A.R.P.A.T.
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della
Toscana
Settore tecnico C.E.D.I.F.
Comunicazione
Educazione Documentazione Informazione Formazione
Unità Operativa
“Documentazione e Informazione”
"Profili di rischio per comparto produttivo"
PRODUZIONE DI COLORANTI
PER INDUSTRIA
CERAMICA
Nelle province
di Firenze e Lucca.
Responsabili del procedimento la ricerca: Barbara
Gobbò, Danila Scala.
Autori della ricerca: Giuseppe Banchi,
Claudio Nobler, Danila
Scala, Paolo Spiniello.
Con la collaborazione di:
Leandro Bagnoli, Carla Poli, Gaetano Pizzano, Monica Puccetti.
Fotografie: Claudio Nobler.
RICERCA FINANZIATA
DA:
ISPESL - Istituto
Superiore Prevenzione E Sicurezza del Lavoro
Ricerca aggiornata
al settembre 2002.
1. - GENERALITÀ SUL COMPARTO.
Nella presente ricerca si prende in esame il comparto produttivo della produzione dei
coloranti per l’industria ceramica.
La presente indagine si riferisce ad attività comprese nel codice ISTAT-ATECO ’91 per la classificazione delle attività economiche: 24.30 – “Fabbricazione di pitture, vernici e smalti, inchiostri da stampa e mastici”. Questo comparto fa parte del settore produttivo della fabbricazione “Fabbricazione prodotti chimici e di fibre sintetiche artificiali” (codice 24).
Tabella 1 – Classificazione ISTAT-ATECO ’91 del settore produttivo
Codice attività ISTAT–aTECO ’91 |
Denominazione attività |
|
24.30 |
Fabbricazione di pitture, vernici e smalti, inchiostri da stampa e mastici. Questa classe
comprende: - fabbricazione di pitture e vernici, smalti o lacche; - fabbricazione di pigmenti, opacizzanti e colori preparati; - preparazioni vetrificabili, ingobbi e preparazioni simili; - fabbricazione di mastici, stucchi utilizzati nella pittura e stucchi non refrattari del genere di quelli utilizzati nella muratura; - fabbricazione di solventi e diluenti organici composti, fabbricazione di prodotti svernicianti preparati; - preparazione di inchiostro da stampa. Questa classe non
comprende: - fabbricazione di sostanze coloranti e pigmenti di base (24.12); -
fabbricazione di inchiostri per scrivere e
disegnare (24.66). |
Le aree di riferimento per la presente ricerca sono la
provincia di Firenze e di Lucca.
Da una ricerca effettuata sui dati delle C.C.I.A.A. (Unioncamere), si sono ottenuti i seguenti risultati:
Tabella 2 - Numero di unità locali in Toscana, anno 1999.
Codice Attività |
Descrizione attività |
totale Unità locali Regione Toscana |
Numero unità locali suddivise per provincia |
|||||||||
AR |
FI |
GR |
LI |
LU |
MS |
PI |
PO |
PT |
SI |
|||
24300 |
Fabbricazione di pitture, vernici e smalti, inchiostri da
stampa e mastici |
89 |
6 |
56 |
0 |
7 |
15 |
1 |
13 |
9 |
3 |
6 |
Fonte: elaborazione a cura di A.R.P.A.T. – settore tecnico S.I.R.A. su dati delle Camere di Commercio
(Unioncamere).
Tabella 3 - Numero di addetti in Toscana, anno 1999.
Codice Attività |
Descrizione attività |
Totale addetti Regione Toscana |
Numero addetti suddivisi per provincia |
|||||||||
AR |
FI |
GR |
LI |
LU |
MS |
PI |
PO |
PT |
SI |
|||
24300 |
Fabbricazione di pitture, vernici e smalti, inchiostri da
stampa e mastici |
1.045 |
63 |
713 |
0 |
18 |
252 |
2 |
80 |
15 |
29 |
53 |
Fonte: elaborazione a cura di A.R.P.A.T. – settore tecnico S.I.R.A. su dati delle Camere di Commercio
(Unioncamere).
Tabella 4 - Infortuni
denunciati e indennizzati all'INAIL nel periodo 1996-2000.
Anni |
Numero Infortuni |
Numero Infortuni Mortali |
1996 |
74 |
0 |
1997 |
73 |
0 |
1998 |
59 |
0 |
1999 |
48 |
0 |
2000 |
62 |
1 |
Totale |
316 |
1 |
Fonte: INAIL
Anno |
Tipo di conseguenza |
Codice della malattia professionale |
Tipologia di malattia professionale |
Numero di casi |
1997 |
PERMANENTE |
99 |
MALATTIE NON TABELLATE |
1 |
Fonte: INAIL
E’ da tenere presente che i dati statistici sopra
riportati comprendono le aziende che effettuano le seconde lavorazioni, come ad
esempio, la sola miscelazione e preparazione dei prodotti pronti all’uso a
partire da pigmenti, fritte, composti e preparati.
La presente ricerca ha preso come riferimento le
aziende toscane che effettuano la produzione di pigmenti, fritte, composti e preparati.
Nelle aziende del comparto è stata avviata la valutazione del rischio chimico ai
sensi del D.Lgs. 25/2002 che aggiorna il titolo VII
del D.Lgs. 626/1994.
È in corso, tra l’altro, un monitoraggio biologico
relativo in particolare ai rischi dovuti alla esposizione a piombo, cobalto,
nichel, antimonio, manganese, bario, litio, biossido di silicio, silice; è
inoltre tenuta sotto controllo l’esposizione a rumore, polveri, microclima.
Da indagini preliminari di monitoraggio biologico
effettuate da una azienda del comparto
relativamente alla esposizione a piombo, cobalto, nichel, antimonio, manganese,
sembra emergere quanto segue:
-
per quanto riguarda la piombemia, determinata
su 24 lavoratori, in 14 sono stati riscontrati valori pari o inferiori a quelli
di riferimento per i non esposti (10 gamma/dl), mentre nei restanti 10 i valori
riscontrati hanno superato i limiti di riferimento, ma in ogni caso sono
risultati inferiori ai valori soglia per persone esposte: tutti i soggetti
testati sono professionalmente esposti a piombo;
-
il dosaggio del manganese, sia ematico che urinario, ha mostrato valori
costantemente inferiori a quelli di riferimento;
-
per quanto riguarda la ricerca del cobalto urinario, nei 2 soggetti
testati sono stati riscontrati valori in un caso inferiore e nell’altro
lievemente superiore (2,1 gamma/l) al valore di riferimento per soggetti non
esposti (2 gamma/l);
-
la ricerca del nichel urinario ha fornito risultati inferiori al valore
di riferimento per persone non esposte (2,6 gamma/gr di creatina) in 2 casi e
in un caso valore ad esso uguale;
-
il dosaggio dell’antimonio urinario ha fornito in un caso valore pari a
quello di riferimento per persone non esposte (1 gamma/l) mentre, negli altri 2
soggetti, i valori sono nettamente ad esso superiori (7,4 gamma/l e
10,1 gamma/l).
2. -
DESCRIZIONE GENERALE DEL CICLO DI LAVORAZIONE
Per un più agevole approccio alla lettura delle
pagine che seguiranno, è utile anteporre una breve panoramica rivolta alla
definizione delle materie impiegate per la produzione dei coloranti per
ceramica e dei prodotti finiti; prendiamo in esame materie prime inorganiche,
fritte e pigmenti ceramici, composti ceramici, preparati ceramici.
A)
Materie prime inorganiche
Sono ossidi, sali, minerali aventi ciascuno differenti funzioni nell’economia della lavorazione industriale. Senza la pretesa di essere esaustivi ma solo con l’intenzione di accennare ad alcuni impieghi possibili, riportiamo qui di seguito alcuni dei materiali di largo impiego:
·
Argille: sono minerali largamente
disponibili in natura risultanti dalla miscela di silicati vari
(es. caolinite) ed altri minerali quali calcite, dolomite, quarzo;
·
Allumina: per la sua capacità di
legarsi sia con silicio che ossidi è il più importante stabilizzante di sistemi
vetrosi, essendo impiegata per controllare la viscosità e la resistenza
meccanica degli smalti;
·
Ammonio metavanadato: è aggiunto alle fritte
perché lo ione vanadio ha elevato potere antiflocculante
negli smalti e riduce la viscosità del fuso durante il processo di cottura;
·
Sodio floruro: serve come opacizzante e
materiale fondente;
·
Nichel carbonato: viene utilizzato per
introdurre nelle fritte ossidi di nichel. Questi ossidi permettono di avere
tinte blu, verde, grigio;
·
Rame ossidi: assumono grande importanza
per la capacità di conferire a smalti e fritte colorazioni con tinte comprese
tra il turchese ed il verde, compreso il rosso;
·
Manganese ossido: la sua aggiunta origina
rosso, giallo, marrone;
·
Cromo ossido: è usato in pigmenti e
fritte per produrre colori verdi, gialli e rossi;
·
Ferro ossidi: valgono le considerazioni
di cui immediatamente sopra;
·
Cobalto ossidi: impartiscono tinte blu;
·
Composti del piombo: trovano impiego sia nelle
fritte che nei pigmenti ed hanno il compito di conferire lucentezza al
prodotto;
·
Composti del bario: introducono ossido di
bario allo scopo di aumentare la brillantezza;
·
Composti del cadmio: producono giallo, arancio
e rosso;
·
Composti dell’antimonio: sono impiegati per
ottenere colori giallo, bruno, arancio.
B)
Fritte per ceramica (anche chiamate fritte
ceramiche)
Le fritte sono costituite da una miscela di sostanze inorganiche, prodotta mediante raffreddamento rapido di fusi, prodotta sotto forma di scaglie oppure di granuli vetrosi. Sono utilizzate come veicolanti di sostanze chimiche che – per tossicità oppure per solubilità – non potrebbero essere manipolate diversamente. E’ la base di partenza dei composti ceramici: le fritte contengono all’interno gli elementi necessari già miscelati in maniera omogenea e senza subire mutamenti durante la cottura. Essendo sostanze vetrose già lavorate in precedenza, presentano quindi aspetti tossicologici meno acuti se raffrontati con quelli propri del materiale grezzo.
Sono commercializzate sotto forma di granuli vetrosi
o scaglie in dipendenza del tipo di lavorazione al quale sono sottoposte:
·
se la massa fusa è raffreddata mediante laminazione tra rulli, il
risultato finale sarà costituito da una sfoglia che viene ridotta a scaglie per
passaggio su nastro vibrante;
·
se la massa fusa è raffreddata mediante libera caduta in acqua, il
risultato finale sarà costituito da granuli vetrosi.
C)
Pigmenti per ceramica (anche chiamati pigmenti ceramici)
I pigmenti ceramici sono solidi inorganici, caratterizzati dalla presenza di uno o più metalli di transizione in combinazione con altri elementi. Chimicamente stabili, colorati, oppure bianchi; hanno la caratteristica di mostrare nessuna o scarsa affinità con il veicolo od il substrato in cui sono inglobati, al contrario dei coloranti che sono particelle organiche intimamente legate al mezzo in cui risultano disperse. Sono molto pesanti ed insolubili (tanto in acqua che in acidi o basi). Per queste loro proprietà chimico fisiche, presentano tossicità più contenuta, rispetto ai coloranti organici, nei confronti dell’uomo e dell’ambiente.
I pigmenti ceramici sono generalmente ottenuti per
cottura ad alta temperatura di miscele ottenute attraverso mescolamento di
materie prime inorganiche (ad esempio silicati e carbonati) e composti cromofori
(per lo più ossidi metallici).
Il risultato finale è una nuova struttura
cristallina stabile avente conformazione di rutilo, (ossido misto a base di Ti,
Cr, Mn), spinello (ossidi misti a base di Co, Fe, Cu) e zirconio (ossidi misti
a base di V, Cd).
I pigmenti ceramici possono altresì essere
costituiti da ossidi puri di un unico metallo (ad esempio biossido di titanio e
triossido di ferro).
D)
Composti per ceramica (anche chiamati composti ceramici)
Con il termine di composti si indica una famiglia piuttosto ampia di prodotti da cui ottenere prodotti pronti all’uso con successive lavorazioni. Il ciclo lavorativo prevede il solo dosaggio dei vari ingredienti (uno o più tipi di fritte, con l’aggiunta di pigmenti, sali ed altri additivi quali ad esempio resine e prodotti antiflocculanti) ed il conseguente confezionamento; le successive lavorazioni (miscelazione, macinazione, ecc…) sono svolte direttamente dal Cliente che acquista il composto.
E)
Preparati per ceramica (anche chiamati preparati ceramici)
Con il termine di preparati si indicano i prodotti in polvere ottenuti dalla lavorazione dei composti. Dai preparati si possono produrre gli smalti fluidi. Infatti, il risultato della miscelazione, macinazione ed essiccazione degli ingredienti sopra citati per la preparazione dei composti è un prodotto in polvere che, dopo l’aggiunta di acqua o solvente, assume aspetto fluido ed è pronto per essere applicato. E’ da notare tuttavia che nell’industria di produzione delle piastrelle talvolta gli smalti sono utilizzati a secco.
CICLI PRODUTTIVI
Nella produzione dei coloranti per l’industria
ceramica si possono individuare quattro linee produttive:
1) Ciclo di produzione dei pigmenti.
2) Ciclo di produzione delle fritte.
3) Ciclo di produzione dei composti.
4) Ciclo di produzione dei preparati.
Produzione di pigmenti
L’ottenimento dei pigmenti per ceramica si articola
principalmente attraverso le fasi:
·
Ingresso e stoccaggio delle materie prime
·
Pesatura manuale e miscelazione degli ingredienti
·
Riempimento delle caselle e cottura
·
Frantumazione
·
Macinazione ad umido
·
Lavaggio ed essiccazione
·
Polverizzazione
·
Confezionamento
Le materie prime sono prelevate dal magazzino di
stoccaggio e inviate alla stazione di pesatura ove sono dosate in base ad una
ricetta ben precisa, variabile da colore a colore. Un apposito miscelatore ha
la funzione di mescolare accuratamente gli ingredienti di partenza. Dopo che il
miscuglio iniziale è stato reso perfettamente omogeneo, avviene in concreto la
trasformazione del materiale in pigmento colorato: la cottura nei forni di
sinterizzazione provvede a far sublimare l’agente cromoforo e ottenere così il
prodotto grezzo. Prima della commercializzazione, il pigmento deve subire
ulteriori processi di raffinazione. Per questa ragione, viene prima frantumato
e quindi sottoposto a macinazione in mulini a palle. Il fine prodotto ottenuto
va purificato delle scorie contenute e quindi è trasferito in appositi
contenitori –tini di lavaggio- che eliminano i sali solubili presenti. Il
pigmento è quindi asciugato in camere di essiccazione, polverizzato e
confezionato.
Produzione di fritte
L’ottenimento delle fritte si articola
principalmente attraverso le fasi:
·
Ingresso e stoccaggio delle materie prime
·
Pesatura automatica
·
Miscelazione degli ingredienti
·
Fusione
·
Raffreddamento della colata
·
Stoccaggio in silos
·
Confezionamento
Le materie prime, stoccate in grandi silos, sono
inviate per via pneumatica alla stazione di pesa dove è eseguito, in maniera
del tutto automatica, il dosaggio degli ingredienti. Il miscuglio ottenuto
viene caricato in un silo di alimentazione posto sopra la testa del forno: a
questo punto una coclea introduce il materiale ed avviene l’operazione di frittaggio. Una volta raggiunta la temperatura adeguata alla
tipologia di prodotto, la miscela fonde ed il prodotto risultante scorre fino
all’uscita. Il raffreddamento della colata è ottenuto in genere per immersione
in acqua da dove poi un trasportatore provvede a trasferirle in appositi
contenitori. In alcuni impianti industriali questi recipienti sono movimentati
da carrelli elevatori automatici governati da un sistema di guida laser. Le
fritte prodotte sono insaccate direttamente oppure stoccate in silos per il
confezionamento successivo.
Produzione di composti
Una parte delle fritte prodotte, invece di essere inviate alla distribuzione, viene rimessa in ciclo per dare origine ai composti ceramici. Assieme ad altre materie prime, le fritte sono pesate secondo una ricetta prestabilita. La miscela risultante è insaccata ed avviata alla commercializzazione. Nel caso di grandi quantitativi, il dosaggio e il confezionamento sono eseguiti in una linea totalmente automatizzata.
La produzione di composti ceramici può essere vista
come la naturale prosecuzione della lavorazione delle fritte, ossia il
reimpiego di questi prodotti finiti mediante aggiunta di altri ingredienti
secondo la ricetta stabilita e quindi la vendita.
Il mescolamento dei vari ingredienti in genere non è
richiesto in quanto viene effettuato direttamente dalle aziende produttrici di
smalti che acquistano i composti ceramici come materia prima.
L’ottenimento dei composti ceramici si articola
principalmente attraverso le fasi:
·
Ingresso e stoccaggio delle materie prime
·
Pesatura materie prime e delle fritte
·
Confezionamento
Produzione di preparati
La produzione dei preparati rappresenta il naturale proseguimento della lavorazione dei composti.
Gli ingredienti di partenza sono macinati ad umido e quindi sottoposti ad essiccazione ed infine confezionati.
Sono inoltre presenti attività lavorative
trasversali alle varie fasi e cicli produttivi, quali la movimentazione
meccanica dei carichi, la depurazione delle acque di scarico, la conduzione
degli impianti di abbattimento delle emissioni in atmosfera, la centrale
termica utilizzata per il riscaldamento dei locali, ecc…
Nella figura seguente e riportato lo schema a
blocchi di massima delle principali fasi lavorative.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Le materie prime impiegate, elencate nel capitolo precedente, giungono in stabilimento per essere inviate nell’apposito magazzino, oppure in silos per i prodotti sfusi. Il trasporto avviene su ruote, principalmente in camion furgonati per prodotti confezionati in sacchi o big bags oppure in autocisterne per i prodotti sfusi.
Le materie prime in sacchi, passate dall’accettazione, sono collocate nell’area adibita a deposito nell’apposito magazzino. Alcune materie prime di elevata pericolosità sono immagazzinate separatamente in appositi locali e conservati in fusti metallici.
Le materie prime destinate alla produzione di pigmenti arrivano generalmente in sacchi, big bags oppure altri contenitori. Mediante carrelli elevatori, transpalletts o carrelli manuali sono collocati in apposite scaffalature metalliche da cui poi vengono prelevate alla bisogna e trasportate alla pesatura impiegando lo stesso mezzo.
Le materie prime in polvere destinate alla produzione di fritte arrivano in genere in autocisterne dalle quali sono trasferite in silos tramite sistemi pneumatici. In autocisterna arriva anche l’ossigeno liquido utilizzato nei forni a metano per la fusione delle materie destinate alla produzione delle fritte. L’ossigeno liquido viene stoccato in appositi silos.
I prodotti finiti in uscita dallo stabilimento produttivo sono inviati ai Clienti tramite autotreni chiusi o centinati.
Per analogia dei fattori di rischio legati alla movimentazione delle merci e al transito dei mezzi, la spedizione delle materie in uscita è trattata qui insieme al ricevimento delle materie in ingresso.
Mezzi pesanti
Si tratta di autocisterne, autotreni chiusi o centinati da 19 t., talvolta anche autosnodati fino a 24 t.
Fig.
1.Mezzi pesanti nel piazzale di una azienda
del comparto.
Carrelli elevatori
Vedere la fase “movimentazione
con carrelli elevatori”.
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.
Stoccaggio e
movimentazione di prodotti pericolosi
descrizione
Per le varie lavorazioni sono utilizzati materiali pericolosi liquidi (ossigeno liquido) o in polvere quali ad esempio ammonio cloruro, minio di piombo, antimonio ossido, cobalto ossido e idrossido, coloranti contenti sali di cadmio e selenio, litio carbonato, manganese biossido, ossido e carbonato di nichel, potassio carbonato nitrato, sodio fluoruro e fluosilicato, bario carbonato e cloruro, silice (quarzo) , ecc…. Il rischio di esposizione è da mettere in relazione a:
-
la possibilità di rottura dei contenitori dei materiali in polvere
(fusti, sacchi di carta, big bags) durante le operazioni di carico, scarico e
trasporto, oppure per uno scorretto immagazzinamento;
-
la possibilità di sversamenti da autocisterne
durante il caricamento dei silos a causa della rottura di tubi flessibili, ecc…;
-
la necessità di interventi straordinari da parte dei lavoratori per
risolvere l’eventuale bloccaggio dello scarico dei materiali dai silos o da
tramogge, dovuti ad esempio alla formazione di “ponti” o grandi grumi al loro
interno.
danno atteso
I prodotti utilizzati variano a seconda del tipo di pigmento, fritta, composto o preparato che si intende produrre, di conseguenza anche i rischi di esposizione a polveri sono da valutare in relazione alla pericolosità dei vari componenti ed alle modalità di utilizzo (vedere in particolare la fasi pesata e miscelazione materie prime relativamente alle quattro linee produttive dei coloranti per ceramica: pigmenti, fritte, composti e preparati).
Sono possibili infortuni traumatici per
schiacciamento dovuto alla caduta di fusti pieni da 180 litri.
La fuoriuscita accidentale di ossigeno liquido può
essere causa di ustioni da freddo; inoltre l’ossigeno alimenta fortemente la combustione
e reagire fortemente con i materiali combustibili.
-
Esaminare le schede di sicurezza di ogni prodotto utilizzato ed
effettuare la valutazione del rischio chimico.
-
Valutare la sostituzione dei prodotti pericolosi con altri meno
pericolosi, ad esempio in una azienda del comparto
l’ammonio metavanadato è stato sostituito con pentossido di vanadio.
-
Stoccaggio idoneo alla tipologia e alla pericolosità dei vari
materiali, cercando il più possibile di tenere separati e in locali e in
contenitori idonei i prodotti particolarmente pericolosi, quali ad esempio:
ammonio metavanadato, composti di nichel, cobalto,
cadmio, ecc… Il locale di stoccaggio deve essere
adibito e riservato solo a quell’impiego, con adeguato ricambio di aria. È
opportuno prevedere sistemi di contenimento di eventuali sversamenti,
come ad esempio vasche di contenimento. Allo scopo di ridurre i rischi legati a
operazioni in questi locali è necessario:
§ verificare frequentemente e comunque
a secondo scadenze prefissate lo stato di conservazione di imballaggi e
contenitori per prevenire o ridurre le perdite di materiale;
§ mantenere sempre chiusa la
porta (con caratteristiche di resistenza al fuoco) del locale, evitando di
piazzare cunei o altro per tenere aperta la porta con aumento del rischio di
diffusione all’esterno di materiale pericoloso;
§ tenere separate sostanze
incompatibili o capaci di effetti sinergici;
§ in ogni locale di stoccaggio
deve essere sempre presente, aggiornato e immediatamente disponibile un
documento contenente tutte le informazioni riportate sulle schede di sicurezza
dei prodotti (nome, frasi di rischio, informazioni sul comportamento da tenere in caso d’emergenza ecc…)
§ etichettare dettagliatamente
le merci in deposito, secondo la normativa vigente;
§ evitare il contatto dei
prodotti pericolosi con pelle, occhi, bocca e vie respiratorie, facendo ricorso
ai D.P.I del caso;
§ osservare scrupolosamente le
norme d’igiene personale;
§ prevedere procedure scritte
del comportamento da tenere in caso di emergenza;
-
Procedure di stoccaggio corrette.
-
Per i prodotti in sacchi su pancali,
delimitare gli spazi destinati allo scopo in modo da evitare che possano essere
urtati da carrelli elevatori.
-
I liquidi infiammabili o le sostanze che possono emettere vapori
infiammabili o tossici devono conservati in recipienti e in locali sicuri e
nelle quantità strettamente necessarie.
-
In caso di fuoriuscita di polveri, utilizzare mezzi mobili di
aspirazione e/o spazzatrici stradali, indossare D.P.I.
(tute, maschere, ecc…).
-
Informazione e formazione del personale.
Lo stoccaggio di ossigeno liquido può richiedere particolari misure di prevenzione, tra le quali:
-
ubicazione dei serbatoi in una zona lontana dallo stabilimento e il cui
accesso è precluso a tutti i veicoli, evitando la possibilità di urti;
-
la zona dove sono installati i serbatoi deve essere recintata e
attrezzata con apposito bacino di contenimento contro eventuali sversamenti accidentali;
-
le condotte di trasferimento dell’ossigeno dai serbatoi allo
stabilimento devono essere realizzate in modo da evitare possibili urti da
parte di automezzi;
-
prevedere procedure scritte del comportamento da tenere in caso di
emergenza;
-
informazione e formazione del personale.
Per evitare i rischi derivanti dalla necessità di
interventi manuali da parte dei lavoratori all’interno dei silos per lo
stoccaggio di materiali in polvere che possono dar luogo alla formazione di
“ponti” o grumi, è opportuno programmare correttamente i tempi di permanenza
dei vari materiali all’interno dei silos e che questi ultimi siano dotati di
piastre vibranti e/o di ugelli per l’immissione di getti di aria compressa per
sbloccare il materiale.
Per evitare i rischi derivanti dalla rottura o
distacco dei tubi flessibili utilizzati per lo scarico delle autocisterne è
necessario procedere ad una accurata manutenzione preventiva di giunti, tubi, ecc…
riferimenti normativi
-
D.P.R. 547 del 1995 e s.m.i.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
DPCM 31.03.89
-
D.Lgs 277/91
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
-
D.Lgs. 334/99, Allegato I
Fig. 2.Locale di stoccaggio separato
ed apposito per i fusti contenenti ammonio metavanadato.
Fig. 2 bis.Fusto contenente ammonio metavanadato.
Fig. 3.Cartellone con le norme di
comportamento in caso di emergenza adottate da una azienda del comparto.
Utilizzo di scaffalature verticali
descrizione
I materiali sono stoccati su scaffalature metalliche
di varia portata a seconda delle necessità aziendali e del tipo di materiale.
Per l’accesso ai ripiani più alti delle scaffalature
per materiali leggeri, talvolta vengono utilizzate scale portatili.
Quando le scaffalature non sono adeguatamente
fissate alle pareti e/o di portata non adeguata, è possibile il loro
ribaltamento accidentale a seguito di:
-
urto da parte degli addetti o da parte di carrelli elevatori.
-
sbilanciamento del carico.
-
appoggio di una scala portatile sulla quale sale l’addetto.
-
trascinamento della struttura nel caso un addetto vi si appigli cadendo
dalla scala portatile.
E’ anche possibile la caduta della scaffalatura per
cedimento strutturale in caso il carico superi la portata o se la struttura è
deteriorata.
danno atteso
Lesioni traumatiche da urti e cadute.
interventi prevenzionistici
Le scaffalature devono essere di portata idonea,
dotate di cartelli che ne indichino la portata (in caso di ripiani con portata
diversa, ogni ripiano deve riportare l’indicazione della sua portata); le
scaffalature devono essere stabilmente fissate al soffitto o alle pareti o
comunque realizzate con una struttura tale che sia impossibile la caduta per
ribaltamento. Periodicamente è opportuno controllare il buono stato della
scaffalatura.
riferimenti normativi
-
D.P.R. n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
Fig. 4.Magazzino di stoccaggio delle
materie prime per la produzione di pigmenti.
Fig. 5.Scaffalatura di stoccaggio
sacchi materie prime per la produzione pigmenti. Si noti la staffa di fissaggio
a parete.
Fig. 6.Indicazione della portata
massima per ripiano della scaffalatura.
Transito di mezzi nei piazzali aziendali
descrizione
Il movimento di ingresso e di uscita dei mezzi
pesanti dal cancello al punto di stoccaggio e ritorno può comportare il rischio
da investimento dei lavoratori oppure il rischio di collisione tra mezzi.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
Predisporre
e segnalare (mediante segnaletica orizzontale e verticale) percorsi separati
per pedoni ed automezzi. Stabilire e segnalare il limite di velocità a 5 Km/h.
A seconda delle dimensioni del piazzale, valutare l’opportunità di stabilire,
segnalare e rispettare percorsi a senso unico.
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.
- D.Lgs. n. 626/1994 e successive modifiche e integrazioni.
Fig. 7.Autocisterna durante il carico
dei silos di ossigeno liquido in una azienda del comparto.
descrizione
Lo scarico pneumatico delle materie prime in polvere dalle autocisterne ai silos di stoccaggio comporta l’esposizione al rumore dell’addetto (in genere è lo stesso autista del mezzo) e degli altri lavoratori che dovessero trovarsi nelle vicinanze.
