A.R.P.A.T.
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana
Settore tecnico C.E.D.I.F.
Comunicazione Educazione
Documentazione Informazione Formazione
Unità Operativa
“Documentazione e Informazione”
"Profili di rischio per comparto produttivo"
Industria alimentare
Conserve alimentari vegetali
PRODUZIONE DI
CONSERVE DI ORTAGGI
(nelle
province di Pistoia e Grosseto).
Responsabili del procedimento la ricerca: Stefano Beccastrini, Barbara Gobbò.
Autori della ricerca: Giuseppe Banchi, Claudio Nobler, Danila
Scala.
Con la collaborazione di: Incoronata
Panzone, Aldo Fedi.
RICERCA FINANZIATA DA:
ISPESL - Istituto Superiore
Prevenzione E Sicurezza del Lavoro
Ricerca aggiornata al
settembre 2002
1.
- GENERALITÀ SUL COMPARTO
Nella presente ricerca si prende in esame il comparto produttivo della produzione di conserve di ortaggi in Toscana, con
particolare riferimento alle province di Pistoia e Grosseto.
Le aziende che svolgono tale lavorazione rientrano nella più ampia classificazione del codice ISTAT-ATECO ’91 per la classificazione delle attività economiche: “15.33 – Lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi n.c.a.”, a sua volta facente parte del codice “15.3 – Lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi” compreso nel settore produttivo “15 - Industria alimentare e delle bevande”.
Tabella 1 – Classificazione ISTAT-ATECO ’91 del settore produttivo
Codice attività ISTAT aTECO ’91 |
Denominazione attività |
|
15.3 |
Lavorazione
e conservazione di frutta e ortaggi |
|
15.31 |
Lavorazione e conservazione delle patate |
|
15.32 |
Produzione di succhi di frutta e di
ortaggi |
|
15.33 |
Lavorazione e conservazione di frutta e
ortaggi non classificati altrove. Questa
classe comprende: -
conservazione di frutta, frutta a guscio, od ortaggi: congelamento,
surgelazione, essiccazione, immersione in olio o aceto, inscatolamento,
ecc... -
fabbricazione di prodotti alimentari a base di frutta o di ortaggi. -
fabbricazione
di confetture, marmellate e gelatine da tavola. |
Da una ricerca effettuata sui dati delle C.C.I.A.A. (Unioncamere) sul solo codice 15330 nel quale sono comprese le attività produttive del comparto in esame (e non solo), si sono ottenuti i seguenti risultati:
Tab. 2 – Numero unità
locali e numero dipendenti in Toscana nel 1999.
|
Codice Attività |
Descrizione attività |
Totale Toscana |
Numero lavoratori dipendenti suddivisi per provincia |
|
|||||||||||||||||||||||
|
AR |
FI |
GR |
LI |
LU |
MS |
PI |
PO |
PT |
SI |
|
|||||||||||||||||
|
15330 |
Lavorazione
e conservazione di frutta e ortaggi non classificati altrove. |
418 |
17 |
88 |
58 |
25 |
27 |
2 |
31 |
25 |
139 |
6 |
|
||||||||||||||
|
|
|||||||||||||||||||||||||||
Codice Attività |
Descrizione attività |
totale Toscana |
Numero unità locali suddivise per provincia |
|
||||||||||||||||||||||||
AR |
FI |
GR |
LI |
LU |
MS |
PI |
PO |
PT |
SI |
|
||||||||||||||||||
15330 |
Lavorazione
e conservazione di frutta e ortaggi non classificati altrove. |
89 |
8 |
11 |
16 |
9 |
8 |
3 |
7 |
7 |
16 |
4 |
|
|||||||||||||||
Delle quali: |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
||||||||||||||||
Con 0
dipendenti |
32 |
6 |
3 |
6 |
1 |
3 |
1 |
2 |
3 |
7 |
0 |
|
||||||||||||||||
Da 1 a 3
dipendenti |
32 |
1 |
6 |
6 |
6 |
2 |
2 |
2 |
2 |
1 |
4 |
|
||||||||||||||||
Da 4 a 10
dipendenti |
13 |
0 |
0 |
2 |
2 |
3 |
0 |
2 |
1 |
3 |
0 |
|
||||||||||||||||
Da 11 a 15
dipendenti |
5 |
0 |
1 |
1 |
0 |
0 |
0 |
1 |
1 |
1 |
0 |
|
||||||||||||||||
Da 16 a 24
dipendenti |
4 |
1 |
0 |
1 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
2 |
0 |
|
||||||||||||||||
Oltre 24
dipendenti |
3 |
0 |
1 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
2 |
0 |
|
||||||||||||||||
Fonte: - Elaborazione ARPAT su dati
delle Camere di Commercio (Unioncamere) del 1999.
Per cercare di individuare meglio le aziende del
comparto in esame, si è inoltre effettuata una ricerca su Pagine Gialle On Line (http://www.paginegialle.it)
la cui consultazione, avvenuta il 28.01.2002, ha evidenziato nella categoria “Conserve
ed estratti vegetali” la presenza di n. 40 nominativi di aziende in Toscana.
Per la più ampia categoria delle aziende dei prodotti alimentari conservati si sono ottenuti da INAIL i dati statistici riportati nelle tabelle seguenti (Tab. 3 e Tab. 4), relative sia al numero di aziende e addetti, sia agli infortuni e alle malattie professionali.
Tab. 3 – Dati statistici
su numero di aziende, addetti, infortuni e malattie professionali.
AZIENDE PRODOTTI ALIMENTARI CONSERVATI |
||||||||||
ITALIA |
||||||||||
Anno |
Totale aziende |
Totale addetti |
INFORTUNI |
MALATTIE PROFESSIONALI |
||||||
Denunciati |
Tipo di conseguenza |
Denunciate |
Tipo di conseguenza |
|||||||
Temporanea |
Permanente |
Morte |
Temporanea |
Permanente |
Morte |
|||||
1996 |
2.549 |
32.354 |
2.766 |
2.414 |
99 |
1 |
60 |
2 |
5 |
0 |
1997 |
2.590 |
30.541 |
2.351 |
2.068 |
80 |
3 |
40 |
4 |
6 |
0 |
1998 |
2.761 |
31.136 |
2.529 |
2.184 |
117 |
5 |
43 |
5 |
5 |
0 |
1999 |
2.770 |
31.817 |
2.721 |
2.426 |
96 |
1 |
30 |
4 |
1 |
0 |
2000 |
n.r. |
n.r. |
2.466 |
2.222 |
45 |
0 |
27 |
0 |
2 |
0 |
Totale 1996-2000 |
12.833 |
11.314 |
437 |
10 |
200 |
15 |
19 |
0 |
||
TOSCANA |
||||||||||
Anno |
Totale aziende |
Totale addetti |
INFORTUNI |
MALATTIE PROFESSIONALI |
||||||
Denunciati |
Tipo di conseguenza |
Denunciate |
Tipo di conseguenza |
|||||||
Temporanea |
Permanente |
Morte |
Temporanea |
Permanente |
Morte |
|||||
1996 |
159 |
1.132 |
61 |
54 |
2 |
0 |
4 |
0 |
0 |
0 |
1997 |
166 |
995 |
76 |
67 |
4 |
0 |
1 |
1 |
0 |
0 |
1998 |
169 |
1.103 |
82 |
70 |
4 |
0 |
13 |
0 |
1 |
0 |
1999 |
174 |
1.145 |
85 |
77 |
4 |
0 |
1 |
0 |
0 |
0 |
2000 |
n.r. |
n.r. |
101 |
94 |
3 |
0 |
1 |
0 |
0 |
0 |
Totale 1996-2000 |
405 |
362 |
17 |
0 |
20 |
1 |
1 |
0 |
Fonte: INAIL
Tab. 4 – Indici di
frequenza e gravità degli infortuni.
AZIENDE PRODOTTI ALIMENTARI CONSERVATI |
||
INDICI DI FREQUENZA E GRAVITA' RELATIVI AL TRIENNIO
1997/1999 |
||
|
FREQUENZA |
GRAVITA' |
ITALIA |
76,14 |
6,9 |
TOSCANA |
64,48 |
4,7 |
Fonte: INAIL
Nei primi anni novanta sono stati eseguiti numerosi interventi da parte degli organi di vigilanza dei servizi di prevenzione pubblici, che hanno rilevato la presenza di infortuni e malattie professionali ed hanno conseguentemente avviato la messa in atto di misure di prevenzione.
Un’analisi del fenomeno infortunistico riferita al periodo 1990-94 nelle industrie delle conserve della Valdinievole, effettuato dalla ASL di Pistoia, ha evidenziato la prevalenza delle seguenti tipologie di infortuni:
- 27 % del totale di infortuni costituiti da tagli per contatto con oggetti taglienti (quali contenitori in vetro, coltelli, ecc…);
- 27 % del totale di infortuni costituiti da lesioni per schiacciamento da parte di organi meccanici, mezzi di sollevamento e per caduta di gravi (flaconi, fusti, ecc…);
- 20 % del totale di infortuni per cadute in piano dovute a scivolamento;
- 7 % del totale di infortuni costituiti da lesioni sforzo (soprattutto mal di schiena);
- 5,5 % del totale di infortuni costituiti da ustioni.
Per quanto riguarda la sede delle lesioni, più della metà degli infortuni (57,9%) riguardano l’arto superiore (la mano è interessata nel 45,6% dei casi), segue l’arto inferiore con il 20,7% dei casi (il piede da solo è interessato nel 9,8% dei casi) e la colonna lombosacrale con il 5,5% dei casi.
Le lavorazioni nelle quali si sono verificati con maggiore frequenza gli infortuni sono le operazioni di lavorazione automatica (riempimento, chiusura, etichettatura, confezionamento), la movimentazione di materiale manuale e/o con tramite carrelli elevatori, la pulizia dei macchinari nonché la loro manutenzione e riparazione, l’apertura di latte metalliche di carciofini nelle aziende medio - piccole.
Sulla base del suddetto quadro infortunistico la ASL ha prescritto diverse misure di prevenzione, tra le quali:
- per la prevenzione degli infortuni dovuti all’utilizzo di carrelli elevatori, accaduti in piccola percentuale (5,3 %) ma di gravità elevata (durata media: 59,2 giorni) è stata prescritta la verifica della sicurezza dei mezzi, nonché misure atte a garantire la buona visibilità dei conducenti e la predisposizione di vie di transito separate;
- per gli svariati infortuni di elevata gravità (durata media: 34,2 giorni, anche con postumi permanenti) accaduti ai lavoratori mentre cercavano di rimuovere qualcosa rimasto incastrato nei pressi di un organo meccanico in movimento durante l’uso di macchine per riempire, tappare, etichettare e confezionare o durante la pulizia a fine turno delle macchine stesse o ancora nella loro riparazione e manutenzione, è stata prescritta una verifica della efficienza dei dispositivi di sicurezza delle macchine e il divieto di compiere sugli organi in movimento qualsiasi operazione di pulizia (salvo casi particolari che prevedano appositi dispositivi di sicurezza), riparazione e lubrificazione, nonché il divieto di intervenire, nel caso un vasetto resti incastrato nei pressi di un organo motore, senza prima aver arrestato la macchina;
- per la prevenzione delle cadute da scivolamento (durata media: 18,2 giorni), per la maggior parte dei casi dovute a presenza di acqua o sporco sul pavimento, è stato richiesto l’utilizzo di idonee calzature con suola antiscivolo, la frequente pulizia del pavimento e verifica del suo stato di manutenzione, oltre a dover rispondere a determinati requisiti di antiscivolosità;
- per la prevenzione delle ferite da taglio (durata media 14,2 giorni) sono stati prescritti dispositivi di protezione individuale sia alle mani (dove possibile compatibilmente con la lavorazione) sia ai piedi; inoltre è stato suggerito di valutare la possibilità di sostituzione del sistema di apertura dei contenitori di latta;
- per la prevenzione delle ustioni (durata media 11 giorni) che si sono verificate per contatto con materiali caldi (vapore o acqua bollente, tubi e recipienti caldi, vegetali caldi) o per contatto con prodotti chimici (soda caustica utilizzata per la pulizia di macchinari e pavimenti), è stata prescritta la coibentazione e protezione di tubazioni e contenitori, e la protezione individuale (specie delle mani e degli occhi) per l’utilizzo della soda;
- per la prevenzione delle lesioni da sforzo (durata media 8,7 giorni) sono stati prescritti strumenti strutturali, organizzativi ed educativi.
Una analisi successiva nelle stesse aziende, riferita al periodo 1990-94 ed effettuata dalla stessa ASL di Pistoia (Atti 58° congresso nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale, Bologna, 11-14/10/95), ha evidenziato la prevalenza (31,8%) degli infortuni da contatto con oggetti taglienti. Riguardo alla sede della lesione, le dita delle mani rappresentano la parte più colpita (30,5 % dei casi). Pur in presenza di indici abbastanza alti è stata evidenziata una tendenza alla riduzione del fenomeno infortunistico nel corso degli anni ed il notevole abbattimento degli indici di frequenza e gravità rispetto al quinquennio precedente, anche grazie alle misure di prevenzione adottate. Da tale analisi emergeva comunque l’opportunità di ulteriori sforzi, anche di informazione e formazione dei lavoratori, per portare al minimo il fenomeno.
Tab. 4 – Fenomeno
infortunistico nelle aziende del comparto
in Valdinievole (PT), anni 90-94.
N° aziende |
3 |
Ore lavorate |
1.222.048 |
N° infortuni nel quinquennio 1990-94 |
95 |
Giornate lavorative perse |
1.977 |
Indice di frequenza |
7,77 |
Indice di gravità |
1,62 |
Durata Media |
20,8 |
Successivamente sono stati affrontati i rischi da movimenti ripetitivi a causa di riscontro di patologie professionali correlate (tendiniti, periartriti, sindome del tunnel carpale, ecc...).
Uno studio condotto su una popolazione di 29 addette alla preparazione delle conserve (reparto cucina) effettuato allo scopo di valutare la prevalenza di affezioni muscoloscheletriche degli arti superiori ha evidenziato che solo il 20% dei soggetti (donne con età media di 41,3 anni deviazione standard 9,2 e anzianità lavorativa media di 16,7 anni deviazione standard 7,2) è emerso che solo il 20% è anamnesticamente negativo, mentre l’80% dei soggetti è portatore di uno o più disturbi da trauma ripetitivo degli arti superiori. I disturbi non hanno netta prevalenza a destra e ciò concorda con l’analisi del rischio che vede impegnati entrambi gli arti. L’analisi del rischio e la valutazione clinica confermano il ruolo causale svolto dall’alta frequenza di azioni, combinate con posture incongrue e dalla carenza dei necessari tempi di recupero, nel determinare l’insorgenza delle patologie esaminate (Panzone, Carra, Melosi, Rappazzo, Innocenti “Movimenti ripetitivi degli arti superiori: risultati della valutazione dell’esposizione e dell’indagine clinica nel confezionamento di verdure in vasetto” - Medicina del Lavoro, 1996: 87.6: 640-645) .
Il comparto produttivo delle conserve di ortaggi in Toscana, in particolare nelle aree di riferimento per la presente ricerca (PT e GR), ha visto storicamente una notevole presenza femminile, per lo più emigrate dal sud d’Italia. Ancora oggi le lavorazioni centrali del ciclo produttivo sono svolte da donne, mentre gli uomini svolgono lavori di movimentazione carichi (manuale e/o con carrelli elevatori) e di manutenzione degli impianti.
La tendenza di alcune aziende sembra essere quella di sostituire, man mano che vanno in pensione, le operaie con operai. Ciò trova motivazione anche per il fatto che certe lavorazioni faticose per movimenti ripetitivi, posture sfavorevoli e stazionamento in piedi, sembra abbiano favorito nelle donne l’insorgenza di varici, lombalgia e altri danni muscoloscheletrici. Nelle aziende più grandi diventa rilevante la quota di personale occupata negli uffici rispetto a quella presente nei reparti di produzione (ad esempio in una ditta del comparto esaminata 50 dipendenti su 108 sono impiegati).
La lavorazione di prodotti alimentari di origine vegetale per produrre conserve sotto aceto o olio, pastorizzate, richiede il rispetto di norme igieniche di carattere generale, che non comportano layout o procedure speciali di controllo della contaminazione microbiologica nei reparti. Gli addetti alla lavorazione indossano camici, copricapi, guanti (in particolare gli addetti alla cernita e al caricamento dei prodotti), oltre agli indumenti protettivi personali (stivali, cuffie, giacche, ecc...), come si osserva nelle foto riportate più avanti nel documento.
Tab. 5 - Dati sui rifiuti
prodotti
Attività produttive: Lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi non
classificati altrove
(codice
ISTAT-ATECO ’91: 15330), Toscana, anno
1999.
Codice PCER2 |
Pericolosità |
Descrizione
TIPO DI
RIFIUTI |
Provincia |
Quantità (tonnellate) |
020105 |
P |
rifiuti agrochimici |
GR |
0,027 |
|
Totale codice 020105 |
|
0,027 |
|
020301 |
|
fanghi derivanti da operazioni di
lavaggio, pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione di componenti |
GR |
9,920 |
PT |
168,300 |
|||
|
Totale codice 020301 |
|
178,220 |
|
020304 |
|
scarti inutilizzabili per il consumo o la
trasformazione |
FI |
50,750 |
GR |
67,550 |
|||
LI |
301,152 |
|||
PI |
84,657 |
|||
PT |
466,404 |
|||
|
Totale codice 020304 |
|
970,513 |
|
020305 |
|
fanghi dal trattamento sul posto degli
effluenti |
GR |
254,870 |
PI |
14,320 |
|||
|
Totale codice 020305 |
|
269,190 |
|
020399 |
|
rifiuti non specificati altrimenti |
PT |
187,740 |
|
Totale codice 020399 |
|
187,740 |
|
070704 |
P |
altri solventi organici, soluzioni di
lavaggio ed acque madri |
GR |
0,003 |
|
Totale codice 070704 |
|
0,003 |
|
080309 |
|
toner per stampa esaurito (comprese le
cartucce) |
PT |
0,040 |
|
Totale codice 080309 |
|
0,040 |
|
120102 |
|
altre particelle di metalli ferrosi |
LI |
4,000 |
|
Totale codice 120102 |
|
4,000 |
|
130203 |
P |
altri oli da motori, trasmissioni e
ingranaggi |
GR |
1,571 |
LI |
1,400 |
|||
PT |
0,026 |
|||
|
Totale codice 130203 |
|
2,997 |
|
130601 |
P |
altri rifiuti oleosi non specificati
altrimenti |
GR |
0,160 |
|
Totale codice 130601 |
|
0,160 |
|
150101 |
|
carta e cartone |
GR |
33,444 |
LI |
12,820 |
|||
PT |
94,170 |
|||
|
Totale codice 150101 |
|
140,434 |
|
150102 |
|
imballaggi in plastica |
GR |
22,920 |
LI |
16,180 |
|||
PI |
3,163 |
|||
PT |
139,105 |
|||
|
Totale codice 150102 |
|
181,368 |
|
150104 |
|
imballaggi in metallo |
LI |
12,630 |
PT |
72,000 |
|||
|
Totale codice 150104 |
|
84,630 |
|
150106 |
|
imballaggi in più materiali |
FI |
1,660 |
GR |
13,000 |
|||
LI |
2,027 |
|||
PT |
600,610 |
|||
|
Totale codice 150106 |
|
617,297 |
|
160205 |
|
altre apparecchiature fuori uso |
PT |
0,320 |
|
Totale codice 160205 |
|
0,320 |
|
160208 |
|
rifiuti della demolizione dei veicoli |
GR |
53,160 |
|
Totale codice 160208 |
|
53,160 |
|
160302 |
|
prodotti fuori specifica organici |
GR |
76,300 |
|
Totale codice 160302 |
|
76,300 |
|
160601 |
P |
accumulatori al piombo |
GR |
1,628 |
|
Totale codice 160601 |
|
1,628 |
|
170405 |
|
ferro e acciaio |
GR |
88,930 |
LI |
34,360 |
|||
LU |
2,616 |
|||
PT |
2,500 |
|||
|
Totale codice 170405 |
|
128,406 |
|
170701 |
|
rifiuti misti di costruzioni e demolizioni |
GR |
9,000 |
|
Totale codice 170701 |
|
9,000 |
|
190601 |
|
fanghi da trattamento anaerobico di
rifiuti urbani e simili |
PT |
21,000 |
|
Totale codice 190601 |
|
21,000 |
|
190805 |
|
fanghi di trattamento delle acque reflue
urbane |
GR |
16,000 |
|
Totale codice 190805 |
|
16,000 |
|
200101 |
|
carta e cartone |
LI |
3,100 |
|
Totale codice 200101 |
|
3,100 |
|
200102 |
|
Vetro |
GR |
41,620 |
PT |
27,470 |
|||
|
Totale codice 200102 |
|
69,090 |
|
200109 |
|
oli e grassi |
PO |
0,385 |
PT |
58,680 |
|||
|
Totale codice 200109 |
|
59,065 |
|
200304 |
|
fanghi di serbatoi settici |
GR |
1.459,240 |
PI |
9,000 |
|||
|
Totale codice 200304 |
|
1.468,240 |
|
Totale
complessivo |
|
4.541,928 |
Fonte: elaborazione a cura ARPAT
dalle denunce M.U.D. (Modulo Unico di Dichiarazione) del 1999.
