A.R.P.A.T.

Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana

 

http://www.arpat.toscana.it/

LOGONEW

Settore tecnico C.E.D.I.F.

Comunicazione Educazione Documentazione Informazione Formazione

 

Unità Operativa

“Documentazione e Informazione”

 

 

"Profili di rischio per comparto produttivo"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRODUZIONE DI COLORANTI

PER INDUSTRIA CERAMICA

 

Nelle province di Firenze e Lucca.

 

 

 

 

 

 

 

Responsabili del procedimento la ricerca: Barbara Gobbò, Danila Scala.

Autori della ricerca: Giuseppe Banchi, Claudio Nobler, Danila Scala, Paolo Spiniello.

Con la collaborazione di: Leandro Bagnoli, Carla Poli, Gaetano Pizzano, Monica Puccetti.

Fotografie: Claudio Nobler.

 

RICERCA FINANZIATA DA:

ISPESL - Istituto Superiore Prevenzione E Sicurezza del Lavoro

 

 

Ricerca aggiornata al settembre 2002.

 


1.     - GENERALITÀ SUL COMPARTO.

 

Nella presente ricerca si prende in esame il comparto produttivo della produzione dei coloranti per l’industria ceramica.

 

La presente indagine si riferisce ad attività comprese nel codice ISTAT-ATECO ’91 per la classificazione delle attività economiche: 24.30 – “Fabbricazione di pitture, vernici e smalti, inchiostri da stampa e mastici”. Questo comparto fa parte del settore produttivo della fabbricazione “Fabbricazione prodotti chimici e di fibre sintetiche artificiali” (codice 24).

 

Tabella 1 – Classificazione ISTAT-ATECO ’91 del settore produttivo

Codice attività

ISTAT–aTECO ’91

Denominazione attività

24.30

Fabbricazione di pitture, vernici e smalti, inchiostri da stampa e mastici.

 

Questa classe comprende:

-          fabbricazione di pitture e vernici, smalti o lacche;

-          fabbricazione di pigmenti, opacizzanti e colori preparati;

-          preparazioni vetrificabili, ingobbi e preparazioni simili;

-          fabbricazione di mastici, stucchi utilizzati nella pittura e stucchi non refrattari del genere di quelli utilizzati nella muratura;

-          fabbricazione di solventi e diluenti organici composti, fabbricazione di prodotti svernicianti preparati;

-          preparazione di inchiostro da stampa.

 

Questa classe non comprende:

-          fabbricazione di sostanze coloranti e pigmenti di base (24.12);

-          fabbricazione di inchiostri per scrivere e disegnare (24.66).

 

 

Le aree di riferimento per la presente ricerca sono la provincia di Firenze e di Lucca.

 

 

 


Da una ricerca effettuata sui dati delle C.C.I.A.A. (Unioncamere), si sono ottenuti i seguenti risultati:

 

 

Tabella 2 - Numero di unità locali in Toscana, anno 1999.

Codice

Attività

Descrizione attività

totale Unità locali

Regione

Toscana

Numero unità locali suddivise per provincia

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

24300

Fabbricazione di pitture, vernici e smalti, inchiostri da stampa e mastici

89

6

56

0

7

15

1

13

9

3

6

Fonte: elaborazione a cura di A.R.P.A.T. – settore tecnico S.I.R.A. su dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).

 

 

 

Tabella 3 - Numero di addetti in Toscana, anno 1999.

Codice

Attività

Descrizione attività

Totale

addetti

Regione

Toscana

Numero addetti suddivisi per provincia

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

24300

Fabbricazione di pitture, vernici e smalti, inchiostri da stampa e mastici

1.045

63

713

0

18

252

2

80

15

29

53

Fonte: elaborazione a cura di A.R.P.A.T. – settore tecnico S.I.R.A. su dati delle Camere di Commercio (Unioncamere).

 

 

 

Tabella 4 - Infortuni denunciati e indennizzati all'INAIL nel periodo 1996-2000.

Comparto produttivo “Produzione di coloranti per ceramica” Regione Toscana

Anni

Numero

Infortuni

Numero Infortuni

Mortali

1996

74

0

1997

73

0

1998

59

0

1999

48

0

2000

62

1

Totale

316

1

Fonte: INAIL

 

 

Tabella 5 - Malattie professionali denunciate all'INAIL nel periodo 1996-2000.
Comparto produttivo “Produzione di coloranti per ceramica” nella Regione Toscana.

Anno

Tipo di conseguenza

Codice della malattia professionale

Tipologia di malattia professionale

Numero

di casi

1997

PERMANENTE

99

MALATTIE NON TABELLATE

1

Fonte: INAIL

 


E’ da tenere presente che i dati statistici sopra riportati comprendono le aziende che effettuano le seconde lavorazioni, come ad esempio, la sola miscelazione e preparazione dei prodotti pronti all’uso a partire da pigmenti, fritte, composti e preparati.

 

La presente ricerca ha preso come riferimento le aziende toscane che effettuano la produzione di pigmenti, fritte, composti e preparati.

 

Nelle aziende del comparto è stata avviata la valutazione del rischio chimico ai sensi del D.Lgs. 25/2002 che aggiorna il titolo VII del D.Lgs. 626/1994.

 

È in corso, tra l’altro, un monitoraggio biologico relativo in particolare ai rischi dovuti alla esposizione a piombo, cobalto, nichel, antimonio, manganese, bario, litio, biossido di silicio, silice; è inoltre tenuta sotto controllo l’esposizione a rumore, polveri, microclima.

 

Da indagini preliminari di monitoraggio biologico effettuate da una azienda del comparto relativamente alla esposizione a piombo, cobalto, nichel, antimonio, manganese, sembra emergere quanto segue:

-          per quanto riguarda la piombemia, determinata su 24 lavoratori, in 14 sono stati riscontrati valori pari o inferiori a quelli di riferimento per i non esposti (10 gamma/dl), mentre nei restanti 10 i valori riscontrati hanno superato i limiti di riferimento, ma in ogni caso sono risultati inferiori ai valori soglia per persone esposte: tutti i soggetti testati sono professionalmente esposti a piombo;

-          il dosaggio del manganese, sia ematico che urinario, ha mostrato valori costantemente inferiori a quelli di riferimento;

-          per quanto riguarda la ricerca del cobalto urinario, nei 2 soggetti testati sono stati riscontrati valori in un caso inferiore e nell’altro lievemente superiore (2,1 gamma/l) al valore di riferimento per soggetti non esposti (2 gamma/l);

-          la ricerca del nichel urinario ha fornito risultati inferiori al valore di riferimento per persone non esposte (2,6 gamma/gr di creatina) in 2 casi e in un caso valore ad esso uguale;

-          il dosaggio dell’antimonio urinario ha fornito in un caso valore pari a quello di riferimento per persone non esposte (1 gamma/l) mentre, negli altri 2 soggetti, i valori sono nettamente ad esso superiori (7,4 gamma/l   e   10,1 gamma/l).

 


2. - DESCRIZIONE GENERALE DEL CICLO DI LAVORAZIONE

 

Introduzione

 

Per un più agevole approccio alla lettura delle pagine che seguiranno, è utile anteporre una breve panoramica rivolta alla definizione delle materie impiegate per la produzione dei coloranti per ceramica e dei prodotti finiti; prendiamo in esame materie prime inorganiche, fritte e pigmenti ceramici, composti ceramici, preparati ceramici.

 

A)               Materie prime inorganiche

Sono ossidi, sali, minerali aventi ciascuno differenti funzioni nell’economia della lavorazione industriale. Senza la pretesa di essere esaustivi ma solo con l’intenzione di accennare ad alcuni impieghi possibili, riportiamo qui di seguito alcuni dei materiali di largo impiego:

·         Argille: sono minerali largamente disponibili in natura risultanti dalla miscela di  silicati vari  (es. caolinite) ed altri minerali quali calcite, dolomite, quarzo;

·         Allumina: per la sua capacità di legarsi sia con silicio che ossidi è il più importante stabilizzante di sistemi vetrosi, essendo impiegata per controllare la viscosità e la resistenza meccanica degli smalti;

·         Ammonio metavanadato: è aggiunto alle fritte perché lo ione vanadio ha elevato potere antiflocculante negli smalti e riduce la viscosità del fuso durante il processo di cottura;

·         Sodio floruro: serve come opacizzante e materiale fondente;

·         Nichel carbonato: viene utilizzato per introdurre nelle fritte ossidi di nichel. Questi ossidi permettono di avere tinte blu, verde, grigio;

·         Rame ossidi: assumono grande importanza per la capacità di conferire a smalti e fritte colorazioni con tinte comprese tra il turchese ed il verde, compreso il rosso;

·         Manganese ossido: la sua aggiunta origina rosso, giallo, marrone;

·         Cromo ossido: è usato in pigmenti e fritte per produrre colori verdi, gialli e rossi;

·         Ferro ossidi: valgono le considerazioni di cui immediatamente sopra;

·         Cobalto ossidi: impartiscono tinte blu;

·         Composti del piombo: trovano impiego sia nelle fritte che nei pigmenti ed hanno il compito di conferire lucentezza al prodotto;

·         Composti del bario: introducono ossido di bario allo scopo di aumentare la brillantezza;

·         Composti del cadmio: producono giallo, arancio e rosso;

·         Composti dell’antimonio: sono impiegati per ottenere colori giallo, bruno, arancio.

 

B)                Fritte per ceramica (anche chiamate fritte ceramiche)

Le fritte sono costituite da una miscela di sostanze inorganiche, prodotta mediante raffreddamento rapido di fusi, prodotta sotto forma di scaglie oppure di granuli vetrosi. Sono utilizzate come veicolanti di sostanze chimiche che – per tossicità oppure per solubilità – non potrebbero essere manipolate diversamente. E’ la base di partenza dei composti ceramici: le fritte contengono all’interno gli elementi necessari già miscelati in maniera omogenea e senza subire mutamenti durante la cottura. Essendo sostanze vetrose già lavorate in precedenza, presentano quindi aspetti tossicologici meno acuti se raffrontati con quelli propri del materiale grezzo.

Sono commercializzate sotto forma di granuli vetrosi o scaglie in dipendenza del tipo di lavorazione al quale sono sottoposte:

·         se la massa fusa è raffreddata mediante laminazione tra rulli, il risultato finale sarà costituito da una sfoglia che viene ridotta a scaglie per passaggio su nastro vibrante;

·         se la massa fusa è raffreddata mediante libera caduta in acqua, il risultato finale sarà costituito da granuli vetrosi.

 

C)                Pigmenti per ceramica (anche chiamati pigmenti ceramici)

I pigmenti ceramici sono solidi inorganici, caratterizzati dalla presenza di uno o più metalli di transizione in combinazione con altri elementi. Chimicamente stabili, colorati, oppure bianchi; hanno la caratteristica di mostrare nessuna o scarsa affinità con il veicolo od il substrato  in cui sono inglobati, al contrario dei coloranti che sono particelle organiche intimamente legate al mezzo in cui risultano disperse. Sono molto pesanti ed insolubili (tanto in acqua che in acidi o basi). Per queste loro proprietà chimico fisiche,  presentano tossicità più contenuta, rispetto ai coloranti organici, nei confronti dell’uomo e dell’ambiente.

I pigmenti ceramici sono generalmente ottenuti per cottura ad alta temperatura di miscele ottenute attraverso mescolamento di materie prime inorganiche (ad esempio silicati e carbonati) e composti cromofori (per lo più ossidi metallici).

Il risultato finale è una nuova struttura cristallina stabile avente conformazione di rutilo, (ossido misto a base di Ti, Cr, Mn), spinello (ossidi misti a base di Co, Fe, Cu) e zirconio (ossidi misti a base di V, Cd).

I pigmenti ceramici possono altresì essere costituiti da ossidi puri di un unico metallo (ad esempio biossido di titanio e triossido di ferro).

 

D)               Composti per ceramica (anche chiamati composti ceramici)

Con il termine di composti si indica una famiglia piuttosto ampia di prodotti da cui ottenere prodotti pronti all’uso con successive lavorazioni. Il ciclo lavorativo prevede il solo dosaggio dei vari ingredienti (uno o più tipi di fritte, con l’aggiunta di pigmenti, sali ed altri additivi quali ad esempio resine e prodotti antiflocculanti) ed il conseguente confezionamento; le successive lavorazioni (miscelazione, macinazione, ecc…) sono svolte direttamente dal Cliente che acquista il composto.

 

E)                Preparati per ceramica (anche chiamati preparati ceramici)

Con il termine di preparati si indicano i prodotti in polvere ottenuti dalla lavorazione dei composti. Dai preparati si possono produrre gli smalti fluidi. Infatti, il risultato della miscelazione, macinazione ed essiccazione degli ingredienti sopra citati per la preparazione dei composti è un prodotto in polvere che, dopo l’aggiunta di acqua o solvente, assume aspetto fluido ed è pronto per essere applicato. E’ da notare tuttavia che nell’industria di produzione delle piastrelle talvolta gli smalti sono utilizzati a secco.

 

CICLI PRODUTTIVI

 

Nella produzione dei coloranti per l’industria ceramica si possono individuare quattro linee produttive:

1)      Ciclo di produzione dei pigmenti.

2)      Ciclo di produzione delle fritte.

3)      Ciclo di produzione dei composti.

4)      Ciclo di produzione dei preparati.

 

Produzione di pigmenti

L’ottenimento dei pigmenti per ceramica si articola principalmente attraverso le fasi:

·         Ingresso e stoccaggio delle materie prime

·         Pesatura manuale e miscelazione degli ingredienti

·         Riempimento delle caselle e cottura

·         Frantumazione

·         Macinazione ad umido

·         Lavaggio ed essiccazione

·         Polverizzazione

·         Confezionamento

Le materie prime sono prelevate dal magazzino di stoccaggio e inviate alla stazione di pesatura ove sono dosate in base ad una ricetta ben precisa, variabile da colore a colore. Un apposito miscelatore ha la funzione di mescolare accuratamente gli ingredienti di partenza. Dopo che il miscuglio iniziale è stato reso perfettamente omogeneo, avviene in concreto la trasformazione del materiale in pigmento colorato: la cottura nei forni di sinterizzazione provvede a far sublimare l’agente cromoforo e ottenere così il prodotto grezzo. Prima della commercializzazione, il pigmento deve subire ulteriori processi di raffinazione. Per questa ragione, viene prima frantumato e quindi sottoposto a macinazione in mulini a palle. Il fine prodotto ottenuto va purificato delle scorie contenute e quindi è trasferito in appositi contenitori –tini di lavaggio- che eliminano i sali solubili presenti. Il pigmento è quindi asciugato in camere di essiccazione, polverizzato e confezionato.

 

Produzione di fritte

L’ottenimento delle fritte si articola principalmente attraverso le fasi:

·         Ingresso e stoccaggio delle materie prime

·         Pesatura automatica

·         Miscelazione degli ingredienti

·         Fusione

·         Raffreddamento della colata

·         Stoccaggio in silos

·         Confezionamento

Le materie prime, stoccate in grandi silos, sono inviate per via pneumatica alla stazione di pesa dove è eseguito, in maniera del tutto automatica, il dosaggio degli ingredienti. Il miscuglio ottenuto viene caricato in un silo di alimentazione posto sopra la testa del forno: a questo punto una coclea introduce il materiale ed avviene l’operazione di frittaggio. Una volta raggiunta la temperatura adeguata alla tipologia di prodotto, la miscela fonde ed il prodotto risultante scorre fino all’uscita. Il raffreddamento della colata è ottenuto in genere per immersione in acqua da dove poi un trasportatore provvede a trasferirle in appositi contenitori. In alcuni impianti industriali questi recipienti sono movimentati da carrelli elevatori automatici governati da un sistema di guida laser. Le fritte prodotte sono insaccate direttamente oppure stoccate in silos per il confezionamento successivo.

 

Produzione di composti

Una parte delle fritte prodotte, invece di essere inviate alla distribuzione, viene rimessa in ciclo per dare origine ai composti ceramici. Assieme ad altre materie prime, le fritte sono pesate secondo una ricetta prestabilita. La miscela risultante è insaccata ed avviata alla commercializzazione. Nel caso di grandi quantitativi, il dosaggio e il confezionamento sono eseguiti in una linea totalmente automatizzata.

La produzione di composti ceramici può essere vista come la naturale prosecuzione della lavorazione delle fritte, ossia il reimpiego di questi prodotti finiti mediante aggiunta di altri ingredienti secondo la ricetta stabilita e quindi la vendita.

Il mescolamento dei vari ingredienti in genere non è richiesto in quanto viene effettuato direttamente dalle aziende produttrici di smalti che acquistano i composti ceramici come materia prima.

L’ottenimento dei composti ceramici si articola principalmente attraverso le fasi:

·         Ingresso e stoccaggio delle materie prime

·         Pesatura materie prime e delle fritte

·         Confezionamento

 


Produzione di preparati

La produzione dei preparati rappresenta il naturale proseguimento della lavorazione dei composti.

Gli ingredienti di partenza sono macinati ad umido e quindi sottoposti ad essiccazione ed infine confezionati.

 

Sono inoltre presenti attività lavorative trasversali alle varie fasi e cicli produttivi, quali la movimentazione meccanica dei carichi, la depurazione delle acque di scarico, la conduzione degli impianti di abbattimento delle emissioni in atmosfera, la centrale termica utilizzata per il riscaldamento dei locali, ecc…

 

Nella figura seguente e riportato lo schema a blocchi di massima delle principali fasi lavorative.


schema a blocchi delle principali fasi lavorative

produzione di coloranti per ceramica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


INGRESSO E Stoccaggio materie, spedizione prodotti finiti

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Le materie prime impiegate, elencate nel capitolo precedente, giungono in stabilimento per essere inviate nell’apposito magazzino, oppure in silos per i prodotti sfusi. Il trasporto avviene su ruote, principalmente in camion furgonati per prodotti confezionati in sacchi o big bags oppure in autocisterne per i prodotti sfusi.

Le materie prime in sacchi, passate dall’accettazione, sono collocate nell’area adibita a deposito nell’apposito magazzino. Alcune materie prime di elevata pericolosità sono immagazzinate separatamente in appositi locali e conservati in fusti metallici.

Le materie prime destinate alla produzione di pigmenti arrivano generalmente in sacchi, big bags oppure altri contenitori. Mediante carrelli elevatori, transpalletts o carrelli manuali sono collocati in apposite scaffalature metalliche da cui poi vengono prelevate alla bisogna e trasportate alla pesatura impiegando lo stesso mezzo.

Le materie prime in polvere destinate alla produzione di fritte arrivano in genere in autocisterne dalle quali sono trasferite in silos tramite sistemi pneumatici. In autocisterna arriva anche l’ossigeno liquido utilizzato nei forni a metano per la fusione delle materie destinate alla produzione delle fritte. L’ossigeno liquido viene stoccato in appositi silos.

I prodotti finiti in uscita dallo stabilimento produttivo sono inviati ai Clienti tramite autotreni chiusi o centinati.

Per analogia dei fattori di rischio legati alla movimentazione delle merci e al transito dei mezzi, la spedizione delle materie in uscita è trattata qui insieme al ricevimento delle materie in ingresso.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

 

Mezzi pesanti

Si tratta di autocisterne, autotreni chiusi o centinati da 19 t., talvolta anche autosnodati fino a 24 t.

 


 Fig. 1.Mezzi pesanti nel piazzale di una azienda del comparto.

 

Carrelli elevatori

Vedere la fase “movimentazione con carrelli elevatori”.

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.

 

Stoccaggio e movimentazione di prodotti pericolosi

descrizione

Per le varie lavorazioni sono utilizzati materiali pericolosi liquidi (ossigeno liquido) o in polvere quali ad esempio ammonio cloruro, minio di piombo, antimonio ossido, cobalto ossido e idrossido, coloranti contenti sali di cadmio e selenio, litio carbonato, manganese biossido, ossido e carbonato di nichel, potassio carbonato nitrato, sodio fluoruro e fluosilicato, bario carbonato e cloruro, silice (quarzo) , ecc….  Il rischio di esposizione è da mettere in relazione a:

-          la possibilità di rottura dei contenitori dei materiali in polvere (fusti, sacchi di carta, big bags) durante le operazioni di carico, scarico e trasporto, oppure per uno scorretto immagazzinamento;

-          la possibilità di sversamenti da autocisterne durante il caricamento dei silos a causa della rottura di tubi flessibili, ecc…;

-          la necessità di interventi straordinari da parte dei lavoratori per risolvere l’eventuale bloccaggio dello scarico dei materiali dai silos o da tramogge, dovuti ad esempio alla formazione di “ponti” o grandi grumi al loro interno.

danno atteso

I prodotti utilizzati variano a seconda del tipo di pigmento, fritta, composto o preparato che si intende produrre, di conseguenza anche i rischi di esposizione a polveri sono da valutare in relazione alla pericolosità dei vari componenti ed alle modalità di utilizzo (vedere in particolare la fasi pesata e miscelazione materie prime relativamente alle quattro linee produttive dei coloranti per ceramica: pigmenti, fritte, composti e preparati).

Sono possibili infortuni traumatici per schiacciamento dovuto alla caduta di fusti pieni da 180 litri.

La fuoriuscita accidentale di ossigeno liquido può essere causa di ustioni da freddo; inoltre l’ossigeno alimenta fortemente la combustione e reagire fortemente con i materiali combustibili.

interventi prevenzionistici

-          Esaminare le schede di sicurezza di ogni prodotto utilizzato ed effettuare la valutazione del rischio chimico.

-          Valutare la sostituzione dei prodotti pericolosi con altri meno pericolosi, ad esempio in una azienda del comparto l’ammonio metavanadato è stato sostituito con pentossido di vanadio.

-          Stoccaggio idoneo alla tipologia e alla pericolosità dei vari materiali, cercando il più possibile di tenere separati e in locali e in contenitori idonei i prodotti particolarmente pericolosi, quali ad esempio: ammonio metavanadato, composti di nichel, cobalto, cadmio, ecc… Il locale di stoccaggio deve essere adibito e riservato solo a quell’impiego, con adeguato ricambio di aria. È opportuno prevedere sistemi di contenimento di eventuali sversamenti, come ad esempio vasche di contenimento. Allo scopo di ridurre i rischi legati a operazioni in questi locali è necessario:

§  verificare frequentemente e comunque a secondo scadenze prefissate lo stato di conservazione di imballaggi e contenitori per prevenire o ridurre le perdite di materiale;

§  mantenere sempre chiusa la porta (con caratteristiche di resistenza al fuoco) del locale, evitando di piazzare cunei o altro per tenere aperta la porta con aumento del rischio di diffusione all’esterno di materiale pericoloso;

§  tenere separate sostanze incompatibili o capaci di effetti sinergici;

§  in ogni locale di stoccaggio deve essere sempre presente, aggiornato e immediatamente disponibile un documento contenente tutte le informazioni riportate sulle schede di sicurezza dei prodotti (nome, frasi di rischio, informazioni sul  comportamento da tenere in caso d’emergenza ecc…)

§  etichettare dettagliatamente le merci in deposito, secondo la normativa vigente;

§  evitare il contatto dei prodotti pericolosi con pelle, occhi, bocca e vie respiratorie, facendo ricorso ai D.P.I del caso;

§  osservare scrupolosamente le norme d’igiene personale;

§  prevedere procedure scritte del comportamento da tenere in caso di emergenza;

-          Procedure di stoccaggio corrette.

-          Per i prodotti in sacchi su pancali, delimitare gli spazi destinati allo scopo in modo da evitare che possano essere urtati da carrelli elevatori.

-          I liquidi infiammabili o le sostanze che possono emettere vapori infiammabili o tossici devono conservati in recipienti e in locali sicuri e nelle quantità strettamente necessarie.

-          In caso di fuoriuscita di polveri, utilizzare mezzi mobili di aspirazione e/o spazzatrici stradali, indossare D.P.I. (tute, maschere, ecc…).

-          Informazione e formazione del personale.

Lo stoccaggio di ossigeno liquido può richiedere particolari misure di prevenzione, tra le quali:

-          ubicazione dei serbatoi in una zona lontana dallo stabilimento e il cui accesso è precluso a tutti i veicoli, evitando la possibilità di urti;

-          la zona dove sono installati i serbatoi deve essere recintata e attrezzata con apposito bacino di contenimento contro eventuali sversamenti accidentali;

-          le condotte di trasferimento dell’ossigeno dai serbatoi allo stabilimento devono essere realizzate in modo da evitare possibili urti da parte di automezzi;

-          prevedere procedure scritte del comportamento da tenere in caso di emergenza;

-          informazione e formazione del personale.

Per evitare i rischi derivanti dalla necessità di interventi manuali da parte dei lavoratori all’interno dei silos per lo stoccaggio di materiali in polvere che possono dar luogo alla formazione di “ponti” o grumi, è opportuno programmare correttamente i tempi di permanenza dei vari materiali all’interno dei silos e che questi ultimi siano dotati di piastre vibranti e/o di ugelli per l’immissione di getti di aria compressa per sbloccare il materiale.

Per evitare i rischi derivanti dalla rottura o distacco dei tubi flessibili utilizzati per lo scarico delle autocisterne è necessario procedere ad una accurata manutenzione preventiva di giunti, tubi, ecc…

riferimenti normativi

-          D.P.R. 547 del 1995 e s.m.i.

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          DPCM 31.03.89

-          D.Lgs 277/91

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

-          D.Lgs. 334/99, Allegato I

 

 


Fig. 2.Locale di stoccaggio separato ed apposito per i fusti contenenti ammonio metavanadato.


 


Fig. 2 bis.Fusto contenente ammonio metavanadato.

 


Fig. 3.Cartellone con le norme di comportamento in caso di emergenza adottate da una azienda del comparto.

 

Utilizzo di scaffalature verticali

descrizione

I materiali sono stoccati su scaffalature metalliche di varia portata a seconda delle necessità aziendali e del tipo di materiale.

Per l’accesso ai ripiani più alti delle scaffalature per materiali leggeri, talvolta vengono utilizzate scale portatili.

Quando le scaffalature non sono adeguatamente fissate alle pareti e/o di portata non adeguata, è possibile il loro ribaltamento accidentale a seguito di:

-          urto da parte degli addetti o da parte di carrelli elevatori.

-          sbilanciamento del carico.

-          appoggio di una scala portatile sulla quale sale l’addetto.

-          trascinamento della struttura nel caso un addetto vi si appigli cadendo dalla scala portatile.

E’ anche possibile la caduta della scaffalatura per cedimento strutturale in caso il carico superi la portata o se la struttura è deteriorata.

danno atteso

Lesioni traumatiche da urti e cadute.

interventi prevenzionistici

Le scaffalature devono essere di portata idonea, dotate di cartelli che ne indichino la portata (in caso di ripiani con portata diversa, ogni ripiano deve riportare l’indicazione della sua portata); le scaffalature devono essere stabilmente fissate al soffitto o alle pareti o comunque realizzate con una struttura tale che sia impossibile la caduta per ribaltamento. Periodicamente è opportuno controllare il buono stato della scaffalatura.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n. 547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 


Fig. 4.Magazzino di stoccaggio delle materie prime per la produzione di pigmenti.



Fig. 5.Scaffalatura di stoccaggio sacchi materie prime per la produzione pigmenti. Si noti la staffa di fissaggio a parete.


Fig. 6.Indicazione della portata massima per ripiano della scaffalatura.


Transito di mezzi nei piazzali aziendali

descrizione

Il movimento di ingresso e di uscita dei mezzi pesanti dal cancello al punto di stoccaggio e ritorno può comportare il rischio da investimento dei lavoratori oppure il rischio di collisione tra mezzi.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

Predisporre e segnalare (mediante segnaletica orizzontale e verticale) percorsi separati per pedoni ed automezzi. Stabilire e segnalare il limite di velocità a 5 Km/h. A seconda delle dimensioni del piazzale, valutare l’opportunità di stabilire, segnalare e rispettare percorsi a senso unico.

riferimenti normativi

-          Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.