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di utilizzare sistemi pneumatici del tipo meno rumoroso e/o insonorizzare le sorgenti di rumore.
- Valutare la possibilità di interrare i silos, conseguentemente lo scarico sarebbe semplificato per il fatto che l’autocisterna avrebbe la possibilità di arrivare fin sopra la botola corrispondente ed effettuare lo scarico semplicemente per gravità anziché a pressione e quindi con emissione rumorosa molto minore. L’interramento dei silos risolverebbe anche il problema dell’impatto paesaggistico nel caso lo stabilimento si trovi in aree sensibili.
- Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche limitando l’accesso ad altri lavoratori nel piazzale in prossimità dell’autocisterna durante lo scarico pneumatico. Ciò è utile oltre che a ridurre l’esposizione indiretta al rumore di addetti ad altre mansioni, anche a ridurre il rischio di investimento da parte dei mezzi in movimento.
-
Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose
è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di
prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte
nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente
documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Fig. 8.Autocisterna durante il carico
pneumatico nei silos delle materie prime per la produzione di fritte.
Fig. 9.Addetto allo scarico
dell’autocisterna nei silos delle materie prime per la produzione di fritte.
Lavoro in postazione
sopraelevata
descrizione
danno atteso
Lesioni
traumatiche per caduta dall'alto (rischio di infortunio mortale).
prevenzione
Predisporre
accessi sicuri alle postazioni in altezza ai silos di stoccaggio con gradini
stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, ecc…
come prescritto dalle norme vigenti.
A
seconda delle situazioni possono essere necessari D.P.I.
(scarpe antiscivolo, imbracatura con sistema di trattenuta che impedisca la
caduta d'alto).
E’
opportuno organizzare il lavoro in modo da limitare l’accesso alle postazioni
in altezza.
Informazione
e formazione dei lavoratori.
riferimenti normativi
-
Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di
passaggio”, D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
D.Lgs. n.
626 del 1994.
Fig. 10. Carico container tramite carrello elevatore.
Fig. 11. Rimorchio centinato per il trasporto dei
prodotti finiti.
Lavoro in
altezza (copertura del carico sui camion)
descrizione
Infortuni gravi possono verificarsi in seguito a
cadute dall’alto durante le operazioni di copertura, carico e scarico del
materiale condotte da operatori in piedi sulla sommità di camion.
danno atteso
Lesioni
traumatiche (anche mortali).
prevenzione
-
Preferire l’utilizzo di automezzi centinati.
-
In caso di utilizzo di automezzi che richiedano la copertura manuale
del carico con teli, predisporre postazioni fisse alle quali ancorare una
imbracatura di sicurezza che l’addetto deve indossare prima di raggiungere la
postazione in altezza.
-
Indossare scarpe con suola antiscivolo.
-
Informazione e formazione degli addetti.
- Art. 386 “Cinture di sicurezza” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
descrizione
Le operazioni di scarico delle materie prime espone
gli addetti agli agenti meteorologici (sole e caldo nei mesi estivi; pioggia e
freddo nei mesi invernali).
danno atteso
Malattie da raffreddamento durante la stagione
fredda.
Affaticamento eccessivo, insolazione, stress termico durante la stagione calda.
interventi prevenzionistici
Nelle zone di scarico delle materie prime è
opportuno valutare la possibilità di installare tettoie per la protezione dei
lavoratori dagli agenti meteorologici; gli addetti devono poter disporre di
indumenti protettivi adeguati; il lavoro deve essere organizzato in modo da
minimizzare i tempi di esposizione e prevedendo pause di riposo in ambienti
climatizzati. Gli addetti devono essere informati e formati.
riferimenti normativi
-
Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379
"Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
Titolo V "Movimentazione manuale dei
carichi", All. VI
"Elementi di riferimento" del D.Lgs. n.
626/1994.
Movimentazione
meccanica
descrizione
Durante le operazioni di carico e scarico e
trasporto delle materie sono utilizzati carrelli elevatori. Per quanto riguarda
rischi, danni e prevenzione vedere la fase “movimentazione
dei carichi con carrelli elevatori”.
APPALTI
ESTERNI
Il trasporto delle materie prime avviene in genere tramite mezzi di aziende specializzate in autotrasporti.
IMPATTO ESTERNO
Dispersione di polveri
In caso di dispersione accidentale di polveri si può
determinare inquinamento del suolo e dei corpi idrici circostanti. In
considerazione della natura dei materiali in oggetto, può risultare utile
conformare la pavimentazione delle zone interessate in modo da convogliare le
acque meteoriche di dilavamento verso vasche di raccolta, dalle quali possono
essere inviate ad impianti di neutralizzazione e depurazione.
Fig. 12.Spazzatrice stradale nel
piazzale di una azienda del comparto.
Diffusione di rumore
Il rumore dovuto prevalentemente alle operazioni di
scarico delle cisterne e di trasporto pneumatico dei materiali in polvere può
determinare disturbo alla popolazione circostante. E’ opportuno adottare misure
per la riduzione del rumore alla fonte, ubicare la zona di scarico in un’area
il più distante possibile dalle abitazioni e/o prevedere apposite barriere
antirumore.
Impianti
antiestetici e di altezza elevata
L’altezza e la forma dei silos di stoccaggio possono
determinare un impatto negativo sul paesaggio, specie se l'azienda è ubicata in
aree particolarmente sensibili sotto questo aspetto. Per ridurre l'impatto
paesaggistico può essere prevista una limitazione in altezza e/o prevedere una
copertura degli impianti.
Fig. 13. Vista d’insieme dei silos delle materie prime
per la produzione di fritte.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Il primo passo del processo industriale che conduce all’ottenimento di un pigmento ceramico è rappresentato dal dosaggio degli ingredienti di partenza. Per valutare le quantità, solitamente si preferisce impiegare unità di peso anziché di volume, per la maggiore precisione che se ne può ottenere. I vari componenti sono in genere misurati a mano. Ogni postazione di lavoro è corredata del relativo punto di raccolta differenziata per gli imballaggi: sono allestiti contenitori separati per carta, cartone, plastica, imballaggi etichettati “sostanze pericolose”.
Fig. 14.Movimentazione manuale dei
sacchi e cassoni di raccolta degli imballaggi primari.
In questa fase della lavorazione, gli addetti dosano manualmente i quantitativi richiesti per ciascuna formulazione. A tale scopo gli addetti aprono i sacchi contenenti le materie prime da utilizzare e li rovesciano manualmente dentro una cisternetta mobile (montata su ruote e che è stata posizionata sulla bilancia che è a filo del pavimento); aggiunte di piccole quantità per aggiustamento del peso sono eseguite a mano tramite una botazza (un tipico mestolo).
Una volta raggiunta la composizione stabilita, la cisternetta viene spostata manualmente in sosta o portata in prossimità del miscelatore. A questo punto la cisternetta mobile, contenente gli ingredienti di partenza, è trasferita mediante un paranco sollevatore su una piattaforma sopraelevata alla quale si accede salendo una rampa di scalini e dove è posizionato il mescolatore. L’addetto collega il fondo della cisternetta con la bocca di carico del mescolatore, apre la flangia ed il contenuto passa per gravità all’interno del mescolatore che ha lo scopo di rendere perfettamente omogeneo il miscuglio di partenza.
L’operatore può seguire l’evolversi del trattamento attraverso un’apposita apertura; al termine, attraverso una tubazione sotto aria compressa, il semilavorato è scaricato all’interno di una cisternetta fissa appoggiata sul pavimento al di sotto del miscelatore, oppure convogliata tramite trasporto pneumatico in una tubazione fino alla postazione fissa di carico dei contenitori di materiale refrattario entro le quali avverrà la cottura.
Fig. 15.Operazione di riempimento
manuale della cisternetta mobile. L’addetto di destra
sta completando la composizione introducendo una piccola quantità di materiale
nella cisternetta, prelevandola da un sacco tramite
la botazza.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Si tratta di un contenitore di metallo su ruote destinato alla raccolta delle materie prime da trasferire alla successiva fase di miscelazione. La movimentazione è generalmente di tipo manuale ed in piano, fino a quando la stessa non arriva in prossimità del montacarichi che ha il compito di portarla sulla piattaforma sopraelevata per il mescolamento degli ingredienti di partenza.
Si tratta di un bilico interrato su cui staziona la cisternetta, allo scopo di controllare il peso dei materiali introdotti.
Miscelatore (mescolatore)
Si
tratta di una camera chiusa in acciaio inox di forma parallelepipeda
con fondo bombato, dotata di portello superiore a cui viene collegata la
flangia di scarico della cisternetta mobile e di oblò
per il controllo visivo. Sul fondo è presente un dispositivo di scarico delle
polveri miscelate. L’organo lavoratore è costituito da un’elica metallica
montata su albero ad asse orizzontale. Il mescolatore è in genere montato in
postazione sopraelevata tramite una incastellatura metallica, al fine di
permettere il posizionamento sotto di esso di un apposito contenitore dove
scaricare il materiale mescolato.
Fig. 16.Apparecchio miscelatore con
sotto il contenitore per la raccolta del materiale miscelato. Si noti la scala di
accesso alla postazione sopraelevata.
Piattaforma sopraelevata per il carico dei miscelatori
Si tratta di una postazione di lavoro posta a circa
4 metri da terra raggiungibile mediante scala metallica. I boccaporti di carico
del miscelatore possono trovarsi a filo del piano del pavimento della
piattaforma stessa, oppure a circa 80 cm di altezza di fronte alla piattaforma.
Talvolta sulla postazione sono anche installati i quadri elettrici di comando
dei miscelatori.
Fig. 17.Operazione di caricamento del
miscelatore con cisternetta mobile sollevata tramite
paranco, azionato da un operatore che si trova sulla piattaforma sopraelevata
dotata di pannello di controllo.
Fig. 18.Miscelatori visti dalla
piattaforma sopraelevata di caricamento. Si notino i boccaporti che durante il
caricamento sono fatti corrispondere alla flangia inferiore della cisternetta mobile.
Fig. 19.Contenitori per materiale
miscelato, impilati l’uno sull’altro.
Contenitore per materiale
miscelato
È un contenitore predisposto per essere movimentato tramite transpalletts o carrelli elevatori, costituito da una cisternetta in acciaio inox, di forma cilindrica con fondo troncoconico, simile a quella del prodotto da miscelare, ma in questo caso è dotato di una incastellatura di sostegno e la parte superiore del contenitore è chiusa e dotata di flangia per l’immissione del materiale miscelato.
Fig. 20.Altro tipo
di apparecchio miscelatore. Si noti il sistema di aspirazione localizzata sulla
flangia di carico e sulla zona dove
viene posizionato il contenitore per la raccolta del materiale miscelato. Si
noti anche la protezione ribaltabile sulla piattaforma di carico per
posizionare su di essa i carichi in sicurezza.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.
Esposizione a
polveri
-
Silice
I prodotti di origine
naturale largamente impiegati nell’industria della ceramica (argille, caolino, feldspati, talco) possono contenere silice cristallina e
dare conseguentemente origine a fenomeni di tossicità acuta in seguito ad
infiltrazioni nel sistema respiratorio.
-
Ammonio metavanadato
Alcuni sali
rappresentano materie prime essenziali per l’industria della ceramica: ad
esempio l’ammonio metavanadato svolge un importante
ruolo per la sua capacità di influenzare la viscosità del prodotto fuso dopo la
cottura.
-
Carbonato di
nichel
Il carbonato di nichel
viene largamente impiegato nell’industria ceramica per la produzione di fritte
e quindi pigmenti ceramici. Sottoposto a forte riscaldamento (a partire da
temperature superiori ai 500°C) decompone fornendo ossidi di Ni in grado di
impartire tinte blu, verde, grigio, marrone. L’importanza industriale del
carbonato di nichel è legata alla possibilità di generare ossidi metallici in
condizioni controllate (degradazione termica), limitando in tale maniera le
possibilità di entrare in contatto diretto con gli stessi.
-
Sodio floruro
Il floruro di sodio risulta materia prima importante per la
produzione di pigmenti ceramici. Pur essendo stato approvato dalla FDA come
unica fonte ammessa di floruri negli alimenti, viene
etichettato con il simbolo di pericolo T (tossico). E’ in grado di portare
tossicità acuta (80 mg/kg per ingestione nel topo) ed è accompagnato dalle
frasi di rischio R23/24/25 (tossico per inalazione, ingestione e contatto con
la pelle.
-
Piombo
Impiegato largamente in
passato, adesso l’utilizzo di piombo nei pigmenti ceramici ha conosciuto una
forte limitazione. L’effetto di lucentezza che impartisce al prodotto non è
però eguagliato da nessun altro sostituto, motivo per il quale trova comunque
ancora importante applicazione
-
Cadmio
I composti del cadmio sono
in grado d’impartire tinte rosse e gialle che vengono poi sfruttate per
produrre smalti da vetro
-
Antimonio
I composti
dell’antimonio sono utilizzati per produrre pigmenti ceramici di colore bruno
-
Manganese
I composti del
manganese trovano larga applicazione per l’ottenimento di coloranti e smalti
per ceramiche artistiche e piastrelle
-
Bario
I composti del
cadmio sono capaci di impartire tinte rosse e gialle
-
Cobalto
I composti del
cobalto sono impiegati principalmente nell’industria della ceramica e del vetro
per dare colori blu e rossi
stima
Da misurazioni effettuate in aziende del
comparto sono stati rilevati per mezzo di campionatori personali valori di esposizione
dei lavoratori a polveri di sostanze pericolose, in particolare piombo, molto
vicini al limite di esposizione proposto da ACGIH.
danno atteso
I possibili danni per la salute dei
lavoratori dipendono dall’entità della esposizione e dal tipo di prodotto
utilizzato. Si riportano di seguito informazioni riguardanti i prodotti
maggiormente utilizzati sopra descritti.
-
I lavoratori esposti ad elevate concentrazioni di polvere
di silice cristallina (il limite
TLV-TWA ACGIH è 0,05 mg/m3) sviluppano negli anni una malattia
professionale chiamata silicosi. La IARC ha classificato in gruppo 1 (sostanze
cancerogene per l’uomo) la silice cristallina inalata sotto forma di quarzo o cristobalite (IARC MONOGRAPH, vol. 8, 1997).
-
Il metavanadato di ammonio è etichettato con frasi di
rischio R25, R36, R37 e R38, indicano pericolo di sostanza tossica per
ingestione e di sostanza irritante per gli occhi, per le vie respiratorie e per
la pelle. Classificato tossico (T) per l’uomo, negli ambienti di lavoro si
tiene sotto controllo mediante monitoraggio del triossovanadato
di ammonio, il quale presenta una dose TLV pari a 0,05 mg/m3. Il
valore di tossicità acuta orale (ratto) per il triossovanadato
di ammonio è pari a 160 mg/Kg. L’unico caso conosciuto di avvelenamento acuto
da vanadio (banca dati micromedex.com) fa riferimento all’ingestione, da parte
di una donna di 22 anni, di una dose compresa tra i 10 e i 15 grammi di ammonio
metavanadato. Dopo due ore si è avuto sviluppo di
nausea, vomito e diarrea. Emiparesi braccio-facciale destra un’ora dopo.
-
Il carbonato di nichel è classificato Xn (nocivo), con frasi di rischio R22 (nocivo per
ingestione), R40 (possibilità di effetti irreversibili) e R43 (sensibilizzante
per la pelle). Gli ossidi di Ni sono cancerogeni per inalazione. Accompagnati
dalla frase di rischio R49 e R43 quando il contenuto di NiO
libero supera l’1%, richiedono particolari precauzioni.
-
Il sodio floruro a contatto con la acidi sviluppa gas (HF) assai
aggressivi capaci di provocare irritazioni ed ustioni per pelle e occhi.
L’ingestione di modiche quantità causa bruciori all’apparato respiratorio,
vomito e convulsioni.
-
I composti del piombo
vengono contrassegnati con le frasi R20/22. La classificazione è “tossico”
(Xn) ed il limite di esposizione indicato dal D.Lgs. 25/2002 è di 0,15 mg/m3. La sorveglianza
sanitaria si effettua quando:
-
l’esposizione a una concentrazione di piombo nell’aria,
espressa come media ponderata nel tempo calcolata su 40 ore alla settimana, è
superiore a 0,075 mg/m3;
-
nei singoli lavoratori
è riscontrato un
contenuto di piombo
nel sangue superiore
a
40 mg Pb / 100 ml.
L’esposizione a
piombo può causare patologie a carico di apparato digerente (dolori addominali,
coliche), apparato emopletico (anemia), sistema
nervoso (saturnismo).
-
I composti del cadmio
sono etichettati Xn e accompagnati dalle frasi
R20/21/22 con limite di esposizione TLV-TWA ACGIH pari a 0,002 mg/m3
come Cd – polveri – frazione inalabile. L’inalazione comporta difficoltà
respiratorie, edema polmonare; vomito, diarrea, in caso d’ingestione
-
I composti
dell’antimonio presentano TLV-TWA ACGIH pari a 0,5 mg/m3 e sono
accompagnati dall’etichettatura “nocivo” (Xn) oltre
che dalle frasi di rischio R20/22. Causa tosse, arrossamenti alla gola per
inalazione; per ingestione dolori addominali e vomito.
-
I composti contenenti
biossido di manganese sono considerati tossici (etichetta Xn) e contrassegnati dalle frasi R20/22. Il limite TLV-TWA
ACGIH per i composti inorganici è di 0,2 mg/m3 come manganese.
Inalazione di fumi e polveri conduce a danni cronici principalmente a carico di
sistema respiratorio (pneumonia) e nervoso centrale. Contrazioni muscolari e
tremori possono essere accompagnati a debolezza, languore. Ingestione di dosi
elevate provocano danni anche reni e fegato.
-
I composti contenenti
bario sono indicati con il simbolo Xn e le frasi
R20/22: il limite di esposizione TLV-TWA ACGIH è pari a 0,5 mg/m3
(come Ba). Causa dolori addominali, vomito, diarrea, danni al fegato e reni,
paralisi degli arti se ingerito. Per inalazione comporta patologie ai polmoni.
-
L’ossido di cobalto viene
classificato tossico (Xn) e con le frasi R22/43
(nocivo per ingestione e irritante per la pelle): il limite di esposizione
TLV-TWA ACGIH è pari a 0,02 mg/m3 (come Co). L’ingestione di
quantitativi consistenti di cobalto conduce ad alterazioni nella crasi ematica.
-
L’ossido di nichel è
considerato cancerogeno di categoria 1 con frasi di rischio R49 (può provocare
il cancro per inalazione) e R43. Il TLV-TWA ACGIH è pari a 0,2 mg/m3
composti insolubili (come Ni).
interventi
prevenzionistici
- Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.
- Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati.
- Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.
- Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.
- I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.
riferimenti
normativi
-
D.P.R. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs 277/91
-
D.M. 28/01/92
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
-
D. Lgs. 52/97
-
D.M. 04/04/97
-
D.M. 28/04/97
-
D.Lgs. 285 del 1998
-
D.Lgs. 334/99, Allegato I
Fig. 21. Particolare del sistema di aspirazione per il
riempimento manuale della cisternetta mobile, in una
azienda del comparto.
Fig. 22. Sistema chiuso per l’apertura e il
rovesciamento manuale, sotto aspirazione, dei sacchi di prodotti pericolosi in polvere
e per il successivo trasporto pneumatico del materiale stesso. Tale sistema è
stato adottato da una azienda di un altro comparto produttivo in Toscana.
L’operatore prende il sacco chiuso e lo deposita nel box, quindi chiude gli
sportelli e introduce le mani nel box chiuso e aspirato attraverso gli oblò
dotati di copertura a lembi di gomma che hanno lo scopo di permettere
l’introduzione delle mani mantenendo più piccola possibile l’apertura;
l’addetto taglia così il sacco e lo rovescia lasciandone cadere il contenuto,
attraverso la griglia, nella tramoggia collegata alla tubazione di trasporto
pneumatico. Sempre con le mani dentro il box chiuso e aspirato, l’operatore
spinge il sacco vuoto nella tramoggia adiacente in fondo alla quale è abboccato
un sacchetto di plastica per la raccolta dei sacchi vuoti dei prodotti
pericolosi.
In genere il rovesciamento dei sacchi contenenti le materie prime è effettuato manualmente da 2 operatori. I sacchi pesano circa 25 - 30 Kg. L’operazione può inoltre comportare l’assunzione di posture incongrue, specie quando i sacchi sono prelevati da pancali di legno posti sul pavimento.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
Ferite e contusioni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di effettuare l’operazione di dosaggio delle materie prime tramite impianti chiusi e automatici (ciò è risulterebbe utile anche per la riduzione dell’esposizione alle polveri).
- Utilizzare ausili per la movimentazione dei sacchi e delle cisternette mobili.
- Prevedere sistemi di sollevamento progressivo dei pancali, man mano che i sacchi vengono prelevati, in modo da consentire agli addetti di mantenere sempre la postazione eretta.
- Qualora permanga la movimentazione manuale della cisternetta, è opportuno che la stessa sia spinta da due addetti e che il pavimento sia conformato in modo da non appesantire lo sforzo necessario per spingere la cisternetta, evitando per quanto possibile la presenza di dislivelli, buche o disconnessioni.
- Presenza di dispositivi scansapiedi sulle ruote della cisternetta mobile.
- Indossare D.P.I. (scarpe di sicurezza).
- Corretta organizzazione del lavoro.
- Informazione e formazione dei lavoratori.
riferimenti normativi
-
Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
Norma UNI ISO 938
Fig. 23.Movimentazione tramite transpalletts di un pancale di
sacchi di materie prime.
Lavoro in
postazioni sopraelevate
descrizione
L’accesso ad una postazione di lavoro sopraelevata
mediante sala a gradini comporta l’osservanza di una serie di precauzioni
minime per evitare cadute, scivolamenti. Come pure va posta particolare
attenzione a che il pavimento di lavoro della piattaforma sia perfettamente
liscio, senza buche o aperture.
danno atteso
Le conseguenze derivanti da cadute in questa fase
del ciclo possono essere costituite da leggeri traumi, ferite lacero contuse,
fratture
interventi prevenzionistici
Il piano rialzato deve essere perimetrato
con adeguati parapetti provvisti di fascia fermapiedi per impedire cadute di
attrezzi o oggetti. Le scale di accesso devono essere fermamente legate alla
struttura principale, corredate di parapetto, fermapiedi e gradini antiscivolo.
Deve essere predisposta anche una ostruzione (ad esempio un cancello) che
protegga l’apertura della piattaforma da e per la scala ed una protezione (ad
esempio ribaltabile) dell’apertura verso il vuoto attraverso la quale avviene
il caricamento dei materiali sulla piattaforma tramite carrello elevatore. E’
opportuno l’impiego di appropriati dispositivi per la protezione individuale,
quali scarpe di sicurezza con suola antiscivolo.
- Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
Norme
UNI EN 361, 363, 795
Fig. 24.Piattaforma di carico del
miscelatore con boccaporti a filo con il piano di calpestio. Si noti la
protezione ribaltabile dell’apertura verso il vuoto attraverso la quale avviene
il caricamento dei materiali con carrello elevatore.
Fig. 25.Coperchio per botola di carico
del miscelatore dalla piattaforma sopraelevata. Si noti la protezione
grigliata.
Fig. 26.Altra botola dotata di
coperchio. Si noti la protezione grigliata e il sistema di aspirazione
localizzata.
Lavoro in
prossimità di carichi sospesi
descrizione
L’impiego di gru, carroponte
o paranchi per trasportare la cisternetta ed
assicurarne poi l’aggancio alla relativa flangia del miscelatore può comportare
il rischio di caduta di carichi dall’alto. Inoltre, specie quando alla manovra
partecipa più di un addetto, esiste il rischio di presa delle mani a contrasto
tra le catene e di investimento da parte del carico dovuto alle oscillazioni che
esso può compiere durante la sua movimentazione.
Particolare attenzione deve
essere prestata nel caso siano eseguiti lavori straordinari (ad esempio di
installazione o manutenzione) nei pressi del carroponte. Infatti, in un’azienda
di un altro comparto produttivo, è recentemente accaduto un infortunio grave
dovuto al fatto che, un lavoratore di una ditta esterna, mentre stava lavorando
su un ponteggio mobile per l’installazione di un impianto di allarme, è caduto
dall’alto perché urtato da un carroponte azionato da un lavoratore interno che
non si era accorto della presenza del ponteggio mobile.
danno atteso
Ferite e contusioni con rischio di infortunio
mortale.
interventi prevenzionistici
Il binario sul quale scorre
il carroponte deve essere dotato di apposito dispositivo di fine corsa, per
eliminare il rischio che la parte mobile possa cadere dal binario.
Per ridurre il rischio di
investimento e schiacciamento da parte del carico, è necessario che si manovri
in modo da ridurre le oscillazioni. Inoltre, sia chi manovra la gru (gruista),
sia chi provvede alla imbracatura del carico, non si deve mai posizionare tra
l’oggetto da sollevare ed eventuali ostacoli fissi.
Il gancio della gru deve
essere dotato di chiusura di sicurezza o conformato in modo da garantire
l’impossibilità della caduta accidentale del carico. In aziende di altri comparti sono accaduti diversi infortuni
mortali proprio per la mancanza di questo semplice dispositivo di sicurezza.
Per evitare il rischio di urti è anche necessario che,
quando non utilizzato, il gancio non sia mai lasciato ad altezza d’uomo e che
l’ambiente di lavoro sia sufficientemente illuminato e dotato di illuminazione
di emergenza. Anche la cabina di manovra della gru - carroponte deve essere
provvista di illuminazione normale e di emergenza.
È necessario che l’apparecchio di sollevamento abbia
portata idonea rispetto al peso pezzo da sollevare e venga sottoposto alle
verifiche preventive e periodiche delle apparecchiature nel loro insieme o di
loro parti (ad esempio le funi). Gli esiti degli accertamenti vanno riportati
sull’apposito registro tenuto dall’azienda. In particolare, se la portata essa
è superiore a 200 Kg., l’impianto è soggetto a denuncia e visita preventiva di
primo impianto da parte di ISPESL, a controlli annuali da parte della A.S.L. (al fine di verificarne le condizioni di efficienza
per quanto riguarda i dispositivi meccanici e di scorrimento), e verifiche
trimestrali da parte di tecnici incaricati dall’azienda (riguardo le funi
metalliche impiegate per il sollevamento dei carichi) da registrare
sull’apposito libretto.
L’impianto di sollevamento
deve essere utilizzato solo da personale appositamente formato e che indossi D.P.I., in particolare elmetto, scarpe di sicurezza con
punta rinforzata, guanti.
In caso di lavori
straordinari (ad esempio di installazione o manutenzione) che possano
comportare la presenza di lavoratori in altezza nella zona operativa del
carroponte è necessario verificare che i lavori siano eseguiti solo dopo avere
bloccato il carroponte e aver segnalato i lavori in corso (ad esempio togliendo
l’alimentazione al carroponte e apponendo sul quadro elettrico un avviso di non
effettuare manovre). Nel caso i lavori straordinari siano eseguiti da ditte
esterne è fondamentale il coordinamento tra i responsabili del servizio
prevenzione e protezione delle due aziende.
Fig. 27.Cartello di informazione sulle
norme di sicurezza nel reparto di miscelazione dei pigmenti.
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
L’organo lavoratore e gli organi di trasmissione del
moto del miscelatore, se non adeguatamente protetti, possono costituire per gli
addetti alla lavorazione il rischio di presa, trascinamento e schiacciamento.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
L’organo lavoratore e gli organi di trasmissione del
moto del miscelatore devono essere segregati con ripari fissi o muniti di
dispositivi di interblocco meccanico. Ove sia necessario mantenere la
visibilità, possono essere eventualmente realizzate griglie o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti dell’addetto
possano raggiungere le parti meccaniche in movimento.
Le macchine devono essere dotate di dispositivo di
arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad
esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di
ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a
mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia dotato
di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima della pulizia. Per le
operazioni di pulizia, regolazione o manutenzione che dovessero richiedere
l’avviamento della macchina con ripari rimossi, può essere utilizzata una
pulsantiera con avviamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta
inserita escluda il quadro comando e che sia azionabile dall’operatore da una
postazione nella quale sia ben visibile la zona operativa.