Catasto
Regionale dei Rifiuti (A.R.P.A.T. - Sezione Regionale del Catasto Rifiuti)
2. - DESCRIZIONE GENERALE
DEL CICLO DI LAVORAZIONE
Il ciclo produttivo della produzione di conserve di
ortaggi, quali ad esempio carciofini, cetriolini, cipolline, peperoni,
melanzane, olive, capperi, funghi, carote, sedano ed altre verdure scelte per
produrre sottolio e sottaceti in vasetti di vetro o vaschette e sacchetti di
plastica può essere descritto come segue.
I prodotti vegetali arrivano in azienda su camion e
furgoni, sono quindi scaricati e immagazzinati per una prima conservazione in
attesa di essere inviati alla linea di trasformazione e conservazione.
Alcuni prodotti vegetali stagionali giungono in
azienda freschi entro cassette di legno o di plastica, ma la maggior parte dei
prodotti in arrivo sono semilavorati già in salamoia (soluzione di acqua e sale
al 10 - 15 %) entro bidoni di plastica o di latta del peso di 25, 50 o 250 Kg provenienti in gran parte da
industrie agroalimentari del mezzogiorno di Italia.
La lavorazione si differenzia quindi a seconda che
si parta dai vegetali freschi o da semilavorati in salamoia.
La lavorazione dei vegetali freschi inizia con il lavaggio allo scopo di eliminare
impurezze e parassiti. Segue la cernita
allo scopo di eliminare i vegetali troppo maturi o alterati e la calibratura che consiste nel
suddividerli sulla base della loro dimensione. Si procede con la preparazione che consiste nella
eliminazione di tutte le parti non commestibili (bucce, noccioli, torsoli,
semi, ecc…) a seconda del tipo di vegetale. A questo punto alcuni vegetali sono
pronti per essere introdotti direttamente in vasetti di vetro preventivamente
preparati, mentre altri (come i peperoni o le cipolle) sono prima sottoposti a scottatura o cottura. Nei vasetti, insieme ai vegetali, è introdotto anche il
liquido di governo e conservazione (olio o aceto o salamoia).
Una volta riempiti i vasetti di vetro sono pesati,
chiusi con capsule metalliche, sterilizzati
oppure pastorizzati, etichettati e
immessi entro scatole di cartone (oppure fasciati con materiale plastico
termoretraibile). Le scatole (o le confezioni) sono quindi pallettizzate, immagazzinate ed infine spedite.
La lavorazione dei prodotti semilavorati in salamoia inizia invece con la dissalatura dopo di ché si passa alla preparazione come nel caso precedente.
Sono inoltre presenti diverse lavorazioni accessorie
e/o trasversali a più fasi lavorative, quali la sanificazione degli impianti e
degli ambienti di lavoro, la produzione di vapore con centrali termiche, le analisi
microbiologiche e chimiche effettuate in laboratorio, la depurazione degli
scarichi idrici, la movimentazione meccanica dei carichi e la manutenzione
meccanica degli impianti.
Nella figura seguente è riportato lo schema a
blocchi di massima del ciclo lavorativo.
schema a blocchi del ciclo lavorativo
3.
ANALISI DEI
RISCHI, DANNI E PREVENZIONE
PER FASE
LAVORATIVA
DESCRIZIONE
DELLA FASE
I vegetali freschi o conservati in salamoia (acqua e
sale) arrivano in azienda a bordo di camion e furgoni dai quali sono scaricati
con carrelli elevatori e immessi in magazzino.
I
veicoli che conferiscono i prodotti vegetali transitano dai piazzali esterni
dello stabilimento produttivo con il seguente percorso: dal cancello di
ingresso fino al punto di pesata (con pesa a ponte); poi al punto di scarico
dei prodotti (in magazzino o nel piazzale aziendale); quindi di nuovo alla pesa
(per calcolare la differenza di peso); infine al cancello di uscita, che spesso
è lo stesso di quello di ingresso (eventualmente dopo una sosta al parcheggio).
Nel periodo della raccolta di alcuni prodotti vegetali freschi il via vai dei
mezzi può essere notevole.
I vegetali freschi sono in genere contenuti in ceste
di plastica o di legno, mentre i semilavorati in salamoia sono contenuti in
grossi fusti di plastica (talvolta anche in contenitori di latta). I fusti
pieni pesano circa 250 Kg e sono in genere posti quattro alla volta su un
pianale di legno per essere movimentati con carrello elevatore a forche,
altrimenti i fusti sono movimentati singolarmente per mezzo di carrelli
elevatori a pinza.
I fusti, una volta scaricati sul piazzale aziendale,
sono talvolta sistemati meglio uno accanto all’altro da un addetto che li
prende singolarmente e li sposta inclinandoli e ruotandoli.
I fusti immagazzinati sono periodicamente
controllati dagli addetti allo scopo di verificare che siano colmi del liquido
di governo che, se manca, viene aggiunto.
Gli automezzi che hanno conferito in azienda i fusti
pieni ritornano al fornitore con i fusti vuoti che sono stati caricati sugli
automezzi stessi per mezzo dei carrelli elevatori.
Olio e aceto arrivano allo stabilimento produttivo
in autocisterne dalle quali sono immessi direttamente nei serbatoi dell’azienda
tramite pompe e tubazioni flessibili.
Altre merci in ingresso, significative per quantità
e per problematiche di movimentazione e stoccaggio, sono i materiali utilizzati
per il confezionamento e per la pulizia – sanificazione (vedere le relative
fasi produttive di seguito riportate).
Autocisterna
Si tratta di cisterne camionabili in genere di
acciaio inox, dotate di passerella sulla sommità per l’accesso dell’addetto
durante le operazioni di riempimento o lavaggio.
Serbatoi per liquidi
Si tratta di contenitori per liquidi di forma
cilindrica installati verticalmente fuori terra, di grande capacità misurata in
ettolitri, in genere realizzati in acciaio inox, utilizzati per contenere olio
o aceto. Si tratta di serbatoi simili a quelli utilizzati nelle aziende di
vinificazione e nei frantoi. Sono dotati di raccordi per l’innesto di tubazioni
da collegare alle autocisterne e di boccaporti per favorire il lavaggio e la
eventuale manutenzione dall’interno.
Carrelli elevatori
Si tratta in genere di carrelli elevatori a trazione
elettrica. L’attrezzo di sollevamento può essere costituito da forche (per il
sollevamento di pianali di legno) oppure da una pinza per il sollevamento dei
singoli fusti (bidoni).
Si tratta di scaffalature metalliche verticali la
cui portata dipende dai diversi prodotti e dalle necessità aziendali, ad
esempio:
-
scaffalature
di struttura robusta, per lo stoccaggio dei palletts;
-
scaffalature
di struttura leggera, per lo stoccaggio di vari materiali accessori (capsule,
etichette, ecc…), in genere entro scatole di cartone.
Per l’accesso ai ripiani più alti delle scaffalature
per materiali leggeri, talvolta vengono utilizzate scale portatili.
FATTORI DI RISCHIO
Transito di veicoli nei
piazzali aziendali
descrizione
Il
transito dei mezzi nei piazzali aziendali può comportare il rischio di
investimento dei lavoratori e il rischio di collisioni tra i mezzi.
danno atteso
Lesioni
traumatiche.
prevenzione
Predisporre
e segnalare (mediante segnaletica orizzontale e verticale) percorsi separati
per pedoni ed automezzi. Stabilire e segnalare il limite di velocità a 5 Km/h.
A seconda delle dimensioni del piazzale, valutare l’opportunità di stabilire,
segnalare e rispettare percorsi a senso unico.
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.
-
D.Lgs.
n. 626/1994 e successive modifiche e integrazioni.
Lavoro in postazioni sopraelevate
descrizione
Le
operazioni di riempimento dei silos di olio e aceto dalla autocisterna possono
comportare la necessità di raggiungere postazioni in altezza con conseguente
rischio di caduta dall'alto. Anche per le operazioni di pulizia dell’autocisterna
l'addetto accede alla sua sommità, con rischio di caduta dall'alto.
danno atteso
Lesioni
traumatiche (anche mortali).
prevenzione
Predisporre
accessi sicuri alle postazioni in altezza ai silos con gradini stabili e
antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, ecc… come prescritto dalle norme
vigenti.
Anche
l'accesso alla parte superiore della autocisterna deve essere reso sicuro, ad
esempio con una scaletta robusta dotata di gradini stabili e antiscivolo, oltre
a dotare la sommità della cisterna di camminamento antiscivolo (ad esempio un
grigliato metallico) lungo il quale siano presenti corrimano e parapetto
reclinabili, che l'operatore possa alzare prima di accedere al camminamento.
A
seconda delle situazioni, possono essere necessari D.P.I. (scarpe antiscivolo,
imbracatura con sistema di trattenuta che impedisca la caduta d'alto).
- Art. 386 “Cinture di sicurezza” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
Norme UNI EN
361, 363, 795
- All. IV, part B, sez. II Direttiva CEE/CEEA/CE n. 57 del 24.06.1992: "Direttiva del Consiglio del 24 giugno 1992 riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)."
Movimentazione manuale dei
carichi
descrizione
Nelle
aziende più piccole, quando i prodotti vegetali freschi sono conferiti allo
stabilimento entro ceste, le operazioni di prelevamento di queste ultime dal
veicolo di trasporto possono comportare la necessità di sollevare e trasportare
manualmente le ceste piene, il cui peso può arrivare a qualche decina di chili.
In caso di caduta di una cesta durante la sua movimentazione manuale (ad
esempio per la rottura di un manico) gli addetti possono essere colpiti ai
piedi. Infortuni possono avvenire anche durante la movimentazione dei fusti
pieni con la tecnica manuale di inclinarli e ruotarli.
danno atteso
Disturbi
muscoloscheletrici.
Ferite
e contusioni ai piedi.
prevenzione
-
Verificare
che i manici delle ceste siano in buone condizioni e non vi sia il pericolo che
si possano rompere a causa del peso quando la cesta è piena.
-
Utilizzare
ceste più piccole per ridurne il peso quando sono piene.
-
Movimentare
le ceste piene in due addetti.
-
Utilizzare
ausili meccanici per la movimentazione delle ceste piene.
-
Valutare
la possibilità di meccanizzare l’operazione.
-
Indossare
D.P.I. (scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo in metallo).
-
Informazione
e formazione degli addetti.
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
descrizione
Quando le scaffalature non sono adeguatamente
fissate alle pareti e/o di portata non adeguata, è possibile il loro
ribaltamento accidentale a seguito di:
-
urto
da parte degli addetti o da parte di carrelli elevatori;
-
sbilanciamento
del carico;
-
appoggio
di una scala portatile sulla quale sale l’addetto;
-
trascinamento
della struttura nel caso un addetto vi si appigli cadendo dalla scala
portatile.
E’ anche possibile la caduta della scaffalatura per
cedimento strutturale in caso il carico superi la portata o se la struttura è
deteriorata (ad esempio a causa della ruggine) o per allentamento dei bulloni
di fissaggio).
In una azienda di confezionamento di funghi in
Toscana è recentemente accaduto un infortunio mortale da schiacciamento sotto
una scaffalatura metallica caduta per cedimento strutturale, causato
probabilmente dalla ruggine che si era prodotta per l’umidità dei vegetali.
Altro rischio è determinato dalla possibilità di
caduta di materiale dalla scaffalatura, ad esempio dal lato opposto a quello da
cui avviene il caricamento con il carrello elevatore. In una azienda del
comparto è recentemente accaduto che alcuni materiali sono caduti dal retro di
una scaffalatura sul controsoffitto di un ufficio adiacente al magazzino. I
materiali hanno sfondato il controsoffitto e sono caduti sul pavimento,
fortunatamente senza conseguenze infortunistiche perché in quell’istante nessun
impiegato si trovava nel punto di caduta del grave.
danno atteso
Lesioni traumatiche per investimento e
schiacciamento.
interventi prevenzionistici
Le scaffalature devono essere di portata idonea,
dotate di cartelli che ne indichino la portata (in caso di ripiani con portata
diversa, ogni ripiano deve riportare l’indicazione della sua portata); le
scaffalature devono essere stabilmente fissate al soffitto o alle pareti o
comunque realizzate con una struttura tale che sia impossibile la loro caduta
per ribaltamento (Fig.1).
Periodicamente è opportuno controllare il buono
stato della scaffalatura, verificando che non sia danneggiata per ossidazione o
altro.
Ove è possibile la caduta di materiali dal retro
della scaffalatura (lato opposto a quello di accesso dei carrelli elevatori) è
necessario eliminare il rischio, ad esempio grazie ad una robusta griglia
metallica.
E’ opportuno installare a pavimento protezioni
metalliche contro gli urti da parte dei carrelli elevatori contro i montanti di
angolo delle scaffalature.
L’eventuale utilizzo di scale portatili è opportuno
che sia limitato alle sole operazioni di controllo e non di movimentazione;
inoltre è importante che le scale portatili siano dotate alla loro sommità di
rampini di aggancio alla struttura metallica, di appoggi antiscivolo a
pavimento e di gradini antiscivolo.
I carichi sulla scaffalatura devono essere disposti
correttamente e gli addetti alla movimentazione devono essere adeguatamente
informati e formati.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1994 e s.m.i.
Fig. 1. Particolare del fissaggio a
soffitto di una scaffalatura per piccoli carichi.
descrizione
In diverse aziende i fusti dei vegetali in salamoia sono stoccati all’aperto; anche il
pompaggio di olio e aceto avviene all’aperto. Di conseguenza l’esecuzione di
tali operazioni espone gli addetti agli agenti meteorologici (sole e caldo nei
mesi estivi; pioggia e freddo nei mesi invernali).
danno atteso
Malattie da raffreddamento durante la stagione
fredda.
Affaticamento eccessivo, insolazione, stress termico durante la stagione calda.
danno rilevato
In indagini svolte dalla ASL di Pistoia (zona
Valdinievole) dall’anamnesi dei lavoratori risultano frequenti le riniti, le
faringiti, le tracheiti, le bronchiti.
interventi prevenzionistici
E’ opportuno valutare la possibilità di immagazzinare i fusti di verdure in un magazzino, anziché sul piazzale aziendale, o quanto meno di installare tettoie per la protezione dei lavoratori dagli agenti meteorologici; gli addetti devono poter disporre di indumenti protettivi adeguati; il lavoro deve essere organizzato in modo da minimizzare i tempi di esposizione e prevedere pause di riposo in ambienti climatizzati. Gli addetti devono essere stati informati e formati.
riferimenti normativi
-
Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379
"Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
Legge n. 653 del 26.04.1934 "Tutela del lavoro
delle donne e dei fanciulli".
-
Legge n. 977 del 17.10.1967 "Tutela del lavoro dei
bambini e degli adolescenti".
-
Titolo V "Movimentazione manuale dei
carichi", All. VI "Elementi
di riferimento" del D.Lgs. n. 626/1994.
Movimentazione
meccanica dei carichi
Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti
normativi relativi all’utilizzo di carrelli elevatori vedere la fase “Movimentazione meccanica dei carichi”.
APPALTI ESTERNI
Il trasporto delle merci tramite camion e furgoni e di olio e aceto in autocisterne è in genere appaltato ad aziende esterne specializzate in autotrasporti.
IMPATTO
ESTERNO
Traffico veicolare indotto
I mezzi che conferiscono le materie prime e le altre merci in arrivo possono costituire un notevole traffico veicolare indotto, che può aumentare in alcuni periodi dell’anno, corrispondenti alla raccolta dei vegetali freschi.
Diffusione di rumore
E’ determinato sia dai veicoli sopra citati, sia dalle macchine quali le pompe utilizzate per riempire i silos di olio e aceto. Ciò può provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli impianti produttivi. È opportuno utilizzare pompe del tipo meno rumoroso da sottoporre ad adeguata manutenzione, predisporre barriere antirumore, svolgere le lavorazioni più rumorose in un’area dello stabilimento produttivo il più lontano possibile dalle abitazioni.
Sversamenti di olio, aceto e
salamoia
Durante il conferimento e trasferimento di olio, aceto e dei prodotti vegetali in salamoia possono verificarsi sversamenti accidentali.
È opportuno che al di sotto dei serbatoi di olio e aceto siano realizzate vasche di contenimento per eventuali sversamenti, ad esempio in alcune aziende del comparto i serbatoi sono installati in posizione sopraelevata e al di sotto di essi è stata realizzata una vasca in muratura fuori terra, coperta da una griglia metallica calpestabile.
E’ opportuno che il piazzale aziendale sia conformato in modo tale da consentire il raccoglimento delle acque meteoriche ed eventuali sversamenti, con pozzetti di raccolta prima di invio all’impianto di depurazione o alla rete fognaria esterna.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
La preparazione
o cucina comprende varie operazioni
effettuate sui vegetali prima dell’invasamento. Tali operazioni si differenziano
a seconda del fatto che si tratti di verdura fresca o semilavorata;
quest’ultima è già pulita, eventualmente anche tagliata, conservata in salamoia
entro fusti.
Per i semilavorati, che sostituiscono la maggior
parte della materia prima trattata durante tutto l’arco dell’anno, le
operazioni principali sono sotto elencate.
-
Dissalatura e lavaggio: consiste nell’estrarre la verdura dal liquido di
conservazione in cui è contenuta e sottoporla a ripetuti lavaggi con acqua
fresca; nelle aziende più piccole il contenuto dei fusti viene rovesciato in
contenitori più grandi chiamati botti
dove avviene il lavaggio a termine del quale, la verdura viene prelevata
manualmente con una pala di legno dal manico lungo (simile ad un grande
cucchiaio) e posta a sgocciolare in ceste di plastica oppure direttamente
immessa nella tramoggia che alimenta il nastro trasportatore dove avviene la
cernita; in tal caso le operazioni sono prevalentemente manuali e sono svolte
da un addetto che sta in piedi spostandosi nei pressi delle botti. Invece, nelle aziende
caratterizzate da una produzione industriale, il contenuto dei fusti viene
rovesciato in vasche di dissalatura
dove il processo è svolto in automatico senza un addetto fisso e dopo il
lavaggio i vegetali sono immessi automaticamente su un nastro trasportatore che
li invia alla cernita. Per il
rovesciamento dei fusti nelle botti o nelle vasche di lavaggio sono impiegati
carrelli elevatori appositamente dotati di pinza. In genere è lo stesso addetto
al carrello elevatore che controlla il buon funzionamento delle vasche
automatiche di dissalatura, alle quali non è prevista una postazione fissa di
lavoro.
-
Cottura (scottatura): per alcune verdure per le
quali è richiesto un processo di breve cottura, il contenuto dei fusti viene
vuotato direttamente nei cuocitori.
-
Asciugatura / sgocciolatura: alcuni tipi di verdure
possono essere sottoposte ad asciugatura mediante centrifugazione, oppure sgocciolate mediante un separatore vibrante alimentato
direttamente dalle vasche automatiche di dissalatura attraverso un
convogliatore aereo nel quale i vegetali sono trasportati insieme al liquido e
quindi scolati nel separatore stesso.
-
Cernita e calibratura: gli addetti scelgono
manualmente i vegetali durante il loro passaggio su un nastro trasportatore
(chiamato nastro di cernita), eliminando le verdure sciupate
e suddividendole in base alla loro dimensione. Il nastro di cernita è alimentato con i prodotti provenienti dal lavaggio – dissalatura in modo automatico o manuale. Nel primo caso l’alimentazione
del nastro avviene direttamente dal separatore
vibrante; nel secondo caso tramite il prelevamento dalle botti con il
grande cucchiaio di legno o il rovesciamento delle ceste di plastica dove le
verdure sono poste a sgocciolare dopo il lavaggio. Le ceste piene pesano circa
20 Kg.
-
Taglio e detorsolatura: si eliminano tutte le parti non commestibili (bucce,
noccioli, torsoli, semi, ecc…) a seconda del tipo di vegetale, e si tagliano in
parti più piccole i vegetali troppo grandi; tali operazioni sono svolte
manualmente utilizzando coltelli e/o tramite apposite macchine tra le quali le sminuzzatrici.
-
Mescolazione: per la produzione di
antipasti misti o giardiniere, alcuni tipi diversi di verdure sono mescolati
tra loro, manualmente o in appositi mescolatori.
-
Preparazione liquido di
concia: si
preparano le soluzioni di acqua e sale con aggiunta di additivi alimentari tra
i quali acido citrico, acido ascorbico, acido lattico, aromi.
-
Conciatura: la verdura viene trattata
con il liquido di concia sopra descritto che verrà poi eliminato nella
successiva lavorazione.
Per i prodotti freschi, la cui lavorazione è
stagionale, riportiamo ad esempio le operazioni principali effettuate per le
conserve di peperoni in aziende caratterizzate da una produzione industriale.
-
Pulitura: un addetto rovescia le
casse di peperoni su un nastro trasportatore lungo il quale gli addetti
compiono la pulitura e l’eliminazione del torsolo.
-
Lavaggio: dopo essere stati puliti,
i peperoni passano nella vasca di lavaggio automatica.