-          D.Lgs. n. 626/1994 e successive modifiche e integrazioni.

 


Fig. 7.Autocisterna durante il carico dei silos di ossigeno liquido in una azienda del comparto.

 

Esposizione a rumore

descrizione

Lo scarico pneumatico delle materie prime in polvere dalle autocisterne ai silos di stoccaggio comporta l’esposizione al rumore dell’addetto (in genere è lo stesso autista del mezzo) e degli altri lavoratori che dovessero trovarsi nelle vicinanze.

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di utilizzare sistemi pneumatici del tipo meno rumoroso e/o insonorizzare le sorgenti di rumore.

-          Valutare la possibilità di interrare i silos, conseguentemente lo scarico sarebbe semplificato per il fatto che l’autocisterna avrebbe la possibilità di arrivare fin sopra la botola corrispondente ed effettuare lo scarico semplicemente per gravità anziché a pressione e quindi con emissione rumorosa molto minore. L’interramento dei silos risolverebbe anche il problema dell’impatto paesaggistico nel caso lo stabilimento si trovi in aree sensibili.

-          Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche limitando l’accesso ad altri lavoratori nel piazzale in prossimità dell’autocisterna durante lo scarico pneumatico. Ciò è utile oltre che a ridurre l’esposizione indiretta al rumore di addetti ad altre mansioni, anche a ridurre il rischio di investimento da parte dei mezzi in movimento.

-          Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 


Fig. 8.Autocisterna durante il carico pneumatico nei silos delle materie prime per la produzione di fritte.

 

 


Fig. 9.Addetto allo scarico dell’autocisterna nei silos delle materie prime per la produzione di fritte.

 

 

Lavoro in postazione sopraelevata

descrizione

In alcuni casi i lavoratori accedono alla sommità dei silos, ad esempio per manutenzione o controllarne il riempimento.

danno atteso

Lesioni traumatiche per caduta dall'alto (rischio di infortunio mortale).

prevenzione

Predisporre accessi sicuri alle postazioni in altezza ai silos di stoccaggio con gradini stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, ecc… come prescritto dalle norme vigenti.

A seconda delle situazioni possono essere necessari D.P.I. (scarpe antiscivolo, imbracatura con sistema di trattenuta che impedisca la caduta d'alto).

E’ opportuno organizzare il lavoro in modo da limitare l’accesso alle postazioni in altezza.

Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio”, D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          D.Lgs. n. 626 del 1994.

 


Fig. 10.  Carico container tramite carrello elevatore.

 



Fig. 11.  Rimorchio centinato per il trasporto dei prodotti finiti.

 

Lavoro in altezza (copertura del carico sui camion)

descrizione

Infortuni gravi possono verificarsi in seguito a cadute dall’alto durante le operazioni di copertura, carico e scarico del materiale condotte da operatori in piedi sulla sommità di camion.

danno atteso

Lesioni traumatiche (anche mortali).

prevenzione

-          Preferire l’utilizzo di automezzi centinati.

-          In caso di utilizzo di automezzi che richiedano la copertura manuale del carico con teli, predisporre postazioni fisse alle quali ancorare una imbracatura di sicurezza che l’addetto deve indossare prima di raggiungere la postazione in altezza.

-          Indossare scarpe con suola antiscivolo.

-          Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          Art. 386 “Cinture di sicurezza”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Lavoro all’aperto

descrizione

Le operazioni di scarico delle materie prime espone gli addetti agli agenti meteorologici (sole e caldo nei mesi estivi; pioggia e freddo nei mesi invernali).

danno atteso

Malattie da raffreddamento durante la stagione fredda.

Affaticamento eccessivo, insolazione, stress termico durante la stagione calda.

interventi prevenzionistici

Nelle zone di scarico delle materie prime è opportuno valutare la possibilità di installare tettoie per la protezione dei lavoratori dagli agenti meteorologici; gli addetti devono poter disporre di indumenti protettivi adeguati; il lavoro deve essere organizzato in modo da minimizzare i tempi di esposizione e prevedendo pause di riposo in ambienti climatizzati. Gli addetti devono essere informati e formati.

riferimenti normativi

-          Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Titolo V "Movimentazione manuale dei carichi",  All. VI "Elementi di riferimento" del D.Lgs. n. 626/1994.

 

Movimentazione meccanica

descrizione

Durante le operazioni di carico e scarico e trasporto delle materie sono utilizzati carrelli elevatori. Per quanto riguarda rischi, danni e prevenzione vedere la fase “movimentazione dei carichi con carrelli elevatori”.

 

 

APPALTI ESTERNI

 

Il trasporto delle materie prime avviene in genere tramite mezzi di aziende specializzate in autotrasporti.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Dispersione di polveri

In caso di dispersione accidentale di polveri si può determinare inquinamento del suolo e dei corpi idrici circostanti. In considerazione della natura dei materiali in oggetto, può risultare utile conformare la pavimentazione delle zone interessate in modo da convogliare le acque meteoriche di dilavamento verso vasche di raccolta, dalle quali possono essere inviate ad impianti di neutralizzazione e depurazione.

 


Fig. 12.Spazzatrice stradale nel piazzale di una azienda del comparto.

 

Diffusione di rumore

Il rumore dovuto prevalentemente alle operazioni di scarico delle cisterne e di trasporto pneumatico dei materiali in polvere può determinare disturbo alla popolazione circostante. E’ opportuno adottare misure per la riduzione del rumore alla fonte, ubicare la zona di scarico in un’area il più distante possibile dalle abitazioni e/o prevedere apposite barriere antirumore.

 

Impianti antiestetici e di altezza elevata

L’altezza e la forma dei silos di stoccaggio possono determinare un impatto negativo sul paesaggio, specie se l'azienda è ubicata in aree particolarmente sensibili sotto questo aspetto. Per ridurre l'impatto paesaggistico può essere prevista una limitazione in altezza e/o prevedere una copertura degli impianti.

 


Fig. 13.  Vista d’insieme dei silos delle materie prime per la produzione di fritte.

 

 


Produzione pigmenti: Pesata manuale e miscelazione

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Il primo passo del processo industriale che conduce all’ottenimento di un pigmento ceramico è rappresentato dal dosaggio degli ingredienti di partenza. Per valutare le quantità, solitamente si preferisce impiegare unità di peso anziché di volume, per la maggiore precisione che se ne può ottenere. I vari componenti sono in genere misurati a mano. Ogni postazione di lavoro è corredata del relativo punto di raccolta differenziata per gli imballaggi: sono allestiti contenitori separati per carta, cartone, plastica, imballaggi etichettati “sostanze pericolose”.

 


Fig. 14.Movimentazione manuale dei sacchi e cassoni di raccolta degli imballaggi primari.

 

In questa fase della lavorazione, gli addetti dosano manualmente i quantitativi richiesti per ciascuna formulazione. A tale scopo gli addetti aprono i sacchi contenenti le materie prime da utilizzare e li rovesciano manualmente dentro una cisternetta mobile (montata su ruote e che è stata posizionata sulla bilancia che è a filo del pavimento); aggiunte di piccole quantità per aggiustamento del peso sono eseguite a mano tramite una botazza (un tipico mestolo).

Una volta raggiunta la composizione stabilita, la cisternetta viene spostata manualmente in sosta o portata in prossimità del miscelatore. A questo punto la cisternetta mobile, contenente gli ingredienti di partenza, è trasferita mediante un paranco sollevatore su una piattaforma sopraelevata alla quale si accede salendo una rampa di scalini e dove è posizionato il mescolatore. L’addetto collega il fondo della cisternetta con la bocca di carico del mescolatore, apre la flangia ed il contenuto passa per gravità all’interno del mescolatore che ha lo scopo di rendere perfettamente omogeneo il miscuglio di partenza.

L’operatore può seguire l’evolversi del trattamento attraverso un’apposita apertura; al termine, attraverso una tubazione sotto aria compressa, il semilavorato è scaricato all’interno di una cisternetta fissa appoggiata sul pavimento al di sotto del miscelatore, oppure convogliata tramite trasporto pneumatico in una tubazione fino alla postazione fissa di carico dei contenitori di materiale refrattario entro le quali avverrà la cottura.



Fig. 15.Operazione di riempimento manuale della cisternetta mobile. L’addetto di destra sta completando la composizione introducendo una piccola quantità di materiale nella cisternetta, prelevandola da un sacco tramite la botazza.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Cisternetta mobile

Si tratta di un contenitore di metallo su ruote destinato alla raccolta delle materie prime da trasferire alla successiva fase di miscelazione. La movimentazione è generalmente di tipo manuale ed in piano, fino a quando la stessa non arriva in prossimità del montacarichi che ha il compito di portarla sulla piattaforma sopraelevata per il mescolamento degli ingredienti di partenza.

 

Bilancia

Si tratta di un bilico interrato su cui staziona la cisternetta, allo scopo di controllare il peso dei materiali introdotti.

 

Miscelatore (mescolatore)

Si tratta di una camera chiusa in acciaio inox di forma parallelepipeda con fondo bombato, dotata di portello superiore a cui viene collegata la flangia di scarico della cisternetta mobile e di oblò per il controllo visivo. Sul fondo è presente un dispositivo di scarico delle polveri miscelate. L’organo lavoratore è costituito da un’elica metallica montata su albero ad asse orizzontale. Il mescolatore è in genere montato in postazione sopraelevata tramite una incastellatura metallica, al fine di permettere il posizionamento sotto di esso di un apposito contenitore dove scaricare il materiale mescolato.

 

 



Fig. 16.Apparecchio miscelatore con sotto il contenitore per la raccolta del materiale miscelato. Si noti la scala di accesso alla postazione sopraelevata.

 

Piattaforma sopraelevata per il carico dei miscelatori

Si tratta di una postazione di lavoro posta a circa 4 metri da terra raggiungibile mediante scala metallica. I boccaporti di carico del miscelatore possono trovarsi a filo del piano del pavimento della piattaforma stessa, oppure a circa 80 cm di altezza di fronte alla piattaforma. Talvolta sulla postazione sono anche installati i quadri elettrici di comando dei miscelatori.

 



Fig. 17.Operazione di caricamento del miscelatore con cisternetta mobile sollevata tramite paranco, azionato da un operatore che si trova sulla piattaforma sopraelevata dotata di pannello di controllo.

 

 


Fig. 18.Miscelatori visti dalla piattaforma sopraelevata di caricamento. Si notino i boccaporti che durante il caricamento sono fatti corrispondere alla flangia inferiore della cisternetta mobile.

 

 

 


Fig. 19.Contenitori per materiale miscelato, impilati l’uno sull’altro.


Contenitore per materiale miscelato

È un contenitore predisposto per essere movimentato tramite transpalletts o carrelli elevatori, costituito da una cisternetta in acciaio inox, di forma cilindrica con fondo troncoconico, simile a quella del prodotto da miscelare, ma in questo caso è dotato di una incastellatura di sostegno e la parte superiore del contenitore è chiusa e dotata di flangia per l’immissione del materiale miscelato.

 

 

 

 


 

 

Fig. 20.Altro tipo di apparecchio miscelatore. Si noti il sistema di aspirazione localizzata sulla flangia di carico e sulla  zona dove viene posizionato il contenitore per la raccolta del materiale miscelato. Si noti anche la protezione ribaltabile sulla piattaforma di carico per posizionare su di essa i carichi in sicurezza.

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.

 

Esposizione a polveri

descrizione

I prodotti in polvere utilizzati per la produzione di pigmenti per ceramica variano a seconda del tipo di pigmento che si intende produrre, di conseguenza anche i rischi di esposizione a polveri sono da valutare in relazione ai vari componenti utilizzati. Di seguito ne sono elencati alcuni tra quelli maggiormente utilizzati nelle aziende del comparto.

-          Silice

I prodotti di origine naturale largamente impiegati nell’industria della ceramica (argille, caolino, feldspati, talco) possono contenere silice cristallina e dare conseguentemente origine a fenomeni di tossicità acuta in seguito ad infiltrazioni nel sistema respiratorio.

-          Ammonio metavanadato

Alcuni sali rappresentano materie prime essenziali per l’industria della ceramica: ad esempio l’ammonio metavanadato svolge un importante ruolo per la sua capacità di influenzare la viscosità del prodotto fuso dopo la cottura.

-          Carbonato di nichel

Il carbonato di nichel viene largamente impiegato nell’industria ceramica per la produzione di fritte e quindi pigmenti ceramici. Sottoposto a forte riscaldamento (a partire da temperature superiori ai 500°C) decompone fornendo ossidi di Ni in grado di impartire tinte blu, verde, grigio, marrone. L’importanza industriale del carbonato di nichel è legata alla possibilità di generare ossidi metallici in condizioni controllate (degradazione termica), limitando in tale maniera le possibilità di entrare in contatto diretto con gli stessi.

-          Sodio floruro

Il floruro di sodio risulta materia prima importante per la produzione di pigmenti ceramici. Pur essendo stato approvato dalla FDA come unica fonte ammessa di floruri negli alimenti, viene etichettato con il simbolo di pericolo T (tossico). E’ in grado di portare tossicità acuta (80 mg/kg per ingestione nel topo) ed è accompagnato dalle frasi di rischio R23/24/25 (tossico per inalazione, ingestione e contatto con la pelle.

-          Piombo

Impiegato largamente in passato, adesso l’utilizzo di piombo nei pigmenti ceramici ha conosciuto una forte limitazione. L’effetto di lucentezza che impartisce al prodotto non è però eguagliato da nessun altro sostituto, motivo per il quale trova comunque ancora importante applicazione

-          Cadmio

I composti del cadmio sono in grado d’impartire tinte rosse e gialle che vengono poi sfruttate per produrre smalti da vetro

-          Antimonio

I composti dell’antimonio sono utilizzati per produrre pigmenti ceramici di colore bruno

-          Manganese

I composti del manganese trovano larga applicazione per l’ottenimento di coloranti e smalti per ceramiche artistiche e piastrelle

-          Bario

I composti del cadmio sono capaci di impartire tinte rosse e gialle

-          Cobalto

I composti del cobalto sono impiegati principalmente nell’industria della ceramica e del vetro per dare colori blu e rossi

stima

Da misurazioni effettuate in aziende del comparto sono stati rilevati per mezzo di campionatori personali valori di esposizione dei lavoratori a polveri di sostanze pericolose, in particolare piombo, molto vicini al limite di esposizione proposto da ACGIH.

danno atteso

I possibili danni per la salute dei lavoratori dipendono dall’entità della esposizione e dal tipo di prodotto utilizzato. Si riportano di seguito informazioni riguardanti i prodotti maggiormente utilizzati sopra descritti.

-          I lavoratori esposti ad elevate concentrazioni di polvere di silice cristallina (il limite TLV-TWA ACGIH è 0,05 mg/m3) sviluppano negli anni una malattia professionale chiamata silicosi. La IARC ha classificato in gruppo 1 (sostanze cancerogene per l’uomo) la silice cristallina inalata sotto forma di quarzo o cristobalite (IARC MONOGRAPH, vol. 8, 1997).

-          Il metavanadato di ammonio è etichettato con frasi di rischio R25, R36, R37 e R38, indicano pericolo di sostanza tossica per ingestione e di sostanza irritante per gli occhi, per le vie respiratorie e per la pelle. Classificato tossico (T) per l’uomo, negli ambienti di lavoro si tiene sotto controllo mediante monitoraggio del triossovanadato di ammonio, il quale presenta una dose TLV pari a 0,05 mg/m3. Il valore di tossicità acuta orale (ratto) per il triossovanadato di ammonio è pari a 160 mg/Kg. L’unico caso conosciuto di avvelenamento acuto da vanadio (banca dati micromedex.com) fa riferimento all’ingestione, da parte di una donna di 22 anni, di una dose compresa tra i 10 e i 15 grammi di ammonio metavanadato. Dopo due ore si è avuto sviluppo di nausea, vomito e diarrea. Emiparesi braccio-facciale destra un’ora dopo.

-          Il carbonato di nichel è classificato Xn (nocivo), con frasi di rischio R22 (nocivo per ingestione), R40 (possibilità di effetti irreversibili) e R43 (sensibilizzante per la pelle). Gli ossidi di Ni sono cancerogeni per inalazione. Accompagnati dalla frase di rischio R49 e R43 quando il contenuto di NiO libero supera l’1%, richiedono particolari precauzioni.

-          Il sodio floruro a contatto con la acidi sviluppa gas (HF) assai aggressivi capaci di provocare irritazioni ed ustioni per pelle e occhi. L’ingestione di modiche quantità causa bruciori all’apparato respiratorio, vomito e convulsioni.

-          I composti del piombo vengono contrassegnati con le frasi R20/22. La classificazione è “tossico” (Xn) ed il limite di esposizione indicato dal D.Lgs. 25/2002 è di 0,15 mg/m3. La sorveglianza sanitaria si effettua quando:

-          l’esposizione a una concentrazione di piombo nell’aria, espressa come media ponderata nel tempo calcolata su 40 ore alla settimana, è superiore a 0,075 mg/m3;

-          nei   singoli   lavoratori  è  riscontrato  un  contenuto  di  piombo  nel   sangue   superiore   a

 40 mg Pb / 100 ml.

L’esposizione a piombo può causare patologie a carico di apparato digerente (dolori addominali, coliche), apparato emopletico (anemia), sistema nervoso (saturnismo).

-          I composti del cadmio sono etichettati Xn e accompagnati dalle frasi R20/21/22 con limite di esposizione TLV-TWA ACGIH pari a 0,002 mg/m3 come Cd – polveri – frazione inalabile. L’inalazione comporta difficoltà respiratorie, edema polmonare; vomito, diarrea, in caso d’ingestione

-          I composti dell’antimonio presentano TLV-TWA ACGIH pari a 0,5 mg/m3 e sono accompagnati dall’etichettatura “nocivo” (Xn) oltre che dalle frasi di rischio R20/22. Causa tosse, arrossamenti alla gola per inalazione; per ingestione dolori addominali e vomito.

-          I composti contenenti biossido di manganese sono considerati tossici (etichetta Xn) e contrassegnati dalle frasi R20/22. Il limite TLV-TWA ACGIH per i composti inorganici è di 0,2 mg/m3 come manganese. Inalazione di fumi e polveri conduce a danni cronici principalmente a carico di sistema respiratorio (pneumonia) e nervoso centrale. Contrazioni muscolari e tremori possono essere accompagnati a debolezza, languore. Ingestione di dosi elevate provocano danni anche reni e fegato.

-          I composti contenenti bario sono indicati con il simbolo Xn e le frasi R20/22: il limite di esposizione TLV-TWA ACGIH è pari a 0,5 mg/m3 (come Ba). Causa dolori addominali, vomito, diarrea, danni al fegato e reni, paralisi degli arti se ingerito. Per inalazione comporta patologie ai polmoni.

-          L’ossido di cobalto viene classificato tossico (Xn) e con le frasi R22/43 (nocivo per ingestione e irritante per la pelle): il limite di esposizione TLV-TWA ACGIH è pari a 0,02 mg/m3 (come Co). L’ingestione di quantitativi consistenti di cobalto conduce ad alterazioni nella crasi ematica.

-          L’ossido di nichel è considerato cancerogeno di categoria 1 con frasi di rischio R49 (può provocare il cancro per inalazione) e R43. Il TLV-TWA ACGIH è pari a 0,2 mg/m3 composti insolubili (come Ni).

interventi prevenzionistici

-          Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.

-          Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati.

-          Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.

-          Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.

-          I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 547 del 1955 e s.m.i.

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs 277/91

-          D.M. 28/01/92

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

-          D. Lgs. 52/97

-          D.M. 04/04/97

-          D.M. 28/04/97

-          D.Lgs. 285 del 1998

-          D.Lgs. 334/99, Allegato I

 

 

 


Fig. 21.  Particolare del sistema di aspirazione per il riempimento manuale della cisternetta mobile, in una azienda del comparto.

 



Fig. 22.  Sistema chiuso per l’apertura e il rovesciamento manuale, sotto aspirazione, dei sacchi di prodotti pericolosi in polvere e per il successivo trasporto pneumatico del materiale stesso. Tale sistema è stato adottato da una azienda di un altro comparto produttivo in Toscana. L’operatore prende il sacco chiuso e lo deposita nel box, quindi chiude gli sportelli e introduce le mani nel box chiuso e aspirato attraverso gli oblò dotati di copertura a lembi di gomma che hanno lo scopo di permettere l’introduzione delle mani mantenendo più piccola possibile l’apertura; l’addetto taglia così il sacco e lo rovescia lasciandone cadere il contenuto, attraverso la griglia, nella tramoggia collegata alla tubazione di trasporto pneumatico. Sempre con le mani dentro il box chiuso e aspirato, l’operatore spinge il sacco vuoto nella tramoggia adiacente in fondo alla quale è abboccato un sacchetto di plastica per la raccolta dei sacchi vuoti dei prodotti pericolosi. 

 

Movimentazione manuale dei carichi, posture

descrizione

In genere il rovesciamento dei sacchi contenenti le materie prime è effettuato manualmente da 2 operatori. I sacchi pesano circa 25 - 30 Kg. L’operazione può inoltre comportare l’assunzione di posture incongrue, specie quando i sacchi sono prelevati da pancali di legno posti sul pavimento.

Inoltre gli addetti spingono manualmente la cisternetta mobile su ruote, dalla bilancia di peso fino in prossimità del miscelatore e viceversa. Ciò può comportare il rischio di urto, di schiacciamento dei piedi da parte delle ruote, di cadute per scivolamento.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

Ferite e contusioni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di effettuare l’operazione di dosaggio delle materie prime tramite impianti chiusi e automatici (ciò è risulterebbe utile anche per la riduzione dell’esposizione alle polveri).

-          Utilizzare ausili per la movimentazione dei sacchi e delle cisternette mobili.

-          Prevedere sistemi di sollevamento progressivo dei pancali, man mano che i sacchi vengono prelevati, in modo da consentire agli addetti di mantenere sempre la postazione eretta.

-          Qualora permanga la movimentazione manuale della cisternetta, è opportuno che la stessa sia spinta da due addetti e che il pavimento sia conformato in modo da non appesantire lo sforzo necessario per spingere la cisternetta, evitando per quanto possibile la presenza di dislivelli, buche o disconnessioni.

-          Presenza di dispositivi scansapiedi sulle ruote della cisternetta mobile.

-          Indossare D.P.I. (scarpe di sicurezza).

-          Corretta organizzazione del lavoro.

-          Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

-          Norma UNI ISO 938

 

 

 


Fig. 23.Movimentazione tramite transpalletts di un pancale di sacchi di materie prime.

 


Lavoro in postazioni sopraelevate

descrizione

L’accesso ad una postazione di lavoro sopraelevata mediante sala a gradini comporta l’osservanza di una serie di precauzioni minime per evitare cadute, scivolamenti. Come pure va posta particolare attenzione a che il pavimento di lavoro della piattaforma sia perfettamente liscio, senza buche o aperture.

danno atteso

Le conseguenze derivanti da cadute in questa fase del ciclo possono essere costituite da leggeri traumi, ferite lacero contuse, fratture

interventi prevenzionistici

Il piano rialzato deve essere perimetrato con adeguati parapetti provvisti di fascia fermapiedi per impedire cadute di attrezzi o oggetti. Le scale di accesso devono essere fermamente legate alla struttura principale, corredate di parapetto, fermapiedi e gradini antiscivolo. Deve essere predisposta anche una ostruzione (ad esempio un cancello) che protegga l’apertura della piattaforma da e per la scala ed una protezione (ad esempio ribaltabile) dell’apertura verso il vuoto attraverso la quale avviene il caricamento dei materiali sulla piattaforma tramite carrello elevatore. E’ opportuno l’impiego di appropriati dispositivi per la protezione individuale, quali scarpe di sicurezza con suola antiscivolo.

riferimenti normativi

-          Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Norme UNI EN 361, 363, 795

 


Fig. 24.Piattaforma di carico del miscelatore con boccaporti a filo con il piano di calpestio. Si noti la protezione ribaltabile dell’apertura verso il vuoto attraverso la quale avviene il caricamento dei materiali con carrello elevatore.

 



Fig. 25.Coperchio per botola di carico del miscelatore dalla piattaforma sopraelevata. Si noti la protezione grigliata.

 

 


Fig. 26.Altra botola dotata di coperchio. Si noti la protezione grigliata e il sistema di aspirazione localizzata.

 


Lavoro in prossimità di carichi sospesi

descrizione

L’impiego di gru, carroponte o paranchi per trasportare la cisternetta ed assicurarne poi l’aggancio alla relativa flangia del miscelatore può comportare il rischio di caduta di carichi dall’alto. Inoltre, specie quando alla manovra partecipa più di un addetto, esiste il rischio di presa delle mani a contrasto tra le catene e di investimento da parte del carico dovuto alle oscillazioni che esso può compiere durante la sua movimentazione.

Particolare attenzione deve essere prestata nel caso siano eseguiti lavori straordinari (ad esempio di installazione o manutenzione) nei pressi del carroponte. Infatti, in un’azienda di un altro comparto produttivo, è recentemente accaduto un infortunio grave dovuto al fatto che, un lavoratore di una ditta esterna, mentre stava lavorando su un ponteggio mobile per l’installazione di un impianto di allarme, è caduto dall’alto perché urtato da un carroponte azionato da un lavoratore interno che non si era accorto della presenza del ponteggio mobile.

danno atteso

Ferite e contusioni con rischio di infortunio mortale.

interventi prevenzionistici

Il binario sul quale scorre il carroponte deve essere dotato di apposito dispositivo di fine corsa, per eliminare il rischio che la parte mobile possa cadere dal binario.

Per ridurre il rischio di investimento e schiacciamento da parte del carico, è necessario che si manovri in modo da ridurre le oscillazioni. Inoltre, sia chi manovra la gru (gruista), sia chi provvede alla imbracatura del carico, non si deve mai posizionare tra l’oggetto da sollevare ed eventuali ostacoli fissi.

Il gancio della gru deve essere dotato di chiusura di sicurezza o conformato in modo da garantire l’impossibilità della caduta accidentale del carico. In aziende di altri comparti sono accaduti diversi infortuni mortali proprio per la mancanza di questo semplice dispositivo di sicurezza.

Per evitare il rischio di urti è anche necessario che, quando non utilizzato, il gancio non sia mai lasciato ad altezza d’uomo e che l’ambiente di lavoro sia sufficientemente illuminato e dotato di illuminazione di emergenza. Anche la cabina di manovra della gru - carroponte deve essere provvista di illuminazione normale e di emergenza.

È necessario che l’apparecchio di sollevamento abbia portata idonea rispetto al peso pezzo da sollevare e venga sottoposto alle verifiche preventive e periodiche delle apparecchiature nel loro insieme o di loro parti (ad esempio le funi). Gli esiti degli accertamenti vanno riportati sull’apposito registro tenuto dall’azienda. In particolare, se la portata essa è superiore a 200 Kg., l’impianto è soggetto a denuncia e visita preventiva di primo impianto da parte di ISPESL, a controlli annuali da parte della A.S.L. (al fine di verificarne le condizioni di efficienza per quanto riguarda i dispositivi meccanici e di scorrimento), e verifiche trimestrali da parte di tecnici incaricati dall’azienda (riguardo le funi metalliche impiegate per il sollevamento dei carichi) da registrare sull’apposito libretto.

L’impianto di sollevamento deve essere utilizzato solo da personale appositamente formato e che indossi D.P.I., in particolare elmetto, scarpe di sicurezza con punta rinforzata, guanti.

