNA DALLA MINIERA

-         FRANTUMAZIONE MARNA

-         STOCCAGGIO E TRASPORTO MARNA FRANTUMATA

-         STOCCAGGIO E TRASPORTO CALCARE

-         MISCELAZIONE MATERIE PRIME

-         MACINAZIONE DELLA MISCELA CRUDA

-         OMOGENIZZAZIONE E STOCCAGGIO DELLA FARINA CRUDA

-         GRANULAZIONE FARINA

-         COTTURA IN FORNO

-         STOCCAGGIO OLIO COMBUSTIBILE PER ALIMENTAZIONE FORNO

-         STOCCAGGIO E MACINAZIONE CARBONE PER ALIMENTAZIONE FORNO

-         RAFFREDDAMENTO CLINKER

-         STOCCAGGIO CLINCKER E ADDITTIVAZIONE

-         MACINAZIONE DEL CEMENTO

-         STOCCAGGIO E SPEDIZIONE DEL CEMENTO SFUSO

-         INSACCAMENTO E SPEDIZIONE DEL CEMENTO IN SACCHI

-         MANUTENZIONE ELETTRICA

-         MANUTENZIONE MECCANICA

-         GESTIONE IMPIANTI ABBATTIMENTO EMISSIONI IN ATMOSFERA

-         PULIZIA DEI PIAZZALI ANTISTANTI LO STABILIMENTO

-         DEPURAZIONE DELLE ACQUE DI LAVAGGIO DEI PIAZZALI

-         UFFICI TECNICI, AMMINISTRATIVI E COMMERCIALI

 

L’impianto complessivo di un cementificio può occupare un’area molto vasta. Ad esempio un cementificio in provincia di Firenze, dispone di una miniera di marna di 50 ettari (concessione mineraria per 500 ettari) sui fianchi e sulla sommità di una collina attigua allo stabilimento. Quest’ultimo è situato nel fondo valle ed è costituito da un numerosi fabbricati di ampie dimensioni ed elevazione in altezza, collegati tra loro da impianti di trasporto del materiale in stoccaggio e lavorazione.

Le fasi centrali della produzione del cemento (cioè quelle a valle della estrazione della marna dalla cava e a monte della spedizione) sono completamente automatizzate ed il personale presente effettua principalmente operazioni di controllo delle macchine con il concetto della ronda, circolando tra i vari reparti produttivi allo scopo di vigilare sulla funzionalità degli impianti e con il compito di segnalare eventuali malfuzionamenti tenendosi costantemente in contatto con la sala operativa centrale (sala controllo).

E’ necessario porre particolare attenzione, specie per impianti di grandi dimensioni, alle fasi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti, spesso appaltate a ditte esterne.

L’orario di lavoro degli addetti alla 1°, 2° e 3° trasformazione sopra descritte, eseguite a ciclo continuo, si articola nelle 24 ore divise in tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno. Gli addetti all’insaccamento e alla miniera, invece svolgono il proprio orario di lavoro su due turni gionalieri di 8 ore ciascuno; gli altri addetti, infine, svolgono le proprie mansioni in un turno giornaliero di 8 ore.

Nella figura seguente si riporta uno schema di massima del ciclo lavorativo.

 

 


Schema a blocchi delle principali fasi lavorative di un cementiFicio


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


3.

 

ANALISI DEI RISCHI E DELLE SOLUZIONI

 


PRELEVAMENTO DELLA MARNA DALLA MINIERA

 

DESCRIZIONE

La marna è una roccia naturale costituita principalmente da calcare e argilla (a sua volta formata da silicati di ferro e alluminio); si tratta di un cemento naturale utilizzato come elemento di base per la produzione dei vari tipi di cemento.

Il prelevamento della marna dalla miniera può essere essenzialmente suddiviso nelle seguenti fasi lavorative:

-         Perforazione della marna nella cava.

-         Piazzamento e brillatura delle mine esplosive.

-         Escavazione della marna.

-         Trasporto della marna in pezzi grossolani dalla cava al frantoio.

 

Per maggiori dettagli su questo ciclo lavorativo si rimanda al profilo di rischio del comparto produttivo cave e miniere.

 


FRANTUMAZIONE DELLA MARNA GROSSOLANA ESTRATTA DALLA CAVA

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Lo scopo di questa lavorazione è la frantumazione della marna prelevata dalla cava in forma di pezzi grossolani. In genere la frantumazione della marna avviene a piè di cava, per meglio consentire il trasporto fino al cementificio. Per la frantumazione si utilizza un apposito frantoio.

Il trasporto della marna frantumata fino al cementificio avviene tramite nastri trasportatori, come nel caso in cui la cava si trovi in quota e il cementificio a fondo valle, oppure (quando la distanza tra cava e cementificio non consente di adottare la prima soluzione) tramite autocarri.

La conduzione del frantoio e dei nastri trasportatori avviene in modo automatico controllato a distanza da una sala di controllo centralizzata, pertanto in questo reparto non sono presenti posti fissi di lavoro. I lavoratori accedono al reparto per operazioni di controllo, interventi di pulizia e manutenzione.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Frantoio a martelli

E’ una macchina che ha lo scopo di frantumare la marna estratta dalla cava, fino ad ottenere pezzi della grandezza massima di circa 5 cm di diametro. Ad esempio una azienda del comparto dispone di un frantoio a martelli dotato di un motore elettrico da 500 V, 184 KW con trasmissione del moto a cinghie.

Il materiale da frantumare è introdotto nella macchina per mezzo di una robusta tramoggia di carico (ad esempio della capacità di 80 m3) all’uscita della macchina, la marna frantumata viene scaricata su una tramoggia di scarico e da essa convogliata su un nastro trasportatore fino ai depositi coperti sistemati a valle, oppure caricata su autocarri.

In genere il frantoio è dotato di un sistema di aspirazione depolverizzatore collegato ad un filtro a maniche per il recupero della polvere e l’abbattimento della emissione di polvere in atmosfera.

Il frantoio a martelli è oggetto di manutenzione da parte degli addetti per: sostituzione periodica di martelli, rotore, cinghia, albero, motore, gruppo comando; riparazioni della struttura e della corrazzatura; verifica e ripristino dei dispositivi di sicurezza contro gli infortuni.

 

Nastri trasportatori

Si tratta di nastri trasportatori in gomma o a catena raschiante. Essi sono oggetto di manutenzione da parte degli addetti per la sostituzione periodica di motoriduttore, gruppo comando, elementi del macchinario, tappeto in gomma, rulli di rotolamento, elementi della catena; verifica e ripristino dei dispositivi di sicurezza contro gli infortuni.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a rumore

descrizione

In questo reparto il rumore deriva prevalentemente dalle operazioni di carico e frantumazione durante il funzionamento del frantoio a martelli. L’esposizione personale dei lavoratori è mitigata dal fatto che non è necessaria la loro presenza continua in prossimità dell’impianto.

stima

In prossimità dell’impianto sono stati misurati livelli di rumore superiori a 90 dB(A).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi. Questi ultimi si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Come conseguenza della necessità di parlare ad alta voce per le comunicazioni verbali, in presenza di rumore si può verificare l’affaticamento delle corde vocali, che può essere una concausa (insieme alla esposizione a microclima sfavorevole e a polveri) per l’insorgenza di laringopatie con ipofonesi.

interventi prevenzionistici

-         Effettuare una regolare manutenzione dell’impianto.

-         Insonorizzare le macchine più rumorose e separarle dagli altri locali di lavoro.

-         Sostituire le macchine più vecchie e rumorose con altre nuove meno rumorose.

-         Organizzare il lavoro in modo da ridurre i tempi di esposizione dei lavoratori.

-         Effettuare la valutazione del rumore ed applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91 riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a polveri

descrizione

In caso di fuoriuscita di polveri di marna dall’impianto è possibile l’esposizione degli addetti durante i controlli di ronda, ma soprattutto durante gli interventi di pulizia e manutenzione.

danno atteso

La marna è una roccia naturale costituita principalmente da calcare e argilla (a sua volta formata da silicati di ferro e alluminio), a basso contenuto di silice libera cristallina (1%); l’esposizione personale a polveri di marna può essere causa di irritazione delle vie respiratorie, pneumoconiosi da polveri miste.

Inoltre l'ambiente polveroso può aumentare il rischio di infortuni.

interventi prevenzionistici

-         Tutto l’impianto (in particolare le tramogge, il frantoio, le congiunture dei punti di carico e scarico dei nastri trasportatori), sia chiuso e dotato di un sistema di aspirazione localizzata collegato ad un filtro depolveratore.

-         Rimuovere al più presto eventuali cumuli di materiale fuoriuscito accidentalmente dall’impianto, per evitare che eventuali condizioni atmosferiche particolari (giornate ventose) possono provocare il sollevamento e la diffusione.

-         Per l’operazione di rimozione del materiale fuoriuscito accidentalmente dall’impianto è opportuno evitare di attuare procedure che danno luogo al sollevamento di polvere (ad esempio utilizzo di badili, scope), ma invece utilizzare di pulizia pneumatica industriale (impianti centralizzati per aspirare grandi quantità di materiale polveroso o granulare) e spazzatrici stradali per la pulizia dei piazzali. In tal modo si riduce sia l’esposizione alle polveri, sia il rischio di danni muscolo-scheletrici, durante l’utilizzo di altre attrezzature manuali (badili, ecc…).

-         Limitare gli accessi agli ambienti polverosi e, in caso di interventi di manutenzione e/o abbondante fuoriuscita accidentale della polvere dall'impianto, utilizzare D.P.I. (maschera facciale antipolvere, occhiali a tenuta, guanti, indumenti da lavoro, scarpe antinfortunistiche, elmetto, cuffie e/o inserti auricolari antirumore). Se il lavoratore porta gli occhiali da vista, le lenti degli occhiali antipolvere devono essere graduate.

-         Effettuare una buona manutenzione delle apparecchiature; è utile prevedere un dispositivo di controllo di rotazione sui rulli folli dei nastri trasportatori, collegato ad un dispositivo automatico che, se si blocca un nastro per qualsiasi motivo, comandi il fermo degli altri nastri ad esso collegati, onde evitare che si formino accumuli di materiale.

-         Progettare le modalità di recupero della polvere di marna dal filtro depolverizzatore dell’impianto in modo tale da evitare l’esposizione dei lavoratori.

-         Attuare norme igienico-comportamentali: le maschere filtranti, dopo il loro utilizzo al termine del turno di lavoro, devono essere riposte in luogo non contaminato da polveri oppure utilizzare quelle di tipo usa e getta; i lavoratori, soci compresi, quando effettuano lavorazioni insudicianti o con esposizione a polveri o altri agenti nocivi, possano disporre di armadietti a doppio scomparto per l’alloggiamento distinto degli abiti civili e da lavoro e di servizi igienico - assistenziali (docce, lavabi, ecc…) adeguati e mantenuti in buono stato.

-         Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         T.U. 1265/34 e D.M. Sanità 05/09/94 (Industrie insalubri).

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi lavoratori e la cinghia di trasmissione del moto del frantoio, se non adeguatamente protetti, possono determinare il rischio di presa, impigliamento, schiacciamento e trascinamento.

I nastri trasportatori possono determinare rischi di infortuni gravi, specie quando vengono effettuati interventi di manutenzione e pulitura.

danno atteso

Lesioni traumatiche consistenti in contusioni e ferite.

interventi prevenzionistici

Gli organi lavoratori e la cinghia di trasmissione del moto del frantoio devono essere segregati, ad esempio tramite un coperchio fisso o munito di dispositivo di interblocco e l’apertura di scarico del materiale frantumato deve essere protetta in modo da impedire il raggiungimento degli organi lavoratori.

Dato che il comando della macchina avviene da sala di controllo remota, ogni inizio o ripresa di messa in marcia dell’impianto deve essere preceduto da un segnale ottico – acustico.

Inoltre la macchina deve essere dotata di dispositivo di arresto di emergenza per fare fronte a situazioni di pericolo imminente o in caso di incidente e di dispositivo di sicurezza che impedisca l’avviamento intempestivo in caso ritorni l’alimentazione elettrica, dopo che era venuta a mancare per un qualsiasi motivo. Quando viene effettuata la pulizia interna del frantoio o la sostituzione degli organi lavoratori, tutto l’impianto deve posto in sicurezza tenendo conto del fatto che normalmente l’avviamento della macchina avviene dalla sala controllo remota; in particolare possono essere predisposte procedure di sicurezza che impediscano la possibilità che, mentre un lavoratore esegue la manutenzione, un altro possa avviare la macchina. A tale scopo, prima di iniziare le operazioni di manutenzione, si può attuare una procedura di tipo “Blocca e Segnala”, che può consistere, ad esempio, nel bloccare tutte le forme di energia che possono fare muovere le varie parti della macchina, impossessarsi della chiave del quadro di controllo e apporre su quest’ultimo un cartello con una scritta del tipo “Non azionare la macchina – manutenzione in corso”.

In caso di intervento degli addetti finalizzato ad eliminare ingolfamenti ai nastri trasportatori, il rischio di infortuni è incrementato dalla concomitanza con altri fattori che possono rendere il lavoro molto disagevole: polverosità, eventuale scarsa illuminazione, spazi di lavoro ristretti e scomodi, presenza di insetti o rettili. In altre tipologie di aziende, sono avvenuti infortuni mortali per presa e trascinamento da parte dei nastri trasportatori, pertanto è necessaria una particolare attenzione alla loro sicurezza.

È necessario proteggere le testate ed i rulli dei nastri trasportatori con protezioni fisse o munite di interblocco. Talvolta i nastri trasportatori in alcuni tratti corrono in altezza e lungo di essi è predisposta una passerella che consente l’accesso per la manutenzione; in tal caso è opportuno installare all’inzio della passerella un cancello di accesso dotato di interblocco sul funzionamento dei nastri, con la possibilità di avviarli solo tramite una pulsantiera impulsiva a uomo presente e avanzamento passo-passo che, una volta inserita escluda il quadro comando del nastro trasportatore.

Gli addetti non devono tentare di effettuare interventi di qualsiasi tipo con impianto in movimento. Per compiere regolazioni e manutenzioni, oltre alla suddetta pulsantiera ad impulsi, talvolta viene utilizzato un filo teso, lungo il percorso del nastro, collegato ad un dispositivo di blocco di emergenza. La sola presenza del filo teso per l'arresto di emergenza, non può essere considerata una misura di prevenzione sufficiente quando gli organi meccanici in movimento restano scoperti. In ogni caso, prima di effettuare pulizie o manutenzioni, l'impianto deve essere posto in sicurezza secondo una procedura standardizzata del tipo Blocca e Segnala come sopra descritto per il frantoio.

Date le condizioni di lavoro disagevoli, in caso di interventi ai nastri trasportatori, è opportuno programmare una manutenzione preventiva, da eseguire in sicurezza, possibilmente nei giorni di fermo dell’impianto. Una soluzione in uso consiste nell’installare un impianto di controllo che fornisca in tempo reale i valori di assorbimento di corrente dei motori dei nastri trasportatori e che possa dare l’allarme in caso di superamento dei valori normali di assorbimento. In tal modo si può intervenire per la manutenzione preventiva, ad esempio sostituendo un cuscinetto prima che esso provochi il blocco del nastro.

È opportuno che le passarelle lungo i nastri trasportatori che corrono in altezza siano di dimensioni tali consentire un agevole accesso e lavorazione; è importante che durante la manutenzione sia disponibile una buona illuminazione; prima di intervenire per manutenzione è opportuno verificare che non vi siano nidi di insetti ed utilizzare di sistemi di pulizia pneumatica industriale (impianti centralizzati per aspirare grandi quantità di materiale polveroso o granulare).

È fondamentale la informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n.547 del 27.04.1955 e s.m.i.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN.

 

Lavoro in aree dove transitano veicoli

descrizione

Il transito degli autotreni che trasportano materie prime e di altri veicoli può comportare il rischio di investimento dei lavoratori del cementificio.

danno atteso

Lesioni traumatiche per investimento da automezzi.

prevenzione

Predisporre e segnalare orizzontalmente e verticalmente i percorsi separati per pedoni ed automezzi, segnalare zone di attraversamento, predisporre segnaletica di pericolo e di prescrizione (limite di velocità 5 Km. / ora, semafori, sbarre automatiche, ecc…)

Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-         Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Lavoro in postazioni sopraelevate

descrizione

L’accesso all’impianto e le eventuali operazioni di manutenzione possono comportare la necessità di raggiungere postazioni in altezza, con conseguente rischio di caduta dall'alto. Inoltre, è possibile che altre persone a terra siano colpite da materiali e/o da attrezzature utilizzate per la manutenzione, cadute accidentalmente dall’alto.

danno atteso

Lesioni traumatiche per caduta dall'alto della persona che lavora in quota.

Lesioni traumatiche per caduta dall'alto di materiali che possono colpire persone a terra.

Si tratta di rischi di infortunio mortale.

prevenzione

Predisporre accessi sicuri alle postazioni in altezza con gradini stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, ecc… come prescritto dalle norme vigenti.

Le zone di passaggio devono essere mantenute libere da ostacoli e materiali.

Verificare periodicamente il buono stato strutturale dei piani di calpestio e dei parapetti di sicurezza, specie quando realizzati in materiale metallico soggetto ad azione deteriorante da parte degli agenti atmosferici.

Per tenere liberi i vari piani di calpestio da eventuali fuoriscite di materiali è opportuno installare sistemi di pulizia pneumatica industriale quali impianti centralizzati per aspirare grandi quantità di materiale polveroso o granulare. Si ricorda che camminare su cumuli di polvere può anche essere causa di caduta per scivolamento.

Gli addetti che accedono all’impianto devono indossare scarpe di sicurezza antiscivolo.

In caso di interventi di manutenzione, a seconda delle situazioni, può essere necessario indossare una imbracatura con sistema di trattenuta che impedisca la caduta d'alto. Per portare in quota materiali e attrezzature è opportuno utilizzare idonei sistemi di sollevamento.

Segnalare, delimitare, impedire l’accesso e sorvegliare la zona a terra corrispondente a quella dove avvengono operazioni in quota. Il personale a terra deve indossare l’elemetto di protezione.

Le operazioni devono avvenire sotto la sorveglianza del preposto.

L’accesso di eventuali visitatori alle zone di attività deve essere organizzato e regolamentato (esempio: dotare i visitatori di D.P.I., farli accompagnare, ecc…).

riferimenti normativi

-         Art. 386 “Cinture di sicurezza”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norme UNI EN 361, 363, 795

-         All. IV, part B, sez. II Direttiva CEE/CEEA/CE n. 57 del 24.06.1992: "Direttiva del Consiglio del 24 giugno 1992 riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)."

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione ad agenti atmosferici e correnti d’aria

descrizione

La lavorazione comporta il passaggio e/o lo stazionamento degli addetti, per tempi più o meno brevi, in aree all’aperto scoperte o coperte, con conseguente esposizione agli agenti atmosferici e/o alle correnti d’aria.

danno atteso

Malattie da raffreddamento.

interventi prevenzionistici

-         Prevedere la copertura degli impianti ove possibile.

-         Corretta organizzazione del lavoro.

-         Indumenti forniti dall’azienda adeguati alla protezione dagli agenti atmosferici.

-         Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

 

Lavoro notturno

descrizione

L’orario di lavoro degli addetti alle lavorazioni sopra descritte, eseguite a ciclo continuo, si articola nelle 24 ore divise in tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno, quindi anche durante il periodo notturno.

danno atteso

Il lavoro notturno può essere causa di alterazioni dei ritmi sonno-veglia e in generale dei bioritmi circadiani, squilibrio delle abitudini alimentari, irritabilità, inclinazione alla depressione, oltre a possibili ripercussioni sulla vita familiare e sociale del lavoratore. Il disagio è maggiore per la concomitanza con gli altri fattori di rischio presenti, in particolare l’esposizione a polveri e rumore.

interventi prevenzionistici

È importante una corretta organizzazione del lavoro volta a ridurre per quanto possibile il lavoro notturno, ed attuare le misure volte ad eliminare o ridurre alla fonte i rischi di esposizione a polveri e rumore come sopra indicato.

È bene organizzare i turni in modo da ridurre al minimo il numero di notti lavorative consecutive per lo stesso lavoratore, collocare il cambio dei turni in orari che permettano il rispetto dei ritmi biologici (sonno, pasti, ecc…) e comunicare agli addetti il calendario dei turni con sufficiente anticipo.

La disciplina del lavoro notturno è stata recentemente innovata dal D.Lgs. n. 532 del 26.11.1999, cui si rimanda per informazioni più dettagliate. Si ricorda qui che  il datore di lavoro deve, a propria cura e spese, per il tramite del medico competente, sottoporre i lavoratori notturni ad accertamenti preventivi e periodici volti a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno e a controllare ogni due anni il loro stato di salute. Nel caso in cui sopraggiungano condizioni che comportano l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata tramite il medico competente, è garantita al lavoratore l'assegnazione ad altre mansioni o altri ruoli diurni.

Il datore di lavoro, prima di adibirli al lavoro, deve informare i lavoratori notturni e il rappresentante della sicurezza sui maggiori rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno, ove presenti, e disporre appropriate misure di protezione personale e collettiva in funzione dei rischi aggiuntivi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno. Ad esempio, in caso di ridotta presenza di personale durante la notte, è opportuno che in uno stesso reparto nessun lavoratore venga lasciato solo, in modo che gli sia garantita la necessaria assistenza in caso di infortunio.

riferimenti normativi

Il D.Lgs. n.532 del 26.11.1999 "Disposizioni in materia di lavoro notturno, a norma dell'Art.17, comma 2, della Legge n.25 del 05.02.1999", applica allo stato italiano i principi della Direttiva Europea 93/104/CE in riferimento ad alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Il decreto si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati che utilizzano lavoratori con prestazioni di lavoro notturno, ad eccezione di quelli dei settori dei trasporti nonché delle "attività dei medici in formazione".

 

 

APPALTI ESTERNI

Talvolta alcuni cementifici utilizzano, del tutto o in parte, marna frantumata da altre aziende. Alcune operazioni di manutenzione, specie quelle di natura straordinaria, sono spesso appaltate a ditte esterne.

 


IMPATTO ESTERNO

 

Diffusione di rumore nell’ambiente circostante

Le lavorazioni rumorose sopra descritte possono dare luogo ad elevati livelli di rumore e, se non è prevista un’adeguata insonorizzazione, possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente nelle adiacenze dell’impianto produttivo, specie in considerazione del fatto che la produzione avviene a ciclo continuo 24 ore su 24 e quindi anche nelle ore notturne

Le macchine rumorose possono essere insonorizzare segregandole con strutture fonoisolanti-fonoassorbenti. È opportuno che anche i ventilatori dell’impianto di abbattimento delle emissioni in atmosfera siano insonorizzati e siano presenti silenziatori sui camini.

 

Emissioni in atmosfera

Il flusso di aria polverosa, derivante dalla aspirazione localizzata sulle macchine, viene inviato al filtro a maniche per il recupero della polvere. L’efficienza dell’impianto è richiesta, oltre che da motivi di tutela ambientale, soprattutto da motivi di produzione dato che la polvere recuperata costituisce una risorsa per il cementificio.

 

Dispersione di polvere

Le lavorazioni sopra descritte possono dare luogo a dispersioni diffuse di polveri, specie in caso di fuoriuscite accidentali. E’ necessario il costante controllo dell’impianto, la frequente pulizia degli impianti con sistemi aspiranti e l’impiego di spazzatrici stradali per la pulizia dei piazzali dell’unità produttiva.

 

Scarichi idrici

A causa della possibilità della dispersione di polveri, come sopra descritto, le acque di lavaggio dei piazzali devono essere raccolte e convogliate ad un impianto di depurazione delle acque, prima di essere scaricate.

 

Traffico veicolare indotto

Il numero di mezzi pesanti che transitano può essere notevole.

 

 


TRASPORTO, MACINAZIONE, OMOGENEIZZAZIONE E ANALISI DEL MATERIALE CRUDO

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Questa fase lavorativa ha lo scopo di macinare le materie prime crude in particolare la marna di miniera e il calcare utilizzato come correttivo, conferito da fornitori esterni. La macinazione avviene in un apposito mulino, fino ad ottenere una miscela farinosa omogenea, secondo i rapporti quantitativi desiderati in base al tipo di cemento che si intende produrre.