È opportuno adottare procedure di pulizia
standardizzate e scritte.
È necessaria l’informazione e formazione dei
lavoratori.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI
Movimentazione
meccanica dei carichi con carrelli elevatori
Per le indicazioni relative a questo fattore di
rischio si rimanda alla fase “movimentazione
meccanica con carrelli elevatori”.
Fig. 28.Carrelli elevatori a forche in movimento
nel reparto produttivo dei pigmenti.
APPALTI ESTERNI
Questa
fase non è appaltata in quanto essenziale al ciclo produttivo.
IMPATTO
ESTERNO
L’aria mista a polveri proveniente dall’impianto di
aspirazione localizzata (sulla postazione di dosaggio e pesata dei prodotti in
polvere) è inviata ad impianti di abbattimento corredati di filtri a maniche. I
filtri a maniche sono soggetti a manutenzione periodica e se ne facilita il
controllo mediante sensori automatizzati di pressione che rilevano in continuo
il flusso prima e dopo il filtro.
Si tratta principalmente delle polveri recuperate dai filtri a maniche e degli imballaggi delle materie prime. Le polveri sono in parte reimpiegate in produzione, mentre il resto viene riciclato dall’industria delle mattonelle. Gli imballaggi delle materie prime sono raccolti separando la carta dalla plastica e conferiti a ditte specializzate per il riciclaggio.
DESCRIZIONE DELLA FASE
Dopo essere stata omogeneizzata nei miscelatori, la miscela di partenza è trasferita in formelle cilindriche di materiale refrattario (chiamate caselle) nelle quali subisce un processo di cottura (chiamato anche calcinazione). L’operazione può essere eseguita in due linee distinte: a mano sotto aspirazione mediante botazze oppure impiegando un sistema automatizzato. Il materiale miscelato può provenire direttamente dal miscelatore tramite una tubazione con trasporto pneumatico oppure per caduta a gravità da cisternetta posizionata tramite paranco su una incastellatura metallica dell’impianto automatico di riempimento.
Fig. 29.Riempimento manuale delle
caselle con botazza.
Una volta riempiti, i contenitori sono pronti per il forno a muffola e vengono impilati uno sull’altro per un’altezza di circa un metro e mezzo sopra carrelli di acciaio protetti dal calore con barre di refrattario. I carrelli sono movimentati e introdotti in forno lungo apposite rotaie e/o tramite l’ausilio di transpalletts a batteria appositamente predisposti.
Durante la permanenza nel forno a muffola, in
seguito all’innalzamento di temperatura, il cromoforo (sostanza che determina
la colorazione) si propaga attraverso tutta la massa dell’impasto, conferendole
la tonalità voluta. In realtà la temperatura di “cottura” varia sostanzialmente
a seconda della composizione e natura della miscela: si passa infatti dai 700°C
di certi colori fino ai 1300°C di altre formulazioni. Questo passaggio è
definito sinterizzazione, talvolta fusione oppure anche calcinazione. Abbiamo
scelto il termine cottura poiché la temperatura di lavoro è lievemente
inferiore a quella di fusione della massa e ben lontana da quella di
calcinazione delle sabbie.
Fig. 30.Macchina per riempire ed
impilare automaticamente le caselle.
Fig. 31.Sistema di riempimento
automatico delle caselle con cisternetta su
incastellatura.
La durata dell’intero ciclo di cottura varia dalle
14 alle 20 ore. Quando il forno è nuovamente a circa 60°C, i carrelli metallici
sono estratti e lasciati a freddare per un’altra giornata mentre una nuova
carica è sottoposta a cottura.
Dopo la cottura, a seconda del tipo e del
quantitativo dei prodotti impiegati, le caselle possono essere svuotate
manualmente oppure automaticamente nei frantumatori e le caselle vuote
ritornano tramite nastri trasportatori in ingresso allo stesso impianto
automatico per il riempimento e l’impilamento sui carrelli refrattari da
introdurre in forno.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Caselle
Sono i contenitori di materiale refrattario aventi
forma cilindrica di altezza inferiore al diametro, entro i quali avviene la
sublimazione del cromoforo che si diffonde in tutta la massa del miscuglio di
partenza durante la fase di cottura.
Carrelli refrattari
Si tratta di mezzi mobili su ruote di acciaio
(talvolta conformate in modo idoneo per la movimentazione su rotaia), protetti
dal calore mediante sbarre di cemento refrattario. Su questi carrelli sono
posizionate le caselle da cuocere e il tutto viene introdotto nel forno di
cottura.
Impianto automatico di riempimento / impilamento / svuotamento caselle
Si tratta di un impianto automatico costituito da
diverse parti, che ha lo scopo sia di riempire le caselle con il materiale da
cuocere e impilarle sul carrello da introdurre in forno, sia di svuotare dopo
la cottura le caselle dentro una tramoggia per l’alimentazione del
frantumatore, introducendo nuovamente le caselle svuotate su un nastro
trasportatore verso l’ingresso dell’impianto di riempimento.
Forni a muffola
Sono forni parallelepipedi metallici rivestiti
internamente con barre di cemento refrattario il cui accesso è chiuso mediante
portellone di grandi dimensioni.
I forni sono alimentati da una combinazione di metano – aria e sono di tipo intermittente. La miscela fornita varia in dipendenza del ciclo di cottura ed è riconducibile essenzialmente a due tipologie: “di scambio” e “comburente”. La miscela “di scambio” è utilizzata all’inizio ed alla fine della cottura in quanto:
-
in partenza provvede a mantenere in movimento i gas all’interno del
forno assicurando una distribuzione costante ed omogenea della temperatura;
-
alla fine la miscela introdotta ha la duplice funzione di raffreddare
il forno e portare via l’aria consumata contenente le polveri.
La miscela “comburente” è quella utilizzata per la
combustione vera e propria: da una temperatura iniziale di circa 60°C si sale
secondo rampe di crescita della durata di 8/10
ore fino ad arrivare a 1200/1400°C. Una volta raggiunta l’opportuna
temperatura di cottura, funzione dell’agente cromoforo in questione, viene
mantenuto il riscaldamento per il tempo necessario alla sublimazione e quindi
ha luogo il raffreddamento.
Questo tipo di forno è anche chiamato muffola.
Fig. 32.Carrelli refrattari carichi di
caselle pronti per essere informati.
Fig. 33.Forno di cottura aperto con
all’interno un carrello di caselle da cuocere.
Fig. 34.Forno di cottura (modello più
recente).
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.
Esposizione a
polveri
Durante il riempimento manuale delle caselle con i prodotti in
polvere, rischi, danni e prevenzione sono analoghi a quanto descritto per la
fase “pesata e miscelazione delle materie
prime” a cui si rimanda.
Microclima
sfavorevole e superfici calde
descrizione
Gli addetti possono venire a contatto con le
superfici calde costituite da pareti dei forni (se non sufficientemente
coibentate) o dal materiale (sabbie, refrattario, carrelli metallici)
parcheggiato nei pressi del forno lasciato a raffreddare dopo la cottura.
danno atteso
Ustioni per contatto con superfici calde.
Disturbi da scomfort
termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psicofisico con
possibilità di calo dell’attenzione e maggior rischio di infortuni.
interventi prevenzionistici
-
Coibentare le parti calde del forno.
-
Proteggere la postazione per il comando e il controllo del forno
mediante schermi anticalore.
-
Valutare la possibilità di confinare la fase lavorativa in un’area non
frequentata, così da limitare il numero dei soggetti esposti.
-
Nelle situazioni di maggior esposizione a stress termico, è utile
prevedere l’uso di abbigliamento idoneo specifico, in relazione al rischio da
esposizione ad elevata temperatura, oltre a prevedere, nell’organizzazione del
lavoro, idonei periodi di acclimatamento, pause, turnazione della mansione.
-
Mettere a disposizione degli addetti la possibilità di bere spesso per
reintegrare i liquidi persi con la sudorazione.
-
Utilizzo di appropriati d.p.i. compresi capi di abbigliamento specifici.
-
Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.
Movimentazione
manuale dei carichi, movimenti ripetuti, posture
descrizione
Il trasferimento dell’omogeneizzato dalla cisternetta fissa di raccolta alle caselle viene effettuato
in una linea automatizzata o manuale in dipendenza del quantitativo e del tipo
di prodotto. Anche la movimentazione delle caselle può avvenire manualmente.
Ogni casella piena può pesare da 10 a 18 Kg a seconda del tipo di materiale.
Altra causa di movimentazione manuale è dovuta alla
operazione di rimozione dei big bags contenenti le caselle rotte.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
-
Automazione, dove possibile, della procedura di riempimento e carico
delle caselle su carrelli.
-
Utilizzare ausili per la movimentazione dei big bags.
-
Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
Norma UNI ISO 938
descrizione
Gli addetti a questo reparto sono esposti al rumore proveniente dai forni a muffola in funzione.
stima
Da
misurazioni effettuate in aziende del comparto si sono evidenziati i seguenti
valori:
Leq = 83,9 dB(A), Lmax = 97,8 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di utilizzare macchine del tipo meno rumoroso.
-
Valutare la possibilità di insonorizzare le macchine rumorose e/o
attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la
progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può
essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli
stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde
sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla
progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software
di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare
della posizione delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali
e acustiche dei locali.
- Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, ad esempio valutando la possibilità di separare questa lavorazione da altre meno rumorose per ridurre l’esposizione indiretta di addetti ad altre mansioni, oppure valutando se è possibile eseguire la macinazione durante le ore notturne quando il personale adibito ad altre lavorazioni è assente, in modo da limitare al massimo il numero di soggetti esposti.
-
Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose
non sufficientemente insonorizzate o di entrare nella zona chiusa e delimitata
da pareti fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I.
(cuffie, tappi);
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di
prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte
nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente
documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Esposizione a
gas di combustione
descrizione
La combustione del metano nei forni di cottura può
determinare l’esposizione dei lavoratori ai fumi di combustione (NOx, COx,
polveri, ecc… ).
danno atteso
L’esposizione ai fumi o vapori dei gas combusti può
provocare irritazione delle prime vie respiratorie.
interventi prevenzionistici
-
Sistema di evacuazione dei fumi all’esterno dei locali di lavoro,
tramite impianto di aspirazione e camino.
-
Il forno fusorio deve essere dotato di un sistema di ricambio d’aria
forzato che, introducendo la nuova aria al posto di quella esausta, effettui un
completo dilavamento dell’atmosfera prima dell’apertura del portello.
-
Tenere sotto attenta sorveglianza dei quadri di controllo che
sovrintendono alla regolazione ed immissione delle varie miscele all’interno
del forno.
-
Effettuare controlli periodici e regolare manutenzione del forno e dei
dispositivi di sicurezza.
-
Aerazione naturale e/o forzata dei locali di lavoro.
-
Informazione e formazione degli addetti.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
- Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.
Conduzione di
macchine alimentate a gas combustibile
descrizione
L’utilizzo dei forni a gas può comportare il rischio
di fughe di gas combustibile ed esplosione - incendio, oltre alla possibile esposizione
degli addetti ai prodotti di combustione.
I bruciatori possono eventualmente dare origine ad
incidenti molto gravi in caso di malfunzionamento dei dispositivi di sicurezza,
ad esempio fiammate improvvise originate da punti di innesco (pareti calde, ecc…), errore umano (riaccensione del forno senza che sia
stata eseguita la prevista e necessaria operazione di ricambio dell’aria
interna), ecc…
danno atteso
Sono possibili intossicazioni per inalazione di gas.
Ustioni, lesioni traumatiche ed intossicazioni in caso di incendio –
esplosione, con danni alla salute dei lavoratori per causa diretta (sovrapressione) o indiretta (cedimento strutturale).
interventi prevenzionistici
Per ridurre il rischio è necessario che vengano effettuate
verifiche periodiche su tutto l'impianto a gas. A fine turno di lavoro è bene
chiudere il rubinetto generale di erogazione del gas. Sono necessari
dispositivi che interrompano l’erogazione del gas in caso di spegnimento della
fiamma. E’ importante che il sistema automatico di accensione sia controllato
onde evitare l'innesco ritardato che potrebbe determinare una esplosione. È
opportuno installare rivelatori automatici di gas (tarati ad una opportuna
concentrazione frazione del limite inferiore di infiammabilità), collegati al
sistema di allarme e ad elettrovalvole del tipo normalmente chiuse (in mancanza
della alimentazione elettrica) installate sulle tubazioni del gas.
E’ fondamentale la informazione e la formazione dei
lavoratori e la conduzione del forno dovrebbe essere consentita esclusivamente
a personale specializzato.
riferimenti normativi
-
Normativa generale antincendio.
-
Norme UNI-CIG.
-
Per i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si
applica il D.M.I. del 31.03.1984, mentre per quelli
di capacità superiore a 5 m3 si applica il D.M.I.
del 13.10.1994.
Questa fase non è appaltata in quanto essenziale al
ciclo produttivo.
IMPATTO ESTERNO
Emissioni in
atmosfera
I forni che bruciano miscele a base di metano
producono emissioni contenenti polveri, COx,
NOx, ecc... . Le emissioni provenienti dai
forni, prima di essere rilasciate in atmosfera, sono inviate ad impianti di
abbattimento delle polveri.
L’aria mista a polveri proveniente dall’impianto di
aspirazione localizzata (sulla postazione di riempimento delle caselle con i
prodotti in polvere) è inviata ad impianti di abbattimento corredati di filtri
a maniche. I filtri a maniche sono soggetti a manutenzione periodica e se ne
facilita il controllo mediante sensori automatizzati di pressione che rilevano
in continuo il flusso prima e dopo il filtro.
Produzione pigmenti: FRANTUMAZIONE
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Dopo la cottura le caselle sono svuotate manualmente
o automaticamente e il materiale derivante dalla svuotatura
viene sottoposto a frantumazione.
Tale processo si rende indispensabile dal momento che, dopo il ciclo di cottura, in dipendenza della formulazione della miscela come pure della temperatura raggiunta, il materiale cotto si presenta come un disco di particolare consistenza, di durezza paragonabile a quella di un conglomerato. Il materiale sminuzzato in frammenti, risulta ben più gestibile per la successiva fase di trasferimento e caricamento di macinazione nel molino.
Il risultato della frantumazione è raccolto in una cisternetta su ruote e quindi posizionato in una zona del
reparto in attesa di essere trasferito al reparto di macinazione a umido,
oppure dal il prodotto in uscita da frantumatore è inviato per via pneumatica
in un silos di stoccaggio.
Frantumatore
Si tratta di una macchina costituita da una camera all’interno
della quale si muovono cilindri contrapposti che, arrivando fino quasi a
toccarsi, sminuzzano il conglomerato caricato dall’alto tramite una tramoggia.
Cisternetta
Contenitore mobile posizionato sotto il frantumatore; al suo interno è raccolto il materiale disgregato, che successivamente è trasportata al sistema di carico dei molini.
Fig. 35.Addetto al prelevamento
manuale delle caselle cotte dalla pila. Per favorire il distacco l’addetto
utilizza un martello.
Fig. 36.Movimentazione manuale delle
caselle cotte.
Fig. 37.Particolare dell’operazione di
svuotamento manuale delle caselle contenenti il pigmento cotto che è introdotto
nel frantumatore.
Fig. 38.Nastro trasportatore delle
caselle svuotate.
Fig. 39.Cisternette
mobili su ruote piene di pigmenti cotti e frantumati.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.
Esposizione a polveri
descrizione
Durante lo svuotamento manuale delle caselle contenenti il prodotto cotto gli addetti sono esposti a polveri di varia natura e pericolosità a seconda del tipo di prodotto calcinato. Altra causa di esposizione può essere la manutenzione degli impianti.
danno atteso
Si veda quanto riportato alla fase “pesata manuale e miscelazione delle materie prime”, tenendo conto che una volta subito il processo di calcinazione i singoli componenti di partenza danno luogo alla formazione di composti che in genere sono meno pericolosi di quelli di partenza, ad esempio con allumina idrata e ossido di cobalto si forma alluminato di cobalto. Tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.
- Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.
- Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.
- Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.
- Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.
- I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Movimentazione
manuale dei carichi, movimenti ripetuti, posture
descrizione
La movimentazione e lo svuotamento delle caselle
cotte è effettuato in una linea automatizzata o manuale in dipendenza del quantitativo
e del tipo di prodotto.
Quando la casella cotta è prelevate manualmente,
l’addetto utilizza un martello per favorirne il distacco dalla pila (posta sul
carrello di cottura) e una volta prelevata, la porge ad un altro addetto che la
svuota nel frantumatore. Lo stesso addetto la pone la casella vuota su un
nastro trasportatore che la conduce ad un sistema di raccolta per il successivo
riutilizzo, a meno che la casella non si sia rotta (ad esempio durante il
distacco dalla pila), nel qual caso la casella viene gettata in un big bag.
Inoltre per prelevare le caselle più in alto della pila l’addetto deve raggiungere una posizione più alta rispetto al pavimento e ciò può comportare il rischio di caduta dall’alto specie se l’operatore sale in piedi sul carrello di cottura, che è alto circa 70 cm da terra.
Ogni casella piena può pesare da 10 a 18 Kg a
seconda del tipo di materiale.
Altra causa di movimentazione manuale è dovuta alla
operazione di rimozione dei big bags contenenti le caselle che si rompono durante la
rimozione dalla pila.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
-
Automazione, dove possibile, della procedura di riempimento e carico
delle caselle su carrelli.
-
Utilizzare ausili per la movimentazione dei big bags.
-
Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
Norma UNI ISO 938
descrizione
Gli addetti a questo reparto sono esposti al rumore proveniente dal frantumatore in funzione.
stima
Da
misurazioni effettuate in aziende del comparto si sono evidenziati i seguenti
valori:
-
frantumatore con materiale in uscita trasferito per via pneumatica,
all’inizio della lavorazione quando il materiale in lavorazione non è sufficiente
a riempire tutta la macchina: Leq = 90,1 dB(A), Lmax = 97,2 dB(A);
-
stessa postazione di misura con macchinario a regime: Leq = 86,6 dB(A), Lmax = 91,5 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di utilizzare macchine del tipo meno rumoroso.
-
Valutare la possibilità di insonorizzare le macchine rumorose e/o
attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la
progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può
essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli
stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde
sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla
progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software
di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare
della posizione delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali
e acustiche dei locali.
- Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, ad esempio valutando la possibilità di separare questa lavorazione da altre meno rumorose per ridurre l’esposizione indiretta di addetti ad altre mansioni, oppure valutando se è possibile eseguire la macinazione durante le ore notturne quando il personale adibito ad altre lavorazioni è assente, in modo da limitare al massimo il numero di soggetti esposti.
-
Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose
non sufficientemente insonorizzate o di entrare nella zona chiusa e delimitata
da pareti fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I.
(cuffie, tappi);
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di
prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte
nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente
documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Gli organi lavoratori della
macchina frantumatrice e il nastro trasportatore delle caselle vuote, se non
adeguatamente protetti, possono costituire per gli addetti il rischio di
infortuni gravi.
danno atteso
Ferite e contusioni.
interventi prevenzionistici
Il frantumatore deve essere corredato dei
dispositivi atti a rendere inaccessibili agli operatori le parti mobili (ad
esempio griglie fisse o collegate a dispositivi di interblocco).
Il nastro trasportatore deve essere protetto contro
il rischio di presa e trascinamento con adeguati ripari a protezione delle
parti pericolose.
Inoltre le macchine devono essere provviste di
dispositivi per l’arresto di emergenza e per impedire l’avviamento accidentale
durante la manutenzione o in caso ritorni la alimentazione elettrica dopo che era
venuta a mancare per un qualsiasi motivo.
È opportuno utilizzare procedure standardizzate e
scritte per la manutenzione.
Gli addetti devono essere informati e formati.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI
Lavoro in
prossimità di superfici calde, microclima sfavorevole
descrizione
Il materiale destinato alla frammentazione è quello in uscita dal forno di cottura. Sia le caselle e il prodotto cotto in esse contenuto, sia i carrelli sui quali sono poste le caselle per l’introduzione in forno, possono comportare rischi di contatto cutaneo con materiali ad elevata temperatura. Inoltre gli stessi materiali concorrono a produrre un microclima sfavorevole nell’ambiente di lavoro, specialmente durante la stagione estiva.
danno atteso
Ustioni per contatto con superfici calde.
Disturbi da scomfort
termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psicofisico con
possibilità di calo dell’attenzione e maggior rischio di infortuni.
interventi prevenzionistici
-
Predisporre un’apposita area di stazionamento ove lasciare raffreddare
il prodotto uscito dal forno, separandola dagli altri locali di lavoro mediante
appositi pannelli anticalore.
-
Garantire un adeguato ricambio dell’ambiente di lavoro.
-
Indossare d.p.i. (guanti, indumenti anticalore, ecc…)
-
Corretta organizzazione del lavoro.
-
Mettere a disposizione degli addetti la possibilità di bere spesso per
reintegrare i liquidi persi con la sudorazione.
-
Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.
APPALTI ESTERNI
Questa
fase non è appaltata in quanto essenziale al ciclo produttivo.
IMPATTO
ESTERNO
L’aria mista a polveri proveniente dall’impianto di
aspirazione localizzata al frantumatore è inviata ad impianti di abbattimento
corredati di filtri a maniche. I filtri a maniche sono soggetti a manutenzione
periodica e se ne facilita il controllo mediante sensori automatizzati di
pressione che rilevano in continuo il flusso prima e dopo il filtro.
Produzione di rifiuti
Le caselle di materiale refrattario hanno un tempo
di vita medio stimabile attorno ai 15-20 cicli cottura-raffreddamento. Il
materiale esausto, nonché quello danneggiato, viene raccolto in big bags
all’interno del reparto e trasferito successivamente in altra zona dello
stabilimento per lo stoccaggio provvisorio. Si tratta di materiale riciclabile
che in genere è conferito ad un cementificio che provvede a sottoporlo a nuova
lavorazione per utilizzarlo come materia prima per l’ottenimento di
cemento-refrattario. Stesso destino conoscono i materiali refrattari
provenienti dalla degradazione del rivestimento interno dei forni e del
rivestimento protettivo dei carrelli.
Fig. 40.Raccolta delle caselle
deteriorate in un big bag movimentato
con l’ausilio di un apposito carrello.
DESCRIZIONE DELLA FASE
Lo scopo di questa lavorazione è quello di
amalgamare al meglio i diversi componenti del miscuglio iniziale: il prodotto
della cottura – già diventato “pigmento grezzo” – viene sminuzzato fino alle
dimensioni volute.
E’ appunto la macinazione a conferire al pigmento le
necessarie proprietà: quanto più è spinta la polverizzazione tanto più alta
risulterà la resa colorimetrica ossia una minima quantità di polvere risulterà
in grado di tinteggiare una gran massa di materiale veicolante.
Oltre alle dimensioni estremamente contenute, massima importanza commerciale assume pure la distribuzione statistica della grandezza delle particelle: un prodotto di buona qualità deve assicurare una granulometria costante e riproducibile.
Per il controllo di qualità, finalizzato a
verificare l’avanzamento della lavorazione, sono effettuati prelievi di
campioni ad intervalli prestabiliti (ossia dopo un prefissato numero di giri).
Tranne rare eccezioni, nella maggioranza dei casi la
macinazione è eseguita per via umida: la sospensione acquosa risultante è detta
barbottina.
Il ciclo ha durata variabile e comunque compresa entro le 6-8 ore; dopo questo intervallo di tempo il molino è scaricato e inviato per via pneumatica alla successiva lavorazione.
L’operazione di macinazione a umido è svolta in genere come segue: la cisternetta mobile che ha raccolto il prodotto disgregato dopo la frantumazione viene spostata fino ad un montacarichi elevatore. Una volta chiuso il cancello, il dispositivo di sicurezza dà il consenso ed il materiale è trasportato su di una piattaforma sopraelevata a 4 metri d’altezza dalla quale avviene il caricamento del molino. Dopo aver posizionato la cisternetta sopra la botola corrispondente, il suo contenuto è scaricato dentro il molino e quindi macinato. In genere è utilizzato tendenzialmente sempre per lo stesso molino per lo stesso colore.
La macinazione ad umido per la produzione di pigmenti è effettuata in genere con la
stessa modalità di quella seguita per il ciclo di produzione dei preparati, pertanto – salvo i diversi
rischi chimici legati alle diverse materie impiegate – nelle due lavorazioni si
possono ritenere presenti gli stessi fattori di rischio.
Fig. 41. Reparto molini. In primo piano si notano le cisternette mobili e sullo sfondo i molini protetti da cancelli.
Piattaforma sopraelevata per il carico dei molini
Si tratta di una postazione di lavoro posta a circa
4 metri da terra raggiungibile mediante scala metallica. Sulla postazione
transitano le cisternette mobili su ruote che vengono
collegate alle bocche di alimentazione dei molini ed il trasferimento del
materiale avviene per gravità.
Montacarichi elevatore
Si tratta di un montacarichi utilizzato per
sollevare le cisternette mobili su ruote al livello
della piattaforma sopraelevata per il carico dei molini.
Il montacarichi è costituito da una piattaforma
elevabile ad azionamento oleodinamico, protetta da una cancellata, apribile da
un lato per il caricamento.
Fig. 42. Montacarichi per il sollevamento delle cisternette mobili su ruote utilizzate per il carico dei
molini.
Molino a palle
È la macchina per la macinazione a umido, costituita
da un cilindro che viene messo in rotazione lungo l’asse orizzontale per
diverse ore fino all’ottenimento di un impasto delle dimensioni volute. Il
molino è dotato di apertura di carico dall’alto del materiale da macinare e di
tubazione di adduzione dell’acqua. La macinazione è realizzata mediante sfere
di allumina sinterizzata che svolgono una duplice azione: le palle che si
trovano in alto nel cilindro, cadendo, macinano il prodotto in pezzi più
piccoli, mentre l’attrito tra le sfere sul fondo e le pareti provvede a
polverizzare finemente il pigmento.
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.
Lavoro in
postazioni sopraelevate e con possibili aperture sul pavimento
descrizione
La piattaforma sopraelevata (lungo la quale viene
fatta scorrere la cisternetta fino alla botola di
alimentazione del molino macinatore relativo a quel particolare colore) può
comportare il rischio di inciampare nelle botole aperte e cadere sul pavimento
della piattaforma o verso il vuoto.
danno atteso
Ferite e contusioni, rischio di infortunio mortale
per caduta dall’alto.
interventi prevenzionistici
-
E’ opportuno che il pavimento della piattaforma sia perfettamente a
livello, senza buche o aperture, asperità. A tale scopo le botole di
alimentazione dei molini possono essere coperte da grigliati mobili e la zona
delimitata da transenne e corrimano.
-
Il piano rialzato deve essere perimetrato con
adeguati parapetti provvisti di fascia fermapiedi per impedire la caduta
accidentale di attrezzi o oggetti. Le scale di accesso devono essere fermamente
fissate alla struttura principale, corredate di parapetto, fermapiedi e gradini
antiscivolo. Deve essere predisposta anche una ostruzione (catena o sbarra) che
protegga l’apertura della piattaforma da e per la scala. In una azienda del
comparto sono state adottate protezioni ribaltabili per l’apertura verso il
vuoto della zona di caricamento.
-
Informazione e formazione degli addetti.
- Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
Norme
UNI EN 361, 363, 795
Esposizione a
rumore
descrizione
Un’importante sorgente di rischio correlata con
questa fase è rappresentata dal forte rumore prodotto dai molini in funzione: in
dipendenza dell’impiego di differenti materie prime, il tempo di macinazione
può variare grandemente, prolungandosi talvolta oltre il consueto, oppure
richiedere un trattamento più intenso e ripetuto.
Di seguito riportiamo stime dei livelli equivalente
di rumore misurati durante lo svolgimento di alcune operazioni tipiche di
questa parte del ciclo lavorativo.
operazione |
Leq in dB
(A) |
Svuotatura molino |
86.4 |
Macinazione (2 molini in
esercizio contemporaneamente) |
86.3 |
Lavaggio molino |
89.5 |
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di utilizzare macchine del tipo meno rumoroso.
- Valutare la possibilità di insonorizzare i molini mediante pannelli fonoisolanti - fonoassorbenti, ad esempio da applicare alle cancellate realizzate con griglie metalliche, già presenti come protezione da possibili contatti con gli organi in movimento. Qualora sia indispensabile mantenere la visibilità della macchina in movimento, le macchine possono essere insonorizzare mediante schermi trasparenti, avendo cura di garantire la continuità degli stessi e di eliminare il più possibile le vie di fuga del rumore.