-
Cottura: dalla vasca di lavaggio i
peperoni passano direttamente nel cuocitore, anch’esso automatico.
-
Cernita: dopo la cottura i peperoni
passano su un apposito nastro trasportatore dove avviene la scelta.
-
Taglio: i peperoni sono tagliati
“a spaghetti” in una apposita macchina.
-
Lavaggio e conciatura: i peperoni tagliati sono
lavati e immessi in contenitori di acciaio con acqua e sale.
Carrelli elevatori
Si tratta in genere di carrelli elevatori a trazione
elettrica, dotati di pinza per il sollevamento e rovesciamento dei singoli
fusti (bidoni) nelle botti o nelle vasche di dissalatura.
Apriscatole
Si tratta di una attrezzatura ad alimentazione
elettrica utilizzata per aprire i fusti di latta contenenti i vegetali
semilavorati in salamoia.
Contenitori di dissalatura (botti)
Si tratta di contenitori (in genere di acciaio inox,
talvolta di plastica) chiamati botti
utilizzati per dissalare i vegetali che arrivano in salamoia presso l’azienda.
Nelle botti l’acqua viene immessa
dall’alto e poi tolta mediante l’apertura di un rubinetto posto in basso.
FATTORI DI RISCHIO
Esposizione a
sbalzi termici e microclima sfavorevole
descrizione
Il prelevamento all’esterno dei fusti contenenti le
verdure in salamoia e il loro rovesciamento nelle botti o nelle vasche di
dissalatura o direttamente nei cuocitori
posti all’interno dello stabilimento produttivo, determina l’esposizione degli
addetti ai carrelli elevatori a continui sbalzi termici. Infatti, all’esterno
temperatura e umidità dipendono dalla stagione e dagli eventi meteorologici,
mentre all’interno il microclima è in genere caldo-umido per il ristagno
dell’acqua di lavaggio e per la presenza del vapore d’acqua e del calore
radiante derivanti dai cuocitori delle verdure. In alcuni casi i fusti
contenenti i vegetali in salamoia sono rovesciati direttamente nei cuocitori,
senza essere preventivamente sottoposti a dissalatura.
Inoltre i portoni lasciati aperti per consentire il
continuo passaggio dei carrelli elevatori dall’esterno all’interno e viceversa
possono determinare correnti d’aria e rendono difficile la climatizzazione dei
locali di lavoro per il benessere degli addetti (riscaldamento durante la
stagione fredda o rinfrescamento durante la stagione calda).
danno atteso
Malattie da raffreddamento, affaticamento eccessivo.
Disturbi da scomfort termico, riduzione della
capacità lavorativa, stress psicofisico.
danno rilevato
Da indagini svolte dalla ASL di Pistoia (zona
Valdinievole) risultano all’anamnesi frequenti riniti, faringiti, tracheiti,
bronchiti.
interventi prevenzionistici
-
Valutare
la possibilità di immagazzinare i fusti di verdure in un magazzino, anziché sul
piazzale aziendale, in modo da evitare che gli addetti siano esposti a sbalzi
termici.
-
La
separazione microclimatica tra interno ed esterno in caso di portoni lasciati
aperti può essere ottenuta con generatori di barriere d’aria verticali,
installati sopra ai portoni stessi. La soluzione può essere coordinata con
cortine di gomma avvolgibili ad apertura / chiusura automatica al passaggio dei
carrelli elevatori rilevato mediante fotocellule. La visibilità tra le parti
opposte della cortina può essere garantita mediante la presenza nella stessa di
parti trasparenti.
-
I
cuocitori devono essere dotati di sistemi di aspirazione localizzata ed
installati in locali il più possibile separati dagli altri ambienti di lavoro,
in modo da evitare l’esposizione indiretta al microclima caldo-umido di addetti
ad altre lavorazioni. In caso i fusti contenenti i vegetali in salamoia debbano
essere direttamente introdotti nei cuocitori (senza preventiva dissalatura), può essere prevista una
tramoggia posta all’esterno del locale dove si trovano i cuocitori e ad essi
collegata tramite un nastro trasportatore.
-
Garantire
un adeguato ricambio d’aria dei locali di lavoro e tenere sotto controllo i
parametri microclimatici (temperatura e umidità).
-
Installazione
di climatizzatori e deumidificatori.
-
Il
lavoro deve essere organizzato in modo da minimizzare i tempi di esposizione
prevedendo pause di riposo in ambienti climatizzati.
-
Gli
addetti devono poter disporre di indumenti protettivi adeguati.
-
È
necessario tutelare in modo particolare alcune categorie di lavoratori quali
donne, adolescenti, lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di
allattamento, valutando quali lavorazioni sono incompatibili.
-
Gli
addetti devono essere informati e formati.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
descrizione
Gli
addetti ai cuocitori possono venire a contatto con superfici calde o essere
investiti da schizzi di acqua bollente.
danno atteso
Ustioni.
interventi prevenzionistici
-
coibentare
le superfici calde con le quali possono venire a contatto i lavoratori;
-
indossare
indumenti di protezione adeguati;
-
corretta
organizzazione del lavoro;
-
informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
- Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.
Utilizzo di attrezzature taglienti e manipolazione di materiale tagliente
descrizione
L’operazione di apertura dei fusti di latta tramite
apriscatole e la manipolazione delle latte aperte e del coperchio di latta
rimosso dal fusto di latta a seguito della sua apertura può comportare per gli
addetti rischi infortunistici per contatto con materiali taglienti.
L’utilizzo dei coltelli per il taglio manuale delle
verdure può comportare rischi infortunistici per gli addetti per contatto con
la lama tagliente.
danno atteso
Ferite da taglio.
danno rilevato
Vedere il capitolo 1.
interventi prevenzionistici
- Utilizzare utensili di sicurezza.
-
Indossare
D.P.I. (guanti e grembiuli antitaglio).
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
Art. 383 "Protezione delle mani" D.P.R. n.547
del 27.04.1955.
-
D.Lgs. 626/94 e s.m.i.
Transito su
pavimenti resi scivolosi
descrizione
Il pavimento dei reparti di dissalatura, lavaggio e
preparazione vegetali tende costantemente a bagnarsi determinando il rischio di
cadute per scivolamento. A tale rischio contribuisce anche il quotidiano uso di
soluzioni saponate utilizzate per la pulizia dei pavimenti e l’eventuale
impiego di idropulitrici a getto d’acqua e vapore in pressione.
danno atteso
Lesioni traumatiche per cadute da scivolamento.
danno rilevato
Vedere il capitolo 1.
prevenzione
-
Pavimentazione
realizzata con materiali antiscivolo le cui mattonelle siano montate a fuga
larga per permettere un migliore deflusso del liquido, eventualmente grigliata
e/o di pendenza adeguata con sistemi di raccolta dei liquidi che cadono sul
pavimento.
-
Frequente
pulizia del pavimento con prodotti detergenti.
-
Indossare
calzature con suola antiscivolo.
riferimenti normativi
- Art. 7, comma 2 e comma 4 "Pavimenti" D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
-
Norme British
Ceramic Research Association
- Norme DIN 51098
- D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i.
Movimentazione
manuale dei carichi, posture, movimenti ripetitivi, monotonia del lavoro, ritmi
di lavoro
descrizione
L’operazione di prelevamento dei vegetali dalle botti per mezzo del grande cucchiaio di
legno, la movimentazione e il rovesciamento delle ceste piene di verdure (del
peso di 10 - 20 Kg), la movimentazione delle ceste vuote, le operazioni di cernita, calibratura e taglio
delle verdure, se svolte manualmente, comportano per gli addetti il
sollevamento di pesi, l’esecuzione di movimenti ripetuti di flessione –
estensione degli arti superiori, torsione del tronco, la postura fissa (in
piedi o seduta), monotonia del lavoro.
La postazione di lavoro durante la preparazione dei
liquidi di concia è in piedi fissa, con piccoli spostamenti per la necessità di
spostare i secchi di sale e di acido dal peso di 8 – 10 Kg.
La velocità della linea produttiva e i ritmi di
lavoro possono variare a seconda delle esigenze produttive e del tipo di prodotto;
più i ritmi diventano elevati, maggiori sono i rischi per la salute.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
Disturbi dell’apparato circolatorio specie agli arti
inferiori (gambe gonfie, vene varicose).
Ferite e contusioni agli arti inferiori in caso di
caduta di oggetti pesanti.
Stress psicofisico dovuto alla monotonia del lavoro
e aggravato dai ritmi elevati, dalla presenza di rumore e degli altri fattori
di rischio.
La fatica derivante dallo stare in piedi e da altre
attività fisiche per le lavoratrici in gravidanza è stata spesso segnalata tra
le cause di aborti spontanei, parti prematuri e neonati sottopeso. Inoltre la
stazione eretta prolungata può aggravare la stasi venosa e i disturbi a carico
della colonna vertebrale frequenti in gravidanza.
danno rilevato
Vedere il capitolo 1.
interventi prevenzionistici
-
Automazione
delle operazioni che è possibile automatizzare (ad esempio: la dissalatura,
l’alimentazione del nastro di cernita, la preparazione del liquido di concia).
-
Adeguata
progettazione del posto di lavoro, con possibilità di alternare mansioni e la
postura seduta / in piedi.
-
Utilizzo
di sedili ergonomici regolabili e pedane poggia piedi per le postazioni di
lavoro sedute, utilizzo di sgabelli ergonomici regolabili “siedi-in-piedi” per le
postazioni di lavoro in piedi.
-
Gli
addetti alla movimentazione manuale dei carichi devono indossare scarpe di
sicurezza con punta di rinforzo in metallo. È da rilevare che tale misura di
protezione individuale viene spesso rifiutata dalle lavoratrici che
preferiscono lavorare con calzature aperte o semiaperte. È quindi opportuno
fornire ai lavoratori calzature idonee adeguatamente protette, ma che evitino
la sudorazione o l’affaticamento eccessivo del piede. In ogni caso, specie per
le donne, è opportuno limitare il peso degli oggetti da movimentare.
-
Per
le lavoratrici in gravidanza è necessario assicurare che il ritmo e l’intensità
del lavoro non sia eccessivo. Favorire una gestione delle pause da parte della
lavoratrice stessa. Assicurare che vi sia la possibilità di sedersi. Adeguare
il posto di lavoro o delle procedure operative al crescere del volume
addominale al fine di contribuire a ridurre i problemi posturali e il rischio
di infortuni. Allontanare o spostare la lavoratrice dalla mansione nel caso non
sia possibile la eliminazione della stazione in piedi per più di metà
dell’orario di lavoro o della posizione particolarmente affaticante.
-
Informazione
degli addetti sui rischi della loro mansione e formazione sia nell’assumere
atteggiamenti e/o abitudini di vita e di lavoro adatte a proteggere la schiena
e le altre articolazioni, sia nello svolgere utili esercizi di rilassamento,
stiramento e rinforzo muscolare.
-
Sorveglianza
sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.Lgs.
n. 151 del 26.03.2001”Testo Unico in materia di tutela e sostegno della
maternità e paternità a norma della L. n. 53 del 8.3.2000”.
Mescolatori, apriscatole automatici, sminuzzatrici,
centrifughe e nastri trasportatori possono comportare per gli addetti rischi da
contatto, presa e trascinamento, schiacciamento da parti meccaniche mobili.
danno atteso
Lesioni
traumatiche quali ferite e contusioni.
Le parti mobili delle macchine devono essere rese
inaccessibili tramite ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco che
impediscano l’avviamento della macchina fin tanto che il riparo non è chiuso e
fermino la macchina se il riparo viene aperto. In luogo dei ripari possono
essere utilizzate barriere immateriali realizzate tramite fotocellule.
Quando la pulizia o la manutenzione delle macchine
(ed anche le eventuali regolazioni iniziali) richiedono l’avvio della macchina
con i ripari aperti o rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera che
comandi l’avanzamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita
escluda il quadro comando della macchina e consenta all’operatore di azionarla
da una postazione dalla quale sia ben visibile la zona operativa.
Le macchine devono essere dotate di dispositivo di
arresto di emergenza, il quale non può essere considerato alternativo ai
dispositivi di sicurezza sopra richiamati.
danno rilevato
Vedere il capitolo 1.
- Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
-
Norme UNI EN
291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1,
1012/2
descrizione
Nel reparto preparazione
la manipolazione dei prodotti vegetali avviene durante la cernita, la
calibrazione e il taglio.
Durante la preparazione del liquido di governo può
avvenire il contatto cutaneo con aromi, sale, zucchero, acido citrico, acido
ascorbico e acido lattico utilizzati per la conservazione o per favorire la
fermentazione delle olive.
danno atteso
La manipolazione degli additivi sopra citati e dei
vari prodotti vegetali, specie se bagnati o umidi e specie se contenenti
prodotti chimici (tra i quali l’anidride solforosa presente in tracce nei
prodotti semilavorati), può determinare l’insorgenza di dermatiti.
Alcuni tipi di vegetali, come le cipolle, possono
essere causa per loro natura di sintomi irritativi cutanei e non.
In alcuni soggetti predisposti la manipolazione dei
vegetali, o anche la semplice permanenza nel locale dove essi sono lavorati,
può provocare manifestazioni allergiche dovute per lo più alla possibile
presenza di miceti e alle condizioni microclimatiche che ne favoriscono lo
sviluppo. Tra gli addetti alla produzione di conserve vegetali sono state
segnalate in letteratura forme di dermatiti e dermatosi, reazioni orticarioidi
ed allergie cutanee varie, riniti, congiuntiviti e asma allergica e in alcuni
casi forme di insufficienza respiratoria acuta e cronica.
Dai campionamenti effettuati dalla ASL di Pistoia
(zona Valdinievole) non è risultata la presenza di livelli di contaminazione
dell’aria dell’ambiente di lavoro tale da poter costituire un rischio di natura
microbiologica – ed in particolare micetica – per la salute dei lavoratori, se
pur con alcune riserve sia relative all’eventuale influenza delle condizioni
climatiche stagionali e/o microclimatiche di certi locali di lavoro che possono
favorire lo sviluppo delle spore (microclima caldo-umido scarsamente aerato),
sia relative alla correlazione tra la carica di spore aerodisperse e la
sintomatologia.
danno rilevato
Da indagini svolte dalla ASL di Pistoia (zona
Valdinievole) risultano all’anamnesi frequenti sintomi irritativi cutanei e non.
interventi prevenzionistici
-
Frequente
ed accurata pulizia dei locali (pavimenti e pareti) e delle macchine e
attrezzature di lavoro superfici. È opportuno che le pareti dei locali di
lavoro siano verniciate con pitture lavabili e tenute in buono stato.
-
Evitare
di tenere nell’ambiente di lavoro macchinari o arredi non indispensabili per la
lavorazione.
-
Limitare
le operazioni di manipolazione, automatizzando ciò che è possibile
automatizzare.
-
Separare
i locali di lavoro adibiti a lavorazioni diverse.
-
Garantire
un adeguato ricambio d’aria dei locali di lavoro e tenere sotto controllo i
parametri microclimatici (temperatura e umidità) in quanto fattori favorenti la
germinazione delle spore e lo sviluppo microbico in genere, anche grazie alla
installazione di climatizzatori e deumidificatori.
-
Indossare
D.P.I. (guanti, grembiuli), rispettare le norme di igiene personale e
utilizzare armadietti a doppio scomparto per la separazione degli abiti civili
da quelli di lavoro.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs.
626 del 1994 e s.m.i.
descrizione
In questa fase lavorativa il rumore deriva
prevalentemente dalle macchine sminuzzatrici, asciugatrici centrifughe,
separatori vibranti, impianti di aspirazione ai cuocitori, apriscatole.
Il rumore in prossimità di alcune delle macchine
utilizzate in questa fase lavorativa è stimabile come segue:
-
sminuzzatrici
(rumore dovuto alla forte rotazione delle macchine e all’impatto dei vegetali
sminuzzati sul carter in acciaio inox): 88,2 dB(A);
-
separatore
vibrante (rumore dovuto alla oscillazione delle lamiere e degli urti dei
prodotti vegetali contro le pareti in acciaio inox della macchina): 87,7 dB(A);
-
apriscatole:
81,5 dB(A)
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore
medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni
extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli
inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure
preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
interventi prevenzionistici
Le principali misure di prevenzione sono le
seguenti:
-
utilizzare
macchine del tipo meno rumoroso; per ogni macchina è necessario studiare
accorgimenti e metodi che consentano la riduzione del rumore emesso, ad esempio
per la macchina sminuzzatrice è opportuno valutare la possibilità di sostituire
il carter di acciaio inox con carter di materiale plastico in modo da ridurre
il rumore generato dall’impatto vegetali – metallo, sia quello generato dalle
vibrazioni delle superfici metalliche;
-
insonorizzare
le macchine più rumorose; ciò può essere realizzato ad esempio con schermi
trasparenti avendo cura di garantire la continuità degli stessi e di eliminare
il più possibile le vie di fuga del rumore;
-
valutare
la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del
rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine
rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della
installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la
riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi;
di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati
specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del
locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle
caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali;
-
organizzare
il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una
corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi;
-
segregare
delle macchine più rumorose in locali separati insonorizzati oppure confinarle in
una zona specifica delimitata da pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti,
evitando la possibilità di esposizione indiretta degli addetti ad altre
lavorazioni meno rumorose;
-
quando
sia necessario intervenire entro la zona chiusa e delimitata da pareti
fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);
-
informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs.
277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”,
riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di
carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Conduzione di
macchine alimentate a gas combustibile (metano)
descrizione
L’utilizzo dei cuocitori a gas può comportare il
rischio di fughe di gas combustibile ed esplosione - incendio, oltre alla
possibile esposizione degli addetti ai prodotti di combustione.
danno atteso
Sono possibili intossicazioni per inalazione di gas;
ustioni, lesioni traumatiche ed intossicazioni in caso di incendio – esplosione,
con danni alla salute dei lavoratori per causa diretta (sovrapressione) o
indiretta (cedimento strutturale).
interventi prevenzionistici
Per ridurre il rischio è necessario che vengano
effettuate verifiche periodiche su tutto l'impianto a gas. A fine turno di
lavoro è bene chiudere il rubinetto generale di erogazione del gas. Sono
necessari dispositivi che interrompano l’erogazione del gas in caso di
spegnimento della fiamma. E’ importante che il sistema automatico di accensione
sia controllato onde evitare l'innesco ritardato che potrebbe determinare una
esplosione. È opportuno installare rivelatori automatici di gas (tarati ad una
opportuna concentrazione frazione del limite inferiore di infiammabilità),
collegati al sistema di allarme e ad elettrovalvole del tipo normalmente chiuse
(in mancanza della alimentazione elettrica) installate sulle tubazioni del gas.
Queste ultime devono essere di colore conforme alla norme relative.
riferimenti normativi
-
Normativa
generale antincendio.
-
Norme UNI-CIG.
-
Per
i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si applica il D.M.I.
del 31.03.1984, mentre per quelli di capacità superiore a 5 m3 si
applica il D.M.I. del 13.10.1994.
Movimentazione
meccanica dei carichi
Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti
normativi relativi all’utilizzo di carrelli elevatori vedere la fase “Movimentazione meccanica dei carichi”.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non viene appaltata in quanto
si tratta della lavorazione centrale del ciclo produttivo delle aziende del
comparto.
IMPATTO
ESTERNO
Gli scarichi provenienti da questa lavorazione sono
principalmente:
-
la
soluzione di salamoia con i vari additivi e conservanti;
-
le
acque di lavaggio - dissalatura dei vegetali;
-
le
acque di lavaggio di macchine e attrezzature miste a prodotti detergenti e
disinfettanti (vedere la fase Sanificazione);
-
i
brodi di cottura e gli scoli dei liquidi di governo.
I suddetti liquidi prima di essere scaricati nei
corpi idrici, devono essere sottoposti a neutralizzazione o depurazione.
La lavorazione sopra descritta richiede una notevole quantità di acqua. Alcune aziende dispongono di pozzi e rendono potabile l’acqua internamente, mentre altre sono collegate all’acquedotto locale. Alcune aziende effettuano la depurazione e il recupero delle acque utilizzate per la lavorazione dei prodotti vegetali freschi.
In questa fase lavorativa escono dal ciclo produttivo gli scarti vegetali costituiti dagli sfridi di mondatura e di cernita delle verdure. Si tratta di scarti produttivi che ben si prestano alla raccolta differenziata per essere avviati al compostaggio (vedere Tab.5 al Capitolo 1).
Le macchine rumorose sopra citate possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli impianti produttivi. È opportuno utilizzare macchine del tipo meno rumoroso e sottoporle ad adeguata manutenzione, insonorizzare le macchine più rumorose, collocare i macchinari più rumorosi in un’area dello stabilimento produttivo il più lontano possibile dalle abitazioni, predisporre barriere antirumore ove necessarie.
CONFEZIONAMENTO
IN VASETTI O IN VASCHETTE
DESCRIZIONE
DELLA FASE
In questa fase lavorativa i prodotti vegetali,
preparati come sopra descritto, sono introdotti in vasetti di vetro, vaschette
o sacchetti di plastica trasparente (polipropilene). In genere prima è
introdotta la verdura e poi viene completato il riempimento con il liquido di
governo (olio o aceto o salamoia).