Il caricamento del mulino avviene dall’alto della torre, dove le materie prime possono giungere con diverse modalità: ad esempio, la marna può arrivare direttamente dalla cava tramite un nastro trasportatore, mentre il calcare può giungere allo stabilimento per mezzo di autotreni che lo scaricano in una grande tramoggia dalla quale, tramite nastri trasportatori, passa nei silos di stoccaggio e poi, per mezzo di altri nastri trasportatori, viene introdotto nel mulino di macinazione.

Il dosaggio delle materie prime introdotte nel mulino (marna, calcare, correttivi) avviene grazie ad un sistema di controllo automatico delle caratteristiche chimiche della farina cruda prodotta in uscita dal mulino stesso.

La farina cruda prodotta dal mulino è movimentata grazie ad un impianto pneumatico, dotato di potenti compressori d’aria, fino all’impianto di omogeneizzazione e deposito della farina cruda.

La macinazione, omogeneizzazione e deposito della farina cruda si svolgono all’interno di un grande fabbricato di notevole altezza e di struttura reticolare aperta formata da colonne, travi e parapetti, chiamata torre di frantumazione e polverizzazione del crudo. Ai vari piani del fabbricato si accede sia tramite scale, sia tramite montacarichi. Questo edificio costituisce anche il supporto di una delle due estremità del lungo forno rotativo semi-orizzontale (vedere la fase cottura) il quale viene caricato direttamente tramite una tramoggia con la farina cruda omogeneizzata prodotta nella torre stessa.


Foto n. 1: parte superiore della torre di frantumazione e polverizzazione del crudo.

Anche in questa fase lavorativa, come nella fase precedente, non sono previste postazioni di lavoro fisse, ma il personale effettua la ronda per controllare il funzionamento dell’impianto e interviene solo per la pulizia tramite unità di aspirazione centralizzata fissa o mobile e/o per interventi di manutenzione.

Le operazioni di controllo e/o regolazione nel reparto estrazione, dosaggio e macinazione della miscela cruda, sono in genere effettuate dal personale di controllo con macchine in moto e/o apparecchiature elettriche in tensione. Rientrano tra le operazioni di controllo gli interventi di pulizia per mezzo di sistemi di aspirazione, l’ingrassaggio con apposito attrezzo manuale delle macchine o degli impianti privi di ingrassatore automatico, controlli visivi ed eventualmente strumentali delle parti elettriche, controlli strumentali sugli organi di rilevamento delle grandezze fisiche utilizzate per il controllo e comando remoto dalla sala centralizzata.

Gli addetti al controllo qualitativo e al laboratorio chimico si occupano del ritiro dei campioni di farina cruda, prelevati in modo automatico da una apposita macchina campionatrice, e dell’analisi mediante uno spettrometro della quantità di carbonato di calcio presente nella farina per effettuare regolazioni sulla velocità dei dosatori dell’impianto; il ritiro e l’analisi dei campioni viene effettuata circa ogni 20 minuti per la farina cruda in uscita dal mulino e circa ogni 8 ore per la farina cruda omogeneizzata da introdurre in forno per la cottura.


Foto n. 2: parte inferiore della torre di frantumazione e polverizzazione del crudo.

 

 


 



Foto n. 3: Vista dalla sommità della torre di frantumazione e polverizzazione del crudo:

-          impianto di trasporto della marna frantumata in arrivo dalla cava al cementificio (lato destro della foto),

-          impianto di trasporto e silos di stoccaggio del cemento prodotto (lato sinistro della foto).

 


Foto n. 4: nastro trasportatore della marna proveniente dalla cava, visto dall’apertura d’ingresso alla sommità della torre di frantumazione e polverizzazione del crudo (protezione rimossa nel primo tratto del nastro, a sinistra nella foto).


Foto n. 5: ricevimento della marna dal nastro trasportatore sulla sommità della torre di frantumazione e polverizzazione del crudo (protezione rimossa nell’ultimo tratto del nastro).

 



Foto n. 6: particolare del nastro trasportatore.


ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Tramoggia di scarico automezzi

Si tratta di una grande tramoggia posta ad una quota inferiore rispetto al piano di transito degli automezzi per facilitarne lo scarico. Dal fondo della tramoggia il materiale viene estratto per mezzo di nastri trasportatori. La corrazzatura interna, i nastri trasportatori, i gruppi di comando e le protezioni antinfortunische sono oggetto di manutenzione periodica da parte degli addetti.

 

Impianto di macinazione del crudo (mulino, fornello, filtri a maniche, trasportatori a coclea, ecc…).

Il mulino di macinazione del materiale crudo ha lo scopo di frantumare, fino a polverizzarle, le materie prime che vi sono introdotte. Si tratta in genere di un mulino a cilindro verticale ruotante a pista e rulli.

Il materiale da macinare viene fatto cadere sulla pista del mulino dove è schiacciato dai rulli di macinazione ed essiccato tramite aria calda a circa 200 °C.

In genere l’aria calda deriva dal raffreddatore del clincker (vedere la fase cottura) con l’apporto di altra aria calda prodotta da un fornello con bruciatore a combustibile.

Raggiunta una determinata finezza, la farina viene sollevata da una corrente di aria prodotta da un ventilatore e trasportata nel filtro a maniche dove avviene il suo recupero. Il flusso d’aria polverosa viene fatto passare attraverso tubi di tessuto poroso (maniche) che hanno la capacità di trattenere la polvere mentre l’aria pulita attraversa le maniche prima di essere emessa in atmosfera tramite l’esaustore ed il camino. I filtri a maniche utilizzati nelle aziende del comparto possono essere a più scomparti (ad esempio 3 scomparti) e contenere un numero elevato di maniche (ad esempio 720 maniche).

Il filtro a maniche è ubicato all’aperto ed è collegato da un lato all’impianto da tubazioni metalliche coibentate con interposte serrande di intercettazione e dall’altro lato è collegato al ventilatore e al camino di emissione per mezzo di un’altra tubazione anch’essa coibentata.

La farina captata dal tessuto interno della manica è recuperata grazie ad un rapido e violento getto di aria compressa che provoca la caduta della farina in coclee di recupero. Le coclee convogliano la farina ad una pompa pneumatica che la invia ai silos di omogeneizzazione.

Tutto l’impianto è regolato da un sistema automatico di controllo e regolazione delle temperature e delle depressioni e da un sistema di sicurezza contro eventuali sovraccarichi che si possono verificare per anomalie di funzionamento. Eventuali sovraelevazioni di temperatura nel flusso di aria che attraversa le maniche può provocare il degrado delle materiale che le costituisce con conseguente perdita del potere filtrante. In caso di sovraccarico, il sistema interviene automaticamente su una serie di serrande motorizzate che immettono nell’impianto aria fredda proveniente dall’esterno per poi provvedere all’arresto del mulino, alla sua esclusione dal ciclo dei gas, all’introduzione di aria fredda anche nel filtro a maniche e infine all’arresto dell’esaustore finale.

Per evitare la dispersione di polvere nell’ambiente sono presenti aspirazioni localizzate sulle macchine accessorie al mulino e sui punti di carico e scarico dei nastri trasportatori che portano le materie prime da macinare. Il flusso d’aria polverosa derivante da tali aspirazioni è convogliato ad un filtro a maniche ausiliario, distinto dal filtro a maniche di processo sopra descritto.

Per ridurre la diffusione di rumore gli esaustori sono segregati con lastre metalliche e i ventilatori che creano la depressione per l’aspirazione sono dotati di silenziatori installati sui rispettivi camini.

Per quanto riguarda le potenze elettriche in gioco, riportiamo come esempio alcuni dati di una azienda del comparto: il mulino è alimentato da una tensione di 500 V con una potenza di 315 KW; l’esaustore finale è comandato da un motore a velocità variabile da 355 KW; gli altri motori ausiliari dell’impianto sono di piccola potenza, compresa tra i 3 e i 15 KW.

Il mulino a pista e rulli è oggetto di interventi di manutenzione ordinaria, quali sostituzioni di rulli, pista di macinazione, motore, comando oleodinamico, riduttore, separatore, pompe lubrificazione; sostituzione o riparazione della corrazzatura o della struttura; ripristino delle protezioni antinfortunistiche.

Le serrande sono oggetto di interventi di manutenzione ordinaria, quali sostituzioni di cuscinetti, gruppo comando, leverismi, palette interne o riporti antiusura; riparazione struttura; ripristino protezioni antinfortunistiche.

I filtri a maniche e le coclee sono oggetto di manutenzione ordinaria, quali: sostituzione periodica di maniche e di parti della coclea (motoriduttore, gruppo comando, elementi interni); riparazioni strutturali, verifica e ripristino dei dispositivi di sicurezza contro gli infortuni.

La parte alta del filtro a maniche è accessibile, ad esempio tramite un giro di scale metalliche con gradini in grigliato e vari piani intermedi da quali si può accedere alle serrande di intercettazione delle tubazioni di collegamento al filtro; il giro di scale prosegue fino ad una soletta con pavimento in calcestruzzo, poi fino alla zona di scuotimento pneumatico delle maniche e da questa fino alla copertura. Al camino è presente la postazione per il prelievo dei campioni per il controllo delle emissioni in atmosfera.

L’esaustore ventilatore è oggetto di interventi di manutenzione ordinaria, quali: sostituzioni di motore, giunto, girante o ventola e relativi supporti, motoriduttore del regolatore di portata; riparazione struttura; ripristino protezioni antinfortunistiche.

Le apparecchiature di comando di motori e ventilatori, di controllo, comando e segnalazione della sala centralizzata e gli strumenti di misura delle grandezze fisiche, sono tutte racchiuse entro armadi posti in una apposita sala quadri elettrici, chiusa e dotata di ventilazione forzata allo scopo di mantenere in essa una leggera sovrappresione rispetto all'ambiente esterno per impedire l’ingresso di polveri al suo interno.

I quadri elettrici sono oggetto di interventi di manutenzione ordinaria, quali: sostituzioni di parti elettriche o elettroniche, elementi dei quadri, condensatori, reostati, trasformatori, fine corsa, sensori in campo; ripristino protezioni antinfortunistiche.

 

Gli interventi di manutenzione ordinaria su tutte le macchine presenti nell’impianto comportano, oltre a quanto sopra descritto, operazioni di smontaggio e montaggio, utilizzo di apparecchi di sollevamento e/o autogru a noleggio, saldatura elettrica o ossiacetilenica, utilizzo di utensili (mole, trapani, ecc…) elettrici e/o pneumatici, scale portatili, ponteggi. Per queste operazioni si rimanda alla fase “manutenzione meccanica”.

 

 


Foto n. 7: parte inferiore del mulino di macinazione del crudo, ai piedi della torre di frantumazione e polverizzazione.

 


Impianto di omogeneizzazione e deposito della farina cruda

La farina cruda ottenuta dal mulino di macinazione del crudo viene inviata tramite pompe pneumatiche ad un ad apposito impianto di omogeneizzazione. Esso è costituito da una serie di silos di medie dimensioni (ad esempio 3 silos da 200 tonnellate l’uno) e da un silos di deposito di grandi dimensioni (ad esempio da 2.000 tonnellate).

L’omogenizzazione si realizza caricando alternativamente in modo intermittente i silos più piccoli e prelevando la farina contemporaneamente dal fondo di essi tramite apposite canalette che la convogliano all’impianto di trasporto (costituito in genere da elevatori a catena e tazze) che trasporta la farina fino alla parte alta del reparto, dove vengono caricate due coclee che riciclano la farina stessa reimmettendola in parte nel silos piccolo che in quel momento è interessato dalla pompa del mulino e in parte nel grande silos di stoccaggio. Da quest’ultimo, tramite varie bocchette di scarico che vengono inserite ciclicamente e automaticamente, viene scaricata la quantità voluta di farina in due eliche che la trasportano ad una pompa pneumatica che invia la farina omogeneizzata alla tramoggia di carico del forno di cottura.

Tutte le macchine di trasporto sono poste in depressione e la polvere recuperata tramite filtro a maniche. L’impianto è controllato da regolatori automatici che regolano la quantità di farina in ciclo, in base a misure automatiche del livello dei silos e da una serie di sensori che verificano il funzionamento delle macchine.

Le macchine sono ad avviamento automatico controllato dalla sala centralizzata di comando e controllo.

L’impianto è oggetto di manutenzione ordinaria, in particolare: le pompe sono soggette alla sostituzione dei tubi d’aria interni e alla sostituzione e/o riparazione degli elementi esterni; gli elevatori sono soggetti alla sostituzione di motore, riduttore e anelli di usura, a riparazioni strutturali e al ripristino delle protezioni antinfortunistiche; per le altre macchine si rimanda a quanto già precedentemente descritto per l’impianto di macinazione del crudo.

 

 


Foto n. 8: tramoggia di carico della farina in forno, posta nella torre di frantumazione e polverizzazione. Notare i piccoli compressori per lo stasamento pneumatico localizzato in vari punti della tramoggia.

 

 


Tramoggia di carico del forno

Si tratta sostanzialmente di un grande imbuto metallico che ha lo scopo di permettere il caricamento della farina cruda nel forno di cottura; la tramoggia è dotata in vari punti lungo la sua altezza di piccoli compressori d’aria, che vengono attivati per creare getti d’aria impulsivi quando si renda necessario attuare uno stasamento della tramoggia stessa.

 

Apparecchi a pressione

Nel reparto sono presenti vari apparecchi a pressione:

-         pompe pneumatiche;

-         serbatoi dell’aria compressa;

-         essiccatori di aria compressa, costituiti da un serbatoio a pressione nel quale viene introdotta l’aria da essiccare, con all’interno una serpentina nella quale circola gas freon alimentata da un impianto frigorifero.

 


Foto n. 9: compressore d’aria (segregato tramite cabina chiusa) utilizzato per la movimentazione pneumatica del materiale.

 


Spettrometro

Si tratta di una macchina radiogena utilizzata per le analisi di laboratorio che per funzionare utilizza una sorgente radioattiva. Data l’importanza dello strumento per il controllo e la regolazione del processo produttivo, talvolta nei laboratori delle aziende del comparto sono presenti due spettrometri (uno di scorta all’altro).

 

Ascensori e montacarichi

Si tratta di mezzi utilizzati per trasportare ai vari piani della struttura i lavoratori e le attrezzature di lavoro impiegate per la manutenzione.

 


Foto n. 10: zona antistante l’ascensore-montacarichi di fronte alla tramoggia di carico del forno, nella torre di frantumazione e polverizzazione. Si noti la cartellonistica di sicurezza.


 


FATTORI DI RISCHIO

 

Consideriamo di seguito i principali fattori di rischio a cui possono essere esposti i lavoratori durante il normale funzionamento dell’impianto a cui accedono per controlli e pulizia. Per quanto riguarda la manutenzione ordinaria e straordinaria si rimanda alla fase “manutenzione meccanica”.

 

Esposizione a rumore

descrizione

In questo reparto la maggiore rumorosirà è dovuta all’impianti di macinazione e omogeneizzazione.

stima

Con impianto funzionante si sono riscontrati in genere i seguenti livelli di rumorosità:

-         in prossimità del mulino a pista e rulli con relativo fornello di adduzione di aria calda: maggiore di 90 dB(A).

-         in prossimità dell’impianto di omogenizzazione della miscela cruda: circa 87 dB(A).

-         nelle zone in prossimità dei nastri e degli estrattori e in corrispondenza del filtro a maniche: inferiore a 85 dB(A).

-         nella sala quadri elettrici: inferiore a 80 dB(A).

Si noti però che in alcune aziende, l’accesso a zone dove la rumorosità è minore comporta l’attraversamento del reparto mulino dove la rumorosità è maggiore.

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi. Questi ultimi si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Come conseguenza della necessità di parlare ad alta voce per le comunicazioni verbali, in presenza di rumore si può verificare l’affaticamento delle corde vocali, che può essere una concausa (insieme alla esposizione a microclima sfavorevole e a polveri) per l’insorgenza di laringopatie con ipofonesi.

interventi prevenzionistici

-         Effettuare una regolare manutenzione dell’impianto.

-         Insonorizzare le macchine più rumorose e separarle dagli altri locali di lavoro.

-         Sostituire le macchine più vecchie e rumorose con altre nuove meno rumorose.

-         Organizzare il lavoro in modo da ridurre i tempi di esposizione dei lavoratori.

-         Effettuare la valutazione del rumore ed applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91 riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Lavoro in postazioni sopraelevate

descrizione

L’accesso all’impianto e le eventuali operazioni di manutenzione possono comportare la necessità di raggiungere postazioni in altezza, con conseguente rischio di caduta dall'alto. Inoltre, è possibile che altre persone a terra siano colpite da materiali e/o da attrezzature utilizzate per la manutenzione, cadute accidentalmente dall’alto.

danno atteso

Lesioni traumatiche per caduta dall'alto della persona che lavora in quota.

Lesioni traumatiche per caduta dall'alto di materiali che possono colpire persone a terra.

Si tratta di rischi di infortunio mortale.

prevenzione

Predisporre accessi sicuri alle postazioni in altezza con gradini stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, piani di calpestio uniformi, ecc… come prescritto dalle norme vigenti.

Le zone di passaggio devono essere mantenute libere da ostacoli e materiali.

Verificare periodicamente il buono stato strutturale dei piani di calpestio e dei parapetti di sicurezza, specie quando realizzati in materiale metallico che può essere soggetto ad azione deteriorante da parte degli agenti atmosferici.

Per tenere liberi i vari piani di calpestio da eventuali fuoriscite di materiali è opportuno installare sistemi di pulizia pneumatica industriale quali impianti centralizzati per aspirare grandi quantità di materiale polveroso o granulare. Si ricorda che camminare su cumuli di polvere può anche essere causa di caduta per scivolamento.

Gli addetti che accedono all’impianto devono indossare scarpe di sicurezza antiscivolo.

In caso di interventi di manutenzione, a seconda delle situazioni, può essere necessario indossare una imbracatura con sistema di trattenuta che impedisca la caduta d'alto. Per portare in quota materiali e attrezzature è opportuno utilizzare idonei sistemi di sollevamento.

Segnalare, delimitare, impedire l’accesso e sorvegliare la zona a terra corrispondente a quella dove avvengono operazioni in quota. Il personale a terra deve indossare l’elemetto di protezione.

Le operazioni devono avvenire sotto la sorveglianza del preposto.

L’accesso di eventuali visitatori alle zone di attività deve essere organizzato e regolamentato (esempio: dotare i visitatori di D.P.I., farli accompagnare, ecc…).

riferimenti normativi

-         Art. 386 “Cinture di sicurezza”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norme UNI EN 361, 363, 795

-         All. IV, part B, sez. II Direttiva CEE/CEEA/CE n. 57 del 24.06.1992: "Direttiva del Consiglio del 24 giugno 1992 riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)."

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a polveri

descrizione

In caso di fuoriuscita di polveri delle materie prime (marna e calcare) dall’impianto è possibile l’esposizione degli addetti durante i controlli di ronda, ma soprattutto durante gli interventi di pulizia e manutenzione.

danno atteso

La marna è una roccia naturale costituita principalmente da calcare e argilla (a sua volta formata da silicati di ferro e alluminio), a basso contenuto di silice libera cristallina (1%). Il calcare utilizzato in cementeria è praticamente costituito da carbonato di calcio (CaCO3) quasi puro con tracce di ossidi di ferro, alluminio e magnesio. L’esposizione personale a polveri di marna e di calcare può essere causa di irritazione delle vie respiratorie, pneumoconiosi da polveri miste.

Inoltre l'ambiente polveroso può aumentare il rischio di infortuni.

interventi prevenzionistici

-         Tutto l’impianto (in particolare le tramogge, il mulino, le congiunture dei punti di carico e scarico dei nastri trasportatori), sia chiuso e dotato di un sistema di aspirazione localizzata collegato ad un filtro depolveratore.

-         Rimuovere al più presto eventuali cumuli di materiale fuoriuscito accidentalmente dall’impianto, per evitare che eventuali condizioni atmosferiche particolari (giornate ventose) possono provocare il sollevamento e la diffusione.

-         Per l’operazione di rimozione del materiale fuoriuscito accidentalmente dall’impianto è opportuno evitare di attuare procedure che danno luogo al sollevamento di polvere (ad esempio utilizzo di badili, scope), ma invece utilizzare di pulizia pneumatica industriale (impianti centralizzati per aspirare grandi quantità di materiale polveroso o granulare) e spazzatrici stradali per la pulizia dei piazzali. In tal modo si riduce sia l’esposizione alle polveri, sia il rischio di danni muscolo-scheletrici, durante l’utilizzo di altre attrezzature manuali (badili, ecc…).

-         Limitare gli accessi agli ambienti polverosi e, in caso di interventi di manutenzione e/o abbondante fuoriuscita accidentale della polvere dall'impianto, utilizzare D.P.I. (maschera facciale antipolvere, occhiali a tenuta, guanti, indumenti da lavoro, scarpe antinfortunistiche, elmetto, cuffie e/o inserti auricolari antirumore). Se il lavoratore porta gli occhiali da vista, le lenti degli occhiali antipolvere devono essere graduate.

-         Effettuare una buona manutenzione delle apparecchiature; è utile prevedere un dispositivo di controllo di rotazione sui rulli folli dei nastri trasportatori, collegato ad un dispositivo automatico che, se si blocca un nastro per qualsiasi motivo, comandi il fermo degli altri nastri ad esso collegati, onde evitare che si formino accumuli di materiale.

-         Durante le operazioni di pulizia e manutenzione e durante il ritiro dei campioni di farina cruda da analizzare è necessario indossare D.P.I. (maschere, occhiali, tute).

-         Attuare norme igienico-comportamentali: le maschere filtranti, dopo il loro utilizzo al termine del turno di lavoro, devono essere riposte in luogo non contaminato da polveri, oppure utilizzare quelle di tipo usa e getta; i lavoratori, soci compresi, quando effettuano lavorazioni insudicianti o con esposizione a polveri o altri agenti nocivi, possano disporre di armadietti a doppio scomparto per l’alloggiamento distinto degli abiti civili e da lavoro e di servizi igienico - assistenziali (docce, lavabi, ecc…) adeguati e mantenuti in buono stato.

-         Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         T.U. 1265/34 e D.M. Sanità 05/09/94 (Industrie insalubri).

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi mobili delle macchine dell’impianto di trasporto, macinazione, omogeneizzazione del materiale crudo possono essere causa di infortuni dovuti a presa e trascinamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

-         Rendere inaccessibili le zone pericolose dei macchinari, tramite ripari fissi o dotati di dispositivo di interblocco.

-         Non effettuare interventi di manutenzione sui macchinari mentre sono in movimento.

-         Non effettuare oliatura degli ingranaggi delle macchine in movimento, se non utilizzando oliatori con beccucci di materiale frangibile e di lunghezza tale da consentire all’operatore di mantenersi a distanza di sicurezza. La distanza di sicurezza può essere garantita ad esempio da una griglia metallica, fissa o munita di dispositivo di interblocco, posta a sufficiente distanza dalla zona pericolosa.

-         Indossare indumenti non svolazzanti che potrebbero essere presi e trascinati dagli organi mobili dei macchinari.

-         Fare precedere da un segnale ottico-acustico ogni avviamento dell’impianto.

-         L’interruzione e il successivo ritorno della energia elettrica non deve comportare il riavviamento automatico della macchina.

-         Le macchine devono essere installate, utilizzate, manutenute, riparate e regolare in modo conforme alle istruzioni del costruttore, specie quelle vecchie prive di marcatura CE, ove esistenti.

-         Adottare procedure standardizzate di intervento per la mautenzione.

-         Informazione e formazione dei lavoratori.

Per i nastri trasportatori si veda anche la precendente trattazione riportata alla fase “frantumazione della marna”.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n.547 del 27.04.1955 e s.m.i.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN.