-
Valutare la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la
riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare
le macchine rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai
fini della installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da
ridurre la riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i
locali nuovi; di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere
utilizzati specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari
punti del locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle
caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali.
- Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, ad esempio valutando la possibilità di separare questa lavorazione da altre meno rumorose per ridurre l’esposizione indiretta di addetti ad altre mansioni, oppure valutando se è possibile eseguire la macinazione durante le ore notturne quando il personale adibito ad altre lavorazioni è assente, in modo da limitare al massimo il numero di soggetti esposti.
-
Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose
non sufficientemente insonorizzate o di entrare nella zona chiusa e delimitata
da pareti fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I.
(cuffie, tappi);
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di
prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte
nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente
documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Lavoro in prossimità
di organi meccanici in movimento
descrizione
Gli organi in movimento del molino possono
costituire un pericolo di presa e trascinamento, in particolare per gli addetti
al prelevamento del campione di prodotto macinato da inviare al laboratorio per
il controllo di qualità.
Una volta terminato il previsto ciclo, il macinato è
sottoposto a verifica per attestare che il risultato ottenuto sia in linea con
i parametri di qualità richiesti.
danno atteso
Ferite e contusioni.
interventi prevenzionistici
Il prelievo del campione deve essere effettuato da
personale autorizzato che acceda al molino solo a macchina ferma. A tale scopo
la macchina deve essere recintata con paratie e porte interbloccate in modo che
sia impossibile:
-
l’apertura della porta fin tanto che la macchina non è ferma;
-
l’avviamento della macchina fin tanto che la porta non è stata
richiusa.
Le macchine devono essere dotate di dispositivo di
arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad
esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di
ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a
mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia
dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima della pulizia. Per
le operazioni di pulizia, regolazione o manutenzione che dovessero richiedere
l’avviamento della macchina con ripari rimossi, può essere utilizzata una
pulsantiera con avviamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita
escluda il quadro comando e che sia azionabile dall’operatore da una postazione
nella quale sia ben visibile la zona operativa.
È opportuno adottare procedure di pulizia
standardizzate e scritte, che prevedano tra l’altro le modalità di blocco di
ogni forma energetica (elettrica, meccanica, pneumatica, ecc…)
prima dell’intervento dell’addetto.
Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
-
Norme
UNI
Fig. 43. Particolare
degli organi di trasmissione del moto di un molino. Si noti la porta grigliata
di protezione scorrevole (dotata di dispositivo di interblocco).
Fig. 44. Particolare del dispositivo di interblocco
(fine corsa) sulla porta grigliata
scorrevole a protezione degli organi di trasmissione del moto di un molino.
Fig. 45. Particolare del blocco meccanico di un molino
in manutenzione.
Fig. 46. Sistema di insonorizzazione e di protezione
degli organi di trasmissione del moto di un molino, tramite segregazione con
struttura fonoisolante - fonoassorbente e porte
dotate di dispositivo di interblocco. Si
notino le protezioni ribaltabili sulla piattaforma sopraelevata dalla quale
avviene il caricamento dei molini.
Fig. 47. Sistema di insonorizzazione e di protezione
degli organi di trasmissione del moto di un molino, tramite segregazione con
struttura fonoisolante - fonoassorbente e porte
dotate di dispositivo di interblocco. Per la scelta del materiale più adatto è
stato svolto uno studio specifico dall’università di Firenze provando in loco
vari materiali alternativi, ottenendo alla fine una riduzione del rumore di
circa 20 dB(A). Si noti sulla destra, accanto alle
prese elettriche, l’oblò attraverso il quale è possibile sorvegliare il
funzionamento del molino senza aprire le porte. Sulla sommità della struttura
si noti la protezione ribaltabile aperta per il posizionamento con il carrello
elevatore di un pancale carico di sacchi.
APPALTI ESTERNI
Questa
fase non è appaltata in quanto essenziale al ciclo produttivo.
IMPATTO
ESTERNO
Le macchine sopra descritte possono diffondere rumore all’esterno dello stabilimento produttivo con possibile disturbo agli eventuali insediamenti civili adiacenti. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili.
Produzione pigmenti: LAVAGGIO DELLA BARBOTTINA
DESCRIZIONE
DELLA FASE
La barbottina risultante dalla macinazione ad umido arriva per via pneumatica fin dentro contenitori aperti, chiamati tine, ove avviene il lavaggio. Con tale operazione i sali solubili in grado di opacizzare il pigmento, principalmente floruri, passano in soluzione e vengono eliminati assieme alle acque di risulta. Per ragioni di processo, si preferisce far avvenire il lavaggio a caldo. L’acqua è riscaldata tramite apposite caldaie e poi fatta confluire nelle tine di lavaggio entro le quali (a 70 °C circa) avviene il mescolamento con il macinato umido. Si preferisce impiegare acqua calda dato che in tali condizioni il pigmento si separa per gravità (decantazione) più rapidamente.
Fig. 48. Tina di lavaggio del pigmento macinato.
L’operazione di lavaggio è ripetuta più volte,
l’acqua raccolta viene depurata prima di essere immessa nella rete fognaria.
I volumi di acqua impegnati nella produzione dei
colori per ceramica sono molto elevati: per fare fronte alla richiesta, in
genere l’azienda attinge a pozzi propri.
Fig. 49. Particolare dell’organo lavoratore della tina di lavaggio, dopo la decantazione e lo scarico del
liquido di lavaggio.
La barbottina lavata è sottoposta ad essiccazione per
allontanare la residua acqua di lavaggio. A tale scopo la barbottina lavata viene
trasferita per gravità, mediante pistola erogatrice, all’interno di teglie di
alluminio posizionate su di una rastrelliera mobile e riutilizzate sempre per
lo stesso colore: giallo con giallo, rosso con rosso, ecc….
I carrelli con le teglie piene di barbottina da
essiccare sono introdotti tramite transpalletts dentro camere per essiccazione statica a 40°C.
Si tratta di un contenitore cilindrico ad asse
verticale, aperti superiormente, con fondo conico collegato alla tubazione di
scarico, che termina con una pistola erogatrice. E’ dotato di agitatore
meccanico a elica, installato al centro del cilindro lungo l’asse verticale e
azionato da motore elettrico. La barbottina proveniente dai molini viene introdotta nella tina tramite una tubazione ad azionamento pneumatico. La tina è anche dotata di tubazioni per l’adduzione e lo
scarico dell’acqua di lavaggio.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Gli agitatori delle tine
possono comportare rischi infortunistici, specie per le operazioni di
manutenzione.
danno atteso
Lesioni traumatiche
interventi prevenzionistici
L’organo lavoratore e gli organi di trasmissione del
moto del miscelatore devono essere segregati con ripari fissi o muniti di
dispositivi di interblocco meccanico. Ove sia necessario mantenere la
visibilità, possono essere eventualmente realizzate griglie o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti dell’addetto
possano raggiungere le parti meccaniche in movimento.
In particolare:
- il giunto tra il motore e l’albero dell’agitatore e le parti rotanti sporgenti devono essere irraggiungibili o adeguatamente protette mediante ripari fissi.
- l’elica dell’agitatore deve essere a distanza tale da non poter essere raggiunta degli arti dei lavoratori, oppure adeguatamente protetta tramite protezione grigliata, posta al bordo della tina, fissa o munita di interblocco.
- per evitare il rischio di cadere dentro le tine, il bordo superiore della tina deve trovarsi ad una altezza non inferiore ad un metro dal piano di calpestio.
Le macchine devono essere dotate di dispositivo di
arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad
esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di
ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a
mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia
dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima della pulizia.
È opportuno adottare procedure di pulizia
standardizzate e scritte.
Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Scarichi idrici
Le acque da depurare sono indirizzate a sistemi di trattamento
e quindi all’impianto di depurazione ove si ottiene l’abbattimento degli
inquinanti mediante procedimento chimico – fisico.
Produzione pigmenti: ESSICCAZIONE IN TEGLIE DELLA BARBOTTINA
DESCRIZIONE
DELLA FASE
La barbottina lavata e concentrata è sottoposta ad essiccazione
per allontanare l’acqua residua dal lavaggio.
In generale l’essiccazione della barbottina può avvenire con tre
diversi metodi:
-
in teglie;
-
in spray-dryer;
-
in tunnel a nastro.
La discriminante per la scelta del processo di
essiccazione è soprattutto la quantità di produzione.
In prospettiva della automazione dei processi
produttivi si ritiene che l’essiccazione in teglie tenderà ad essere eliminata
per essere completamente sostituita dagli altri due metodi produttivi (quella
in spray-dryer
per produzioni elevate e quella in tunnel a nastro per produzioni limitate),
tuttavia ad oggi l’essiccazione in teglie risulta essere ancora largamente
utilizzata.
I tre processi alternativi possono essere utilizzati
sia per la produzione di pigmenti, sia per la produzione dei preparati, con analoghe considerazioni.
Nella presente ricerca si riportano la fase di
essiccazione in teglie riferita alla produzione dei pigmenti e le fasi di
essiccazione in spray-dryer
ed essiccazione in tunnel a nastro riferite alla produzione dei preparati.
Le teglie, posizionate su di una rastrelliera
mobile, sono riempite di barbottina
lavata (concentrata) mediante pistola erogatrice, per gravità o tramite pompe.
Sono riutilizzate le stesse teglie sempre per lo stesso colore (giallo con
giallo, rosso con rosso, ecc…), oppure ogni teglia
viene ricoperta da un foglio di carta oleata prima di ogni utilizzo, allo scopo
da un lato di non dover essere legati al tipo di colore e dall’altro per
evitare la presenza di residui nella teglia dei lotti di lavorazione
precedenti.
Fig. 50.Riempimento della rastrelliera
mobile mediante pistola erogatrice.
Fig. 51.Particolare del riempimento
della rastrelliera mobile mediante pistola erogatrice.
Fig. 52.Particolare del reparto di
riempimento delle teglie dalle tine per gravità.
I carrelli con le teglie piene di barbottina da
essiccare sono introdotti tramite transpalletts dentro camere per essiccazione statica a 40°C.
Fig. 53.Camere di essiccazione per le
teglie.
Rastrelliera mobile
Si tratta di una incastellatura di metallo
predisposta per l’inserimento a strati delle teglie utilizzate per contenere le
barbottina
da essiccare.
Teglie
Si tratta di teglie di alluminio di forma parallelepipeda.
Camera essiccatrice.
È una camera di forma parallelepipeda, con portelli per l’introduzione delle rastrelliere cariche di teglie piene di barbottina da essiccare, per riscaldamento dell’aria a 40 °C, tramite resistenze elettriche. La temperatura all’interno della camera viene mantenuta uniforme grazie ad un sistema di ventilazione.
Fig. 54.Vista d’insieme del reparto tine di lavaggio ed essiccazione teglie.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.
Manipolazione di fluidi contenenti prodotti pericolosi
descrizione
Durante il riempimento manuale delle teglie tramite pistola erogatrice è possibile che gli addetti possano imbrattarsi con la barbottina concentrata, con possibili contatti cutanei e agli occhi; è da tenere presente che anche un piccolo spruzzo di barbottina sulla tuta del lavoratore, quando asciuga diventa polvere, con conseguente esposizione del lavoratore stesso alle polveri dei prodotti della miscela di partenza (vedere la fase pesata manuale e miscelazione delle materie prime).
danno atteso
Danni alla pelle dovute al contatto con la barbottina, che possono variare a seconda dei prodotti utilizzati per le varie ricette. Per ulteriori dettagli vedere quanto riportato alla fase pesata manuale e miscelazione delle materie prime.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di automatizzare il ciclo produttivo sostituendo il processo (utilizzando sistemi spray-dryer a ciclo chiuso e/o tunnel di essiccazione).
- Utilizzare pistole erogatrici adeguate.
- Indossare D.P.I. (tute, grembiuli, guanti, visiere, ecc…).
- Attuare norme igieniche, in particolare è opportuno fare la doccia al termine di ogni turno di lavoro, evitare di mangiare, bere o fumare durante il lavoro, lavarsi accuratamente le mani prima di andare a pranzo, utilizzare armadietti separati per gli abiti civili e da lavoro.
- D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Esposizione a
polveri
descrizione
Durante la movimentazione delle rastrelliere (dalla
camera di essiccazione alla zona dove avviene il rovesciamento delle teglie
piene di pigmenti ormai essiccati), gli addetti possono essere esposti a
polveri di diversa tipologia e pericolosità a seconda dei vari tipi di
pigmenti.
danno atteso
Per i possibili danni vedere quanto riportato alla fase frantumazione relativa alla produzione di pigmenti.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di automatizzare il ciclo produttivo sostituendo il processo (utilizzando sistemi spray-dryer a ciclo chiuso e/o tunnel di essiccazione).
- Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.
- Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.
- Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.
- Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.
- I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Lavoro in
prossimità di superfici calde e con microclima sfavorevole
descrizione
Il funzionamento della camera di essiccazione può
determinare un microclima sfavorevole nell’ambiente di lavoro. Durante
l’introduzione nella camera delle teglie piene di materiale da essiccare e la
successiva estrazione dopo l’essiccazione, gli addetti possono venire a
contatto con le superfici calde della camera di essiccazione.
danno atteso
Ustioni per contatto con superfici calde.
Disturbi da scomfort
termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psicofisico con
possibilità di calo dell’attenzione e maggior rischio di infortuni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di automatizzare il ciclo produttivo sostituendo il processo (utilizzando sistemi spray-dryer a ciclo chiuso e/o tunnel di essiccazione).
-
Predisporre un’apposita area di stazionamento ove lasciare raffreddare
il prodotto uscito dal forno, separandola dagli altri locali di lavoro mediante
appositi pannelli anticalore.
-
Garantire un adeguato ricambio dell’ambiente di lavoro.
-
Indossare d.p.i. (guanti, indumenti anticalore, ecc…)
-
Corretta organizzazione del lavoro.
-
Mettere a disposizione degli addetti la possibilità di bere spesso per
reintegrare i liquidi persi con la sudorazione.
-
Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.
Posture
descrizione
L’operazione di riempimento manuale delle teglie con
la barbottina
mediante la pistola erogatrice può comportare l’assunzione di posture incongrue
da parte dell’addetto.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di automatizzare il ciclo produttivo sostituendo il processo (utilizzando sistemi spray-dryer a ciclo chiuso e/o tunnel di essiccazione).
-
Qualora permanga l’operazione manuale, progettare adeguatamente il
posto di lavoro e mettere a disposizione dell’addetto:
-
sgabelli bassi per sedersi durante il riempimento delle teglie poste
più in basso nella rastrelliera;
-
scalette mobili su ruote dotate di parapetto per il riempimento delle
teglie poste più in alto nella rastrelliera.
-
Corretta organizzazione del lavoro.
-
Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
Norma UNI ISO 938
Esposizione a rumore
descrizione
Il rumore in questa fase lavorativa deriva
principalmente dai forni di essiccazione.
stima
Misure effettuate in aziende del comparto in
prossimità degli essiccatori hanno evidenziato un Leq
di circa 87 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di ridurre il rumore alla fonte.
-
Valutare la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la
riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare
le macchine rumorose;
-
Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione,
anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali
produttivi;
- Effettuare la valutazione della esposizione personale dei lavoratori.
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti.
- Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Emissioni in atmosfera
L’essiccazione ottenuta per evaporazione dell’acqua
dalle teglie poste nelle camere di essiccazione riscaldate da resistenze
elettriche determina la produzione di vapore misto a polveri di diversa
tipologia e pericolosità a seconda dei vari tipi di pigmenti. L’aeriforme è
estratto dalla camera di essiccazione da un sistema di aspirazione localizzata
e convogliato all’esterno dello stabilimento. Ciò può determinare inquinamento
ambientale per la ricaduta al suolo delle polveri.
Per ridurre l’impatto esterno, prima del rilascio in
atmosfera, l’aeriforme viene fatto passare attraverso un filtro a maniche e
quindi inviato ad un camino.
Produzione di rifiuti
Qualora siano utilizzati fogli di carta oleata per rivestire
le teglie prima di ogni riempimento, i fogli utilizzati costituiscono un
rifiuto contenenti polveri di diversa tipologia e pericolosità a seconda dei
vari tipi di pigmenti.
Produzione pigmenti: POLVERIZZAZIONE, MISCELAZIONE, CONFEZIONAMENTO
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Una volta essiccato, il pigmento deve essere rimosso
dal contenitore di alluminio e nuovamente ridotto in polvere: per ottenere ciò,
le rastrelliere sono trasferite mediante transpalletts
dall’interno dell’essiccatore (descritto alla fase precedente) in prossimità
della macchina polverizzatrice.
L’operatore preleva la teglia di alluminio e la
svuota dal pigmento in essa contenuto rovesciandola e scuotendola sulla una
griglia della tramoggia di carico del polverizzatore. Il pigmento polverizzato
cade dentro una cisternetta mobile posizionata al di
sotto del polverizzatore in una apposita fossa nel pavimento.
Fig. 55.Rovesciamento teglie nel
frantumatore.
Una volta che la cisternetta
è stata riempita con il materiale polverizzato, l’addetto sposta la macchina
polverizzatrice e solleva la cisternetta tramite un
paranco per inserirla sul telaio di sostegno munito di ruote, quindi la spinge
manualmente in prossimità della macchina insaccatrice, sulla quale la cisternetta verrà successivamente posizionata tramite un
paranco.
Fig. 56.Spinta manuale della macchina
polverizzatrice per allontanarla in modo da accedere alla cisternetta
mobile posta nella apposita buca del pavimento.
Fig. 57.Posizionamento sul supporto a
ruote della cisternetta mobile, la quale è sollevata
tramite un paranco comandato dall’operatore con la pulsantiera . Si noti sullo sfondo il sistema di
aspirazione localizzata.
Fig. 58.Spinta manuale della cisternetta mobile, per essere posizionata nella zona di
attesa prima di essere prelevata con il paranco per essere posizionata sulla
macchina insaccatrice.
Il prodotto insaccato viene pesato, i sacchi sono
disposti uno sull’altro su pancali di legno i quali
sono inviati al magazzino tramite carrelli elevatori.
Fig. 59.Confezionamento in sacchi del
prodotto finito, destinato alla vendita.
Fig. 60.Macchina insaccatrice.
Fig. 61.Bilancia per la pesatura dei
sacchi.
Fig. 62.Operazione di pallettizzazione manuale dei sacchi destinati alla vendita.
Fig. 63.Operazione di pallettizzazione manuale dei sacchi di pigmenti destinati ad essere impiegati come semilavorati.
I palletts di sacchi possono essere destinati direttamente
alla vendita oppure essere impiegati quali semilavorati ad esempio per la
produzione di composti o per la produzione di pigmenti dalle tonalità
intermedie ottenuti mediante miscelazione.
La miscelazione avviene in apposti contenitori
parallelepipedi di acciaio inox, riempiti per via pneumatica tramite una
apposita postazione di carico. Tali contenitori sono trasferiti, con carrelli
elevatori, su apposite macchine rotatrici che li pongono in rotazione per
alcune ore, fino al completamento della miscelazione. Al termine i contenitori
sono trasferiti, sempre con carrelli elevatori, sulla macchina insaccatrice.
Fig. 64.Macchine rotatrici per
contenitori (mettono in rotazione i contenitori parallelepipedi utilizzati per
la miscelazione dei pigmenti). Si notino le recinzioni di protezione.
Fig. 65.Particolare delle macchine
rotatrici per contenitori: vista posteriore dall’alto.
Fig. 66.Postazione di carico per via pneumatica
dei contenitori parallelepipedi da utilizzare per miscelare i pigmenti mediante
il loro posizionamento sulle macchine rotatrici.
Fig. 67.Macchina insaccatrice dei pigmenti
finiti prelevati per gravità dai contenitori parallelepipedi; questi ultimi
sono posizionati sulla macchina insaccatrice dopo la miscelazione ottenuta con
le macchine rotatrici.
La macchina ha lo scopo di ridurre il pigmento ai
minimi termini e di dimensionare in maniera quanto più omogenea possibile le
particelle di pigmento (da 10 a 20 micron). È essenzialmente costituita da un
recipiente nel quale operano due cilindri contrapposti che macinano finemente
il materiale fino all’ottenimento del prodotto finito. La macchina è posta su
ruote per favorirne lo spostamento manuale.
Insaccatrice
Si tratta di una macchina utilizzata per trasferire
in sacchi il contenuto della cisternetta mobile, la
quale viene sollevata con un paranco, posizionandone la bocca di scarico in
corrispondenza della tramoggia di carico della insaccatrice.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti per i lavoratori sono sotto elencati.
Esposizione a
polveri
descrizione
Il rovesciamento manuale delle teglie di pigmento
essiccato comporta l’esposizione degli addetti a polveri di diversa tipologia e
pericolosità a seconda dei vari tipi di pigmenti.
Altre causa di esposizione alle stesse polveri può
essere l’eliminazione dei fogli usati di carta oleata quando sono utilizzati
per rivestire le teglie prima di ogni riempimento con la barbottina.
S può avere esposizione anche durante il confezionamento e la movimentazione dei sacchi, in caso di rotture accidentali. Infine è da tenere in considerazione l’esposizione durante la manutenzione degli impianti.
danno atteso
Per i possibili danni vedere quanto riportato alla fase frantumazione relativa alla produzione di pigmenti.
- Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori. A tal proposito si ha notizia di uno stabilimento produttivo in Spagna dove è stata automatizzata l’operazione del rovesciamento delle teglie, le quali sono anche successivamente lavate, sempre in automatico (non si hanno informazioni riguardo alla depurazione delle acque di lavaggio).
- Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.
- Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.
- Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.
- I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
L’operatore movimenta le teglie svolgendo movimenti
ripetuti e effettua la spinta manuale delle macchine polverizzatrici e delle cisternette mobili su ruote.
danno atteso
Disturbi muscolo scheletrici.
interventi prevenzionistici
Si può valutare la possibilità di dimensionare i
vassoi di alluminio in formati tali che, una volta riempiti di materiale, non
costituiscano un carico troppo pesante.
Per eliminare il movimento verso terra che
l’operatore deve compiere ogni volta per sfilare i contenitori in basso della
rastrelliera, è opportuno che le postazioni di lavoro siano corredate di una
piattaforma, azionata da servomeccanismi oppure idraulica, in grado di
sollevare tutta la rastrelliera portando le teglie ad altezza d’uomo e
facilitando quindi le operazioni di trasferimento.
E’ opportuna una regolare manutenzione delle ruote
delle polverizzatrici e dei supporti per le cisternette
in modo da evitare che difetti o guasti delle ruote possano richiedere sforzi
maggiori durante la spinta manuale.
E’ opportuno che le ruote siano dotate di
dispositivi scansa-piede in modo da evitare rischi di
schiacciamento durante la movimentazione.
Si raccomandano altresì i D.P.I.
(scarpe, guanti, ecc…), pause e turnazione,
informazione e formazione per gli operatori.
riferimenti normativi
-
Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
Norma UNI ISO 938
Fig. 68.Piattaforma sollevabile per
favorire la movimentazione manuale delle teglie, in modo da consentire all’operatore di
mantenere la posizione eretta anche durante il prelievo delle teglie più in
basso nella rastrelliera.
Lavoro in prossimità
di organi meccanici in movimento
descrizione
Gli organi lavoratori e di trasmissione del moto
della polverizzatrice, se non adeguatamente protetti, possono comportare il
rischio di presa e trascinamento, sia quando l’operatore svuota le teglie nella
polverizzatrice, sia soprattutto durante la pulizia, regolazione e manutenzione
della macchina.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
L’organo lavoratore e gli organi di trasmissione del
moto del miscelatore devono essere segregati con ripari fissi o muniti di
dispositivi di interblocco meccanico. Ove sia necessario mantenere la
visibilità, possono essere eventualmente realizzate griglie o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti dell’addetto
possano raggiungere le parti meccaniche in movimento.
Le macchine devono essere dotate di dispositivo di
arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad
esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di
ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a
mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia
dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima della pulizia. Per
le operazioni di pulizia, regolazione o manutenzione che dovessero richiedere
l’avviamento della macchina con ripari rimossi, può essere utilizzata una
pulsantiera con avviamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta
inserita escluda il quadro comando e che sia azionabile dall’operatore da una
postazione nella quale sia ben visibile la zona operativa.
È opportuno adottare procedure di pulizia standardizzate
e scritte.
Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI
Esposizione a rumore
descrizione
Il rumore in questa fase lavorativa deriva
principalmente dalla polverizzatrice, ma anche dalle macchine rotatrici e
insacchettatrici.
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di ridurre il rumore alla fonte.
- Effettuare la valutazione della esposizione personale dei lavoratori.
- Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Lavoro in
prossimità di carichi sospesi
descrizione
L’impiego di gru, carroponte
o paranchi per trasportare la cisternetta ed
assicurarne poi l’aggancio alla relativa flangia della macchina insaccatrice
può comportare il rischio di caduta di carichi dall’alto. Inoltre, specie
quando alla manovra partecipa più di un addetto, esiste il rischio di presa
delle mani a contrasto tra le catene e di investimento da parte del carico
dovuto alle oscillazioni che esso può compiere durante la sua movimentazione.
Particolare attenzione deve
essere prestata nel caso siano eseguiti lavori straordinari (ad esempio di
installazione o manutenzione) nei pressi del carroponte. Infatti, in un’azienda
di un altro comparto produttivo, è recentemente accaduto un infortunio grave
dovuto al fatto che, un lavoratore di una ditta esterna, mentre stava lavorando
su un ponteggio mobile per l’installazione di un impianto di allarme, è caduto
dall’alto perché urtato da un carroponte azionato da un lavoratore interno che
non si era accorto della presenza del ponteggio mobile.
danno atteso
Ferite e contusioni con rischio di infortunio
mortale.
interventi prevenzionistici
Il binario sul quale scorre
il carroponte deve essere dotato di apposito dispositivo di fine corsa, per
eliminare il rischio che la parte mobile possa cadere dal binario.
Per ridurre il rischio di
investimento e schiacciamento da parte del carico, è necessario che si manovri
in modo da ridurre le oscillazioni. Inoltre, sia chi manovra la gru (gruista),
sia chi provvede alla imbracatura del carico, non si deve mai posizionare tra
l’oggetto da sollevare ed eventuali ostacoli fissi.
Il gancio della gru deve
essere dotato di chiusura di sicurezza o conformato in modo da garantire
l’impossibilità della caduta accidentale del carico. In aziende di altri comparti sono accaduti diversi infortuni
mortali proprio per la mancanza di questo semplice dispositivo di sicurezza.
Per evitare il rischio di urti è anche necessario
che, quando non utilizzato, il gancio non sia mai lasciato ad altezza d’uomo e
che l’ambiente di lavoro sia sufficientemente illuminato e dotato di
illuminazione di emergenza. Anche la cabina di manovra della gru - carroponte
deve essere provvista di illuminazione normale e di emergenza.
È necessario che l’apparecchio di sollevamento abbia
portata idonea rispetto al peso pezzo da sollevare e venga sottoposto alle
verifiche preventive e periodiche delle apparecchiature nel loro insieme o di
loro parti (ad esempio le funi). Gli esiti degli accertamenti vanno riportati
sull’apposito registro tenuto dall’azienda. In particolare, se la portata essa
è superiore a 200 Kg., l’impianto è soggetto a denuncia e visita preventiva di
primo impianto da parte di ISPESL, a controlli annuali da parte della A.S.L. (al fine di verificarne le condizioni di efficienza
per quanto riguarda i dispositivi meccanici e di scorrimento), e verifiche
trimestrali da parte di tecnici incaricati dall’azienda (riguardo le funi
metalliche impiegate per il sollevamento dei carichi) da registrare
sull’apposito libretto.
L’impianto di sollevamento
deve essere utilizzato solo da personale appositamente formato e che indossi D.P.I., in particolare elmetto, scarpe di sicurezza con
punta rinforzata, guanti.
In caso di lavori
straordinari (ad esempio di installazione o manutenzione) che possano
comportare la presenza di lavoratori in altezza nella zona operativa del
carroponte è necessario verificare che i lavori siano eseguiti solo dopo avere
bloccato il carroponte e aver segnalato i lavori in corso (ad esempio togliendo
l’alimentazione al carroponte e apponendo sul quadro elettrico un avviso di non
effettuare manovre). Nel caso i lavori straordinari siano eseguiti da ditte
esterne è fondamentale il coordinamento tra i responsabili del servizio
prevenzione e protezione delle due aziende.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata.