In caso di lavori straordinari (ad esempio di installazione o manutenzione) che possano comportare la presenza di lavoratori in altezza nella zona operativa del carroponte è necessario verificare che i lavori siano eseguiti solo dopo avere bloccato il carroponte e aver segnalato i lavori in corso (ad esempio togliendo l’alimentazione al carroponte e apponendo sul quadro elettrico un avviso di non effettuare manovre). Nel caso i lavori straordinari siano eseguiti da ditte esterne è fondamentale il coordinamento tra i responsabili del servizio prevenzione e protezione delle due aziende.

 



Fig. 27.Cartello di informazione sulle norme di sicurezza nel reparto di miscelazione dei pigmenti.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

L’organo lavoratore e gli organi di trasmissione del moto del miscelatore, se non adeguatamente protetti, possono costituire per gli addetti alla lavorazione il rischio di presa, trascinamento e schiacciamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

L’organo lavoratore e gli organi di trasmissione del moto del miscelatore devono essere segregati con ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco meccanico. Ove sia necessario mantenere la visibilità, possono essere eventualmente realizzate griglie o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti dell’addetto possano raggiungere le parti meccaniche in movimento.

Le macchine devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima della pulizia. Per le operazioni di pulizia, regolazione o manutenzione che dovessero richiedere l’avviamento della macchina con ripari rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera con avviamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando e che sia azionabile dall’operatore da una postazione nella quale sia ben visibile la zona operativa.

È opportuno adottare procedure di pulizia standardizzate e scritte.

È necessaria l’informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI

 

Movimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori

Per le indicazioni relative a questo fattore di rischio si rimanda alla fase “movimentazione meccanica con carrelli elevatori”.

 

 


Fig. 28.Carrelli elevatori a forche in movimento nel reparto produttivo dei pigmenti.

 

APPALTI ESTERNI

Questa fase non è appaltata in quanto essenziale al ciclo produttivo.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Emissioni in atmosfera

L’aria mista a polveri proveniente dall’impianto di aspirazione localizzata (sulla postazione di dosaggio e pesata dei prodotti in polvere) è inviata ad impianti di abbattimento corredati di filtri a maniche. I filtri a maniche sono soggetti a manutenzione periodica e se ne facilita il controllo mediante sensori automatizzati di pressione che rilevano in continuo il flusso prima e dopo il filtro.

 

Produzione di rifiuti

Si tratta principalmente delle polveri recuperate dai filtri a maniche e degli imballaggi delle materie prime. Le polveri sono in parte reimpiegate in produzione, mentre il resto viene riciclato dall’industria delle mattonelle. Gli imballaggi delle materie prime sono raccolti separando la carta dalla plastica e conferiti a ditte specializzate per il riciclaggio.


Produzione pigmenti: RIEMPIMENTO CASELLE E COTTURA (CALCINAZIONE)

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Dopo essere stata omogeneizzata nei miscelatori, la miscela di partenza è trasferita in formelle cilindriche di materiale refrattario (chiamate caselle) nelle quali subisce un processo di cottura (chiamato anche calcinazione). L’operazione può essere eseguita in due linee distinte: a mano sotto aspirazione mediante botazze oppure impiegando un sistema automatizzato. Il materiale miscelato può provenire direttamente dal miscelatore tramite una tubazione con trasporto pneumatico oppure per caduta a gravità da cisternetta posizionata tramite paranco su una incastellatura metallica dell’impianto automatico di riempimento.

 

 

 

 


Fig. 29.Riempimento manuale delle caselle con botazza.

 

Una volta riempiti, i contenitori sono pronti per il forno a muffola e vengono impilati uno sull’altro per un’altezza di circa un metro e mezzo sopra carrelli di acciaio protetti dal calore con barre di refrattario. I carrelli sono movimentati e introdotti in forno lungo apposite rotaie e/o tramite l’ausilio di transpalletts a batteria appositamente predisposti.

Durante la permanenza nel forno a muffola, in seguito all’innalzamento di temperatura, il cromoforo (sostanza che determina la colorazione) si propaga attraverso tutta la massa dell’impasto, conferendole la tonalità voluta. In realtà la temperatura di “cottura” varia sostanzialmente a seconda della composizione e natura della miscela: si passa infatti dai 700°C di certi colori fino ai 1300°C di altre formulazioni. Questo passaggio è definito sinterizzazione, talvolta fusione oppure anche calcinazione. Abbiamo scelto il termine cottura poiché la temperatura di lavoro è lievemente inferiore a quella di fusione della massa e ben lontana da quella di calcinazione delle sabbie.

 


       
Fig. 30.Macchina per riempire ed impilare automaticamente le caselle.

 

 

 

 


Fig. 31.Sistema di riempimento automatico delle caselle con cisternetta su incastellatura.

 

La durata dell’intero ciclo di cottura varia dalle 14 alle 20 ore. Quando il forno è nuovamente a circa 60°C, i carrelli metallici sono estratti e lasciati a freddare per un’altra giornata mentre una nuova carica è sottoposta a cottura.

Dopo la cottura, a seconda del tipo e del quantitativo dei prodotti impiegati, le caselle possono essere svuotate manualmente oppure automaticamente nei frantumatori e le caselle vuote ritornano tramite nastri trasportatori in ingresso allo stesso impianto automatico per il riempimento e l’impilamento sui carrelli refrattari da introdurre in forno.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Caselle

Sono i contenitori di materiale refrattario aventi forma cilindrica di altezza inferiore al diametro, entro i quali avviene la sublimazione del cromoforo che si diffonde in tutta la massa del miscuglio di partenza durante la fase di cottura.

 

Carrelli refrattari

Si tratta di mezzi mobili su ruote di acciaio (talvolta conformate in modo idoneo per la movimentazione su rotaia), protetti dal calore mediante sbarre di cemento refrattario. Su questi carrelli sono posizionate le caselle da cuocere e il tutto viene introdotto nel forno di cottura.

 

Impianto automatico di riempimento / impilamento / svuotamento caselle

Si tratta di un impianto automatico costituito da diverse parti, che ha lo scopo sia di riempire le caselle con il materiale da cuocere e impilarle sul carrello da introdurre in forno, sia di svuotare dopo la cottura le caselle dentro una tramoggia per l’alimentazione del frantumatore, introducendo nuovamente le caselle svuotate su un nastro trasportatore verso l’ingresso dell’impianto di riempimento.

 

Forni a muffola

Sono forni parallelepipedi metallici rivestiti internamente con barre di cemento refrattario il cui accesso è chiuso mediante portellone di grandi dimensioni.

I forni sono alimentati da una combinazione di metano – aria e sono di tipo intermittente. La miscela fornita varia in dipendenza del ciclo di cottura ed è riconducibile essenzialmente a due tipologie: “di scambio” e “comburente”. La miscela “di scambio” è utilizzata all’inizio ed alla fine della cottura in quanto:

-          in partenza provvede a mantenere in movimento i gas all’interno del forno assicurando una distribuzione costante ed omogenea della temperatura;

-          alla fine la miscela introdotta ha la duplice funzione di raffreddare il forno e portare via l’aria consumata contenente le polveri.

La miscela “comburente” è quella utilizzata per la combustione vera e propria: da una temperatura iniziale di circa 60°C si sale secondo rampe di crescita della durata di 8/10  ore fino ad arrivare a 1200/1400°C. Una volta raggiunta l’opportuna temperatura di cottura, funzione dell’agente cromoforo in questione, viene mantenuto il riscaldamento per il tempo necessario alla sublimazione e quindi ha luogo il raffreddamento.

Questo tipo di forno è anche chiamato muffola.

 

  


      
Fig. 32.Carrelli refrattari carichi di caselle pronti per essere informati.

 

 

 


Fig. 33.Forno di cottura aperto con all’interno un carrello di caselle da cuocere.

 

 

 


Fig. 34.Forno di cottura (modello più recente).

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.

 

Esposizione a polveri

Durante il riempimento manuale delle caselle con i prodotti in polvere, rischi, danni e prevenzione sono analoghi a quanto descritto per la fase “pesata e miscelazione delle materie prime” a cui si rimanda.

 

Microclima sfavorevole e superfici calde

descrizione

Gli addetti possono venire a contatto con le superfici calde costituite da pareti dei forni (se non sufficientemente coibentate) o dal materiale (sabbie, refrattario, carrelli metallici) parcheggiato nei pressi del forno lasciato a raffreddare dopo la cottura.

danno atteso

Ustioni per contatto con superfici calde.

Disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psicofisico con possibilità di calo dell’attenzione e maggior rischio di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Coibentare le parti calde del forno.

-          Proteggere la postazione per il comando e il controllo del forno mediante schermi anticalore.

-          Valutare la possibilità di confinare la fase lavorativa in un’area non frequentata, così da limitare il numero dei soggetti esposti.

-          Nelle situazioni di maggior esposizione a stress termico, è utile prevedere l’uso di abbigliamento idoneo specifico, in relazione al rischio da esposizione ad elevata temperatura, oltre a prevedere, nell’organizzazione del lavoro, idonei periodi di acclimatamento, pause, turnazione della mansione.

-          Mettere a disposizione degli addetti la possibilità di bere spesso per reintegrare i liquidi persi con la sudorazione.

-          Utilizzo di appropriati d.p.i. compresi capi di abbigliamento specifici.

-          Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.

 

Movimentazione manuale dei carichi, movimenti ripetuti, posture

descrizione

Il trasferimento dell’omogeneizzato dalla cisternetta fissa di raccolta alle caselle viene effettuato in una linea automatizzata o manuale in dipendenza del quantitativo e del tipo di prodotto. Anche la movimentazione delle caselle può avvenire manualmente. Ogni casella piena può pesare da 10 a 18 Kg a seconda del tipo di materiale.

Altra causa di movimentazione manuale è dovuta alla operazione di rimozione dei big bags contenenti le caselle rotte.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

interventi prevenzionistici

-          Automazione, dove possibile, della procedura di riempimento e carico delle caselle su carrelli.

-          Utilizzare ausili per la movimentazione dei big bags.

-          Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

-          Norma UNI ISO 938

 

Esposizione a rumore

descrizione

Gli addetti a questo reparto sono esposti al rumore proveniente dai forni a muffola in funzione.

stima

Da misurazioni effettuate in aziende del comparto si sono evidenziati i seguenti valori:

Leq = 83,9 dB(A), Lmax = 97,8 dB(A).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di utilizzare macchine del tipo meno rumoroso.

-          Valutare la possibilità di insonorizzare le macchine rumorose e/o attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali.

-          Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, ad esempio valutando la possibilità di separare questa lavorazione da altre meno rumorose per ridurre l’esposizione indiretta di addetti ad altre mansioni, oppure valutando se è possibile eseguire la macinazione durante le ore notturne quando il personale adibito ad altre lavorazioni è assente, in modo da limitare al massimo il numero di soggetti esposti.

-          Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose non sufficientemente insonorizzate o di entrare nella zona chiusa e delimitata da pareti fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a gas di combustione

descrizione

La combustione del metano nei forni di cottura può determinare l’esposizione dei lavoratori ai fumi di combustione (NOx, COx, polveri, ecc… ).

danno atteso

L’esposizione ai fumi o vapori dei gas combusti può provocare irritazione delle prime vie respiratorie.

interventi prevenzionistici

-          Sistema di evacuazione dei fumi all’esterno dei locali di lavoro, tramite impianto di aspirazione e camino.

-          Il forno fusorio deve essere dotato di un sistema di ricambio d’aria forzato che, introducendo la nuova aria al posto di quella esausta, effettui un completo dilavamento dell’atmosfera prima dell’apertura del portello.

-          Tenere sotto attenta sorveglianza dei quadri di controllo che sovrintendono alla regolazione ed immissione delle varie miscele all’interno del forno.

-          Effettuare controlli periodici e regolare manutenzione del forno e dei dispositivi di sicurezza.

-          Aerazione naturale e/o forzata dei locali di lavoro.

-          Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-          Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-          Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-          Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-          Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.

-          D.P.R. n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Conduzione di macchine alimentate a gas combustibile

descrizione

L’utilizzo dei forni a gas può comportare il rischio di fughe di gas combustibile ed esplosione - incendio, oltre alla possibile esposizione degli addetti ai prodotti di combustione.

I bruciatori possono eventualmente dare origine ad incidenti molto gravi in caso di malfunzionamento dei dispositivi di sicurezza, ad esempio fiammate improvvise originate da punti di innesco (pareti calde, ecc…), errore umano (riaccensione del forno senza che sia stata eseguita la prevista e necessaria operazione di ricambio dell’aria interna), ecc…

danno atteso

Sono possibili intossicazioni per inalazione di gas. Ustioni, lesioni traumatiche ed intossicazioni in caso di incendio – esplosione, con danni alla salute dei lavoratori per causa diretta (sovrapressione) o indiretta (cedimento strutturale).

interventi prevenzionistici

Per ridurre il rischio è necessario che vengano effettuate verifiche periodiche su tutto l'impianto a gas. A fine turno di lavoro è bene chiudere il rubinetto generale di erogazione del gas. Sono necessari dispositivi che interrompano l’erogazione del gas in caso di spegnimento della fiamma. E’ importante che il sistema automatico di accensione sia controllato onde evitare l'innesco ritardato che potrebbe determinare una esplosione. È opportuno installare rivelatori automatici di gas (tarati ad una opportuna concentrazione frazione del limite inferiore di infiammabilità), collegati al sistema di allarme e ad elettrovalvole del tipo normalmente chiuse (in mancanza della alimentazione elettrica) installate sulle tubazioni del gas.

E’ fondamentale la informazione e la formazione dei lavoratori e la conduzione del forno dovrebbe essere consentita esclusivamente a personale specializzato.

riferimenti normativi

-          Normativa generale antincendio.

-          Norme UNI-CIG.

-          Per i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si applica il D.M.I. del 31.03.1984, mentre per quelli di capacità superiore a 5 m3 si applica il D.M.I. del 13.10.1994.

 

 

APPALTI ESTERNI

 

Questa fase non è appaltata in quanto essenziale al ciclo produttivo.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Emissioni in atmosfera

I forni che bruciano miscele a base di metano producono emissioni contenenti polveri, COx, NOx, ecc... . Le emissioni provenienti dai forni, prima di essere rilasciate in atmosfera, sono inviate ad impianti di abbattimento delle polveri.

L’aria mista a polveri proveniente dall’impianto di aspirazione localizzata (sulla postazione di riempimento delle caselle con i prodotti in polvere) è inviata ad impianti di abbattimento corredati di filtri a maniche. I filtri a maniche sono soggetti a manutenzione periodica e se ne facilita il controllo mediante sensori automatizzati di pressione che rilevano in continuo il flusso prima e dopo il filtro.

 


Produzione pigmenti: FRANTUMAZIONE

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Dopo la cottura le caselle sono svuotate manualmente o automaticamente e il materiale derivante dalla svuotatura viene sottoposto a frantumazione.

Tale processo si rende indispensabile dal momento che, dopo il ciclo di cottura, in dipendenza della formulazione della miscela come pure della temperatura raggiunta, il materiale cotto si presenta come un disco di particolare consistenza, di durezza paragonabile a quella di un conglomerato. Il materiale sminuzzato in frammenti, risulta ben più gestibile per la successiva fase di trasferimento e caricamento di macinazione nel molino.

Il risultato della frantumazione è raccolto in una cisternetta su ruote e quindi posizionato in una zona del reparto in attesa di essere trasferito al reparto di macinazione a umido, oppure dal il prodotto in uscita da frantumatore è inviato per via pneumatica in un silos di stoccaggio.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Frantumatore

Si tratta di una macchina costituita da una camera all’interno della quale si muovono cilindri contrapposti che, arrivando fino quasi a toccarsi, sminuzzano il conglomerato caricato dall’alto tramite una tramoggia.

 

Cisternetta

Contenitore mobile posizionato sotto il frantumatore; al suo interno è raccolto il materiale disgregato, che successivamente è trasportata al sistema di carico dei molini.

 



Fig. 35.Addetto al prelevamento manuale delle caselle cotte dalla pila. Per favorire il distacco l’addetto utilizza un martello.

 

 

 

 


Fig. 36.Movimentazione manuale delle caselle cotte.

 

 


Fig. 37.Particolare dell’operazione di svuotamento manuale delle caselle contenenti il pigmento cotto che è introdotto nel frantumatore.

 

 

 


Fig. 38.Nastro trasportatore delle caselle svuotate.

 

 


Fig. 39.Cisternette mobili su ruote piene di pigmenti cotti e frantumati.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.

 

Esposizione a polveri

descrizione

Durante lo svuotamento manuale delle caselle contenenti il prodotto cotto gli addetti sono esposti a polveri di varia natura e pericolosità a seconda del tipo di prodotto calcinato. Altra causa di esposizione può essere la manutenzione degli impianti.

danno atteso

Si veda quanto riportato alla fase “pesata manuale e miscelazione delle materie prime”, tenendo conto che una volta subito il processo di calcinazione i singoli componenti di partenza danno luogo alla formazione di composti che in genere sono meno pericolosi di quelli di partenza, ad esempio con allumina idrata e ossido di cobalto si forma alluminato di cobalto. Tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.

interventi prevenzionistici

-          Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.

-          Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.

-          Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.

-          Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.

-          I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Movimentazione manuale dei carichi, movimenti ripetuti, posture

descrizione

La movimentazione e lo svuotamento delle caselle cotte è effettuato in una linea automatizzata o manuale in dipendenza del quantitativo e del tipo di prodotto.

Quando la casella cotta è prelevate manualmente, l’addetto utilizza un martello per favorirne il distacco dalla pila (posta sul carrello di cottura) e una volta prelevata, la porge ad un altro addetto che la svuota nel frantumatore. Lo stesso addetto la pone la casella vuota su un nastro trasportatore che la conduce ad un sistema di raccolta per il successivo riutilizzo, a meno che la casella non si sia rotta (ad esempio durante il distacco dalla pila), nel qual caso la casella viene gettata in un big bag.

Inoltre per prelevare le caselle più in alto della pila l’addetto deve raggiungere una posizione più alta rispetto al pavimento e ciò può comportare il rischio di caduta dall’alto specie se l’operatore sale in piedi sul carrello di cottura, che è alto circa 70 cm da terra.

Ogni casella piena può pesare da 10 a 18 Kg a seconda del tipo di materiale.

Altra causa di movimentazione manuale è dovuta alla operazione di rimozione dei big bags contenenti le caselle che si rompono durante la rimozione dalla pila.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

interventi prevenzionistici

-          Automazione, dove possibile, della procedura di riempimento e carico delle caselle su carrelli.

-          Utilizzare ausili per la movimentazione dei big bags.

-          Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

-          Norma UNI ISO 938

 

Esposizione a rumore

descrizione

Gli addetti a questo reparto sono esposti al rumore proveniente dal frantumatore in funzione.

stima

Da misurazioni effettuate in aziende del comparto si sono evidenziati i seguenti valori:

-          frantumatore con materiale in uscita trasferito per via pneumatica, all’inizio della lavorazione quando il materiale in lavorazione non è sufficiente a riempire tutta la macchina: Leq = 90,1 dB(A), Lmax = 97,2 dB(A);

-          stessa postazione di misura con macchinario a regime: Leq = 86,6 dB(A), Lmax = 91,5 dB(A).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di utilizzare macchine del tipo meno rumoroso.

-          Valutare la possibilità di insonorizzare le macchine rumorose e/o attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali.

-          Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, ad esempio valutando la possibilità di separare questa lavorazione da altre meno rumorose per ridurre l’esposizione indiretta di addetti ad altre mansioni, oppure valutando se è possibile eseguire la macinazione durante le ore notturne quando il personale adibito ad altre lavorazioni è assente, in modo da limitare al massimo il numero di soggetti esposti.

-          Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose non sufficientemente insonorizzate o di entrare nella zona chiusa e delimitata da pareti fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi lavoratori della macchina frantumatrice e il nastro trasportatore delle caselle vuote, se non adeguatamente protetti, possono costituire per gli addetti il rischio di infortuni gravi.

danno atteso

Ferite e contusioni.

interventi prevenzionistici

Il frantumatore deve essere corredato dei dispositivi atti a rendere inaccessibili agli operatori le parti mobili (ad esempio griglie fisse o collegate a dispositivi di interblocco).

Il nastro trasportatore deve essere protetto contro il rischio di presa e trascinamento con adeguati ripari a protezione delle parti pericolose.

Inoltre le macchine devono essere provviste di dispositivi per l’arresto di emergenza e per impedire l’avviamento accidentale durante la manutenzione o in caso ritorni la alimentazione elettrica dopo che era venuta a mancare per un qualsiasi motivo.

È opportuno utilizzare procedure standardizzate e scritte per la manutenzione.

Gli addetti devono essere informati e formati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI

 

Lavoro in prossimità di superfici calde, microclima sfavorevole

descrizione

Il materiale destinato alla frammentazione è quello in uscita dal forno di cottura. Sia le caselle e il prodotto cotto in esse contenuto, sia i carrelli sui quali sono poste le caselle per l’introduzione in forno, possono comportare rischi di contatto cutaneo con materiali ad elevata temperatura. Inoltre gli stessi materiali concorrono a produrre un microclima sfavorevole nell’ambiente di lavoro, specialmente durante la stagione estiva.

danno atteso

Ustioni per contatto con superfici calde.

Disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psicofisico con possibilità di calo dell’attenzione e maggior rischio di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Predisporre un’apposita area di stazionamento ove lasciare raffreddare il prodotto uscito dal forno, separandola dagli altri locali di lavoro mediante appositi pannelli anticalore.

-          Garantire un adeguato ricambio dell’ambiente di lavoro.

-          Indossare d.p.i. (guanti, indumenti anticalore, ecc…)

-          Corretta organizzazione del lavoro.

-          Mettere a disposizione degli addetti la possibilità di bere spesso per reintegrare i liquidi persi con la sudorazione.

-          Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.

 

 

 

APPALTI ESTERNI

 

Questa fase non è appaltata in quanto essenziale al ciclo produttivo.

 

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Emissioni in atmosfera

L’aria mista a polveri proveniente dall’impianto di aspirazione localizzata al frantumatore è inviata ad impianti di abbattimento corredati di filtri a maniche. I filtri a maniche sono soggetti a manutenzione periodica e se ne facilita il controllo mediante sensori automatizzati di pressione che rilevano in continuo il flusso prima e dopo il filtro.

 

Produzione di rifiuti

Le caselle di materiale refrattario hanno un tempo di vita medio stimabile attorno ai 15-20 cicli cottura-raffreddamento. Il materiale esausto, nonché quello danneggiato, viene raccolto in big bags all’interno del reparto e trasferito successivamente in altra zona dello stabilimento per lo stoccaggio provvisorio. Si tratta di materiale riciclabile che in genere è conferito ad un cementificio che provvede a sottoporlo a nuova lavorazione per utilizzarlo come materia prima per l’ottenimento di cemento-refrattario. Stesso destino conoscono i materiali refrattari provenienti dalla degradazione del rivestimento interno dei forni e del rivestimento protettivo dei carrelli.

 


Fig. 40.Raccolta delle caselle deteriorate in un big bag movimentato con l’ausilio di un apposito carrello.

 


Produzione pigmenti: MACINAZIONE AD UMIDO

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Lo scopo di questa lavorazione è quello di amalgamare al meglio i diversi componenti del miscuglio iniziale: il prodotto della cottura – già diventato “pigmento grezzo” – viene sminuzzato fino alle dimensioni volute.

E’ appunto la macinazione a conferire al pigmento le necessarie proprietà: quanto più è spinta la polverizzazione tanto più alta risulterà la resa colorimetrica ossia una minima quantità di polvere risulterà in grado di tinteggiare una gran massa di materiale veicolante.

Oltre alle dimensioni estremamente contenute, massima importanza commerciale assume pure la distribuzione statistica della grandezza delle particelle: un prodotto di buona qualità deve assicurare una granulometria costante e riproducibile.

Per il controllo di qualità, finalizzato a verificare l’avanzamento della lavorazione, sono effettuati prelievi di campioni ad intervalli prestabiliti (ossia dopo un prefissato numero di giri).

Tranne rare eccezioni, nella maggioranza dei casi la macinazione è eseguita per via umida: la sospensione acquosa risultante è detta barbottina.

Il ciclo ha durata variabile e comunque compresa entro le 6-8 ore; dopo questo intervallo di tempo il molino è scaricato e inviato per via pneumatica alla successiva lavorazione.

L’operazione di macinazione a umido è svolta in genere come segue: la cisternetta mobile che ha raccolto il prodotto disgregato dopo la frantumazione viene spostata fino ad un montacarichi elevatore. Una volta chiuso il cancello, il dispositivo di sicurezza dà il consenso ed il materiale è trasportato su di una piattaforma sopraelevata a 4 metri d’altezza dalla quale avviene il caricamento del molino. Dopo aver posizionato la cisternetta sopra la botola corrispondente, il suo contenuto è scaricato dentro il molino e quindi macinato. In genere è utilizzato tendenzialmente sempre per lo stesso molino per lo stesso colore.

La macinazione ad umido per la produzione di pigmenti è effettuata in genere con la stessa modalità di quella seguita per il ciclo di produzione dei preparati, pertanto – salvo i diversi rischi chimici legati alle diverse materie impiegate – nelle due lavorazioni si possono ritenere presenti gli stessi fattori di rischio.

 

 


  

               

Fig. 41.  Reparto molini. In primo piano si notano le cisternette mobili e sullo sfondo i molini protetti da cancelli.


ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Piattaforma sopraelevata per il carico dei molini

Si tratta di una postazione di lavoro posta a circa 4 metri da terra raggiungibile mediante scala metallica. Sulla postazione transitano le cisternette mobili su ruote che vengono collegate alle bocche di alimentazione dei molini ed il trasferimento del materiale avviene per gravità.

 

Montacarichi elevatore

Si tratta di un montacarichi utilizzato per sollevare le cisternette mobili su ruote al livello della piattaforma sopraelevata per il carico dei molini.

 

 

Il montacarichi è costituito da una piattaforma elevabile ad azionamento oleodinamico, protetta da una cancellata, apribile da un lato per il caricamento.

 

 


Fig. 42.  Montacarichi per il sollevamento delle cisternette mobili su ruote utilizzate per il carico dei molini.

 

Molino a palle

È la macchina per la macinazione a umido, costituita da un cilindro che viene messo in rotazione lungo l’asse orizzontale per diverse ore fino all’ottenimento di un impasto delle dimensioni volute. Il molino è dotato di apertura di carico dall’alto del materiale da macinare e di tubazione di adduzione dell’acqua. La macinazione è realizzata mediante sfere di allumina sinterizzata che svolgono una duplice azione: le palle che si trovano in alto nel cilindro, cadendo, macinano il prodotto in pezzi più piccoli, mentre l’attrito tra le sfere sul fondo e le pareti provvede a polverizzare finemente il pigmento.

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.

 

Lavoro in postazioni sopraelevate e con possibili aperture sul pavimento

descrizione

La piattaforma sopraelevata (lungo la quale viene fatta scorrere la cisternetta fino alla botola di alimentazione del molino macinatore relativo a quel particolare colore) può comportare il rischio di inciampare nelle botole aperte e cadere sul pavimento della piattaforma o verso il vuoto.

danno atteso

Ferite e contusioni, rischio di infortunio mortale per caduta dall’alto.

interventi prevenzionistici

-          E’ opportuno che il pavimento della piattaforma sia perfettamente a livello, senza buche o aperture, asperità. A tale scopo le botole di alimentazione dei molini possono essere coperte da grigliati mobili e la zona delimitata da transenne e corrimano.

-          Il piano rialzato deve essere perimetrato con adeguati parapetti provvisti di fascia fermapiedi per impedire la caduta accidentale di attrezzi o oggetti. Le scale di accesso devono essere fermamente fissate alla struttura principale, corredate di parapetto, fermapiedi e gradini antiscivolo. Deve essere predisposta anche una ostruzione (catena o sbarra) che protegga l’apertura della piattaforma da e per la scala. In una azienda del comparto sono state adottate protezioni ribaltabili per l’apertura verso il vuoto della zona di caricamento.