 

Presenza di impianti a gas (metano o GPL) o ad olio combustibile

descrizione

Per produrre l’aria calda necessaria alla essiccazione del materiale nel mulino durante la macinazione (ad integrazione dell’aria calda recuperata dal raffreddatore del clincker), sono presenti appositi fornelli a combustibile. Ad esempio una azienda del comparto dispone di un fornello della potenzialità nominale di 2,5 milioni di Kcal/h con bruciatore alimentato a gas metano tramite una conduttura a 0,5 bar. Tale conduttura è alimentata da una propria cabina di decompressione in lamiera inox posta all’esterno del reparto. Il fornello è adatto a funzionare anche a olio combustibile e quindi è dotato del gruppo di pompe di spinta e del gruppo di condizionamento e di misura per l’eventuale montaggio del bruciatore ad olio.

Possono essere presenti i rischi di fughe di gas metano con conseguente formazione di miscele esplosive e fuoriscite accidentali di olio combustibile, esposizione a gas di combustione.

danno atteso

Esplosione – incendio, ustioni e intossicazioni.

interventi prevenzionistici

-         Installazione sulla conduttura del gas di una elettrovalvola di intercettazione controllata da un rivelatore di presenza di gas posto all’interno del locale.

-         Installazioni elettriche siano del tipo adatto ai luoghi a maggior rischio in caso di incendio.

-         Osservanza dei requisiti necessari al rilascio del C.P.I. da parte dei VV.FF.

-         Presenza di estintori di tipo idoneo, collaudati e periodicamente revisionati da ditte specializzate.

riferimenti normativi

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

-         Norme UNI-CIG.

-         Per i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si applica il D.M.I. del 31.03.1984, mentre per capacità superiori a 5 m3 si applica il D.M.I. del 13.10.1994.

 

Presenza di apparecchi a pressione

descrizione

Per gli scuotimenti pneumatici di pulizia delle maniche del filtro, l’azionamento delle serrande pneumatiche e gli altri impiegi di aria compressa sopra descritti, sono utilizzati compressori d’aria dotati di serbatoi di aria compressa. Questi possono comportare il rischio di scoppio.

danno atteso

Lesioni traumatiche per investimento violento di parti metalliche proiettate durante lo scoppio, cadute.

interventi prevenzionistici

Detti apparecchi vengono sottoposti dall’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) alle verifiche di omologazione facendo rispettare le seguenti norme di costruzione e di esercizio:

-         Raccolta M, per le caratteristiche dei materiali da impiegare negli apparecchi a pressione;

-         Raccolta VSR, per le verifiche di stabilità dei recipienti a vapore e a gas;

-         Raccolta VSG, per le verifiche di stabilità dei generatori di vapore;

-         Codice PIVG, per le varie normative riguardanti l'esercizio dei generatori di vapore e dei recipienti a pressione.

Allo stato attuale, le verifiche periodiche sugli impianti a pressione, nel rispetto di quanto previsto nel Codice PIVG, devono essere effettuate annualmente dai tecnici della prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali.

E’ necessario inoltre:

-         Presenza dei necessari dispositivi di protezione.

-         Consentire la manovra e la manutenzione solo a personale specializzato.

-         Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-         Legge del 21.11.1972 “Norme di costruzione degli apparecchi a pressione” (autorizza l’A.N.C.C. – oggi I.S.P.E.S.L. – ad emanare norme e regolamenti tecnici).

-         Tit. IV, Capo XIII, Art. 167 "Compressori" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. VI, Capo II, Art. 241 "Requisiti di resistenza e di idoneità" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norme UNI EN 1012/1, 1012/2.

 

Esposizione ad agenti atmosferici e correnti d’aria

descrizione

La lavorazione comporta il passaggio e/o lo stazionamento degli addetti, per tempi più o meno brevi, in aree all’aperto scoperte o coperte, con conseguente esposizione agli agenti atmosferici e/o alle correnti d’aria.

Il sistena di ventilazione forzata nella sala quadri elettrici può essere causa di esposizione a correnti d’aria dei lavoratori eventualmente presenti per controllo e manutenzione.

danno atteso

Malattie da raffreddamento.

interventi prevenzionistici

-         Prevedere la copertura degli impianti ove possibile.

-         Corretta organizzazione del lavoro.

-         Indumenti forniti dall’azienda adeguati alla protezione dagli agenti atmosferici.

-         Nella sala quadri elettrici, le griglie di immissione dell’aria siano sufficientemente distanziate dalle zone operative e il sistema di ventilazione sia tale da non esporre i lavoratori a fastidiose correnti d’aria.

-         Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a calore radiante, microclima caldo, lavoro in prossimità di superfici calde

descrizione

Le tubazioni dell’aria calda di essiccazione dal molino e dai trasporti della farina cruda possono essere ad elevata temperatura e quindi generare calore radiante. L’esposizione dei lavoratori al microclima caldo è maggiore durante gli interventi di manutenzione e il disagio può essere aggravato nella stagione estiva. Il personale che effettua la ronda può essere esposto a sbalzi di temperatura tra un reparto e l’altro, specie durante la stagione invernale.

danno atteso

Sono possibili ustioni per contatto accidentale con superfici calde; difficoltà respiratorie, stress termico, osteoartropatie dovute al microclima sfavorevole. Gli sbalzi di tempereratuta possono essere causa di malattie da raffreddamento e osteoarticolari.

interventi prevenzionistici

-         Coibentare le superfici calde, specie quelle con le quali gli addetti possono venire a contatto.

-          Indossare D.P.I. (guanti anticalore e indumenti adeguati).

-         Locali di ristoro e cabine climatizzate.

-         Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art.11 “Temperatura” e Art.13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norma UNI EN 563 (vedere 6.1.26)

 

Lavoro con utilizzo di macchine radiogene

descrizione

Lo spettrometro utilizzato per le analisi effettuate sulla farina cruda, funziona grazie ad una sorgente radioattiva la quale, se non impiegata correttamente, potrebbe determinare l’esposizione degli addetti a radiazioni inonizzanti. In alcune aziende possono essere presenti anche spettrometri di scorta rispetto a quello normalmente utilizzato. Ad esempio una azienda del comparto ne detiene due, con una quantità totale di sostanze radioattive pari a 20.000 microcurie, inferiore a quanto indicato dal punto 1 del D.M. 14.07.1970.

danno atteso

L’esposizione a radiazioni ionizzanti può essere causa di tumori.

interventi prevenzionistici

-         Comunicare alla ASL e all’Ispettorato Provinciale del Lavoro, competenti per territorio, la detenzione delle macchine radiogene.

-         Controllare periodicamente i dispositivi di protezione contro le radiazioni ionizzanti.

-         Effettuare ogni 2 anni la valutazione dell’esposizione.

-         Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 185 del 13.02.1964

-         D.M. 14.07.1970

-         D.Lgs. n. 230 del 1995

-         D.Lgs. n. 626 del 1994

 

 


Lavoro notturno

descrizione

L’orario di lavoro degli addetti alle lavorazioni sopra descritte, eseguite a ciclo continuo, si articola nelle 24 ore divise in tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno, quindi anche durante il periodo notturno.

danno atteso

Il lavoro notturno può essere causa di alterazioni dei ritmi sonno-veglia e in generale dei bioritmi circadiani, squilibrio delle abitudini alimentari, irritabilità, inclinazione alla depressione, oltre a possibili ripercussioni sulla vita familiare e sociale del lavoratore. Il disagio è maggiore per la concomitanza con gli altri fattori di rischio presenti, in particolare l’esposizione a polveri e rumore.

interventi prevenzionistici

È importante una corretta organizzazione del lavoro volta a ridurre per quanto possibile il lavoro notturno, ed attuare le misure volte ad eliminare o ridurre alla fonte i rischi di esposizione a polveri e rumore come sopra indicato.

È bene organizzare i turni in modo da ridurre al minimo il numero di notti lavorative consecutive per lo stesso lavoratore, collocare il cambio dei turni in orari che permettano il rispetto dei ritmi biologici (sonno, pasti, ecc…) e comunicare agli addetti il calendario dei turni con sufficiente anticipo.

La disciplina del lavoro notturno è stata recentemente innovata dal D.Lgs. n. 532 del 26.11.1999, cui si rimanda per informazioni più dettagliate. Si ricorda qui che  il datore di lavoro deve, a propria cura e spese, per il tramite del medico competente, sottoporre i lavoratori notturni ad accertamenti preventivi e periodici volti a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno e a controllare ogni due anni il loro stato di salute. Nel caso in cui sopraggiungano condizioni che comportano l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata tramite il medico competente, è garantita al lavoratore l'assegnazione ad altre mansioni o altri ruoli diurni.

Il datore di lavoro, prima di adibirli al lavoro, deve informare i lavoratori notturni e il rappresentante della sicurezza sui maggiori rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno, ove presenti, e disporre appropriate misure di protezione personale e collettiva in funzione dei rischi aggiuntivi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno. Ad esempio, in caso di ridotta presenza di personale durante la notte, è opportuno che in uno stesso reparto nessun lavoratore venga lasciato solo, in modo che gli sia garantita la necessaria assistenza in caso di infortunio.

riferimenti normativi

Il D.Lgs. n.532 del 26.11.1999 "Disposizioni in materia di lavoro notturno, a norma dell'Art.17, comma 2, della Legge n.25 del 05.02.1999", applica allo stato italiano i principi della Direttiva Europea 93/104/CE in riferimento ad alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Il decreto si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati che utilizzano lavoratori con prestazioni di lavoro notturno, ad eccezione di quelli dei settori dei trasporti nonché delle "attività dei medici in formazione".

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata. È talvolta appaltato a ditte esterne l’autotrasporto dei materiali.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Diffusione di rumore nell’ambiente circostante

Le lavorazioni rumorose sopra descritte possono dare luogo ad elevati livelli di rumore e, se non è prevista un’adeguata insonorizzazione, possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente nelle adiacenze dell’impianto produttivo, specie in considerazione del fatto che la produzione avviene a ciclo continuo 24 ore su 24 e quindi anche nelle ore notturne

Le macchine rumorose possono essere insonorizzare segregandole con strutture fonoisolanti-fonoassorbenti. È opportuno che anche i ventilatori dell’impianto di abbattimento delle emissioni in atmosfera siano insonorizzati e siano presenti silenziatori sui camini.

 

Emissioni in atmosfera

Il flusso di aria polverosa, derivante dalla aspirazione localizzata sulle macchine, viene inviato al filtro a maniche per il recupero della polvere prima di essere rilasciato in atmosfera. L’efficienza dell’impianto è richiesta, oltre che da motivi di tutela ambientale, soprattutto da motivi di produzione dato che la polvere recuperata costituisce una risorsa per il cementificio.

 

Traffico veicolare indotto

Il numero di mezzi pesanti che transitano è notevole.

 

Dispersione di polvere

Le lavorazioni sopra descritte possono dare luogo a dispersioni diffuse di polveri, specie in caso di fuoriuscite accidentali. E’ necessario il costante controllo dell’impianto, la frequente pulizia degli impianti con sistemi aspiranti e l’impiego di spazzatrici stradali per la pulizia dei piazzali dell’unità produttiva.

 

Scarichi idrici

A causa della possibilità della dispersione di polveri, come sopra descritto, le acque di lavaggio dei piazzali devono essere raccolte e convogliate ad un impianto di depurazione delle acque, prima di essere scaricate.

 

 


Foto n. 11: spazzatrice stradale nel piazzale antistante il mulino di macinazione del crudo (sullo sfondo i silos del clinker)

 

 



COTTURA DELLA MISCELA IN FORNO

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

La cottura è la fase centrale dell’intero processo produttivo del cemento. A partire dalla farina cruda si ottiene un prodotto cotto chiamato clinker che si presenta in forma di granuli.

Negli impianti di produzione del cemento per via secca, la farina cruda è introdotta in un forno rotativo grazie ad una tramoggia nella quale giunge per mezzo di una pompa pneumatica. Il processo di cottura si sviluppa in tre fasi successive: preriscaldo, sinterizzazione (alla temperatura di circa 1400 ° C la farina si trasforma in una massa pastosa e successivamente si agglomera in grani mentre avanza lungo il forno).

Negli impianti di produzione del cemento per via semi-secca con griglia Lepol, la farina cruda viene estratta e portata in quota mediante elevatore, dosata e umidificata con acqua in un piatto granulatore dove si formano agglomerati rotondeggianti di farina e acqua, i quali vengono trasportati su un tappeto all’interno della griglia Lepol dove avviene una precottura del materiale che poi deve essere introdotto in forno.

Le pareti interne della griglia Lepol di precottura sono rivestite di materiale refrattario e settimanalmente viene effettuata la loro disincrostazione con l’impiego di acqua ad alta pressione.

In entrambi i processi produttivi, in genere il preriscaldo avviene utilizzando i gas caldi della combustione in forno; il raffreddamento del clinker avviene mediante aria fredda in un apposito raffreddatore a griglia con pareti rivestite di materiale refrattario, nel quale la temperatura del clinker si riduce da circa 1000 °C all’uscita del forno, fino a circa 100 °C prima di essere immagazzinato in appositi capannoni o silos per mezzo di trasportatori metallici grigliati.

Tutto l’impianto è posto sotto aspirazione e il flusso di aria inquinata dalle polveri e dai fumi di combustione è inviata ad un impianto di abbattimento delle emissioni con recupero delle polveri.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Forno rotativo semi-orizzontale

Si tratta di un forno rotativo semi-orizzontale, costituito da un lungo cilindro di acciaio rivestito internamente da materiale refrattario, alimentato a carbone con accensione a gasolio (talvolta al posto del gasolio è utilizzato il metano o altro combustibile gassoso prodotto da rifiuti). Le dimensioni del forno sono notevoli, ad esempio una azienda del comparto dispone di un forno di diametro 3 metri e lungo 30 metri. Il forno è dotato di basi di appoggio con rulli e anelli di rotolamento, in genere posti non solo alle estremità ma anche a distanze intermedie (ad esempio al centro).

Il forno è oggetto di manutenzione periodica soprattutto per la riparazione e il rifacimento del refrattario interno, previa demolizione del vecchio refrattario e delle scorie che si possono essersi incrostate ad esso. Tale operazione comporta la fermata dell’impianto e l’ingresso dei lavoratori dentro il forno, i quali provvedono alla demolizione del refrattario e alla disincrostazione utilizzando attrezzature manuali, in particolare martelli pneumatici.

 

 


Foto n. 12: forno rotativo semi-orizzontale. Sullo sfondo il deposito del clinker.



Foto n. 13: forno rotativo semi-orizzontale visto dalla sommità della torre di frantumazione e polverizzazione (impianto di produzione per via secca). Si notino l’anello centrale che poggia su un supporto di rotolamento e, a sinistra del forno, la base del camino collegato all’uscita dell’elettrofiltro per l’abbattimento delle emissioni in atmosfera.

 



Foto n. 14: estremità del forno rotativo dal lato della torre di frantumazione e polverizzazione (impianto per via secca). Sullo sfondo il camino per il rilascio delle emissioni in atmosfera.

 



Foto n. 15: depositi del clinker.

 




Foto n. 16: parte terminale del forno rotativo, con trasportatore e depositi del clinker (a destra), stoccaggio carbone (in fondo a sinistra), vista dalla torre di frantumazione e polverizzazione.

 

 


FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a gas, fumi e polveri

descrizione

Durante la cottura della farina in forno (alimentato a carbone con avvio a gasolio) si possono diffondere fumi di combustione e polveri ai quali possono essere esposti i lavoratori. Tra gli inquinanti che si possono maggiormente sviluppare sono presenti ossidi di azoto (NOx),  ossido di carbonio (CO), ecc.

Una notevole esposizione alle polveri si può avere durante le operazioni di manutenzione, in particolare durante la disincrostazione e demolizione del refrattario del forno.

danno atteso

L’esposizione a gas, fumi e polveri in questa fase lavorativa, può essere causa di irritazione delle vie respiratorie e delle mucose, broncopneumopatie, ossicarbonismo, specie in caso scarsa efficienza dell'impianto di aspirazione localizzata sul forno. Rischi aggiuntivi sono presenti in caso nel forno di cottura vengano introdotti combustibili da rifiuti, pnuematici usati o altro.

interventi prevenzionistici

-         Valutare la pericolosità dei prodotti di combustione dei materiali introdotti in forno.

-         Dotare i forni di cottura di idoneo ed efficace sistema di aspirazione.

-         Predisporre procedure standardizzate per la manutenzione dell’impianto di cottura, in particolare per la demolizione e rifacimento del refrattario.

-         Utilizzare D.P.I. (maschere filtranti, occhiali, tute).

-         Attuare norme igienico-comportamentali.

-         Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli esposti.

-         Per altre indicazioni si veda anche la fase “manutenzione meccanica”.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 547 del 1955 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 303 del 1956 e s.m.i.

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore in questa fase lavorativa deriva prevalentemente dai bruciatori del forno, dal rotolamento del forno e del materiale sottoposto a cottura all’interno del forno.

Una notevole esposizione al rumore può riguardare gli addetti alla manutenzione, in particolare durante le operazioni di disincrostazione e demolizione del refrattario con martelli pneumatici all’interno del forno.

stima

La rumorosità al palco del forno è in genere superiore a 85 dB(A) e inferiore a 90 dB(A). Ad esempio in una azienda del comparto è stato misurato un Leq di 88,4 dB(A). L’esposizione personale è mitigata dal fatto che non si tratta di una postazione di lavoro fissa.

Le operazioni di demolizione all’interno del forno con utilizzo di martelli pneumatici danno luogo a livelli di rumorosità molto elevati (superiori a 90 dB(A) ).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi. Questi ultimi si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Come conseguenza della necessità di parlare ad alta voce per le comunicazioni verbali, in presenza di rumore si può verificare l’affaticamento delle corde vocali, che può essere una concausa (insieme alla esposizione a microclima sfavorevole e a polveri) per l’insorgenza di laringopatie con ipofonesi.

interventi prevenzionistici

-         Effettuare una regolare manutenzione dell’impianto.

-         Insonorizzare le macchine più rumorose e separarle dagli altri locali di lavoro.

-         Sostituire le macchine più vecchie e rumorose con altre nuove meno rumorose.

-         Organizzare il lavoro in modo da ridurre i tempi di esposizione dei lavoratori.

-         Effettuare la valutazione del rumore ed applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91 riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

-         Si veda la fase “manutenzione meccanica” per ulteriori indicazioni.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a calore radiante, microclima caldo, lavoro in prossimità di superfici calde

descrizione

Le tubazioni dell’aria calda di essiccazione possono essere ad elevata temperatura e quindi generare calore radiante. L’esposizione dei lavoratori al microclima caldo è maggiore durante gli interventi di manutenzione e il disagio può essere aggravato nella stagione estiva. Le operazioni di manutenzione dell’impianto di cottura, come il rifacimento del refrattario, avvengono ad impianto fermo, tuttavia piccole riparazioni possono esporre gli addetti a calore radiante. Il personale che effettua la ronda può essere esposto a sbalzi di temperatura tra un reparto e l’altro, specie durante la stagione invernale.

danno atteso

Sono possibili ustioni per contatto accidentale con superfici calde; difficoltà respiratorie, stress termico, osteoartropatie dovute al microclima sfavorevole. Gli sbalzi di tempereratuta possono essere causa di malattie da raffreddamento e osteoarticolari.

interventi prevenzionistici

-         Coibentare le superfici calde, specie quelle con le quali gli addetti possono venire a contatto.

-          Indossare D.P.I. (guanti anticalore e indumenti adeguati).

-         Organizzare il lavoro in modo tale da minimizzare la permanenza in prossimità della sorgente di forte calore radiante, programmare modalità di acclimatamento e turnazione degli addetti, pause di riposo in ambienti climatizzati e la possibilità di reintegrare i liquidi bevendo spesso bevande fresche arricchite di sali minerali.

-         Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art.11 “Temperatura” e Art.13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norma UNI EN 563 (vedere 6.1.26)

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

La rotazione del forno può essere causa di presa e trascinamento, specie nel caso di interventi di manutenzione in prossimità dello stesso.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

-         Rendere inaccessibili le zone pericolose dei macchinari, tramite ripari fissi o dotati di dispositivo di interblocco.

-         Non effettuare interventi di manutenzione sui macchinari mentre sono in movimento.

-         Non effettuare oliatura degli ingranaggi delle macchine in movimento, se non utilizzando oliatori con beccucci di materiale frangibile e di lunghezza tale da consentire all’operatore di mantenersi a distanza di sicurezza. La distanza di sicurezza può essere garantita ad esempio da una griglia metallica, fissa o munita di dispositivo di interblocco, posta a sufficiente distanza dalla zona pericolosa.

-         Indossare indumenti non svolazzanti che potrebbero essere presi e trascinati dagli organi mobili dei macchinari.

-         Fare precedere da un segnale ottico-acustico ogni avviamento dell’impianto.

-         L’interruzione e il successivo ritorno della energia elettrica non deve comportare il riavviamento automatico della macchina.

-         Le macchine devono essere installate, utilizzate, manutenute, riparate e regolare in modo conforme alle istruzioni del costruttore, specie quelle vecchie prive di marcatura CE, ove esistenti.

-         Adottare procedure standardizzate di intervento per la mautenzione.

-         Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n.547 del 27.04.1955 e s.m.i.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN.

 

Esposizione a vibrazioni

descrizione

L’utilizzo di martelli pneumatici per la disincrostazione e demolizione del refrattario del forno comporta l’esposizione a vibrazioni del sistema mano-braccio.

stima

Questo tipo di vibrazioni sono in genere da ritenersi di entità significativa, sia per ampiezza e che per frequenza.

danno atteso

L’esposizione a vibrazioni può essere causa di danni alla circolazione, ai nervi e alle articolazioni (Sindrome di Raynaud). L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi e all’entità di esposizione. Il fumo da sigaretta e il freddo eccessivo aggravano i danni circolatori dovuti alle vibrazioni.

interventi prevenzionistici

È necessario utilizzare martelli pneumatici del tipo a bassi livelli di vibrazione o minore impatto vibratorio, utilizzare impugnature smorzanti le vibrazioni, ridurre i tempi di esposizione alternando le lavorazioni tra più addetti, indossare indumenti adeguati, informare gli addetti sui maggiori rischi della esposizione a vibrazioni in caso siano fumatori o siano soliti esporsi per tempi prolungati a basse temperature, formare gli addetti alle corrette procedure di lavoro e sottoporli a sorveglianza sanitaria.

riferimenti normativi

-         D.M.L. del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"

-         Art. 46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.

-         Art. 24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del 19.3.1956

-         9.9.3 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per movimentazione".

-         1.5.9 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".

-         1.5.9 "Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente" D.P.R. n. 459 del 24.07.1996

-         Comunicazione CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".

-         Norma UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.38): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".

-         D.M. 30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2): «Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".

-         Comunicazione CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine, modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE  e 93/68/CEE".

 

Lavoro disagevole in spazi ristretti

descrizione

L’operatore addetto alle operazioni di scalpellatura e rifacimento del rivestimento refrattario del forno, lavora dall’interno dello stesso e quindi in un ambiente particolarmente disagevole, dove tra l’altro è esposto a polveri, rumore, vibrazioni, microclima (come sopra descritto) i quali sono tutti fattori che concorrono ad aumentare il disagio durante il lavoro e aumentare il rischio di infortuni.

danno atteso

Ferite e contusioni per urti e cadute. Disaffezione al lavoro, stress.

interventi prevenzionistici

-         Predisporre procedure di manutenzione standardizzate.

-         Gli addetti alla manutenzione che lavorano all’interno del forno devono operare sotto la stretta sorveglianza di un collega all’esterno del forno.

-         Turnazione della mansione e pause di riposo.

-         Gli addetti devono essere adeguatamente informati e formati sia sulle corrette procedure di lavoro, sia sulle modalità di primo soccorso.

 

Lavoro notturno

descrizione

L’orario di lavoro degli addetti alle lavorazioni sopra descritte, eseguite a ciclo continuo, si articola nelle 24 ore divise in tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno, quindi anche durante il periodo notturno.

danno atteso

Il lavoro notturno può essere causa di alterazioni dei ritmi sonno-veglia e in generale dei bioritmi circadiani, squilibrio delle abitudini alimentari, irritabilità, inclinazione alla depressione, oltre a possibili ripercussioni sulla vita familiare e sociale del lavoratore. Il disagio è maggiore per la concomitanza con gli altri fattori di rischio presenti, in particolare l’esposizione a polveri e rumore.

interventi prevenzionistici

È importante una corretta organizzazione del lavoro volta a ridurre per quanto possibile il lavoro notturno, ed attuare le misure volte ad eliminare o ridurre alla fonte i rischi di esposizione a polveri e rumore come sopra indicato.