IMPATTO
ESTERNO
L’aria mista a polveri proveniente dall’impianto di
aspirazione localizzata (sulle postazioni di polverizzazione e insaccamento dei
prodotti in polvere) è inviata ad impianti di abbattimento corredati di filtri
a maniche. I filtri a maniche sono soggetti a manutenzione periodica e se ne
facilita il controllo mediante sensori automatizzati di pressione che rilevano
in continuo il flusso prima e dopo il filtro.
Le macchine sopra descritte possono diffondere rumore all’esterno dello stabilimento produttivo con possibile disturbo agli eventuali insediamenti civili adiacenti. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili.
DESCRIZIONE DELLA FASE
I volumi d’acqua impegnati nella produzione dei
colori per ceramica sono in genere molto elevati: per far fronte al fabbisogno,
le aziende attingono a pozzi propri o ad altre fonti di approvvigionamento e
provvedono al riciclo di parte delle acque depurate.
Nel caso specifico della lavorazione di materie
prime contenenti boro, fluoro e altri prodotti particolarmente inquinanti, le
acque di risulta provenienti dal reparto pigmenti (diversamente dalle altre
acque di processo che sono raccolte e convogliate mediante condotte fino
all’impianto di trattamento chimico fisico dei reflui) sono indirizzate ad una
cisterna fuori terra ove sono sottoposte a trattamenti specifici. Avviene una
prima decantate in apposito silos, poi passano in altro serbatoio dove sono
sottoposte a trattamento mediante flocculante,
quindi arrivano ad un evaporatore sotto vuoto che, utilizzando una pompa di
calore, fa avvenire l’evaporazione dell’acqua a 30 °C circa e la successiva
condensazione del distillato. In questa maniera è possibile conseguire una serie
di risultati interessanti:
- sono recuperate parte delle materie prime destinate poi ad un successivo trattamento al fine di un loro reimpiego all’interno dello stesso ciclo produttivo;
- l’acqua distillata prodotta dall’impianto è molto utile a livello di processo, ad esempio per l’eliminazione dei floruri dalla barbottina è sufficiente un numero inferiore di cicli di lavaggio trattandosi di acqua esente da sali disciolti;
- una gestione consapevole e razionale delle risorse idriche impegnate.
Fig. 69.Vista d’insieme dell’impianto
di depurazione acque provenienti dal reparto pigmenti.
Evaporatore sotto vuoto e pompa di calore
Si tratta di una apparecchiatura compatta che ha lo scopo
di produrre acqua distillata a partire da reflui inquinati con un ridotto
consumo energetico. È costituita da una pompa, generalmente ad anello liquido,
che serve per creare il vuoto e da un circuito frigorifero dotato di
compressore e relativo espansore.
FATTORI DI RISCHIO
Lavoro in
postazione elevata
descrizione
Trattandosi di una fase totalmente automatizzata, il
presidio umano si limita alla sostituzione giornaliera dei filtri a maniche,
per manutenzione o
controllarne il riempimento. I principali fattori di rischio per gli operatori
interessati a questa fase del processo sono perciò quelli ascrivibili alle
postazioni di lavoro su piattaforme sopraelevate
danno atteso
Lesioni
traumatiche per caduta dall'alto (rischio di infortunio mortale).
prevenzione
Mettere
in sicurezza l’accesso alle postazioni di lavoro sopraelevate, attrezzando le
scale fisse con gradini stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, ecc… secondo quanto previsto dalle norme vigenti. A seconda
delle situazioni può essere necessario impiegare adatti D.P.I.
(scarpe antiscivolo, guanti, mascherine antipolvere).
Informazione
e formazione dei lavoratori.
riferimenti normativi
-
Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di
passaggio”, D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
D.Lgs. n.
626 del 1994.
Esposizione a prodotti chimici
descrizione
L’utilizzo dei prodotti chimici impiegati per il
processo di depurazione può comportare l’esposizione degli addetti
danno atteso
Irritazioni cutanee e oculari.
interventi prevenzionistici
- Esame delle schede di sicurezza e valutazione del rischio chimico.
- Rispettare l’etichettatura prescritta evitando travasi in contenitori non etichettati.
- Sistemi automatici di dosaggio, dotati di sistemi di contenimento contro eventuali sversamenti.
- Dispositivi di Protezione Individuale.
- Docce di emergenza con lavaocchi.
- Informazione e formazione dei lavoratori.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
-
D.M. 28/01/92
-
D. Lgs. 52/97
-
D.M. 04/04/97
-
D.M. 28/04/97
-
D.Lgs. 285 del 1998
Fig. 70.Particolare della piattaforma
sulle vasche coperte dell’impianto di depurazione delle acque.
Fig. 71.Particolare delle vasche
scoperte dell’impianto di depurazione delle acque derivanti dalle fasi di
macinazione e di lavaggio nella produzione di un determinata tipologia di
pigmenti. In primo piano la cisterna di decantazione, in secondo piano quella
di flocculazione.
Fig. 72.Particolare dei filtri a maniche
in ingresso alla pompa di calore per la distillazione a pressione ridotta
dell’acqua dopo il processo di flocculazione.
Fig. 73.Particolare dello scarico
dell’impianto di depurazione acque: a sinistra il decantato ed a destra il
troppopieno.
APPALTI ESTERNI
Questa fase non è appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Sversamenti di prodotti chimici e di acque inquinate
In caso di inadeguatezza dell’impianto (mancanza di bacini di contenimento, dispositivi di troppo pieno non idonei, ecc…) di cattiva gestione dell’impianto o di incidenti, si possono verificare sversamenti di acque inquinate e/o dei prodotti chimici utilizzati per il trattamento delle acque.
E’ opportuno prevedere sistemi di contenimento e soluzioni impiantistiche idonee a prevenire tali rischi, attuare una corretta manutenzione preventiva e seguire procedure prestabilite per la corretta gestione dell’impianto in condizioni normali e di emergenza.
DESCRIZIONE DELLA FASE
Il ricevimento delle materie prime per la produzione
di fritte è stato trattato alla fase ingresso
e stoccaggio materie prime.
Le materie prime, dai silos di stoccaggio, sono introdotti in una tramoggia, secondo una ricetta predefinita. L’operazione di dosaggio dei componenti è regolata totalmente in automatico tramite appositi sistemi computerizzati di controllo.
Fig. 74.Sistema di controllo dei
flussi di materie prime per la produzione di fritte.
Nella parte bassa dei silos, le materie prime sono mantenute in movimento attraverso gorgogliamento di aria compressa in corrispondenza della bocca di prelievo; in questa maniera si evita la formazione di tappi che potrebbero ostruire le tubazioni.
Sotto ogni silos è presente una tubazione connessa direttamente alla tramoggia che è posta al di sotto dei silos, la quale, a sua volta, è collegata ad una bilancia posizionata in un vano al di sotto del piano del pavimento. Il trasferimento della materia prima dai silos alla tramoggia avviene per gravità e con l’ausilio di aria compressa.
Per aggiunta di piccole quantità è presente una postazione di carico manuale nella quale le materie prime sono introdotte dagli addetti tramite sacchi di carta.
Dalla bilancia che misura il dosaggio dei quantitativi previsti, la miscela finisce per gravità entro un miscelatore di circa 1 m3 di capacità. Al suo interno, i vari ingredienti subiscono un processo di amalgama fino a quando, sotto la spinta dell’aria compressa, sono inviati al silos di carico del forno (vedere la fase fusione).
Si tratta di una fase lavorativa prevalentemente automatizzata che richiede solo una supervisione da parte degli operatori.
Fig. 75.Parte inferiore dei silos delle
materie prime, con fondi vibranti per favorire la fuoriuscita del prodotto ed
evitare la formazione di blocco di materiale o “ponti” all’interno dei silos.
Fig. 76.Tramoggia di carico delle
materie prime derivanti dai silos.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Mescolatore rotante
Ha lo scopo di mescolare le materie prime prelevate
dai silos prima di inviarle al silos di servizio utilizzato per il caricamento
del forno. Si tratta di un cilindro rotante orizzontale, posto sotto alla
tramoggia-bilancia, al piano inferiore a quello del suolo, al quale si accede
tramite una scala e relativo ballatoio. La rotazione è ottenuta tramite un
sistema di rulli motori contrapposti ad un apposito anello posto intorno al
cilindro.
Fig. 77. Mescolatore posto al di sotto della bilancia
(al di sotto del pavimento).
Sistema di trasporto pneumatico
Le materie prime mescolate sono inviate al silos di
servizio per il caricamento del forno, mediante una tubazione collegata ad un
propulsore pneumatico.
Fig. 78. Propulsore ad aria compressa per il
trasferimento delle materie prime dal mescolatore ai silos di alimentazione dei
forni per la produzione di fritte.
FATTORI DI RISCHIO
Esposizione a polveri
descrizione
L’esposizione a polveri in questa fase lavorativa,
prevalentemente automatizzata, è dovuta alle aggiunte manuali di piccole
quantità di materie prime tramite il rovesciamento di sacchi in una tramoggia
di carico. I prodotti aggiunti manualmente sono in genere carbonato di litio e
carbonato di potassio.
danno atteso
I prodotti in polvere utilizzati variano a seconda del tipo di fritta che si intende produrre, di conseguenza anche i rischi di esposizione a polveri sono da valutare in relazione alla pericolosità dei vari componenti ed alle modalità di utilizzo (vedere in particolare la fasi pesata e miscelazione materie prime relativamente alle linea produttiva delle fritte).
Il carbonato di litio è classificato nocivo (Xn).
Il carbonato di potassio è classificato nocivo (Xn).
interventi prevenzionistici
- Esame delle schede di sicurezza dei prodotti utilizzati.
- Valutare la possibilità di sostituire le materie più pericolose con altre meno pericolose.
- Valutare la possibilità di meccanizzare l’operazione.
- Presenza di impianto di aspirazione localizzata sulla tramoggia di carico manuale. Valutare la possibilità di installare sistemi di vuotatura dei sacchi e di raccolta dei sacchi vuoti entro box chiusi e aspirati (vedere la foto e la descrizione riportata alla fase pesata manuale e miscelazione materie prime relativa alla produzione dei pigmenti).
- Indossare D.P.I. (maschera, guanti, grembiuli, ecc…).
- Non bere, fumare o mangiare durante il lavoro e rispettare le norme igieniche.
- Presenza di armadietti a doppio scomparti per separare gli abiti civili da quelli di lavoro.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Fig. 79.Tramoggia dotata di
aspirazione localizzata per l’aggiunta manuale di materie prime per la
produzione di fritte.
Esposizione a rumore
descrizione
Il rumore in questa fase è dovuto prevalentemente al
sistema di trasporto pneumatico delle materie prime. Inoltre, qualora si intasi
il materiale all’interno dei silos o della tramoggia, gli addetti attivano i
vibratori di cui sono dotati i fondi dei suddetti contenitori, oppure
intervengono manualmente colpendo i contenitori con un martello.
stima
Da rilevazioni effettuate in aziende del comparto
sono stati evidenziati i seguenti valori:
-
utilizzo del martello per scuotere la tramoggia della bilancia: Leq = 84,4 dB(A), L max = 109,7 dB(A);
-
impianto di travaso dei materiali sfusi dai silos nella tramoggia con
vibratore della tramoggia in funzione: Leq = 91,6 dB(A), L max = 96,1 dB(A), L picco = 112,6 dB(A);
-
locale al piano interrato dove sono posizionati i miscelatori e
propulsori: Leq = 89,8 dB(A), L max = 98,1 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore durante gli interventi di manutenzione può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
E’ opportuna una corretta organizzazione del lavoro
in modo da minimizzare l’esposizione e insonorizzare la cabina dei sistemi di
controllo computerizzati dove stazionano gli addetti.
Per evitare e/o risolvere intasamenti nei silos e
nella tramoggia, piuttosto che interventi manuali con il martello per battere
sulle superfici metalliche dei contenitori dall’esterno, sono da preferire
contenitori dotati di sistemi vibratori opportunamente progettati (frequenza
delle vibrazioni scelta non solo in base all’efficacia di scuotimento, ma anche
del livello di rumore prodotto).
Nei casi di livelli di esposizione personale superiori
a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione
stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella
“Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al
Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Lavoro in altezza
descrizione
Alcune regolazioni e/o lavori di manutenzione del sistema di trasporto pneumatico delle materie prime e l’eventuale necessità di intervenire manualmente per sbloccare la materia prima quando, all’interno del silos, essa si compattata non riesce più a fluire regolarmente, possono richiedere interventi manuali in altezza. A tale scopo sono talvolta utilizzate scale portatili e ciò può comportare il rischio di caduta dall’alto.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
prevenzione
È opportuno valutare la possibilità di adottare tutte le misure organizzative e tecnologiche volte ad evitare o ridurre la necessità di eseguire lavori in altezza.
L’addetto che opera in altezza deve poter svolgere il suo lavoro in sicurezza; ad esempio, in caso l’operazione sia eseguita con scala portatile, il lavoratore deve indossare una cintura di sicurezza o imbracatura adeguatamente fissata ad idonei punti di ancoraggio fissati alle superfici metalliche delle parti da ispezionare oppure a cavi metallici opportunamente tesi in altezza; anche la scala portatile deve essere a norma di sicurezza, marchiata CE e dotata di sistemi che ne impediscano la caduta o lo scivolamento (ad esempio rampini di ancoraggio, basi di appoggio al pavimento con rinforzi in gomma antiscivolo, ecc...).
Nel caso in cui alle parti in altezza si acceda
tramite una struttura fissa di accesso con scale e passerelle, esse devono
essere stabilmente fissate, realizzate in materiale antiscivolo (ad esempio
grigliato metallico), dotate di parapetti e fasce fermapiedi.
-
Art. 386 “Cinture di sicurezza”, D.P.R. n.547 del
27.04.1955.
-
Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di
passaggio”, D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
Norma UNI EN 361 del 30.11.93 “Dispositivi di
protezione individuale contro le cadute dall'alto. Imbracature per il corpo”. Specifica
i requisiti, i metodi di prova, le istruzioni per l'uso, la marcatura e
l'imballaggio per le imbracature per il corpo. Altri tipi di supporti per il
corpo sono definiti nella EN 358. I dispositivi anticaduta sono specificati
nella EN 263.
-
UNI EN 363 del 31.12.93 “Dispositivi di
protezione individuale contro le cadute dall'alto. Sistemi di arresto caduta”.
Specifica la terminologia e i requisiti generali per i sistemi di arresto
caduta che servono da dispositivo di protezione contro le cadute dall'alto.
Fornisce inoltre gli esempi su come si possono collegare componenti o gruppi di
componenti a un sistema di arresto caduta. Questi esempi dovrebbero consentire
all'acquirente o all'utilizzatore di montare tutti i componenti in modo
corretto e di costruire un sistema di arresto caduta.
-
UNI EN 795 del 01.05.98 “Protezione contro le
cadute dall'alto - Dispositivi di ancoraggio - Requisiti e prove”. Specifica i
requisiti, i metodi di prova e le istruzioni per l'uso e la marcatura di
dispositivi di ancoraggio progettati esclusivamente per l'uso con dispositivi
di protezione individuale contro le cadute dall'alto.
-
D.Lgs. n.
626/94 e s.m.i.
Fig. 80. Particolari impiantistici al di sotto dei
silos delle materie prime per la produzione di fritte.
Movimentazione manuale dei carichi
descrizione
In genere il rovesciamento dei sacchi contenenti le materie prime è effettuato manualmente da 2 operatori. I sacchi pesano circa 25 - 30 Kg.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
prevenzione
Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati opportuni ausili meccanici (apparecchi di sollevamento, ecc...). La soluzione più idonea risulta comunque essere l’adozione di impianti automatizzati per il dosaggio, la miscelazione e il trasporto dei preparati.
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Lavoro ai
videoterminali
descrizione
Nel corso della fase di pesatura ed invio
composizione ai silos di caricamento, il personale sovrintende alle operazioni
attraverso una consolle di calcolatori di processo dedicati che, mediante il
via libera dato da una chiave elettronica, indirizzano lo smistamento solo
verso il serbatoio di rifornimento autorizzato. Tutto il processo è asservito
da controllo computerizzato: tale accorgimento raggiunge il duplice scopo di
ridurre in maniera considerevole da un lato i pericoli di esposizione per gli
addetti e dall’altro errori dell’operatore.
In alcune aziende del comparto, gli addetti ai
sistemi di controllo di pesata e miscelazione delle materie prime possono
trascorrere un tempo significativo davanti ai videoterminali.
Il lavoro continuativo al videoterminale, anche in
presenza di una postazione di lavoro correttamente progettata, comporta le
seguenti condizioni di rischio: impegno visivo ravvicinato, protratto e
statico; fissità della posizione seduta, abuso della mano e dell'avambraccio
nella digitazione.
danno atteso
interventi prevenzionistici
Garantire un idoneo livello di illuminamento dello schermo e dell’ambiente di lavoro eliminando abbagliamenti o riflessi.
Garantire una postura corretta della schiena, degli
arti superiori e delle gambe.
Effettuare pause di riposo.
Mantenere un adeguato microclima nell’ambiente di lavoro.
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori che utilizzano in modo sistematico o abituale, una attrezzatura munita di videoterminale per almeno 20 ore settimanali (dedotte le pause).
È opportuno che i lavoratori che sovrintendono ai sistemi
di controllo computerizzato del funzionamento dell’impianto possano operare
dall’interno di una postazione cabinata opportunamente
climatizzata e insonorizza e protetta dalle polveri.
riferimenti normativi
-
Tit. VI e All. VII del D.Lgs.
n.626 del 19.09.1994 così come modificato dalla Legge Comunitaria del 2000
(Legge n.422 del 29.12.2001).
-
D.M.L. del 02.10.2000 "Linee guida d'uso dei
videoterminali" (Attuazione dell'Art. 56 del D.Lgs.
n.626/94 e s.m.i.).
-
Circolare n.16 del 25.01.2001 del Ministero del Lavoro e Previdenza
Sociale “Modifiche al titolo VII del D.Lgs. n.
626/1994 – Chiarimenti operativi in ordine alla definizione di lavoratore esposto e sorveglianza sanitaria”.
-
Norme U.N.I. 7367, 9095, 7498.
APPALTI ESTERNI
Questa fase non è appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Le macchine sopra descritte possono diffondere rumore all’esterno dello stabilimento produttivo con possibile disturbo agli eventuali insediamenti civili adiacenti. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili.
DESCRIZIONE DELLA FASE
Così come la pesata e il dosaggio descritti alla fase precedente, l’operazione di carico della miscela nel serbatoio di stoccaggio che alimenta il forno fusorio prescelto è regolata da sistemi computerizzati di controllo; ciò permette anche di evitare errori in fase di caricamento, in quanto una chiave elettronica consente il rifornimento del solo forno abilitato.
I forni fusori sono alimentati da una miscela aria-metano arricchita con ossigeno liquido per raggiungere le elevate temperature di esercizio necessarie (1200-1500 °C).
Il caricamento del forno avviene dall’alto per gravità, infatti il silos di caricamento è posto ad una quota maggiore di quella alla quale è posta il forno.
Fig. 81.Silos di servizio per il
caricamento in forno della miscela di materie prime.
All’interno del forno ha luogo un processo di fusione che avviene in maniera continua secondo la tecnica del letto fluido. All’uscita, la massa fusa è scaricata per gravità.
Talvolta alla bocca di colata, il materiale fuso può dare luogo alla formazione di grumi i quali, fermandosi alla bocca, ostruiscono parzialmente il deflusso della colata. Ciò richiede l’intervento dell’operatore, mentre per il resto questa fase lavorativa è prevalentemente automatizzata e gli addetti effettuano solo la supervisione.
I grumi alla bocca di colata possono essere causati da una miscela non fusa a sufficienza, magari per un non adeguato preriscaldamento del forno, che fa giungere il materiale all’uscita ad una temperatura leggermente più bassa di quella richiesta
Per rimuovere i grumi l’addetto interviene salendo su un’apposita piattaforma e, armato di una lunga pertica munita di lama, libera il foro di uscita del forno da ostruzioni o tappi.
Per ridurre la formazione di grumi durante la colata
talvolta alla bocca dei forni sono poste fiaccole a gas allo scopo di tenere
alta la temperatura e quindi mantenere fluido il materiale in uscita.
La fase che più di ogni altra caratterizza la
produzione di fritte è costituita dal sistema scelto per il raffreddamento
della massa fusa all’uscita del forno. Possono infatti essere impiegati due
diversi processi di raffreddamento della colata (a secco oppure a umido).
Il raffreddamento a umido può avvenire o per caduta in acqua o per investimento della colata da parte di un getto d’acqua fredda che provoca la formazione delle fritte in forma di granuli; le fritte formate, insieme all’acqua, sono raccolte in canalette vibranti le quali sono conformate in modo da raccogliere l’acqua facendola uscire dalla parte bassa della canaletta verso un pozzetto collegato ad un sistema raffreddamento a ciclo chiuso, mentre le fritte - grazie alle vibrazioni - avanzano lungo la canaletta fino a cadere nei contenitori di raccolta (cisternette mobili su ruote o cassonetti predisposti per essere movimentati con carrelli elevatori).
Il materiale così ottenuto è definito “umido” per la percentuale di acqua residua contenuta, intorno al 4-5%. Il risultato finale, di colore chiaro, è destinato prevalentemente al settore delle mattonelle.
Il raffreddamento a secco consente di ottenere un
tipo di fritta “secca” ossia senza acqua residua contenuta. Per ottenere questo
prodotto, il fuso è fatto passare attraverso due cilindri con sistema idrico
interno a circuito chiuso che raffreddano la massa liquida, riducendola ad una
lastra di pochi mm di spessore. Questa macchina è detta laminatoio.
Una macchina
frantumatrice posizionata sotto il laminatoio provvede a mutare in scaglie la
sottile lastra in uscita dai cilindri.
Il completamento del
raffreddamento delle fritte secche avviene in genere mediante apposite torri,
all’uscita delle quali le fritte sono direttamente inviate al confezionamento.
Le fritte in scaglie,
ottenute con raffreddamento a secco, sono impiegate nel settore degli
elettrodomestici per smaltare i forni, i piani di cottura ed i materiali
ferrosi in generale.
Il sistema di raffreddamento delle fritte mediante laminatoio riduce i volumi d’acqua necessari, oltre a costituire un guadagno tecnologico di processo in quanto la laminazione non implica il trattamento dei reflui.
Fig. 82. Colata dal forno fusorio con bocca riscaldata
con fiaccole a metano e colata raffreddata ad acqua .
Fig. 83. Uscita dalla canaletta vibrante delle fritte
umide (in granuli), raccolte in un cassone metallico.
Fig. 84.In primo piano: cisternetta mobile su ruote per fritte raffreddate ad
acqua. Sullo sfondo: forno fusorio con colata raffreddata ad acqua e scarico
fritte in contenitore predisposto per essere trasportato con robot elevatore.
Fig. 85. Colata in canaletta vibrante per il raffreddamento
ad acqua e scarico delle fritte umide.
Fig. 86. Forno fusorio per fritte, dotato di sistema
per il recupero di calore per il preriscaldamento dell’aria comburente. Si noti
nella parte inferiore il sistema basculante per inclinare il forno per
facilitare la colata.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Forni fusori
Si tratta di parallelepipedi metallici rivestiti
internamente con blocchi di refrattario in cui avviene la fusione delle materie
prime in modo continuo. L’alimentazione avviene tramite silos di caricamento
metallici posti in testa al forno. I forni, nella parte inferiore, sono dotati di una bocca di uscita attraverso la
quale il materiale fuso fuoriesce per gravità. La combustione è alimentata
tramite una miscela gassosa di metano ossigeno, la cui regolazione avviene
mediante flussimetri posti al piano terra.
Piattaforme
sopraelevate
Sono postazioni sopraelevate nella vicinanza
dell’uscita dal forno utilizzate dagli addetti incaricati della rimozione dei
grumi che possono ostruire lo scarico del materiale fluido.
Laminatoio
Si tratta di una scatola
metallica dove il materiale fuso è fatto passare attraverso due cilindri
contrapposti raffreddati internamente grazie ad un sistema a circuito chiuso.
In uscita la fritta si presenta come una lamina continua che viene poi
disgregata entro una macchina frantumatrice. In quest’ultima il materiale viene
sminuzzato e ridotto alle dimensioni volute. Il completamento del
raffreddamento avviene entro la torre di raffreddamento.
Torre di raffreddamento per fritte prodotte con laminatoio
Si tratta di una colonna chiusa e all’interno della
quale viene fatta circolare aria e che contiene una canaletta a forma di
spirale senza fine con raffreddamento interno ad acqua. Il materiale in uscita
dal laminatoio è trasportato tramite una canaletta vibrante verso l’ingresso
della spirale che avviene dal basso, mentre l’uscita del materiale raffreddato
avviene dall’alto e per essere inviato direttamente verso lo stoccaggio in
silos o il confezionamento in sacchi.
Fig. 87. Torre di raffreddamento delle fritte secche
uscite dal laminatoio.
Fig. 88. Particolare della torre di raffreddamento per
fritte secche. Si noti la canaletta interna a forma spirale (vite senza fine).
Fig. 89.Ingresso delle fritte secche
nella torre di raffreddamento, tramite canaletta vibrante.
Fig. 90.
Flussimetri per il controllo dei forni.
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti.
Microclima
sfavorevole, superfici calde, materiale incandescente, acqua calda, fiamme
libere
Il lavoro in prossimità dei forni espone gli addetti
a microclima sfavorevole e alla possibilità di contatto con superfici calde
(pareti dei forni, ecc…), fiamme libere (fiaccole per
riscaldare la bocca dei forni) e materiale fuso che cola dal forno, specie in
caso di intervento per rimuovere grumi di colata alla bocca dei forni. Anche
l’operazione di accensione delle fiaccole utilizzando l’accendino può
comportare per gli addetti il rischio di ustioni.
L’acqua utilizzata per il
raffreddamento della colata può essere causa di ustioni. Ad esempio in una
azienda del comparto è accaduto un
infortunio ad un operaio che, mentre spostava una canaletta vibrante dove la
colata è raffreddata ad acqua, è stato investito dal getto di acqua calda e si
è procurato una ustione di 2° grado al piede.
Il disagio dovuto al
microclima caldo può essere aggravato nella stagione estiva. Qualora il
personale si sposti dal reparto forni agli altri reparti, può essere esposto a
sbalzi di temperatura specie durante la stagione invernale.
danno atteso
Sono possibili ustioni per contatto accidentale con superfici calde, acqua calda, fiamme libere, materiale fuso; difficoltà respiratorie, stress termico, osteoartropatie dovute al microclima sfavorevole. Gli sbalzi di temperatura possono essere causa di malattie da raffreddamento e osteoarticolari.
-
Progettare adeguatamente il posto di lavoro e limitare ai soli addetti
l’accesso alla zona operativa.
-
Valutare la possibilità di adottare procedure e sistemi di controllo
tali da prevenire la formazione di grumi alla bocca del forno.
-
Proteggere con schermi anticalore la postazione sopraelevata dalla
quale opera l’incaricato alla rimozione dei grumi dalla bocca del forno. È
opportuno che l’addetto alla rimozione dei grumi utilizzi strumenti
sufficientemente lunghi in modo da operare da dietro lo schermo a distanza di
sicurezza contro possibili schizzi di materiale fuso.
-
Coibentare le superfici calde, specie quelle con le quali gli addetti
possono venire a contatto.
-
Per l‘accensione delle fiaccole possono essere adottati sistemi di
accensione semiautomatica (accensione piezoelettrica).
-
Adottare procedure operative corrette (ad esempio evitare di spostare
la canaletta vibrante mentre è la colata
è raffreddata ad acqua, per evitare il rischio che l’acqua calda possa
investire gli addetti).
- Indossare D.P.I. (elmetto con visiera anticalore, guanti anticalore e indumenti protettivi adeguati ignifughi e non svolazzanti).
-
Corretta organizzazione del lavoro, turnazione, pause in locali di
ristoro climatizzati, possibilità di bere spesso bevande fresche arricchite di
sali minerali.
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303/56.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.