-          Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Norme UNI EN 361, 363, 795

 

Esposizione a rumore

descrizione

Un’importante sorgente di rischio correlata con questa fase è rappresentata dal forte rumore prodotto dai molini in funzione: in dipendenza dell’impiego di differenti materie prime, il tempo di macinazione può variare grandemente, prolungandosi talvolta oltre il consueto, oppure richiedere un trattamento più intenso e ripetuto.

stima

Di seguito riportiamo stime dei livelli equivalente di rumore misurati durante lo svolgimento di alcune operazioni tipiche di questa parte del ciclo lavorativo.

operazione

Leq in dB (A)

Svuotatura molino

86.4

Macinazione (2 molini in esercizio contemporaneamente)

86.3

Lavaggio molino

89.5

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di utilizzare macchine del tipo meno rumoroso.

-          Valutare la possibilità di insonorizzare i molini mediante pannelli fonoisolanti - fonoassorbenti, ad esempio da applicare alle cancellate realizzate con griglie metalliche, già presenti come protezione da possibili contatti con gli organi in movimento. Qualora sia indispensabile mantenere la visibilità della macchina in movimento, le macchine possono essere insonorizzare mediante schermi trasparenti, avendo cura di garantire la continuità degli stessi e di eliminare il più possibile le vie di fuga del rumore.

-          Valutare la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali.

-          Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, ad esempio valutando la possibilità di separare questa lavorazione da altre meno rumorose per ridurre l’esposizione indiretta di addetti ad altre mansioni, oppure valutando se è possibile eseguire la macinazione durante le ore notturne quando il personale adibito ad altre lavorazioni è assente, in modo da limitare al massimo il numero di soggetti esposti.

-          Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose non sufficientemente insonorizzate o di entrare nella zona chiusa e delimitata da pareti fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi in movimento del molino possono costituire un pericolo di presa e trascinamento, in particolare per gli addetti al prelevamento del campione di prodotto macinato da inviare al laboratorio per il controllo di qualità.

Una volta terminato il previsto ciclo, il macinato è sottoposto a verifica per attestare che il risultato ottenuto sia in linea con i parametri di qualità richiesti.

danno atteso

Ferite e contusioni.

interventi prevenzionistici

Il prelievo del campione deve essere effettuato da personale autorizzato che acceda al molino solo a macchina ferma. A tale scopo la macchina deve essere recintata con paratie e porte interbloccate in modo che sia impossibile:

-          l’apertura della porta fin tanto che la macchina non è ferma;

-          l’avviamento della macchina fin tanto che la porta non è stata richiusa.

 

Le macchine devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima della pulizia. Per le operazioni di pulizia, regolazione o manutenzione che dovessero richiedere l’avviamento della macchina con ripari rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera con avviamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando e che sia azionabile dall’operatore da una postazione nella quale sia ben visibile la zona operativa.

È opportuno adottare procedure di pulizia standardizzate e scritte, che prevedano tra l’altro le modalità di blocco di ogni forma energetica (elettrica, meccanica, pneumatica, ecc…) prima dell’intervento dell’addetto.

Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI

 


Fig. 43.  Particolare degli organi di trasmissione del moto di un molino. Si noti la porta grigliata di protezione scorrevole (dotata di dispositivo di interblocco).

 

 

 

 



Fig. 44.  Particolare del dispositivo di interblocco (fine corsa)  sulla porta grigliata scorrevole a protezione degli organi di trasmissione del moto di un molino.

 

 



Fig. 45.  Particolare del blocco meccanico di un molino in manutenzione.

 

 


Fig. 46.  Sistema di insonorizzazione e di protezione degli organi di trasmissione del moto di un molino, tramite segregazione con struttura fonoisolante - fonoassorbente e porte dotate di dispositivo di interblocco.  Si notino le protezioni ribaltabili sulla piattaforma sopraelevata dalla quale avviene il caricamento dei molini.

 



Fig. 47.  Sistema di insonorizzazione e di protezione degli organi di trasmissione del moto di un molino, tramite segregazione con struttura fonoisolante - fonoassorbente e porte dotate di dispositivo di interblocco. Per la scelta del materiale più adatto è stato svolto uno studio specifico dall’università di Firenze provando in loco vari materiali alternativi, ottenendo alla fine una riduzione del rumore di circa 20 dB(A). Si noti sulla destra, accanto alle prese elettriche, l’oblò attraverso il quale è possibile sorvegliare il funzionamento del molino senza aprire le porte. Sulla sommità della struttura si noti la protezione ribaltabile aperta per il posizionamento con il carrello elevatore di un pancale carico di sacchi.

 

APPALTI ESTERNI

 

Questa fase non è appaltata in quanto essenziale al ciclo produttivo.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Diffusione di rumore

Le macchine sopra descritte possono diffondere rumore all’esterno dello stabilimento produttivo con possibile disturbo agli eventuali insediamenti civili adiacenti. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili.

 


Produzione pigmenti: LAVAGGIO DELLA BARBOTTINA

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

La barbottina risultante dalla macinazione ad umido arriva per via pneumatica fin dentro contenitori aperti, chiamati tine, ove avviene il lavaggio. Con tale operazione i sali solubili in grado di opacizzare il pigmento, principalmente floruri, passano in soluzione e vengono eliminati assieme alle acque di risulta. Per ragioni di processo, si preferisce far avvenire il lavaggio a caldo. L’acqua è riscaldata tramite apposite caldaie e poi fatta confluire nelle tine di lavaggio entro le quali (a 70 °C circa) avviene il mescolamento con il macinato umido. Si preferisce impiegare acqua calda dato che in tali condizioni il pigmento si separa per gravità (decantazione) più rapidamente.

 


    

Fig. 48.  Tina di lavaggio del pigmento macinato.

 

L’operazione di lavaggio è ripetuta più volte, l’acqua raccolta viene depurata prima di essere immessa nella rete fognaria.

I volumi di acqua impegnati nella produzione dei colori per ceramica sono molto elevati: per fare fronte alla richiesta, in genere l’azienda attinge a pozzi propri.

 


                   
Fig. 49.  Particolare dell’organo lavoratore della tina di lavaggio, dopo la decantazione e lo scarico del liquido di lavaggio.

 

La barbottina lavata è sottoposta ad essiccazione per allontanare la residua acqua di lavaggio. A tale scopo la barbottina lavata viene trasferita per gravità, mediante pistola erogatrice, all’interno di teglie di alluminio posizionate su di una rastrelliera mobile e riutilizzate sempre per lo stesso colore: giallo con giallo, rosso con rosso, ecc….

 

I carrelli con le teglie piene di barbottina da essiccare sono introdotti tramite transpalletts dentro camere per essiccazione statica a 40°C.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Tina di lavaggio

Si tratta di un contenitore cilindrico ad asse verticale, aperti superiormente, con fondo conico collegato alla tubazione di scarico, che termina con una pistola erogatrice. E’ dotato di agitatore meccanico a elica, installato al centro del cilindro lungo l’asse verticale e azionato da motore elettrico. La barbottina proveniente dai molini viene introdotta nella tina tramite una tubazione ad azionamento pneumatico. La tina è anche dotata di tubazioni per l’adduzione e lo scarico dell’acqua di lavaggio.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli agitatori delle tine possono comportare rischi infortunistici, specie per le operazioni di manutenzione.

danno atteso

Lesioni traumatiche

interventi prevenzionistici

L’organo lavoratore e gli organi di trasmissione del moto del miscelatore devono essere segregati con ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco meccanico. Ove sia necessario mantenere la visibilità, possono essere eventualmente realizzate griglie o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti dell’addetto possano raggiungere le parti meccaniche in movimento.

In particolare:

-          il giunto tra il motore e l’albero dell’agitatore e le parti rotanti sporgenti devono essere irraggiungibili o adeguatamente protette mediante ripari fissi.

-          l’elica dell’agitatore deve essere a distanza tale da non poter essere raggiunta degli arti dei lavoratori,  oppure adeguatamente protetta tramite protezione grigliata, posta al bordo della tina, fissa o munita di interblocco.

-          per evitare il rischio di cadere dentro le tine, il bordo superiore della tina deve trovarsi ad una altezza non inferiore ad un metro dal piano di calpestio.

Le macchine devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima della pulizia.

È opportuno adottare procedure di pulizia standardizzate e scritte.

Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Scarichi idrici

Le acque da depurare sono indirizzate a sistemi di trattamento e quindi all’impianto di depurazione ove si ottiene l’abbattimento degli inquinanti mediante procedimento chimico – fisico.

 

 


Produzione pigmenti: ESSICCAZIONE IN TEGLIE DELLA BARBOTTINA

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

La barbottina lavata e concentrata è sottoposta ad essiccazione per allontanare l’acqua residua dal lavaggio.

In generale l’essiccazione della barbottina può avvenire con tre diversi metodi:

-          in teglie;

-          in spray-dryer;

-          in tunnel a nastro.

La discriminante per la scelta del processo di essiccazione è soprattutto la quantità di produzione.

In prospettiva della automazione dei processi produttivi si ritiene che l’essiccazione in teglie tenderà ad essere eliminata per essere completamente sostituita dagli altri due metodi produttivi (quella in spray-dryer per produzioni elevate e quella in tunnel a nastro per produzioni limitate), tuttavia ad oggi l’essiccazione in teglie risulta essere ancora largamente utilizzata.

I tre processi alternativi possono essere utilizzati sia per la produzione di pigmenti, sia per la produzione dei preparati, con analoghe considerazioni.

Nella presente ricerca si riportano la fase di essiccazione in teglie riferita alla produzione dei pigmenti e le fasi di essiccazione in spray-dryer ed essiccazione in tunnel a nastro riferite alla produzione dei preparati.

Le teglie, posizionate su di una rastrelliera mobile, sono riempite di barbottina lavata (concentrata) mediante pistola erogatrice, per gravità o tramite pompe. Sono riutilizzate le stesse teglie sempre per lo stesso colore (giallo con giallo, rosso con rosso, ecc…), oppure ogni teglia viene ricoperta da un foglio di carta oleata prima di ogni utilizzo, allo scopo da un lato di non dover essere legati al tipo di colore e dall’altro per evitare la presenza di residui nella teglia dei lotti di lavorazione precedenti.

 

 


Fig. 50.Riempimento della rastrelliera mobile mediante pistola erogatrice.

 

 


Fig. 51.Particolare del riempimento della rastrelliera mobile mediante pistola erogatrice.

 

 


Fig. 52.Particolare del reparto di riempimento delle teglie dalle tine per gravità.

 

 

I carrelli con le teglie piene di barbottina da essiccare sono introdotti tramite transpalletts dentro camere per essiccazione statica a 40°C.

 

 


Fig. 53.Camere di essiccazione per le teglie.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

 

Rastrelliera mobile

Si tratta di una incastellatura di metallo predisposta per l’inserimento a strati delle teglie utilizzate per contenere le barbottina da essiccare.

 

Teglie

Si tratta di teglie di alluminio di forma parallelepipeda.

 

Camera essiccatrice.

È una camera di forma parallelepipeda, con portelli per l’introduzione delle rastrelliere cariche di teglie piene di barbottina da essiccare, per riscaldamento dell’aria a 40 °C, tramite resistenze elettriche. La temperatura all’interno della camera viene mantenuta uniforme grazie ad un sistema di ventilazione.

 

 

 

 


            
Fig. 54.Vista d’insieme del reparto tine di lavaggio ed essiccazione teglie.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.

 

Manipolazione di fluidi contenenti prodotti pericolosi

descrizione

Durante il riempimento manuale delle teglie tramite pistola erogatrice è possibile che gli addetti possano imbrattarsi con la barbottina concentrata, con possibili contatti cutanei e agli occhi; è da tenere presente che anche un piccolo spruzzo di barbottina sulla tuta del lavoratore, quando asciuga diventa polvere, con conseguente esposizione del lavoratore stesso alle polveri dei prodotti della miscela di partenza (vedere la fase pesata manuale e miscelazione delle materie prime).

danno atteso

Danni alla pelle dovute al contatto con la barbottina, che possono variare a seconda dei prodotti utilizzati per le varie ricette. Per ulteriori dettagli vedere quanto riportato alla fase pesata manuale e miscelazione delle materie prime.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di automatizzare il ciclo produttivo sostituendo il processo (utilizzando sistemi spray-dryer a ciclo chiuso e/o tunnel di essiccazione).

-          Utilizzare pistole erogatrici adeguate.

-          Indossare D.P.I. (tute, grembiuli, guanti, visiere, ecc…).

-          Attuare norme igieniche, in particolare è opportuno fare la doccia al termine di ogni turno di lavoro, evitare di mangiare, bere o fumare durante il lavoro, lavarsi accuratamente le mani prima di andare a pranzo, utilizzare armadietti separati per gli abiti civili e da lavoro.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a polveri

descrizione

Durante la movimentazione delle rastrelliere (dalla camera di essiccazione alla zona dove avviene il rovesciamento delle teglie piene di pigmenti ormai essiccati), gli addetti possono essere esposti a polveri di diversa tipologia e pericolosità a seconda dei vari tipi di pigmenti.

danno atteso

Per i possibili danni vedere quanto riportato alla fase frantumazione relativa alla produzione di pigmenti.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di automatizzare il ciclo produttivo sostituendo il processo (utilizzando sistemi spray-dryer a ciclo chiuso e/o tunnel di essiccazione).

-          Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.

-          Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.

-          Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.

-          Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.

-          I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Lavoro in prossimità di superfici calde e con microclima sfavorevole

descrizione

Il funzionamento della camera di essiccazione può determinare un microclima sfavorevole nell’ambiente di lavoro. Durante l’introduzione nella camera delle teglie piene di materiale da essiccare e la successiva estrazione dopo l’essiccazione, gli addetti possono venire a contatto con le superfici calde della camera di essiccazione.

danno atteso

Ustioni per contatto con superfici calde.

Disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psicofisico con possibilità di calo dell’attenzione e maggior rischio di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di automatizzare il ciclo produttivo sostituendo il processo (utilizzando sistemi spray-dryer a ciclo chiuso e/o tunnel di essiccazione).

-          Predisporre un’apposita area di stazionamento ove lasciare raffreddare il prodotto uscito dal forno, separandola dagli altri locali di lavoro mediante appositi pannelli anticalore.

-          Garantire un adeguato ricambio dell’ambiente di lavoro.

-          Indossare d.p.i. (guanti, indumenti anticalore, ecc…)

-          Corretta organizzazione del lavoro.

-          Mettere a disposizione degli addetti la possibilità di bere spesso per reintegrare i liquidi persi con la sudorazione.

-          Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.

 

Posture

descrizione

L’operazione di riempimento manuale delle teglie con la barbottina mediante la pistola erogatrice può comportare l’assunzione di posture incongrue da parte dell’addetto.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di automatizzare il ciclo produttivo sostituendo il processo (utilizzando sistemi spray-dryer a ciclo chiuso e/o tunnel di essiccazione).

-          Qualora permanga l’operazione manuale, progettare adeguatamente il posto di lavoro e mettere a disposizione dell’addetto:

-          sgabelli bassi per sedersi durante il riempimento delle teglie poste più in basso nella rastrelliera;

-          scalette mobili su ruote dotate di parapetto per il riempimento delle teglie poste più in alto nella rastrelliera.

-          Corretta organizzazione del lavoro.

-          Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

-          Norma UNI ISO 938

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore in questa fase lavorativa deriva principalmente dai forni di essiccazione.

stima

Misure effettuate in aziende del comparto in prossimità degli essiccatori hanno evidenziato un Leq di circa 87 dB(A).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di ridurre il rumore alla fonte.

-          Valutare la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose;

-          Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi;

-          Effettuare la valutazione della esposizione personale dei lavoratori.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

-          Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Emissioni in atmosfera

L’essiccazione ottenuta per evaporazione dell’acqua dalle teglie poste nelle camere di essiccazione riscaldate da resistenze elettriche determina la produzione di vapore misto a polveri di diversa tipologia e pericolosità a seconda dei vari tipi di pigmenti. L’aeriforme è estratto dalla camera di essiccazione da un sistema di aspirazione localizzata e convogliato all’esterno dello stabilimento. Ciò può determinare inquinamento ambientale per la ricaduta al suolo delle polveri.

Per ridurre l’impatto esterno, prima del rilascio in atmosfera, l’aeriforme viene fatto passare attraverso un filtro a maniche e quindi inviato ad un camino.

 

Produzione di rifiuti

Qualora siano utilizzati fogli di carta oleata per rivestire le teglie prima di ogni riempimento, i fogli utilizzati costituiscono un rifiuto contenenti polveri di diversa tipologia e pericolosità a seconda dei vari tipi di pigmenti.

 


Produzione pigmenti: POLVERIZZAZIONE, MISCELAZIONE, CONFEZIONAMENTO

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Una volta essiccato, il pigmento deve essere rimosso dal contenitore di alluminio e nuovamente ridotto in polvere: per ottenere ciò, le rastrelliere sono trasferite mediante transpalletts dall’interno dell’essiccatore (descritto alla fase precedente) in prossimità della macchina polverizzatrice.

L’operatore preleva la teglia di alluminio e la svuota dal pigmento in essa contenuto rovesciandola e scuotendola sulla una griglia della tramoggia di carico del polverizzatore. Il pigmento polverizzato cade dentro una cisternetta mobile posizionata al di sotto del polverizzatore in una apposita fossa nel pavimento.

 


Fig. 55.Rovesciamento teglie nel frantumatore.

 

Una volta che la cisternetta è stata riempita con il materiale polverizzato, l’addetto sposta la macchina polverizzatrice e solleva la cisternetta tramite un paranco per inserirla sul telaio di sostegno munito di ruote, quindi la spinge manualmente in prossimità della macchina insaccatrice, sulla quale la cisternetta verrà successivamente posizionata tramite un paranco.

 


Fig. 56.Spinta manuale della macchina polverizzatrice per allontanarla in modo da accedere alla cisternetta mobile posta nella apposita buca del pavimento.

 

 

 

 


Fig. 57.Posizionamento sul supporto a ruote della cisternetta mobile, la quale è sollevata tramite un paranco comandato dall’operatore con la pulsantiera .  Si noti sullo sfondo il sistema di aspirazione localizzata.

 


Fig. 58.Spinta manuale della cisternetta mobile, per essere posizionata nella zona di attesa prima di essere prelevata con il paranco per essere posizionata sulla macchina insaccatrice. 

 

Il prodotto insaccato viene pesato, i sacchi sono disposti uno sull’altro su pancali di legno i quali sono inviati al magazzino tramite carrelli elevatori.


Fig. 59.Confezionamento in sacchi del prodotto finito, destinato alla vendita.

 



Fig. 60.Macchina insaccatrice.

 

 


Fig. 61.Bilancia per la pesatura dei sacchi.

 

 


Fig. 62.Operazione di pallettizzazione manuale dei sacchi destinati alla vendita.

 

 

   


Fig. 63.Operazione di pallettizzazione manuale dei sacchi di pigmenti destinati ad essere impiegati come semilavorati.

 

I palletts di sacchi possono essere destinati direttamente alla vendita oppure essere impiegati quali semilavorati ad esempio per la produzione di composti o per la produzione di pigmenti dalle tonalità intermedie ottenuti mediante miscelazione.

 

La miscelazione avviene in apposti contenitori parallelepipedi di acciaio inox, riempiti per via pneumatica tramite una apposita postazione di carico. Tali contenitori sono trasferiti, con carrelli elevatori, su apposite macchine rotatrici che li pongono in rotazione per alcune ore, fino al completamento della miscelazione. Al termine i contenitori sono trasferiti, sempre con carrelli elevatori, sulla macchina insaccatrice.

 

 


Fig. 64.Macchine rotatrici per contenitori (mettono in rotazione i contenitori parallelepipedi utilizzati per la miscelazione dei pigmenti). Si notino le recinzioni di protezione.

 

 

 


Fig. 65.Particolare delle macchine rotatrici per contenitori: vista posteriore dall’alto.

 

 

 


Fig. 66.Postazione di carico per via pneumatica dei contenitori parallelepipedi da utilizzare per miscelare i pigmenti mediante il loro posizionamento sulle macchine rotatrici.

 

 

 

 


Fig. 67.Macchina insaccatrice dei pigmenti finiti prelevati per gravità dai contenitori parallelepipedi; questi ultimi sono posizionati sulla macchina insaccatrice dopo la miscelazione ottenuta con le macchine rotatrici.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Polverizzatrice (o setacciatrice)

La macchina ha lo scopo di ridurre il pigmento ai minimi termini e di dimensionare in maniera quanto più omogenea possibile le particelle di pigmento (da 10 a 20 micron). È essenzialmente costituita da un recipiente nel quale operano due cilindri contrapposti che macinano finemente il materiale fino all’ottenimento del prodotto finito. La macchina è posta su ruote per favorirne lo spostamento manuale.

 

Insaccatrice

Si tratta di una macchina utilizzata per trasferire in sacchi il contenuto della cisternetta mobile, la quale viene sollevata con un paranco, posizionandone la bocca di scarico in corrispondenza della tramoggia di carico della insaccatrice.

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.

 

Esposizione a polveri

descrizione

Il rovesciamento manuale delle teglie di pigmento essiccato comporta l’esposizione degli addetti a polveri di diversa tipologia e pericolosità a seconda dei vari tipi di pigmenti.

Altre causa di esposizione alle stesse polveri può essere l’eliminazione dei fogli usati di carta oleata quando sono utilizzati per rivestire le teglie prima di ogni riempimento con la barbottina.

S può avere esposizione anche durante il confezionamento e la movimentazione dei sacchi, in caso di rotture accidentali. Infine è da tenere in considerazione l’esposizione durante la manutenzione degli impianti.

danno atteso

Per i possibili danni vedere quanto riportato alla fase frantumazione relativa alla produzione di pigmenti.

interventi prevenzionistici

-          Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori. A tal proposito si ha notizia di uno stabilimento produttivo in Spagna dove è stata automatizzata l’operazione del rovesciamento delle teglie, le quali sono anche successivamente lavate, sempre in automatico (non si hanno informazioni riguardo alla depurazione delle acque di lavaggio).

-          Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.

-          Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.

-          Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.

-          I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

L’operatore movimenta le teglie svolgendo movimenti ripetuti e effettua la spinta manuale delle macchine polverizzatrici e delle cisternette mobili su ruote.

danno atteso

Disturbi muscolo scheletrici.

interventi prevenzionistici

Si può valutare la possibilità di dimensionare i vassoi di alluminio in formati tali che, una volta riempiti di materiale, non costituiscano un carico troppo pesante.

Per eliminare il movimento verso terra che l’operatore deve compiere ogni volta per sfilare i contenitori in basso della rastrelliera, è opportuno che le postazioni di lavoro siano corredate di una piattaforma, azionata da servomeccanismi oppure idraulica, in grado di sollevare tutta la rastrelliera portando le teglie ad altezza d’uomo e facilitando quindi le operazioni di trasferimento.

E’ opportuna una regolare manutenzione delle ruote delle polverizzatrici e dei supporti per le cisternette in modo da evitare che difetti o guasti delle ruote possano richiedere sforzi maggiori durante la spinta manuale.

E’ opportuno che le ruote siano dotate di dispositivi scansa-piede in modo da evitare rischi di schiacciamento durante la movimentazione.

Si raccomandano altresì i D.P.I. (scarpe, guanti, ecc…), pause e turnazione, informazione e formazione per gli operatori.

riferimenti normativi

-          Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

-          Norma UNI ISO 938

 

 

 


Fig. 68.Piattaforma sollevabile per favorire la movimentazione manuale delle teglie,  in modo da consentire all’operatore di mantenere la posizione eretta anche durante il prelievo delle teglie più in basso nella rastrelliera.


Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi lavoratori e di trasmissione del moto della polverizzatrice, se non adeguatamente protetti, possono comportare il rischio di presa e trascinamento, sia quando l’operatore svuota le teglie nella polverizzatrice, sia soprattutto durante la pulizia, regolazione e manutenzione della macchina.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

L’organo lavoratore e gli organi di trasmissione del moto del miscelatore devono essere segregati con ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco meccanico. Ove sia necessario mantenere la visibilità, possono essere eventualmente realizzate griglie o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti dell’addetto possano raggiungere le parti meccaniche in movimento.

Le macchine devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima della pulizia. Per le operazioni di pulizia, regolazione o manutenzione che dovessero richiedere l’avviamento della macchina con ripari rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera con avviamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando e che sia azionabile dall’operatore da una postazione nella quale sia ben visibile la zona operativa.

È opportuno adottare procedure di pulizia standardizzate e scritte.

Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore in questa fase lavorativa deriva principalmente dalla polverizzatrice, ma anche dalle macchine rotatrici e insacchettatrici.

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di ridurre il rumore alla fonte.

-          Effettuare la valutazione della esposizione personale dei lavoratori.

-          Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Lavoro in prossimità di carichi sospesi

descrizione

L’impiego di gru, carroponte o paranchi per trasportare la cisternetta ed assicurarne poi l’aggancio alla relativa flangia della macchina insaccatrice può comportare il rischio di caduta di carichi dall’alto. Inoltre, specie quando alla manovra partecipa più di un addetto, esiste il rischio di presa delle mani a contrasto tra le catene e di investimento da parte del carico dovuto alle oscillazioni che esso può compiere durante la sua movimentazione.

Particolare attenzione deve essere prestata nel caso siano eseguiti lavori straordinari (ad esempio di installazione o manutenzione) nei pressi del carroponte. Infatti, in un’azienda di un altro comparto produttivo, è recentemente accaduto un infortunio grave dovuto al fatto che, un lavoratore di una ditta esterna, mentre stava lavorando su un ponteggio mobile per l’installazione di un impianto di allarme, è caduto dall’alto perché urtato da un carroponte azionato da un lavoratore interno che non si era accorto della presenza del ponteggio mobile.

danno atteso

Ferite e contusioni con rischio di infortunio mortale.

interventi prevenzionistici

Il binario sul quale scorre il carroponte deve essere dotato di apposito dispositivo di fine corsa, per eliminare il rischio che la parte mobile possa cadere dal binario.

Per ridurre il rischio di investimento e schiacciamento da parte del carico, è necessario che si manovri in modo da ridurre le oscillazioni. Inoltre, sia chi manovra la gru (gruista), sia chi provvede alla imbracatura del carico, non si deve mai posizionare tra l’oggetto da sollevare ed eventuali ostacoli fissi.

Il gancio della gru deve essere dotato di chiusura di sicurezza o conformato in modo da garantire l’impossibilità della caduta accidentale del carico. In aziende di altri comparti sono accaduti diversi infortuni mortali proprio per la mancanza di questo semplice dispositivo di sicurezza.

Per evitare il rischio di urti è anche necessario che, quando non utilizzato, il gancio non sia mai lasciato ad altezza d’uomo e che l’ambiente di lavoro sia sufficientemente illuminato e dotato di illuminazione di emergenza. Anche la cabina di manovra della gru - carroponte deve essere provvista di illuminazione normale e di emergenza.

È necessario che l’apparecchio di sollevamento abbia portata idonea rispetto al peso pezzo da sollevare e venga sottoposto alle verifiche preventive e periodiche delle apparecchiature nel loro insieme o di loro parti (ad esempio le funi). Gli esiti degli accertamenti vanno riportati sull’apposito registro tenuto dall’azienda. In particolare, se la portata essa è superiore a 200 Kg., l’impianto è soggetto a denuncia e visita preventiva di primo impianto da parte di ISPESL, a controlli annuali da parte della A.S.L. (al fine di verificarne le condizioni di efficienza per quanto riguarda i dispositivi meccanici e di scorrimento), e verifiche trimestrali da parte di tecnici incaricati dall’azienda (riguardo le funi metalliche impiegate per il sollevamento dei carichi) da registrare sull’apposito libretto.