Vaschette e sacchetti in polipropilene, utilizzati
per lo più nelle aziende artigianali, sono in genere riempiti manualmente.
I vasetti di vetro prodotti dalle vetrerie giungono
in azienda, a bordo di camion, imballati in forma di palletts costituiti da un pianale di legno sul quale sono disposti
numerosi strati di vasetti; ogni strato è separato da un foglio di cartoncino e
l’ultimo strato è coperto da un cappuccio di cartone più resistente, il tutto
fasciato da un foglio di plastica trasparente.
I palletts
dei vasetti (movimentati con carrelli elevatori a forche) sono scaricati dai
camion, temporaneamente stoccati in magazzino e poi portati in prossimità della
linea di riempimento.
Gli addetti tagliano con un trincetto il foglio di
plastica che fascia il pallett e
tolgono il cappuccio di cartone (eventualmente aiutandosi con un’asta).
L’operazione di depallettizzazione
è svolta manualmente solo nelle aziende più piccole, mentre in genere avviene
in automatico tramite una macchina depallettizzatrice.
I vasetti introdotti nella linea sono posti su
nastri trasportatori, rovesciati e inviati al soffiaggio con un getto di aria
compressa allo scopo di pulirli, per poi farli proseguire sul nastro
trasportatore verso il riempimento con i vegetali. Nelle aziende a carattere
artigianale i vasetti sono riempiti manualmente mentre scorrono in fila uno
alla volta lungo il nastro, mentre nelle aziende a carattere industriale il
riempimento avviene in modo automatico tramite una macchina riempitrice.
La macchina riempitrice
può essere alimentata secondo diverse modalità:
-
in
continuo con i prodotti vegetali tramite un nastro trasportatore che proviene
dal reparto dissalazione – cucina;
-
tramite
il versamento, nella tramoggia di alimentazione, dei fusti movimentati e rovesciati da un apposito carrello elevatore;
tale operazione non è attuabile per vegetali particolarmente delicati (come ad
esempio i carciofini);
-
tramite
il rovesciamento manuale delle ceste.
Nella stessa tramoggia sono introdotti manualmente
dagli addetti anche eventuali miscugli di aromi (tritati di prezzemolo, aglio,
peperoncino, ecc…) e additivi (glutammato monosodico, ecc…) la cui composizione
varia a seconda del tipo di prodotto da confezionare.
Alcune linee produttive prevedono che una
lavoratrice completi e rifinisca con le mani il riempimento dei vasetti
all’uscita della macchina riempitrice.
Una volta riempiti di verdure i contenitori passano
al controllo del peso. Tale operazione può essere manuale o automatica.
Nel caso del controllo peso manuale una lavoratrice
preleva a campione qualche vasetto dal nastro trasportatore e lo appoggia su
una bilancia per poi reintrodurlo sul nastro, eventualmente dopo averne
corretto il peso aggiungendo o togliendo manualmente parte del contenuto.
Nel caso del controllo peso automatico è presente
una vite senza fine per distanziare i vasetti prima che essi passino sul
sensore della bilancia elettronica, posto sotto il nastro trasportatore, e
infine - a valle del punto di pesa – è presente uno scambio automatico per
estrarre dalla linea i vasetti il cui peso è non conforme a quanto stabilito;
anche in questo caso è comunque presente una lavoratrice che sorveglia il
funzionamento della bilancia e sistema manualmente il peso dei vasetti scartati
prima di reintrodurli nella linea.
In base all’esito del controllo del peso sono
effettuate le opportune regolazioni della macchina riempitrice e della velocità
dei nastri trasportatori.
La frequenza di intervento da parte del personale
addetto dipende in gran parte anche dal tipo di vegetali; in genere i vegetali
di più piccole dimensioni e di forma rotondeggiante sono quelli che creano meno
problemi in quanto si dispongono nei vasetti in modo abbastanza uniforme e
difficilmente fanno ponte all’interno del vasetto fino ad ostacolandone il
riempimento.
Dopo la pesata i vasetti passano al metal-detector
al fine di eliminare dalla linea i vasetti che dovessero accidentalmente
contenere parti metalliche, prima che siano inviati alla macchina colmatrice la quale vi immette il
liquido di governo.
I vasetti pieni sono chiusi con capsule metalliche
tramite una macchina tappatrice,
mentre le vaschette di plastica sono chiuse con un film di propilene mediante
confezionatrice sottovuoto.
Carrelli elevatori
Si tratta in genere di carrelli elevatori a trazione
elettrica, dotati di forche per il sollevamento e trasporto dei palletts, oppure di pinze per il
sollevamento e il rovesciamento dei fusti pieni di vegetali.
Depallettizzatore automatico dei vasetti
Si tratta di una macchina
automatica ad alimentazione elettrica nella quale viene introdotto il pallett
di vasetti. La macchina preleva uno strato di vasetti alla volta per immetterli
su un nastro trasportatore che li conduce verso la pulitura e il riempimento
(data la rumorosità dell’operazione questa macchina è in genere separata dagli
altri locali di lavoro). Dopo ogni strato di vasetti la macchina preleva il
cartoncino di separazione e lo lascia cadere in un raccoglitore. I cartoncini
sono poi restituiti al fornitore dei vasetti.
Fig. 2. Introduzione di un pallett di
vasetti nel depallettizzatore automatico mediante carrello elevatore.
Fig. 3. Depallettizzatore automatico
(visto di lato). Si noti a sinistra il nastro trasportatore dei vasetti.
Fig. 4. Depallettizzatore automatico,
particolare dell’uscita dei vasetti e del cartoncino.
Fig. 5. Depallettizzatore automatico,
particolare del raccoglitore dei cartoncini da restituire al fornitore.
Fig. 6.
Reparto confezionamento in vasetti. In primo piano la macchina soffiatrice
nella quale arrivano, per mezzo di un trasportatore aereo, i vasetti
provenienti dal depallettizzatore. In fondo a destra si vede l’addetto
all’alimentazione della macchina riempitrice dei vasetti.
Fig. 7. Particolare del rovesciamento dei vasetti nella macchina soffiatrice.
Nastri trasportatori per vasetti
Si tratta di nastri trasportatori metallici, della
larghezza di una decina di centimetri, conformati in modo da poter affiancare
più nastri tra loro e realizzare sistemi a velocità variabile, ad esempio allo
scopo di distanziate i vasetti tra loro, formare zone di accumulo, ecc… Sui
nastri viene in genere spruzzato automaticamente un liquido lubrificante per
ridurre l’attrito con i vasetti.
Macchina soffiatrice
Questa macchina ha lo scopo di soffiare in ogni
vasetto un getto di aria compressa per eliminare eventuale presenza di polvere
o corpi estranei (il pericolo maggiore è dato dalle schegge di vetro) e per
favorire l’operazione i vasetti sono anche capovolti. La macchina dispone
quindi di un sistema di soffiaggio e uno di ribaltamento dei vasetti costituito
da un dispositivo di trattenuta entro un cilindro ruotante. Dalla macchina i
vasetti escono nuovamente in posizione eretta per essere inviati verso la
riempitrice.
Macchina riempitrice dei vasetti
È essenzialmente
costituita da una tramoggia di alimentazione vibrante posta sopra il nastro che
trasporta i vasetti da riempire. Per favorire il riempimento la macchina è
posta in vibrazione.
L’alimentazione della
machina con i vegetali può essere automatico (direttamente dalle vasche
automatiche di dissalatura dei prodotti semilavorati in salamoia), oppure
semiautomatico (tramite rovesciamento dei fusti con carrello elevatore), oppure
manuale (tramite rovesciamento di ceste movimentate a mano).
Quando la tramoggia dove
sono introdotti i vegetali è posta più in basso del sistema di riempimento dei
vasetti (ciò allo scopo di facilitare l’introduzione dei vegetali), nella
tramoggia stessa è posto un nastro elevatore che preleva i vegetali per
sollevarli al fino farli cadere dall’alto nel sistema di riempimento dei
vasetti.
Le figure seguenti
mostrano le operazioni effettuate dall’operatore addetto all’alimentazione
della macchina riempitrice, sia nel caso di uso del carrello elevatore, sia nel
caso manuale.
Fig. 8. Zona operativa del carrello
elevatore per il rovesciamento dei fusti di vegetali nella riempitrice dei
vasetti.
Fig. 9. Particolare della pinza del
carrello elevatore per il rovesciamento dei fusti.
Fig. 10. Rovesciamento di un fusto
nella tramoggia di alimentazione della macchina riempitrice dei vasetti.
Fig. 11. Addetto alla alimentazione
della macchina riempitrice dei vasetti mentre sta rimescolando i vegetali
contenuti nella vasca dove è stata effettuata la dissalatura. A tale scopo
utilizza un lungo cucchiaio di acciaio forellato.
La vasca è stata trasportata con il carrello elevatore in prossimità della
tramoggia di alimentazione della riempitrice (si notino in basso a destra le
forche del carrello elevatore). Si notino i dispositivi di protezione
individuale (stivali, guanti e grembiule impermeabili; tuta; cuffia per
capelli; maschera; cuffia antirumore).
Fig. 12. Addetto alla alimentazione
della macchina riempitrice dei vasetti mentre sta prelevando i vegetali
contenuti nella vasca dove è stata effettuata la dissalatura. A tale scopo
utilizza una cesta di plastica forellata.
Si noti a sinistra il nastro elevatore dei vegetali dalla tramoggia verso il
sistema di riempimento dei vasetti.
Fig. 13. Addetto alla alimentazione
della macchina riempitrice dei vasetti mentre sta sollevando la cesta di
plastica forellata colma dei vegetali prelevati dalla vasca
.
Fig. 14. Addetto alla alimentazione
della macchina riempitrice dei vasetti mentre sta rovesciando, nella tramoggia
di alimentazione della macchina, la cesta di plastica forellata colma dei
vegetali prelevati dalla vasca.
Fig. 15. Macchina riempitrice dei
vasetti. Il riempimento avviene per caduta dall’alto dei vegetali mentre i
vasetti scorrono sul nastro trasportatore. Per favorire l’avanzamento dei
vegetali e il loro assestamento all’interno dei vasetti la macchina è posta in
vibrazione. Una addetta sovrintende la macchina ed effettua a campione la
pesatura manuale dei vasetti riempiti.
Fig. 16. Addetta alla pesatura manuale dei vasetti. Si notino i dispositivi di protezione individuale, la pedana sulla quale l’operatrice sta in piedi, la griglia di scolo dei liquidi sul pavimento. A sinistra in fondo si vede l’addetto alla alimentazione della macchina riempitrice.
Fig. 17. Addetta alla pesatura manuale
durante il riposizionamento di un vasetto sul nastro trasportatore dopo la
pesata. Si noti come l’operazione tende ad impegnare sempre lo stesso braccio.
Fig. 18. Coclea (vite senza fine) di materiale plastico per distanziare i vasetti prima della pesatura automatica.
Fig. 19. Pesatura automatica dei
vasetti e scambio con polmone di accumulo dei vasetti non conformi.
Fig. 20. Metal – detector per la sicurezza alimentare del prodotto. I
vasetti passano sotto il rivelatore dopo la pesatura e prima della colmatura
con il liquido di governo e conservazione.
Fig. 21. Colmatrice dei vasetti con il
liquido di governo e conservazione, vista dal lato di ingresso dei vasetti.
Fig. 22. Colmatrice dei vasetti con il
liquido di governo e conservazione; da sinistra entrano i vasetti da colmare,
mentre da destra escono quelli colmati. Si notino gli schermi trasparenti posti
intorno alla macchina sia a protezione della qualità del prodotto, sia contro
possibili contatti accidentali con parti in movimento, sia per la riduzione del
rumore emesso nell’ambiente di lavoro.
Macchina tappatrice (incapsulatrice) dei vasetti
È una macchina che ha lo scopo di chiudere i vasetti
con un tappo conformato come una capsula di sicurezza a tenuta che permette al
consumatore di controllare che il vasetto sia ben chiuso e non sia mai stato
aperto (altrimenti la capsula sul vasetto è convessa, premendola con un dito
essa si incava e al suo rilascio emette un rumore tipo click). I vasetti
entrano ed escono dalla macchina tramite un nastro trasportatore, mentre i
tappi (capsule) sono introdotti nella macchina dall’alto tramite una tramoggia
alla quale l’operatore accede tramite una scaletta. La macchina, un attimo
prima di inserire il tappo, soffia vapore nel vasetto. Dopo la tappatura il
vapore condensa e risucchia la capsula verso il vasetto facendola diventare
concava.
All’uscita della tappatrice i vasetti sono
sottoposti al controllo automatico della loro buona chiusura. Il controllo è
effettuato attraverso un dispositivo che rileva la convessità della capsula di
sicurezza ed i vasetti la cui capsula risulta convessa, anziché proseguire
verso la pastorizzazione, sono inviati – grazie ad uno scambio sul nastro
trasportatore – in una zona di accumulo dalla quale sono prelevati manualmente
dagli addetti che gli tolgono la capsula e li immettono nuovamente nella linea
di produzione a monte della tappatrice.
Fig. 23. Tappatrice (incapsulatrice)
dei vasetti
con alimentazione delle capsule
(coperchi) in tramoggia posta direttamente sulla macchina. La scaletta è
utilizzata da un addetto per rovesciare manualmente le scatole di cartone piene
di capsule nella tramoggia di alimentazione.
Fig. 24. Tappatrice (incapsulatrice)
dei vasetti con sistema di trasporto delle capsule (la tramoggia di alimentazione
delle capsule è posta in locale separato).
FATTORI DI RISCHIO
Esposizione a
rumore
descrizione e stima
Il rumore nel reparto invasamento è abbastanza alto
e in certe posizioni di lavoro il livello equivalente può superare i 90 dB(A).
Il rumore deriva, oltre che dalle macchine, anche
dai continui piccoli urti tra i vasetti di vetro mentre si muovono lungo la
linea, soprattutto quando sono ancora vuoti.
Il rumore in prossimità di alcune delle macchine
utilizzate per la presente fase lavorativa è stimabile come segue:
-
depallettizzatore
automatico dei vasetti: 83,2 - 88,3 dB(A);
-
soffiatrice
per vasetti: da 92,9 a 93,0 dB(A);
-
riempitrice
automatica dei vasetti con i vegetali: da 88,4 a 89,4 dB(A);
-
linea
di riempimento manuale: da 80,8 a 83,1 dB(A);
-
linea
di riempimento in vaschette di plastica: da 80,1 a 80,4 dB(A);
-
pesatrice
automatica: da 86,7 a 87,4 dB(A);
-
colmatrice
(pompa per liquidi di governo posta nei pressi della riempitrice): da 87,4 a
88,6 dB(A);
-
tappatrice
(capsulatrice): da 87 a 88,3 dB(A) in una azienda del comparto, mentre in
un’altra azienda da 92,4 a 95,9 dB(A);
Gli addetti lavorano in questo reparto in genere con
2 turni giornalieri di 4 ore ciascuno, intervallati da una pausa di 2 ore; la
maggior parte degli addetti a questo reparto è soggetto ad un livello di
esposizione personale giornaliero Lep,d compreso tra 85 e 90 dB(A),
ma per alcuni lavoratori arriva a livelli compresi tra 90 dB(A) e 93 dB(A).
E’ interessante notare come gli addetti alla linea
di riempimento in vaschette di plastica (anziché in vasetti di vetro) sono
esposti a livelli di rumore molto più bassi.
danno atteso
Danni uditivi (ipoacusia da rumore).
interventi prevenzionistici
Le principali misure di prevenzione sono le
seguenti:
-
utilizzare
macchine del tipo meno rumoroso; per ogni macchina è necessario studiare
accorgimenti e metodi che consentano la riduzione del rumore emesso; ad esempio
il sistema di trasporto dei vasetti con nastri a velocità variabile nelle zone
di passaggio tra una macchina e l’altra può essere ottimizzato in modo che i
vasetti vengano distanziati tra loro e quindi si riduca il numero degli urti
tra le stesse; allo stesso scopo possono essere utilizzate viti senza fine
realizzate in materiale plastico dimensionate in modo che ogni ansa della vite
trasporti un solo vasetto; è opportuno valutare la possibilità di sostituire
elementi metallici (guide, tramogge di alimentazione dei prodotti, piani di
lavoro, ecc…) con elementi di materiale plastico al fine di ridurre il rumore,
sia quello generato dall’impatto vetro – metallo, sia quello generato
dall’impatto vegetali – metallo, sia quello generato dalle vibrazioni delle
superfici metalliche; inoltre le zone dove i vasetti si riavvicinano e quindi
si urtano (come ad esempio le eventuali zone del sistema di trasporto a nastri
che funzionano da polmone di accumulo
in caso di fermata temporanea delle macchine a valle) devono essere disposti il
più lontano possibile dalle postazioni operative;
-
insonorizzare
le macchine più rumorose; ciò può essere realizzato ad esempio con schermi
trasparenti avendo cura di garantire la continuità degli stessi e di eliminare
il più possibile le vie di fuga del rumore;
-
valutare
la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del
rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine
rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della
installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la
riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi;
di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati
specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del
locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle
caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali;
-
organizzare
il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una
corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, turnazione
della mansione, pause;
-
segregare
delle macchine più rumorose in locali separati insonorizzati oppure confinarle
in una zona specifica delimitata da pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti,
evitando la possibilità di esposizione indiretta degli addetti ad altre
lavorazioni meno rumorose;
-
quando
sia necessario intervenire entro la zona chiusa e delimitata da pareti
fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);
-
informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs.
277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”,
riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di
carattere generale”.
riferimenti normativi
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Movimentazione
manuale dei carichi, posture, movimenti ripetitivi, lavoro monotono, ritmi di
lavoro
descrizione
L’operazione di depallettizzazione manuale (ove non
è presente il depallettizzatore automatico è svolta allo scopo di introdurre i
vasetti sul nastro trasportatore della linea di invasamento), comporta per gli
addetti l’esecuzione di movimenti ripetitivi con flessione – estensione degli
arti superiori, torsione e flessione del tronco, postura fissa in piedi.
Il riempimento manuale (totale o parziale) dei
vasetti comporta l’esecuzione di movimenti ripetitivi continui e veloci degli
arti superiori e delle spalle. La postazione di lavoro è in piedi o seduta su
sgabelli di fronte al nastro trasportatore dei vasetti da riempire.
L’alimentazione manuale delle verdure (nelle linee
non alimentate meccanicamente) comporta il sollevamento e il rovesciamento
delle ceste di verdura nella tramoggia della macchina riempitrice. Le ceste
piene pesano in genere 8 – 12 Kg, ma talvolta arrivano a 15 – 20 Kg. In una
azienda del comparto le ceste piene più pesanti sono sollevate e rovesciate una
alla volta da due addetti (circa 7 – 10
ceste l’ora).
La velocità della linea produttiva e i ritmi di
lavoro possono variare a seconda delle esigenze produttive e del tipo di
prodotto; più i ritmi diventano elevati, maggiori sono i rischi per la salute.
L’alimentazione della macchina tappatrice con le
capsule metalliche comporta il sollevamento ed il rovesciamento nella tramoggia
delle scatole di cartone che le contengono. Ad esempio, in una azienda del
comparto le scatole piene di capsule pesano 8 Kg e sono vuotate nella macchina
circa tre scatole l’ora. Quando la tramoggia di alimentazione delle capsule è
posta nella parte alta della macchina l’addetto utilizza una scaletta.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
Ferite e contusioni agli arti inferiori (in caso di
caduta di oggetti pesanti).
Stress psicofisico dovuto alla monotonia del lavoro
e aggravato dai ritmi elevati, dalla presenza di rumore e degli altri fattori
di rischio.
La fatica derivante dallo stare in piedi e da altre
attività fisiche per le lavoratrici in gravidanza è stata spesso segnalata tra
le cause di aborti spontanei, parti prematuri e neonati sottopeso. Inoltre la
stazione eretta prolungata può aggravare la stasi venosa e i disturbi a carico
della colonna vertebrale frequenti in gravidanza.
interventi prevenzionistici
-
Utilizzo
di depallettizzatore automatico. In attesa della installazione del
depallettizzatore automatico è necessaria una adeguata progettazione del posto
di lavoro e l’utilizzo di pedane sollevabili in modo pneumatico sulle quali
porre i palletts e alzarli man mano
che i vari strati di vasetti sono introdotti sul nastro trasportatore allo
scopo di consentire agli addetti di mantenere la posizione eretta.
-
Automazione
della alimentazione delle verdure. In attesa della installazione della linea
automatica è necessaria una adeguata progettazione del posto di lavoro.
-
Corretta
organizzazione del lavoro, pause, possibilità di alternare mansioni e la
postura seduta / in piedi.
-
Utilizzo
di sedili ergonomici regolabili e pedane poggia piedi per le postazioni di
lavoro sedute, utilizzo di sgabelli ergonomici regolabili “siedi-in-piedi” per
le postazioni di lavoro in piedi.