È bene organizzare i turni in modo da ridurre al minimo il numero di notti lavorative consecutive per lo stesso lavoratore, collocare il cambio dei turni in orari che permettano il rispetto dei ritmi biologici (sonno, pasti, ecc…) e comunicare agli addetti il calendario dei turni con sufficiente anticipo.

La disciplina del lavoro notturno è stata recentemente innovata dal D.Lgs. n. 532 del 26.11.1999, cui si rimanda per informazioni più dettagliate. Si ricorda qui che  il datore di lavoro deve, a propria cura e spese, per il tramite del medico competente, sottoporre i lavoratori notturni ad accertamenti preventivi e periodici volti a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno e a controllare ogni due anni il loro stato di salute. Nel caso in cui sopraggiungano condizioni che comportano l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata tramite il medico competente, è garantita al lavoratore l'assegnazione ad altre mansioni o altri ruoli diurni.

Il datore di lavoro, prima di adibirli al lavoro, deve informare i lavoratori notturni e il rappresentante della sicurezza sui maggiori rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno, ove presenti, e disporre appropriate misure di protezione personale e collettiva in funzione dei rischi aggiuntivi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno. Ad esempio, in caso di ridotta presenza di personale durante la notte, è opportuno che in uno stesso reparto nessun lavoratore venga lasciato solo, in modo che gli sia garantita la necessaria assistenza in caso di infortunio.

riferimenti normativi

Il D.Lgs. n.532 del 26.11.1999 "Disposizioni in materia di lavoro notturno, a norma dell'Art.17, comma 2, della Legge n.25 del 05.02.1999", applica allo stato italiano i principi della Direttiva Europea 93/104/CE in riferimento ad alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Il decreto si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati che utilizzano lavoratori con prestazioni di lavoro notturno, ad eccezione di quelli dei settori dei trasporti nonché delle "attività dei medici in formazione".

 

 

APPALTI ESTERNI

Questa fase lavorativa non viene appaltata in quanto fase centrale di tutto il processo produttivo.

 

 


IMPATTO ESTERNO

 

Emissioni in atmosfera

I fumi e le polveri provienti dall’impianto di aspirazione alla bocca del forno, vengono inviati ad una torre di condizionamento e da essa ad un elettrofiltro, prima di essere convogliate ad un camino.


 


Foto n. 17: torre di condizionamento dei fumi provenienti dal forno prima di essere immessi nell’elettrofiltro.

 

Diffusione di rumore nell’ambiente circostante

Le lavorazioni rumorose sopra descritte possono dare luogo ad elevati livelli di rumore e, se non è prevista un’adeguata insonorizzazione, possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente nelle adiacenze dell’impianto produttivo, specie in considerazione del fatto che la produzione avviene a ciclo continuo 24 ore su 24 e quindi anche nelle ore notturne

Le macchine rumorose possono essere insonorizzare segregandole con strutture fonoisolanti-fonoassorbenti. È opportuno che anche i ventilatori dell’impianto di abbattimento delle emissioni in atmosfera siano insonorizzati e siano presenti silenziatori sui camini.

 

Produzione di rifiuti

La polvere di recupero dall’elettrofiltro è prevalentemente costituita da solfati di sodio e di potassio; essa è riutilizzata totalmente per la macinazione del cemento e della calce idraulica (si veda la fase additivazione e macinazione del clicker).

 

 


STOCCAGGIO E MACINAZIONE DEL CARBONE

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Come si è descritto alla fase cottura della miscela in forno, il combustibile principale per la conduzione del forno è un combustibile solido polverizzato (carbone), costituito prevalentemente da carbonio libero con la presenza di composti del carbonio con idrogeno e ossigeno, zolfo, sostanze inorganiche che dopo la combustione restano come ceneri e acqua che ne costituisce l’umidità.

Il carbone arriva allo stabilimento produttivo in pezzatura per mezzo di autocarri e scaricato in una apposita tramoggia di scarico dalla quale viene prelevato con nastri trasportatori o con un carroponte a benna e introdotto in un silos di stoccaggio. Prima di essere utilizzato come combustibile, il carbone viene macinato e contemporaneamente essiccato tramite un apposto mulino ventilato con aria calda, che consente di ottenere polvere di carbone della finezza e secchezza necessaria ad una regolare combustione in forno.

Il deposito di carbone è una attività soggetta al controllo di prevenzione incendi da parte dei Vigili del Fuoco.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Tramoggia di scarico automezzi

Si tratta di una grande tramoggia posta ad una quota inferiore rispetto al piano di transito degli automezzi per facilitarne lo scarico del carbone. Dal fondo della tramoggia il materiale viene estratto per mezzo di nastri trasportatori o con carroponte a benna. La corrazzatura interna, i nastri trasportatori, i gruppi di comando e le protezioni antinfortunische sono oggetto di manutenzione periodica da parte degli addetti.

 

Mulino ventilato ad aria calda per la macinazione del carbone

Si tratta di mulini di tipo tubolare o di tipo verticale, a pista e rulli o a pista e sfere, del tutto simili a quelli descritti per la macinazione della farina. La temperatura dell’aria in uscita è di 70-80°C circa.

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore deriva principalmente dal mulino di macinazione del carbone.

stima

Il rumore in prossimità del mulino è in genere superiore a Leq 95 dB(A).

L’esposizione personale è mitigata dal fatto che non si tratta di una postazione di lavoro fissa.

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi. Questi ultimi si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Come conseguenza della necessità di parlare ad alta voce per le comunicazioni verbali, in presenza di rumore si può verificare l’affaticamento delle corde vocali, che può essere una concausa (insieme alla esposizione a microclima sfavorevole e a polveri) per l’insorgenza di laringopatie con ipofonesi.

interventi prevenzionistici

-         Effettuare una regolare manutenzione dell’impianto.

-         Insonorizzare le macchine più rumorose e separarle dagli altri locali di lavoro.

-         Sostituire le macchine più vecchie e rumorose con altre nuove meno rumorose.

-         Organizzare il lavoro in modo da ridurre i tempi di esposizione dei lavoratori.

-         Effettuare la valutazione del rumore ed applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91 riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a calore radiante, microclima caldo, lavoro in prossimità di superfici calde

descrizione

Le tubazioni dell’aria calda di essiccazione dal molino e dai trasporti del carbone possono essere ad elevata temperatura e quindi generare calore radiante. L’esposizione dei lavoratori al microclima caldo è maggiore durante gli interventi di manutenzione e il disagio può essere aggravato nella stagione estiva. Il personale che effettua la ronda può essere esposto a sbalzi di temperatura tra un reparto e l’altro, specie durante la stagione invernale.

danno atteso

Sono possibili ustioni per contatto accidentale con superfici calde; difficoltà respiratorie, stress termico, osteoartropatie dovute al microclima sfavorevole. Gli sbalzi di tempereratuta possono essere causa di malattie da raffreddamento e osteoarticolari.

interventi prevenzionistici

-         Coibentare le superfici calde, specie quelle con le quali gli addetti possono venire a contatto.

-          Indossare D.P.I. (guanti anticalore e indumenti adeguati).

-         Locali di ristoro e cabine climatizzate.

-         Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art.11 “Temperatura” e Art.13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norma UNI EN 563 (vedere 6.1.26)

 

Esposizione a polvere di carbone

descrizione

Durante la macinazione e movimentazione del carbone, tutto l’impianto è posto in depressione per esigenze produttive (la polvere è una risorsa pertanto se ne deve disperdere il meno possibile). Ciò nonostante  si possono diffondere polveri alle quali possono essere esposti gli addetti, specie in caso di fuoriuscite accidentali e manutenzione.

Il valore TLV - MAC per le polveri di carbone coke è 15 mg/m3.

danno atteso

L’esposizione a polveri di carbone può essere causa di irritazione delle vie respiratorie e  broncopneumopatie.

interventi prevenzionistici

Per ridurre l'esposizione è necessario un adeguato impianto di aspirazione localizzata nei punti da dove si possono diffondere polveri; in caso di movimentazione manuale è necessario indossare una maschera antipolvere (oltre agli altri indumenti protettivi quali tute, guanti, ecc…).

Devono essere rispettate le norme igieniche come riportato precedentemente (pulizia dei locali, docce, spogliatoi, armadietti, ecc…) ed essere effettuata l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 547 del 1955 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 303 del 1956 e s.m.i.

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi mobili delle macchine dell’impianto di trasporto, macinazione, essicazione del carbone possono essere causa di infortuni dovuti a presa e trascinamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

-         Rendere inaccessibili le zone pericolose dei macchinari, tramite ripari fissi o dotati di dispositivo di interblocco.

-         Non effettuare interventi di manutenzione sui macchinari mentre sono in movimento.

-         Non effettuare oliatura degli ingranaggi delle macchine in movimento, se non utilizzando oliatori con beccucci di materiale frangibile e di lunghezza tale da consentire all’operatore di mantenersi a distanza di sicurezza. La distanza di sicurezza può essere garantita ad esempio da una griglia metallica, fissa o munita di dispositivo di interblocco, posta a sufficiente distanza dalla zona pericolosa.

-         Indossare indumenti non svolazzanti che potrebbero essere presi e trascinati dagli organi mobili dei macchinari.

-         Fare precedere da un segnale ottico-acustico ogni avviamento dell’impianto.

-         L’interruzione e il successivo ritorno della energia elettrica non deve comportare il riavviamento automatico della macchina.

-         Le macchine devono essere installate, utilizzate, manutenute, riparate e regolare in modo conforme alle istruzioni del costruttore, specie quelle vecchie prive di marcatura CE, ove esistenti.

-         Adottare procedure standardizzate di intervento per la mautenzione.

-         Informazione e formazione dei lavoratori.

Per i nastri trasportatori si veda anche la precendente trattazione riportata alla fase “frantumazione della marna”.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n.547 del 27.04.1955 e s.m.i.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN.

 

Stoccaggio di materiale combustibile

descrizione

La grande quantità di carbone stoccato costituisce un notevole carico di incedio. Il materiale è solitamente stoccato con umidità di circa l’8%, ma l’azione dei raggi solari per lunghi periodi (ad esempio durante i mesi caldi) potrebbe provocare l’essicazione del materiale con conseguente maggior rischio di incendio e di  dispersione delle polveri.

danno atteso

Incendio con conseguenti possibili intossicazioni, ustioni, lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

-         Stoccaggio corretto del carbone in una cella di stoccaggio chiusa e coperta in modo da sottrarre il materiale in deposito all’azione dei raggi solari e del vento.

-         Verificare periodicamente il grado di umidità del carbone stoccato.

-         Attuare le misure di sicurezza previste per il rilascio del C.P.I. (Certificato di Prevenzione Incendi) in particolare per quanto riguarda i rischi di innesco (vietare e segnalare il divieto di fumare e di usare fiamme libere, impianto elettrico idoneo alla classificazione di pericolosità del luogo ove è installato), la rilevazione automatica di incendi, le vie di fuga (vie sgombre, senso corretto di apertura delle porte, maniglie antipanico, ecc..), l’illuminazione di emergenza, la segnaletica - cartellonistica, la resitenza al fuoco delle strutture, i mezzi estinguenti, la riserva idrica di spegnimento e il relativo sistema di spinta.

-         Predisporre il piano di sicurezza antincendio.

-         Formare gli addetti alla gestione delle emergenze.

-         Informare e formare tutti i lavoratori.

riferimenti normativi

-         Norme generali di prevenzione incendi.

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Lavoro notturno

descrizione

L’orario di lavoro degli addetti alle lavorazioni sopra descritte, eseguite a ciclo continuo, si articola nelle 24 ore divise in tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno, quindi anche durante il periodo notturno.

danno atteso

Il lavoro notturno può essere causa di alterazioni dei ritmi sonno-veglia e in generale dei bioritmi circadiani, squilibrio delle abitudini alimentari, irritabilità, inclinazione alla depressione, oltre a possibili ripercussioni sulla vita familiare e sociale del lavoratore. Il disagio è maggiore per la concomitanza con gli altri fattori di rischio presenti, in particolare l’esposizione a polveri e rumore.

interventi prevenzionistici

È importante una corretta organizzazione del lavoro volta a ridurre per quanto possibile il lavoro notturno, ed attuare le misure volte ad eliminare o ridurre alla fonte i rischi di esposizione a polveri e rumore come sopra indicato.

È bene organizzare i turni in modo da ridurre al minimo il numero di notti lavorative consecutive per lo stesso lavoratore, collocare il cambio dei turni in orari che permettano il rispetto dei ritmi biologici (sonno, pasti, ecc…) e comunicare agli addetti il calendario dei turni con sufficiente anticipo.

La disciplina del lavoro notturno è stata recentemente innovata dal D.Lgs. n. 532 del 26.11.1999, cui si rimanda per informazioni più dettagliate. Si ricorda qui che  il datore di lavoro deve, a propria cura e spese, per il tramite del medico competente, sottoporre i lavoratori notturni ad accertamenti preventivi e periodici volti a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno e a controllare ogni due anni il loro stato di salute. Nel caso in cui sopraggiungano condizioni che comportano l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata tramite il medico competente, è garantita al lavoratore l'assegnazione ad altre mansioni o altri ruoli diurni.

Il datore di lavoro, prima di adibirli al lavoro, deve informare i lavoratori notturni e il rappresentante della sicurezza sui maggiori rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno, ove presenti, e disporre appropriate misure di protezione personale e collettiva in funzione dei rischi aggiuntivi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno. Ad esempio, in caso di ridotta presenza di personale durante la notte, è opportuno che in uno stesso reparto nessun lavoratore venga lasciato solo, in modo che gli sia garantita la necessaria assistenza in caso di infortunio.

riferimenti normativi

Il D.Lgs. n.532 del 26.11.1999 "Disposizioni in materia di lavoro notturno, a norma dell'Art.17, comma 2, della Legge n.25 del 05.02.1999", applica allo stato italiano i principi della Direttiva Europea 93/104/CE in riferimento ad alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Il decreto si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati che utilizzano lavoratori con prestazioni di lavoro notturno, ad eccezione di quelli dei settori dei trasporti nonché delle "attività dei medici in formazione".

 

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non viene appaltata.

 

 

 

 

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

In questa fase lavorativa sono presenti i seguenti fattori di impatto ambientale:

 

Diffusione di rumore nell’ambiente circostante

Le lavorazioni rumorose sopra descritte possono dare luogo ad elevati livelli di rumore e, se non è prevista un’adeguata insonorizzazione, possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente nelle adiacenze dell’impianto produttivo, specie in considerazione del fatto che la produzione avviene a ciclo continuo 24 ore su 24 e quindi anche nelle ore notturne

Le macchine rumorose possono essere insonorizzare segregandole con strutture fonoisolanti-fonoassorbenti. È opportuno che anche i ventilatori dell’impianto di abbattimento delle emissioni in atmosfera siano insonorizzati e siano presenti silenziatori sui camini.

 

Emissioni in atmosfera

I fumi e le polveri provienti dall’impianto di aspirazione sul mulino di macinazione ed essiccazione del carbone, vengono inviati ad un impianto di abbattimento prima di essere rilasciati in atmosfera. L’efficienza dell’impianto è richiesta, oltre che da motivi di tutela ambientale, soprattutto da motivi di produzione dato che la polvere di carbone recuperata costituisce una risorsa per il cementificio.

 

Dispersione di polvere

Le lavorazioni sopra descritte possono dare luogo a dispersioni diffuse di polveri, specie in caso di fuoriuscite accidentali. E’ necessario il costante controllo dell’impianto, la frequente pulizia degli impianti con sistemi aspiranti e l’impiego di spazzatrici stradali per la pulizia dei piazzali dell’unità produttiva.

La cella di stoccaggio del carbone deve essere chiusa e coperta in modo da sottrare il materiale in deposito  alla azione del vento e dei raggi solari. 

 

Scarichi idrici

A causa della possibilità della dispersione di polveri, come sopra descritto, le acque di lavaggio dei piazzali devono essere raccolte e convogliate ad un impianto di depurazione delle acque, prima di essere scaricate.

 

 

In questa fase lavorativa sono presenti i seguenti fattori di rischio ambientale:

 

Incendio

In caso di incendio, oltre ai possibili danni ai lavoratori, danni alle strutture, perdita di risorse (carbone, acqua), si possono diffondere nell’ambiente una notevole quantità di fumi di combustione e si possono disperdere le acque utilizzate per lo spegnimento, con conseguente inquinamento dell’aria, del suolo e delle acque.

È necessario attuare le misure di prevenzione incendi sopra descritte per la tutela dei lavoratori al paragrafo stoccaggio di materiale combustibile e prevedere un sistema di raccolta di adeguata capacità delle acque utilizzate per lo spegnimento in caso di incendio.

 

 

 


ADDITIVAZIONE E MACINAZIONE DEL CLINKER

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Questa fase lavorativa ha lo scopo di ottenere finalmente il cemento attraverso la macinazione del clinker, il quale costituisce il semilavorato di base, al quale si aggiungono materiali a seconda del tipo di cemento che si intende produrre. In genere si aggiungono la marna e il calcare come correttivi e il gesso che, introdotto nella misura del 3 - 7%, svolge la funzione di ritardante di presa per la preparazione di ogni qualità di cemento.

Il gesso è prevalentemente composto da solfato di calcio biidrato e giunge al cementificio in pezzatura tramite autocarri che lo scaricano in apposite tramogge dalle quali viene estratto con nastri trasportatori o con carroponte a benna per essere introdotto nei silos di stoccaggio.

La macinazione del clinker insieme al gesso, ai correttivi e agli additivi, avviene in appositi mulini, chiamati mulini di macinazione del cotto.

Nel mulino, per la produzione di alcuni tipi di cemento, si aggiungono anche additivi liquidi la cui funzione è di accelerante-fluifidicante; in alcuni cementifici avviene anche la produzione di calce idraulica ed allo scopo è utilizzato uno specifico additivo come aerante-ritentore di acqua. Gli additivi giungono al cementificio in autocisterne che scaricano i liquidi in serbatoi di stoccaggio mediante le pompe installate a bordo dei mezzi stessi.

Per la produzione di alcuni tipi di cemento il prodotto in uscita dalla macinazione viene mescolato insieme alle polveri recuperate dall’elettrofiltro di abbattimento delle emissioni in atmosfera dal forno di cottura.

Il cemento ottenuto si presenta in forma di polvere fine i cui costituenti fondamentali sono silicati, alluminati e ferriti di calcio.

Anche in questa fase lavorativa non sono previste postazioni di lavoro fisse, ma il personale effettua la ronda per controllare il funzionamento dell’impianto e interviene solo per la pulizia tramite unità di aspirazione centralizzata fissa o mobile e/o per interventi di manutenzione.

Le operazioni di controllo e/o regolazione nel reparto sono in genere effettuate dal personale di controllo con macchine in moto e/o apparecchiature elettriche in tensione. Rientrano tra le operazioni di controllo gli interventi di pulizia per mezzo di sistemi di aspirazione, l’ingrassaggio con apposito attrezzo manuale delle macchine o degli impianti privi di ingrassatore automatico, controlli visivi ed eventualmente strumentali delle parti elettriche, controlli strumentali sugli organi di rilevamento delle grandezze fisiche utilizzate per il controllo e comando remoto dalla sala centralizzata.

Gli addetti al controllo qualitativo e al laboratorio chimico si occupano del ritiro dei campioni di materiali solidi, prelevati in modo automatico da una apposita macchina campionatrice, per le necessarie analisi di laboratorio. Il ritiro del campione di cemento prodotto avviene circa ogni 2-3 ore.

I campioni degli additivi liquidi sono prelevati dagli addetti da appositi rubinetti tramite attrezzature manuali.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Tramoggia di scarico automezzi

Si tratta di una grande tramoggia posta ad una quota inferiore rispetto al piano di transito degli automezzi per facilitarne lo scarico del gesso. Dal fondo della tramoggia il materiale viene estratto per mezzo di nastri trasportatori o con carroponte a benna. La corrazzatura interna, i nastri trasportatori, i gruppi di comando e le protezioni antinfortunische sono oggetto di manutenzione periodica da parte degli addetti.

 

Carroponte a benna

Si tratta di un apparecchio di sollevamento utilizzato per estrarre il materiale in pezzatura dalle tramogge di scarico degli automezzi e introdurlo nel trasportatore di carico dell’impianto di macinazione. Il carroponte a benna è in genere una gru a ponte costituita essenzialmente da un ponte traslabile, da un carrello anch’esso traslabile che accoglie i comandi e dai tamburi di avvolgimento delle funi di manovra della benna. La macchina è comandata da un addetto che opera tramite manipolatori dall’interno di una cabina.

Il carroponte è oggetto di manutenzione per la periodica verifica ed eventuale sostituzione delle funi di sollevamento, della apertura-chiusura della benna o della benna stessa; sostituzione di motori, riduttori, tamburi fumi, ruote, binari, parti elettriche; riparazioni di carpenteria metallica; verifica e ripristino di dispositivi di sicurezza.

 

Impianto di macinazione del cotto e stoccaggio del cemento prodotto

Il materiale da macinare viene estratto dalle tramogge e portato in quota tramite un elevatore per essere introdotto nel mulino di macinazione.

Gli eventuali additivi liquidi utilizzati per la produzione di alcuni tipi di cemento, sono estratti dai serbatoi di stoccaggio tramite pompe dosatrici a pistoni e inviati all’interno del mulino.

Analogamente all’impianto di macinazione del crudo, anche in questo caso si tratta di impianti a ciclo chiuso, dove il mulino di macinazione è collegato ad un filtro di processo per la raccolta del materiale prodotto in polvere. Il filtro è del tipo a maniche in tessuto (ad esempio 350 – 700 maniche) ed è dotato di macchine accessorie per la raccolta e il trasporto del materiale prodotto (elevatori, coclee di trasporto, pompe pneumatiche, ecc…).

Si tratta in genere di mulini a cilindro orizzontale ruotante rivestito internamente di corazze in fusione di acciaio; all’interno sono presenti sfere di acciaio (diametro variabile tra i 2,5 ed i 9 cm) che svolgono la funzione di corpi macinanti, ricadendo all’interno del cilindro mentre ruota sul proprio asse. Tale procedimento determina la polverizzazione del prodotto e al tempo stesso comporta una progressiva usura delle sfere di acciaio e delle corazze interne dei cilindri. Allo scarico del mulino è montato un disco fessurato, detto diaframma, attraverso il quale passa il materiale macinato (chiamato semola), facilitato dalla depressione a cui è sottoposto l’impianto dal ventilatore del filtro di processo. In alcune aziende sono presenti mulini a camera doppia, separate da un diaframma fessurato, dove nella prima sono presenti sfere dal diametro di 70 – 90 mm che realizzano una macinazione più grossolana e nella seconda sono presenti sfere dal diametro di 25 – 60 mm che realizzano una macinazione più fine. In una stessa azienda sono talvolta presenti entrambi i tipi di mulino (a camera singola o doppia).

La semola, uscita dal mulino attraverso il diaframma, cade in un elevatore che lo porta ad un separatore.

Il separatore utilizzato per il materiale in uscita dai mulini a camera singola è in genere costituito da un involucro metallico contenente due tramogge (una interna ed una esterna), un piatto rotante ed un certo numero di lamine metalliche di lunghezza regolabile chiamate valvole. La semola cade sul piatto rotante e per forza centrifuga si porta verso l’esterno della tramoggia interna, mentre la corrente d’aria, creata dal ventilatore del filtro di processo e dalle pale del piatto ruotante, permette il passaggio dalla tramoggia interna a quella esterna, solo del materiale di una certa finezza, in quantità che dipende dalla posizione della valvola e dalla finezza del materiale stesso. Cio che passa nella tramoggia esterna è il prodotto finito che cade, insieme alla polvere recuperata dal filtro a maniche, in una pompa pneumatica che lo invia ai silos di stoccaggio del cemento.