L’impianto di sollevamento deve essere utilizzato solo da personale appositamente formato e che indossi D.P.I., in particolare elmetto, scarpe di sicurezza con punta rinforzata, guanti.

In caso di lavori straordinari (ad esempio di installazione o manutenzione) che possano comportare la presenza di lavoratori in altezza nella zona operativa del carroponte è necessario verificare che i lavori siano eseguiti solo dopo avere bloccato il carroponte e aver segnalato i lavori in corso (ad esempio togliendo l’alimentazione al carroponte e apponendo sul quadro elettrico un avviso di non effettuare manovre). Nel caso i lavori straordinari siano eseguiti da ditte esterne è fondamentale il coordinamento tra i responsabili del servizio prevenzione e protezione delle due aziende.

 

 

APPALTI ESTERNI

 

In genere questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Emissioni in atmosfera

L’aria mista a polveri proveniente dall’impianto di aspirazione localizzata (sulle postazioni di polverizzazione e insaccamento dei prodotti in polvere) è inviata ad impianti di abbattimento corredati di filtri a maniche. I filtri a maniche sono soggetti a manutenzione periodica e se ne facilita il controllo mediante sensori automatizzati di pressione che rilevano in continuo il flusso prima e dopo il filtro.

 

Diffusione di rumore

Le macchine sopra descritte possono diffondere rumore all’esterno dello stabilimento produttivo con possibile disturbo agli eventuali insediamenti civili adiacenti. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili.

 


produzione pigmenti: depurazione acque per distillazione con pompa di calore

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

I volumi d’acqua impegnati nella produzione dei colori per ceramica sono in genere molto elevati: per far fronte al fabbisogno, le aziende attingono a pozzi propri o ad altre fonti di approvvigionamento e provvedono al riciclo di parte delle acque depurate.

Nel caso specifico della lavorazione di materie prime contenenti boro, fluoro e altri prodotti particolarmente inquinanti, le acque di risulta provenienti dal reparto pigmenti (diversamente dalle altre acque di processo che sono raccolte e convogliate mediante condotte fino all’impianto di trattamento chimico fisico dei reflui) sono indirizzate ad una cisterna fuori terra ove sono sottoposte a trattamenti specifici. Avviene una prima decantate in apposito silos, poi passano in altro serbatoio dove sono sottoposte a trattamento mediante flocculante, quindi arrivano ad un evaporatore sotto vuoto che, utilizzando una pompa di calore, fa avvenire l’evaporazione dell’acqua a 30 °C circa e la successiva condensazione del distillato. In questa maniera è possibile conseguire una serie di risultati interessanti:

-          sono recuperate parte delle materie prime destinate poi ad un successivo trattamento al fine di un loro reimpiego all’interno dello stesso ciclo produttivo;

-          l’acqua distillata prodotta dall’impianto è molto utile a livello di processo, ad esempio per l’eliminazione dei floruri dalla barbottina è sufficiente un numero inferiore di cicli di lavaggio trattandosi di acqua esente da sali disciolti;

-          una gestione consapevole e razionale delle risorse idriche impegnate.

 


Fig. 69.Vista d’insieme dell’impianto di depurazione acque provenienti dal reparto pigmenti.

 

 


ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Evaporatore sotto vuoto e pompa di calore

Si tratta di una apparecchiatura compatta che ha lo scopo di produrre acqua distillata a partire da reflui inquinati con un ridotto consumo energetico. È costituita da una pompa, generalmente ad anello liquido, che serve per creare il vuoto e da un circuito frigorifero dotato di compressore e relativo espansore.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Lavoro in postazione elevata

descrizione

Trattandosi di una fase totalmente automatizzata, il presidio umano si limita alla sostituzione giornaliera dei filtri a maniche, per manutenzione o controllarne il riempimento. I principali fattori di rischio per gli operatori interessati a questa fase del processo sono perciò quelli ascrivibili alle postazioni di lavoro su piattaforme sopraelevate

danno atteso

Lesioni traumatiche per caduta dall'alto (rischio di infortunio mortale).

prevenzione

Mettere in sicurezza l’accesso alle postazioni di lavoro sopraelevate, attrezzando le scale fisse con gradini stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, ecc… secondo quanto previsto dalle norme vigenti. A seconda delle situazioni può essere necessario impiegare adatti D.P.I. (scarpe antiscivolo, guanti, mascherine antipolvere).

Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio”, D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          D.Lgs. n. 626 del 1994.

 

Esposizione a prodotti chimici

descrizione

L’utilizzo dei prodotti chimici impiegati per il processo di depurazione può comportare l’esposizione degli addetti

danno atteso

Irritazioni cutanee e oculari.

interventi prevenzionistici

-          Esame delle schede di sicurezza e valutazione del rischio chimico.

-          Rispettare l’etichettatura prescritta evitando travasi in contenitori non etichettati.

-          Sistemi automatici di dosaggio, dotati di sistemi di contenimento contro eventuali sversamenti.

-          Dispositivi di Protezione Individuale.

-          Docce di emergenza con lavaocchi.

-          Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

-          D.M. 28/01/92

-          D. Lgs. 52/97

-          D.M. 04/04/97

-          D.M. 28/04/97

-          D.Lgs. 285 del 1998

 

 

 



Fig. 70.Particolare della piattaforma sulle vasche coperte dell’impianto di depurazione delle acque.

 

 

 


Fig. 71.Particolare delle vasche scoperte dell’impianto di depurazione delle acque derivanti dalle fasi di macinazione e di lavaggio nella produzione di un determinata tipologia di pigmenti. In primo piano la cisterna di decantazione, in secondo piano quella di flocculazione.

 



Fig. 72.Particolare dei filtri a maniche in ingresso alla pompa di calore per la distillazione a pressione ridotta dell’acqua dopo il processo di flocculazione.

 

 


Fig. 73.Particolare dello scarico dell’impianto di depurazione acque: a sinistra il decantato ed a destra il troppopieno.

 

APPALTI ESTERNI

 

Questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Sversamenti di prodotti chimici e di acque inquinate

In caso di inadeguatezza dell’impianto (mancanza di bacini di contenimento, dispositivi di troppo pieno non idonei, ecc…) di cattiva gestione dell’impianto o di incidenti, si possono verificare sversamenti di acque inquinate e/o dei prodotti chimici utilizzati per il trattamento delle acque.

E’ opportuno prevedere sistemi di contenimento e soluzioni impiantistiche idonee a prevenire tali rischi, attuare una corretta manutenzione preventiva e seguire procedure prestabilite per la corretta gestione dell’impianto in condizioni normali e di emergenza.

 


produzione fritte: Pesata automatica e miscelazione

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Il ricevimento delle materie prime per la produzione di fritte è stato trattato alla fase ingresso e stoccaggio materie prime.

Le materie prime, dai silos di stoccaggio, sono introdotti in una tramoggia, secondo una ricetta predefinita. L’operazione di dosaggio dei componenti è regolata totalmente in automatico tramite appositi sistemi computerizzati di controllo.

 

 


Fig. 74.Sistema di controllo dei flussi di materie prime per la produzione di fritte.

 

Nella parte bassa dei silos, le materie prime sono mantenute in movimento attraverso gorgogliamento di aria compressa in corrispondenza della bocca di prelievo; in questa maniera si evita la formazione di tappi che potrebbero ostruire le tubazioni.

Sotto ogni silos è presente una tubazione connessa direttamente alla tramoggia che è posta al di sotto dei silos, la quale, a sua volta, è collegata ad una bilancia posizionata in un vano al di sotto del piano del pavimento. Il trasferimento della materia prima dai silos alla tramoggia avviene per gravità e con l’ausilio di aria compressa.

Per aggiunta di piccole quantità è presente una postazione di carico manuale nella quale le materie prime sono introdotte dagli addetti tramite sacchi di carta.

Dalla bilancia che misura il dosaggio dei quantitativi previsti, la miscela finisce per gravità entro un miscelatore di circa 1 m3 di capacità. Al suo interno, i vari ingredienti subiscono un processo di amalgama fino a quando, sotto la spinta dell’aria compressa, sono inviati al silos di carico del forno (vedere la fase fusione).

Si tratta di una fase lavorativa prevalentemente automatizzata che richiede solo una supervisione da parte degli operatori.



Fig. 75.Parte inferiore dei silos delle materie prime, con fondi vibranti per favorire la fuoriuscita del prodotto ed evitare la formazione di blocco di materiale o “ponti” all’interno dei silos.

 


Fig. 76.Tramoggia di carico delle materie prime derivanti dai silos.


ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Mescolatore rotante

Ha lo scopo di mescolare le materie prime prelevate dai silos prima di inviarle al silos di servizio utilizzato per il caricamento del forno. Si tratta di un cilindro rotante orizzontale, posto sotto alla tramoggia-bilancia, al piano inferiore a quello del suolo, al quale si accede tramite una scala e relativo ballatoio. La rotazione è ottenuta tramite un sistema di rulli motori contrapposti ad un apposito anello posto intorno al cilindro. 

 


Fig. 77.  Mescolatore posto al di sotto della bilancia (al di sotto del pavimento).

 

 

Sistema di trasporto pneumatico

Le materie prime mescolate sono inviate al silos di servizio per il caricamento del forno, mediante una tubazione collegata ad un propulsore pneumatico.

 

 

 

 


     
Fig. 78.  Propulsore ad aria compressa per il trasferimento delle materie prime dal mescolatore ai silos di alimentazione dei forni per la produzione di fritte.

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a polveri

descrizione

L’esposizione a polveri in questa fase lavorativa, prevalentemente automatizzata, è dovuta alle aggiunte manuali di piccole quantità di materie prime tramite il rovesciamento di sacchi in una tramoggia di carico. I prodotti aggiunti manualmente sono in genere carbonato di litio e carbonato di potassio.

danno atteso

I prodotti in polvere utilizzati variano a seconda del tipo di fritta che si intende produrre, di conseguenza anche i rischi di esposizione a polveri sono da valutare in relazione alla pericolosità dei vari componenti ed alle modalità di utilizzo (vedere in particolare la fasi pesata e miscelazione materie prime relativamente alle linea produttiva delle fritte).

Il carbonato di litio è classificato nocivo (Xn).

Il carbonato di potassio è classificato nocivo (Xn).

interventi prevenzionistici

-          Esame delle schede di sicurezza dei prodotti utilizzati.

-          Valutare la possibilità di sostituire le materie più pericolose con altre meno pericolose.

-          Valutare la possibilità di meccanizzare l’operazione.

-          Presenza di impianto di aspirazione localizzata sulla tramoggia di carico manuale. Valutare la possibilità di installare sistemi di vuotatura dei sacchi e di raccolta dei sacchi vuoti entro box chiusi e aspirati (vedere la foto e la descrizione riportata alla fase pesata manuale e miscelazione materie prime relativa alla produzione dei pigmenti).

-          Indossare D.P.I. (maschera, guanti, grembiuli, ecc…).

-          Non bere, fumare o mangiare durante il lavoro e rispettare le norme igieniche.

-          Presenza di armadietti a doppio scomparti per separare gli abiti civili da quelli di lavoro.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 


Fig. 79.Tramoggia dotata di aspirazione localizzata per l’aggiunta manuale di materie prime per la produzione di  fritte.

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore in questa fase è dovuto prevalentemente al sistema di trasporto pneumatico delle materie prime. Inoltre, qualora si intasi il materiale all’interno dei silos o della tramoggia, gli addetti attivano i vibratori di cui sono dotati i fondi dei suddetti contenitori, oppure intervengono manualmente colpendo i contenitori con un martello.

stima

Da rilevazioni effettuate in aziende del comparto sono stati evidenziati i seguenti valori:

-          utilizzo del martello per scuotere la tramoggia della bilancia: Leq = 84,4 dB(A), L max = 109,7 dB(A);

-          impianto di travaso dei materiali sfusi dai silos nella tramoggia con vibratore della tramoggia in funzione: Leq = 91,6 dB(A), L max = 96,1 dB(A), L picco = 112,6 dB(A);

-          locale al piano interrato dove sono posizionati i miscelatori e propulsori: Leq = 89,8 dB(A),      L max = 98,1 dB(A).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore durante gli interventi di manutenzione può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

prevenzione

E’ opportuna una corretta organizzazione del lavoro in modo da minimizzare l’esposizione e insonorizzare la cabina dei sistemi di controllo computerizzati dove stazionano gli addetti.

Per evitare e/o risolvere intasamenti nei silos e nella tramoggia, piuttosto che interventi manuali con il martello per battere sulle superfici metalliche dei contenitori dall’esterno, sono da preferire contenitori dotati di sistemi vibratori opportunamente progettati (frequenza delle vibrazioni scelta non solo in base all’efficacia di scuotimento, ma anche del livello di rumore prodotto).

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Lavoro in altezza

descrizione

Alcune regolazioni e/o lavori di manutenzione del sistema di trasporto pneumatico delle materie prime e l’eventuale necessità di intervenire manualmente per sbloccare la materia prima quando, all’interno del silos, essa si compattata non riesce più a fluire regolarmente, possono richiedere interventi manuali in altezza. A tale scopo sono talvolta utilizzate scale portatili e ciò può comportare il rischio di caduta dall’alto.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

prevenzione

È opportuno valutare la possibilità di adottare tutte le misure organizzative e tecnologiche volte ad evitare o ridurre la necessità di eseguire lavori in altezza.

L’addetto che opera in altezza deve poter svolgere il suo lavoro in sicurezza; ad esempio, in caso l’operazione sia eseguita con scala portatile, il lavoratore deve indossare una cintura di sicurezza o imbracatura adeguatamente fissata ad idonei punti di ancoraggio fissati alle superfici metalliche delle parti da ispezionare oppure a cavi metallici opportunamente tesi in altezza; anche la scala portatile deve essere a norma di sicurezza, marchiata CE e dotata di sistemi che ne impediscano la caduta o lo scivolamento (ad esempio rampini di ancoraggio, basi di appoggio al pavimento con rinforzi in gomma antiscivolo, ecc...).

Nel caso in cui alle parti in altezza si acceda tramite una struttura fissa di accesso con scale e passerelle, esse devono essere stabilmente fissate, realizzate in materiale antiscivolo (ad esempio grigliato metallico), dotate di parapetti e fasce fermapiedi.

riferimenti normativi

-          Art. 386 “Cinture di sicurezza”, D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio”, D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Norma UNI EN 361 del 30.11.93 “Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto. Imbracature per il corpo”. Specifica i requisiti, i metodi di prova, le istruzioni per l'uso, la marcatura e l'imballaggio per le imbracature per il corpo. Altri tipi di supporti per il corpo sono definiti nella EN 358. I dispositivi anticaduta sono specificati nella EN 263.

-          UNI EN 363 del 31.12.93 “Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto. Sistemi di arresto caduta”. Specifica la terminologia e i requisiti generali per i sistemi di arresto caduta che servono da dispositivo di protezione contro le cadute dall'alto. Fornisce inoltre gli esempi su come si possono collegare componenti o gruppi di componenti a un sistema di arresto caduta. Questi esempi dovrebbero consentire all'acquirente o all'utilizzatore di montare tutti i componenti in modo corretto e di costruire un sistema di arresto caduta.

-          UNI EN 795 del 01.05.98 “Protezione contro le cadute dall'alto - Dispositivi di ancoraggio - Requisiti e prove”. Specifica i requisiti, i metodi di prova e le istruzioni per l'uso e la marcatura di dispositivi di ancoraggio progettati esclusivamente per l'uso con dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto.

-          D.Lgs. n. 626/94 e s.m.i.

 


Fig. 80.  Particolari impiantistici al di sotto dei silos delle materie prime per la produzione di fritte.

 

Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

In genere il rovesciamento dei sacchi contenenti le materie prime è effettuato manualmente da 2 operatori. I sacchi pesano circa 25 - 30 Kg.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

prevenzione

Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati opportuni ausili meccanici (apparecchi di sollevamento, ecc...). La soluzione più idonea risulta comunque essere l’adozione di impianti automatizzati per il dosaggio, la miscelazione e il trasporto dei preparati.

riferimenti normativi

-          Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-          Norma UNI ISO 938

 

Lavoro ai videoterminali

descrizione

Nel corso della fase di pesatura ed invio composizione ai silos di caricamento, il personale sovrintende alle operazioni attraverso una consolle di calcolatori di processo dedicati che, mediante il via libera dato da una chiave elettronica, indirizzano lo smistamento solo verso il serbatoio di rifornimento autorizzato. Tutto il processo è asservito da controllo computerizzato: tale accorgimento raggiunge il duplice scopo di ridurre in maniera considerevole da un lato i pericoli di esposizione per gli addetti e dall’altro errori dell’operatore.

In alcune aziende del comparto, gli addetti ai sistemi di controllo di pesata e miscelazione delle materie prime possono trascorrere un tempo significativo davanti ai videoterminali.

Il lavoro continuativo al videoterminale, anche in presenza di una postazione di lavoro correttamente progettata, comporta le seguenti condizioni di rischio: impegno visivo ravvicinato, protratto e statico; fissità della posizione seduta, abuso della mano e dell'avambraccio nella digitazione.

danno atteso

Disturbi da affaticamento visivo, irritazioni cutanee ed oculari, disturbi muscoloscheletrici in particolare a carico del polso, fatica mentale.

interventi prevenzionistici

Garantire un idoneo livello di illuminamento dello schermo e dell’ambiente di lavoro eliminando abbagliamenti o riflessi.

Garantire una postura corretta della schiena, degli arti superiori e delle gambe.

Effettuare pause di riposo.

Mantenere un adeguato microclima nell’ambiente di lavoro.

Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori che utilizzano in modo sistematico o abituale, una attrezzatura munita di videoterminale per almeno 20 ore settimanali (dedotte le pause).

È opportuno che i lavoratori che sovrintendono ai sistemi di controllo computerizzato del funzionamento dell’impianto possano operare dall’interno di una postazione cabinata opportunamente climatizzata e insonorizza e protetta dalle polveri.

riferimenti normativi

-          Tit. VI e All. VII del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 così come modificato dalla Legge Comunitaria del 2000 (Legge n.422 del 29.12.2001).

-          D.M.L. del 02.10.2000 "Linee guida d'uso dei videoterminali" (Attuazione dell'Art. 56 del D.Lgs. n.626/94 e s.m.i.).

-          Circolare n.16 del 25.01.2001 del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale “Modifiche al titolo VII del D.Lgs. n. 626/1994 – Chiarimenti operativi in ordine alla definizione di lavoratore esposto e sorveglianza sanitaria”.

-          Norme U.N.I. 7367, 9095, 7498.

 


APPALTI ESTERNI

 

Questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Diffusione di rumore

Le macchine sopra descritte possono diffondere rumore all’esterno dello stabilimento produttivo con possibile disturbo agli eventuali insediamenti civili adiacenti. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili.

 

 


produzione fritte: FUSIONE e RAFFREDDAmento colata

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Così come la pesata e il dosaggio descritti alla fase precedente, l’operazione di carico della miscela nel serbatoio di stoccaggio che alimenta il forno fusorio prescelto è regolata da sistemi computerizzati di controllo; ciò permette anche di evitare errori in fase di caricamento, in quanto una chiave elettronica consente il rifornimento del solo forno abilitato.

I forni fusori sono alimentati da una miscela aria-metano arricchita con ossigeno liquido per raggiungere le elevate temperature di esercizio necessarie (1200-1500 °C).

Il caricamento del forno avviene dall’alto per gravità, infatti il silos di caricamento è posto ad una quota maggiore di quella alla quale è posta il forno.

 


Fig. 81.Silos di servizio per il caricamento in forno della miscela di materie prime.

 

All’interno del forno ha luogo un processo di fusione che avviene in maniera continua secondo la tecnica del letto fluido. All’uscita, la massa fusa è scaricata per gravità.

 

Talvolta alla bocca di colata, il materiale fuso può dare luogo alla formazione di grumi i quali, fermandosi alla bocca,  ostruiscono parzialmente il deflusso della colata. Ciò richiede l’intervento dell’operatore, mentre per il resto questa fase lavorativa è prevalentemente automatizzata e gli addetti effettuano solo la supervisione.

I grumi alla bocca di colata possono essere causati da una miscela non fusa a sufficienza, magari per un non adeguato preriscaldamento del forno, che fa giungere il materiale all’uscita ad una temperatura leggermente più bassa di quella richiesta

Per rimuovere i grumi l’addetto interviene salendo su un’apposita piattaforma e, armato di una lunga pertica munita di lama, libera il foro di uscita del forno da ostruzioni o tappi.

Per ridurre la formazione di grumi durante la colata talvolta alla bocca dei forni sono poste fiaccole a gas allo scopo di tenere alta la temperatura e quindi mantenere fluido il materiale in uscita.

 

La fase che più di ogni altra caratterizza la produzione di fritte è costituita dal sistema scelto per il raffreddamento della massa fusa all’uscita del forno. Possono infatti essere impiegati due diversi processi di raffreddamento della colata (a secco oppure a umido).

 

Il raffreddamento a umido può avvenire o per caduta in acqua o per investimento della colata da parte di un getto d’acqua fredda che provoca la formazione delle fritte in forma di granuli; le fritte formate, insieme all’acqua, sono raccolte in canalette vibranti le quali sono conformate in modo da raccogliere l’acqua facendola uscire dalla parte bassa della canaletta verso un pozzetto collegato ad un sistema raffreddamento a ciclo chiuso, mentre le fritte - grazie alle vibrazioni - avanzano lungo la canaletta fino a cadere nei contenitori di raccolta (cisternette mobili su ruote o cassonetti predisposti per essere movimentati con carrelli elevatori).

 

Il materiale così ottenuto è definito “umido” per la percentuale di acqua residua contenuta, intorno al 4-5%. Il risultato finale, di colore chiaro, è destinato prevalentemente al settore delle mattonelle.

 

Il raffreddamento a secco consente di ottenere un tipo di fritta “secca” ossia senza acqua residua contenuta. Per ottenere questo prodotto, il fuso è fatto passare attraverso due cilindri con sistema idrico interno a circuito chiuso che raffreddano la massa liquida, riducendola ad una lastra di pochi mm di spessore. Questa macchina è detta laminatoio.

Una macchina frantumatrice posizionata sotto il laminatoio provvede a mutare in scaglie la sottile lastra in uscita dai cilindri.

Il completamento del raffreddamento delle fritte secche avviene in genere mediante apposite torri, all’uscita delle quali le fritte sono direttamente inviate al confezionamento.

Le fritte in scaglie, ottenute con raffreddamento a secco, sono impiegate nel settore degli elettrodomestici per smaltare i forni, i piani di cottura ed i materiali ferrosi in generale.

 

Il sistema di raffreddamento delle fritte mediante laminatoio riduce i volumi d’acqua necessari, oltre a costituire un guadagno tecnologico di processo in quanto la laminazione non implica il trattamento dei reflui.

 

 


   
Fig. 82.  Colata dal forno fusorio con bocca riscaldata con fiaccole a metano e colata raffreddata ad acqua .  

 

 


 

Fig. 83.  Uscita dalla canaletta vibrante delle fritte umide (in granuli), raccolte in un cassone metallico.



Fig. 84.In primo piano: cisternetta mobile su ruote per fritte raffreddate ad acqua. Sullo sfondo: forno fusorio con colata raffreddata ad acqua e scarico fritte in contenitore predisposto per essere trasportato con robot elevatore.

 

 


Fig. 85.  Colata in canaletta vibrante per il raffreddamento ad acqua e scarico delle fritte umide.



Fig. 86.  Forno fusorio per fritte, dotato di sistema per il recupero di calore per il preriscaldamento dell’aria comburente. Si noti nella parte inferiore il sistema basculante per inclinare il forno per facilitare la colata.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Forni fusori

Si tratta di parallelepipedi metallici rivestiti internamente con blocchi di refrattario in cui avviene la fusione delle materie prime in modo continuo. L’alimentazione avviene tramite silos di caricamento metallici posti in testa al forno. I forni, nella parte inferiore, sono  dotati di una bocca di uscita attraverso la quale il materiale fuso fuoriesce per gravità. La combustione è alimentata tramite una miscela gassosa di metano ossigeno, la cui regolazione avviene mediante flussimetri posti al piano terra.

 

Piattaforme sopraelevate

Sono postazioni sopraelevate nella vicinanza dell’uscita dal forno utilizzate dagli addetti incaricati della rimozione dei grumi che possono ostruire lo scarico del materiale fluido.

 

Laminatoio

Si tratta di una scatola metallica dove il materiale fuso è fatto passare attraverso due cilindri contrapposti raffreddati internamente grazie ad un sistema a circuito chiuso. In uscita la fritta si presenta come una lamina continua che viene poi disgregata entro una macchina frantumatrice. In quest’ultima il materiale viene sminuzzato e ridotto alle dimensioni volute. Il completamento del raffreddamento avviene entro la torre di raffreddamento.

 

Torre di raffreddamento per fritte prodotte con laminatoio

Si tratta di una colonna chiusa e all’interno della quale viene fatta circolare aria e che contiene una canaletta a forma di spirale senza fine con raffreddamento interno ad acqua. Il materiale in uscita dal laminatoio è trasportato tramite una canaletta vibrante verso l’ingresso della spirale che avviene dal basso, mentre l’uscita del materiale raffreddato avviene dall’alto e per essere inviato direttamente verso lo stoccaggio in silos o il confezionamento in sacchi.

 


Fig. 87.  Torre di raffreddamento delle fritte secche uscite dal laminatoio.

 

 



Fig. 88.  Particolare della torre di raffreddamento per fritte secche. Si noti la canaletta interna a forma spirale (vite senza fine).

 

 

 

 


Fig. 89.Ingresso delle fritte secche nella torre di raffreddamento, tramite canaletta vibrante.

 



Fig. 90.  Flussimetri per il controllo dei forni.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti.

 

Microclima sfavorevole, superfici calde, materiale incandescente, acqua calda, fiamme libere

descrizione

Il lavoro in prossimità dei forni espone gli addetti a microclima sfavorevole e alla possibilità di contatto con superfici calde (pareti dei forni, ecc…), fiamme libere (fiaccole per riscaldare la bocca dei forni) e materiale fuso che cola dal forno, specie in caso di intervento per rimuovere grumi di colata alla bocca dei forni. Anche l’operazione di accensione delle fiaccole utilizzando l’accendino può comportare per gli addetti il rischio di ustioni.

L’acqua utilizzata per il raffreddamento della colata può essere causa di ustioni. Ad esempio in una azienda del comparto è accaduto un infortunio ad un operaio che, mentre spostava una canaletta vibrante dove la colata è raffreddata ad acqua, è stato investito dal getto di acqua calda e si è procurato una ustione di 2° grado al piede.

Il disagio dovuto al microclima caldo può essere aggravato nella stagione estiva. Qualora il personale si sposti dal reparto forni agli altri reparti, può essere esposto a sbalzi di temperatura specie durante la stagione invernale.

danno atteso

Sono possibili ustioni per contatto accidentale con superfici calde, acqua calda, fiamme libere, materiale fuso; difficoltà respiratorie, stress termico, osteoartropatie dovute al microclima sfavorevole. Gli sbalzi di temperatura possono essere causa di malattie da raffreddamento e osteoarticolari.

interventi prevenzionistici

-          Progettare adeguatamente il posto di lavoro e limitare ai soli addetti l’accesso alla zona operativa.

-          Valutare la possibilità di adottare procedure e sistemi di controllo tali da prevenire la formazione di grumi alla bocca del forno.