-
Per
le lavoratrici in gravidanza è necessario assicurare che il ritmo e l’intensità
del lavoro non sia eccessivo. Favorire una gestione delle pause da parte della
lavoratrice stessa. Assicurare che vi sia la possibilità di sedersi. Adeguare
il posto di lavoro o delle procedure operative al crescere del volume
addominale al fine di contribuire a ridurre i problemi posturali e il rischio
di infortuni. Allontanare o spostare la lavoratrice dalla mansione nel caso non
sia possibile la eliminazione della stazione in piedi per più di metà
dell’orario di lavoro o della posizione particolarmente affaticante.
-
Informazione
degli addetti sui rischi della loro mansione e formazione sia nell’assumere
atteggiamenti e/o abitudini di vita e di lavoro adatte a proteggere la schiena
e le altre articolazioni, sia nello svolgere utili esercizi di rilassamento,
stiramento e rinforzo muscolare.
-
Gli
addetti alla movimentazione di oggetti pesanti devono indossare calzature di
sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico.
-
Sorveglianza
sanitaria degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.Lgs.
n. 151 del 26.03.2001”Testo Unico in materia di tutela e sostegno della
maternità e paternità a norma della L. n. 53 del 8.3.2000”.
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Le parti mobili delle macchine sopra citate possono
costituire per gli addetti il rischio di presa, trascinamento, schiacciamento.
danno atteso
Ferite e contusioni.
interventi prevenzionistici
Le parti mobili delle macchine devono essere rese
inaccessibili tramite ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco che
impediscano l’avviamento della macchina fin tanto che il riparo non è chiuso e
fermino la macchina se il riparo viene aperto. In luogo dei ripari possono
essere utilizzate barriere immateriali realizzate tramite fotocellule.
Quando la pulizia o la manutenzione delle macchine
(ed anche le eventuali regolazioni iniziali) richiedono l’avvio della macchina
con i ripari aperti o rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera che
comandi l’avanzamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita
escluda il quadro comando della macchina e che consenta all’operatore di
azionarla da una postazione dalla quale sia ben visibile la zona operativa.
Le macchine devono essere dotate di dispositivo di
arresto di emergenza, il quale non può essere considerato alternativo ai
dispositivi di sicurezza sopra richiamati.
- Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
-
Norme UNI EN
291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1,
1012/2
Fig. 25. Particolare di alcune protezioni organi meccanici in movimento: a) protezione grigliata sulla testa del nastro trasportatore di raccolta dei vegetali caduti dalla macchina riempitrice; b) protezione sull’albero del nastro trasportatore dei vasetti.
Fig. 26. Particolare di
protezione della testa e dell’albero del nastro elevatore.
Utilizzo di attrezzature
manuali taglienti
descrizione
Utilizzo del trincetto per il taglio del foglio di plastica trasparente che avvolge i palletts di vasetti.
danno atteso
Ferite da taglio.
danno rilevato
Vedere il capitolo 1.
interventi prevenzionistici
- Utilizzare utensili provvisti di sicurezza antitaglio (trincetti a protezione mobile che lascino scoperta solo la parte della lama necessaria alla lavorazione).
- Indossare D.P.I. (guanti e grembiuli antitaglio).
- Informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
Art. 383 "Protezione delle mani" D.P.R. n.547
del 27.04.1955.
-
D.Lgs. 626/94 e s.m.i.
Utilizzo e
manipolazione di materiale frangibile
descrizione
Nella linea di invasamento talvolta accade che
qualche vasetto di vetro si rompa o si incastri (la rottura dei vasetti può
essere provocata, oltre che dagli urti, anche dal gradiente termico al momento
del loro riempimento). Ciò richiede l’intervento degli addetti per rimuovere i
vasetti incastrati, recuperare i frammenti di vetro dei vasetti rotti e
asciugare il pavimento dai liquidi e dai vegetali sversati. La manipolazione
dei frammenti di vetro può comportare rischi infortunistici.
Anche durante la depallettizzazione manuale qualche
vasetto può scivolare dalle mani dell’addetto e rompersi all’impatto con il
pavimento. Può anche accadere che qualche vasetto tra quelli del palletts in arrivo sia rotto e quindi se
l’addetto non se ne accorge può ferirsi mentre lo prende in mano per introdurlo
sul nastro trasportatore.
danno atteso
Ferite da taglio.
danno rilevato
Vedere il capitolo 1.
interventi prevenzionistici
Gli addetti devono indossare guanti e grembiuli
antitaglio ed essere adeguatamente informati e formati. È auspicabile la
meccanizzazione della depallettizzazione, anche in considerazione degli altri
fattori di rischio citati per la depallettizzazione manuale.
riferimenti normativi
-
Art. 383 "Protezione delle mani" D.P.R. n.547
del 27.04.1955.
-
D.Lgs. 626/94 e s.m.i.
descrizione
Gli addetti possono essere esposti alle polveri di
additivi (glutammato, ecc…) e di aromi finemente triturati (peperoncino, aglio,
ecc…) durante la loro introduzione nella tramoggia di alimentazione insieme ai
vegetali, durante la miscelazione degli ingredienti che variano a seconda del
tipo di prodotto da confezionare, ma anche durante il transito o la sosta nei
locali dove avviene il riempimento dei vasetti o la preparazione delle miscele
di aromi e additivi.
danno atteso
Manifestazioni irritative ed allergiche delle vie
respiratorie e degli occhi.
interventi prevenzionistici
-
installare
sistemi di aspirazione localizzata e generale dell’ambiente di lavoro;
-
corretta
organizzazione del lavoro per minimizzare l’esposizione;
-
indossare
maschere facciali per la protezione delle vie respiratorie (ciò è utile anche
per l’igiene del prodotto);
-
informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti;
riferimenti normativi
-
D.P.R.
303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs.
626 del 1994 e s.m.i.
descrizione
Alcune macchine riempitrici generano vibrazioni che
si possono trasmettere alla struttura del fabbricato, in particolare al
pavimento con conseguente esposizione dei lavoratori in prossimità della
macchina.
Inoltre le vibrazioni delle varie parti che
compongono la macchina, specie le parti metalliche, contribuiscono alla
generazione di rumore.
danno atteso
L’esposizione continuativa a vibrazioni all’intero
corpo può causare dolori e disturbi al rachide dorso-lombare, oltre che
impedimento a manovrare con precisione.
interventi prevenzionistici
-
Programmare
ed eseguire una adeguata manutenzione periodica preventiva della macchina.
-
Installare
sotto la macchina sistemi smorzanti le vibrazioni (piedini o pedane di gomma o
di altro materiale in grado di smorzare le vibrazioni).
-
Riscaldare
l’ambiente di lavoro nei mesi freddi.
-
ridurre
i tempi di esposizione alternando le lavorazioni tra più addetti.
-
Informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.
-
D.M.L.
del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la
denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"
-
Art.
46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R.
n. 547 del 27.04.1955.
-
Art.
24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del
19.3.1956
-
9.9.3
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per
movimentazione".
-
1.5.9
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".
-
1.5.9
"Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate
e disposizioni di carattere equivalente"
D.P.R. n. 459 del 24.07.1996
-
Comunicazione
CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione
della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del
Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle
direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
-
Norma
UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la
valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".
-
D.M.
30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai
sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2):
«Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE,
91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".
-
Comunicazione
CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della
direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine,
modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
Transito su
pavimenti resi scivolosi
descrizione
Il pavimento dei reparti di dissalatura, lavaggio e
preparazione vegetali tende costantemente a bagnarsi determinando il rischio di
cadute per scivolamento. A tale rischio contribuisce anche il quotidiano uso di
soluzioni saponate utilizzate per la pulizia dei pavimenti e l’eventuale
impiego di idropulitrici a getto d’acqua e vapore in pressione.
danno atteso
Lesioni traumatiche per cadute da scivolamento.
danno rilevato
Vedere il capitolo 1.
prevenzione
-
Pavimentazione
realizzata con materiali antiscivolo le cui mattonelle siano montate a fuga
larga per permettere un migliore deflusso del liquido, eventualmente grigliata
e/o di pendenza adeguata con sistemi di raccolta dei liquidi che cadono sul
pavimento.
-
Frequente
pulizia del pavimento con prodotti detergenti.
-
Indossare
calzature con suola antiscivolo.
riferimenti normativi
- Art. 7, comma 2 e comma 4 "Pavimenti" D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
-
Norme British
Ceramic Research Association
- Norme DIN 51098
- D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i.
Fig. 27. Particolare
di un sistema di raccolta liquidi sotto un nastro trasportatore dei vasetti.
descrizione
Nel reparto confezionamento
la manipolazione dei prodotti vegetali avviene durante il riempimento dei
vasetti o delle vaschette quando eseguito in modo manuale o semiautomatico.
danno atteso, prevenzione,
riferimenti normativi
Vedere
quanto riportato alla fase “Preparazione
(cucina)”.
Movimentazione
meccanica dei carichi
Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti
normativi relativi all’utilizzo di carrelli elevatori vedere la fase “Movimentazione meccanica dei carichi”.
APPALTI ESTERNI
La
fase di confezionamento in genere non è appaltata.
IMPATTO
ESTERNO
Il rumore presente nel reparto di invasamento può
diffondere nell’ambiente esterno. In caso questo reparto sia vicino ad
insediamenti civili, è possibile che il rumore disturbi la popolazione
circostante. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte,
realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto
in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili,
predisporre barriere antirumore.
Sono essenzialmente costituiti da:
-
fogli
di plastica trasparente provenienti dall’imballaggio dei palletts dei vasetti;
-
cartone
proveniente dalla parte superiore dell’imballaggio dei palletts dei vasetti;
-
frammenti
di vetro provenienti dai vasetti che si rompono durante la lavorazione.
Si tratta di materiali che ben si prestano alla
raccolta differenziata finalizzata al successivo riciclaggio.
I pancali di legno, così come i cartoncini che
separano i vari strati di vasetti nei palletts,
sono in genere recuperati e riutilizzati nella vetreria che fornisce i vasetti.
PASTORIZZAZIONE
– STERILIZZAZIONE – LAVAGGIO E ASCIUGATURA – CONTROLLO VISIVO.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
I vasetti riempiti e chiusi, se contengono prodotti
destinati ad una lunga conservazione, sono sottoposti ad un processo di pastorizzazione che avviene a 90 – 95 °C
in camera o tunnel di pastorizzazione. Le vaschette sigillate sono sottoposte a
sterilizzazione in autoclave oppure a sterilizzazione
in contropressione.
La pastorizzazione e la sterilizzazione sono seguite dal lavaggio esterno dei vasetti e delle vaschette e da successiva asciugatura (entrambe le operazioni sono automatizzate e sono necessarie anche per favorire l’etichettatura come descritto alla fase seguente).
Al termine delle suddette operazione viene
effettuato il controllo visivo del corretto riempimento e della corretta
chiusura.
I recipienti contenenti prodotti a breve conservazione (semiconserve) non sono sottoposti ad alcun processo per allungarne i tempi di conservazione, ma sono conservati in celle frigorifere a + 4 °C (vedere la fase “magazzino prodotti finiti - conservazione in celle frigorifere – spedizione”).
Fig. 28. Tunnel pastorizzatore dei
vasetti visto dal lato di ingresso dei vasetti provenienti dalla tappatrice.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Pastorizzatore
È costituito da un tunnel in acciaio di forma
parallelepipeda lungo alcuni metri, al cui interno si trova un tapis-ruolant sul quale avanzano i
vasetti già riempiti e tappati e che fuoriescono dalla estremità opposta a
quella di entrata. All’interno del pastorizzatore viene immesso vapore acqueo a
bassa pressione regolato automaticamente in modo da mantenere all’interno la
temperatura nel range stabilito per
la pastorizzazione. Il vapore condensato è raccolto nella parte inferiore della
macchina. Le pareti, almeno nella parte calda del tunnel, normalmente sono
coibentate. Sono previsti sportelli laterali apribili per le operazioni di
manutenzione.
FATTORI DI RISCHIO
Esposizione a rumore
descrizione
Il rumore in questa fase lavorativa è abbastanza
alto e in certe posizioni di lavoro il livello equivalente può superare i 90
dB(A).
Il rumore deriva, oltre che dalle macchine, anche
dai continui piccoli urti tra i vasetti di vetro mentre si muovono lungo la
linea.
Il rumore in prossimità di alcune delle macchine
utilizzate per la presente fase lavorativa è stimabile come segue:
-
autoclave: 89,4 – 93,1 dB(A);
-
tunnel
di sterilizzazione dei vasetti: da 90,1 a 90,5 dB(A);
-
pastorizzatore
dei vasetti: circa 90 dB(A);
-
lavatrice
/ asciugatrice per vasetti: da 89,1 a 93,9 dB(A);
danno atteso
Danni uditivi (ipoacusia da rumore).
interventi prevenzionistici
Le principali misure di prevenzione sono le
seguenti:
-
utilizzare
macchine del tipo meno rumoroso; per ogni macchina è necessario studiare
accorgimenti e metodi che consentano la riduzione del rumore emesso; ad esempio
il sistema di trasporto dei vasetti con nastri a velocità variabile nelle zone
di passaggio tra una macchina e l’altra può essere ottimizzato in modo che i
vasetti vengano distanziati tra loro e quindi si riduca il numero degli urti
tra le stesse; allo stesso scopo possono essere utilizzate viti senza fine
realizzate in materiale plastico dimensionate in modo che ogni ansa della vite
trasporti un solo vasetto; è opportuno valutare la possibilità di sostituire
elementi metallici (guide, tramogge di alimentazione dei prodotti, piani di
lavoro, ecc…) con elementi di materiale plastico al fine di ridurre il rumore,
sia quello generato dall’impatto vetro – metallo, sia quello generato
dall’impatto vegetali – metallo, sia quello generato dalle vibrazioni delle
superfici metalliche; inoltre le zone dove i vasetti si riavvicinano e quindi
si urtano (come ad esempio le eventuali zone del sistema di trasporto a nastri
che funzionano da polmone di accumulo
in caso di fermata temporanea delle macchine a valle) devono essere disposti il
più lontano possibile dalle postazioni operative;
-
insonorizzare
le macchine più rumorose; ciò può essere realizzato ad esempio con pannelli
fonoisolanti – fonoassorbenti e, dove è necessario mantenere la visibilità, con
schermi trasparenti avendo cura di garantire, per quanto possibile, la
continuità degli stessi in modo da ridurre le vie di fuga del rumore;
-
valutare
la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del
rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine
rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della
installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la
riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi;
di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati
specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del
locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle
caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali;
-
organizzare
il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una
corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi;
-
segregare
delle macchine più rumorose in locali separati insonorizzati oppure confinarle
in una zona specifica delimitata da pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti,
evitando la possibilità di esposizione indiretta degli addetti ad altre
lavorazioni meno rumorose;
-
quando
sia necessario intervenire entro la zona chiusa e delimitata da pareti
fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);
-
informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs.
277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”,
riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di
carattere generale”.
riferimenti normativi
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Esposizione a
microclima caldo-umido, lavoro in prossimità di superfici calde
descrizione
Le operazioni di pastorizzazione
e sterilizzazione possono determinare
l'esposizione degli addetti a microclima caldo-umido. Le superfici delle
macchine possono essere ad elevata temperatura (se non adeguatamente
coibentate).
danno atteso
Disturbi da scomfort termico, riduzione della
capacità lavorativa, stress psicofisico.
Ustioni per contatto con superfici calde.
prevenzione
E’ opportuno coibentare le pareti calde, le tubazioni
e le valvole di regolazione / intercettazione del vapore ed evitare la
fuoriuscita di vapore dalle macchine, ad esempio tramite barriere d’acqua
verticali alla bocca di uscita del pastorizzatore (come attuato da alcune
aziende del comparto).
Nelle situazioni di maggior esposizione a stress
termico, è utile prevedere l’uso di abbigliamento idoneo specifico, in
relazione al rischio da esposizione ad elevata temperatura, oltre a prevedere,
nell’organizzazione del lavoro, idonei periodi di acclimatamento.
È altresì opportuno valutare la possibilità di
confinare in locali appositi le macchine che determinano il microclima
caldo-umido, in modo da separarle dagli altri reparti di lavorazione, al fine
di evitare l'esposizione indiretta degli addetti.
È
fondamentale una corretta organizzazione del lavoro e l’informazione e
formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.
Fig. 29. Tunnel pastorizzatore dei
vasetti visto dal lato di uscita dei vasetti. Le parti centrali del tunnel
(dove è immesso il vapore) hanno pareti più spesse e coibentate.
Fig. 30. Uscita dei vasetti dal tunnel
pastorizzatore.
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Le porte delle celle frigorifere, quando sono costituite da paratie mobili a comando pneumatico, comportano il rischio di schiacciamento dell'addetto che dovesse trovarsi a passare in quel momento.
danno atteso
Lesioni traumatiche, quali ferite e contusioni.
prevenzione
Le paratie ad apertura e chiusura automatica delle
celle frigorifere, devono essere protette contro il rischio di schiacciamento,
ad esempio:
-
per
la fase di chiusura, la paratia può essere dotata di barra sensibile sul bordo
che, in caso di urto, ne blocchi la corsa.
-
per
la fase di apertura, quando la paratia va ad occupare una porzione di spazio
accessibile ai lavoratori, può essere utilizzato un sistema analogo al
precedente, oppure la zona operativa può essere resa inaccessibile tramite una
adeguata recinzione.
- D.P.R. n.547 del 27.04.1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.
- Norme UNI.
Lavoro
faticoso per gli occhi, posture, monotonia del lavoro, ritmi di lavoro
descrizione
Il controllo visivo dei vasetti o delle vaschette,
mentre passano sul nastro trasportatore, avviene a cura di un addetto che
mantiene una posizione fissa (in piedi o seduta) con un impegno visivo
protratto e statico. Ciò, oltre ai rischi dovuti alla fissità della postura e
all’impegno visivo, comporta anche i rischi dovuti alla monotonia del lavoro e
al senso di responsabilità che non permette distrazioni.
La velocità della linea produttiva e i ritmi di
lavoro possono variare a seconda delle esigenze produttive e del tipo di
prodotto; più i ritmi diventano elevati, maggiori sono i rischi per la salute.
La contemporanea presenza di rumore e di eventuale
microclima sfavorevole contribuisce ad aggravare la situazione.
danno atteso
Disturbi da affaticamento visivo, fatica mentale, disaffezione al lavoro, stress psicofisico dovuto alla monotonia del lavoro e aggravato dai ritmi elevati, dalla presenza di rumore e degli altri fattori di rischio. Disturbi muscoloscheletrici.
In particolare, per situazioni di sovraccarico dell’apparato visivo, possono insorgere disturbi reversibili quali bruciori, lacrimazione, secchezza, senso di corpo estraneo, ammiccamento frequente, fastidio alla luce, pesantezza, visione annebbiata, visione sdoppiata, stanchezza durante la visione protratta da vicino. Questi disturbi nel loro complesso costituiscono la sindrome da fatica visiva (astenopia). L’affaticamento visivo ed il movimento alto-basso possono favorire l’insorgenza di nistagmo verticale. Tali disturbi, in talune condizioni, possono manifestarsi maggiormente in caso siano presenti negli addetti difetti visivi (presbiopia, ipermetropia, astigmatismo, miopia) non o mal corretti.
interventi prevenzionistici
Valutare la possibilità di automatizzare l’operazione, altrimenti progettare adeguatamente il posto di lavoro garantendo in particolare:
-
un
sistema di illuminazione in posizione corretta rispetto al punto di
applicazione sul quale i valori di illuminamento devono essere idonei alla
finezza che il lavoro richiede, eliminando abbagliamenti o riflessi; è
opportuno utilizzare lampade a bassa luminanza (e quindi minor abbagliamento),
minimo calore e gradevole colore (ad esempio le lampade a scarica di vapori
fluorescenti in genere possono essere considerate idonee); al fine di ridurre
la possibilità di esposizione alle radiazioni ultraviolette, è bene che le
lampade siano installate ad una opportuna distanza (ad esempio almeno 1 metro)
dalla testa dell’operatore; per un illuminamento migliore possibile è opportuno
disporre le lampade secondo la regola dei 30 gradi, in modo tale da non entrare
nel campo visivo dell’operatore mentre lavora; l’installazione elettrica deve
essere realizzata in modo tale da evitare lo sfarfallamento dell’illuminazione
(ad esempio installando le lampade sulle tre fasi dell’impianto elettrico
trifase); è bene che le superfici di lavoro siano opache in modo da evitare
riflessi che possono essere causa di abbagliamento;
-
un
adeguato microclima e una limitata rumorosità nella postazione di lavoro;
-
una
postura corretta della schiena, degli arti superiori e delle gambe, con la
possibilità di alternare la postazione di lavoro seduta / in piedi;
-
una
oculata organizzazione del lavoro, turnazione con altre mansioni, pause di
riposo in ambiente tranquillo o all’esterno;
-
limitare
la velocità di scorrimento delle confezioni sotto gli occhi dell’operatore.
-
sottoporre
gli addetti ad un controllo dell’apparato oculo-visivo, prima che vengano
assegnati a mansioni che comportano un impegno visivo per buona parte del
turno, al fine di evidenziare eventuali difetti visivi (miopia, astigmatismo,
ecc…) di cui il soggetto sia già portatore e correggerle adeguatamente, anche
se lievi, per evitare un ulteriore sforzo visivo durante il lavoro;
-
informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei
lavoratori.
riferimenti normativi
-
D.Lgs.
n. 626 del 1994 e s.m.i.