Fig. 91. Particolare del raffreddamento ad acqua della
colata e caduta delle fritte umide nella cisternetta
mobile posta al termine della canaletta
vibrante.
Fig. 92. Particolare delle fiaccole per riscaldare la
bocca di colata e dello scarico dell’acqua utilizzata per il raffreddamento
della colata.
Esposizione a radiazioni luminose e infrarosse
Gli addetti alla conduzione dei forni e alla
sorveglianza del corretto funzionamento sono esposti a radiazioni luminose e
infrarosse emanate dal materiale fuso, specie durante gli interventi di
rimozione dei grumi dalla bocca del forno.
L’esposizione a
radiazioni luminose e infrarosse può provocare irritazione agli occhi,
congiuntiviti, cataratta da calore e stress da affaticamento visivo.
Per la protezione dalle radiazioni luminose
infrarosse è necessario l’utilizzo di schermi alle bocche di colata dei forni,
indossare D.P.I. (visiere, occhiali) ed una adeguata
organizzazione del lavoro. E’ importante l’informazione, formazione e
sorveglianza sanitaria degli addetti.
-
D.P.R. n.303 del 1956 e s.m.i.
-
D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs. n.
626 del 1994 e s.m.i.
Esposizione a fumi e vapori di prodotti chimici
Il processo di fusione produce fumi dovuti alla
combustione del metano e ai vapori dei materiali fusi. Anche le fiamme libere
delle fiaccole usate per riscaldare la bocca dei forni producono fumi di
combustione in particolare ossidi di azoto.
Irritazione delle vie respiratorie. Danni specifici sono possibili in relazione alla pericolosità delle materie introdotte in forno e alla relativa esposizione dei lavoratori ai fumi e vapori derivanti dal bagno fuso.
-
Impianti di aspirazione localizzata e adeguato ricambio d’aria naturale
o forzato dell’ambiente di lavoro.
-
Utilizzare le fiaccole per il tempo strettamente necessario. E’
opportuno evitare la pratica comune di tenere accesa la fiaccole per scaldare
l’ambiente di lavoro nei mesi invernali (il riscaldamento deve essere garantito
tramite adeguati sistemi quali termoconvettori, ecc…).
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Conduzione di apparecchiature a gas
L’utilizzo dei forni a gas e delle fiaccole può
comportare il rischio di fughe di gas combustibile ed esplosione - incendio,
oltre alla possibile esposizione degli addetti ai prodotti di combustione.
danno atteso
Sono possibili intossicazioni per inalazione di gas.
Ustioni, lesioni traumatiche ed intossicazioni in caso di incendio –
esplosione, con danni alla salute dei lavoratori per causa diretta (sovrapressione) o indiretta (cedimento strutturale).
interventi prevenzionistici
-
Per ridurre il rischio è necessario che vengano effettuate verifiche
periodiche su tutto l'impianto a gas. A fine turno di lavoro è bene chiudere il
rubinetto generale di erogazione del gas. Sono necessari dispositivi che
interrompano l’erogazione del gas in caso di spegnimento della fiamma. E’
importante che il sistema automatico di accensione sia controllato onde evitare
l'innesco ritardato che potrebbe determinare una esplosione. È opportuno
installare rivelatori automatici di gas (tarati ad una opportuna concentrazione
frazione del limite inferiore di infiammabilità), collegati al sistema di
allarme e ad elettrovalvole del tipo normalmente chiuse (in mancanza della
alimentazione elettrica) installate sulle tubazioni del gas.
-
È opportuno che le fiaccole siano dotate di un dispositivo di sicurezza
che, grazie ad una termocoppia, impedisca la fuoriuscita accidentale del gas se
la fiaccola si spegne, evitando così il rischio della formazione di miscele
esplosive. Allo scopo è anche necessario che i tubi flessibili che collegano il
rubinetto della tubazione fissa del gas alla fiaccola siano controllati prima
di ogni utilizzo, in quanto possibili deterioramenti possono essere causa di
fughe di gas. È opportuno chiudere il rubinetto della tubazione fissa ogni qual
volta si finisce di utilizzare la fiaccola. Al fine di ridurre il rischio di
ustioni è opportuno che le fiaccole siano dotate di sistemi di accensione
piezoelettrica con attivazione a pulsante, in modo da evitare che gli addetti
debbano utilizzare accendini manuali.
-
E’ fondamentale la informazione e la formazione dei lavoratori e la
conduzione del forno dovrebbe essere consentita esclusivamente a personale
specializzato.
riferimenti normativi
-
Normativa generale antincendio.
-
Norme UNI-CIG.
-
Per i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si
applica il D.M.I. del 31.03.1984, mentre per quelli
di capacità superiore a 5 m3 si applica il D.M.I.
del 13.10.1994.
Lavoro in
postazioni sopraelevate
descrizione
Durante la salita, la discesa o nel corso delle varie operazioni condotte su piattaforme sopraelevate, tra le quali la rimozione dei grumi che si possono formare alla bocca dei forni fusori, sono possibili cadute dall’alto.
Lesioni traumatiche, con rischio di infortuni gravi o mortali.
prevenzione
Predisporre accessi sicuri alle postazioni in altezza con gradini stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, parapetto mobile per la protezione dell’apertura dal ballatoio verso la scala di accesso, come prescritto dalle norme vigenti.
Verificare periodicamente il buono stato strutturale dei piani di calpestio e dei parapetti di sicurezza, specie quando realizzati in materiale metallico soggetto ad azione deteriorante da parte degli agenti atmosferici.
Le zone di passaggio devono essere mantenute libere da ostacoli e materiali e periodicamente pulite. In caso di eventuali fuoriuscite di materiali è opportuno installare sistemi di pulizia pneumatica industriale quali impianti centralizzati per aspirare grandi quantità di materiale polveroso o granulare. Si ricorda che camminare su cumuli di polvere può anche essere causa di caduta per scivolamento.
Gli
addetti che accedono all’impianto devono indossare scarpe di sicurezza con
suola antiscivolo.
Particolare attenzione deve essere posta in caso di lavori di manutenzione. Ad esempio, a seconda delle situazioni, può essere necessario indossare una imbracatura con sistema di trattenuta che impedisca la caduta d'alto. Per portare in quota materiali e attrezzature è opportuno utilizzare idonei sistemi di sollevamento. Segnalare, delimitare, impedire l’accesso e sorvegliare la zona a terra corrispondente a quella dove avvengono operazioni in quota. Il personale a terra deve indossare l’elmetto di protezione della testa. Le operazioni devono avvenire sotto la sorveglianza del preposto.
L’accesso
di eventuali visitatori alle zone di attività deve essere organizzato e
regolamentato (esempio: dotare i visitatori di D.P.I.,
farli accompagnare, ecc…).
- Art. 386 “Cinture di sicurezza” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
Norme
UNI EN 361, 363, 795
- All. IV, part B, sez. II Direttiva CEE/CEEA/CE n. 57 del 24.06.1992: "Direttiva del Consiglio del 24 giugno 1992 riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)."
- D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
Esposizione a
rumore
descrizione e stima
I bruciatori di più forni in continua operatività,
la presenza di fiamme libere e le canalette vibranti per l’avanzamento delle fritte
in raffreddamento produce un livello di rumore ambientale elevato, che in
genere è superiore a 85 dB(A) e può arrivare intorno
ai 90 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di ridurre il rumore alla fonte, anche grazie ad una frequente ed accurata manutenzione dei macchinari presenti. In caso di modifiche, di impianti o attrezzature è opportuno effettuare una valutazione preventiva del livello di rumorosità conseguente la realizzazione. Qualora sia stato deliberato l’acquisto di nuovi macchinari è necessario valutare con attenzione il tipo di emissione acustica dichiarato dal costruttore, cercando di orientare la scelta verso macchinari meno rumorosi possibile.
- Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche mediante turnazione e limitando l’accesso nel reparto ai non addetti a tale lavorazione.
-
Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose
è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi).
-
Delimitare e segnalare la zona rumorosa.
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di
prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte
nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente
documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
APPALTI ESTERNI
Questa fase non è appaltata
IMPATTO ESTERNO
Emissioni in atmosfera
La fusione per la produzione di fritte nei forni
alimentati a metano produce ossidi di azoto e di carbonio, anidride carbonica,
altri gas e polveri derivanti dalle materie fuse.
Questa fase del ciclo
lavorativo può rappresentare un significativo impatto per l’ambiente, pertanto
prima del rilascio in atmosfera gli inquinanti devono essere sottoposti ad
abbattimento. In alcune aziende ciò è realizzato tramite torri di
neutralizzazione con calce e filtri a maniche (previo raffreddamento in
scambiatori di calore ad aria).
Una riduzione delle
emissioni può essere ottenuta con l’adozione di forni fusori alimentati a
corrente elettrica (a cielo freddo); tale tecnologia è utilizzata nel comparto
delle cristallerie/vetrerie.
DESCRIZIONE DELLA FASE
Lo stoccaggio delle fritte è differenziato in dipendenza della tipologia di fritta, dal quantitativo ordinato, oppure del fatto si tratti di un prodotto finito (destinato al mercato) o si tratti invece di un semilavorato (destinato a far parte della formulazione di composti ceramici).
Qualora per le fritte
prodotte non sia previsto un impiego immediato, le fritte sono stoccate in
silos.
Ad esempio in una azienda
del comparto i contenitori metallici da 500 Kg (dove si raccolgono le fritte in
uscita dalla macchina frantumatrice) sono prelevati da un carrello elevatore
robotizzato che li trasferisce su una rulliera dalla
quale passano su un montacarichi fino ad un sistema di trasporto al di sopra
dei silos. Il contenitore viene fatto scaricare nel silos prescelto per poi
seguire il percorso inverso fino a tornare sulla rulliera
dalla quale viene nuovamente prelevato dal robot che lo pone in uscita alla
macchina frantumatrice per il nuovo riempimento. Tutta la movimentazione dei
contenitori come sopra descritto è completamente automatizzata tramite un
sistema computerizzato che gli addetti sovrintendono da una apposita sala di
controllo.
In un’altra azienda del
comparto invece le fritte sono raccolte in cisternette
mobili su ruote
ATTREZZATURE E MACCHINE
Carrello elevatore robotizzato
Si tratta di un carrello
elevatore a trazione elettrica il cui movimento è completamente automatico e
controllato da un sistema computerizzato a guida laser, dotato di dispositivi
di sicurezza contro gli urti accidentali. Il carrello è dotato di forche per il
sollevamento dei contenitori metallici utilizzati per raccogliere le fritte
all’uscita della macchina frantumatrice.
Rulliere per contenitori
Si tratta di un sistema
di rulli motorizzati dedicati alla traslazione orizzontale dei contenitori
metallici utilizzati per raccogliere le fritte all’uscita della macchina frantumatrice.
Può essere costituita da una struttura a due piani, dei quali uno può essere
dedicato ai contenitori pieni in partenza verso i silos di stoccaggio e l’altro
dedicato ai contenitori che tornano vuoti.
Montacarichi per contenitori
Si tratta di una
montacarichi appositamente predisposto per il sollevamento dei contenitori
metallici utilizzati per raccogliere le fritte all’uscita della macchina
frantumatrice. Una incastellatura metallica sostiene le guide entro le quali si
muove verticalmente il supporto che movimenta il contenitore. L’elevatore costituisce il collegamento tra
il sistema di trasposto dei contenitori posto sulla sommità dei silos di
stoccaggio e la rulliera che si trova a quota del
pavimento (o comunque, in caso di rulliera a due
piani, ad una quota accessibile dal carrello elevatore robotizzato).
Cisternette
di raccolta
Contenitori di acciaio inox destinati a
raccogliere le fritte in arrivo dalla canaletta di raffreddamento a umido.
Silos
di stoccaggio
Contenitori verticali in metallo o in
legno nei quali avviene lo stoccaggio del prodotto finito. Hanno in genere una
capacità di 21.000 litri, sono dotati di boccaporto superiore dal quale si
effettua il caricamento e di un boccaporto inferiore dal quale avviene il
prelevamento. I silos sono in genere ricoverati all’interno di capannoni. Come
materiale costituivo dei silos alcune aziende preferiscono il legno per evitare
che l’attrito con le fritte possa determinare la contaminazione del prodotto
con metalli o ossidi di metalli.
Fig. 93.Robot elevatori in posizione
di riposo nel reparto fusione e colata.
Fig. 94.Robot elevatore durante il
prelevamento del contenitore delle fritte in granuli.
Fig. 95.Rulliera a due piani per l’invio dei contenitori all’elevatore di carico dei silos di stoccaggio delle fritte.
Fig. 96.Robot elevatore in fase di
deposito di un contenitore sulla rulliera.
Fig. 97. Elevatore dei contenitori delle fritte per il
carico dall’alto dei silos di stoccaggio.
Fig. 98. Vista d’insieme dei silos di stoccaggio delle
fritte. Si notino a sinistra la rulliera e
l’elevatore.
Fig. 99. Altro sistema (alternativo al precedente) per
il caricamento dei silos: le fritte sono versate in una tramoggia grigliata; le
fritte sono portate in altezza grazie ad un elevatore a tazze (si noti la
struttura metallica verticale) e scaricato nei silos grazie ad un nastro
trasportatore a posizionamento variabile.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti.
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
I robot elevatori, in caso di avaria dei dispositivi
di sicurezza, possono comportare per gli addetti il rischio di investimento.
Le rulliere possono
comportare il rischio di scivolare e cadere se gli addetti ci salgono sopra.
Particolare attenzione deve essere seguita in caso di manutenzione. In caso di
entrata in funzione della rulliera o del montacarichi
mentre un addetto sta svolgendo un intervento di manutenzione sono possibili
infortuni gravi, anche mortali, per schiacciamento tra le parti fisse e le
parti mobili.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
- Contro il rischio di investimento da parte dei robot elevatori normalmente gli stessi sono provvisti sia di dispositivi di segnalazione ottico-acustica che ne preannunciano e accompagnano il movimento, sia di dispositivi contro gli urti accidentali costituiti da fotocellule e/o radar che lo arrestano in presenza di ostacoli (persone comprese) che dovessero trovarsi lungo il suo percorso. E’ importante che tali dispositivi siano mantenuti efficienti.
- L’accesso alle parti pericolose di rulliere e montacarichi deve essere protetto tramite ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco oppure tramite barriere immateriali (fotocellule). Le macchine devono essere dotate di dispositivi di arresto di emergenza e contro il riavviamento intempestivo, ad esempio in caso ritorni l’alimentazione elettrica dopo che era venuta a mancare per un qualsiasi motivo.
- Adottare procedure di manutenzione standardizzate e scritte, assicurandosi prima di intervenire di aver bloccato tutte le parti che potrebbe muoversi (per energia elettrica, pneumatica, per gravità, ecc…) impossessandosi della chiave del quadro comando e apponendo sullo stesso la segnalazione del divieto di attivazione delle macchine per manutenzione in corso.
- Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI
Esposizione a luce laser
descrizione
In caso di lavori di manutenzione o interventi straordinari
effettuati in altezza, gli addetti possono essere esposti alla luce laser
utilizzata per la guida telecomandata dei carrelli elevatori robotizzati.
danno atteso
Regione Spettrale |
Effetti
sull’occhio
|
Effetti sulla
pelle
|
UV-C: 180 – 280 nm |
Fotocheratite. |
Eritema; accelerazione del processo d’invecchiamento. |
UV-B: 280 - 315 nm |
Aumento della pigmentazione. |
|
UV-A: 315 - 400 nm |
Cataratta fotochimica. |
Annerimento del pigmento. |
Visibile: 400 – 780 nm |
Lesione fotochimica e termica. |
Reazioni fotosensibili; bruciatura della pelle. |
IR-A: 780 – 1400 nm |
Cataratta, bruciatura della retina. |
|
IR-B: 1,4 – 3 mm |
Infiammazione acquosa, cataratta, bruciatura della cornea. |
Bruciatura della pelle. |
IR-C: 3,0 mm – 1 mm |
Bruciatura della sola cornea. |
Fonte: M.D. Falco, M. Lepore, P.L. Indovina, Valutazione della esposizione alla radiazione laser, Medicina del Lavoro, 2001; 92, 3: pag. 187-202.
interventi prevenzionistici
- Verificare che sia spento il raggio laser prima di intervenire per manutenzione, assicurandosi che non sia possibile che altri lavoratori lo accendano mentre è in corso l’intervento.
- In caso di necessità di mantenere acceso il raggio durante l’intervento, gli addetti devono indossare occhiali di protezione specifici per il tipo di raggio emesso.
- Informazione e formazione dei lavoratori.
-
D.Lgs. 626/94 e s.m.i.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata.
IMPATTO ESTERNO
A questa fase non sono imputabili impatti ambientali significativi.
DESCRIZIONE DELLA FASE
Le fritte stoccate in cisternette mobili sono trasportate nel reparto essiccatura e, grazie ad una tubazione flessibile collegata sul fondo della cisternetta tramite una apposita flangia, sono attraversate dal basso verso l’alto da un flusso di aria calda prodotta da un apposito generatore. In questo modo si ottiene l’evaporazione dell’acqua contenuta nelle fritte.
Le fritte essiccate sono sgranate da un sistema di rulli contrapposti e setacciate in vibrovagli (setacciatrici) da cui, in relazione alle dimensioni delle reti che vengono montate su di essi, si ottengono prodotti a varia granulometria che sono raccolti in sacchi o in big bags.
Le fritte granigliate possono essere mescolate tra loro in appositi miscelatori rotanti, simili a quelli descritti per la produzione dei pigmenti.
Fig. 100.Macchina granigliatrice - setacciatrice.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Macchina granigliatrice - setacciatrice
Si tratta di una apparecchiatura essenzialmente costituita da un sistema di rulli contrapposti in cui avviene la frantumazione dei granuli di fritta e da un vibrovaglio cilindrico orizzontale grazie al quale si effettua la setacciatura. Sullo stesso vibrovaglio possono essere montate griglie di magliatura diversa (in genere tre sezioni: fine, media, grossa) in modo da separare i prodotti a diversa granulometria. I prodotti setacciati passano attraverso un deferrizzatore prima di essere insaccati, in sacchi diversi a seconda della granulometria.
FATTORI DI RISCHIO
Esposizione a polveri
descrizione
Si tratta delle polveri di fritte che possono
contenere piombo, silice e altri prodotti facenti parte della composizione
prestabilita a seconda della tipologia di fritta prodotta.
L’esposizione dei lavoratori si può verificare
specialmente in caso di rottura accidentale dei sacchi durante la loro
movimentazione in quanto, durante la granigliatura –
setacciatura – insaccamento, l’esposizione, se pur presente, è ridotta dal
fatto che la macchina è chiusa e dotata di aspirazione localizzata.
stima
Da rilevazioni effettuate in aziende del comparto
sono stati evidenziati i seguenti valori:
-
pulizia granigliatrice: materiale particellare
4,27 mg/m3, piombo contenuto 0,0394 mg/m3;
-
setacciatura di un tipo di fritta e riordino del reparto: materiale
particellare 1,72 mg/m3, piombo contenuto 0,0059 mg/m3.
Sono previsti dalla azienda ASL di Empoli programmi di
campionamento da eseguirsi entro il 2002.
danno atteso
L’esposizione ed relativi i danni possibili per la salute possono variare a seconda del tipo di fritta in lavorazione, con particolare riferimento al suo contenuto di piombo.
Si deve tenere conto che una volta subito il processo di fusione e raffreddamento, la fritta che si forma presenta caratteristiche di pericolosità di norma inferiori a quelle degli ingredienti di partenza. Tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.
- Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a prodotti pericolosi, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.
- Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.
- Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.
- Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.
- I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Esposizione a rumore
descrizione
Il rumore deriva principalmente dalle macchine setacciatrici – granigliatrici;
altra fonte di rumore può essere determinata dalla presenza nello stesso
reparto dei mescolatori rotanti.
stima
Da rilevazioni effettuate in aziende del comparto sono stati evidenziati i
seguenti valori in prossimità della setacciatrice – granigliatrice: alla postazione di lavoro Leq 81,9 dB(A), L max 91,8 dB(A); vicino alla
macchina con vibratori in funzione Leq 78,9 dB(A), L max 94,8 dB(A); nella postazione di lavoro dove viene insaccato il
prodotto setacciato Leq 84,4 dB(A),
L max 84,7 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di ridurre il rumore alla fonte, anche grazie ad una frequente ed accurata manutenzione dei macchinari presenti. In caso di modifiche, di impianti o attrezzature è opportuno effettuare una valutazione preventiva del livello di rumorosità conseguente la realizzazione. Qualora sia stato deliberato l’acquisto di nuovi macchinari è necessario valutare con attenzione il tipo di emissione acustica dichiarato dal costruttore, cercando di orientare la scelta verso macchinari meno rumorosi possibile.
- Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche mediante turnazione e limitando l’accesso nel reparto ai non addetti a tale lavorazione.
-
Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose
è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi).
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di
prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte
nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente
documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Gli organi lavoratori e gli organi di trasmissione del
moto della granigliatrice, se non adeguatamente
protetti, possono costituire per gli addetti alla lavorazione il rischio di
presa, trascinamento e schiacciamento.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
Gli organi lavoratori e gli organi di trasmissione
del moto della granigliatrice devono essere segregati
con ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco meccanico. Ove sia
necessario mantenere la visibilità, possono essere eventualmente realizzate
griglie o barre distanziatrici idonee ad impedire che
gli arti dell’addetto possano raggiungere le parti meccaniche in movimento.
Le macchine devono essere dotate di dispositivo di
arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad
esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di
ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a
mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia
dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima di interventi di
pulizia o manutenzione. Per le operazioni di pulizia, manutenzione o
regolazione che dovessero richiedere l’avviamento della macchina con ripari
rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera con avviamento ad impulsi a uomo
presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando e che sia
azionabile dall’operatore da una postazione dalla quale sia ben visibile la
zona operativa.
È opportuno adottare procedure di pulizia
standardizzate e scritte.
È necessaria l’informazione e formazione dei
lavoratori.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI.
APPALTI ESTERNI
Questa fase in genere non è appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Le macchine sopra descritte possono diffondere rumore all’esterno dello stabilimento produttivo con possibile disturbo agli eventuali insediamenti civili adiacenti. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili.
DESCRIZIONE DELLA FASE
Il confezionamento delle fritte è differenziato in dipendenza della tipologia di fritta, dal quantitativo ordinato, oppure del fatto si tratti di un prodotto finito (destinato al mercato) o si tratti invece di un semilavorato (destinato a far parte della formulazione di composti ceramici).
Le fritte prodotte con raffreddamento della colata a
secco sono in genere confezionate direttamente in big bags da 500 Kg.
Le fritte prodotte con raffreddamento della colata a
umido sono in genere stoccate in silos (come descritto alla fase precedente) e
successivamente confezionate in sacchi di carta da 25 Kg oppure in big bags da
500 Kg.
Il riempimento dei big bags da 500 Kg con le fritte stoccate
in silos può avvenire con diverse modalità alternative, ad esempio:
-
sotto un silos di stoccaggio delle fritte viene portata una cisternetta dotata di ruote, caricata con le fritte e
infine posizionata tramite carrello elevatore su una incastellatura metallica
sotto la quale viene posto il big bag
da riempire;
-
sotto i silos di stoccaggio delle fritte è presente un nastro trasportatore
che porta le fritte fino alla stazione di confezionamento; sul nastro è
presente un deferrizzatore che ha lo scopo di
eliminare eventuali impurità metalliche.
Fig. 101.Postazione di insaccamento
delle fritte in big bag. La cisternetta mobile viene sollevata con carrello elevatore e
posizionata sull’incastellatura metallica facendo coincidere le flangia della cisternetta con l’imbuto della struttura sotto il quale
viene posizionato il sacco. Il peso del sacco che via via
che si riempie è controllato grazie ad una bilancia elettronica dotata di
display luminoso.
Il riempimento dei big bags da 500 Kg con le fritte prodotte
a secco avviene direttamene dall’uscita della torre di raffreddamento.
Indipendentemente dalle diverse modalità sopra
descritte il riempimento del big bag
avviene sempre con il sacco posizionato su una bilancia elettronica dotata di display luminoso che ne indica il peso
man mano che si riempie.
Oltre che in big
bags da 500 Kg le fritte sono anche confezionate
in sacchi da 25 Kg i quali sono disposti su palletts
per la successiva spedizione.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Nastro
trasportatore
Si tratta di una nastro di gomma che ha
il compito di trasportare il prodotto dal luogo di stoccaggio alla stazione di
confezionamento.
Deferrizzatore
Elettromagnete utilizzato per eliminare
prima del confezionamento eventuali residui metallici rimasti nel prodotto
finito.
Fig. 102. Raccolta in big bag delle fritte provenienti direttamente dall’uscita della torre
di raffreddamento (per fritte prodotte con forno – laminatoio).
Fig. 103. Inserimento manuale del sacco (big bag da 500
Kg) nella macchina riempitrice.
Fig. 104. Macchina riempitrice durante il riempimento di un big bag .
Fig. 105. Uscita delle fritte dai silos di stoccaggio e
trasferimento su nastro verso l’impianto di confezionamento. Si noti il deferrizzatore (elettromagnete) appeso sopra il nastro
trasportatore.
Fig. 106. Particolare del filo teso utilizzato come
arresto di emergenza lungo il nastro trasportatore delle fritte.
Fig. 107. Pallettizzatore
automatico dei sacchi da 25 Kg.
Fig. 108. Alimentatore automatico dei pancali di legno per il pallettizzatore.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono sotto descritti.
Esposizione a polveri
descrizione
In questa fase i lavoratori possono essere esposti
alle polveri dei prodotti durante sia durante confezionamento sia durante la
movimentazione delle confezioni, specie in caso di fuoriuscite accidentali. Ciò
si è verificato recentemente in modo significativo in una azienda del comparto
a causa di una fornitura difettosa di big
bags che con il tempo tendevano a rompersi.
danno atteso
I danni possibili per la salute possono variare a seconda del tipo di fritta in lavorazione, con particolare riferimento al suo contenuto di piombo e all’entità della esposizione personale.
Si deve tenere conto che, in generale, i prodotti finiti che sono oggetto di confezionamento presentano caratteristiche di pericolosità di norma inferiori a quelle degli ingredienti di partenza. Tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.
- Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a prodotti pericolosi, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.
- Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.
- Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.
- Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.
- I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Le parti meccaniche in movimento del pallettizzatore e del nastro trasportatore, se non
adeguatamente protette, possono costituire per gli addetti alla lavorazione il
rischio di presa, trascinamento e schiacciamento.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
Le parti meccaniche in movimento del pallettizzatore e del nastro trasportatore devono essere
segregate con ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco meccanico.
Ove sia necessario mantenere la visibilità, possono essere eventualmente
realizzate griglie o barre distanziatrici idonee ad
impedire che gli arti dell’addetto possano raggiungere le parti meccaniche in
movimento.
Le macchine devono essere dotate di dispositivo di
arresto di emergenza e di dispositivi contro l’avviamento accidentale (ad
esempio il dispositivo che impedisce l’avviamento della macchina in caso di
ritorno intempestivo della alimentazione elettrica dopo che essa era venuta a
mancare per interruzione temporanea). E’ opportuno che il quadro comando sia
dotato di chiave che possa essere tolta dall’addetto prima di interventi di
pulizia o manutenzione. Per le operazioni di pulizia, manutenzione o
regolazione che dovessero richiedere l’avviamento della macchina con ripari
rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera con avviamento ad impulsi a uomo
presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando e che sia
azionabile dall’operatore da una postazione dalla quale sia ben visibile la
zona operativa.
È opportuno adottare procedure di pulizia
standardizzate e scritte.
È necessaria l’informazione e formazione dei
lavoratori.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI.
Movimentazione
meccanica dei carichi con carrelli elevatori
Per le indicazioni relative a questo fattore di
rischio si rimanda alla fase “movimentazione
meccanica con carrelli elevatori”.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase del ciclo produttivo non è
appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Dispersione di polveri
In caso di dispersione accidentale di polveri,
dovute ad esempio alla rottura di sacchi, si può determinare inquinamento del
suolo e dei corpi idrici circostanti. In considerazione della natura dei
materiali in oggetto, può risultare utile conformare la pavimentazione delle
zone interessate in modo da convogliare le acque meteoriche di dilavamento
verso vasche di raccolta, dalle quali possono essere inviate ad impianti di
neutralizzazione e depurazione.