-          Proteggere con schermi anticalore la postazione sopraelevata dalla quale opera l’incaricato alla rimozione dei grumi dalla bocca del forno. È opportuno che l’addetto alla rimozione dei grumi utilizzi strumenti sufficientemente lunghi in modo da operare da dietro lo schermo a distanza di sicurezza contro possibili schizzi di materiale fuso.

-          Coibentare le superfici calde, specie quelle con le quali gli addetti possono venire a contatto.

-          Per l‘accensione delle fiaccole possono essere adottati sistemi di accensione semiautomatica (accensione piezoelettrica).

-          Adottare procedure operative corrette (ad esempio evitare di spostare la canaletta vibrante mentre è  la colata è raffreddata ad acqua, per evitare il rischio che l’acqua calda possa investire gli addetti).

-          Indossare D.P.I. (elmetto con visiera anticalore, guanti anticalore e indumenti protettivi adeguati ignifughi e non svolazzanti).

-          Corretta organizzazione del lavoro, turnazione, pause in locali di ristoro climatizzati, possibilità di bere spesso bevande fresche arricchite di sali minerali.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-          Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303/56.

-          Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.

 

 

 


Fig. 91.  Particolare del raffreddamento ad acqua della colata e caduta delle fritte umide nella cisternetta mobile posta  al termine della canaletta vibrante.

 



Fig. 92.  Particolare delle fiaccole per riscaldare la bocca di colata e dello scarico dell’acqua utilizzata per il raffreddamento della colata.

 

Esposizione a radiazioni luminose e infrarosse

descrizione

Gli addetti alla conduzione dei forni e alla sorveglianza del corretto funzionamento sono esposti a radiazioni luminose e infrarosse emanate dal materiale fuso, specie durante gli interventi di rimozione dei grumi dalla bocca del forno.

danno atteso

L’esposizione a radiazioni luminose e infrarosse può provocare irritazione agli occhi, congiuntiviti, cataratta da calore e stress da affaticamento visivo.

interventi prevenzionistici

Per la protezione dalle radiazioni luminose infrarosse è necessario l’utilizzo di schermi alle bocche di colata dei forni, indossare D.P.I. (visiere, occhiali) ed una adeguata organizzazione del lavoro. E’ importante l’informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.303 del 1956 e s.m.i.

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a fumi e vapori di prodotti chimici

descrizione

Il processo di fusione produce fumi dovuti alla combustione del metano e ai vapori dei materiali fusi. Anche le fiamme libere delle fiaccole usate per riscaldare la bocca dei forni producono fumi di combustione in particolare ossidi di azoto.

danno atteso

Irritazione delle vie respiratorie. Danni specifici sono possibili in relazione alla pericolosità delle materie introdotte in forno e alla relativa esposizione dei lavoratori ai fumi e vapori derivanti dal bagno fuso.

interventi prevenzionistici

-          Impianti di aspirazione localizzata e adeguato ricambio d’aria naturale o forzato dell’ambiente di lavoro.

-          Utilizzare le fiaccole per il tempo strettamente necessario. E’ opportuno evitare la pratica comune di tenere accesa la fiaccole per scaldare l’ambiente di lavoro nei mesi invernali (il riscaldamento deve essere garantito tramite adeguati sistemi quali termoconvettori, ecc…).

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Conduzione di apparecchiature a gas

descrizione

L’utilizzo dei forni a gas e delle fiaccole può comportare il rischio di fughe di gas combustibile ed esplosione - incendio, oltre alla possibile esposizione degli addetti ai prodotti di combustione.

danno atteso

Sono possibili intossicazioni per inalazione di gas. Ustioni, lesioni traumatiche ed intossicazioni in caso di incendio – esplosione, con danni alla salute dei lavoratori per causa diretta (sovrapressione) o indiretta (cedimento strutturale).

interventi prevenzionistici

-          Per ridurre il rischio è necessario che vengano effettuate verifiche periodiche su tutto l'impianto a gas. A fine turno di lavoro è bene chiudere il rubinetto generale di erogazione del gas. Sono necessari dispositivi che interrompano l’erogazione del gas in caso di spegnimento della fiamma. E’ importante che il sistema automatico di accensione sia controllato onde evitare l'innesco ritardato che potrebbe determinare una esplosione. È opportuno installare rivelatori automatici di gas (tarati ad una opportuna concentrazione frazione del limite inferiore di infiammabilità), collegati al sistema di allarme e ad elettrovalvole del tipo normalmente chiuse (in mancanza della alimentazione elettrica) installate sulle tubazioni del gas.

-          È opportuno che le fiaccole siano dotate di un dispositivo di sicurezza che, grazie ad una termocoppia, impedisca la fuoriuscita accidentale del gas se la fiaccola si spegne, evitando così il rischio della formazione di miscele esplosive. Allo scopo è anche necessario che i tubi flessibili che collegano il rubinetto della tubazione fissa del gas alla fiaccola siano controllati prima di ogni utilizzo, in quanto possibili deterioramenti possono essere causa di fughe di gas. È opportuno chiudere il rubinetto della tubazione fissa ogni qual volta si finisce di utilizzare la fiaccola. Al fine di ridurre il rischio di ustioni è opportuno che le fiaccole siano dotate di sistemi di accensione piezoelettrica con attivazione a pulsante, in modo da evitare che gli addetti debbano utilizzare accendini manuali.

-          E’ fondamentale la informazione e la formazione dei lavoratori e la conduzione del forno dovrebbe essere consentita esclusivamente a personale specializzato.

riferimenti normativi

-          Normativa generale antincendio.

-          Norme UNI-CIG.

-          Per i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si applica il D.M.I. del 31.03.1984, mentre per quelli di capacità superiore a 5 m3 si applica il D.M.I. del 13.10.1994.

 

Lavoro in postazioni sopraelevate

descrizione

Durante la salita, la discesa o nel corso delle varie operazioni condotte su piattaforme sopraelevate, tra le quali la rimozione dei grumi che si possono formare alla bocca dei forni fusori, sono possibili cadute dall’alto.

danno atteso

Lesioni traumatiche, con rischio di infortuni gravi o mortali.

prevenzione

Predisporre accessi sicuri alle postazioni in altezza con gradini stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, parapetto mobile per la protezione dell’apertura dal ballatoio verso la scala di accesso,  come prescritto dalle norme vigenti.

Verificare periodicamente il buono stato strutturale dei piani di calpestio e dei parapetti di sicurezza, specie quando realizzati in materiale metallico soggetto ad azione deteriorante da parte degli agenti atmosferici.

Le zone di passaggio devono essere mantenute libere da ostacoli e materiali e periodicamente pulite. In caso di eventuali fuoriuscite di materiali è opportuno installare sistemi di pulizia pneumatica industriale quali impianti centralizzati per aspirare grandi quantità di materiale polveroso o granulare. Si ricorda che camminare su cumuli di polvere può anche essere causa di caduta per scivolamento.

Gli addetti che accedono all’impianto devono indossare scarpe di sicurezza con suola antiscivolo.

Particolare attenzione deve essere posta in caso di lavori di manutenzione. Ad esempio, a seconda delle situazioni, può essere necessario indossare una imbracatura con sistema di trattenuta che impedisca la caduta d'alto. Per portare in quota materiali e attrezzature è opportuno utilizzare idonei sistemi di sollevamento. Segnalare, delimitare, impedire l’accesso e sorvegliare la zona a terra corrispondente a quella dove avvengono operazioni in quota. Il personale a terra deve indossare l’elmetto di protezione della testa. Le operazioni devono avvenire sotto la sorveglianza del preposto.

L’accesso di eventuali visitatori alle zone di attività deve essere organizzato e regolamentato (esempio: dotare i visitatori di D.P.I., farli accompagnare, ecc…).

riferimenti normativi

-          Art. 386 “Cinture di sicurezza”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Norme UNI EN 361, 363, 795

-          All. IV, part B, sez. II Direttiva CEE/CEEA/CE n. 57 del 24.06.1992: "Direttiva del Consiglio del 24 giugno 1992 riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)."

-          D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a rumore

descrizione e stima

I bruciatori di più forni in continua operatività, la presenza di fiamme libere e le canalette vibranti per l’avanzamento delle fritte in raffreddamento produce un livello di rumore ambientale elevato, che in genere è superiore a 85 dB(A) e può arrivare intorno ai 90 dB(A).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di ridurre il rumore alla fonte, anche grazie ad una frequente ed accurata manutenzione dei macchinari presenti. In caso di modifiche, di impianti o attrezzature è opportuno effettuare una valutazione preventiva del livello di rumorosità conseguente la realizzazione. Qualora sia stato deliberato l’acquisto di nuovi macchinari è necessario valutare con attenzione il tipo di emissione acustica dichiarato dal costruttore, cercando di orientare la scelta verso macchinari meno rumorosi possibile.

-          Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche mediante turnazione e limitando l’accesso nel reparto ai non addetti a tale lavorazione.

-          Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi).

-          Delimitare e segnalare la zona rumorosa.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

 

APPALTI ESTERNI

Questa fase non è appaltata

 

IMPATTO ESTERNO

 

Emissioni in atmosfera

La fusione per la produzione di fritte nei forni alimentati a metano produce ossidi di azoto e di carbonio, anidride carbonica, altri gas e polveri derivanti dalle materie fuse.

Questa fase del ciclo lavorativo può rappresentare un significativo impatto per l’ambiente, pertanto prima del rilascio in atmosfera gli inquinanti devono essere sottoposti ad abbattimento. In alcune aziende ciò è realizzato tramite torri di neutralizzazione con calce e filtri a maniche (previo raffreddamento in scambiatori di calore ad aria).

Una riduzione delle emissioni può essere ottenuta con l’adozione di forni fusori alimentati a corrente elettrica (a cielo freddo); tale tecnologia è utilizzata nel comparto delle cristallerie/vetrerie.

 


produzione fritte: stoccaggio in silos delle fritte prodotte

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Lo stoccaggio delle fritte è differenziato in dipendenza della tipologia di fritta, dal quantitativo ordinato, oppure del fatto si tratti di un prodotto finito (destinato al mercato) o si tratti invece di un semilavorato (destinato a far parte della formulazione di composti ceramici).

Qualora per le fritte prodotte non sia previsto un impiego immediato, le fritte sono stoccate in silos.

Ad esempio in una azienda del comparto i contenitori metallici da 500 Kg (dove si raccolgono le fritte in uscita dalla macchina frantumatrice) sono prelevati da un carrello elevatore robotizzato che li trasferisce su una rulliera dalla quale passano su un montacarichi fino ad un sistema di trasporto al di sopra dei silos. Il contenitore viene fatto scaricare nel silos prescelto per poi seguire il percorso inverso fino a tornare sulla rulliera dalla quale viene nuovamente prelevato dal robot che lo pone in uscita alla macchina frantumatrice per il nuovo riempimento. Tutta la movimentazione dei contenitori come sopra descritto è completamente automatizzata tramite un sistema computerizzato che gli addetti sovrintendono da una apposita sala di controllo.

In un’altra azienda del comparto invece le fritte sono raccolte in cisternette mobili su ruote

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Carrello elevatore robotizzato

Si tratta di un carrello elevatore a trazione elettrica il cui movimento è completamente automatico e controllato da un sistema computerizzato a guida laser, dotato di dispositivi di sicurezza contro gli urti accidentali. Il carrello è dotato di forche per il sollevamento dei contenitori metallici utilizzati per raccogliere le fritte all’uscita della macchina frantumatrice.

 

Rulliere per contenitori

Si tratta di un sistema di rulli motorizzati dedicati alla traslazione orizzontale dei contenitori metallici utilizzati per raccogliere le fritte all’uscita della macchina frantumatrice. Può essere costituita da una struttura a due piani, dei quali uno può essere dedicato ai contenitori pieni in partenza verso i silos di stoccaggio e l’altro dedicato ai contenitori che tornano vuoti.

 

Montacarichi per contenitori

Si tratta di una montacarichi appositamente predisposto per il sollevamento dei contenitori metallici utilizzati per raccogliere le fritte all’uscita della macchina frantumatrice. Una incastellatura metallica sostiene le guide entro le quali si muove verticalmente il supporto che movimenta il contenitore.  L’elevatore costituisce il collegamento tra il sistema di trasposto dei contenitori posto sulla sommità dei silos di stoccaggio e la rulliera che si trova a quota del pavimento (o comunque, in caso di rulliera a due piani, ad una quota accessibile dal carrello elevatore robotizzato).

 

Cisternette di raccolta

Contenitori di acciaio inox destinati a raccogliere le fritte in arrivo dalla canaletta di raffreddamento a umido.

 

Silos di stoccaggio

Contenitori verticali in metallo o in legno nei quali avviene lo stoccaggio del prodotto finito. Hanno in genere una capacità di 21.000 litri, sono dotati di boccaporto superiore dal quale si effettua il caricamento e di un boccaporto inferiore dal quale avviene il prelevamento. I silos sono in genere ricoverati all’interno di capannoni. Come materiale costituivo dei silos alcune aziende preferiscono il legno per evitare che l’attrito con le fritte possa determinare la contaminazione del prodotto con metalli o ossidi di metalli.

 

 


Fig. 93.Robot elevatori in posizione di riposo nel reparto fusione e colata. 

 

 


Fig. 94.Robot elevatore durante il prelevamento del contenitore delle fritte in granuli.

 

 


    

Fig. 95.Rulliera a due piani per l’invio dei contenitori all’elevatore di carico dei silos di stoccaggio delle fritte.

 

 


Fig. 96.Robot elevatore in fase di deposito di un contenitore sulla rulliera.

 

 


Fig. 97.  Elevatore dei contenitori delle fritte per il carico dall’alto dei silos di stoccaggio.

 

 


    

Fig. 98.  Vista d’insieme dei silos di stoccaggio delle fritte. Si notino a sinistra la rulliera e l’elevatore.

 



Fig. 99.  Altro sistema (alternativo al precedente) per il caricamento dei silos: le fritte sono versate in una tramoggia grigliata; le fritte sono portate in altezza grazie ad un elevatore a tazze (si noti la struttura metallica verticale) e scaricato nei silos grazie ad un nastro trasportatore a posizionamento variabile.

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

I robot elevatori, in caso di avaria dei dispositivi di sicurezza, possono comportare per gli addetti il rischio di investimento.

Le rulliere possono comportare il rischio di scivolare e cadere se gli addetti ci salgono sopra. Particolare attenzione deve essere seguita in caso di manutenzione. In caso di entrata in funzione della rulliera o del montacarichi mentre un addetto sta svolgendo un intervento di manutenzione sono possibili infortuni gravi, anche mortali, per schiacciamento tra le parti fisse e le parti mobili.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

-          Contro il rischio di investimento da parte dei robot elevatori normalmente gli stessi sono  provvisti sia di dispositivi di segnalazione ottico-acustica che ne preannunciano e accompagnano il movimento, sia di dispositivi contro gli urti accidentali costituiti da fotocellule e/o radar che lo arrestano in presenza di ostacoli (persone comprese) che dovessero trovarsi lungo il suo percorso. E’ importante che tali dispositivi siano mantenuti efficienti.

-          L’accesso alle parti pericolose di rulliere e montacarichi deve essere protetto tramite ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco oppure tramite barriere immateriali (fotocellule). Le macchine devono essere dotate di dispositivi di arresto di emergenza e contro il riavviamento intempestivo, ad esempio in caso ritorni l’alimentazione elettrica dopo che era venuta a mancare per un qualsiasi motivo.

-          Adottare procedure di manutenzione standardizzate e scritte, assicurandosi prima di intervenire di aver bloccato tutte le parti che potrebbe muoversi (per energia elettrica, pneumatica, per gravità, ecc…) impossessandosi della chiave del quadro comando e apponendo sullo stesso la segnalazione del divieto di attivazione delle macchine per manutenzione in corso.    

-          Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI

 

Esposizione a luce laser

descrizione

In caso di lavori di manutenzione o interventi straordinari effettuati in altezza, gli addetti possono essere esposti alla luce laser utilizzata per la guida telecomandata dei carrelli elevatori robotizzati.

danno atteso

L’utilizzo dei laser può comportare dei rischi associati al danneggiamento dei tessuti biologici. La radiazione laser, che ricopre un intervallo di lunghezze d’onda che va da 180 nm a 1 mm e che può essere sia in regime continuo che impulsato, si distingue dagli altri tipi di radiazione per la collimazione del fascio: un fascio collimato e di elevata potenza trasmette una quantità notevole di energia ai tessuti biologici. Il principale rischio riguarda gli occhi ma, all’aumentare della potenza, anche quello relativo alla pelle deve essere considerato. Ci sono, comunque, altri potenziali rischi per gli organi interni poiché la radiazione laser può anche penetrare attraverso la pelle. La tabella seguente schematizza gli effetti patologici in caso di eccessiva esposizione alla radiazione laser.

 

Effetti patologici associati ad un’esposizione eccessiva della radiazione laser

Regione Spettrale 

Effetti sull’occhio

Effetti sulla pelle

UV-C: 180 – 280 nm

Fotocheratite.

Eritema; accelerazione del processo d’invecchiamento.

UV-B: 280 -  315 nm

Aumento della pigmentazione.

UV-A: 315 -  400 nm

Cataratta fotochimica.

Annerimento del pigmento.

Visibile: 400 – 780 nm

Lesione fotochimica e termica.

Reazioni fotosensibili; bruciatura della pelle.

IR-A:  780 – 1400 nm

Cataratta, bruciatura della retina.

IR-B:  1,4 – 3 mm

Infiammazione acquosa, cataratta, bruciatura della cornea.

Bruciatura della pelle.

IR-C:  3,0 mm – 1 mm

Bruciatura della sola cornea.

Fonte: M.D. Falco, M. Lepore, P.L. Indovina, Valutazione della esposizione alla radiazione laser, Medicina del Lavoro, 2001; 92, 3: pag. 187-202.

 

interventi prevenzionistici

-          Verificare che sia spento il raggio laser prima di intervenire per manutenzione, assicurandosi che non sia possibile che altri lavoratori lo accendano mentre è in corso l’intervento.

-          In caso di necessità di mantenere acceso il raggio durante l’intervento, gli addetti devono indossare occhiali di protezione specifici per il tipo di raggio emesso.

-          Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          D.Lgs. 626/94 e s.m.i.

 

 

APPALTI ESTERNI

 

In genere questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

A questa fase non sono imputabili impatti ambientali significativi.

 

 


produzione fritte: asciugaTURA E GRANIGLIATURA FRITTE

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Lo scopo di questa lavorazione è quello di rendere più piccola la granulometria delle fritte prodotte a seconda delle esigenze del Cliente.

Le fritte stoccate in cisternette mobili sono trasportate nel reparto essiccatura e, grazie ad una tubazione flessibile collegata sul fondo della cisternetta tramite una apposita flangia, sono attraversate dal basso verso l’alto da un flusso di aria calda prodotta da un apposito generatore. In questo modo si ottiene l’evaporazione dell’acqua contenuta nelle fritte.

Le fritte essiccate sono sgranate da un sistema di rulli contrapposti e setacciate in vibrovagli (setacciatrici) da cui, in relazione alle dimensioni delle reti che vengono montate su di essi, si ottengono prodotti a varia granulometria che sono raccolti in sacchi o in big bags.

Le fritte granigliate possono essere mescolate tra loro in appositi miscelatori rotanti, simili a quelli descritti per la produzione dei pigmenti.

 

 


 

Fig. 100.Macchina granigliatrice - setacciatrice.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Macchina granigliatrice - setacciatrice

Si tratta di una apparecchiatura essenzialmente costituita da un sistema di rulli contrapposti in cui avviene la frantumazione dei granuli di fritta e da un vibrovaglio cilindrico orizzontale grazie al quale si effettua la setacciatura. Sullo stesso vibrovaglio possono essere montate griglie di magliatura diversa (in genere tre sezioni: fine, media, grossa) in modo da separare i prodotti a diversa granulometria. I prodotti setacciati passano attraverso un deferrizzatore prima di essere insaccati, in sacchi diversi a seconda della granulometria.

 

 


FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a polveri

descrizione

Si tratta delle polveri di fritte che possono contenere piombo, silice e altri prodotti facenti parte della composizione prestabilita a seconda della tipologia di fritta prodotta.

L’esposizione dei lavoratori si può verificare specialmente in caso di rottura accidentale dei sacchi durante la loro movimentazione in quanto, durante la granigliatura – setacciatura – insaccamento, l’esposizione, se pur presente, è ridotta dal fatto che la macchina è chiusa e dotata di aspirazione localizzata.

stima

Da rilevazioni effettuate in aziende del comparto sono stati evidenziati i seguenti valori:

-          pulizia granigliatrice: materiale particellare 4,27 mg/m3, piombo contenuto 0,0394 mg/m3;

-          setacciatura di un tipo di fritta e riordino del reparto: materiale particellare 1,72 mg/m3, piombo contenuto 0,0059 mg/m3.

Sono previsti dalla azienda ASL di Empoli programmi di campionamento da eseguirsi entro il 2002.

danno atteso

L’esposizione ed relativi i danni possibili per la salute possono variare a seconda del tipo di fritta in lavorazione, con particolare riferimento al suo contenuto di piombo.

Si deve tenere conto che una volta subito il processo di fusione e raffreddamento, la fritta che si forma presenta caratteristiche di pericolosità di norma inferiori a quelle degli ingredienti di partenza. Tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.

interventi prevenzionistici

-          Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a prodotti pericolosi, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.

-          Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.

-          Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.

-          Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.

-          I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore deriva principalmente dalle macchine setacciatricigranigliatrici; altra fonte di rumore può essere determinata dalla presenza nello stesso reparto dei mescolatori rotanti.

stima

Da rilevazioni effettuate in aziende del comparto sono stati evidenziati i seguenti valori in prossimità della setacciatricegranigliatrice: alla postazione di lavoro Leq 81,9 dB(A), L max 91,8 dB(A); vicino alla macchina con vibratori in funzione Leq 78,9 dB(A), L max 94,8 dB(A); nella postazione di lavoro dove viene insaccato il prodotto setacciato Leq 84,4 dB(A), L max 84,7 dB(A).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di ridurre il rumore alla fonte, anche grazie ad una frequente ed accurata manutenzione dei macchinari presenti. In caso di modifiche, di impianti o attrezzature è opportuno effettuare una valutazione preventiva del livello di rumorosità conseguente la realizzazione. Qualora sia stato deliberato l’acquisto di nuovi macchinari è necessario valutare con attenzione il tipo di emissione acustica dichiarato dal costruttore, cercando di orientare la scelta verso macchinari meno rumorosi possibile.

-          Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche mediante turnazione e limitando l’accesso nel reparto ai non addetti a tale lavorazione.

-          Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi).

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi lavoratori e gli organi di trasmissione del moto della granigliatrice, se non adeguatamente protetti, possono costituire per gli addetti alla lavorazione il rischio di presa, trascinamento e schiacciamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

Gli organi lavoratori e gli organi di trasmissione del moto della granigliatrice devono essere segregati con ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco meccanico. Ove sia necessario mantenere la visibilità, possono essere eventualmente realizzate griglie o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti dell’addetto possano raggiungere le parti meccaniche in movimento.

Le macchine devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima di interventi di pulizia o manutenzione. Per le operazioni di pulizia, manutenzione o regolazione che dovessero richiedere l’avviamento della macchina con ripari rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera con avviamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando e che sia azionabile dall’operatore da una postazione dalla quale sia ben visibile la zona operativa.

È opportuno adottare procedure di pulizia standardizzate e scritte.

È necessaria l’informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI.

 

 

APPALTI ESTERNI

Questa fase in genere non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Diffusione di rumore

Le macchine sopra descritte possono diffondere rumore all’esterno dello stabilimento produttivo con possibile disturbo agli eventuali insediamenti civili adiacenti. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili.

 

 


produzione fritte: confezionamento

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Il confezionamento delle fritte è differenziato in dipendenza della tipologia di fritta, dal quantitativo ordinato, oppure del fatto si tratti di un prodotto finito (destinato al mercato) o si tratti invece di un semilavorato (destinato a far parte della formulazione di composti ceramici).

Le fritte prodotte con raffreddamento della colata a secco sono in genere confezionate direttamente in big bags da 500 Kg.

Le fritte prodotte con raffreddamento della colata a umido sono in genere stoccate in silos (come descritto alla fase precedente) e successivamente confezionate in sacchi di carta da 25 Kg oppure in big bags da 500 Kg.

Il riempimento dei big bags da 500 Kg con le fritte stoccate in silos può avvenire con diverse modalità alternative, ad esempio:

-          sotto un silos di stoccaggio delle fritte viene portata una cisternetta dotata di ruote, caricata con le fritte e infine posizionata tramite carrello elevatore su una incastellatura metallica sotto la quale viene posto il big bag da riempire;

-          sotto i silos di stoccaggio delle fritte è presente un nastro trasportatore che porta le fritte fino alla stazione di confezionamento; sul nastro è presente un deferrizzatore che ha lo scopo di eliminare eventuali impurità metalliche.

 

 


 

Fig. 101.Postazione di insaccamento delle fritte in big bag. La cisternetta mobile viene sollevata con carrello elevatore e posizionata sull’incastellatura metallica facendo coincidere le flangia della cisternetta con l’imbuto della struttura sotto il quale viene posizionato il sacco. Il peso del sacco che via via che si riempie è controllato grazie ad una bilancia elettronica dotata di display luminoso.


Il riempimento dei big bags da 500 Kg con le fritte prodotte a secco avviene direttamene dall’uscita della torre di raffreddamento.

Indipendentemente dalle diverse modalità sopra descritte il riempimento del big bag avviene sempre con il sacco posizionato su una bilancia elettronica dotata di display luminoso che ne indica il peso man mano che si riempie.

Oltre che in big bags da 500 Kg le fritte sono anche confezionate in sacchi da 25 Kg i quali sono disposti su palletts per la successiva spedizione.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Nastro trasportatore

Si tratta di una nastro di gomma che ha il compito di trasportare il prodotto dal luogo di stoccaggio alla stazione di confezionamento.

 

Deferrizzatore

Elettromagnete utilizzato per eliminare prima del confezionamento eventuali residui metallici rimasti nel prodotto finito.

 


Fig. 102.  Raccolta in big bag delle fritte provenienti direttamente dall’uscita della torre di raffreddamento (per fritte prodotte con forno – laminatoio).

 

   


  
Fig. 103.  Inserimento manuale del sacco (big bag da 500 Kg) nella macchina riempitrice.

 

 


    

Fig. 104.  Macchina riempitrice durante il riempimento di un big bag .

 


Fig. 105.  Uscita delle fritte dai silos di stoccaggio e trasferimento su nastro verso l’impianto di confezionamento. Si noti il deferrizzatore (elettromagnete) appeso sopra il nastro trasportatore.

 

 


Fig. 106.  Particolare del filo teso utilizzato come arresto di emergenza lungo il nastro trasportatore delle fritte.

 



Fig. 107.  Pallettizzatore automatico dei sacchi da 25 Kg.

 

  


  

Fig. 108.  Alimentatore automatico dei pancali di legno per il pallettizzatore.

 

 


FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono sotto descritti.

 

Esposizione a polveri

descrizione

In questa fase i lavoratori possono essere esposti alle polveri dei prodotti durante sia durante confezionamento sia durante la movimentazione delle confezioni, specie in caso di fuoriuscite accidentali. Ciò si è verificato recentemente in modo significativo in una azienda del comparto a causa di una fornitura difettosa di big bags che con il tempo tendevano a rompersi.

danno atteso

I danni possibili per la salute possono variare a seconda del tipo di fritta in lavorazione, con particolare riferimento al suo contenuto di piombo e all’entità della esposizione personale.

Si deve tenere conto che, in generale, i prodotti finiti che sono oggetto di confezionamento presentano caratteristiche di pericolosità di norma inferiori a quelle degli ingredienti di partenza. Tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.

interventi prevenzionistici

-          Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a prodotti pericolosi, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.