APPALTI ESTERNI
In
genere questa fase non è appaltata.
IMPATTO
ESTERNO
Le macchine rumorose sopra citate possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli impianti produttivi. È opportuno utilizzare macchine del tipo meno rumoroso e sottoporle ad adeguata manutenzione, insonorizzare le macchine più rumorose, collocare i macchinari più rumorosi in un’area dello stabilimento produttivo il più lontano possibile dalle abitazioni, predisporre barriere antirumore ove necessarie.
ETICHETTATURA,
CONFEZIONAMENTO CON TERMORETRAIBILE, PALLETTIZZAZIONE, IMBALLAGGIO.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
I vasetti (o le vaschette) sono inviati su un nastro
trasportatore fino alla macchina che applica le etichette ed i sigilli adesivi
in modo del tutto automatico, mentre un addetto effettua il controllo visivo ad
etichettatura avvenuta.
Una volta etichettati i vasetti sono confezionati a
pacchi tramite una macchina per confezionamento con termoretraibile e i pacchi
confezionati in palletts, manualmente
o tramite pallettizzatore automatico.
Etichettatrice
Questa macchina ha la
funzione di applicare le etichette sui vasetti (o sulle vaschette). La macchina
è alimentata con i vasetti (o con le vaschette) tramite un nastro trasportatore e con le etichette tramite un caricatore. Le etichette sono
prestampate e possono essere autoadesive oppure applicate a colla liquida. In
quest’ultimo caso la colla è prelevata tramite una pompa da un secchio
appoggiato su un apposito carrellino che ha il duplice scopo di favorire la
movimentazione manuale e di contenere eventuali sversamenti. La macchina è
anche dotata di organi di stampa a getto di inchiostro per stampare
sull’etichetta la data di scadenza del prodotto ed eventuali altre informazioni
(data di produzione, numero del lotto, ecc…).
Fig. 31. Etichettatrice dei vasetti.
Confezionatrice con termoretraibile
Si tratta di una macchina automatica che ha lo scopo
di confezionare i vasetti a gruppi (ad esempio 6 vasetti per confezione) con un
cartoncino alla base ed un foglio di polipropilene tutto stretto intorno.
La macchina è alimentata con i vasetti tramite un
nastro trasportatore e con i cartoncini in pile tramite un apposito
alimentatore; il propilene è in rotoli che sono introdotti nella machina
manualmente o con l’ausilio di un piccolo paranco.
La macchina pone i gruppi di vasetti su un
cartoncino, li avvolge con il nastro di polietilene e una lama calda taglia il
foglio e ne salda le due estremità per chiudere la confezione.
Alcune macchine, anziché un semplice cartoncino
utilizzato come basamento, realizzano una confezione esteticamente più
gradevole con un contenitore di cartone prestampato e tagliato della forma
idonea per contenere i vasetti, prima di avvolgere il tutto con il foglio di
termoretraibile.
Tramite una rulliera la confezione è introdotta in
un forno a tunnel dove il calore provoca il restringimento del foglio di
polietilene che conseguentemente assume la forma dei vasetti (o della
confezione di cartone che li contiene), tenendoli ben impacchettati.
Le confezioni in uscita sono disposte in palletts manualmente o tramite
pallettizzatore automatico senza soluzione di continuità.
Fig. 32. Bobina di polietilene nella
macchina confezionatrice.
Pallettizzatore
Si tratta di una macchina automatica che dispone le
confezioni su un pancale di legno formando un numero prestabilito di strati. Le
confezioni sono introdotte nella macchina tramite nastri trasportatori e i palletts formati escono dalla macchina
tramite rulliere da cui sono prelevati con carrelli elevatori oppure inviate
alla macchina imballatrice (vedere la fase imballaggio).
Carrelli elevatori
Si tratta in genere di carrelli elevatori a trazione
elettrica, dotati di forche per il sollevamento e trasporto dei palletts.
FATTORI DI RISCHIO
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
La confezionatrice con termoretraibile richiede la
periodica sostituzione delle bobine di polietilene, ad esempio in una azienda
del comparto sono cambiate 5 – 6 bobine al giorno che pesano dai 16 ai 26 Kg a
seconda del formato.
La pallettizzazione manuale comporta per gli addetti
l’esecuzione di movimenti ripetuti, il sollevamento delle confezioni e talvolta
la torsione e la flessione del tronco.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici. In caso di caduta di
oggetti pesanti gli addetti possono riportare lesioni traumatiche agli arti
inferiori.
interventi prevenzionistici
-
Valutare
la possibilità di automatizzare l’operazione di caricamento delle bobine per la
macchina confezionatrice con termoretraibile, ovvero utilizzare ausili per la
movimentazione (paranchi).
-
Valutare
la possibilità di meccanizzare la pallettizzazione; nel frattempo progettare
adeguatamente il posto di lavoro e organizzarlo correttamente in modo da
ridurre i rischi derivati dalla movimentazione manuale; per ridurre la
necessità di flessione del tronco è opportuno utilizzare idonee attrezzature
per sollevare il pancale per posizionare su di esso i primi strati di
confezioni e abbassarlo man mano che si dispongono gli strati superiori.
-
Gli
addetti devono indossare scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo
metallico.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Fig. 33. Ausilio per la movimentazione delle bobine di polietilene e li loro posizionamento nella macchina confezionatrice.
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
La macchina etichettatrice può necessitare spesso di
essere fermata, regolata e riavviata per il fatto che le etichette facilmente
si possono inceppare nell’alimentatore. Ciò richiede l’intervento dell’operatore
che deve aprire i ripari e rimuovere l’inceppamento.
Anche la confezionatrice con termoretraibile
richiede regolazioni iniziali per l’inserimento delle bobine nuove.
Gli organi in movimento di tali macchine, così come
quelli del pallettizzatore automatico, possono comportare per gli addetti il
rischio di contatto, presa, trascinamento, schiacciamento.
danno atteso
Lesioni traumatiche (ferite e contusioni).
interventi prevenzionistici
Le parti mobili delle macchine devono essere rese
inaccessibili tramite ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco che
impediscano l’avviamento della macchina fin tanto che il riparo non è chiuso e
fermino la macchina se il riparo viene aperto. In luogo dei ripari possono
essere utilizzate barriere immateriali realizzate tramite fotocellule. Quando
la pulizia o la manutenzione delle macchine (ed anche le eventuali regolazioni
iniziali, come ad esempio nel caso della etichettatrice)
richiedono l’avvio della macchina con i ripari aperti o rimossi, può essere
utilizzata una pulsantiera che comandi l’avanzamento ad impulsi a uomo
presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando della macchina
e che consenta all’operatore di azionarla da una postazione dalla quale sia ben
visibile la zona operativa.
Le macchine devono essere dotate di dispositivo di
arresto di emergenza, il quale non può essere considerato alternativo ai
dispositivi di sicurezza sopra richiamati.
riferimenti normativi
- Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
-
Norme UNI EN
291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1,
1012/2.
descrizione
Il rumore in questa fase lavorativa è abbastanza
alto e in certe posizioni di lavoro il livello equivalente può superare i 90
dB(A).
Il rumore deriva, oltre che dalle macchine, anche
dai continui piccoli urti tra i vasetti di vetro mentre si muovono lungo la
linea di etichettatura.
Il rumore in prossimità di alcune delle macchine
utilizzate per la presente fase lavorativa è stimabile come segue:
-
etichettatrice
dei vasetti: da 86,1 a 87,6 dB(A);
-
confezionatrice
con termoretraibile: da 84,6 a 90,0 dB(A);
-
formatrice
scatole e sistema di avanzamento delle stesse: da 81,9 a 84,8 dB(A);
-
pallettizzatore:
da 84,2 a 85,2 dB(A);
-
impacchettatrice:
90,7 dB(A).
danno atteso
Danni uditivi (ipoacusia da rumore).
interventi prevenzionistici
Le principali misure di prevenzione sono le
seguenti:
-
utilizzare
macchine del tipo meno rumoroso; per ogni macchina è necessario studiare
accorgimenti e metodi che consentano la riduzione del rumore emesso, come già
descritto per la fase di confezionamento dei vegetali in vasetto;
-
insonorizzare
le macchine più rumorose; ciò può essere realizzato ad esempio con schermi
trasparenti avendo cura di garantire la continuità degli stessi e di eliminare
il più possibile le vie di fuga del rumore;
-
valutare
la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del
rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine
rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della
installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la
riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi;
di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati
specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del
locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle
caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali;
-
organizzare
il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una
corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, turnazione
della mansione, pause;
-
segregare
delle macchine più rumorose in locali separati insonorizzati oppure confinarle
in una zona specifica delimitata da pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti,
evitando la possibilità di esposizione indiretta degli addetti ad altre
lavorazioni meno rumorose;
-
quando
sia necessario intervenire entro la zona chiusa e delimitata da pareti
fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);
-
informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs.
277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”,
riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di
carattere generale”.
riferimenti normativi
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Esposizione a fumi di polietilene
descrizione
Durante l’imballaggio dei vasetti in confezioni con termoretraibile
si possono sviluppare fumi dovuti alla termosaldatura e alla ritrazione del
polietilene.
danno atteso
Irritazione delle vie respiratorie.
interventi prevenzionistici
-
Utilizzare
macchine chiuse e dotate di efficaci sistemi di aspirazione localizzata.
-
Esaminare
la scheda di sicurezza del materiale termoretraibile utilizzato (il fornitore è
tenuto a fornire all’azienda la scheda di sicurezza).
-
Valutare
la possibilità di sostituzione con altri metodi di imballaggio.
-
Informare
e formare gli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 303 del 1956 e s.m.i.
-
D.Lgs
n. 626 del 1994 e s.m.i.
Movimentazione
meccanica dei carichi
Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti
normativi relativi all’utilizzo di carrelli elevatori vedere la fase “Movimentazione meccanica dei carichi”.
APPALTI ESTERNI
In genere questa operazione non viene appaltata.
IMPATTO ESTERNO
Le macchine rumorose sopra citate possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli impianti produttivi. È opportuno utilizzare macchine del tipo meno rumoroso e sottoporle ad adeguata manutenzione, insonorizzare le macchine più rumorose, collocare i macchinari più rumorosi in un’area dello stabilimento produttivo il più lontano possibile dalle abitazioni, predisporre barriere antirumore ove necessarie.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
L’imballaggio dei palletts è necessario per evitare la caduta delle confezioni poste
sul pancale durante la movimentazione. Si tratta di fasciare con un film
plastico (cellophane) il pancale di
legno e le confezioni di vasetti poste su di esso in modo da trattenere insieme
il tutto.
Nelle aziende più piccole l’operazione è talvolta
compiuta manualmente, ma in genere sono utilizzate apposite macchine
imballatrici.
La macchina imballatrice può essere fissa (in alcuni
casi è automatica ed è collegata all’uscita del pallettizzatore senza soluzione
di continuità), oppure mobile come sotto descritto.
È una macchina, anche
chiamata fasciatrice o incelofanatrice, essenzialmente
costituita da una piattaforma rotante sul quale viene posto il pallett carico e da una guida verticale
sul quale scorre il supporto che tiene il rotolo (bobina) del nastro di
plastica (cellophane). La rotazione
della piattaforma mentre il rotolo si sposta verticalmente determina
l’avvolgimento del cellophane tutto
intorno al pallett. Esistono anche
macchine che, anziché porre in rotazione il pallett, sono dotate di un braccio
rotante che avvolge il nastro intorno al pallett che resta fermo. L’alimentazione e lo scarico dei palletts può essere automatica tramite
rulliere (specie quando i palletts
sono formati da pallettizzatori automatici) oppure può avvenire tramite
carrelli elevatori o transpalletts
manuali. La macchina è dotata di un quadro di comando laterale.
Fig. 34. Macchina imballatrice fissa a braccio rotante.
Fig. 35. Scarico automatico (tramite
rulliera rotante) dei palletts fasciati dalla imballatrice fissa. Il
caricamento dei palletts da fasciare avviene tramite carrello elevatore che
deposita il pallett sulla rulliera quando quest’ultima è orientata verso
l’imballatrice. Una volta avvenuta la fasciatura il pallett torna automaticamente
indietro sulla rulliera rotante, la
quale ruotando di 90°, avvia il pallett sulla rulliera che trasferisce in
magazzino i palletts fasciati.
Imballatrice mobile
Si tratta di una attrezzatura mobile su ruote per essere trasportata in prossimità del pallet da imballare. È costituita da robot dotato di una guida verticale sulla quale è installato il porta rotolo del nastro di plastica utilizzato per l’imballaggio. L’operatore lega il nastro alla base del palletts e quindi aziona il robot, il quale ruota intorno al palletts mentre il porta rotolo si muove dal basso verso l’alto e viceversa, con conseguente fasciatura uniforme del palletts. Il numero di giri e l’escursione alto-basso del nastro è programmabile.
FATTORI DI RISCHIO
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Imballatrice
fissa
Gli organi in movimento della macchina imballatrice
(supporto scorrevole su guida verticale, piattaforma e il pallett di confezioni posto in rotazione) possono costituire per
gli addetti il rischio di urto, presa e trascinamento.
Normalmente sono presenti delle recinzioni laterali, tuttavia la parte frontale usata per il carico e lo scarico, è aperta; ciò può costituire un pericolo per l’operatore a causa del movimento della pedana e del pallet posto su di essa.
Imballatrice
mobile
Durante la rotazione della macchina intorno al
pallett essa può urtare gli addetti che dovessero trovarsi nel suo raggio di
azione.
danno atteso
Lesioni traumatiche (ferite e contusioni).
interventi prevenzionistici
Imballatrice
fissa
Gli organi in movimento devono essere protetti, ad esempio tramite protezioni fisse (griglie metalliche o pannelli in plastica rigida trasparente) o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti dell’addetto possano raggiungere le parti meccaniche in movimento o barriere immateriali (fotocellule) in grado di fermare la macchina qualora un addetto si trovi nella zona operativa. Quando la pulizia o la manutenzione delle macchine (ed anche le eventuali regolazioni iniziali) richiedono l’avvio della macchina con i ripari aperti o rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera che comandi l’avanzamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando della macchina e che consenta all’operatore di azionarla da una postazione dalla quale sia ben visibile la zona operativa.
La macchina deve essere dotata di dispositivo di
arresto di emergenza, il quale non può essere considerato alternativo ai
dispositivi di sicurezza sopra richiamati.
Imballatrice
mobile
Per ridurre i rischi infortunistici in caso di urto da parte della macchina in movimento, essa può essere dotata di paraurti sensibili, sporgenti rispetto alla macchina e realizzate in materiale morbido che, in caso di urto, provochino l’arresto immediato della macchina. L’avviamento può essere preannunciato da una segnalazione ottico-acustica. La velocità di rotazione della macchina intorno al palletts dovrebbe essere limitata sufficientemente per ridurre i rischi in caso di urto.
riferimenti normativi
- Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
-
Norme UNI EN
291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1,
1012/2.
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
L’addetto alla imballatrice comanda e sorveglia la
macchina in piedi o seduto in prossimità del quadro comando; per la
sostituzione delle bobine di cellophane,
l’addetto preleva la bobina (che può pesare qualche decina di Kg (a seconda dei
formati) e la inserisce nella macchina imballatrice.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici. In caso di caduta di
oggetti pesanti gli addetti possono riportare lesioni traumatiche agli arti
inferiori.
interventi prevenzionistici
-
Valutare
la possibilità di automatizzare l’operazione di caricamento delle bobine,
ovvero utilizzare ausili per la movimentazione.
-
Indossare
scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
APPALTI ESTERNI
In genere questa operazione non viene appaltata.
IMPATTO ESTERNO
I rifiuti prodotti in azienda durante questa fase sono essenzialmente i tubi di cartone che costituiscono l’anima sulla quale è avvolto il cellophane per formare il rotolo.
Da notare che per il destinatario dei palletts fasciati, il cellophane utilizzato sarà considerato un rifiuto.
Per limitare la produzione dei rifiuti (ed anche i costi dell’imballaggio) è opportuno evitare la fasciatura manuale affidandola alle macchine che sono più precise e possono essere programmate limitando il numero di giri di fasciatura a quanto strettamente necessario a contenere le confezioni senza rischio di caduta delle stesse dal pallett.
Cellophane
e cartone sono materiali che ben si prestano alla raccolta differenziata e al
riciclaggio.
MAGAZZINO PRODOTTI FINITI -
CONSERVAZIONE IN CELLE FRIGORIFERE – SPEDIZIONE
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Il pallett
formato può essere inviato alla imballatrice per essere fasciato con un foglio
di plastica trasparente, oppure trasferito in magazzino senza essere imballato.
Infatti alcune spedizioni possono richiedere di formare un palletts con confezioni di prodotti diversi. In tal caso un addetto
prende alcune confezioni dai vari palletts di prodotti diversi e li sistema
manualmente sul palletts da spedire il quale, una volta completato, viene
imballato e quindi di nuovo immagazzinato in attesa di essere caricato sul
camion per la spedizione.
I recipienti contenenti prodotti a breve
conservazione (semiconserve) sono conservati in celle frigorifere a + 4 °C.
La movimentazione dei palletts avviene in genere con carrelli elevatori, ma anche con transpalletts elettrici o manuali.
La spedizione avviene tramite camion sui quali
vengono caricati i palletts
imballati. In genere i camion sostano nel piazzale aziendale ed il caricamento
avviene con carrelli elevatori. Alcune aziende dispongono di piazzali
antistanti il magazzino con zone di carico in muratura, simili a quelle
utilizzate nelle aziende di spedizionieri, in modo che il piano di carico del
camion si trovi alla stessa altezza della piattaforma, la quale a sua volta
corrisponde al livello del pavimento del magazzino.
Fig. 36. Magazzino dei prodotti
finiti. Si noti in basso la protezione del montante della scaffalatura contro
eventuali urti da carrelli elevatori. Si noti anche che alcuni palletts posti a livello del pavimento
non sono imballati per consentire il prelevamento manuale di confezioni singole
allo scopo di preparare palletts
formati da confezioni di diversa tipologia.
Si tratta di scaffalature metalliche verticali di
struttura robusta, per lo stoccaggio dei palletts.
Carrelli elevatori
Si tratta in genere di
carrelli elevatori a trazione elettrica, dotati di forche per il sollevamento e
trasporto dei palletts. Talvolta sono
utilizzati carrelli elevatori a guida laterale.
Fig. 37. Carrello elevatore elettrico
a guida laterale nel magazzino dei prodotti finiti (A: visto dal lato di guida;
B: visto dal lato di carico).
Camion
Si tratta in genere di camion chiusi o centinati.
FATTORI DI RISCHIO
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
La preparazione manuale dei palletts da spedire (prelevamento delle confezioni dai vari pancali
di dei diversi prodotti e loro posizionamento sul pancale da spedire) comporta
per gli addetti l’esecuzione di movimenti ripetuti degli arti superiori, la
torsione e talvolta la flessione del tronco.
Nel caso di pancali posti a livello del pavimento,
la flessione del tronco avviene ad esempio per prelevare le ultime confezioni
di un pancale formato da prodotti uguali (man mano che viene svuotato) e per
posizionare le prime confezioni su di un altro pancale da spedire (man mano che
viene riempito con prodotti diversi).
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
In caso di caduta di oggetti pesanti gli addetti
possono riportare lesioni traumatiche agli arti inferiori.
interventi prevenzionistici
-
valutare
la possibilità di automatizzare l’operazione, ovvero utilizzare ausili per la
movimentazione;
-
per
ridurre la necessità di flettere il tronco è opportuno utilizzare sollevatori (transpalletts) in modo da consentire
agli addetti di mantenere la posizione eretta;
-
Indossare
scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Lavoro in prossimità di aperture verso il vuoto
descrizione
In caso siano presenti piattaforme in muratura
sopraelevate rispetto al piano del piazzale aziendale per favorire il carico
dei camion direttamente dal magazzino (piani di caricamento), gli addetti sono
esposti al rischio di caduta dall’alto.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
-
Valutare
ove è opportuno segnalare il pericolo e/o installare parapetti con fascia
fermapiedi.
-
Vietare
l’accesso ai non addetti.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
D.P.R.
n. 547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs.
n. 626 del 1994 e s.m.i.
Esposizione a
microclima freddo-umido
Durante la permanenza nelle celle di frigorifere gli
addetti alla movimentazione dei prodotti che sono introdotti nella cella e
successivamente ripresi ai fini della spedizione, sono esposti a microclima
freddo-umido ed a sbalzi termici con gli altri locali di lavoro ed
eventualmente con l’esterno. È anche da considerare il rischio che l’addetto
rimanga accidentalmente chiuso all'interno della cella frigorifera.
danno atteso
L’esposizione prolungata a microclima freddo – umido può essere causa di: disordini cardiovascolari, metabolici; disturbi muscolo – scheletrici; atrocianosi; stress psicologico; orticaria da freddo; criopatie. Alcuni di questi effetti si aggravano se l’esposizione a freddo è abbinata a fatica fisica e/o alla movimentazione manuale dei carichi.