Un altro tipo di separatore, utilizzato in genere per il materiale in uscita dai mulini a camera doppia, è costituito da un cestello perforato, rotante a velocità variabile, interessato dalla corrente d’aria prodotta dal ventilatore del filtro a maniche. Questo permette di far giungere al filtro di recupero solo la quantità di polvere che ha raggiunto una certa finezza in relazione con la velocità di rotazione del cestello.

In entrambi i tipi di separatori, il materiale più grossolano che resta entro di essi viene trasportato nuovamente in ingresso al mulino di macinazione insieme al nuovo materiale di alimentazione.

Nei separatori, per la produzione di alcuni tipi di cemento, vengono immesse direttamente anche le polveri recuperate dall’elettrofiltro del forno di cottura, le quali sono stoccate in appositi silos metallici da dove vengono prima estratte per mezzo di eliche intubate a velocità variabile, poi pesate per mezzo di scivoli pesatori ed infine, grazie a pompe pneumatiche, introdotte nei separatori attraverso tubazioni metalliche. I silos di stoccaggio delle polveri recuperate dall’elettrofiltro del forno e l’impianto di estrazione sono posti in depressione tramite un filtro a maniche di depolverazione.

Il cemento prodotto viene stoccato in vari silos per mezzo di pompe pneumatiche. La scelta del silos dipende dal tipo di cemento prodotto e avviene con un opportuno collegamento della pompa del mulino con la tubazione metallica che porta nel silos prescelto, grazie a deviatori motorizzati comandati dalla sala centralizzata di controllo e comando. I silos del cemento prodotto sono costituiti da robuste strutture in cemento armato e depolverati tramite filtri a maniche.

I filtri a maniche sono dotati di sistemi automatici ad aria compressa per lo squotimento delle maniche, le polveri sono recuperate tramite coclee per essere riutilizzate nell’impianto produttivo, mentre l’aria depurata dalle maniche viene immessa in atmosfera tramite un camino.

Tutto l’impianto è oggetto di manutenzione ordinaria, analogamente a quanto precedentemente descritto per l’impianto di macinazione del materiale crudo.

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore deriva principalmente dal mulino di macinazione del clinker.

stima

Il rumore in prossimità del mulino è in genere superiore a Leq 95 dB(A). L’esposizione personale è mitigata dal fatto che non si tratta di una postazione di lavoro fissa.

All’interno della cabina del carroponte, in una azienda del comparto è stata misurata una rumosità di 75 dB(A), ma l’operatore per andare o ritornare dalla sua postazione di lavoro attraversa zone con rumorosità maggiore di 85 dB(A).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi. Questi ultimi si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Come conseguenza della necessità di parlare ad alta voce per le comunicazioni verbali, in presenza di rumore si può verificare l’affaticamento delle corde vocali, che può essere una concausa (insieme alla esposizione a microclima sfavorevole e a polveri) per l’insorgenza di laringopatie con ipofonesi.

interventi prevenzionistici

-         Effettuare una regolare manutenzione dell’impianto.

-         Insonorizzare le macchine più rumorose segregandole e separandole dagli altri locali di lavoro.

-         Sostituire le macchine più vecchie e rumorose con altre nuove meno rumorose.

-         Insonorizzare la cabina dell’opertatore addetto al carroponte.

-         Organizzare il lavoro in modo da ridurre i tempi di esposizione dei lavoratori.

-         Effettuare la valutazione del rumore ed applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91 riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi mobili delle macchine dell’impianto di trasporto e macinazione del clincker e degli additivi possono essere causa di infortuni dovuti a presa e trascinamento.

Altro possibile fattore di rischio è dato dal raggio di azione del carroponte (ove presente per movimentare il materiale in pezzatura da macinare) che potrebbe interferire con la zona di transito di veicoli e di personale, con la possibilità di urti e investimenti.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

-         Regolamentare l’accesso di persone e veicoli  alla zona interessata dal raggio di azione del carroponte. Ad esempio, in una azienda del comparto, ciò è stato realizzato intercettando l’ingresso e l’uscita degli autotreni dal capannone con sbarre automatiche e relativi semafori; l’apertura delle sbarre che permettono il transito dell’autotreno è condizionata da vari sensori che controllano la posizione relativa del carroponte e del veicolo. Inoltre è presente un sistema automatico di segnalazione ottico-acustica che segnala all’operatore addetto al carroponte l’ingresso di un veicolo nella zona compresa nel raggio di azione del carroponte. 

-         Rendere inaccessibili le zone pericolose dei macchinari, tramite ripari fissi o dotati di dispositivo di interblocco.

-         Non effettuare interventi di manutenzione sui macchinari mentre sono in movimento.

-         Non effettuare oliatura degli ingranaggi delle macchine in movimento, se non utilizzando oliatori con beccucci di materiale frangibile e di lunghezza tale da consentire all’operatore di mantenersi a distanza di sicurezza. La distanza di sicurezza può essere garantita ad esempio da una griglia metallica, fissa o munita di dispositivo di interblocco, posta a sufficiente distanza dalla zona pericolosa.

-         Indossare indumenti non svolazzanti che potrebbero essere presi e trascinati dagli organi mobili dei macchinari.

-         Fare precedere da un segnale ottico-acustico ogni avviamento dell’impianto.

-         L’interruzione e il successivo ritorno della energia elettrica non deve comportare il riavviamento automatico della macchina.

-         Le macchine devono essere installate, utilizzate, manutenute, riparate e regolare in modo conforme alle istruzioni del costruttore, specie quelle vecchie prive di marcatura CE, ove esistenti.

-         L’ambiente di lavoro deve essere sufficientemente illuminato e dotato di illuminazione di emergenza. Anche la cabina del carroponte deve essere provvista di illuminazione normale e di emergenza.

-         Adottare procedure corrette di lavoro, ad esempio per l’addetto alla gru – carroponte: evitare di effettuare manovre brusche o multiple contemporanee che possono dare luogo a pericolose oscillazioni del carico ed evitare di traslare il ponte con il carico davanti alla cabina di comando.

-         Adottare procedure standardizzate di intervento per la manutenzione (si veda la fase manutenzione meccanica).

-         Informazione e formazione dei lavoratori.

Per i nastri trasportatori si veda anche la precendente trattazione riportata alla fase “frantumazione della marna”.

Per il carroponte si veda anche la trattazione riportata alla fase “movimentazione meccanica dei carichi”.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n.547 del 27.04.1955 e s.m.i.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN.

 

Lavoro in aree dove transitano veicoli

descrizione

Il transito degli autotreni che trasportano materie prime (in questa fase si tratta prevalentemente di gesso) e di altri veicoli può comportare il rischio di investimento dei lavoratori del cementificio.

danno atteso

Lesioni traumatiche per investimento da automezzi.

prevenzione

Predisporre e segnalare orizzontalmente e verticalmente i percorsi separati per pedoni ed automezzi, segnalare zone di attraversamento, predisporre segnaletica di pericolo e di prescrizione (limite di velocità 5 Km. / ora, semafori, sbarre automatiche, ecc…)

Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-         Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a polvere

descrizione

Durante la macinazione e movimentazione di clinker, additivi e cemento, tutto l’impianto è posto in depressione per esigenze produttive (la polvere è una risorsa pertanto se ne deve disperdere il meno possibile). Ciò nonostante  si possono diffondere polveri alle quali possono essere esposti gli addetti, specie in caso di fuoriuscite accidentali e manutenzione.

Una postazione di lavoro che richiede una particolare valutazione della esposizione alla polvere è la cabina dell’addetto al carroponte, dove la polvere potrebbe entrare e difficilmente riuscire, determinando così un ambiente ad elevata polverosità. 

danno atteso

L’esposizione a polveri di clinker, additivi e cemento può essere causa di irritazione delle vie respiratorie e  broncopneumopatie.

interventi prevenzionistici

Per ridurre l'esposizione è necessario un adeguata aspirazione localizzata nei punti dell’impianto di additivazione e macinazione da quali si possono diffondere polveri; in caso di interventi di manutenzione o fuoriuscite accidentali è necessario indossare una maschera antipolvere (oltre agli altri indumenti protettivi quali tute, guanti, ecc…) e rimuovere subito il materiale fuoriuscito utilizzando sistemi di aspirazione industriali.

Per evitare che nella cabina dell’addetto al carroponte possano entrare e accumularsi polveri è adottata in genere una cabina resa stagna all’ingresso di polvere dall’esterno, realizzata con una struttura in ferro e doppi vetri con serramenti a tenuta, dotata di un impianto di condizionamento che la mantiene ad una pressione leggermente superiore rispetto all’ambiente esterno. La cabina così realizzata consente anche una riduzione della esposizione al rumore (specie se dotata di rivestimenti fonoassorbenti - fonoisolanti) e per favorire le comunicazioni dell’addetto al carroponte con gli altri operatori la cabina è dotata di telefono collegato al centralino interno dell’azienda. Il sistema di condizionamento è in grado anche di garantire il confort microclimatico dell’operatore sia in estate che in inverno, rinfrescando o riscaldando l’interno della cabina.

Devono essere rispettate le norme igieniche come riportato precedentemente (pulizia dei locali, docce, spogliatoi, armadietti, ecc…) ed essere effettuata l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 547 del 1955 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 303 del 1956 e s.m.i.

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a vibrazioni

descrizione

Una postazione di lavoro che può determinare una esposizione a vibrazioni è la cabina dell’addetto al carroponte, dovute alle normali manovre dei motori del carroponte.

stima

Questo tipo di vibrazioni sono in genere da ritenersi di lieve entità, sia per ampiezza e che per frequenza.

danno atteso

L’esposizione a vibrazioni può essere causa di danni alla circolazione, ai nervi e alle articolazioni (Sindrome di Raynaud). L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi e all’entità di esposizione. Il fumo da sigaretta e il freddo eccessivo aggravano i danni circolatori dovuti alle vibrazioni.

interventi prevenzionistici

-         La cabina del carroponte sia dotata di sedile anatomico in grado di attutire le vibrazioni.

-         Le leve di manovra del carroponte siano provviste di impugnature smorzanti le vibrazioni.

-         Effettuare una regolare manutenzione del carroponte in modo da eliminare eventuali anomalie che possono dare luogo a maggiori vibrazioni.

-         Climatizzare la cabina di manovra del carroponte.

-         Informare gli addetti sui maggiori rischi della esposizione a vibrazioni in caso siano fumatori o siano soliti esporsi per tempi prolungati a basse temperature.

-         Formazione degli addetti alle corrette procedure di lavoro.

riferimenti normativi

-         D.M.L. del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"

-         Art. 46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.

-         Art. 24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del 19.3.1956

-         9.9.3 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per movimentazione".

-         1.5.9 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".

-         1.5.9 "Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente" D.P.R. n. 459 del 24.07.1996

-         Comunicazione CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".

-         Norma UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.38): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".

-         D.M. 30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2): «Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".

-         Comunicazione CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine, modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE  e 93/68/CEE".

 

Contatto con prodotti chimici

descrizione

L’additivo fluidificante-accelerante per la produzione di alcuni tipi di cemento è costituito da una miscela in soluzione acquosa di sali inorganici e derivati azotati organici con limitata aggiunta di acido acetico come chiarificatore.

L’additivo utilizzato come aerante-ritentore di acqua per la produzione di calce idraulica è costituito da una soluzione acquosa a base di tensioattivi solfonati.

I lavoratori possono venire a contatto con tali prodotti in caso di fuoriuscite accidentali o durante la manutenzione degli impianti o il prelevamento dei campioni da analizzare o l’analisi in laboratorio.

Possibilità di cadute per scivolamento in caso di transito di personale su pavimenti resi scivolosi dai liquidi eventualmente sversati.

In caso di mancanza di etichettatura dei rubinetti dei serbatoi, delle tubazioni e dei recipienti utilizzati per travasi o per il conferimento dei campioni per analisi di laboratorio, sono possibili rischi di ingestione accidentale. In aziende di altri comparti sono accaduti diversi infortuni mortali per questo motivo.

danno atteso

Il danno atteso dipende dalla composizione specifica dei prodotti, riportata nelle schede di sicurezza dei prodotti stessi, e dalle modalità di impiego.

Possibilità di ferite e contusione per cadute da scivolamento.

interventi prevenzionistici

-         Valutare l’eventuale pericolosità dei prodotti utilizzati e la possibilità della loro sostituzione con altri meno pericolosi.

-         Attuare le indicazioni riportate nelle schede di sicurezza dei prodotti utilizzati e indossare i necessari Dispositivi di Protezione Individuali.

-         Evitare possibilità di sversamenti o sgocciolamenti, ad esempio: installare serbatoi di stoccaggio in sicurezza a doppio involucro; bacini per il  contenimento – raccolta – neutralizzazione di eventuali sversamenti; pavimenti grigliati con pozzetti di raccolta e/o contenitori grigliati (in materiale idoneo) da porre sotto i rubinetti e nei punti di possibile sversamento o sgocciolamento; effettuare la regolare manutenzione delle pompe; utilizzare mezzi idonei per il prelevamento dei campioni liquidi dai rubinetti dei serbatoi mediante contenitori di sicurezza a tenuta con tappo dotato di molla per la richiusura.

-         Rispettare le norme per la colorazione e etichettatura di serbatoi, tubazioni, rubinetti, contenitori (anche quelli utilizzati per piccoli travasi per l’analisi di laboratorio).

-         Predisporre procedure standardizzate per la manutenzione.

-         Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 547 del 27.04.1955 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 303 del 19.03.1956 e s.m.i.

-         D.Lgs. n. 626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

-         Legge n. 256 del 29.05.1974 “Classificazione e disciplina dell'imballaggio e dell'etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi”.

-         D.P.R. n. 927 del 24.11.1981 “Recepimento della direttiva del Consiglio delle Comunità europee n. 79/831/CEE del 18.09.1979, recante la sesta modifica della direttiva n. 67/548/CEE, relativa alla classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi”.

-         D.Lgs. n. 52 del 03.02.1997 “Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose”.

-         D.M.S. del 04.04.1997 “Attuazione dell'Art. 25, commi 1 e 2, del D.Lgs. n.52 del 03.02.1997, concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose, relativamente alla scheda informativa in materia di sicurezza”.

-         D.M.S. del 28.04.1997 “Attuazione dell'Art. 37, commi 1 e 2, del D.Lgs. n.52 del 03.02.1997, concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose”.

-         D.Lgs. n. 90 del 25.02.1998 “Modifiche al D.Lgs. n.52/1997”

-         D.Lgs. n. 285 del 16.07.1998 "Attuazione di direttive comunitarie in materia di classificazione, imballaggio e etichettatura dei preparati pericolosi, a norma dell'Art. 38 della Legge n. 128 del 24.04.1998".

 

Lavoro notturno

descrizione

L’orario di lavoro degli addetti alle lavorazioni sopra descritte, eseguite a ciclo continuo, si articola nelle 24 ore divise in tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno, quindi anche durante il periodo notturno.

danno atteso

Il lavoro notturno può essere causa di alterazioni dei ritmi sonno-veglia e in generale dei bioritmi circadiani, squilibrio delle abitudini alimentari, irritabilità, inclinazione alla depressione, oltre a possibili ripercussioni sulla vita familiare e sociale del lavoratore. Il disagio è maggiore per la concomitanza con gli altri fattori di rischio presenti, in particolare l’esposizione a polveri e rumore.

interventi prevenzionistici

È importante una corretta organizzazione del lavoro volta a ridurre per quanto possibile il lavoro notturno, ed attuare le misure volte ad eliminare o ridurre alla fonte i rischi di esposizione a polveri e rumore come sopra indicato.

È bene organizzare i turni in modo da ridurre al minimo il numero di notti lavorative consecutive per lo stesso lavoratore, collocare il cambio dei turni in orari che permettano il rispetto dei ritmi biologici (sonno, pasti, ecc…) e comunicare agli addetti il calendario dei turni con sufficiente anticipo.

La disciplina del lavoro notturno è stata recentemente innovata dal D.Lgs. n. 532 del 26.11.1999, cui si rimanda per informazioni più dettagliate. Si ricorda qui che  il datore di lavoro deve, a propria cura e spese, per il tramite del medico competente, sottoporre i lavoratori notturni ad accertamenti preventivi e periodici volti a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno e a controllare ogni due anni il loro stato di salute. Nel caso in cui sopraggiungano condizioni che comportano l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata tramite il medico competente, è garantita al lavoratore l'assegnazione ad altre mansioni o altri ruoli diurni.

Il datore di lavoro, prima di adibirli al lavoro, deve informare i lavoratori notturni e il rappresentante della sicurezza sui maggiori rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno, ove presenti, e disporre appropriate misure di protezione personale e collettiva in funzione dei rischi aggiuntivi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno. Ad esempio, in caso di ridotta presenza di personale durante la notte, è opportuno che in uno stesso reparto nessun lavoratore venga lasciato solo, in modo che gli sia garantita la necessaria assistenza in caso di infortunio.

riferimenti normativi

Il D.Lgs. n.532 del 26.11.1999 "Disposizioni in materia di lavoro notturno, a norma dell'Art.17, comma 2, della Legge n.25 del 05.02.1999", applica allo stato italiano i principi della Direttiva Europea 93/104/CE in riferimento ad alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Il decreto si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati che utilizzano lavoratori con prestazioni di lavoro notturno, ad eccezione di quelli dei settori dei trasporti nonché delle "attività dei medici in formazione".

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non viene appaltata, in quanto fase centrale del processo produttivo.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

In questa fase possono essere presenti i seguenti fattori di impatto ambientale:

 

Diffusione di rumore nell’ambiente circostante

Le lavorazioni rumorose sopra descritte possono dare luogo ad elevati livelli di rumore e, se non è prevista un’adeguata insonorizzazione, possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente nelle adiacenze dell’impianto produttivo, specie in considerazione del fatto che la produzione avviene a ciclo continuo 24 ore su 24 e quindi anche nelle ore notturne

Le macchine rumorose possono essere insonorizzare segregandole con strutture fonoisolanti-fonoassorbenti. È opportuno che anche i ventilatori dell’impianto di abbattimento delle emissioni in atmosfera siano insonorizzati e siano presenti silenziatori sui camini.

 

Emissioni in atmosfera

Il flusso di aria polverosa, derivante dalla aspirazione localizzata sulle macchine, viene inviato al filtro a maniche per il recupero della polvere prima di essere rilasciato in atmosfera. L’efficienza dell’impianto è richiesta, oltre che da motivi di tutela ambientale, soprattutto da motivi di produzione dato che la polvere recuperata costituisce una risorsa per il cementificio.

 

Dispersione di polvere

Le lavorazioni sopra descritte possono dare luogo a dispersioni diffuse di polveri, specie in caso di fuoriuscite accidentali. E’ necessario il costante controllo dell’impianto, la frequente pulizia degli impianti con sistemi aspiranti e l’impiego di spazzatrici stradali per la pulizia dei piazzali dell’unità produttiva.

 

Scarichi idrici

A causa della possibilità della dispersione di polveri, come sopra descritto, le acque di lavaggio dei piazzali devono essere raccolte e convogliate ad un impianto di depurazione delle acque, prima di essere scaricate.

 

 

In questa fase possono essere presenti i seguenti fattori di rischio ambientale:

 

Sversamenti accidentali di prodotti chimici

I serbatoi di stoccaggio, le pompe dosatrici e le tubazioni degli additivi liquidi possono determinare sgocciolamenti e sversamenti accidentali che possono causare inquinamento del suolo e di eventuali corpi idrici superificiali o sotterranei che possono essere vicini al cementificio.

Pertanto è opportuno adottare tutte le misure idonee ad evitare sversamenti o sgocciolamenti occasionali o continuati, come ad esempio installare serbatoi di stoccaggio in sicurezza a doppio involucro, bacini per il  contenimento – raccolta – neutralizzazione di eventuali sversamenti, effettuare la regolare manutenzione delle pompe, utilizzare mezzi idonei per il prelevamento dei campioni liquidi dai rubinetti dei serbatoi mediante contenitori di sicurezza a tenuta con tappo dotato di molla per la richiusura, predisporre le squadre di gestione delle emergenze e formare gli addetti a tale compito, informare e formare i lavoratori.

  

 

 

 

 

 

 

 


INSACCAMENTO E PALLETTIZZAZIONE DEL CEMENTO PRODOTTO

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

In questa fase lavorativa il cemento prodotto viene insaccato in sacchi di peso a pieno di 50 Kg o 25 Kg. I sacchi vengono quindi sistemati impilandoli uno sull’altro formando dei palletts che vengono temporaneamente stoccati in magazzino, in attesa di essere prelevati per la consegna.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Macchina insaccatrice

Si tratta generalmente di macchine statiche a 4 bocchette ciascuna. Ogni macchina è corredata da infilasacchi che provvede alla distribuzione e infilaggio dei sacchi alle varie bocchette della macchina. L’apertura delle bocchette di carico dei sacchi è controllato da un sistema elettronico che regola anche il riempimento ed effettua la pesatura del sacco. Raggiunto il peso stabilito, il sacco viene espulso automaticamente e cade su un nastro trasportatore che lo invia alla linea di pallettizzazione.

Ogni insaccatrice è corredata di filtri a maniche che mantengono in depressione gli impianti di carico del cemento e le macchine stesse.

 

Macchina pallettizzatrice

Si tratta di una macchina in genere completamente automatica, che provvede al posizionamento e stoccaggio dei vari strati dei sacchi di cemento sul pianale in legno. Avvenuto il completamento della disposizione dei sacchi, il pianale stesso esce dalla macchina mediante rulliere motorizzate e viene posizionato su una successiva rullovia dalla quale viene prelevato dall’operatore con carrello elevatore o carroponte e posizionato nel magazzino. 

 

Impianti e apparecchi di sollevamento

Vedere fase movimentazione meccanica dei carichi

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a polvere

descrizione

Durante l’insaccamento del cemento, tutto l’impianto è posto in depressione per esigenze produttive (la polvere è una risorsa pertanto se ne deve disperdere il meno possibile). Ciò nonostante  si possono diffondere polveri alle quali possono essere esposti gli addetti, specie in caso di fuoriuscite accidentali e manutenzione.

danno atteso

L’esposizione a polveri di cemento può essere causa di irritazione delle vie respiratorie e  broncopneumopatie.

interventi prevenzionistici

Per ridurre l'esposizione è necessario un adeguato impianto di aspirazione localizzata nei punti da dove si possono diffondere polveri; in caso di interventi di manutenzione o fuoriuscite accidentali è necessario indossare una maschera antipolvere (oltre agli altri indumenti protettivi quali tute, guanti, ecc…) e rimuovere subito il materiale fuoriuscito utilizzando sistemi di aspirazione industriali.

Devono essere rispettate le norme igieniche come riportato precedentemente (pulizia dei locali, docce, spogliatoi, armadietti, ecc…) ed essere effettuata l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 547 del 1955 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 303 del 1956 e s.m.i.

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi mobili delle macchine insaccatrici, delle macchine pallettizzatrici e dei nastri trasportatori possono essere causa di infortuni dovuti a presa e trascinamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

-         Rendere inaccessibili le zone pericolose dei macchinari, tramite ripari fissi o dotati di dispositivo di interblocco.

-         Non effettuare interventi di manutenzione sui macchinari mentre sono in movimento.

-         Non effettuare oliatura degli ingranaggi delle macchine in movimento, se non utilizzando oliatori con beccucci di materiale frangibile e di lunghezza tale da consentire all’operatore di mantenersi a distanza di sicurezza. La distanza di sicurezza può essere garantita ad esempio da una griglia metallica, fissa o munita di dispositivo di interblocco, posta a sufficiente distanza dalla zona pericolosa.

-         Indossare indumenti non svolazzanti che potrebbero essere presi e trascinati dagli organi mobili dei macchinari.

-         Fare precedere da un segnale ottico-acustico ogni avviamento dell’impianto.

-         L’interruzione e il successivo ritorno della energia elettrica non deve comportare il riavviamento automatico della macchina.

-         Le macchine devono essere installate, utilizzate, manutenute, riparate e regolare in modo conforme alle istruzioni del costruttore, specie quelle vecchie prive di marcatura CE, ove esistenti.

-         Adottare procedure standardizzate di intervento per la mautenzione.

-         Informazione e formazione dei lavoratori.

Per i nastri trasportatori si veda anche la precendente trattazione riportata alla fase “frantumazione della marna”.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n.547 del 27.04.1955 e s.m.i.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN.