-          Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.

-          Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.

-          Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.

-          I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Le parti meccaniche in movimento del pallettizzatore e del nastro trasportatore, se non adeguatamente protette, possono costituire per gli addetti alla lavorazione il rischio di presa, trascinamento e schiacciamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

Le parti meccaniche in movimento del pallettizzatore e del nastro trasportatore devono essere segregate con ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco meccanico. Ove sia necessario mantenere la visibilità, possono essere eventualmente realizzate griglie o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti dell’addetto possano raggiungere le parti meccaniche in movimento.

Le macchine devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima di interventi di pulizia o manutenzione. Per le operazioni di pulizia, manutenzione o regolazione che dovessero richiedere l’avviamento della macchina con ripari rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera con avviamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando e che sia azionabile dall’operatore da una postazione dalla quale sia ben visibile la zona operativa.

È opportuno adottare procedure di pulizia standardizzate e scritte.

È necessaria l’informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI.

 

Movimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori

Per le indicazioni relative a questo fattore di rischio si rimanda alla fase “movimentazione meccanica con carrelli elevatori”.

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase del ciclo produttivo non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Dispersione di polveri

In caso di dispersione accidentale di polveri, dovute ad esempio alla rottura di sacchi, si può determinare inquinamento del suolo e dei corpi idrici circostanti. In considerazione della natura dei materiali in oggetto, può risultare utile conformare la pavimentazione delle zone interessate in modo da convogliare le acque meteoriche di dilavamento verso vasche di raccolta, dalle quali possono essere inviate ad impianti di neutralizzazione e depurazione.

 

 


produzione fritte: raffreddamento acque

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

L’acqua utilizzata per il raffreddamento delle fritte viene recuperata, raffreddata e riutilizzata per lo stesso scopo.

Il raffreddamento dell’acqua è ottenuto mediante un apposito impianto costituito da una o più vasche di accumulo e da una serie di torri di raffreddamento.

 


Fig. 109.Impianto di raffreddamento a ciclo chiuso delle acque utilizzate nel reparto fritte per raffreddare la colata.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Torre di raffreddamento acque

È essenzialmente costituita da un corpo verticale in genere di materiale plastico alla sommità del quale è posto un ventilatore che consente l’aspirazione dell’aria dal basso e da un sistema ugelli che distribuiscono l’acqua sul corpo di riempimento della torre, che ha lo scopo di favorire il contatto in controcorrente tra aria e acqua da raffreddare. Il corpo di riempimento è costituito generalmente da pannelli evaporativi modulari a nido d’ape.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a agenti biologici

descrizione

Qualora in alcune parti dell’impianto si formino delle sacche di ristagno dell’acqua, in esse può avvenire lo sviluppo di batteri in grado di proliferare in ambiente acquoso, i quali possono costituire un agente patogeno a danno dei lavoratori addetti alla manutenzione dell’impianto stesso.

Per approfondimenti si veda l’articolo “Legionellosi: la posizione ufficiale ASHRAE” sulla rivista Condizionamento dell’aria, n. 2, febbraio 1999, pagg. 140-147.

danno atteso

Legionellosi.

interventi prevenzionistici

-          Sistemi di controllo automatico contro il ristagno di acqua.

-          Durante gli interventi di manutenzione indossare D.P.I. quali maschere per la protezione delle vie respiratorie con filtri di tipo HEPA o H ad alta efficienza in grado di trattenere aerosol o nebbie, guanti di gomma, occhiali, tute.

-          Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303/56 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626/94 e s.m.i.

-          Norme tecniche ASHRAE

 

Lavoro in postazioni sopraelevate e scivolose

descrizione e danno atteso

Durante la conduzione dell’impianto, i lavoratori accedono talvolta a postazioni di lavoro che comportano il rischio di caduta dall’alto. Il rischio è aggravato dalla scivolosità delle superfici di calpestio.

prevenzione

Le zone transitabili intorno alle vasche devono essere dotate di parapetti per evitare che gli addetti possano caderci dentro e dotate di fascia ferma piede. Inoltre le scale e le passerelle nelle zone di lavoro e transito devono essere antiscivolo e anch’esse dotate di parapetti e di fascia ferma piede. Le scale fisse a pioli devono essere dotate di gabbie di protezione anticaduta. I lavoratori devono indossare calzature adeguate.

riferimenti normativi

-          Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Norme UNI EN 361, 363, 795.

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Essendo un impianto a ciclo chiuso, a questa fase non sono imputabili impatti ambientali significativi.

 


produzione composti: dosaggio e confezionamento

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

La produzione di composti ceramici consiste nel preparare una ricetta prestabilita costituita da fritte, di uno o più tipi, in quantità complessiva compresa in genere tra il 20 ed il 60% della ricetta, alle quali sono aggiunti altri ingredienti: pigmenti, sali ed altri additivi quali ad esempio resine e prodotti antiflocculanti.

Il ciclo lavorativo prevede il solo dosaggio dei vari ingredienti ed il conseguente confezionamento in quanto le successive lavorazioni (miscelazione, macinazione, ecc…) sono svolte direttamente dal Cliente che acquista il composto.

In genere la preparazione dei composti avviene in un impianto semiautomatico nel quale i vari ingredienti sono preventivamente caricati in appositi di silos. Tuttavia, per modesti ordinativi, sono talvolta utilizzate stazioni di dosaggio e confezionamento manuale.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Impianto semiautomatico per il dosaggio e il confezionamento dei composti

Si tratta essenzialmente di un insieme di silos installati su una piattaforma sopraelevata al di sotto della quale sono poste le stazioni di confezionamento: in genere è presente una stazione di confezionamento per big bags da 500 Kg ed una stazione di confezionamento per sacchi da 25 Kg. Ogni silos è utilizzato per un ingrediente della ricetta. Dal fondo di ogni silos parte una tubazione verso ogni stazione di confezionamento. Ogni stazione di confezionamento è dotata di bilancia e di bocchette per l’aspirazione localizzata.

 

Sistema di caricamento silos

Il caricamento dei silos avviene sempre per via pneumatica pur differenziandosi a seconda delle modalità con cui i vari ingredienti utilizzati giungono al reparto:

-          le autocisterne scaricano nei silos mediante tubazione flessibile raccordata all’impianto dall’esterno dello stabilimento (come già descritto alla fase ingresso materie prime);

-          le fritte in big bags da 500 Kg sono scaricate in apposite tramogge grigliate (poste a filo del pavimento per favorire la movimentazione dei big bags con il carrello elevatore), collegate ai silos tramite una tubazione e un sistema di propulsione pneumatica;

-          altre materie prime in sacchi da 25 Kg sono scaricate in apposite postazioni per il rovesciamento manuale dei sacchi, anch’esse collegate ai silos tramite una tubazione e un sistema di propulsione pneumatica.

 

Pressa per sacchi vuoti

Questa macchina ha lo scopo di ridurre l’ingombro dei sacchi vuoti degli ingredienti utilizzati, prima di conferirli alla loro destinazione finale tramite ditta specializzata.

La pressa è essenzialmente costituita da un corpo metallico di forma parallelepipeda, apribile da un lato mediante uno sportello incernierato. Il contenitore è provvisto di coperchio collegato ad un pistone a scorrimento verticale. Una volta che il contenitore è stato riempito con i sacchi da pressare, l’addetto chiude lo sportello e attiva la macchina. Il pistone spinge il coperchio dall’alto verso il basso determinando così la pressatura. Ad operazione avvenuta il pistone ritorna in posizione originale e l’addetto apre lo sportello laterale per estrarre il materiale pressato.

 

 


    
Fig. 110.  Postazione di riempimento automatico e pesata dei sacchi da 25 Kg di composti.

 


   

Fig. 111.  Particolare del sistema di riempimento automatico e pesata dei sacchi da 25 Kg di composti.

 

   


  
Fig. 112.  Postazione di dosaggio e confezionamento manuale dei composti in big bags da 500 Kg.

 


   

Fig. 113.  Magazzino dei big bags di composti.

 


   
Fig. 114.Vista d’insieme del reparto di produzione dei composti con caricamento dei silos mediante un sistema pneumatico che prevede una tramoggia grigliata a pavimento nella quale un carrello elevatore scarica i big bags. Si notino i due diversi sistemi di insaccamento: in big bags da 500 Kg a destra e in sacchi da 25 Kg a sinistra.

 

 

 


Fig. 115.Scarico del big bag nella tramoggia grigliata di alimentazione del sistema pneumatico per il carico dei silos del reparto composti.

 

 

P000998 COVER scarico muletto in tramoggia

Fig. 116.Particolare della tramoggia grigliata di scarico del big bag per il riempimento dei silos.

 

 


Fig. 117.  Postazione di svuotatura manuale dei sacchi nel sistema pneumatico alimentazione che carica i silos con gli additivi per composti. La tubazione di carico dei silos corre sotto il pavimento.

 



Fig. 118.  Pressa per i sacchi vuoti degli additivi utilizzati nella preparazione dei composti.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono sotto descritti.

 

Esposizione a polveri

descrizione e danno atteso

Si da atto che le aziende che producono i composti hanno interesse alla minore dispersione possibile delle polveri, in quanto le stesse fanno parte del prodotto che vendono ai loro clienti, tuttavia i lavoratori possono essere esposti alle polveri che si possono disperdere nell’ambiente di lavoro sia durante l’operazione di dosaggio e confezionamento, sia per rotture accidentali dei sacchi.

Le materie prime impiegate sono svariate: in particolare nichel carbonato, bario carbonato e cobalto ossido sono le sostanze alle quali è da dedicare la maggiore attenzione essendo classificate cancerogene. Materiali come argille, caolino, feldspati, talco) possono contenere silice cristallina e dare conseguentemente origine a fenomeni di tossicità acuta (silicosi) in seguito ad infiltrazioni nel sistema respiratorio: per le grandi quantità impiegate, gli stessi quarzi costituiscono una importante sorgente di esposizione.

interventi prevenzionistici

-          Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a prodotti pericolosi, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.

-          Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.

-          La pressa per sacchi vuoti deve essere dotata di aspirazione localizzata.

-          Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.

-          Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.

-          I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Movimentazione manuale dei carichi, posture

descrizione

In genere il rovesciamento dei sacchi contenenti le materie prime è effettuato manualmente da 2 operatori. I sacchi pesano circa 25 Kg. L’operazione può inoltre comportare l’assunzione di posture incongrue, specie quando i sacchi sono prelevati da pancali di legno posti sul pavimento.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di effettuare l’operazione di caricamento delle materie prime tramite impianti chiusi e automatici (ciò è risulterebbe utile anche per la riduzione dell’esposizione alle polveri).

-          Utilizzare ausili per la movimentazione dei sacchi.

-          Prevedere sistemi di sollevamento progressivo dei pancali, man mano che i sacchi vengono prelevati, in modo da consentire agli addetti di mantenere sempre la postazione eretta.

-          Qualora siano utilizzati transpalletts a spinta manuale è opportuno che la spinta sia effettuata da due addetti e che il pavimento sia conformato in modo da non appesantire lo sforzo necessario per spingere la cisternetta, evitando per quanto possibile la presenza di dislivelli, buche o disconnessioni. Preferire l’utilizzo di transpalletts elettrici a batteria.

-          Indossare D.P.I. (scarpe di sicurezza).

-          Corretta organizzazione del lavoro.

-          Informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

-          Norma UNI ISO 938

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

L’organo lavoratore della pressa per sacchi vuoti, se non adeguatamente protetto, può costituire per gli addetti alla lavorazione il rischio di schiacciamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

Lo sportello laterale della pressa per sacchi vuoti deve essere munito di dispositivi di interblocco meccanico.

È necessaria l’informazione e formazione dei lavoratori.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI.

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Dispersione di polveri

In caso di dispersione accidentale di polveri si può determinare inquinamento del suolo e dei corpi idrici circostanti. In considerazione della natura dei materiali in oggetto, può risultare utile conformare la pavimentazione delle zone interessate in modo da convogliare le acque meteoriche di dilavamento verso vasche di raccolta, dalle quali possono essere inviate ad impianti di neutralizzazione e depurazione.

 

Produzione rifiuti

In questa fase del ciclo produttivo si producono rifiuti costituiti dai sacchi vuoti che contenevano gli additivi per la preparazione dei composti.

Tali rifiuti sono in genere pressati prima di essere conferiti alla loro destinazione finale tramite ditte specializzate.

 

 


produzione preparati: ESSICCAZIONE In spray-dryer

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Per la produzione dei preparati le materie prime sono introdotte in molini cilindrici rotativi per la macinazione ad umido, analogamente a quanto descritto per la produzione di pigmenti, cui si rimanda. La barbottina ottenuta deve essere essiccata per ottenere il preparato finito. L’essiccazione può avvenire con essiccatori statici (forni) analogamente a quanto descritto per la produzione di pigmenti cui si rimanda, oppure tramite essiccatori continui detti anche atomizzatori o spray-dryer.

 


    

Fig. 119.  Impianto spray-dryer utilizzato per l’essiccazione dei preparati.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Essiccatore continuo per preparati

Si tratta di un sistema costituito da varie parti che ha lo scopo di ottenere il preparato in polvere a partire dalla barbottina.

In un primo silos arriva sotto pressione la barbottina che, spruzzata finemente dall’alto tramite un nebulizzatore, è investita in corrente da un getto di aria calda a 500 – 600 °C e quindi si asciuga istantaneamente per evaporazione dell’acqua. Il prodotto secco che cade per gravità è già considerato preparato finito.

L’aeriforme è aspirato via dal primo silos e risucchiato all’interno di una seconda camera chiusa (ciclone) in cui avviene un ulteriore raffreddamento e il recupero di una seconda parte di prodotto; infine l’aeriforme viene inviato ad un filtro a maniche dove avviene il recupero della terza e ultima parte di prodotto prima del rilascio in atmosfera. Per favorire il distacco del preparato essiccato dalle pareti interne dell’essiccatore sono presenti, all’interno dello stesso, appositi organi vibratori e/o di battitura (anche detti martelletti). 

Un’unica coclea raccoglie le tre parti di preparato per inviarlo all’insaccamento.

L’aria calda è ottenuta tramite un combustore a gas metano.

 


    

Fig. 120.Pannello di controllo dell’impianto spray-dryer utilizzato per l’essiccazione dei preparati.

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono sotto descritti.

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore in questa fase lavorativa risulta essere particolarmente elevato specie quando entrano in azione gli organi vibratori e/o di battitura (anche detti martelletti) per favorire il distacco del preparato essiccato dalle pareti interne dell’essiccatore.

stima

Da misurazioni effettuate in aziende del comparto sono stati evidenziati valori di Leq fino a 86,4 dB(A), Lmax = 97 dB(A).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

prevenzione

-          Valutare la possibilità di ridurre il rumore alla fonte.

-          Valutare la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose;

-          Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi;

-          Effettuare la valutazione della esposizione personale dei lavoratori.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

-          Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a polveri

descrizione

In questa fase si può avere esposizione degli addetti a polveri di diversa tipologia e pericolosità a seconda dei vari tipi di preparati. Si da atto che le aziende che producono i composti hanno interesse alla minore dispersione possibile delle polveri, in quanto le stesse fanno parte del prodotto che vendono ai loro clienti, tuttavia i lavoratori possono essere esposti alle polveri che si possono disperdere nell’ambiente di lavoro sia durante l’insaccamento del preparato essiccato, sia per rotture accidentali dei sacchi pieni.

Altra causa di esposizione può essere la manutenzione degli impianti.

danno atteso

I possibili danni per la salute dei lavoratori dipendono dalla diversa natura dei prodotti utilizzati per le varie ricette di produzione e dall’entità dell’esposizione personale. Si deve tenere conto che i prodotti ottenuti presentano in generale caratteristiche di pericolosità inferiore agli ingredienti di partenza. Tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.

interventi prevenzionistici

-          Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.

-          Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.

-          Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.

-          Adottare procedure standardizzate e scritte per effettuare la manutenzione correttamente, prevedendo adeguate misure di protezione per gli addetti e per evitare l’esposizione indiretta di altri lavoratori.

-          Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.

-          I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

In caso di interventi di manutenzione alla coclea utilizzata per convogliare il preparato essiccato fino alla macchina insaccatrice, è possibile il contatto accidentale, la presa e il trascinamento degli arti del lavoratore da parte dell’organo in movimento.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

Installare dispositivi di interblocco sui ripari mobili. Per regolazioni che dovessero richiedere l’avvio della macchina con ripari aperti, è possibile utilizzare una pulsantiera a uomo presente con avanzamento a impulsi azionabile da un zona dalla quale sia ben visibile l’area operativa.

Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI

 

Conduzione di macchine alimentate a gas combustibile

descrizione

L’utilizzo dei bruciatori a gas nell’impianto di essiccazione può comportare il rischio di fughe di gas combustibile ed esplosione - incendio, oltre alla possibile esposizione degli addetti ai prodotti di combustione.

danno atteso

Sono possibili intossicazioni per inalazione di gas. Ustioni, lesioni traumatiche ed intossicazioni in caso di incendio – esplosione, con danni alla salute dei lavoratori per causa diretta (sovrapressione) o indiretta (cedimento strutturale).

interventi prevenzionistici

Per ridurre il rischio è necessario che vengano effettuate verifiche periodiche su tutto l'impianto a gas. A fine turno di lavoro è bene chiudere il rubinetto generale di erogazione del gas. Sono necessari dispositivi che interrompano l’erogazione del gas in caso di spegnimento della fiamma. E’ importante che il sistema automatico di accensione sia controllato onde evitare l'innesco ritardato che potrebbe determinare una esplosione. È opportuno installare rivelatori automatici di gas (tarati ad una opportuna concentrazione frazione del limite inferiore di infiammabilità), collegati al sistema di allarme e ad elettrovalvole del tipo normalmente chiuse (in mancanza della alimentazione elettrica) installate sulle tubazioni del gas.

E’ fondamentale la informazione e la formazione dei lavoratori e la conduzione del forno dovrebbe essere consentita esclusivamente a personale specializzato.

riferimenti normativi

-          Normativa generale antincendio.

-          Norme UNI-CIG.

-          Per i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si applica il D.M.I. del 31.03.1984, mentre per quelli di capacità superiore a 5 m3 si applica il D.M.I. del 13.10.1994.

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Emissioni in atmosfera

Lo scopo della lavorazione è quello di produrre un prodotto in polvere, pertanto le aziende hanno tutto l’interesse di evitare la dispersione di polvere all’esterno. A questo scopo è installato un ciclone per il recupero delle polveri più grossolane, seguito da un filtro a maniche per il recupero delle polveri di granulometria inferiore. Tuttavia è possibile una fuoriuscita delle polveri più fini che non riescono ad essere trattenute dal filtro a maniche in rapporto alla porosità delle maniche filtranti.

 

Diffusione di rumore

Le macchine sopra descritte possono diffondere rumore all’esterno dello stabilimento produttivo con possibile disturbo agli eventuali insediamenti civili adiacenti. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili.

 


produzione preparati: ESSICCAZIONE a nastro in tunnel

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Si tratta di un sistema di essiccazione continua utilizzato per produzioni limitate, a differenza del sistema spray-dryer che viene utilizzato per produrre grandi quantità di preparati.

Dal reparto macinazione a umido, la sospensione acquosa concentrata viene versata in vasche di plastica, poste su carrellini e portate nei pressi del tunnel di essiccazione, che in genere si trova in un ambiente separato.

Lo stesso impianto in alcune aziende è utilizzato anche per l’essiccazione della barbottina derivante dalla macinazione a umido per la produzione dei pigmenti.

 

 


  

Fig. 121.  Essiccatore a nastro in tunnel (vista dal lato dell’uscita).

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Essiccatore a nastro in tunnel

Si tratta di un sistema di essiccazione continua che ha lo scopo di ottenere il preparato in polvere a partire dalla barbottina concentrata posta entro vasche di plastica.

È costituito da una camera di forma parallelepipeda alla cui base corre un nastro trasportatore sul quale, ad una estremità, un apposito dispositivo distributore versa la barbottina concentrata che forma così un sottile strato di prodotto da essiccare. Il dispositivo distributore è collegato ad una pompa per prelevare la barbottina dalle vasche di plastica. All’altra estremità il prodotto arriva ormai essiccato grazie ad una serie di riscaldatori di forma tubolare disposti trasversalmente al nastro. Ogni riscaldatore è dotato di un bruciatore interno alimentato a gas metano. In fondo al nastro è presente uno scivolo per favorire la caduta del materiale in un vibrosetaccio all’uscita del quale il prodotto secco è raccolto in sacchi.

 

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono sotto descritti.

 

Esposizione a rumore

descrizione

I lavoratori addetti agli essiccatori a nastro in tunnel sono esposti al rumore derivante dalla macchina in funzione.

stima

Da misurazioni effettuate in aziende del comparto sono stati evidenziati i seguenti valori:

-          nella postazione di lavoro all’ingresso del nastro, dove è presente il dispositivo dispersore del prodotto sul nastro: Leq = 77,2 dB(A), Lmax = 86,7 dB(A)

-          nella postazione di lavoro all’uscita del nastro, dove è presente il vibrosetaccio: Leq = 76,6 dB(A), Lmax = 84,5 dB(A).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di utilizzare macchine del tipo meno rumoroso.

-          Valutare la possibilità di insonorizzare le macchine e/o attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali.

-          Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, ad esempio valutando la possibilità di separare questa lavorazione da altre meno rumorose per ridurre l’esposizione indiretta di addetti ad altre mansioni, oppure valutando se è possibile eseguire la lavorazione durante le ore notturne quando il personale adibito ad altre lavorazioni è assente, in modo da limitare al massimo il numero di soggetti esposti.

-          Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose non sufficientemente insonorizzate è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Manipolazione di fluidi contenenti prodotti pericolosi

descrizione

Durante il trasferimento manuale delle vasche di plastica contenenti la sospensione acquosa concentrata è possibile che gli addetti possano imbrattarsi, con possibili contatti cutanei e agli occhi; è da tenere presente che anche un piccolo spruzzo della sospensione acquosa sulla tuta del lavoratore, quando asciuga diventa polvere, con conseguente esposizione del lavoratore stesso alle polveri della miscela secca. E’ da tenere presente che il prodotto ottenuto presenta caratteristiche di pericolosità inferiori rispetto agli ingredienti di partenza, tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.

danno atteso

Danni alla pelle dovute al contatto con la sospensione acquosa, che possono variare a seconda dei prodotti utilizzati per le varie ricette e l’entità dell’esposizione personale.

interventi prevenzionistici

-          Valutare la possibilità di automatizzare il ciclo produttivo sostituendo il processo (utilizzando sistemi spray-dryer a ciclo chiuso e/o tunnel di essiccazione).

-          Utilizzare vasche dotate di coperchio a tenuta, prevedere sistemi di contenimento contro eventuali sversamenti accidentali, ecc…

-          Indossare D.P.I. (tute, grembiuli, guanti, visiere, ecc…).

-          Attuare norme igieniche, in particolare è opportuno fare la doccia al termine di ogni turno di lavoro, evitare di mangiare, bere o fumare durante il lavoro, lavarsi accuratamente le mani prima di andare a pranzo, utilizzare armadietti separati per gli abiti civili e da lavoro.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a polveri

descrizione

In questa fase si può avere esposizione degli addetti a polveri di diversa tipologia e pericolosità a seconda dei vari tipi di preparati. Si da atto che le aziende che producono i composti hanno interesse alla minore dispersione possibile delle polveri, in quanto le stesse fanno parte del prodotto che vendono ai loro clienti, tuttavia i lavoratori possono essere esposti alle polveri che si possono disperdere nell’ambiente di lavoro sia durante l’insaccamento del preparato essiccato, sia per rotture accidentali dei sacchi pieni.

Altra causa di esposizione può essere la manutenzione degli impianti.

danno atteso

I possibili danni per la salute dei lavoratori dipendono dalla diversa natura dei prodotti utilizzati per le varie ricette di produzione e dall’entità dell’esposizione personale. Si deve tenere conto che i prodotti ottenuti presentano in generale caratteristiche di pericolosità inferiore agli ingredienti di partenza. Tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.

interventi prevenzionistici

-          Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.

-          Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.

-          Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.

-          Adottare procedure standardizzate e scritte per effettuare la manutenzione correttamente, prevedendo adeguate misure di protezione per gli addetti e per evitare l’esposizione indiretta di altri lavoratori.

-          Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.

-          I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.

-          Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-          D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Conduzione di macchine alimentate a gas combustibile

descrizione

L’utilizzo dei bruciatori a gas nell’impianto di essiccazione può comportare il rischio di fughe di gas combustibile ed esplosione - incendio, oltre alla possibile esposizione degli addetti ai prodotti di combustione.

danno atteso

Sono possibili intossicazioni per inalazione di gas. Ustioni, lesioni traumatiche ed intossicazioni in caso di incendio – esplosione, con danni alla salute dei lavoratori per causa diretta (sovrapressione) o indiretta (cedimento strutturale).

interventi prevenzionistici

Per ridurre il rischio è necessario che vengano effettuate verifiche periodiche su tutto l'impianto a gas. A fine turno di lavoro è bene chiudere il rubinetto generale di erogazione del gas. Sono necessari dispositivi che interrompano l’erogazione del gas in caso di spegnimento della fiamma. E’ importante che il sistema automatico di accensione sia controllato onde evitare l'innesco ritardato che potrebbe determinare una esplosione. È opportuno installare rivelatori automatici di gas (tarati ad una opportuna concentrazione frazione del limite inferiore di infiammabilità), collegati al sistema di allarme e ad elettrovalvole del tipo normalmente chiuse (in mancanza della alimentazione elettrica) installate sulle tubazioni del gas.

E’ fondamentale la informazione e la formazione dei lavoratori e la conduzione del forno dovrebbe essere consentita esclusivamente a personale specializzato.

riferimenti normativi

-          Normativa generale antincendio.

-          Norme UNI-CIG.

-          Per i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si applica il D.M.I. del 31.03.1984, mentre per quelli di capacità superiore a 5 m3 si applica il D.M.I. del 13.10.1994.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Il nastro trasportatore, se non adeguatamente protetto, può comportare il rischio di presa e trascinamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

Il nastro trasportatore deve essere protetto contro il rischio di presa e trascinamento con adeguati ripari fissi a protezione delle parti pericolose.

È necessario il dispositivo che impedisca il riavviamento della macchina in caso di ritorno intempestivo dell’alimentazione elettrica dopo che era venuta a mancare. Deve essere presente un dispositivo di arresto di emergenza (azionabile ad esempio tramite un filo teso lungo il percorso del nastro); tale dispositivo non è alternativo ai ripari di sicurezza sopra richiamati.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Dispersione di polveri

In caso di dispersione accidentale di polveri, dovute ad esempio alla rottura di sacchi dei prodotti insaccati e/o a sversamenti di fluidi che poi si seccano, si può determinare inquinamento del suolo e dei corpi idrici circostanti. In considerazione della natura dei materiali in oggetto, può risultare utile conformare la pavimentazione delle zone interessate in modo da convogliare le acque meteoriche di dilavamento verso vasche di raccolta, dalle quali possono essere inviate ad impianti di neutralizzazione e depurazione.

 

 


MOVIMENTAZIONE MECCANICA CON CARRELLI ELEVATORI

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Nelle varie fasi sopra riportate è citato spesso l’utilizzo dei carrelli elevatori.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Carrelli elevatori

Si tratta in genere di carrelli elevatori ad alimentazione elettrica. Talvolta nei piazzali esterni sono utilizzati anche carrelli elevatori a trazione diesel.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Movimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori

descrizione

Durante le operazioni di movimentazione può avvenire il ribaltamento del carrello elevatore nel caso in cui il carico non sia bene bilanciato e/o per asperità e dislivelli eccessivi del terreno, raggio di curvatura troppo stretto. In caso di ribaltamento l’addetto può venire sbalzato fuori dal posto di guida e rimanere schiacciato sotto il carrello.