DESCRIZIONE DELLA FASE
L’acqua utilizzata per il raffreddamento delle
fritte viene recuperata, raffreddata e riutilizzata per lo stesso scopo.
Il raffreddamento dell’acqua è ottenuto mediante un
apposito impianto costituito da una o più vasche di accumulo e da una serie di
torri di raffreddamento.
Fig. 109.Impianto di raffreddamento a ciclo chiuso
delle acque utilizzate nel reparto fritte per raffreddare la colata.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Torre di raffreddamento acque
È essenzialmente costituita da un corpo verticale in
genere di materiale plastico alla sommità del quale è posto un ventilatore che consente
l’aspirazione dell’aria dal basso e da un sistema ugelli che distribuiscono
l’acqua sul corpo di riempimento della torre, che ha lo scopo di favorire il
contatto in controcorrente tra aria e acqua da raffreddare. Il corpo di
riempimento è costituito generalmente da pannelli evaporativi modulari a nido
d’ape.
FATTORI DI RISCHIO
Esposizione a agenti biologici
descrizione
Qualora in alcune parti dell’impianto si formino
delle sacche di ristagno dell’acqua, in esse può avvenire lo sviluppo di batteri
in grado di proliferare in ambiente acquoso, i quali possono costituire un
agente patogeno a danno dei lavoratori addetti alla manutenzione dell’impianto
stesso.
Per approfondimenti si veda l’articolo
“Legionellosi: la posizione ufficiale ASHRAE” sulla rivista Condizionamento dell’aria, n. 2,
febbraio 1999, pagg. 140-147.
danno atteso
Legionellosi.
interventi prevenzionistici
- Sistemi di controllo automatico contro il ristagno di acqua.
- Durante gli interventi di manutenzione indossare D.P.I. quali maschere per la protezione delle vie respiratorie con filtri di tipo HEPA o H ad alta efficienza in grado di trattenere aerosol o nebbie, guanti di gomma, occhiali, tute.
- Informazione e formazione dei lavoratori.
-
D.P.R. 303/56 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626/94 e s.m.i.
-
Norme tecniche ASHRAE
Lavoro in postazioni sopraelevate e scivolose
descrizione e danno atteso
Durante la conduzione dell’impianto, i lavoratori accedono talvolta a postazioni di lavoro che comportano il rischio di caduta dall’alto. Il rischio è aggravato dalla scivolosità delle superfici di calpestio.
prevenzione
Le zone transitabili intorno
alle vasche devono essere dotate di parapetti per evitare che gli addetti
possano caderci dentro e dotate di fascia ferma piede. Inoltre le scale e le
passerelle nelle zone di lavoro e transito devono essere antiscivolo e
anch’esse dotate di parapetti e di fascia ferma piede. Le scale fisse a pioli
devono essere dotate di gabbie di protezione anticaduta. I lavoratori devono
indossare calzature adeguate.
- Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
Norme
UNI EN 361, 363, 795.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Essendo un impianto a ciclo chiuso, a questa fase non sono imputabili impatti ambientali significativi.
DESCRIZIONE DELLA FASE
La produzione di composti ceramici consiste nel preparare una ricetta prestabilita costituita da fritte, di uno o più tipi, in quantità complessiva compresa in genere tra il 20 ed il 60% della ricetta, alle quali sono aggiunti altri ingredienti: pigmenti, sali ed altri additivi quali ad esempio resine e prodotti antiflocculanti.
Il ciclo lavorativo prevede il solo dosaggio dei vari ingredienti ed il conseguente confezionamento in quanto le successive lavorazioni (miscelazione, macinazione, ecc…) sono svolte direttamente dal Cliente che acquista il composto.
In genere la preparazione dei composti avviene in un impianto semiautomatico nel quale i vari ingredienti sono preventivamente caricati in appositi di silos. Tuttavia, per modesti ordinativi, sono talvolta utilizzate stazioni di dosaggio e confezionamento manuale.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Impianto semiautomatico per il dosaggio e il confezionamento dei composti
Si tratta essenzialmente di un insieme di silos
installati su una piattaforma sopraelevata al di sotto della quale sono poste
le stazioni di confezionamento: in genere è presente una stazione di
confezionamento per big bags da 500 Kg ed una stazione di confezionamento per
sacchi da 25 Kg. Ogni silos è utilizzato per un ingrediente della ricetta. Dal
fondo di ogni silos parte una tubazione verso ogni stazione di confezionamento.
Ogni stazione di confezionamento è dotata di bilancia e di bocchette per
l’aspirazione localizzata.
Sistema di caricamento silos
Il caricamento dei silos avviene sempre per via
pneumatica pur differenziandosi a seconda delle modalità con cui i vari
ingredienti utilizzati giungono al reparto:
-
le autocisterne scaricano nei silos mediante tubazione flessibile
raccordata all’impianto dall’esterno dello stabilimento (come già descritto
alla fase ingresso materie prime);
-
le fritte in big bags da 500 Kg sono scaricate in apposite tramogge
grigliate (poste a filo del pavimento per favorire la movimentazione dei big bags con
il carrello elevatore), collegate ai silos tramite una tubazione e un sistema
di propulsione pneumatica;
-
altre materie prime in sacchi da 25 Kg sono scaricate in apposite
postazioni per il rovesciamento manuale dei sacchi, anch’esse collegate ai
silos tramite una tubazione e un sistema di propulsione pneumatica.
Pressa per sacchi vuoti
Questa macchina ha lo scopo di ridurre l’ingombro
dei sacchi vuoti degli ingredienti utilizzati, prima di conferirli alla loro
destinazione finale tramite ditta specializzata.
La pressa è essenzialmente costituita da un corpo
metallico di forma parallelepipeda, apribile da un
lato mediante uno sportello incernierato. Il contenitore è provvisto di
coperchio collegato ad un pistone a scorrimento verticale. Una volta che il
contenitore è stato riempito con i sacchi da pressare, l’addetto chiude lo
sportello e attiva la macchina. Il pistone spinge il coperchio dall’alto verso
il basso determinando così la pressatura. Ad operazione avvenuta il pistone
ritorna in posizione originale e l’addetto apre lo sportello laterale per
estrarre il materiale pressato.
Fig. 110. Postazione di riempimento automatico e pesata
dei sacchi da 25 Kg di composti.
Fig. 111. Particolare del sistema di riempimento automatico e pesata dei sacchi da 25 Kg di composti.
Fig. 112. Postazione di dosaggio e confezionamento
manuale dei composti in big bags da
500 Kg.
Fig. 113. Magazzino dei big bags di composti.
Fig. 114.Vista d’insieme del reparto di
produzione dei composti con
caricamento dei silos mediante un sistema pneumatico che prevede una tramoggia
grigliata a pavimento nella quale un carrello elevatore scarica i big bags. Si
notino i due diversi sistemi di insaccamento: in big bags da 500 Kg a destra e in sacchi
da 25 Kg a sinistra.
Fig. 115.Scarico del big bag nella tramoggia grigliata di alimentazione
del sistema pneumatico per il carico dei silos del reparto composti.
Fig. 116.Particolare della tramoggia
grigliata di scarico del big bag per il riempimento dei silos.
Fig. 117. Postazione di svuotatura
manuale dei sacchi nel sistema pneumatico alimentazione che carica i silos con
gli additivi per composti. La
tubazione di carico dei silos corre sotto il pavimento.
Fig. 118. Pressa per i sacchi vuoti degli additivi
utilizzati nella preparazione dei composti.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono sotto descritti.
Esposizione a polveri
descrizione e danno
atteso
Si da atto che le aziende che producono i composti hanno interesse alla minore dispersione possibile delle polveri, in quanto le stesse fanno parte del prodotto che vendono ai loro clienti, tuttavia i lavoratori possono essere esposti alle polveri che si possono disperdere nell’ambiente di lavoro sia durante l’operazione di dosaggio e confezionamento, sia per rotture accidentali dei sacchi.
Le materie prime impiegate sono svariate: in particolare nichel carbonato, bario carbonato e cobalto ossido sono le sostanze alle quali è da dedicare la maggiore attenzione essendo classificate cancerogene. Materiali come argille, caolino, feldspati, talco) possono contenere silice cristallina e dare conseguentemente origine a fenomeni di tossicità acuta (silicosi) in seguito ad infiltrazioni nel sistema respiratorio: per le grandi quantità impiegate, gli stessi quarzi costituiscono una importante sorgente di esposizione.
- Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a prodotti pericolosi, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.
- Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.
- La pressa per sacchi vuoti deve essere dotata di aspirazione localizzata.
- Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.
- Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.
- I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
In genere il rovesciamento dei sacchi contenenti le materie prime è effettuato manualmente da 2 operatori. I sacchi pesano circa 25 Kg. L’operazione può inoltre comportare l’assunzione di posture incongrue, specie quando i sacchi sono prelevati da pancali di legno posti sul pavimento.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di effettuare l’operazione di caricamento delle materie prime tramite impianti chiusi e automatici (ciò è risulterebbe utile anche per la riduzione dell’esposizione alle polveri).
- Utilizzare ausili per la movimentazione dei sacchi.
- Prevedere sistemi di sollevamento progressivo dei pancali, man mano che i sacchi vengono prelevati, in modo da consentire agli addetti di mantenere sempre la postazione eretta.
- Qualora siano utilizzati transpalletts a spinta manuale è opportuno che la spinta sia effettuata da due addetti e che il pavimento sia conformato in modo da non appesantire lo sforzo necessario per spingere la cisternetta, evitando per quanto possibile la presenza di dislivelli, buche o disconnessioni. Preferire l’utilizzo di transpalletts elettrici a batteria.
- Indossare D.P.I. (scarpe di sicurezza).
- Corretta organizzazione del lavoro.
- Informazione e formazione dei lavoratori.
riferimenti normativi
-
Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
-
Norma UNI ISO 938
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
L’organo lavoratore della pressa per sacchi vuoti, se
non adeguatamente protetto, può costituire per gli addetti alla lavorazione il
rischio di schiacciamento.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
Lo sportello laterale della pressa per sacchi vuoti
deve essere munito di dispositivi di interblocco meccanico.
È necessaria l’informazione e formazione dei
lavoratori.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Dispersione di polveri
In caso di dispersione accidentale di polveri si può
determinare inquinamento del suolo e dei corpi idrici circostanti. In
considerazione della natura dei materiali in oggetto, può risultare utile
conformare la pavimentazione delle zone interessate in modo da convogliare le
acque meteoriche di dilavamento verso vasche di raccolta, dalle quali possono
essere inviate ad impianti di neutralizzazione e depurazione.
Produzione rifiuti
In questa fase del ciclo produttivo si producono rifiuti costituiti dai sacchi vuoti che contenevano gli additivi per la preparazione dei composti.
Tali rifiuti sono in genere pressati prima di essere conferiti alla loro destinazione finale tramite ditte specializzate.
DESCRIZIONE DELLA FASE
Per la produzione dei preparati le materie prime sono introdotte in molini cilindrici rotativi
per la macinazione ad umido, analogamente a quanto descritto per la produzione
di pigmenti, cui si rimanda. La barbottina
ottenuta deve essere essiccata per ottenere il preparato finito. L’essiccazione può avvenire con essiccatori
statici (forni) analogamente a quanto descritto per la produzione di pigmenti cui si rimanda, oppure tramite essiccatori continui detti anche atomizzatori o spray-dryer.
Fig. 119. Impianto spray-dryer utilizzato per l’essiccazione dei preparati.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Essiccatore continuo per preparati
Si tratta di un sistema costituito da varie parti
che ha lo scopo di ottenere il preparato in polvere a partire dalla barbottina.
In un primo silos arriva sotto pressione la barbottina che, spruzzata finemente dall’alto tramite un
nebulizzatore, è investita in corrente da un getto di aria calda a 500 – 600 °C
e quindi si asciuga istantaneamente per evaporazione dell’acqua. Il prodotto
secco che cade per gravità è già considerato preparato finito.
L’aeriforme è aspirato via dal primo silos e
risucchiato all’interno di una seconda camera chiusa (ciclone) in cui avviene
un ulteriore raffreddamento e il recupero di una seconda parte di prodotto;
infine l’aeriforme viene inviato ad un filtro a maniche dove avviene il
recupero della terza e ultima parte di prodotto prima del rilascio in
atmosfera. Per favorire il distacco del preparato essiccato dalle pareti
interne dell’essiccatore sono presenti, all’interno dello stesso, appositi
organi vibratori e/o di battitura (anche detti martelletti).
Un’unica coclea raccoglie le tre parti di preparato
per inviarlo all’insaccamento.
L’aria calda è ottenuta tramite un combustore a gas
metano.
Fig. 120.Pannello di controllo
dell’impianto spray-dryer
utilizzato per l’essiccazione dei preparati.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono sotto descritti.
Esposizione a rumore
descrizione
Il rumore in questa fase lavorativa risulta essere particolarmente
elevato specie quando entrano in azione gli organi vibratori e/o di battitura
(anche detti martelletti) per favorire il distacco del preparato essiccato
dalle pareti interne dell’essiccatore.
stima
Da misurazioni effettuate in aziende del comparto
sono stati evidenziati valori di Leq fino a 86,4 dB(A), Lmax = 97 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
prevenzione
- Valutare la possibilità di ridurre il rumore alla fonte.
-
Valutare la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la
riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare
le macchine rumorose;
-
Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione,
anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali
produttivi;
- Effettuare la valutazione della esposizione personale dei lavoratori.
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti.
- Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) applicare le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Esposizione a
polveri
descrizione
In questa fase si può avere esposizione degli addetti a polveri di diversa tipologia e pericolosità a seconda dei vari tipi di preparati. Si da atto che le aziende che producono i composti hanno interesse alla minore dispersione possibile delle polveri, in quanto le stesse fanno parte del prodotto che vendono ai loro clienti, tuttavia i lavoratori possono essere esposti alle polveri che si possono disperdere nell’ambiente di lavoro sia durante l’insaccamento del preparato essiccato, sia per rotture accidentali dei sacchi pieni.
Altra causa di esposizione può essere la
manutenzione degli impianti.
danno atteso
I possibili danni per la salute dei lavoratori dipendono dalla diversa natura dei prodotti utilizzati per le varie ricette di produzione e dall’entità dell’esposizione personale. Si deve tenere conto che i prodotti ottenuti presentano in generale caratteristiche di pericolosità inferiore agli ingredienti di partenza. Tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.
interventi
prevenzionistici
- Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.
- Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.
- Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.
- Adottare procedure standardizzate e scritte per effettuare la manutenzione correttamente, prevedendo adeguate misure di protezione per gli addetti e per evitare l’esposizione indiretta di altri lavoratori.
- Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.
- I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
In caso di interventi di manutenzione alla coclea utilizzata
per convogliare il preparato essiccato fino alla macchina insaccatrice, è
possibile il contatto accidentale, la presa e il trascinamento degli arti del
lavoratore da parte dell’organo in movimento.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
Installare dispositivi di interblocco sui ripari mobili. Per regolazioni che dovessero richiedere l’avvio della macchina con ripari aperti, è possibile utilizzare una pulsantiera a uomo presente con avanzamento a impulsi azionabile da un zona dalla quale sia ben visibile l’area operativa.
Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI
Conduzione di macchine
alimentate a gas combustibile
descrizione
L’utilizzo dei bruciatori a gas nell’impianto di
essiccazione può comportare il rischio di fughe di gas combustibile ed
esplosione - incendio, oltre alla possibile esposizione degli addetti ai
prodotti di combustione.
danno atteso
Sono possibili intossicazioni per inalazione di gas.
Ustioni, lesioni traumatiche ed intossicazioni in caso di incendio –
esplosione, con danni alla salute dei lavoratori per causa diretta (sovrapressione) o indiretta (cedimento strutturale).
interventi prevenzionistici
Per ridurre il rischio è necessario che vengano
effettuate verifiche periodiche su tutto l'impianto a gas. A fine turno di
lavoro è bene chiudere il rubinetto generale di erogazione del gas. Sono
necessari dispositivi che interrompano l’erogazione del gas in caso di
spegnimento della fiamma. E’ importante che il sistema automatico di accensione
sia controllato onde evitare l'innesco ritardato che potrebbe determinare una
esplosione. È opportuno installare rivelatori automatici di gas (tarati ad una
opportuna concentrazione frazione del limite inferiore di infiammabilità),
collegati al sistema di allarme e ad elettrovalvole del tipo normalmente chiuse
(in mancanza della alimentazione elettrica) installate sulle tubazioni del gas.
E’ fondamentale la informazione e la formazione dei
lavoratori e la conduzione del forno dovrebbe essere consentita esclusivamente
a personale specializzato.
riferimenti normativi
-
Normativa generale antincendio.
-
Norme UNI-CIG.
-
Per i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si
applica il D.M.I. del 31.03.1984, mentre per quelli
di capacità superiore a 5 m3 si applica il D.M.I.
del 13.10.1994.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Emissioni in atmosfera
Lo scopo della lavorazione è quello di produrre un prodotto in polvere, pertanto le aziende hanno tutto l’interesse di evitare la dispersione di polvere all’esterno. A questo scopo è installato un ciclone per il recupero delle polveri più grossolane, seguito da un filtro a maniche per il recupero delle polveri di granulometria inferiore. Tuttavia è possibile una fuoriuscita delle polveri più fini che non riescono ad essere trattenute dal filtro a maniche in rapporto alla porosità delle maniche filtranti.
Le macchine sopra descritte possono diffondere rumore all’esterno dello stabilimento produttivo con possibile disturbo agli eventuali insediamenti civili adiacenti. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili.
DESCRIZIONE DELLA FASE
Si tratta di un sistema di essiccazione continua
utilizzato per produzioni limitate, a differenza del sistema spray-dryer che
viene utilizzato per produrre grandi quantità di preparati.
Dal reparto macinazione a umido, la sospensione acquosa concentrata viene versata in vasche di plastica, poste su carrellini e portate nei pressi del tunnel di essiccazione, che in genere si trova in un ambiente separato.
Lo stesso impianto in alcune aziende è utilizzato
anche per l’essiccazione della barbottina derivante dalla macinazione a umido per la
produzione dei pigmenti.
Fig. 121. Essiccatore a nastro in tunnel (vista dal lato dell’uscita).
ATTREZZATURE E MACCHINE
Essiccatore a nastro in tunnel
Si tratta di un sistema di essiccazione continua che
ha lo scopo di ottenere il preparato in polvere a partire dalla barbottina concentrata posta entro vasche di plastica.
È costituito da una camera di forma parallelepipeda alla cui base corre un nastro trasportatore sul quale, ad una estremità, un apposito dispositivo distributore versa la barbottina concentrata che forma così un sottile strato di prodotto da essiccare. Il dispositivo distributore è collegato ad una pompa per prelevare la barbottina dalle vasche di plastica. All’altra estremità il prodotto arriva ormai essiccato grazie ad una serie di riscaldatori di forma tubolare disposti trasversalmente al nastro. Ogni riscaldatore è dotato di un bruciatore interno alimentato a gas metano. In fondo al nastro è presente uno scivolo per favorire la caduta del materiale in un vibrosetaccio all’uscita del quale il prodotto secco è raccolto in sacchi.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono sotto descritti.
Esposizione a rumore
descrizione
I lavoratori addetti agli essiccatori a nastro in
tunnel sono esposti al rumore derivante dalla macchina in funzione.
stima
Da misurazioni effettuate in aziende del comparto
sono stati evidenziati i seguenti valori:
-
nella postazione di lavoro all’ingresso del nastro, dove è presente il
dispositivo dispersore del prodotto sul nastro: Leq =
77,2 dB(A), Lmax = 86,7 dB(A)
-
nella postazione di lavoro all’uscita del nastro, dove è presente il vibrosetaccio: Leq = 76,6 dB(A), Lmax = 84,5 dB(A).
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di utilizzare macchine del tipo meno rumoroso.
-
Valutare la possibilità di insonorizzare le macchine e/o attuare
interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione
acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può essere
realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli stessi
di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde sonore),
sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla progettazione
acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software di simulazione
e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare della posizione
delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali e acustiche dei
locali.
- Organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, ad esempio valutando la possibilità di separare questa lavorazione da altre meno rumorose per ridurre l’esposizione indiretta di addetti ad altre mansioni, oppure valutando se è possibile eseguire la lavorazione durante le ore notturne quando il personale adibito ad altre lavorazioni è assente, in modo da limitare al massimo il numero di soggetti esposti.
-
Quando sia necessario intervenire in prossimità delle macchine rumorose
non sufficientemente insonorizzate è necessario indossare D.P.I.
(cuffie, tappi);
-
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di
prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte
nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente
documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Manipolazione di fluidi contenenti prodotti pericolosi
descrizione
Durante il trasferimento manuale delle vasche di plastica contenenti la sospensione acquosa concentrata è possibile che gli addetti possano imbrattarsi, con possibili contatti cutanei e agli occhi; è da tenere presente che anche un piccolo spruzzo della sospensione acquosa sulla tuta del lavoratore, quando asciuga diventa polvere, con conseguente esposizione del lavoratore stesso alle polveri della miscela secca. E’ da tenere presente che il prodotto ottenuto presenta caratteristiche di pericolosità inferiori rispetto agli ingredienti di partenza, tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.
danno atteso
Danni alla pelle dovute al contatto con la sospensione acquosa, che possono variare a seconda dei prodotti utilizzati per le varie ricette e l’entità dell’esposizione personale.
interventi prevenzionistici
- Valutare la possibilità di automatizzare il ciclo produttivo sostituendo il processo (utilizzando sistemi spray-dryer a ciclo chiuso e/o tunnel di essiccazione).
- Utilizzare vasche dotate di coperchio a tenuta, prevedere sistemi di contenimento contro eventuali sversamenti accidentali, ecc…
- Indossare D.P.I. (tute, grembiuli, guanti, visiere, ecc…).
- Attuare norme igieniche, in particolare è opportuno fare la doccia al termine di ogni turno di lavoro, evitare di mangiare, bere o fumare durante il lavoro, lavarsi accuratamente le mani prima di andare a pranzo, utilizzare armadietti separati per gli abiti civili e da lavoro.
- D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Esposizione a
polveri
descrizione
In questa fase si può avere esposizione degli addetti a polveri di diversa tipologia e pericolosità a seconda dei vari tipi di preparati. Si da atto che le aziende che producono i composti hanno interesse alla minore dispersione possibile delle polveri, in quanto le stesse fanno parte del prodotto che vendono ai loro clienti, tuttavia i lavoratori possono essere esposti alle polveri che si possono disperdere nell’ambiente di lavoro sia durante l’insaccamento del preparato essiccato, sia per rotture accidentali dei sacchi pieni.
Altra causa di esposizione può essere la
manutenzione degli impianti.
danno atteso
I possibili danni per la salute dei lavoratori dipendono dalla diversa natura dei prodotti utilizzati per le varie ricette di produzione e dall’entità dell’esposizione personale. Si deve tenere conto che i prodotti ottenuti presentano in generale caratteristiche di pericolosità inferiore agli ingredienti di partenza. Tuttavia il rischio resta da non sottovalutare.
- Il datore di lavoro deve effettuare un’accurata valutazione del rischio, individuando, tra l’altro, i lavoratori esposti a cancerogeni, attuando la misura ed il monitoraggio dell’esposizione, nonché la sorveglianza sanitaria. Gli obblighi del datore di lavoro riguardano altresì la sostituzione del materiale pericoloso con altro meno pericoloso o la sua utilizzazione in ciclo chiuso e, solo dove ciò non sia tecnicamente possibile, attuare altri metodi per la riduzione dell’esposizione dei lavoratori.
- Mantenere efficienti gli impianti di aspirazione localizzata che devono essere adeguatamente progettati in modo che il flusso d’aria non investa i lavoratori.
- Garantire un adeguato ricambio d’aria dell’ambiente di lavoro.
- Adottare procedure standardizzate e scritte per effettuare la manutenzione correttamente, prevedendo adeguate misure di protezione per gli addetti e per evitare l’esposizione indiretta di altri lavoratori.
- Frequente pulizia dell’ambiente di lavoro con aspiratori industriali mobili e/o macchine spazzatrici.
- I lavoratori devono indossare D.P.I. (maschere antipolvere oppure autorespiratori, occhiali o visiere, tute, guanti, ecc…) in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati, devono rispettare le norme igieniche, in particolare non mangiare, bere o fumare durante il lavoro, riporre in separatamente (in armadietti a doppio scomparto) gli abiti civili e da quelli di lavoro, utilizzare le docce e i servizi igienici che il datore di lavoro deve mettere a loro disposizione.
- Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori in relazione alla pericolosità dei prodotti utilizzati.
-
D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.
Conduzione di
macchine alimentate a gas combustibile
descrizione
L’utilizzo dei bruciatori a gas nell’impianto di
essiccazione può comportare il rischio di fughe di gas combustibile ed
esplosione - incendio, oltre alla possibile esposizione degli addetti ai
prodotti di combustione.
danno atteso
Sono possibili intossicazioni per inalazione di gas.
Ustioni, lesioni traumatiche ed intossicazioni in caso di incendio –
esplosione, con danni alla salute dei lavoratori per causa diretta (sovrapressione) o indiretta (cedimento strutturale).
interventi prevenzionistici
Per ridurre il rischio è necessario che vengano
effettuate verifiche periodiche su tutto l'impianto a gas. A fine turno di
lavoro è bene chiudere il rubinetto generale di erogazione del gas. Sono
necessari dispositivi che interrompano l’erogazione del gas in caso di
spegnimento della fiamma. E’ importante che il sistema automatico di accensione
sia controllato onde evitare l'innesco ritardato che potrebbe determinare una
esplosione. È opportuno installare rivelatori automatici di gas (tarati ad una
opportuna concentrazione frazione del limite inferiore di infiammabilità),
collegati al sistema di allarme e ad elettrovalvole del tipo normalmente chiuse
(in mancanza della alimentazione elettrica) installate sulle tubazioni del gas.
E’ fondamentale la informazione e la formazione dei
lavoratori e la conduzione del forno dovrebbe essere consentita esclusivamente
a personale specializzato.
riferimenti normativi
-
Normativa generale antincendio.
-
Norme UNI-CIG.
-
Per i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si
applica il D.M.I. del 31.03.1984, mentre per quelli
di capacità superiore a 5 m3 si applica il D.M.I.
del 13.10.1994.
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Il nastro trasportatore, se non adeguatamente
protetto, può comportare il rischio di presa e trascinamento.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
Il nastro trasportatore deve essere protetto contro
il rischio di presa e trascinamento con adeguati ripari fissi a protezione
delle parti pericolose.
È necessario il dispositivo che impedisca il riavviamento della macchina in caso di ritorno intempestivo dell’alimentazione elettrica dopo che era venuta a mancare. Deve essere presente un dispositivo di arresto di emergenza (azionabile ad esempio tramite un filo teso lungo il percorso del nastro); tale dispositivo non è alternativo ai ripari di sicurezza sopra richiamati.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Dispersione di polveri
In caso di dispersione accidentale di polveri,
dovute ad esempio alla rottura di sacchi dei prodotti insaccati e/o a sversamenti di fluidi che poi si seccano, si può
determinare inquinamento del suolo e dei corpi idrici circostanti. In
considerazione della natura dei materiali in oggetto, può risultare utile
conformare la pavimentazione delle zone interessate in modo da convogliare le
acque meteoriche di dilavamento verso vasche di raccolta, dalle quali possono
essere inviate ad impianti di neutralizzazione e depurazione.
MOVIMENTAZIONE MECCANICA CON CARRELLI ELEVATORI
DESCRIZIONE DELLA FASE
Nelle varie fasi sopra riportate è citato spesso l’utilizzo
dei carrelli elevatori.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Si tratta in genere di
carrelli elevatori ad alimentazione elettrica. Talvolta nei piazzali esterni
sono utilizzati anche carrelli elevatori a trazione diesel.
FATTORI DI
RISCHIO
Movimentazione
meccanica dei carichi con carrelli elevatori
descrizione
Durante le operazioni di movimentazione può avvenire
il ribaltamento del carrello elevatore
nel caso in cui il carico non sia bene bilanciato e/o per asperità e dislivelli
eccessivi del terreno, raggio di curvatura troppo stretto. In caso di
ribaltamento l’addetto può venire sbalzato fuori dal posto di guida e rimanere
schiacciato sotto il carrello.