 

Transito su superfici scivolose

descrizione

La modalità di movimentazione tramite rullovie, può implicare il grave rischio di cadute per scivolamento se gli addetti ci camminano sopra allo scopo di attraversarla o per sistemare i sacchi. Il rischio di caduta per scivolamento permane anche su rulli folli.

danno atteso

Lesioni traumatiche, in particolare distorsioni agli arti inferiori, fratture, ferite e contusioni.

interventi prevenzionistici

È necessario realizzare e segnalare punti di attraversamento mediante passaggi sopraelevati o mediante l’interruzione dei rulli sostituendone due o tre con una fascia fissa, oppure coprendo temporaneamente i rulli con superfici piane non scivolose; è necessaria anche una adeguata organizzazione del lavoro e la formazione degli addetti alle procedure corrette. In nessun caso gli addetti devono camminare direttamente sui rulli delle rullovie.

riferimenti normativi

D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Movimentazione meccanica dei carichi

In questa fase sono utilizzati carrelli elevatori e carroponte. Si veda la fase “movimentazione meccanica dei carichi”.

 

 

APPALTI ESTERNI

Questa fase in genere non viene appaltata. Tuttavia nella operazione di carico sono presenti (e in parte coinvolti) gli addetti all’autotrasporto che possono essere dipendenti di ditte esterne.

 

 

 

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Incendio

Lo stoccaggio di notevoli quantità di sacchi di carta vuoti può costituire un notevole carico di incendio.

In caso di innesco, l’incendio può provocare inquinamento ambientale per la diffusione dei fumi di combustione e per lo spargimento delle acque di spegnimento.

 

 


PRELEVAMENTO E CONSEGNA DEL CEMENTO PRODOTTO

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

La consegna ai Clienti del cemento prodotto nel cementificio avviene tramite mezzi pesanti. Quando il cemento è prelevato sfuso sono utilizzate autocisterne, invece quando è prelevato in sacchi sono utilizzati autotreni. Nel primo caso l’operazione è molto più semplice e automatica, infatti l’autocisterna viene caricata tramite una tubazione flessibile collegata direttamente dal silos di stoccaggio alla autocisterna che sosta nel piazzale esterno antistante il silos; invece, quando il cemento è prelevato in sacchi, quest’ultimi sono caricati a palletts per mezzo di carrelli elevatori o carriponte su camion che entrano nel reparto e in genere è richiesta la copertura del carico con teloni impermeabili per proteggere il prodotto dalle intemperie. In genere è e l’autista dell’autotreno che provvede alla copertura del carico con telo impermeabile, a meno che non vengano utilizzati automezzi centinati.

 


Foto n. 18: autocisterna che preleva il cemento sfuso prodotto dal cementificio.

Sullo sfondo ci sono i silos contenenti il cemento prodotto.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Lavoro in aree dove transitano veicoli

descrizione

Il transito degli autotreni che prelevano il prodotto finito e di altri veicoli può comportare il rischio di investimento dei lavoratori del cementificio.

danno atteso

Lesioni traumatiche per investimento da automezzi.

prevenzione

Predisporre e segnalare orizzontalmente e verticalmente i percorsi separati per pedoni ed automezzi, segnalare zone di attraversamento, predisporre segnaletica di pericolo e di prescrizione (limite di velocità 5 Km. / ora, semafori, sbarre automatiche, ecc…)

Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-         Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Lavoro in postazione sopraelevata

descrizione

Qualora per la sistemazione del carico sul camion sia necessaria la salita di un operatore, esiste il rischio di caduta dall'alto.

danno atteso

Lesioni traumatiche per caduta dall’alto (in altri comparti produttivi sono accaduti infortuni mortali per questo motivo).

interventi prevenzionistici

Il rischio può essere limitato mediante la predisposizione di zone di carico attrezzate con sistemi di ancoraggio e trattenuta dall’alto tramite cintura di sicurezza che l’operatore deve indossare ed agganciare al sistema da terra, cioè prima di salire sul camion. L’azienda non deve permettere che la copertura del carico avvenga dove non sia presente un sistema di trattenuta.

Il problema viene altresì risolto impiegando automezzi centinati che utilizzano sistemi automatizzati per la copertura del carico.

riferimenti normativi

-         Art. 386 “Cinture di sicurezza”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

-         Norme UNI EN 361, 363, 795

 

Esposizione a gas e fumi di combustione di mezzi a trazione diesel

descrizione

La circolazione in ambiente confinato dei mezzi di sollevamento e trasporto a trazione diesel (carelli elevatori e autotreni che accedono nei magazzini) determina il rilascio nell’aria del luogo di lavoro di particolato di idrocarburi incombusti, accompagnato da vari inquinanti (monossido e biossido di azoto, formaldeide, anidride solforosa, monossido di carbonio, idrocarburi alifatici e aromatici, sostanze organiche volatili).

Il problema maggiore si ha quando l’autotreno riparte per lasciare il magazzino dopo che è stato fermo per essere caricato o scaricato. Infatti all’avviamento, può accadere che l’autotreno resti all’interno del magazzino con il motore acceso per il tempo necessario a scaldare il motore.

danno atteso

Gli inquinanti derivati dalla combustione diesel possono essere causa di irritazione delle mucose delle estremità cefaliche e delle vie aree e di broncopneumopatie di varia gravità. Le emissioni dei mezzi diesel sono stati valutati come probabilmente cancerogeni per l’uomo (Gruppo 2A) dalla IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) - Monografia n. 46 - Diesel and Gasoline Engine Exhausts and Some Nitroarenes, IARC, Lyon, France1989.

interventi prevenzionistici

L’esposizione ai fumi di combustione dei carrelli elevatori diesel viene eliminata mediante impiego di idonei carrelli o carroponte a trazione elettrica. Infatti sono attualmente presenti sul mercato carrelli elevatori a trazione elettrica con potenzialità e prestazioni adeguate al carico di lavoro richiesto in questa fase. In attesa della sostituzione con carrelli elettrici, i carrelli diesel devono essere provvisti di marmitta catalitica valida per biossido di azoto (NO2) e ossido di carbonio (CO) o di marmitta ad acqua valida per il particolato. Comunque, dovranno essere previsti idonei sistemi di ricambio dell'aria nei locali. Il regime di ventilazione nei magazzini deve essere progettato tenendo conto anche dell'influenza del sistema di ventilazione dei locali attigui, onde evitare che aria inquinata da fumi di combustione sia convogliata in altri locali.

In caso di accesso degli autotreni all’interno dei magazzini, devono essere previsti sistemi di evacuazione dei gas di scarico.

 

 

 

 

APPALTI ESTERNI

Questa fase è spesso appaltata a ditte esterne.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Traffico veicolare indotto

Il numero di mezzi pesanti che transitano è notevole.

 


TRATTAMENTO SCARICHI IDRICI

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

La depurazione delle acque riguarda i reflui provenienti dalla centrale termica, dai servizi civili e dal lavaggio delle varie attrezzature, impianti e pavimenti del locali di lavoro.

In genere la depurazione delle acque viene effettuata a piè di fabbrica con un impianto classico aerobico a fanghi attivi, ma talvolta gli scarichi vengono inviati ad impianti di depurazione consortili.

L’impianto è essenzialmente costituito dalle vasche di omogeneizzazione, sedimentazione primaria e secondaria, dalle vasche di aerazione, dal trattamento finale di disidratazione dei fanghi, dall’impianto di dosaggio dei reagenti che generalmente sono posti fuori terra dove si accede alle postazioni sopraelevate tramite scale.

I reagenti generalmente utilizzati nell’impianto di depurazione sono elencati nella tabella seguente:

 

Reagenti utilizzati nell’impianto di trattamento delle acque di scarico

PRODOTTO

STATO  FISICO

MODALITA' DI ALIMENTAZIONE

Policloruro di alluminio 18%

Soluzione acquosa

Da serbatoi, mediante pompe

Solfato di alluminio 27%

Calce bianca superventilata

Polvere

Sacchi aggiunti manualmente

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I lavoratori addetti alla conduzione dell’impianto sono soggetti ai rischi derivanti dall’esposizione a polveri, vapori, manipolazione di prodotti chimici, movimentazione manuale dei carichi, lavoro in postazioni sopraelevate e transito in ambiente scivoloso. Particolare attenzione deve essere rivolta durante la manutenzione e pulizia degli impianti, ove sono presenti ulteriori rischi di infortuni e intossicazione per il ristagno di gas tossici o asfissianti e rischi biologici.

 

Esposizione a prodotti chimici

descrizione e danno atteso

In caso di prelievo, trasporto e dosaggio manuale, i lavoratori possono essere esposti a contatto e inalazione dei vari prodotti chimici da aggiungere nelle vasche di trattamento delle acque. In particolare, per i vari prodotti, si possono evidenziare i seguenti danni attesi:

Policloruro di alluminio

Il contatto con soluzioni di policloruro di alluminio può provocare irritazione della cute. Può risultare caustico per contatto con gli occhi.

Solfato di alluminio

Il contatto con soluzioni di concentrate di solfato di alluminio può provocare lesioni agli occhi.

Calce bianca superventilata

L’esposizione a polveri di calce può provocare irritazione di cute, occhi e vie aeree. Può risultare caustico per contatto con la cute e gli occhi.

prevenzione

Per ridurre l'esposizione ai prodotti chimici impiegati, occorre valutare attentamente la possibilità di sostituire i prodotti più pericolosi con formulati meno tossici e l’adozione di impianti automatici a ciclo chiuso di dosaggio e miscelazione.

Per il prelievo, trasporto e dosaggio manuale dei prodotti pericolosi è necessario utilizzare attrezzature atte ad evitare sgocciolamenti, sversamenti e diffusione di vapori, quali ad esempio rubinetti autochiudenti per i fusti, pompe di travaso, contenitori di sicurezza a chiusura ermetica con tappo provvisto di molla autochiudente e beccuccio di scarico flessibile.

Inoltre è necessario che, nelle fasi di preparazione e impiego, gli addetti indossino idonei Dispositivi di Protezione Individuali (D.P.I.) quali guanti, grembiuli, dispositivi di protezione degli occhi e delle vie respiratorie, e che vengano informati circa i rischi ed i danni potenziali a seguito dell’esposizione, formati alle corrette procedure di lavoro in sicurezza e siano messi a loro disposizione idonei servizi igienico assistenziali: armadietti con doppio scomparto per separare gli indumenti da lavoro da quelli civili, lavabi, docce, lavaocchi, ecc…) ed infine che vengano sottoposti ad opportuna sorveglianza sanitaria.

riferimenti normativi

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Norme UNI EN 626/1, 626/2, 1093/4, UNI  9293.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Movimentazione manuale dei carichi

descrizione e danno atteso

La movimentazione manuale dei sacchi di calce può comportare danni a carico dell’apparato muscolo - scheletrico in particolare alla colonna vertebrale degli addetti.

prevenzione

Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati opportuni ausili meccanici (apparecchi di sollevamento, ecc...). La soluzione più idonea risulta comunque essere l’adozione di impianti automatizzati per il dosaggio, la miscelazione e il trasporto dei preparati.

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938

 

Lavoro in postazioni sopraelevate e scivolose

descrizione e danno atteso

Durante la conduzione dell’impianto, i lavoratori accedono talvolta a postazioni di lavoro che comportano il rischio di caduta dall’alto. Il rischio è aggravato dalla scivolosità delle superfici di calpestio.

prevenzione

Le zone transitabili intorno alle vasche devono essere dotate di parapetti per evitare che gli addetti possano caderci dentro e dotate di fascia ferma piede. Inoltre le scale e le passerelle nelle zone di lavoro e transito devono essere antiscivolo e anch’esse dotate di parapetti e di fascia ferma piede. Le scale fisse a pioli devono essere dotate di gabbie di protezione anticaduta. I lavoratori devono indossare calzature adeguate.

riferimenti normativi

-         Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norme UNI EN 361, 363, 795

 

Esposizione a gas asfissianti 

descrizione

Durante la manutenzione periodica delle vasche di depurazione delle acque, il fermo degli impianti, anche per breve durata, può provocare il ristagno di anidride carbonica, a cui gli addetti possono essere esposti nel caso entrino dentro le vasche vuote.

danno atteso

Intossicazione da anidride carbonica, rischio di asfissia per mancanza di ossigeno.

prevenzione

Le operazioni di pulizia e manutenzione degli impianti di deposito o trattamento o delle acque talvolta vengono affidate a ditte esterne e in tal caso la sicurezza di tali operazioni deve essere coordinata dal servizio di prevenzione e protezione dell'azienda. In particolare, prima di consentire l’accesso dei lavoratori alle vasche, deve essere verificata l’assenza di gas pericolosi tramite idonea strumentazione (misuratori di ossigeno). Per le operazioni preliminari di svuotamento e lavaggio, nella vasca deve essere soffiata aria esterna tramite soffiatori d’aria, altrimenti gli addetti devono   essere dotati di autorespiratori. In caso di rischio di presenaza di gas pericolosi o mancanza di ossigeno, l’addetto che accede all’interno della vasca, deve essere dotato di apposita imbracatura collegata ad un sistema che garantisca il recupero da parte di altra persona che presidia all’esterno. Se si fa uso di scale, queste devono essere di adeguata lunghezza, ben ancorate, stabili.

E’ fondamentale la formazione degli addetti sui rischi specifici e sulle sequenze operative per lavorare in sicurezza.

riferimenti normativi

-         Art. 236 "Lavori entro tubazioni, canalizzazioni, recipienti e simili nei quali possono esservi gas e vapori tossici o asfissianti" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Norme UNI EN 626/1, 626/2, 1093/4, UNI  9293.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Esposizione a rischio biologico

descrizione

Gli addetti alla conduzione e manutenzione dell’impianto di depurazione delle acque possono essere esposti a rischio biologico.

stima

Il rischio maggiore deriva dall’esposizione ad aerosol, specie quelli provenienti dalle vasche aperte relative alle fasi iniziali di trattamento degli scarichi dove essi sono sottoposti ad aerazione per mezzo di organi meccanici in movimento (agitatori).

danno atteso

Possibili infezioni da agenti patogeni.

prevenzione

Vaccinazione degli addetti: antitetanica ed eventualmente antiepatite A, antitifica, antileptospirosi.

Norme igieniche: non mettere in bocca mani sporche; non bere, mangiare o fumare durante il lavoro; cambiarsi gli indumenti di lavoro e farsi la doccia al termine del turno di lavoro; armadietti a doppio scomparto per riporre separatamente gli abiti civile da quelli di lavoro.

Indossare maschere di protezione delle vie respiratorie specifiche per aerosol, in caso di transito o stazionamento in prossimità delle vasche dove si possono produrre aerosol; occhiali protettivi con riparo laterale per la protezione da schizzi.

Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli esposti.

riferimenti normativi

-         D.Lgs. 626/1994 e successive modifiche e integrazioni.

 

IMPATTO ESTERNO

 

I principali fattori di impatto ambientale di questa fase sono i seguenti:

 

Produzione di rifiuti

Il rifiuto principale prodotto da questa fase del ciclo produttivo è costituito dai fanghi disidratati derivanti dall’impianto di depurazione.

 

Diffusione di cattivi odori

Dall’impianto di depurazione acque si può avere la diffusione di cattivi odori nell’ambiente circostante. In particolare, la presenza di notevoli quantità di sostanze altamente degradabili nei fanghi possono essere causa di cattivi odori. Da qui la necessità di un completo e prolungato trattamento di ossidazione, di un corretto ed opportuno stoccaggio provvisorio che impedisca il contatto con il terreno e le acque meteoriche, nonché del frequente invio allo smaltimento definitivo.

 

I principali fattori di rischio ambientale di questa fase sono i seguenti:

 

Scarichi idrici

In caso di cattiva gestione dell’impianto si possono verificare sversamenti sul terreno o nei corpi idrici pertanto deve essere prevista una vasca di emergenza.

 

Sversamenti di prodotti chimici sul suolo

I prodotti chimici utilizzati nell’impianto di trattamento delle acque di scarico, quali calce bianca, policloruro di alluminio e solfato di alluminio, possono dare luogo a sversamenti sul suolo, sia durante il rifornimento dei serbatoi da autocisterne, sia in caso di rotture o cedimenti. In caso di sversamento si può verificare l’inquinamento del suolo con possibile penetrazione nelle falde acquifere e l’emissione di vapori in atmosfera. Pertanto, devono essere previsti bacini di contenimento in materiale chimicamente resistente, tali da evitare la dispersione sul suolo in caso di sversamento e devono essere previste misure di emergenza per la neutralizzazione.


MANUTENZIONE MECCANICA DEGLI IMPIANTI

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Ogni azienda del comparto realizza il proprio ciclo produttivo utilizzando macchine ed impianti complessi, ed una serie di attrezzature e dispositivi meccanici di varie dimensioni. Gli impianti da manutenere sono principalmente frantoi, mulini, trasportatori, silos, tramogge, strutture in lamiera.

Spesso sono utilizzati carrelli elevatori per trasportare in loco le attrezzature di lavoro.

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Per la manutenzione meccanica degli impianti dei cementifici vengono svolte operazioni tipiche della metalmeccanica. Si riportano qui di seguito alcune informazioni generali, similmente trattate in ricerche relative ad altri comparti produttivi, rimandando per informazioni specifiche e più dettagliate, al profilo di rischio proprio di quella lavorazione.

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Lavori in altezza

descrizione

Per brevi operazioni in quota sono talvolta utilizzate scale manuali e ponteggi. Ciò può comportare il rischio di cadute dall’alto degli operatori che lavorano in quota, ad esempio per scivolamento, contatti con superfici calde, presenza di insetti, malori, ecc… che possono essere causa di perdita di equilibrio e dell’appiglio.

Inoltre può essere presente il rischio di caduta di materiali e di attrezzature utilizzate o presenti in quota che potrebbero colpire il personale a terra.

danno atteso

Lesioni traumatiche per caduta dall’alto dell’operatore che lavora in altezza; lesioni traumatiche a danno degli operatori a terra colpiti da materiali caduti dall’alto. Si tratta di rischi di infortuni mortali.

prevenzione

-         utilizzare scale portatili solo per raggiungere posizioni in quota e non per interventi che richiedano lavorazioni impegnative da svolgersi stando sulla scala.

-         vietare lo spostamento della scala portatile quando su di essa c’è l’operatore.

-         le scale portatili siano dotate alla base e in testa di appoggi idonei antisdrucciolo; i pioli siano integri e del tipo ad incastro sui montanti.

-         ponteggi siano dotati di parapetti con arresto al piede.

-         effettuare il montaggio e lo smontaggio dei ponteggi in sicurezza (utilizzare sistemi di trattenuta contro il rischio di cadute dall’alto, ecc.), sotto la diretta sorveglianza di un preposto.

riferimenti normativi

-         Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 386 “Cinture di sicurezza”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

-         Norme UNI EN 361, 363, 795.

 

Esposizione a rumore

descrizione

Si può avere esposizione al rumore a causa dell’utilizzo di utensili elettrici portatili (trapano, mole, avvitatori, ecc…). E’ anche possibili l’esposizione indiretta per interventi in prossimità di macchine rumorose.

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore durante gli interventi di manutenzione può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

prevenzione

Per ridurre l’esposizione è necessario ridurre il rumore alla fonte ed attuare le misure di prevenzione in base ai livelli di esposizione personale ed ai valori limite; è opportuno effettuare la manutenzione preventiva e programmarla nei giorni o negli orari di fermo impianto per evitare eventuale esposizione indiretta; la scelta degli utensili da utilizzare deve essere indirizzata verso i tipi meno rumorosi; indossare DPI (cuffie, tappi), informare e formare gli addetti e sottoporli a sorveglianza sanitaria.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a vibrazioni

descrizione

Le operazioni di manutenzione con utensili portatili (mola, trapano, avvitatori, ecc…) sono causa di esposizione a vibrazioni dell’apparato mano – braccio

danno atteso

L’esposizione continuativa a vibrazioni può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta.

L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi ed all’entità di esposizione.

prevenzione

Per ridurre l’esposizione alle vibrazioni localizzate al sistema mano - braccio è necessario utilizzare utensili caratterizzati da bassi livelli di vibrazione o minore impatto vibratorio, utilizzare impugnature smorzanti le vibrazioni, riscaldare l’ambiente di lavoro nei mesi freddi, ridurre i tempi di esposizione alternando le lavorazioni tra più addetti. È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.M.L. del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"

-         Art. 46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.

-         Art. 24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del 19.3.1956

-         9.9.3 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per movimentazione".

-         1.5.9 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".

-         1.5.9 "Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente"  D.P.R. n. 459 del 24.07.1996

-         Comunicazione CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".

-         Norma UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".

-         D.M. 30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2): «Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".

-         Comunicazione CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine, modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE  e 93/68/CEE".

 

Esposizione a polveri

descrizione

Le operazioni di manutenzione sul posto espongono i meccanici a inalazione di polveri aerodisperse dovute sia alla polverosità degli impianti sui quali si interviene (polveri di marna, calcare, cemento, ecc…), sia alle operazioni di molatura e di lavori riparazioni / manutenzioni in luoghi particolari con utensili portatili (trapani, mole, ecc…). Tali lavorazioni possono esporre gli addetti alle riparazioni meccaniche alle polveri di metallo e dei materiali abrasivi delle mole.

danno atteso

Irritazione delle vie respiratorie, broncopneumopatie, irritazioni cutanee.

prevenzione

È importante esaminare le schede di sicurezza dei composti abrasivi delle mole e valutare la sostituzione dei prodotti più pericolosi con altri meno pericolosi.

Prima di intervenire sugli impianti è opportuno effettuare la loro pulizia rimuovendo i prodotti polverosi utilizzando sistemi pneumatici di aspirazione (centralizza o tramite unità mobili di aspirazione che possono essere trasportate sul posto mediante carrelli elevatori).

Durante gli interventi con utensili che possono dare luogo a diffusione di polveri, è opportuno utilizzare apparecchi mobili di aspirazione localizzata con braccio flessibile (proboscide) per captare l’inquinante il più vicino possibile alla fonte di emissione, e dove necessario indossare anche D.P.I. idonei alla protezione delle vie respiratorie dalle polveri (maschere filtranti, occhiali a tenuta) ed indumenti adeguati (tute, guanti).

È importante osservare le norme igieniche, tra le quali non bere, mangiare, fumare durante il lavoro e mettere a disposizione degli addetti adeguati servizi igienico assistenziali: i lavoratori, soci compresi quando effettuano lavorazioni insudicianti o con esposizione a polveri o altri agenti nocivi, devono disporre di armadietti a doppio scomparto per l’alloggiamento distinto degli abiti civili e da lavoro; le installazioni e gli arredi destinati a refettori, spogliatoi, latrine, bagni, locali di riposo devono essere mantenuti puliti, ben aerati e riscaldati durante la stagione fredda; le docce devono essere in quantità sufficiente e ben attrezzate affinché tutti i lavoratori che lo desiderino possano lavarsi appena terminato il proprio turno di lavoro. In considerazione al tipo di attività lavorativa può essere disposto l’obbligo per i lavoratori a fare la doccia per la tutela della propria salute in relazione ai rischi ai quali sono esposti.

È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli esposti.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.

 

Esposizione a fumi di saldatura

descrizione

Può avvenire che si debbano eseguire saldature di riparazione in luoghi scarsamente aerati.

Le operazioni di saldatura possono esporre gli addetti ai fumi di saldatura, i quali possono essere di diversa natura a seconda del metallo da saldare, del suo eventuale rivestimento, del tipo di saldatrici utilizzate.

danno atteso

L’esposizione può provocare irritazione delle vie respiratorie o danni più gravi a seconda della natura dei fumi.

prevenzione

Durante gli interventi di saldatura è necessario utilizzare apparecchi mobili di aspirazione localizzata con braccio flessibile di captazione (proboscide) e filtri idonei al tipo di inquinante aspirato; indossare D.P.I. (maschere filtranti idonee per la protezione delle vie respiratorie dai fumi di saldatura, tute, occhiali a tenuta). L’aspirazione localizzata deve avvenire in modo che l’operatore non si trovi tra l’aspirazione e il punto di emissione. In caso di saldature effettuate all’aperto è necessario che l’addetto si tenga sopravvento. Prima di effettuare la saldatura è necessario togliere, per quanto possibile, i rivestimenti del materiale da saldare scrostando le pitture. Altre persone non necessarie alla lavorazione devono essere allontanate. È necessario esaminare la scheda di sicurezza del produttore dell’elettrodo, utilizzare elettrodi appropriati al tipo di saldatura e informare gli addetti sulla natura dell’elettrodo e dei pezzi da saldare e sui relativi rischi ai quali sono esposti; è altresì necessario che gli addetti siano formati alle corrette procedure di lavorazione e sottoposti a sorveglianza sanitaria.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.