L’esposizione a sbalzi termici può favorire l’insorgenza di malattie da raffreddamento.
prevenzione
E’ opportuno evitare la permanenza prolungata nelle
celle frigorifero è prevedere l’uso di abbigliamento idoneo specifico in
relazione al rischio da esposizione a bassa temperatura (indumenti di
protezione contro il freddo), oltre a prevedere nell’organizzazione del lavoro
idonei periodi di acclimatamento.
Naturalmente la migliore misura di prevenzione
consiste nell'evitare del tutto l'esposizione. Oggi questo è tecnologicamente
possibile utilizzando sistemi di automazione del magazzino frigorifero. Questi
sistemi permettono infatti di movimentare meccanicamente i prodotti tramite guidovie completamente automatiche. Tali
sistemi possono raggiungere un levato grado di meccanizzazione anche con
l'ausilio di computers tali da
governare l'intero magazzino senza o con il minimo intervento da parte degli addetti.
Per le celle frigorifere è necessario prevedere un
sistema di apertura sicuro delle paratie anche dall’interno, tramite maniglie
di sicurezza, in modo che qualora un addetto vi acceda, non possa accadere che
vi rimanga accidentalmente chiuso all’interno.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
Movimentazione
meccanica dei carichi
Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti normativi relativi all’utilizzo di carrelli elevatori vedere la fase “Movimentazione meccanica dei carichi”.
Utilizzo di scaffalature metalliche verticali
Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti
normativi relativi all’utilizzo di scaffalature metalliche verticali vedere la
fase “Ingresso e stoccaggio di materie
prime e altre merci”.
APPALTI ESTERNI
In genere la spedizione è appaltata ad ditte
specializzate in autotrasporti.
IMPATTO ESTERNO
Traffico veicolare indotto
I mezzi che arrivano in azienda per prelevare i prodotti e ripartono carichi per consegnarli a destinazione possono costituire un notevole traffico veicolare indotto.
PULIZIA E SANIFICAZIONE DEI
MACCHINARI E DEGLI AMBIENTI
DESCRIZIONE
DELLA FASE
I serbatoi di olio e aceto necessitano di essere
periodicamente lavati internamente (in genere ogni 6 – 8 mesi). Il lavaggio può
avvenire con un getto d’acqua a pressione tramite una lancia manovrata da un addetto
che la introduce nel boccaporto inferiore del serbatoio e indirizza il getto
dal basso verso l’alto contro le pareti interne del contenitore, oppure tramite
ugelli spruzzatori a pressione introdotti nel serbatoio e manovrati
dall’esterno.
Per la pulizia quotidiana di attrezzature e macchine sono utilizzate soluzioni di prodotti detergenti schiumogeni.
Alcune attrezzature e macchine sono sottoposte a lavaggi periodici con una soluzione di idrossido di sodio (anche chiamata soda caustica, NaOH). In genere la soda caustica utilizzata per i lavaggi è diluita come segue: 5 litri di NaOH ogni 100 litri di acqua.
La soluzione di soda caustica talvolta è preparata
in azienda a cura degli addetti, ma in genere sono utilizzati prodotti in
soluzione già pronta all’uso.
La soluzione diluita di soda caustica viene portata in prossimità delle attrezzature e macchine da lavare in contenitori mobili su ruote, dotati di pompa e di lancia collegata tramite tubazione flessibile. Ad esempio, per la pulizia delle botti, l’addetto introduce la lancia nel contenitore, indirizzando il getto sulle pareti e sul fondo. Il risciacquo avviene con acqua tramite tubazione flessibile. Le acque reflue fuoriescono dal rubinetto di uscita situate sul fondo del contenitore e/o sono prelevate tramite tubi flessibili collegati a pompe aspiranti.
I pavimenti sono frequentemente lavati con acqua ed
altri prodotti disinfettanti, come ad esempio una soluzione di ipoclorito di
sodio. Quest’ultima è in genere contenuta in serbatoi a forma di parallelepipedo
dotati di rubinetto e trasportabili con i carrelli elevatori a forche.
Anche i muri dei locali sono spesso sottoposti a
pulizia e periodicamente imbiancati con pitture lavabili e antimuffa.
FATTORI DI RISCHIO
Utilizzo di soluzioni
di prodotti chimici per la pulizia e sanificazione
Soluzioni a base di soda caustica
descrizione
Durante la preparazione e l’utilizzo delle soluzioni
di lavaggio a base di soda caustica gli addetti possono essere investiti da
schizzi con possibili contatti sulla pelle o sugli occhi. In mancanza di
adeguata etichettatura dei recipienti possono aggiungersi rischi di contatti
e/o ingestione accidentale.
danno atteso
L’idrossido di sodio (soda caustica, NaOH) è
classificato come segue.
-
in
concentrazione maggiore o uguale al 5%: C (corrosivo), R35 (provoca gravi
ustioni);
-
in
concentrazione compresa tra il 2% e il
5%: C (corrosivo), R34 (provoca ustioni);
-
in
concentrazione compresa tra lo 0,5% e il 2%: Xi (irritante), R36/38 (irritante
per gli occhi e per la pelle).
L’idrossido di sodio e le sue soluzioni acquose sono
caustiche per la pelle e le mucose. La gravità delle lesioni dipende dalla
quantità usata, dalla concentrazione della soluzione e dal tempo di contatto.
Sulla pelle una soluzione di 25-50% causa sensazione di irritazione dopo circa
3 minuti; con soluzioni al 4% questo accade dopo molte ore: Se non viene
rimossa dalla pelle, possono presentarsi ustioni anche gravi con ulcere
profonde.
L’idrossido di sodio in soluzione concentrata è corrosiva per tutti i tessuti, provoca ustioni molto gravi (più a rischio di contatto sono in genere la pelle e gli occhi); l’inalazione delle polveri o delle soluzioni concentrate provocano gravi lesioni del sistema respiratorio (intensa irritazione del naso e della gola, broncopolmonite chimica ed edema polmonare); per ingestione: lesioni gravi con pericolo di morte. In altri comparti produttivi in Toscana sono accaduti infortuni mortali per ingestione accidentale di prodotti tossici.
interventi prevenzionistici
- utilizzare apposite pompe dosatrici per facilitare la preparazione delle soluzioni in sicurezza;
- tutti i contenitori (anche quelli eventualmente utilizzati per travasi) devono essere dotati della prescritta etichettatura e le tubazioni devono rispettare le norme sulla colorazione;
- utilizzare serbatoi di sicurezza (ad esempio con doppio involucro) e/o bacini di contenimento separati per evitare possibili sversamenti e consentire il recupero o la neutralizzazione dei prodotti; mettere in atto tutte le possibili misure atte ad evitare sversamenti e gocciolamenti dei prodotti concentrati, ad esempio eventuali travasi di prodotti pericolosi in piccoli contenitori devono essere effettuati in sicurezza senza possibilità di sgocciolamento, ed i contenitori stessi devono essere di sicurezza (a tenuta, con tappo dotato di molla di richiusura, etichettati);
- predisporre ed eseguire procedure scritte di lavoro in sicurezza;
- gli addetti devono indossare i D.P.I. quali visiere, guanti, stivali con suola antiscivolo resistenti al tipo di prodotto utilizzato, grembiuli (questi ultimi devono essere lunghi fino a coprire il bordo superiore degli stivali, in modo da evitare l’ingresso di liquidi nelle calzature).
- valutare la possibilità di automatizzare la preparazione / diluizione / utilizzo delle soluzioni di lavaggio a ciclo chiuso;
- è fondamentale l’esame, da parte del responsabile della sicurezza aziendale, delle schede di sicurezza dei prodotti utilizzati che il fornitore è tenuto a consegnare alla azienda utilizzatrice;
- informazione e formazione degli addetti.
Soluzioni a base di ipoclorito di sodio
descrizione
Durante le operazioni di stoccaggio e movimentazione
dei serbatoi, di travaso manuale in secchi e di miscelazione con acqua
dell’ipoclorito di sodio (NaClO), gli addetti sono esposti a possibili contatti
della pelle e degli occhi con il prodotto pericoloso. Il contatto può avvenire
anche durante il lavaggio dei pavimenti, tuttavia questa operazione comporta in
genere un rischio minore rispetto alle precedenti in quanto il lavaggio avviene
con una soluzione molto diluita.
danno atteso
L’ipoclorito di sodio è classificato come segue.
-
in
concentrazione maggiore o uguale al 10%: C (corrosivo), R31 (a contatto con
acidi libera gas tossico), R34 (provoca ustioni);
-
in
concentrazione compresa tra il 5% e il 10%: Xi (irritante), R31 (a contatto con
acidi libera gas tossico), R36/38 (irritante per gli occhi e per la pelle);
Il contatto con ipoclorito di sodio può provocare gravi ustioni alla pelle e agli occhi; per inalazione: intensa irritazione del naso, della gola e dei bronchi, broncopolmonite chimica ed edema polmonare; per ingestione: lesioni gravi (corrosione delle mucose, perforazione dell’esofago e dello stomaco) con pericolo di morte; l’odore pungente del prodotto rende meno probabile il rischio di ingestione accidentale.
interventi prevenzionistici
- verificare di non impiegare l’ipoclorito di sodio in presenza di acidi o altri prodotti chimici incompatibili; ad esempio, con l’acido muriatico (soluzione industriale di acido cloridrico) si può sviluppare cloro allo stato nascente che è un gas tossico;
- utilizzare apposite pompe dosatrici per facilitare la preparazione delle soluzioni in sicurezza;
- tutti i contenitori (anche quelli eventualmente utilizzati per travasi) devono essere dotati della prescritta etichettatura e le tubazioni devono rispettare le norme sulla colorazione;
- utilizzare serbatoi di sicurezza (ad esempio con doppio involucro) e/o bacini di contenimento separati per evitare possibili sversamenti e consentire il recupero o la neutralizzazione dei prodotti; mettere in atto tutte le possibili misure atte ad evitare sversamenti e gocciolamenti dei prodotti concentrati, ad esempio eventuali travasi di prodotti pericolosi in piccoli contenitori devono essere effettuati in sicurezza senza possibilità di sgocciolamento, ed i contenitori stessi devono essere di sicurezza (a tenuta, con tappo dotato di molla di richiusura, etichettati);
- predisporre ed eseguire procedure scritte di lavoro in sicurezza;
- gli addetti devono indossare i D.P.I. quali visiere, guanti, stivali con suola antiscivolo resistenti al tipo di prodotto utilizzato, grembiuli (questi ultimi devono essere lunghi fino a coprire il bordo superiore degli stivali, in modo da evitare l’ingresso di liquidi nelle calzature).
- valutare la possibilità di automatizzare la preparazione / diluizione / utilizzo delle soluzioni di lavaggio a ciclo chiuso;
- è fondamentale l’esame, da parte del responsabile della sicurezza aziendale, delle schede di sicurezza dei prodotti utilizzati che il fornitore è tenuto a consegnare alla azienda utilizzatrice;
- informazione e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
Tit. II, Capo II, Art. 18 “Difesa dalle sostanze
nocive”, D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
-
Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o
nocivi", D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
D.Lgs. n. 52 del 03.02.1997 “Attuazione della Direttiva
92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle
sostanze pericolose”.
-
D.M.S. del 04.04.1997 “Attuazione dell'Art. 25, commi 1
e 2, del D.Lgs. n. 52 del 03.02.1997, concernente classificazione, imballaggio
ed etichettatura delle sostanze pericolose, relativamente alla scheda
informativa in materia di sicurezza”.
-
D.M.S. del 28.04.1997 “Attuazione dell'Art. 37, commi 1
e 2, del D.Lgs. n. 52 del 03.02.1997, concernente classificazione, imballaggio
ed etichettatura delle sostanze pericolose”.
-
D.Lgs. n. 90 del 25.02.1998 “Modifiche al D.Lgs.
n.52/1997”
-
D.Lgs. n. 285 del 16.07.1998 "Attuazione di
Direttive comunitarie in materia di classificazione, imballaggio e
etichettatura dei preparati pericolosi, a norma dell'Art. 38 della Legge n. 128
del 24.04.1998".
-
D.M.S. del 01.09.1998 “Disposizioni relative alla
classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose in
recepimento della Direttiva 97/69/CE”.
-
D.M.S. del 07.07.1999 “Disposizioni relative alla
classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose in
recepimento della Direttiva 98/73/CE”.
-
D.M.S. del 10.04.2000 “Recepimento delle Direttive
98/73/CE e 98/98/CE recanti
rispettivamente il ventiquattresimo e venticinquesimo adeguamento alla
Direttiva 67/548/CEE”.
-
D.M.S. del 30.10.2000 “Rettifica al D.M.S. del
10.04.2000 di recepimento della Direttiva 98/98/CE della Commissione del
15.12.1998 e delle rettifiche alle Direttive 98/73/CE e 98/98/CE della Commissione recanti rispettivamente il
ventiquattresimo e venticinquesimo adeguamento al progresso tecnico della Direttiva
67 /548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizione
legislative, regolamentari e amministrative relative alla classificazione,
imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose”.
-
D.M.S. del 26.01.2001 “Disposizione relative alla
classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose in
recepimento alla Direttiva 2000/32/CE”.
Fig. n. 38. Sistema di contenimento
contro sversamenti accidentali.
Transito su
pavimenti resi scivolosi e ingombrati da tubi e cavi
descrizione
Nei reparti di produzione il pavimento tende
costantemente a bagnarsi determinando il rischio di cadute per scivolamento. Il
rischio è maggiore in caso di sversamento dell’olio utilizzato come liquido di
governo. A tale rischio contribuisce anche il quotidiano uso di soluzioni detergenti
utilizzate per la pulizia dei recipienti e dei pavimenti.
Il rischio è aumentato dal fatto che i pavimenti
sono spesso ingombrati dai tubi flessibili di gomma utilizzati per il lavaggio
dei macchinari, dai tubi utilizzati per i travasi dei liquidi di governo
mediante pompe, dai cavi elettrici di alimentazione delle pompe portatili,
attrezzature di lavaggio, ecc… e tutto ciò comporta il rischio per gli addetti
di inciampare e cadere.
danno atteso
Lesioni traumatiche per cadute o per urto.
interventi prevenzionistici
-
pavimentazione
realizzata con materiali antiscivolo le cui mattonelle siano montate a fuga
larga per permettere un migliore deflusso del liquido, eventualmente grigliata
e/o di pendenza adeguata con sistemi di raccolta dei liquidi che cadono sul
pavimento;
-
indossare
calzature con suola antiscivolo; un particolare accenno merita il diffuso uso
degli stivali di gomma tra gli addetti al lavaggio, anche durante lo
svolgimento di mansioni per le quali non sono strettamente necessari; tale pratica
è da sconsigliare per l’impedimento della traspirazione e la conseguente
macerazione con facilitazioni di eventuali infezioni; pertanto è bene limitare
l’uso degli stivali in gomma ai casi in cui siano strettamente necessari per
evitare di bagnarsi e cambiare calzature non appena terminata l’operazione;
-
corretta
disposizione di tubi e cavi in modo da intralciare il meno possibile il
passaggio;
-
corretta
organizzazione del lavoro e riordino dei materiali e attrezzature
immediatamente dopo essere state utilizzate;
-
prevedere
appositi supporti lungo le pareti del reparto, per tenere sollevati dal
pavimento i tubi utilizzati per i travasasi; ciò favorisce anche l’igiene degli
stessi e la loro naturale asciugatura dopo il lavaggio.
riferimenti normativi
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 7, comma 2 e comma 4 "Pavimenti" D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
-
Norme British
Ceramic Research Association
- Norme DIN 51098
-
D.Lgs.
n. 626/1994 e s.m.i.
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
Lo spostamento e la spinta manuale dell’attrezzatura mobile di lavaggio può comportare un certo sforzo fisico da parte dell’addetto. In caso siano presenti dislivelli tra i vari reparti dello stabilimento produttivo ed i reparti stessi siano collegati tra loro da tratti di pavimento in pendenza, spingere l’attrezzatura di lavaggio lungo questi percorsi può comportare uno sforzo fisico notevolmente maggiore.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
Lesioni traumatiche per urto, investimento,
schiacciamento.
interventi prevenzionistici
E’ opportuno evitare per quanto possibile la
presenza di dislivelli tra i reparti dove è necessario l’utilizzo delle
attrezzature di lavaggio; dove ciò non sia possibile è opportuno limitare al
massimo la pendenza degli scivoli di comunicazione tra reparti a quote diverse,
spingere il carico in due addetti o meglio utilizzare montacarichi per superare
i dislivelli.
È opportuno che le ruote dei carrelli delle
attrezzature di lavaggio siano dotate di dispositivi scansa-piede e di un
sistema meccanico di frenata; ad esempio può essere utilizzato un freno che si
inserisca automaticamente quando il lavoratore rilascia una leva posta sotto il
manubrio dal quale si spinge l’attrezzatura (un dispositivo analogo è
utilizzato sui carrelli portabagagli comunemente usati nelle stazioni
ferroviarie).
Gli addetti devono essere adeguatamente informati e
formati.
riferimenti normativi
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Installazioni
elettriche in locali soggetti a spruzzi d'acqua
descrizione
Le operazioni di lavaggio con getti d’acqua può
comportare il rischio di cortocircuiti e contatti indiretti con parti in
tensione.
danno atteso
Elettrocuzione.
interventi prevenzionistici
Le apparecchiature elettriche e gli impianti
elettrici devono essere idonei al luogo nei quali sono installati, in
particolare i quadri elettrici e di comando delle macchine devono essere a
tenuta stagna.
-
Legge
n. 791 del 18.10.1977 "Attuazione della direttiva del consiglio delle
Comunità europee (n. 72/23/CEE) relativa alle garanzie di sicurezza che deve
possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni
limiti di tensione".
-
Titolo
VII del D.P.R. n. 547/1955 "Impianti macchine ed apparecchi vari"
-
D.M.Ind.
del 13.03.1987 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate
unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi
italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della
legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE
relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico"
-
D.M.
(Industria) 12.02.1996 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme
armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo)
testi italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3
della legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n.
73/23/CEE relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico".
-
D.Lgs.
n. 626 del 25.11.1996 "Attuazione della direttiva 93/68/CEE, in materia di
marcatura CE del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro
taluni limiti di tensione".
-
Legge
n. 46 del 05.03.1990 "Norme per la sicurezza degli impianti "
APPALTI ESTERNI
Questa fase in genere non è appaltata.
IMPATTO
ESTERNO
Scarichi idrici
Le acque reflue derivanti dal lavaggio delle apparecchiature, contenti prodotti detergenti oltre ai residui di olio, aceto, sale, acido citrico, acido ascorbico, ecc…, possono costituire un rischio di inquinamento idrico, pertanto prima di essere rilasciate nei corpi idrici devono essere raccolte e subire un trattamento di neutralizzazione e depurazione.
La
lavorazione sopra descritta richiede una notevole quantità di acqua. Alcune
aziende dispongono di pozzi artesiani mentre altre sono collegate
all’acquedotto locale.
Sversamenti accidentali di prodotti chimici
Lo sversamento accidentale dei prodotti chimici utilizzati per la pulizia – sanificazione può determinare inquinamento ambientale. È necessario mettere in atto tutte le possibili misure volte a contenere gli eventuali sversamenti come sopra descritto per i fattori di rischio lavorativo.
Inoltre è opportuno che i piazzali aziendali siano conformati in modo da permettere la raccolta delle acque meteoriche in modo che, specie in caso di sversamento di prodotti chimici sui piazzali, possano essere inviate alla neutralizzazione / depurazione prima di essere rilasciate nei corpi idrici.
MOVIMENTAZIONE
MECCANICA CON CARRELLI ELEVATORI
DESCRIZIONE DELLA FASE
Nelle varie fasi sopra riportate è citato spesso
l’utilizzo dei carrelli elevatori.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Si tratta in genere di
carrelli elevatori ad alimentazione elettrica. Talvolta nei piazzali esterni
sono utilizzati anche carrelli elevatori a trazione diesel.
Fig. n. 39. Carrello elevatore elettrico
con pinza per sollevare e rovesciare i fusti, in fase di ricarica batterie.
FATTORI DI RISCHIO
Movimentazione
meccanica dei carichi con carrelli elevatori
descrizione
Durante le operazioni di movimentazione può avvenire
il ribaltamento del carrello elevatore
nel caso in cui il carico non sia bene bilanciato e/o per asperità e dislivelli
eccessivi del terreno, raggio di curvatura troppo stretto. In caso di
ribaltamento l’addetto può venire
sbalzato fuori dal posto di guida e rimanere schiacciato sotto il carrello.
Può anche avvenire l’investimento di altri lavoratori da
parte dei carrelli elevatori o dal materiale trasportato. In una azienda del comparto è recentemente accaduto un
infortunio per investimento da parte di un carrello elevatore guidato in
retromarcia.
Quando viene accatastato in modo non corretto, il materiale può cadere ed investire gli
addetti.
Sono inoltre da tenere presente gli aspetti
posturali durante la guida dei carrelli elevatori, a seconda del tipo di
carrello (a guida frontale o laterale), dell’ergonomia del posto di guida,
delle modalità di utilizzo del carrello (ad esempio guida in retromarcia),
della disposizione dei materiali e delle scaffalature e della organizzazione
del lavoro.
danno atteso
Lesioni traumatiche per
eventi accidentali.