Può anche avvenire l’investimento di altri lavoratori da
parte dei carrelli elevatori o dal materiale trasportato. In una azienda del comparto è recentemente accaduto un
infortunio per investimento da parte di un carrello elevatore guidato in
retromarcia.
Quando viene accatastato in modo non corretto, il materiale può cadere ed investire gli
addetti.
danno atteso
Durante le suddette
operazioni, gli addetti possono riportare gravi lesioni traumatiche
danno rilevato
Nei casi di infortunio
accaduti in diversi comparti
produttivi, le lesioni riportate per infortuni occorsi durante questa fase
lavorativa sono risultate gravi o anche mortali.
prevenzione
I rischi sopra evidenziati possono essere limitati garantendo le seguenti condizioni:
·
sistemare o attrezzare i carrelli elevatori in modo da limitare i
rischi di ribaltamento; a tal fine l'Art. 7, lettera b), punto 1.4 del D.Lgs. n. 359 del 04.08.1999, elenca una serie di possibili
accorgimenti, come esempi delle possibili soluzioni attuabili, quali:
- cabina per il conducente;
- struttura concepita in modo
tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio
sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o
i lavoratori a bordo:
- struttura che trattenga il
lavoratore sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento
del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello
stesso.
·
dispositivi di trattenuta del conducente al posto di guida dei muletti, per eliminare il rischio di
essere sbalzati fuori, in caso di ribaltamento.
·
pavimenti privi di buche, sporgenze o sconnessioni.
·
percorsi dei mezzi senza curve troppo strette, senza pendenze
eccessive, preferibilmente a senso unico, oppure ampi a sufficienza per il
passaggio di due carrelli caricati.
·
limitazione delle interferenze fra i percorsi dei mezzi e quelli
pedonali.
·
percorsi pedonali e luoghi di stazionamento dei lavoratori protetti dal
pericolo di investimento da parte di materiali stivati.
·
protezione delle uscite da locali o altri punti frequentati dai lavoratori,
quando incrociano i percorsi dei mezzi.
·
buona illuminazione dei percorsi e tinteggiatura con colori chiari
delle pareti dei locali di lavoro.
·
specchi parabolici ove occorrenti; in casi particolari valutare la
possibilità di installare semafori.
·
segnalazione e, se necessario, protezione di eventuali ostacoli sul
percorso dei carrelli elevatori.
·
individuazione di zone di attraversamento delle linee di trasporto che
consentano il passaggio delle persone senza pericoli di investimento.
·
organizzazione spaziale e/o temporale del magazzino in modo da limitare
al minimo le interferenze fra il carico e lo scarico del magazzino stesso.
·
idonei ancoraggi, funi ed imbracatura in tutti i casi in cui è
necessario intervenire in altezza
·
i prodotti in entrata devono riportare l’indicazione del loro peso in
modo che l’addetto possa verificare che il carrello ed il sistema di presa sia
di adeguata capacità.
·
dispositivi acustici e luminosi di segnalazione di manovra dei mezzi.
·
mantenimento della visibilità dal posto di guida dei mezzi anche
mediante opportuno posizionamento del carico trasportato, che comunque deve
essere posizionato più in basso possibile in modo da garantire la stabilità del
carrello; in casi occasionali in cui l’ingombro del carico sia tale da pregiudicare
la visuale, il carrello può essere preceduto da un altro lavoratore che aiuti
il carrellista nella manovra e segnali agli altri lavoratori eventualmente
presenti nei dintorni, la presenza del trasporto.
·
preferenza dell’acquisto di mezzi con pedaliera analoga a quella degli
automezzi.
·
limitazione della velocità dei mezzi in relazione alle caratteristiche
del percorso, anche con eventuali dispositivi regolabili che limitano la
velocità.
·
protezione degli organi di comando contro l’avviamento accidentale.
·
protezione del posto di guida contro il pericolo di investimento di
corpi che possono cadere dall’alto.
·
regolare manutenzione e periodica revisione del mezzo meccanico e delle
sue varie componenti.
·
il conducente deve guidare con prudenza senza fare sporgere gambe o
braccia dall’abitacolo di guida, prestare particolare attenzione in
retromarcia, condurre il carrello all’interno dei percorsi segnalati a terra,
interrompere il lavoro se qualcuno si trova nel raggio di azione del mezzo,
inserire il freno prima di lasciare il carrello in sosta.
·
disporre il divieto di trasportare persone facendole salire sulle
forche di sollevamento.
·
puntuale informazione, formazione, ed addestramento dei lavoratori all’uso
corretto e sicuro dei mezzi nelle diverse condizioni di impiego. Ad esempio
l’addetto deve essere sapere come comportarsi se il mezzo dovesse
accidentalmente ribaltarsi, ovvero: non buttarsi giù dal mezzo, ma tenersi
saldamente al volante, puntare i piedi e inclinarsi dalla parte opposta a
quella di ribaltamento.
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 11 “Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. X, Capo III, Art. 381 "Protezione del capo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. V “Mezzi ed apparecchi di sollevamento, trasporto e immagazzinamento” (Capo I “Disposizioni generali”, Capo II “Gru, argani, paranchi e simili”, Capo III “Ascensori e montacarichi”, Capo V “Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici”) D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 10 “Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro” D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
- Tit. II, Capo V "Illuminazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- All. 1 "Requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine e dei componenti di sicurezza" D.P.R. n.459 del 24.07.1996.
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Gli organi meccanici mobili
del carrello elevatore possono essere causa di presa, impigliamento,
cesoiamento.
danno atteso
Lesioni temporanee e
permanenti per presa, trascinamento, taglio, amputazione, schiacciamento degli
arti.
prevenzione
Le parti pericolose devono
essere rese inaccessibili tramite adeguati ripari fissi.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
- Norme UNI
Movimentazione manuale dei carichi.
descrizione
L’operazione di sostituzione delle batterie dei muletti richiede la loro movimentazione.
danno atteso
La movimentazione manuale può comportare disturbi e danni muscolo – scheletrici. In caso di caduta delle batterie gli addetti possono riportare lesioni traumatiche agli arti inferiori.
prevenzione
I rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi possono essere ridotti utilizzando mezzi meccanici di sollevamento per le batterie.
Si può anche mettere sotto
carica la batteria del muletto
lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene
posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia
nel piazzale in prossimità della parete esterna del locale sulla quale sono
poste prese e spine per il collegamento elettrico; questa soluzione limita
anche l’esposizione agli acidi degli accumulatori elettrici e il rischio di
esplosione e incendio.
Nel caso della movimentazione manuale occorre procedere alla valutazione del rischio in sede di misure attuative del D.Lgs. 626/94, gli addetti devono indossare scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico ed essere informati e formati.
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Esposizione a prodotti della
combustione diesel
descrizione
Qualora vengano utilizzati
carrelli elevatori diesel, gli addetti possono essere esposti ai prodotti della
combustione, costituiti prevalentemente da: particolato da idrocarburi
incombusti, ossidi di azoto (NO, NO2), anidride solforosa (SO2),
ossido di carbonio (CO), formaldeide (HCHO), idrocarburi aromatici e alifatici,
sostanze organiche volatili (S.O.V.).
danno atteso
L’esposizione continuativa ai suddetti inquinanti può provocare broncopneumopatie, ossicarbonismo, sindrome irritative delle estremità cefaliche, asma bronchiale, emopatie, epatopatie, neuropatie, nefropatie, miocardiopatie, dermatiti. Inoltre la formaldeide è un sospetto cancerogeno.
danno rilevato
Dalle indagini
svolte in altri comparti produttivi, i lavoratori esposti ai gas di combustione
dei carrelli diesel hanno lamentato l’irritazione delle congiuntive oculari e
delle vie respiratorie.
prevenzione
Per
limitare l’esposizione a questo fattore di rischio è opportuno valutare la
possibilità di sostituirli con carrelli elevatori a trazione elettrica. Ciò è
indispensabile quando i carrelli elevatori sono utilizzati all’interno dei
magazzini e degli altri locali di lavoro, ma è consigliabile anche quando sono
utilizzati esclusivamente sui piazzali aziendali, anche in considerazione della
minore rumorosità dei carrelli a trazione elettrica. Tra l’altro sono
attualmente disponibili sul mercato carrelli elevatori a trazione elettrica la
cui portata è sufficiente per le esigenze di produzione del comparto. In attesa della loro
sostituzione è bene che i carrelli elevatori diesel siano provvisti di marmitta
catalitica (valida per NO2 e CO) o ad acqua (valida per il
particolato) ed il loro impiego deve essere limitato all’esterno dei locali di
lavoro (nel piazzale antistante lo stabilimento produttivo).
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
- Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.
Esposizione a rumore
descrizione
La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione al rumore degli addetti, sia per il rumore generato dai mezzi stessi, sia nel caso esposizione indiretta se il mezzo viene introdotto in reparti dove si svolgono lavorazioni rumorose.
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da
rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per
esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive
particolari misure preventive.
prevenzione
È necessaria la valutazione della esposizione e l’adozione delle relative misure di prevenzione, in primo luogo una accurata manutenzione dei mezzi. Dato che i carrelli elevatori diesel (talvolta utilizzati nei piazzali esterni) emettono in genere un rumore stimabile con un livello equivalente Leq di circa 85 dB(A) è opportuno valutare la possibilità di sostituirli con carrelli elettrici che sono meno rumorosi in quanto presentano un Leq di circa 79 dB(A).
Nei casi di livelli di esposizione personale superiori
a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione
stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella
“Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al
Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Esposizione a vibrazioni
descrizione
La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa d’esposizione a vibrazioni.
danno atteso
L’esposizione continuativa a vibrazioni all’intero
corpo può causare dolori e disturbi al rachide dorso-lombare, oltre che
impedimento a manovrare con precisione.
L’esposizione continuativa a vibrazioni
al sistema mano-braccio può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud
(anche conosciuta come fenomeno del dito
bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica
della microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da
esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta. L’insorgenza di
questa patologia è correlata ai tempi ed all’entità di esposizione.
interventi prevenzionistici
- Utilizzare mezzi del tipo a bassa vibrazione e minore impatto vibratorio, oltre a effettuare su di essi una accurata manutenzione.
- Informazione e formazione dei lavoratori
-
D.M.L. del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le
quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali"
-
Art. 46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle
macchine" D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.
-
Art. 24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.
303 del 19.3.1956
-
9.9.3 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per
il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli
semoventi per movimentazione".
-
1.5.9 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative
alle macchine".
-
1.5.9 "Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2
"Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente" D.P.R. n. 459 del 24.07.1996
-
Comunicazione CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione della Commissione nel quadro
dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989,
relativa alle macchine, modificata dalle direttive del Consiglio 91/368/CEE,
93/44/CEE e 93/68/CEE".
-
Norma UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la
valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".
-
D.M. 30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme
armonizzate adottate ai sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio
1996, n. 459 (2): «Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio
89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".
-
Comunicazione CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro
dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989
relativa alle macchine, modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
Manipolazione di oli minerali
descrizione
I carrelli elevatori, come la generalità delle macchine, necessitano di oli minerali come lubrificanti degli organi meccanici.
danno atteso
Gli oli minerali sono una classe di composti che possono presentare rischi per i lavoratori di danni di tipo acuto (allergie, dermatiti) e di tipo cronico (tumori).
La IARC suddivide gli oli in due grandi categorie:
- non severamente raffinati: classificati certamente cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1).
- severamente raffinati: classificati tra le sostanze per le quali non è possibile esprimere un giudizio di cancerogenicità (Gruppo 3).
L’Unione Europea, invece, nel classificare i prodotti derivanti dal petrolio e dal carbone (tra cui ovviamente gli oli minerali) ha seguito un diverso criterio da quello della raffinazione ”tal quale”: le miscele di sostanze derivate dal petrolio e dal carbone vengono considerate sostanze a cui è stato attribuito un univoco numero di identificazione CAS ed un univoco numero di indice CE, classificando circa 600 sostanze come cancerogene (R45) a meno che il produttore non possa dimostrare che contengono (D.P.R. n. 52/97):
- meno dello 0,1% peso/peso di 1,3-butadiene
- meno dello 0,1% peso/peso di benzene
- meno del 3% di estratto Dmso (Dimetilsolfossido) secondo la misurazione IP 346
- meno del lo 0,005% peso/peso di benzo (a) pirene
oppure se il produttore, conoscendo l’intero iter di raffinazione, può dimostrare che la sostanza da cui il prodotto è derivato non è cancerogena.
Quindi, anche in questo caso, è fondamentale la lettura dell’etichetta e della scheda dei dati di sicurezza e che questi strumenti siano correttamente compilati.
prevenzione
Utilizzare oli minerali del tipo meno pericoloso (oli severamente raffinati) ed evitare l’imbrattamento, specie durante il prelievo degli oli esausti. È pertanto necessario utilizzare D.P.I. (guanti, tuta, grembiuli, occhiali) ed evitare di tenere in tasca stracci o utilizzare guanti impregnati di olio minerale. È importante una adeguata informazione, formazione, e sorveglianza sanitaria degli esposti.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
- Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.
Esposizione ad
acidi di accumulatori elettrici
descrizione
Durante la ricarica delle batterie di carrelli a trazione elettrica, i lavoratori possono essere esposti ad acidi contenuti nelle batterie.
danno atteso
Irritazione e ustione chimica della cute e delle mucose con cui vengono in contatto.
prevenzione
L’inalazione di vapori degli acidi presenti negli accumulatori elettrici viene limitata effettuando la ricarica in locale separato adeguatamente aerato. Se l’aerazione naturale non è sufficiente è necessario un sistema di aspirazione. In alternativa possono essere utilizzati apparecchi di ricarica chiusi e posti sotto aspirazione.
Una ulteriore soluzione può essere quella di mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del suddetto locale; questa soluzione evita anche il problema della movimentazione dei carichi per la sostituzione delle batterie.
Per evitare il contatto degli acidi con la pelle, durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi e i lavoratori devono indossare guanti antiacido. L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida.
E’ opportuno installare una adeguata cartellonistica di sicurezza per segnalare i pericoli e le indicazioni di prevenzione.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
Sviluppo di
sostanze capaci di creare miscele esplosive con l’aria
descrizione
L’operazione di ricarica degli accumulatori dei
carrelli a trazione elettrica comporta il pericolo di incendio – esplosione. Infatti,
durante la ricarica, il passaggio della corrente elettrica determina un
processo di elettrolisi con sviluppo di idrogeno. Si ha anche una parziale
evaporazione degli acidi forti contenuti nella batteria. Pertanto, in assenza
di idonea aerazione, si può arrivare ad un livello di saturazione ambientale
che può determinare la formazione di una miscela esplosiva.
Se avviene
l’esplosione si può anche verificare la proiezione violenta degli acidi forti
contenuti nella batteria.
danno atteso
In caso di incendio-esplosione,
gli addetti possono riportare gravi ustioni, lesioni traumatiche,
intossicazioni. Se investiti da schizzi di acido della batteria, possono
riportare anche ustioni cutanee e lesioni agli occhi.
prevenzione
Per ridurre i rischi derivanti dalla ricarica degli
accumulatori elettrici è necessario effettuare questa operazione in locale
separato dai restanti locali di lavoro, adeguatamente aerato. L’impianto
elettrico deve rispondere alle norme per gli ambienti a maggior rischio in caso
di incendio (CEI 64-8). È opportuno che in tale locale non siano presenti altri
materiali infiammabili. In caso di ricarica sotto aspirazione localizzata, i
parametri geometrici dell’impianto di aspirazione devono essere adeguatamente
dimensionati in relazione alla velocità di aspirazione per evitare che si
formino miscele esplosive con l’aria.
E’ opportuno installare una adeguata cartellonistica di sicurezza per segnalare i pericoli e le indicazioni di prevenzione.
La protezione antincendio deve prevedere la presenza
almeno di estintori a polvere, del tipo omologato. Nei casi a rischio più
elevato può essere opportuno installare un impianto di spegnimento automatico
(ad esempio del tipo a CO2).
È necessaria la valutazione dettagliata del rischio
d’incendio in base a quanto previsto dal D.M. del 10.03.98.
-
Art. 19 “Separazione del locali nocivi”
D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
-
Art. 20 “Difesa dell’aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi”
D.P.R. n. 303/56.
- Art. 303 “Accumulatori elettrici” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
D.M.Ind. del 01.03.1989 "Recepimento della direttiva
CEE/88/571, sull'aggiornamento al progresso tecnico dei metodi di protezione
del materiale elettrico antideflagrante"
- D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata, a meno che
non sia appaltato anche l’imbottigliamento.
IMPATTO ESTERNO
I principali fattori di impatto ambientale di questa
fase lavorativa sono i seguenti:
Produzione di
rifiuti
I principali rifiuti prodotti
in questa fase sono gli oli esausti e le batterie esauste dei carrelli
elevatori. Tali rifiuti vengono ritirati da ditte specializzate (si veda il
paragrafo 4.1).
L’olio esausto va tenuto,
prima del conferimento alla ditta incaricata al ritiro, in modo idoneo ed in
condizioni di sicurezza per l’ambiente e per gli addetti. Pertanto devono
essere utilizzati contenitori adatti ad eliminare i rischi di rottura e sversamento. Contenitori adatti a questo scopo devono
rispondere a regole precise. In particolare devono essere provvisti di:
·
idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;
·
accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza
il riempimento e lo svuotamento;
·
bacini di contenimento in caso di rotture o sversamenti;
·
mezzi di presa per rendere sicure le operazioni di movimentazione.
La sistemazione dei
contenitori deve essere studiata per evitare al massimo gli urti accidentali ed
altri gravi inconvenienti.
In procinto di raggiungere
la capacità massima del contenitore di olio usato chiamare esclusivamente
l’incaricato del Consorzio Obbligatorio
degli oli usati e conferirgli l’olio in condizioni di sicurezza (il
conferimento al Consorzio di olio usato non inquinato avviene a titolo
gratuito), ponendo la massima attenzione alla movimentazione dei contenitori ed
alla situazione di lavoro intorno alle operazioni di trasferimento del liquido.
Le batterie al piombo esauste
sono pericolose per l’uomo e per l’ambiente perché contengono il 60-65% in peso
di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui
processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed
apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque.
Inoltre l’acido solforico è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.
Le batterie esauste devono
essere conferite al raccoglitore incaricato COBAT.
I principali fattori di rischio ambientale di questa
fase lavorativa sono i seguenti:
Sversamenti di acido solforico e
contaminazione del suolo con piombo.
In caso di rottura delle
batterie durante la loro movimentazione si possono verificare sversamenti della soluzione acida; sversamenti
sono possibili anche durante la ricarica delle batterie e durante lo stoccaggio
provvisorio delle batterie esauste nell’attesa del ritiro da parte dello
smaltitore. In caso di sversamento si può verificare
l’inquinamento del suolo e delle acque. La batteria al piombo esausta è
pericolosa per l’uomo e per l’ambiente perché contiene il 60-65% in peso di
piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui
processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed
apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque.
Inoltre l’acido solforico in nebbie di acidi forti è classificato dalla ACGIH
come sospetto cancerogeno.
L’aggiunta dell’acqua
demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema
automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione
acida; durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle
batterie, i tappi devono essere chiusi.
I luoghi di ricarica devono
essere conformati in modo da evitare sversamenti, ad
esempio può essere predisposto un apposito canale di raccolta, coperto da
grigliato in materiale antiacido, e dotato di pozzetto di accumulo e
neutralizzazione; l’acido raccolto nel pozzetto deve essere neutralizzato e
rimosso.
I lavoratori devono essere
adeguatamente formati per la gestione dell’evento accidentale, sia per quanto
riguarda la protezione dell’ambiente, sia per le norme di prevenzione di salute
e sicurezza.
In attesa dell’arrivo del
raccoglitore incaricato COBAT, le batterie esauste vanno depositate
temporaneamente in contenitori mobili costituiti in materiale antiacido e dotati
delle seguenti caratteristiche (deliberazione Comitato interministeriale 27
luglio 1984):
·
dotati di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;
·
dotati di maniglie per rendere sicure ed agevoli le operazioni di movimentazione;
·
utilizzare accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di
sicurezza le operazioni di riempimento e svuotamento;
·
le sponde siano più alte di almeno 20 cm dall’altezza massima
dell’accumulo previsto;
·
contrassegno con etichetta o targa visibili, apposte sui recipienti
stessi o collocate nelle aree di stoccaggio;
·
i recipienti che hanno contenuto le batterie e non reimpiegati per gli
stessi tipi di rifiuti, devono essere sottoposti a trattamenti di bonifica
appropriati ai nuovi usi. Non possono però essere mai utilizzati per contenere
prodotti alimentari.
Sversamenti di oli minerali sul suolo o nelle acque
La sostituzione dell’olio usato dei muletti e le operazioni di rabbocco dell’olio devono essere effettuate in condizioni di massima sicurezza ed igiene per evitare che operazioni approssimative o mezzi tecnici non adeguati producano spandimenti e sversamenti sul suolo o nelle acque, perciò vanno usate tutte le cautele e le professionalità necessarie per eseguire il lavoro a regola d’arte.
È quindi indispensabile che i datori di lavoro impartiscano adeguate istruzioni al personale dipendente e agli apprendisti per la corretta gestione degli oli usati ai fini della protezione ambientale, senza trascurare le disposizioni igieniche e sanitarie a protezione della salute e della sicurezza: gli oli sono fonte di rischi (scivolamenti, incendi, intossicazioni) che vanno valutati e ridotti secondo le norme previste dagli appositi decreti legislativi 626/94 e 242/96.
Incendio – esplosione
L’incendio-esplosione del locale ricarica batterie può comportare danni strutturali interessanti anche altre parti dell’edificio, oltre che la propagazione dell’incendio ai locali limitrofi.
Leggi fondamentali
La Costituzione della Repubblica Italiana,
legge fondamentale dello Stato, inquadra il problema dell’igiene e sicurezza
del lavoro con tre articoli:
-
Art. 32 "La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti".
-
Art. 35 "La Repubblica tutela il lavoro in
tutte le sue forme ed applicazioni"
-
Art. 38 secondo e terzo comma: "I lavoratori
hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze
di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione
involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e
all'avviamento professionale".
Nel Codice Civile vi sono due articoli
particolarmente rilevanti:
-
Art. 2087 (Tutela delle condizioni di lavoro)
"L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio della impresa le
misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica,
sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei
prestatori del lavoro".
-
Art. 2050 (Responsabilità per l'esercizio di
attività pericolosa) "Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di
una attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è
tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee
ad evitare il danno".
Il Codice Penale, a sua volta, contiene
una serie di articoli importanti, dei quali, per brevità, citiamo soltanto i
titoli:
-
Art. 437 Rimozione od omissione dolosa di cautela
contro infortuni sul lavoro.
-
Art. 451 Omissione colposa di cautele o difese
contro disastri o infortuni sul lavoro.
-
Artt. 582-583 Lesione personale e circostanze
aggravanti.
-
Art. 590 Lesioni personali colpose.
Testo unico delle leggi sanitarie (1934).
Negli
ultimi quaranta anni sono state approvate numerose ed importanti leggi, ognuna
di esse ha rappresentato un passo avanti sulla strada dello sviluppo civile del
paese.
- D.P.R. n. 547 del 27.04.1955 (G.U. n. 158 del 02.07.1955) – Norme generali per la prevenzione degli infortuni. Norme per prevenzione degli infortuni sul lavoro.
-
D.P.R. n. 302 del 19.03.1956 – Norme di prevenzione degli infortuni sul
lavoro integrative di quelle generali emanate con D.P.R. n. 547/1955.
-
D.P.R. n. 303 del 19.03.1956 – Norme generali per l’igiene del lavoro.
-
D.M.L. del 28.07.1958 – Presidi chirurgici e farmaceutici
aziendali.
-
D.M.L. del 12.09.1958 – Istituzione del registro degli
infortuni.
-
D.P.R. n. 1124 del 30.06.1965 – Testo unico delle disposizioni per
l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali.
-
Legge n. 977 del 17.10.1967 – Tutela del lavoro dei fanciulli e degli
adolescenti.
-
Legge n. 300 del 20.05.1970 – Norme sulla tutela della libertà e dignità
dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di
lavoro e norme sul collocamento.
-
Legge n. 1204 del 30.12.1971 – Tutela delle lavoratrici madri.
-
D.M.L. del 18 aprile 1973 - Elenco delle malattie per le
quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e la malattie
professionali.
-
D.P.R. n. 1026 del 25.11.1976 – Regolamento di esecuzione della Legge
n. 1204 del 30.12.1971 sulla tutela delle lavoratrici madri.
-
Legge n. 833 del 23.12.1978 – Istituzione del servizio sanitario
nazionale.
-
Legge n. 46 del 05.03.1990 – Norme per la sicurezza degli impianti
-
D.Lgs. n. 277 del 15.08.1991 – Attuazione delle direttive
n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86188/CEE e n. 88/642/CEE, in
materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni
ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro a norma dell’Art. 7
della Legge n. 212 del 30.07.1990.
-
D.Lgs. n. 77 del 25.01.1992 – Attuazione della direttiva
88/364/CEE in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi di
esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici.
- D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 (con successive modifiche e integrazioni) “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 99/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
-
D.Lgs. n. 242 del 19.03.1996 – Modifiche ed integrazioni
al D.Lgs. n. 626/1994, recante attuazione di
direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
-
Circolare Ministero del Lavoro n. 89 del 27.06.1996 – Direzione
generale dei rapporti di lavoro Divisione VII - D.Lgs.
n. 242/1996, , contenente modificazioni ed integrazioni al D.Lgs.
n. 626/1994, in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro. Direttive per l’applicazione.
-
D.P.R. n. 459 del 24.07.1996 – Regolamento per l’attuazione delle
direttive 89/392/CEE, 81/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il
riavvicinamento degli stati membri relative alle macchine.
-
D.Lgs. n. 493 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva
92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza
e/o di salute sui luoghi di lavoro.
-
D.Lgs. n. 494 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva
92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e/o di salute da
attuare nei cantieri temporanei o mobili.
-
D.Lgs. n. 645 del 25.11.1996 – Recepimento della Direttiva
92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul
lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.
-
Circolare n. 172 del 20.12.1996 – Ulteriori indicazioni in ordine di
applicazione del D.Lgs. n. 626/1994, come modificato
dal D.Lgs. n. 242/1996.
-
D.M.L. del 16.01.1997 – Individuazione dei contenuti
minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e
dei datori di lavoro che possono svolgere direttamente i compiti propri del
Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.
Tabella riassuntiva VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE AL RUMORE
e relative misure di prevenzione ai sensi del D.Lgs.
n. 277/1991. |
|
Valori limite |
Principali misure da
attuare al superamento
dei valori limite |
Lep,d 80 dB(A) |
- Informare i lavoratori su: - rischi per l'udito derivanti dall'esposizione al rumore; - le misure adottate in applicazione delle norme vigenti; - le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi; - la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso; - il significato ed il ruolo del controllo sanitario per mezzo del medico competente; - i risultati ed il significato della valutazione del rumore. - Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori interessati che ne facciano richiesta ed il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi. - Privilegiare all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore. |
Lep,d 85 dB(A) |
- Formare i lavoratori su: - uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito; - uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzate in modo continuativo, producono un Lep,d pari o superiore a 85 dB(A); -
Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori
esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La
frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque
ad intervalli non superiori a due anni. -
Corredare da un'adeguata informazione relativa
al rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai rischi che
questa comporta, i nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad
essere utilizzati durante il lavoro che possono provocare ad un lavoratore
che li utilizzi in modo appropriato e continuativo un'esposizione quotidiana
personale al rumore pari o superiore al limite. |
Lep,d 90 dB(A) oppure Pressione acustica istantanea non ponderata 140
dB (200 Pa) |
- Esporre una segnaletica appropriata, perimetrare e limitare l’accesso ai luoghi di lavoro. - Fornire ai lavoratori i D.P.I per la protezione dell'udito. - Consultare i lavoratori per la scelta dei modelli dei D.P.I. - I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dB(A) sono tenuti ad utilizzare i D.P.I. - Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori ad un anno. - Adottare misure preventive e protettive per singoli lavoratori, in conformità al parere del medico competente, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative. - Tenuta del registro degli esposti. - Comunicare all'organo di vigilanza, informando i lavoratori, le misure tecniche ed organizzative applicate, qualora l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulti superiore ai limiti nonostante l'adozione delle misure preventive. |