 

Esposizione a radiazioni infrarosse e ultraviolette

descrizione

Le operazioni di officina che richiedono la saldatura espongono gli addetti a radiazioni infrarosse ed ultraviolette.

danno atteso

Danneggiamento della vista.

prevenzione

Per le operazioni di manutenzione in questo caso è opportuno schermare la sorgente di emissione e indossare D.P.I. (occhiali scuri specifici per la protezione dalle radiazioni).

È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli addetti (visita e controlli oculistici).

riferimenti normativi

 

Esposizione a schegge incandescenti

descrizione

I lavori di saldatura possono essere causa di esposizione alla proiezione di materiale incandescente.

danno atteso

Ustioni, lesioni agli occhi.

prevenzione

È necessaria la informazione e formazione degli addetti i quali sono tenuti ad indossare guanti, tuta e visiere protettive.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Le operazioni di manutenzione e in genere le mansioni di officina, comprese le mansioni elettromeccaniche, possono comportare rischi di presa, trascinamento, urti e schiacciamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche quali contusioni, ferite e amputazioni.

prevenzione

Occorre in primo luogo accertarsi che gli impianti siano conformi alle norme di sicurezza. Le macchine e gli impianti devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza e di dispositivo che impedisca il riavvio intempestivo della macchina in caso ritorni l’alimentazione elettrica dopo che questa era venuta a mancare.

Gli operatori addetti all’officina meccanica devono conoscere in anticipo la parte di macchina o impianto che vanno a manipolare, attraverso la consultazione del manuale di uso e manutenzione in sicurezza. Pertanto l’azienda deve fornire al personale tutte le informazioni necessarie oltre a quelle dettate dalla pratica di esperienza giornaliera. 

È anche necessario scongiurare il pericolo di avviamento intempestivo della macchina da parte di un addetto mentre un altro sta effettuando l’intervento di manutenzione. A tale scopo, prima di iniziare le operazioni di manutenzione, si può attuare una procedura di tipo “Blocca e Segnala”, che può consistere, ad esempio, nel bloccare tutte le forme di energia che possono fare muovere le varie parti della macchina, impossessarsi della chiave del quadro di controllo e apporre su quest’ultimo un cartello con una scritta del tipo “Non azionare la macchina – manutenzione in corso”.

Devono essere vietati interventi a macchina in moto con protezioni rimosse a meno che non vengano utilizzati dispositivi che garantiscano lo stesso livello di sicurezza (ad esempio pulsantiera ad uomo presente che permetta solo l’avanzamento a impulsi e che, una volta inserita, escluda il quadro di comando  della macchina). Non deve essere effettuata l’oliatura degli ingranaggi delle macchine con macchine in movimento, se non utilizzando oliatori con beccucci di materiale frangibile e di lunghezza tale da consentire all’operatore di mantenersi a distanza di sicurezza. La distanza di sicurezza può essere garantita ad esempio da una griglia metallica, fissa o munita di dispositivo di interblocco, posta a sufficiente distanza dalla zona pericolosa.

Gli addetti devono indossare indumenti idonei, privi di parti svolazzanti che potrebbero essere causa di impigliamento e conseguente presa e trascinamento da parte degli organi meccanici in movimento. Perciò le tute sono da preferire ai grembiuli ed è bene che le maniche siano chiuse al polso.

È fondamentale l’informazione e la formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-         Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN 291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1, 1012/2

 

Movimentazione meccanica e manuale dei carichi

descrizione

Le fasi di riparazione e manutenzione meccanica possono talvolta richiedere il sollevamento e il trasporto di grandi componenti di impianto (ventilatori, tramogge, parti meccaniche o macchine stesse) con rischi infortunistici per urti e schiacciamenti con conseguenti ferite e contusioni. Può avvenire anche il cedimento di una imbracatura o della struttura imbracata.

danno atteso

Lesioni quali contusioni, ferite e amputazioni.

prevenzione

Si vedano le indicazioni di sicurezza riportate nella fase specifica su “movimentazione meccanica dei carichi”. Si ricorda qui in particolare l’importanza della verifica degli impianti di sollevamento e di indossare scarpe di sicurezza ed elmetto. Quest’ultimo diviene indispensabile per impianti o accessori d’impianto composti, infatti in tali spostamenti, possono cadere parti di impianto di peso considerevole che potrebbero accidentalmente essere non ben fissate.

Durante la movimentazione manuale di lamiere sono inoltre possibili  ferite da taglio, pertanto è necessario indossare guanti adeguatamente resistenti.

La movimentazione manuale delle attrezzature di lavoro (valigie degli attrezzi, saldatrici, ecc...) può causare disturbi muscolo-scheletrici. È pertanto opportuno l'utilizzo di carrelli porta attrezzi e carrellini per le bombole di saldatura.

Sono fondamentali l’organizzazione del lavoro, la formazione e l’informazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938.

-         Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 11 “Posti di lavoro e  di passaggio e luoghi di lavoro esterni” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. X, Capo III, Art. 381 "Protezione del capo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. V “Mezzi ed apparecchi di sollevamento, trasporto e immagazzinamento” (Capo I “Disposizioni generali”, Capo II “Gru, argani, paranchi e simili”, Capo III “Ascensori e montacarichi”, Capo V “Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici”) D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 10 “Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro”  D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Tit. II, Capo V "Illuminazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         All. 1 "Requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine e dei componenti di sicurezza" D.P.R. n.459 del 24.07.1996.

-          Norme UNI 9288, 9289, 9290, 9291, 9292, 9293, UNI EN 281, 614/1, UNI ISO 1074, 2328, 2330, 2331, 3287, 3691, 5053, 5767, 6055.

 

Lavoro in prossimità di parti elettriche

descrizione

Durante le manutenzioni è possibile che l’intervento riguardi parti elettriche, pertanto può esistere il rischio di contatti diretti e indiretti con parti sotto tensione elettrica.

danno atteso

Folgorazione per elettrocuzione.

prevenzione

Occorre in primo luogo accertarsi che gli impianti rispettino le norme di sicurezza. Gli interventi devono essere eseguiti su macchine / impianti disinseriti ed esclusivamente da parte di personale specializzato e formato ad intervenire in sicurezza nei casi specifici che il lavoro richiede.

Per gli apparecchi elettrici portatili (trapano, mola flessibile, saldatrici elettriche), ad ogni utilizzo è anche necessario controllare il buono stato dei cavi di alimentazione.

riferimenti normativi

-         Legge n. 791 del 18.10.1977 "Attuazione della direttiva del consiglio delle Comunità europee (n. 72/23/CEE) relativa alle garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione".

-         Titolo VII del D.P.R. n. 547/1955 "Impianti macchine ed apparecchi vari"

-         D.M.Ind. del 13.03.1987 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico"

-         D.M. (Industria) 12.02.1996 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico".

-         D.Lgs. n. 626 del 25.11.1996 "Attuazione della direttiva 93/68/CEE, in materia di marcatura CE del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione".

-         D.Lgs. n. 277 del 31.07.1997 "Modificazioni al D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 626 (2), recante attuazione della direttiva 93/68/CEE in materia di marcatura CE del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione".

-         D.M.Ind.  del 13.06.1989 "Liste degli organismi e dei modelli di marchi di conformità, pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate, unitamente al recepimento ed alla pubblicazione di ulteriori (5° gruppo) testi italiani di norme C.E.I., in applicazione della L. 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE, relativa alla garanzia di sicurezza del materiale elettrico".

-         Art. 5, 6, 7 sez. II; Art. 9 sez. III, della Direttiva CEE/CEEA/CE n. 656 del 30.11.1989: " Direttiva del Consiglio del 30 novembre 1989 relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (D.P.I.) (terza direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)".

-         Legge n. 46 del 05.03.1990 "Norme per la sicurezza degli impianti "

 

Utilizzo del cannello ossiacetilenico

descrizione

L’utilizzo del cannello ossiacetilenico per la saldatura, può essere causa per gli addetti di esposizione a vari rischi.

danno atteso

Ustioni per contatto con la fiamma o superfici calde; lesioni traumatiche, in caso di scoppio delle bombole, le cui conseguenze per gli addetti potrebbero essere fatali; danni alla vista per esposizione a calore radiante e radiazioni luminose; intossicazioni e danni all’apparato respiratorio per esposizione ai fumi di combustione.

prevenzione

L’attrezzatura ossiacetilenica deve essere dotata di valvole di sicurezza applicate quanto più possibile vicine ai cannelli, in modo tale da impedire il ritorno di fiamma e l’afflusso dell’ossigeno o dell’aria nelle tubazioni del gas combustibile, permettere un sicuro controllo in ogni momento del suo stato di efficienza, impedire la possibilità che avvenga uno scoppio per ritorno di fiamma.

Per ridurre l’esposizione ai fumi di combustione sono necessari impianti di aspirazione localizzata, fissi o portatili.

Gli addetti devono essere adeguatamente informati e formati alle corrette modalità di lavoro e all’utilizzo dei D.P.I. (tuta, guanti, maschere filtranti, occhiali o visiere) e sottoposti a sorveglianza sanitaria.

riferimenti normativi

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

 

Stoccaggio e movimentazione bombole per cannello ossiacetilenico

descrizione

Lo stoccaggio delle bombole per il cannello ossiacetilenico può comportare il rischio di fughe di gas e di scoppio, quest'ultimo dovuto in particolare al fatto che l'acetilene disciolto può decomporsi in idrogeno e carbonio. L'energia di attivazione della reazione di decomposizione dell'acetilene è relativamente bassa,  ad esempio può essere sufficiente una esposizione prolungata al calore, e/o un forte urto della bombola. La reazione di composizione può durare anche diverse ore, tanto che l'esplosione può avvenire anche il giorno successivo a quello in cui il contenitore ha subito l'insulto; in altri comparti produttivi, si sono verificati infortuni mortali a causa dell'esplosione di bombole di acetilene, pertanto è necessaria la massima attenzione nello stoccaggio, movimentazione ed utilizzo di bombole di acetilene. Depositi con quantitativi maggiori o uguali a 75 Kg., sono soggetti a controllo obbligatorio di prevenzione incendi (D.M.I. del 16.02.1982).

danno atteso

Lesioni traumatiche, in caso di scoppio delle bombole; possibili disturbi muscolo – scheletrici in caso di movimentazione manuale. 

prevenzione

Le bombole devono essere dotate della prescritta etichettatura ed essere stoccate in luogo separato, ventilato, al riparo dalle intemperie e lontane da fonti di calore. Nel locale di stoccaggio deve essere disposto e segnalato il divieto di fumare e usare fiamme libere. L’impianto elettrico deve essere idoneo alla classificazione di pericolosità del luogo secondo le norme CEI e deve essere rispettata la normativa generale antincendio. É opportuno predisporre una procedura di emergenza in caso si sospetti che le bombole di acetilene abbiano subìto un insulto tale che possa dare luogo ad esplosione.

Sono necessari idonei sistemi di ancoraggio (ad esempio catene), per evitare la caduta accidentale delle bombole, sia durante lo stoccaggio che nell’utilizzo; qualora le bombole siano poste su carrelli, questi ultimi devono essere stabili e conformati in modo da evitare rischi di ribaltamento.

Per la prevenzione dai disturbi muscolo scheletrici è opportuno l’utilizzo di appositi carrelli (si veda anche il paragrafo relativo alla movimentazione manuale).

Gli addetti devono essere informati e formati.

riferimenti normativi

-         vedere il paragrafo relativo a “esplosione - incendio”.

-         D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i.

 

APPALTI ESTERNI

In genere, tutte le opere di manutenzione preventiva e non, vengono programmate dall’azienda ed eseguite da apposite squadre di manutenzione, le quali talvolta sono costituite da ditte esterne che lavorano presso la sede del cementificio.

 

IMPATTO ESTERNO

 

I principali fattori di impatto ambientale in questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Emissioni in atmosfera

Polveri, fumi e vapori che si sviluppano durante le riparazioni meccaniche sugli impianti possono diffondere nell’ambiente esterno. Si tratta di emissioni saltuarie in quanto dovute a manutenzioni e riparazioni e non direttamente connesse con il ciclo produttivo; in genere sono emissioni diffuse (cioè non convogliate) e, quando vengono utilizzati dispositivi mobili di aspirazione localizzata, l’aria filtrata viene nuovamente immessa nell’ambiente di lavoro. 

 

Diffusione di rumore all’esterno

Alcune lavorazioni, specie quelle che necessitano l’utilizzo di attrezzature manuali (quali ad esempio martelli) e utensili elettrici (mole, trapani, ecc…) possono provocare diffusione di rumore nell’ambiente esterno con conseguente disturbo della popolazione. La soluzione consiste in primo luogo nel cercare di ridurre il rumore alla fonte, effettuare le lavorazioni più rumorose in orari diurni, utilizzare schermature fonoisolanti - fonoassorbenti.

 

Produzione di rifiuti

I principali rifiuti prodotti in questa fase sono:

-         lamiere e parti meccaniche derivate dalla sostituzione e/o demolizione di parti di macchine e impianti meccanici.

-         oli minerali esausti utilizzati per la lubrificazione delle macchine, sostituiti durante la manutenzione.

 

Consumo delle risorse

I consumi principali in questa fase riguardano oli minerali per la lubrificazione delle macchine, materiali per saldatura (elettrodi, gas per cannello ossiacetilenico), lamiere e parti metalliche. Inoltre si ha consumo di energia elettrica per l’alimentazione delle macchine utensili fisse o portatili.

 

I principali fattori di rischio ambientale in questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Sversamenti

Durante le operazioni di manutenzione, in particolare di smontaggio e sostituzione di parti meccaniche, possono avvenire sversamenti di eventuali prodotti chimici utilizzati negli impianti (soluzioni per il lavaggio, ecc…). Inoltre possono avvenire sversamenti di oli minerali durante la sua sostituzione in macchine e impianti.

Lo sversamento di tali inquinanti può provocare l’inquinamento del suolo e delle acque, pertanto sono necessarie misure organizzative, procedurali ed impiantistiche, atte a contenere e raccogliere eventuali sversamenti, e per lo smaltimento corretto dei prodotti recuperati.   

 

Esplosione – Incendio

Lo stoccaggio di bombole ossiacetileniche e l’attività di saldatura possono determinare rischi di esplosione ed incendio che può estendersi a tutta l’azienda, con conseguente inquinamento dovuto alla emissione in atmosfera dei prodotti di combustione ed il rischio di spargimento delle acque utilizzate per lo spegnimento dell’incendio.

 


MOVIMENTAZIONE MECCANICA DEI CARICHI

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

 

Nelle varie fasi lavorative precedentemente descritte, si è visto che ricorre spesso l’utilizzo di ausili per la movimentazione meccanica dei carichi, quali carrelli elevatori e carri-ponte.

Le modalità di impiego di queste attrezzature e macchine si sono descritte nelle relative fasi di lavorazione.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Carrelli elevatori

Si tratta di carrelli elevatori a forche ad alimentazione elettrica. Talvolta nei piazzali esterni sono essere utilizzati anche carrelli elevatori a trazione diesel. 

 

Carro ponte

Si tratta di carroponte di tipo tradizionale.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Movimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori.

descrizione

Durante le operazioni di movimentazione può avvenire il ribaltamento del carrello elevatore nel caso in cui il carico non sia bene bilanciato e/o per asperità e dislivelli eccessivi del terreno, raggio di curvatura troppo stretto. In caso di ribaltamento l’addetto può  venire sbalzato fuori dal posto di guida e rimanere schiacciato sotto il carrello.

Può anche avvenire l’investimento di altri lavoratori da parte dei carrelli elevatori o dal materiale trasportato. In una azienda del comparto è recentemente accaduto un infortunio per investimento da parte di un carrello elevatore guidato in retromarcia.

Quando viene accatastato in modo non corretto, il materiale può cadere ed investire gli addetti.

danno atteso

Durante le suddette operazioni, gli addetti possono riportare gravi lesioni traumatiche

danno rilevato

Nei casi di infortunio accaduti in diversi comparti produttivi (cioè anche in aziende diverse dai cementifici), le lesioni riportate per infortuni occorsi durante questa fase lavorativa sono risultate gravi o anche mortali.

prevenzione

I rischi sopra evidenziati possono essere limitati garantendo le seguenti condizioni:

·        sistemare o attrezzare i carrelli elevatori in modo da limitare i rischi di ribaltamento; a tal fine l'art. 7, lettera b),  punto 1.4 del D.Lgs. n. 359 del 04.08.1999, elenca una serie di possibili accorgimenti, come esempi delle possibili soluzioni attuabili, quali:

-       cabina per il conducente;

-       struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo:

-       struttura che trattenga il lavoratore sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso.

·        dispositivi di trattenuta del conducente al posto di guida dei muletti, per eliminare il rischio di essere sbalzati fuori, in caso di ribaltamento.

·        pavimenti privi di buche, sporgenze o sconnessioni.

·        percorsi dei mezzi senza curve troppo strette, senza pendenze eccessive, preferibilmente a senso unico, oppure ampi a sufficienza per il passaggio di due carrelli caricati.

·        limitazione delle interferenze fra i percorsi dei mezzi e quelli pedonali.

·        percorsi pedonali e luoghi di stazionamento dei lavoratori protetti dal pericolo di investimento da parte di materiali stivati.

·        protezione delle uscite da locali o altri punti frequentati dai lavoratori, quando incrociano i percorsi dei mezzi.

·        buona illuminazione dei percorsi e tinteggiatura con colori chiari delle pareti dei locali di lavoro.

·        specchi parabolici ove occorrenti; in casi particolari valutare la possibilità di installare semafori.

·        segnalazione e, se necessario, protezione di eventuali ostacoli sul percorso dei carrelli elevatori.

·        individuazione di zone di attraversamento delle linee di trasporto che consentano il passaggio delle persone senza pericoli di investimento.

·        organizzazione spaziale e/o temporale del magazzino in modo da limitare al minimo le interferenze fra il carico e lo scarico del magazzino stesso.

·        idonei ancoraggi, funi ed imbracatura in tutti i casi in cui è necessario intervenire in altezza

·        i prodotti in entrata devono riportare l’indicazione del loro peso in modo che l’addetto possa verificare che il carrello ed il sistema di presa sia di adeguata capacità.

·        dispositivi acustici e luminosi di segnalazione di manovra dei mezzi.

·        mantenimento della visibilità dal posto di guida dei mezzi anche mediante opportuno posizionamento del carico trasportato, che comunque deve essere posizionato più in basso possibile in modo da garantire la stabilità del carrello; in casi occasionali in cui l’ingombro del carico sia tale da pregiudicare la visuale, il carrello può essere preceduto da un altro lavoratore che aiuti il carrellista nella manovra e segnali agli altri lavoratori eventualmente presenti nei dintorni, la presenza del trasporto.

·        preferenza dell’acquisto di mezzi con pedaliera analoga a quella degli automezzi.

·        limitazione della velocità dei mezzi in relazione alle caratteristiche del percorso, anche con eventuali dispositivi regolabili che limitano la velocità.

·        protezione degli organi di comando contro l’avviamento accidentale.

·        protezione del posto di guida contro il pericolo di investimento di corpi che possono cadere dall’alto.

·        regolare manutenzione e periodica revisione del mezzo meccanico e delle sue varie componenti.

·        il conducente deve guidare con prudenza senza fare sporgere gambe o braccia dall’abitacolo di guida, prestare particolare attenzione in retromarcia, condurre il carrello all’interno dei percorsi segnalati a terra, interrompere il lavoro se qualcuno si trova nel raggio di azione del mezzo, inserire il freno prima di lasciare il carrello in sosta.

·        disporre il divieto di trasportare persone facendole salire sulle forche di sollevamento.

·        puntuale informazione, formazione, ed addestramento dei lavoratori all’uso corretto e sicuro dei mezzi nelle diverse condizioni di impiego. Ad esempio l’addetto deve essere sapere come comportarsi se il mezzo dovesse accidentalmente ribaltarsi, ovvero: non buttarsi giù dal mezzo, ma tenersi saldamente al volante, puntare i piedi e inclinarsi dalla parte opposta a quella di ribaltamento.

riferimenti normativi

-         Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 11 “Posti di lavoro e  di passaggio e luoghi di lavoro esterni” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. X, Capo III, Art. 381 "Protezione del capo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. V “Mezzi ed apparecchi di sollevamento, trasporto e immagazzinamento” (Capo I “Disposizioni generali”, Capo II “Gru, argani, paranchi e simili”, Capo III “Ascensori e montacarichi”, Capo V “Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici”) D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 10 “Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro”  D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Tit. II, Capo V "Illuminazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         All. 1 "Requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine e dei componenti di sicurezza" D.P.R. n.459 del 24.07.1996.

-          Norme UNI 9288, 9289, 9290, 9291, 9292, 9293, UNI EN 281, 614/1, UNI ISO 1074, 2328, 2330, 2331, 3287, 3691, 5053, 5767, 6055 (vedere 6.1.37).

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi meccanici mobili del carrello elevatore o del carro ponte possono essere causa di presa, impigliamento, cesoiamento.

Altro possibile fattore di rischio è dato dal raggio di azione del carroponte che potrebbe interferire con la zona di transito di veicoli e di personale, con la possibilità di urti e investimenti.

danno atteso

Lesioni temporanee e permanenti per urto, presa, trascinamento, taglio, amputazione, schiacciamento degli arti.

interventi prevenzionistici

-         Regolamentare l’accesso di persone e veicoli  alla zona interessata dal raggio di azione del carroponte. Ad esempio, in una azienda del comparto, ciò è stato realizzato intercettando l’ingresso e l’uscita degli autotreni dal capannone con sbarre automatiche e relativi semafori; l’apertura delle sbarre che permettono il transito dell’autotreno è condizionata da vari sensori che controllano la posizione relativa del carroponte e del veicolo. Inoltre è presente un sistema automatico di segnalazione ottico-acustica che segnala all’operatore addetto al carroponte l’ingresso di un veicolo nella zona compresa nel raggio di azione del carroponte. 

-         Rendere inaccessibili le zone pericolose dei macchinari, tramite ripari fissi o dotati di dispositivo di interblocco.

-         Non effettuare interventi di manutenzione sui macchinari mentre sono in movimento.

-         Non effettuare oliatura degli ingranaggi delle macchine in movimento, se non utilizzando oliatori con beccucci di materiale frangibile e di lunghezza tale da consentire all’operatore di mantenersi a distanza di sicurezza. La distanza di sicurezza può essere garantita ad esempio da una griglia metallica, fissa o munita di dispositivo di interblocco, posta a sufficiente distanza dalla zona pericolosa.

-         Indossare indumenti non svolazzanti che potrebbero essere presi e trascinati dagli organi mobili dei macchinari.

-         Fare precedere da un segnale ottico-acustico ogni avviamento dell’impianto.

-         L’interruzione e il successivo ritorno della energia elettrica non deve comportare il riavviamento automatico della macchina.

-         Le macchine devono essere installate, utilizzate, manutenute, riparate e regolare in modo conforme alle istruzioni del costruttore, specie quelle vecchie prive di marcatura CE, ove esistenti.

-         Adottare procedure standardizzate di intervento per la mautenzione.

-         Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-         Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

Norme UNI EN 291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1, 1012/2

 

Lavoro in prossimità di carichi sospesi

descrizione

L’utilizzo di argani, gru e carri-ponte comporta il rischio di caduta di carichi dall’alto. Inoltre, specie quando alla manovra partecipa più di un addetto, esiste il rischio di presa delle mani a contrasto tra le catene, e di investimento da parte del carico dovuto ad oscillazioni che esso può compiere durante la sua movimentazione.

danno atteso

Lesioni traumatiche per urto, investimento, schiacciamento.

prevenzione

Per ridurre il rischio di investimento e schiacciamento da parte del carico, è necessario che si manovri in modo da ridurre le oscillazioni. Inoltre, sia chi manovra la gru (gruista), sia chi provvede alla imbracatura del carico, non si deve mai posizionare tra l’oggetto da sollevare ed eventuali ostacoli fissi.