Può anche avvenire l’investimento di altri lavoratori da parte dei carrelli elevatori o dal materiale trasportato. In una azienda del comparto è recentemente accaduto un infortunio per investimento da parte di un carrello elevatore guidato in retromarcia.

Quando viene accatastato in modo non corretto, il materiale può cadere ed investire gli addetti.

danno atteso

Durante le suddette operazioni, gli addetti possono riportare gravi lesioni traumatiche

danno rilevato

Nei casi di infortunio accaduti in diversi comparti produttivi, le lesioni riportate per infortuni occorsi durante questa fase lavorativa sono risultate gravi o anche mortali.

prevenzione

I rischi sopra evidenziati possono essere limitati garantendo le seguenti condizioni:

·         sistemare o attrezzare i carrelli elevatori in modo da limitare i rischi di ribaltamento; a tal fine l'Art. 7, lettera b), punto 1.4 del D.Lgs. n. 359 del 04.08.1999, elenca una serie di possibili accorgimenti, come esempi delle possibili soluzioni attuabili, quali:

-       cabina per il conducente;

-       struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo:

-       struttura che trattenga il lavoratore sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso.

·         dispositivi di trattenuta del conducente al posto di guida dei muletti, per eliminare il rischio di essere sbalzati fuori, in caso di ribaltamento.

·         pavimenti privi di buche, sporgenze o sconnessioni.

·         percorsi dei mezzi senza curve troppo strette, senza pendenze eccessive, preferibilmente a senso unico, oppure ampi a sufficienza per il passaggio di due carrelli caricati.

·         limitazione delle interferenze fra i percorsi dei mezzi e quelli pedonali.

·         percorsi pedonali e luoghi di stazionamento dei lavoratori protetti dal pericolo di investimento da parte di materiali stivati.

·         protezione delle uscite da locali o altri punti frequentati dai lavoratori, quando incrociano i percorsi dei mezzi.

·         buona illuminazione dei percorsi e tinteggiatura con colori chiari delle pareti dei locali di lavoro.

·         specchi parabolici ove occorrenti; in casi particolari valutare la possibilità di installare semafori.

·         segnalazione e, se necessario, protezione di eventuali ostacoli sul percorso dei carrelli elevatori.

·         individuazione di zone di attraversamento delle linee di trasporto che consentano il passaggio delle persone senza pericoli di investimento.

·         organizzazione spaziale e/o temporale del magazzino in modo da limitare al minimo le interferenze fra il carico e lo scarico del magazzino stesso.

·         idonei ancoraggi, funi ed imbracatura in tutti i casi in cui è necessario intervenire in altezza

·         i prodotti in entrata devono riportare l’indicazione del loro peso in modo che l’addetto possa verificare che il carrello ed il sistema di presa sia di adeguata capacità.

·         dispositivi acustici e luminosi di segnalazione di manovra dei mezzi.

·         mantenimento della visibilità dal posto di guida dei mezzi anche mediante opportuno posizionamento del carico trasportato, che comunque deve essere posizionato più in basso possibile in modo da garantire la stabilità del carrello; in casi occasionali in cui l’ingombro del carico sia tale da pregiudicare la visuale, il carrello può essere preceduto da un altro lavoratore che aiuti il carrellista nella manovra e segnali agli altri lavoratori eventualmente presenti nei dintorni, la presenza del trasporto.

·         preferenza dell’acquisto di mezzi con pedaliera analoga a quella degli automezzi.

·         limitazione della velocità dei mezzi in relazione alle caratteristiche del percorso, anche con eventuali dispositivi regolabili che limitano la velocità.

·         protezione degli organi di comando contro l’avviamento accidentale.

·         protezione del posto di guida contro il pericolo di investimento di corpi che possono cadere dall’alto.

·         regolare manutenzione e periodica revisione del mezzo meccanico e delle sue varie componenti.

·         il conducente deve guidare con prudenza senza fare sporgere gambe o braccia dall’abitacolo di guida, prestare particolare attenzione in retromarcia, condurre il carrello all’interno dei percorsi segnalati a terra, interrompere il lavoro se qualcuno si trova nel raggio di azione del mezzo, inserire il freno prima di lasciare il carrello in sosta.

·         disporre il divieto di trasportare persone facendole salire sulle forche di sollevamento.

·         puntuale informazione, formazione, ed addestramento dei lavoratori all’uso corretto e sicuro dei mezzi nelle diverse condizioni di impiego. Ad esempio l’addetto deve essere sapere come comportarsi se il mezzo dovesse accidentalmente ribaltarsi, ovvero: non buttarsi giù dal mezzo, ma tenersi saldamente al volante, puntare i piedi e inclinarsi dalla parte opposta a quella di ribaltamento.

riferimenti normativi

-          Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Art. 11 “Posti di lavoro e  di passaggio e luoghi di lavoro esterni” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Tit. X, Capo III, Art. 381 "Protezione del capo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Tit. V “Mezzi ed apparecchi di sollevamento, trasporto e immagazzinamento” (Capo I “Disposizioni generali”, Capo II “Gru, argani, paranchi e simili”, Capo III “Ascensori e montacarichi”, Capo V “Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici”) D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Art. 10 “Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro”  D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-          Tit. II, Capo V "Illuminazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          All. 1 "Requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine e dei componenti di sicurezza" D.P.R. n.459 del 24.07.1996.

-          Norme UNI 9288, 9289, 9290, 9291, 9292, 9293, UNI EN 281, 614/1, UNI ISO 1074, 2328, 2330, 2331, 3287, 3691, 5053, 5767, 6055 (vedere 6.1.37).

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi meccanici mobili del carrello elevatore possono essere causa di presa, impigliamento, cesoiamento.

danno atteso

Lesioni temporanee e permanenti per presa, trascinamento, taglio, amputazione, schiacciamento degli arti.

prevenzione

Le parti pericolose devono essere rese inaccessibili tramite adeguati ripari fissi.

riferimenti normativi

-          D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.

-          D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-          Norme UNI

 

Movimentazione manuale dei carichi.

descrizione

L’operazione di sostituzione delle batterie dei muletti richiede la loro movimentazione.

danno atteso

La movimentazione manuale può comportare disturbi e danni muscolo – scheletrici. In caso di caduta delle batterie gli addetti possono riportare lesioni traumatiche agli arti inferiori.

prevenzione

I rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi possono essere ridotti utilizzando mezzi meccanici di sollevamento per le batterie.

Si può anche mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del locale sulla quale sono poste prese e spine per il collegamento elettrico; questa soluzione limita anche l’esposizione agli acidi degli accumulatori elettrici e il rischio di esplosione e incendio.

Nel caso della movimentazione manuale occorre procedere alla valutazione del rischio in sede di misure attuative del D.Lgs. 626/94, gli addetti devono indossare scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico ed essere informati e formati.

riferimenti normativi

-          Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-          Norma UNI ISO 938

 

Esposizione a prodotti della combustione diesel

descrizione

Qualora vengano utilizzati carrelli elevatori diesel, gli addetti possono essere esposti ai prodotti della combustione, costituiti prevalentemente da: particolato da idrocarburi incombusti, ossidi di azoto (NO, NO2), anidride solforosa (SO2), ossido di carbonio (CO), formaldeide (HCHO), idrocarburi aromatici e alifatici, sostanze organiche volatili (S.O.V.).

danno atteso

L’esposizione continuativa ai suddetti inquinanti può provocare broncopneumopatie, ossicarbonismo, sindrome irritative delle estremità cefaliche, asma bronchiale, emopatie, epatopatie, neuropatie, nefropatie, miocardiopatie, dermatiti. Inoltre la formaldeide è un sospetto cancerogeno.

danno rilevato

Dalle indagini svolte in altri comparti produttivi, i lavoratori esposti ai gas di combustione dei carrelli diesel hanno lamentato l’irritazione delle congiuntive oculari e delle vie respiratorie.

prevenzione

Per limitare l’esposizione a questo fattore di rischio è opportuno valutare la possibilità di sostituirli con carrelli elevatori a trazione elettrica. Ciò è indispensabile quando i carrelli elevatori sono utilizzati all’interno dei magazzini e degli altri locali di lavoro, ma è consigliabile anche quando sono utilizzati esclusivamente sui piazzali aziendali, anche in considerazione della minore rumorosità dei carrelli a trazione elettrica. Tra l’altro sono attualmente disponibili sul mercato carrelli elevatori a trazione elettrica la cui portata è sufficiente per le esigenze di produzione del comparto. In attesa della loro sostituzione è bene che i carrelli elevatori diesel siano provvisti di marmitta catalitica (valida per NO2 e CO) o ad acqua (valida per il particolato) ed il loro impiego deve essere limitato all’esterno dei locali di lavoro (nel piazzale antistante lo stabilimento produttivo).

riferimenti normativi

-          Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-          Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-          Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-          Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-          Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.

-          DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

-          D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000 “Attuazione delle direttive 1997/42/CE e 1999/38/CE, che modificano la direttiva 90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”.

 

Esposizione a rumore

descrizione

La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione al rumore degli addetti, sia per il rumore generato dai mezzi stessi, sia nel caso esposizione indiretta se il mezzo viene introdotto in reparti dove si svolgono lavorazioni rumorose.

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

prevenzione

È necessaria la valutazione della esposizione e l’adozione delle relative misure di prevenzione, in primo luogo una accurata manutenzione dei mezzi. Dato che i carrelli elevatori diesel (talvolta utilizzati nei piazzali esterni) emettono in genere un rumore stimabile con un livello equivalente Leq di circa 85 dB(A) è opportuno valutare la possibilità di sostituirli con carrelli elettrici che sono meno rumorosi in quanto presentano un Leq di circa 79 dB(A).

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-          Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-          Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-          D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a vibrazioni

descrizione

La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa d’esposizione a vibrazioni.

danno atteso

L’esposizione continuativa a vibrazioni all’intero corpo può causare dolori e disturbi al rachide dorso-lombare, oltre che impedimento a manovrare con precisione.

L’esposizione continuativa a vibrazioni al sistema mano-braccio può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta. L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi ed all’entità di esposizione.

interventi prevenzionistici

-          Utilizzare mezzi del tipo a bassa vibrazione e minore impatto vibratorio, oltre a effettuare su di essi una accurata manutenzione.

-          Informazione e formazione dei lavoratori

riferimenti normativi

-          D.M.L. del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"

-          Art. 46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.

-          Art. 24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del 19.3.1956

-          9.9.3 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per movimentazione".

-          1.5.9 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".

-          1.5.9 "Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente"  D.P.R. n. 459 del 24.07.1996

-          Comunicazione CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".

-          Norma UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".

-          D.M. 30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2): «Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".

-          Comunicazione CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine, modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE  e 93/68/CEE".

 


Manipolazione di oli minerali

descrizione

I carrelli elevatori, come la generalità delle macchine, necessitano di oli minerali come lubrificanti degli organi meccanici.

danno atteso

Gli oli minerali sono una classe di composti che possono presentare rischi per i lavoratori di danni di tipo acuto (allergie, dermatiti) e di tipo cronico (tumori).

La IARC suddivide gli oli in due grandi categorie:

-          non severamente raffinati: classificati certamente cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1).

-          severamente raffinati: classificati tra le sostanze per le quali non è possibile esprimere un giudizio di cancerogenicità (Gruppo 3).

L’Unione Europea, invece, nel classificare i prodotti derivanti dal petrolio e dal carbone (tra cui ovviamente gli oli minerali) ha seguito un diverso criterio da quello della raffinazione ”tal quale”: le miscele di sostanze derivate dal petrolio e dal carbone vengono considerate sostanze a cui è stato attribuito un univoco numero di identificazione CAS ed un univoco numero di indice CE, classificando circa 600 sostanze come cancerogene (R45) a meno che il produttore non possa dimostrare che contengono (D.P.R. n. 52/97):

-          meno dello 0,1% peso/peso di 1,3-butadiene

-          meno dello 0,1% peso/peso di benzene

-          meno del 3% di estratto Dmso (Dimetilsolfossido) secondo la misurazione IP 346

-          meno del lo 0,005% peso/peso di benzo (a) pirene

oppure se il produttore, conoscendo l’intero iter di raffinazione, può dimostrare che la sostanza da cui il prodotto è derivato non è cancerogena.

Quindi, anche in questo caso, è fondamentale la lettura dell’etichetta e della scheda dei dati di sicurezza e che questi strumenti siano correttamente compilati.

prevenzione

Utilizzare oli minerali del tipo meno pericoloso (oli severamente raffinati) ed evitare l’imbrattamento, specie durante il prelievo degli oli esausti. È pertanto necessario utilizzare D.P.I. (guanti, tuta, grembiuli, occhiali) ed evitare di tenere in tasca stracci o utilizzare guanti impregnati di olio minerale. È importante una adeguata informazione, formazione, e sorveglianza sanitaria degli esposti.

riferimenti normativi

-          Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-          Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-          Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-          Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.

-          DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

-          D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000 “Attuazione delle direttive 1997/42/CE e 1999/38/CE, che modificano la direttiva  90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i  rischi  derivanti  da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”.

 

Esposizione ad acidi di accumulatori elettrici

descrizione

Durante la ricarica delle batterie di carrelli a trazione elettrica, i lavoratori possono essere esposti ad acidi contenuti nelle batterie.

danno atteso

Irritazione e ustione chimica della cute e delle mucose con cui vengono in contatto.

prevenzione

L’inalazione di vapori degli acidi presenti negli accumulatori elettrici viene limitata effettuando la ricarica in locale separato adeguatamente aerato. Se l’aerazione naturale non è sufficiente è necessario un sistema di aspirazione. In alternativa possono essere utilizzati apparecchi di ricarica chiusi e posti sotto aspirazione.

Una ulteriore soluzione può essere quella di mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del suddetto locale; questa soluzione evita anche il problema della movimentazione dei carichi per la sostituzione delle batterie.

Per evitare il contatto degli acidi con la pelle, durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi e i lavoratori devono indossare guanti antiacido. L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida.

E’ opportuno installare una adeguata cartellonistica di sicurezza per segnalare i pericoli e le indicazioni di prevenzione.

riferimenti normativi

-          Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-          Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-          Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-          Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-          Norme UNI EN 626/1, 626/2, 1093/4, UNI  9293.

-          DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Sviluppo di sostanze capaci di creare miscele esplosive con l’aria

descrizione

L’operazione di ricarica degli accumulatori dei carrelli a trazione elettrica comporta il pericolo di incendio – esplosione. Infatti, durante la ricarica, il passaggio della corrente elettrica determina un processo di elettrolisi con sviluppo di idrogeno. Si ha anche una parziale evaporazione degli acidi forti contenuti nella batteria. Pertanto, in assenza di idonea aerazione, si può arrivare ad un livello di saturazione ambientale che può determinare la formazione di una miscela esplosiva.

Se avviene l’esplosione si può anche verificare la proiezione violenta degli acidi forti contenuti nella batteria.

danno atteso

In caso di incendio-esplosione, gli addetti possono riportare gravi ustioni, lesioni traumatiche, intossicazioni. Se investiti da schizzi di acido della batteria, possono riportare anche ustioni cutanee e lesioni agli occhi.

prevenzione

Per ridurre i rischi derivanti dalla ricarica degli accumulatori elettrici è necessario effettuare questa operazione in locale separato dai restanti locali di lavoro, adeguatamente aerato. L’impianto elettrico deve rispondere alle norme per gli ambienti a maggior rischio in caso di incendio (CEI 64-8). È opportuno che in tale locale non siano presenti altri materiali infiammabili. In caso di ricarica sotto aspirazione localizzata, i parametri geometrici dell’impianto di aspirazione devono essere adeguatamente dimensionati in relazione alla velocità di aspirazione per evitare che si formino miscele esplosive con l’aria.

E’ opportuno installare una adeguata cartellonistica di sicurezza per segnalare i pericoli e le indicazioni di prevenzione.

La protezione antincendio deve prevedere la presenza almeno di estintori a polvere, del tipo omologato. Nei casi a rischio più elevato può essere opportuno installare un impianto di spegnimento automatico (ad esempio del tipo a CO2).

È necessaria la valutazione dettagliata del rischio d’incendio in base a quanto previsto dal D.M. del 10.03.98.

riferimenti normativi

-          Art. 19 “Separazione del locali nocivi”  D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-          Art. 20 “Difesa dell’aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi” D.P.R. n. 303/56.

-          Art. 303 “Accumulatori elettrici”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-          D.M.Ind. del 01.03.1989 "Recepimento della direttiva CEE/88/571, sull'aggiornamento al progresso tecnico dei metodi di protezione del materiale elettrico antideflagrante"

-          D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata, a meno che non sia appaltato anche l’imbottigliamento.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

I principali fattori di impatto ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Produzione di rifiuti

I principali rifiuti prodotti in questa fase sono gli oli esausti e le batterie esauste dei carrelli elevatori. Tali rifiuti vengono ritirati da ditte specializzate (si veda il paragrafo 4.1).

L’olio esausto va tenuto, prima del conferimento alla ditta incaricata al ritiro, in modo idoneo ed in condizioni di sicurezza per l’ambiente e per gli addetti. Pertanto devono essere utilizzati contenitori adatti ad eliminare i rischi di rottura e sversamento. Contenitori adatti a questo scopo devono rispondere a regole precise. In particolare devono essere provvisti di:

·         idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;

·         accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza il riempimento e lo svuotamento;

·         bacini di contenimento in caso di rotture o sversamenti;

·         mezzi di presa per rendere sicure le operazioni di movimentazione.

La sistemazione dei contenitori deve essere studiata per evitare al massimo gli urti accidentali ed altri gravi inconvenienti.

In procinto di raggiungere la capacità massima del contenitore di olio usato chiamare esclusivamente l’incaricato del Consorzio Obbligatorio degli oli usati e conferirgli l’olio in condizioni di sicurezza (il conferimento al Consorzio di olio usato non inquinato avviene a titolo gratuito), ponendo la massima attenzione alla movimentazione dei contenitori ed alla situazione di lavoro intorno alle operazioni di trasferimento del liquido.

Le batterie al piombo esauste sono pericolose per l’uomo e per l’ambiente perché contengono il 60-65% in peso di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre l’acido solforico è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.

Le batterie esauste devono essere conferite al raccoglitore incaricato COBAT.

 


I principali fattori di rischio ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Sversamenti di acido solforico e contaminazione del suolo con piombo.

In caso di rottura delle batterie durante la loro movimentazione si possono verificare sversamenti della soluzione acida; sversamenti sono possibili anche durante la ricarica delle batterie e durante lo stoccaggio provvisorio delle batterie esauste nell’attesa del ritiro da parte dello smaltitore. In caso di sversamento si può verificare l’inquinamento del suolo e delle acque. La batteria al piombo esausta è pericolosa per l’uomo e per l’ambiente perché contiene il 60-65% in peso di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre l’acido solforico in nebbie di acidi forti è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.

L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida; durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi.

I luoghi di ricarica devono essere conformati in modo da evitare sversamenti, ad esempio può essere predisposto un apposito canale di raccolta, coperto da grigliato in materiale antiacido, e dotato di pozzetto di accumulo e neutralizzazione; l’acido raccolto nel pozzetto deve essere neutralizzato e rimosso.

I lavoratori devono essere adeguatamente formati per la gestione dell’evento accidentale, sia per quanto riguarda la protezione dell’ambiente, sia per le norme di prevenzione di salute e sicurezza.

In attesa dell’arrivo del raccoglitore incaricato COBAT, le batterie esauste vanno depositate temporaneamente in contenitori mobili costituiti in materiale antiacido e dotati delle seguenti caratteristiche (deliberazione Comitato interministeriale 27 luglio 1984):

·         dotati di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;

·         dotati di maniglie per rendere sicure ed agevoli le operazioni di movimentazione;

·         utilizzare accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento e svuotamento;

·         le sponde siano più alte di almeno 20 cm dall’altezza massima dell’accumulo previsto;

·         contrassegno con etichetta o targa visibili, apposte sui recipienti stessi o collocate nelle aree di stoccaggio;

·         i recipienti che hanno contenuto le batterie e non reimpiegati per gli stessi tipi di rifiuti, devono essere sottoposti a trattamenti di bonifica appropriati ai nuovi usi. Non possono però essere mai utilizzati per contenere prodotti alimentari.

 

Sversamenti di oli minerali sul suolo o nelle acque

La sostituzione dell’olio usato dei muletti e le operazioni di rabbocco dell’olio devono essere effettuate in condizioni di massima sicurezza ed igiene per evitare che operazioni approssimative o mezzi tecnici non adeguati producano spandimenti e sversamenti sul suolo o nelle acque, perciò vanno usate tutte le cautele e le professionalità necessarie per eseguire il lavoro a regola d’arte.

È quindi indispensabile che i datori di lavoro impartiscano adeguate istruzioni al personale dipendente e agli apprendisti per la corretta gestione degli oli usati ai fini della protezione ambientale, senza trascurare le disposizioni igieniche e sanitarie a protezione della salute e della sicurezza: gli oli sono fonte di rischi (scivolamenti, incendi, intossicazioni) che vanno valutati e ridotti secondo le norme previste dagli appositi decreti legislativi 626/94 e 242/96.

 

Incendio – esplosione

L’incendio-esplosione del locale ricarica batterie può comportare danni strutturali interessanti anche altre parti dell’edificio, oltre che la propagazione dell’incendio ai locali limitrofi.


RIFERIMENTI NORMATIVI DI CARATTERE GENERALE

 

Leggi fondamentali

 

La Costituzione della Repubblica Italiana, legge fondamentale dello Stato, inquadra il problema dell’igiene e sicurezza del lavoro con tre articoli:

-          Art. 32 "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti".

-          Art. 35 "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni"

-          Art. 38 secondo e terzo comma: "I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale".

 

Nel Codice Civile vi sono due articoli particolarmente rilevanti:

-          Art. 2087 (Tutela delle condizioni di lavoro) "L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio della impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori del lavoro".

-          Art. 2050 (Responsabilità per l'esercizio di attività pericolosa) "Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di una attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno".

 

Il Codice Penale, a sua volta, contiene una serie di articoli importanti, dei quali, per brevità, citiamo soltanto i titoli:

-          Art. 437 Rimozione od omissione dolosa di cautela contro infortuni sul lavoro.

-          Art. 451 Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro.

-          Artt. 582-583 Lesione personale e circostanze aggravanti.

-          Art. 590 Lesioni personali colpose.

 

Testo unico delle leggi sanitarie (1934).

 

Negli ultimi quaranta anni sono state approvate numerose ed importanti leggi, ognuna di esse ha rappresentato un passo avanti sulla strada dello sviluppo civile del paese.

 

Normative di carattere generale

 

-          D.P.R. n. 547 del 27.04.1955 (G.U. n. 158 del 02.07.1955) – Norme generali per la prevenzione degli infortuni. Norme per prevenzione degli infortuni sul lavoro.

-          D.P.R. n. 302 del 19.03.1956 – Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative di quelle generali emanate con D.P.R. n. 547/1955.

-          D.P.R. n. 303 del 19.03.1956 – Norme generali per l’igiene del lavoro.

-          D.M.L. del 28.07.1958 – Presidi chirurgici e farmaceutici aziendali.

-          D.M.L. del 12.09.1958 – Istituzione del registro degli infortuni.

-          D.P.R. n. 1124 del 30.06.1965 – Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

-          Legge n. 977 del 17.10.1967 – Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti.

-          Legge n. 300 del 20.05.1970 – Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.

-          Legge n. 1204 del 30.12.1971 – Tutela delle lavoratrici madri.

-          D.M.L. del 18 aprile 1973 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e la malattie professionali.

-          D.P.R. n. 1026 del 25.11.1976 – Regolamento di esecuzione della Legge n. 1204 del 30.12.1971 sulla tutela delle lavoratrici madri.

-          Legge n. 833 del 23.12.1978 – Istituzione del servizio sanitario nazionale.

-          Legge n. 46 del 05.03.1990 – Norme per la sicurezza degli impianti

-          D.Lgs. n. 277 del 15.08.1991 – Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro a norma dell’Art. 7 della Legge n. 212 del 30.07.1990.

-          D.Lgs. n. 77 del 25.01.1992 – Attuazione della direttiva 88/364/CEE in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici.

-          D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 (con successive modifiche e integrazioni) “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,  89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 99/38/CE riguardanti il  miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.

-          D.Lgs. n. 242 del 19.03.1996 – Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994, recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.

-          Circolare Ministero del Lavoro n. 89 del 27.06.1996 – Direzione generale dei rapporti di lavoro Divisione VII - D.Lgs. n. 242/1996, , contenente modificazioni ed integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994, in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. Direttive per l’applicazione.

-          D.P.R. n. 459 del 24.07.1996 – Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 81/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento degli stati membri relative alle macchine.

-          D.Lgs. n. 493 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sui luoghi di lavoro.

-          D.Lgs. n. 494 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e/o di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili.

-          D.Lgs. n. 645 del 25.11.1996 – Recepimento della Direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.

-          Circolare n. 172 del 20.12.1996 – Ulteriori indicazioni in ordine di applicazione del D.Lgs. n. 626/1994, come modificato dal D.Lgs. n. 242/1996.

-          D.M.L. del 16.01.1997 – Individuazione dei contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro che possono svolgere direttamente i compiti propri del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.

-          D.Lgs. n. 359 del 04.08.1999 “Attuazione della Direttiva 95/63/CE, che modifica la Direttiva  89/394/CEE, relativa ai requisiti minimi di sicurezza e salute per l'uso di attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori”.

-          D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000 “Attuazione delle Direttive 97/42/CE e 99/38/CE, che modificano la Direttiva 90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”.


 

Tabella riassuntiva

VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE AL RUMORE

e relative misure di prevenzione ai sensi del D.Lgs. n. 277/1991.

Valori limite

Principali misure da attuare al superamento dei valori limite

Lep,d 80 dB(A)

-          Informare i lavoratori su:

-          rischi per l'udito derivanti dall'esposizione al rumore;

-          le misure adottate in applicazione delle norme vigenti;

-          le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi;

-          la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso;

-          il significato ed il ruolo del controllo sanitario per mezzo del medico competente;

-          i risultati ed il significato della valutazione del rumore.

-          Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori interessati che ne facciano richiesta ed il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi.

-          Privilegiare all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore.

Lep,d 85 dB(A)

-          Formare i lavoratori su:

-          uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito;

-          uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzate in modo continuativo, producono un Lep,d pari o superiore a 85 dB(A);

-          Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori a due anni.

-          Corredare da un'adeguata informazione relativa al rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai rischi che questa comporta, i nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad essere utilizzati durante il lavoro che possono provocare ad un lavoratore che li utilizzi in modo appropriato e continuativo un'esposizione quotidiana personale al rumore pari o superiore al limite.

Lep,d 90 dB(A)

 

oppure

 

Pressione acustica istantanea non ponderata

140 dB

(200 Pa)

-          Esporre una segnaletica appropriata, perimetrare e limitare l’accesso ai luoghi di lavoro.

-          Fornire ai lavoratori i D.P.I per la protezione dell'udito.

-          Consultare i lavoratori per la scelta dei modelli dei D.P.I.

-          I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dB(A) sono tenuti ad utilizzare i D.P.I.

-          Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori ad un anno.

-          Adottare misure preventive e protettive per singoli lavoratori, in conformità al parere del medico competente, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative.

-          Tenuta del registro degli esposti.

-          Comunicare all'organo di vigilanza, informando i lavoratori, le misure tecniche ed organizzative applicate, qualora l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulti superiore ai limiti nonostante l'adozione delle misure preventive.