Il gancio della gru deve essere dotato di chiusura di sicurezza o conformato in modo da garantire l’impossibilità della caduta accidentale del carico. In aziende di altri comparti sono accaduti diversi infortuni mortali proprio per la mancanza di questo semplice dispositivo di sicurezza.

Quando non utilizzato, il gancio non va mai lasciato ad altezza d’uomo, per evitare il rischio di urti.

Il binario sul quale scorre il carro ponte deve essere dotato di apposito dispositivo di fine corsa.

È necessario che l’apparecchio di sollevamento abbia portata idonea rispetto al peso pezzo da sollevare e venga sottoposto alle verifiche preventive e periodiche delle apparecchiature nel loro insieme o di loro parti (esempio funi). Gli esiti degli accertamenti vanno riportati sull’apposito registro tenuto dall’azienda. In particolare, se la portata essa è superiore a 200 Kg., l’impianto è soggetto a denuncia e visita preventiva di primo impianto da parte di ISPESL, a controlli annuali da parte della A.S.L. al fine di verificarne le condizioni di efficienza per quanto riguarda i dispositivi meccanici e di scorrimento, e verifiche trimestrali da parte di tecnici incaricati dall’azienda riguardo le funi metalliche impiegate per il sollevamento dei carichi (da registrare sull’apposito libretto).

L’impianto di sollevamento deve essere utilizzato solo da personale appositamente formato e che indossi D.P.I. (scarpe di sicurezza con punta rinforzata, guanti, elmetto).

riferimenti normativi

-         Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 11 “Posti di lavoro e  di passaggio e luoghi di lavoro esterni” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. X, Capo III, Art. 381 "Protezione del capo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. V “Mezzi ed apparecchi di sollevamento, trasporto e immagazzinamento” (Capo I “Disposizioni generali”, Capo II “Gru, argani, paranchi e simili”, Capo III “Ascensori e montacarichi”, Capo V “Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici”) D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 10 “Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro”  D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Tit. II, Capo V "Illuminazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         All. 1 "Requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine e dei componenti di sicurezza" D.P.R. n.459 del 24.07.1996.

-          Norme UNI 9288, 9289, 9290, 9291, 9292, 9293, UNI EN 281, 614/1, UNI ISO 1074, 2328, 2330, 2331, 3287, 3691, 5053, 5767, 6055.

 

 


Foto n. 19: gancio di sicurezza.

 


Movimentazione manuale dei carichi.

descrizione

L’operazione di sostituzione delle batterie dei muletti richiede la loro movimentazione.

danno atteso

La movimentazione manuale può comportare disturbi e danni muscolo – scheletrici.

prevenzione

I rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi possono essere ridotti utilizzando mezzi meccanici di sollevamento per le batterie.

Si può anche mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del locale sulla quale sono poste prese e spine per il collegamento elettrico; questa soluzione limita anche l’esposizione agli acidi degli accumulatori elettrici e il rischio di esplosione e incendio.

Nel caso della movimentazione manuale occorre procedere alla valutazione del rischio in sede di misure attuative del D.Lgs. 626/94 ed informare e formare gli addetti.

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938

 

Esposizione a prodotti della combustione diesel

descrizione

Qualora vengano utilizzati carrelli elevatori diesel, gli addetti possono essere esposti ai prodotti della combustione, costituiti prevalentemente da: particolato da idrocarburi incombusti, ossidi di azoto (NO, NO2), anidride solforosa (SO2), ossido di carbonio (CO), formaldeide (HCHO), idrocarburi aromatici e alifatici, sostanze organiche volatili (S.O.V.).

danno atteso

L’esposizione ai suddetti inquinanti può provocare broncopneumopatie, ossicarbonismo, sindrome irritative delle estremità cefaliche, asma bronchiale, emopatie, epatopatie, neuropatie, nefropatie, miocardiopatie, dermatiti. Inoltre la formaldeide è un sospetto cancerogeno.

danno rilevato

Dalle indagini svolte in altri comparti produttivi, i lavoratori esposti ai gas di combustione dei carrelli diesel hanno lamentato l’irritazione delle congiuntive oculari e delle vie respiratorie.

prevenzione

Per limitare l’esposizione a questo fattore di rischio, è bene che i carrelli elevatori diesel siano provvisti di marmitta catalitica (valida per NO2 e CO) o ad acqua (valida per il particolato) ed il loro impiego deve essere limitato all’esterno dei locali di lavoro (nel piazzale antistante lo stabilimento produttivo), mentre all’interno è necessario utilizzare muletti a trazione elettrica. Tra l’altro sono attualmente disponibili sul mercato carrelli elevatori a trazione elettrica la cui portata è sufficiente per le esigenze di produzione del comparto.

riferimenti normativi

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

-         D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000 “Attuazione delle direttive 1997/42/CE e 1999/38/CE, che modificano la direttiva  90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i  rischi  derivanti  da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”.

 

Esposizione a rumore

descrizione

La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione al rumore degli addetti, sia per il rumore generato dai mezzi stessi, sia nel caso esposizione indiretta se il mezzo viene introdotto in reparti voe si svolgono lavorazioni rumorose.

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari musure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

prevenzione

È necessario la valutazione della esposizione e l’adozione delle relative misure di prevenzione, in primo luogo una accurata manutenzione dei mezzi. È opportuno valutare la possibilità di sostituire i carrelli elevatori diesel (talvolta utilizzati nei piazzali esterni), con i carrelli elettrici che sono meno rumorosi.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a vibrazioni

descrizione

La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione a vibrazioni.

danno atteso

L’esposizione continuativa a vibrazioni può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta. L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi ed all’entità di esposizione.

prevenzione

Utilizzare mezzi del tipo a bassa vibrazione e minore impatto vibratorio, oltre a effettuare su di essi  una accurata manutenzione.

riferimenti normativi

-         D.M.L. del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"

-         Art. 46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.

-         Art. 24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del 19.3.1956

-         9.9.3 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per movimentazione".

-         1.5.9 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".

-         1.5.9 "Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente"  D.P.R. n. 459 del 24.07.1996

-         Comunicazione CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".

-         Norma UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".

-         D.M. 30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2): «Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".

-         Comunicazione CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine, modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE  e 93/68/CEE".

 

Manipolazione di oli minerali

descrizione

I carrelli elevatori, come la generalità delle macchine, necessitano di oli minerali come lubrificanti degli organi meccanici.

danno atteso

Gli oli minerali sono una classe di composti che possono presentare rischi per i lavoratori di danni di tipo acuto (allergie, dermatiti) e di tipo cronico (tumori).

La IARC suddivide gli oli in due grandi categorie:

-         non severamente raffinati: classificati certamente cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1).

-         severamente raffinati: classificati tra le sostanze per le quali non è possibile esprimere un giudizio di cancerogenicità (Gruppo 3).

L’Unione Europea, invece, nel classificare i prodotti derivanti dal petrolio e dal carbone (tra cui ovviamente gli oli minerali) ha seguito un diverso criterio da quello della raffinazione ”tal quale”: le miscele di sostanze derivate dal petrolio e dal carbone vengono considerate sostanze a cui è stato attribuito un univoco numero di identificazione CAS ed un univoco numero di indice CE, classificando circa 600 sostanze come cancerogene (R45) a meno che il produttore non possa dimostrare che contengono (D.P.R.n.52/97):

-         meno dello 0,1% peso/peso di 1,3-butadiene

-         meno dello 0,1% peso/peso di benzene

-         meno del 3% di estratto Dmso (Dimetilsolfossido) secondo la misurazione IP 346

-         meno del lo 0,005% peso/peso di benzo (a) pirene

oppure se il produttore, conoscendo l’intero iter di raffinazione, può dimostrare che la sostanza da cui il prodotto è derivato non è cancerogena.

Quindi, anche in questo caso, è fondamentale la lettura dell’etichetta e della scheda dei dati di sicurezza e che questi strumenti siano correttamente compilati.

prevenzione

Utilizzare oli minerali del tipo meno pericoloso (oli severamente raffinati) ed evitare l’imbrattamento, specie durante il prelievo degli oli esausti. È pertanto necessario utilizzare D.P.I. (guanti, tuta, grembiuli, occhiali) ed evitare di tenere in tasca stracci o utilizzare guanti impregnati di olio minerale. È importante una adeguata informazione, formazione, e sorveglianza sanitaria degli esposti.

riferimenti normativi

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

-         D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000 “Attuazione delle direttive 1997/42/CE e 1999/38/CE, che modificano la direttiva  90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i  rischi  derivanti  da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”.

 

Esposizione ad acidi di accumulatori elettrici

descrizione

Durante la ricarica delle batterie di carrelli a trazione elettrica, i lavoratori possono essere esposti ad acidi contenuti nelle batterie.

danno atteso

Irritazione e ustione chimica della cute e delle mucose con cui vengono in contatto.

prevenzione

L’inalazione di vapori degli acidi presenti negli accumulatori elettrici viene limitata effettuando la ricarica in locale separato adeguatamente aerato. Se l’aerazione naturale non è sufficiente è necessario un sistema di aspirazione. In alternativa possono essere utilizzati apparecchi di ricarica chiusi e posti sotto aspirazione.

Una ulteriore soluzione può essere quella di mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del suddetto locale; questa soluzione evita anche il problema della movimentazione dei carichi per la sostituzione delle batterie.

Per evitare il contatto degli acidi con la pelle, durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi e i lavoratori devono indossare guanti antiacido. L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida.

riferimenti normativi

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Norme UNI EN 626/1, 626/2, 1093/4, UNI  9293.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Sviluppo di sostanze capaci di creare miscele esplosive con l’aria

descrizione

L’operazione di ricarica degli accumulatori dei carrelli a trazione elettrica comporta il pericolo di incendio – esplosione. Infatti, durante la ricarica, il passaggio della corrente elettrica determina un processo di elettrolisi con sviluppo di idrogeno. Si ha anche una parziale evaporazione degli acidi forti contenuti nella batteria. Pertanto, in assenza di idonea aerazione, si può arrivare ad un livello di saturazione ambientale che può determinare la formazione di una miscela esplosiva.

Se avviene l’esplosione si può anche verificare la proiezione violenta degli acidi forti contenuti nella batteria.

danno atteso

In caso di incendio-esplosione, gli addetti possono riportare gravi ustioni, lesioni traumatiche, intossicazioni. Se investiti da schizzi di acido della batteria, possono riportare anche ustioni cutanee e lesioni agli occhi.

prevenzione

Per ridurre i rischi derivanti dalla ricarica degli accumulatori elettrici è necessario effettuare questa operazione in locale separato dai restanti locali di lavoro, adeguatamente aerato. L’impianto elettrico deve rispondere alle norme per gli ambienti a maggior rischio in caso di incendio (CEI 64-8). È opportuno che in tale locale non siano presenti altri materiali infiammabili.In caso di ricarica sotto aspirazione localizzata, i parametri geometrici dell’impianto di aspirazione devono essere adeguatamente dimensionati in relazione alla velocità di aspirazione per evitare che si formino miscele esplosive con l’aria.

La protezione antincendio deve prevedere la presenza almeno di estintori a polvere, del tipo omologato. Nei casi a rischio più elevato può essere opportuno installare un impianto di spegnimento automatico (ad esempio del tipo a CO2).

È necessaria la valutazione dettagliata del rischio d’incendio in base a quanto previsto dal D.M. del 10.03.98.

riferimenti normativi

-         Art. 19 “Separazione del locali nocivi”  D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Art. 20 “Difesa dell’aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi” D.P.R. n. 303/56.

-          Art. 303 “Accumulatori elettrici”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.M.Ind. del 01.03.1989 "Recepimento della direttiva CEE/88/571, sull'aggiornamento al progresso tecnico dei metodi di protezione del materiale elettrico antideflagrante"

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

I principali fattori di impatto ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Emissioni in atmosfera

Sono costituite dalle emissioni dei mezzi a trazione diesel e delle emissioni dei vapori degli acidi emessi durante la ricarica delle batterie. Si tratta di emissioni che hanno un impatto ambientale relativamente basso.

 

Produzione di rifiuti

I principali rifiuti prodotti in questa fase sono gli oli esausti e le batterie esauste dei carrelli elevatori. Tali rifiuti vengono ritirati da ditte specializzate (si veda il paragrafo 4.1).

L’olio esausto va tenuto, prima del conferimento alla ditta incaricata al ritiro, in modo idoneo ed in condizioni di sicurezza per l’ambiente e per gli addetti. Pertanto devono essere utilizzati contenitori adatti ad eliminare i rischi di rottura e sversamento. Contenitori adatti a questo scopo devono rispondere a regole precise. In particolare devono essere provvisti di:

·        idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;

·        accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza il riempimento e lo svuotamento;

·        bacini di contenimento in caso di rotture o sversamenti;

·        mezzi di presa per rendere sicure le operazioni di movimentazione.

La sistemazione dei contenitori deve essere studiata per evitare al massimo gli urti accidentali ed altri gravi inconvenienti.

In procinto di raggiungere la capacità massima del contenitore di olio usato chiamare esclusivamente l’incaricato del Consorzio Obbligatorio degli oli usati e conferirgli l’olio in condizioni di sicurezza (il conferimento al Consorzio di olio usato non inquinato avviene a titolo gratuito), ponendo la massima attenzione alla movimentazione dei contenitori ed alla situazione di lavoro intorno alle operazioni di trasferimento del liquido.

Le batterie al piombo esauste sono pericolose per l’uomo e per l’ambiente perché contengono il 60-65% in peso di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre l’acido solforico è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.

Le batterie esauste devono essere conferite al raccoglitore incaricato COBAT.

 

I principali fattori di rischio ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Sversamenti di acido solforico e contaminazione del suolo con piombo.

In caso di rottura delle batterie durante la loro movimentazione si possono verificare sversamenti della soluzione acida; sversamenti sono possibili anche durante la ricarica delle batterie e durante lo stoccaggio provvisorio delle batterie esauste nell’attesa del ritiro da parte dello smaltitore. In caso di sversamento si può verificare l’inquinamento del suolo e delle acque. La batteria al piombo esausta è pericolosa per l’uomo e per l’ambiente perché contiene il 60-65% in peso di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre l’acido solforico in nebbie di acidi forti è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.

L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida; durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi.

I luoghi di ricarica devono essere conformati in modo da evitare sversamenti, ad esempio può essere predisposto un apposito canale di raccolta, coperto da grigliato in materiale antiacido, e dotato di pozzetto di accumulo e neutralizzazione; l’acido raccolto nel pozzetto deve essere neutralizzato e rimosso.

I lavoratori devono essere adeguatamente formati per la gestione dell’evento accidentale, sia per quanto riguarda la protezione dell’ambiente, sia per le norme di prevenzione di salute e sicurezza.

In attesa dell’arrivo del raccoglitore incaricato COBAT, le batterie esauste vanno depositate temporaneamente in contenitori mobili costituiti in materiale antiacido e dotati delle seguenti caratteristiche (deliberazione Comitato interministeriale 27 luglio 1984):

·        dotati di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;

·        dotati di maniglie per rendere sicure ed agevoli le operazioni di movimentazione;

·        utilizzare accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento e svuotamento;

·        le sponde siano più alte di almeno 20 cm dall’altezza massima dell’accumulo previsto;

·        contrassegno con etichetta o targa visibili, apposte sui recipienti stessi o collocate nelle aree di stoccaggio;

·        i recipienti che hanno contenuto le batterie e non reimpiegati per gli stessi tipi di rifiuti, devono essere sottoposti a trattamenti di bonifica appropriati ai nuovi usi. Non possono però essere mai utilizzati per contenere prodotti alimentari.

 

Sversamenti di oli minerali sul suolo o nelle acque

La sostituzione dell’olio usato dei muletti e le operazioni di rabbocco dell’olio devono essere effettuate in condizioni di massima sicurezza ed igiene per evitare che operazioni approssimative o mezzi tecnici non adeguati producano spandimenti e sversamenti sul suolo o nelle acque, perciò vanno usate tutte le cautele e le professionalità necessarie per eseguire il lavoro a regola d’arte.

È quindi indispensabile che i datori di lavoro impartiscano adeguate istruzioni al personale dipendente e agli apprendisti per la corretta gestione degli oli usati ai fini della protezione ambientale, senza trascurare le disposizioni igieniche e sanitarie a protezione della salute e della sicurezza: gli oli sono fonte di rischi (scivolamenti, incendi, intossicazioni) che vanno valutati e ridotti secondo le norme previste dagli appositi decreti legislativi 626/94 e 242/96.

 

Incendio – esplosione

L’incendio-esplosione del locale ricarica batterie può comportare danni strutturali interessanti anche altre parti dell’edificio, oltre che la propagazione dell’incendio ai locali limitrofi.

 


RIFERIMENTI NORMATIVI DI CARATTERE GENERALE

 

-         D.P.R. n. 547 del 27.04.1955 (G.U. n. 158 del 02.07.1955) – Norme generali per la prevenzione degli infortuni. Norme per prevenzione degli infortuni sul lavoro.

-         D.P.R. n. 302 del 19.03.1956 – Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative di quelle generali emanate con D.P.R. n. 547/1955.

-         D.P.R. n. 303 del 19.03.1956 – Norme generali per l’igiene del lavoro.

-         D.M.L. del 28.07.1958 – Presidi chirurgici e farmaceutici aziendali.

-         D.M.L. del 12.09.1958 – Istituzione del registro degli infortuni.

-         D.P.R. n. 1124 del 30.06.1965 – Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

-         Legge n. 977 del 17.10.1967 – Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti.

-         Legge n. 300 del 20.05.1970 – Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.

-         Legge n. 1204 del 30.12.1971 – Tutela delle lavoratrici madri.

-         D.M.L. del 18 aprile 1973 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e la malattie professionali.

-         D.P.R. n. 1026 del 25.11.1976 – Regolamento di esecuzione della Legge n. 1204 del 30.12.1971 sulla tutela delle lavoratrici madri.

-         Legge n. 833 del 23.12.1978 – Istituzione del servizio sanitario nazionale.

-         Legge n. 46 del 05.03.1990 – Norme per la sicurezza degli impianti

-         D.Lgs. n. 277 del 15.08.1991 – Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro a norma dell’Art. 7 della Legge n. 212 del 30.07.1990.

-         D.Lgs. n. 77 del 25.01.1992 – Attuazione della direttiva 88/364/CEE in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 (con successive modifiche e integrazioni) “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,  89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 99/38/CE riguardanti il  miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.

-         D.Lgs. n. 242 del 19.03.1996 – Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994, recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.

-         Circolare Ministero del Lavoro n. 89 del 27.06.1996 – Direzione generale dei rapporti di lavoro Divisione VII - D.Lgs. n. 242/1996, , contenente modificazioni ed integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994, in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. Direttive per l’applicazione.

-         D.P.R. n. 459 del 24.07.1996 – Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 81/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento degli stati membri relative alle macchine.

-         D.Lgs. n. 493 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sui luoghi di lavoro.

-         D.Lgs. n. 494 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e/o di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili.

-         D.Lgs. n. 645 del 25.11.1996 – Recepimento della Direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.

-         Circolare n. 172 del 20.12.1996 – Ulteriori indicazioni in ordine di applicazione del D.Lgs. n. 626/1994, come modificato dal D.Lgs. n. 242/1996.

-         D.M.L. del 16.01.1997 – Individuazione dei contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro che possono svolgere direttamente i compiti propri del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.

-         D.Lgs. n. 359 del 04.08.1999 “Attuazione della Direttiva 95/63/CE, che modifica la Direttiva  89/394/CEE, relativa ai requisiti minimi di sicurezza e salute per l'uso di attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori”.

-         D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000 “Attuazione delle Direttive 97/42/CE e 99/38/CE, che modificano la Direttiva  90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i  rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”.

 

Tabella riassuntiva

VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE AL RUMORE

e relative misure di prevenzione ai sensi del D.Lgs. n. 277/1991.

Valori limite

Principali misure da attuare al superamento dei valori limite

Lep,d 80 dB(A)

-          Informare i lavoratori su:

-          rischi per l'udito derivanti  dall'esposizione al rumore;

-          le misure adottate in applicazione delle norme vigenti;

-          le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi;

-          la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso;

-          il significato ed il ruolo del controllo sanitario per mezzo del medico competente;

-          i risultati ed il significato della valutazione del rumore.

-          Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori interessati che ne facciano richiesta ed il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi.

-          Privilegiare all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore.

Lep,d 85 dB(A)

-          Formare i lavoratori su:

-          uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito;

-          uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzate in modo continuativo, producono un Lep,d pari o superiore a 85 dB(A);

-         Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori a due anni.

-         Corredare da un'adeguata informazione relativa al rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai rischi che questa comporta, i nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad essere utilizzati durante il lavoro che possono provocare ad un lavoratore che li utilizzi in modo appropriato e continuativo un'esposizione quotidiana personale al rumore pari o superiore al limite.

Lep,d 90 dB(A)

 

oppure

 

Pressione acustica istantanea non ponderata

140 dB

(200 Pa)

-          Esporre una segnaletica appropriata, perimetrare e limitare l’accesso ai luoghi di lavoro.

-          Fornire ai lavoratori i D.P.I per la protezione dell'udito.

-          Consultare i lavoratori per la scelta dei modelli dei D.P.I.

-          I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dB(A) sono tenuti ad utilizzare i D.P.I.

-          Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori ad un anno.

-          Adottare misure preventive e protettive per singoli lavoratori, in conformità al parere del medico competente, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative.

-          Tenuta del registro degli esposti.

-          Comunicare all'organo di vigilanza, informando i lavoratori, le misure tecniche ed organizzative applicate, qualora l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulti superiore ai limiti nonostante l'adozione delle misure preventive.

 

ALTRI RIFERIMENTI DI INTERESSE PER IL COMPARTO

 

-         Legge n. 595 del 26.05.1965, Articoli 1 e 2 “Caratteristiche tecniche e requisiti dei leganti idraulici”.

-         C.C.N.L. per i dipendenti delle aziende esercenti la produzione del cemento, della calce e suoi derivati, del gesso e relativi manufatti, delle malte, del fibrocemento e di materiali compositi a base cementizia, nonché per la produzione promiscua di cemento, calce, gesso e malte.

 

 

 


BIBLIOGRAFIA:

 

 

1.      Le emissioni in atmosfera dell’industria del cemento, C.N.R., Istituto sull’inquinamento atmosferico, Gruppo di lavoro per lo studio delle emissioni in relazione alla tutela della popolazione e alla salvaguardia dell’ambiente, Coordinatore: Prof. Arnaldo Liberti, Roma, 1985

 

2.      Villavecchia Eihgenmann, Nuovo dizionario di merceologia e chimica applicata, Hoepli.

 

3.      Industria del cemento: rilevazioni ambientali e patologia respiratoria, Quaderni di medicina del lavoro, Riabilitazione e igiene ambientale, n. 4, Istituto di medicina del lavoro, Università di Bari - Fondazione clinica del lavoro di Pavia, Adriatica editrice, Bari, 1980.

 

4.      Elementi di tecnologia industriale a uso dei cultori di medicina del lavoro, Francesco Candura, 3° edizione, Edizioni COMET, Pavia, 1990.

 

5.      Linee guida per il sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni nel settore del cemento, a cura di Ivo Allegrini, Mara Repetto, Mauro Rotatori, C.N.R., Istituto sull’inquinamento atmosferico, Roma, Aprile 1998.

 

6.      L’industria italiana del cemento - 1999, Relazione alla assemblea annuale delle associate, Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento (A.I.T.E.C.), Roma, 6 luglio 2000.

 

7.      Reference Document on Best Available Techniques in the Cement and Lime Manufactoring Industries, Institute for Prospective Technological Studies (I.P.T.S.) Siviglia (Spagna), European Integrated Pollution Prevention and Control Bureau (E.I.P.P.C.B.), Marzo 2000.