Disturbi muscoloscheletrici
per posture incongrue.
danno rilevato
Nei casi di infortunio
accaduti in diversi comparti
produttivi, le lesioni riportate per infortuni occorsi durante questa fase
lavorativa sono risultate gravi o anche mortali.
prevenzione
I rischi sopra evidenziati possono essere limitati garantendo le seguenti condizioni:
·
sistemare
o attrezzare i carrelli elevatori in modo da limitare i rischi di ribaltamento;
a tal fine l'Art. 7, lettera b), punto 1.4 del D.Lgs. n. 359 del 04.08.1999,
elenca una serie di possibili accorgimenti, come esempi delle possibili soluzioni
attuabili, quali:
-
cabina
per il conducente;
-
struttura
concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello
elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello
stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo:
-
struttura
che trattenga il lavoratore sul sedile del posto di guida per evitare che, in
caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati
da parti del carrello stesso.
·
dispositivi
di trattenuta del conducente al posto di guida dei muletti, per eliminare il rischio di essere sbalzati fuori, in caso
di ribaltamento.
·
pavimenti
privi di buche, sporgenze o sconnessioni.
·
percorsi
dei mezzi senza curve troppo strette, senza pendenze eccessive, preferibilmente
a senso unico, oppure ampi a sufficienza per il passaggio di due carrelli
caricati.
·
limitazione
delle interferenze fra i percorsi dei mezzi e quelli pedonali.
·
percorsi
pedonali e luoghi di stazionamento dei lavoratori protetti dal pericolo di
investimento da parte di materiali stivati.
·
protezione
delle uscite da locali o altri punti frequentati dai lavoratori, quando
incrociano i percorsi dei mezzi.
·
buona
illuminazione dei percorsi e tinteggiatura con colori chiari delle pareti dei
locali di lavoro.
·
specchi
parabolici ove occorrenti; in casi particolari valutare la possibilità di
installare semafori.
·
segnalazione
e, se necessario, protezione di eventuali ostacoli sul percorso dei carrelli
elevatori.
·
individuazione
di zone di attraversamento delle linee di trasporto che consentano il passaggio
delle persone senza pericoli di investimento.
·
organizzazione
spaziale e/o temporale del magazzino in modo da limitare al minimo le
interferenze fra il carico e lo scarico del magazzino stesso.
·
idonei
ancoraggi, funi ed imbracatura in tutti i casi in cui è necessario intervenire
in altezza
·
i
prodotti in entrata devono riportare l’indicazione del loro peso in modo che
l’addetto possa verificare che il carrello ed il sistema di presa sia di
adeguata capacità.
·
dispositivi
acustici e luminosi di segnalazione di manovra dei mezzi.
·
mantenimento
della visibilità dal posto di guida dei mezzi anche mediante opportuno
posizionamento del carico trasportato, che comunque deve essere posizionato più
in basso possibile in modo da garantire la stabilità del carrello; in casi
occasionali in cui l’ingombro del carico sia tale da pregiudicare la visuale,
il carrello può essere preceduto da un altro lavoratore che aiuti il
carrellista nella manovra e segnali agli altri lavoratori eventualmente
presenti nei dintorni, la presenza del trasporto.
·
preferenza
dell’acquisto di mezzi con pedaliera analoga a quella degli automezzi.
·
limitazione
della velocità dei mezzi in relazione alle caratteristiche del percorso, anche
con eventuali dispositivi regolabili che limitano la velocità.
·
protezione
degli organi di comando contro l’avviamento accidentale.
·
protezione
del posto di guida contro il pericolo di investimento di corpi che possono
cadere dall’alto.
·
regolare
manutenzione e periodica revisione del mezzo meccanico e delle sue varie
componenti.
·
il
conducente deve guidare con prudenza senza fare sporgere gambe o braccia
dall’abitacolo di guida, prestare particolare attenzione in retromarcia,
condurre il carrello all’interno dei percorsi segnalati a terra, interrompere
il lavoro se qualcuno si trova nel raggio di azione del mezzo, inserire il
freno prima di lasciare il carrello in sosta.
·
disporre
il divieto di trasportare persone facendole salire sulle forche di
sollevamento.
·
puntuale
informazione, formazione, ed addestramento dei lavoratori all’uso corretto e
sicuro dei mezzi nelle diverse condizioni di impiego. Ad esempio l’addetto deve
essere sapere come comportarsi se il mezzo dovesse accidentalmente ribaltarsi,
ovvero: non buttarsi giù dal mezzo, ma tenersi saldamente al volante, puntare i
piedi e inclinarsi dalla parte opposta a quella di ribaltamento.
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 11 “Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. X, Capo III, Art. 381 "Protezione del capo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. V “Mezzi ed apparecchi di sollevamento, trasporto e immagazzinamento” (Capo I “Disposizioni generali”, Capo II “Gru, argani, paranchi e simili”, Capo III “Ascensori e montacarichi”, Capo V “Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici”) D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 10 “Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro” D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
- Tit. II, Capo V "Illuminazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- All. 1 "Requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine e dei componenti di sicurezza" D.P.R. n.459 del 24.07.1996.
Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Gli organi meccanici mobili
del carrello elevatore possono essere causa di presa, impigliamento,
cesoiamento.
danno atteso
Lesioni temporanee e
permanenti per presa, trascinamento, taglio, amputazione, schiacciamento degli
arti.
prevenzione
Le parti pericolose devono
essere rese inaccessibili tramite adeguati ripari fissi.
- Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
-
Norme UNI EN
291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1,
1012/2
Movimentazione manuale dei carichi.
descrizione
L’operazione di sostituzione delle batterie dei muletti richiede la loro movimentazione.
danno atteso
La movimentazione manuale può comportare disturbi e danni muscolo – scheletrici. In caso di caduta delle batterie gli addetti possono riportare lesioni traumatiche agli arti inferiori.
prevenzione
I rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi possono essere ridotti utilizzando mezzi meccanici di sollevamento per le batterie.
Si può anche mettere sotto
carica la batteria del muletto
lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene
posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia
nel piazzale in prossimità della parete esterna del locale sulla quale sono
poste prese e spine per il collegamento elettrico; questa soluzione limita
anche l’esposizione agli acidi degli accumulatori elettrici e il rischio di
esplosione e incendio.
Nel caso della movimentazione manuale occorre procedere alla valutazione del rischio in sede di misure attuative del D.Lgs. 626/94, gli addetti devono indossare scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico ed essere informati e formati.
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Esposizione a prodotti della
combustione diesel
descrizione
Qualora vengano utilizzati
carrelli elevatori diesel, gli addetti possono essere esposti ai prodotti della
combustione, costituiti prevalentemente da: particolato da idrocarburi
incombusti, ossidi di azoto (NO, NO2), anidride solforosa (SO2),
ossido di carbonio (CO), formaldeide (HCHO), idrocarburi aromatici e alifatici,
sostanze organiche volatili (S.O.V.).
danno atteso
L’esposizione continuativa ai suddetti inquinanti può provocare broncopneumopatie, ossicarbonismo, sindrome irritative delle estremità cefaliche, asma bronchiale, emopatie, epatopatie, neuropatie, nefropatie, miocardiopatie, dermatiti. Inoltre la formaldeide è un sospetto cancerogeno.
danno rilevato
Dalle indagini svolte
in altri comparti produttivi, i lavoratori esposti ai gas di combustione dei
carrelli diesel hanno lamentato l’irritazione delle congiuntive oculari e delle
vie respiratorie.
prevenzione
Per
limitare l’esposizione a questo fattore di rischio è opportuno valutare la
possibilità di sostituirli con carrelli elevatori a trazione elettrica. Ciò è
indispensabile quando i carrelli elevatori sono utilizzati all’interno dei
magazzini e degli altri locali di lavoro, ma è consigliabile anche quando sono
utilizzati esclusivamente sui piazzali aziendali, anche in considerazione della
minore rumorosità dei carrelli a trazione elettrica. Tra l’altro sono
attualmente disponibili sul mercato carrelli elevatori a trazione elettrica la
cui portata è sufficiente per le esigenze di produzione del comparto. In attesa della loro
sostituzione è bene che i carrelli elevatori diesel siano provvisti di marmitta
catalitica (valida per NO2 e CO) o ad acqua (valida per il
particolato) ed il loro impiego deve essere limitato all’esterno dei locali di
lavoro (nel piazzale antistante lo stabilimento produttivo).
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
- Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.
Esposizione a rumore
descrizione
La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione al rumore degli addetti, sia per il rumore generato dai mezzi stessi, sia nel caso esposizione indiretta se il mezzo viene introdotto in reparti dove si svolgono lavorazioni rumorose.
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore
medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni
extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli
inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure
preventive.
prevenzione
È necessario la valutazione della esposizione e l’adozione delle relative misure di prevenzione, in primo luogo una accurata manutenzione dei mezzi. Dato che i carrelli elevatori diesel (talvolta utilizzati nei piazzali esterni) emettono in genere un rumore stimabile con un livello equivalente Leq di circa 85 dB(A) è opportuno valutare la possibilità di sostituirli con carrelli elettrici che sono meno rumorosi in quanto presentano un Leq di circa 79 dB(A).
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs.
277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”,
riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di
carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Esposizione a vibrazioni
descrizione
La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione a vibrazioni.
danno atteso
L’esposizione continuativa a vibrazioni all’intero
corpo può causare dolori e disturbi al rachide dorso-lombare, oltre che
impedimento a manovrare con precisione.
L’esposizione continuativa a vibrazioni
al sistema mano-braccio può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta
come fenomeno del dito bianco). Si
tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per
esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal
fumo di sigaretta. L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi ed
all’entità di esposizione.
interventi prevenzionistici
- Utilizzare mezzi del tipo a bassa vibrazione e minore impatto vibratorio, oltre a effettuare su di essi una accurata manutenzione.
- Informazione e formazione dei lavoratori
-
D.M.L.
del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la
denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"
-
Art.
46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R.
n. 547 del 27.04.1955.
-
Art.
24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del
19.3.1956
-
9.9.3
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per
movimentazione".
-
1.5.9
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".
-
1.5.9
"Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate
e disposizioni di carattere equivalente"
D.P.R. n. 459 del 24.07.1996
-
Comunicazione
CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione
della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del
Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle
direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
-
Norma
UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la
valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".
-
D.M.
30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai
sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2):
«Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE,
91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".
-
Comunicazione
CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della
direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine,
modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
Manipolazione di oli minerali
descrizione
I carrelli elevatori, come la generalità delle macchine, necessitano di oli minerali come lubrificanti degli organi meccanici.
danno atteso
Gli oli minerali sono una classe di composti che possono presentare rischi per i lavoratori di danni di tipo acuto (allergie, dermatiti) e di tipo cronico (tumori).
La IARC suddivide gli oli in due grandi categorie:
- non severamente raffinati: classificati certamente cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1).
- severamente raffinati: classificati tra le sostanze per le quali non è possibile esprimere un giudizio di cancerogenicità (Gruppo 3).
L’Unione Europea, invece, nel classificare i prodotti derivanti dal petrolio e dal carbone (tra cui ovviamente gli oli minerali) ha seguito un diverso criterio da quello della raffinazione ”tal quale”: le miscele di sostanze derivate dal petrolio e dal carbone vengono considerate sostanze a cui è stato attribuito un univoco numero di identificazione CAS ed un univoco numero di indice CE, classificando circa 600 sostanze come cancerogene (R45) a meno che il produttore non possa dimostrare che contengono (D.P.R. n. 52/97):
- meno dello 0,1% peso/peso di 1,3-butadiene
- meno dello 0,1% peso/peso di benzene
- meno del 3% di estratto Dmso (Dimetilsolfossido) secondo la misurazione IP 346
- meno del lo 0,005% peso/peso di benzo (a) pirene
oppure se il produttore, conoscendo l’intero iter di raffinazione, può dimostrare che la sostanza da cui il prodotto è derivato non è cancerogena.
Quindi, anche in questo caso, è fondamentale la lettura dell’etichetta e della scheda dei dati di sicurezza e che questi strumenti siano correttamente compilati.
prevenzione
Utilizzare oli minerali del tipo meno pericoloso (oli severamente raffinati) ed evitare l’imbrattamento, specie durante il prelievo degli oli esausti. È pertanto necessario utilizzare D.P.I. (guanti, tuta, grembiuli, occhiali) ed evitare di tenere in tasca stracci o utilizzare guanti impregnati di olio minerale. È importante una adeguata informazione, formazione, e sorveglianza sanitaria degli esposti.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
- Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.
Esposizione ad
acidi di accumulatori elettrici
descrizione
Durante la ricarica delle batterie di carrelli a trazione elettrica, i lavoratori possono essere esposti ad acidi contenuti nelle batterie.
danno atteso
Irritazione e ustione chimica della cute e delle mucose con cui vengono in contatto.
prevenzione
L’inalazione di vapori degli acidi presenti negli accumulatori elettrici viene limitata effettuando la ricarica in locale separato adeguatamente aerato. Se l’aerazione naturale non è sufficiente è necessario un sistema di aspirazione. In alternativa possono essere utilizzati apparecchi di ricarica chiusi e posti sotto aspirazione.
Una ulteriore soluzione può essere quella di mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del suddetto locale; questa soluzione evita anche il problema della movimentazione dei carichi per la sostituzione delle batterie.
Per evitare il contatto degli acidi con la pelle, durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi e i lavoratori devono indossare guanti antiacido. L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida.
E’ opportuno installare una adeguata cartellonistica di sicurezza per segnalare i pericoli e le indicazioni di prevenzione.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
Sviluppo di sostanze
capaci di creare miscele esplosive con l’aria
descrizione
L’operazione di ricarica degli accumulatori dei
carrelli a trazione elettrica comporta il pericolo di incendio – esplosione.
Infatti, durante la ricarica, il passaggio della corrente elettrica determina
un processo di elettrolisi con sviluppo di idrogeno. Si ha anche una parziale
evaporazione degli acidi forti contenuti nella batteria. Pertanto, in assenza
di idonea aerazione, si può arrivare ad un livello di saturazione ambientale
che può determinare la formazione di una miscela esplosiva.
Se avviene
l’esplosione si può anche verificare la proiezione violenta degli acidi forti
contenuti nella batteria.
danno atteso
In caso di
incendio-esplosione, gli addetti possono riportare gravi ustioni, lesioni
traumatiche, intossicazioni. Se investiti da schizzi di acido della batteria,
possono riportare anche ustioni cutanee e lesioni agli occhi.
prevenzione
Per ridurre i rischi derivanti dalla ricarica degli
accumulatori elettrici è necessario effettuare questa operazione in locale
separato dai restanti locali di lavoro, adeguatamente aerato. L’impianto
elettrico deve rispondere alle norme per gli ambienti a maggior rischio in caso
di incendio (CEI 64-8). È opportuno che in tale locale non siano presenti altri
materiali infiammabili. In caso di ricarica sotto aspirazione localizzata, i
parametri geometrici dell’impianto di aspirazione devono essere adeguatamente
dimensionati in relazione alla velocità di aspirazione per evitare che si
formino miscele esplosive con l’aria.
E’ opportuno installare una adeguata cartellonistica di sicurezza per segnalare i pericoli e le indicazioni di prevenzione.
La protezione antincendio deve prevedere la presenza
almeno di estintori a polvere, del tipo omologato. Nei casi a rischio più
elevato può essere opportuno installare un impianto di spegnimento automatico
(ad esempio del tipo a CO2).
È necessaria la valutazione dettagliata del rischio
d’incendio in base a quanto previsto dal D.M. del 10.03.98.
-
Art.
19 “Separazione del locali nocivi”
D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
-
Art.
20 “Difesa dell’aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi” D.P.R. n. 303/56.
- Art. 303 “Accumulatori elettrici” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
D.M.Ind.
del 01.03.1989 "Recepimento della direttiva CEE/88/571, sull'aggiornamento
al progresso tecnico dei metodi di protezione del materiale elettrico
antideflagrante"
- D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.
- Normativa generale antincendio
Fig. n. 40. Esempio di cartellone per la
sicurezza nel locale di ricarica delle batterie dei carrelli elevatori.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata, a meno che
non sia appaltato anche l’imbottigliamento.
IMPATTO ESTERNO
I principali fattori di impatto ambientale di questa
fase lavorativa sono i seguenti:
Produzione di rifiuti
I principali rifiuti
prodotti in questa fase sono gli oli esausti e le batterie esauste dei carrelli
elevatori. Tali rifiuti vengono ritirati da ditte specializzate (si veda il
paragrafo 4.1).
L’olio esausto va tenuto,
prima del conferimento alla ditta incaricata al ritiro, in modo idoneo ed in
condizioni di sicurezza per l’ambiente e per gli addetti. Pertanto devono
essere utilizzati contenitori adatti ad eliminare i rischi di rottura e
sversamento. Contenitori adatti a questo scopo devono rispondere a regole
precise. In particolare devono essere provvisti di:
·
idonee
chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;
·
accessori
e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza il riempimento e lo
svuotamento;
·
bacini
di contenimento in caso di rotture o sversamenti;
·
mezzi
di presa per rendere sicure le operazioni di movimentazione.
La sistemazione dei
contenitori deve essere studiata per evitare al massimo gli urti accidentali ed
altri gravi inconvenienti.
In procinto di raggiungere
la capacità massima del contenitore di olio usato chiamare esclusivamente
l’incaricato del Consorzio Obbligatorio
degli oli usati e conferirgli l’olio in condizioni di sicurezza (il
conferimento al Consorzio di olio usato non inquinato avviene a titolo gratuito),
ponendo la massima attenzione alla movimentazione dei contenitori ed alla
situazione di lavoro intorno alle operazioni di trasferimento del liquido.
Le batterie al piombo esauste
sono pericolose per l’uomo e per l’ambiente perché contengono il 60-65% in peso
di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui
processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed
apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque.
Inoltre l’acido solforico è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.
Le batterie esauste devono
essere conferite al raccoglitore incaricato COBAT.
I principali fattori di rischio ambientale di questa
fase lavorativa sono i seguenti:
Sversamenti di
acido solforico e contaminazione del suolo con piombo.
In caso di rottura delle
batterie durante la loro movimentazione si possono verificare sversamenti della
soluzione acida; sversamenti sono possibili anche durante la ricarica delle
batterie e durante lo stoccaggio provvisorio delle batterie esauste nell’attesa
del ritiro da parte dello smaltitore. In caso di sversamento si può verificare
l’inquinamento del suolo e delle acque. La batteria al piombo esausta è
pericolosa per l’uomo e per l’ambiente perché contiene il 60-65% in peso di
piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui
processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed
apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque.
Inoltre l’acido solforico in nebbie di acidi forti è classificato dalla ACGIH
come sospetto cancerogeno.
L’aggiunta dell’acqua
demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema
automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione
acida; durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle
batterie, i tappi devono essere chiusi.
I luoghi di ricarica devono
essere conformati in modo da evitare sversamenti, ad esempio può essere
predisposto un apposito canale di raccolta, coperto da grigliato in materiale
antiacido, e dotato di pozzetto di accumulo e neutralizzazione; l’acido
raccolto nel pozzetto deve essere neutralizzato e rimosso.
I lavoratori devono essere
adeguatamente formati per la gestione dell’evento accidentale, sia per quanto
riguarda la protezione dell’ambiente, sia per le norme di prevenzione di salute
e sicurezza.
In attesa dell’arrivo del
raccoglitore incaricato COBAT, le batterie esauste vanno depositate
temporaneamente in contenitori mobili costituiti in materiale antiacido e dotati
delle seguenti caratteristiche (deliberazione Comitato interministeriale 27
luglio 1984):
·
dotati
di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;
·
dotati
di maniglie per rendere sicure ed agevoli le operazioni di movimentazione;
·
utilizzare
accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le
operazioni di riempimento e svuotamento;
·
le
sponde siano più alte di almeno 20 cm dall’altezza massima dell’accumulo
previsto;
·
contrassegno
con etichetta o targa visibili, apposte sui recipienti stessi o collocate nelle
aree di stoccaggio;
·
i
recipienti che hanno contenuto le batterie e non reimpiegati per gli stessi
tipi di rifiuti, devono essere sottoposti a trattamenti di bonifica appropriati
ai nuovi usi. Non possono però essere mai utilizzati per contenere prodotti
alimentari.
Sversamenti di oli minerali sul suolo o nelle acque
La sostituzione dell’olio usato dei muletti e le operazioni di rabbocco dell’olio devono essere effettuate in condizioni di massima sicurezza ed igiene per evitare che operazioni approssimative o mezzi tecnici non adeguati producano spandimenti e sversamenti sul suolo o nelle acque, perciò vanno usate tutte le cautele e le professionalità necessarie per eseguire il lavoro a regola d’arte.
È quindi indispensabile che i datori di lavoro impartiscano adeguate istruzioni al personale dipendente e agli apprendisti per la corretta gestione degli oli usati ai fini della protezione ambientale, senza trascurare le disposizioni igieniche e sanitarie a protezione della salute e della sicurezza: gli oli sono fonte di rischi (scivolamenti, incendi, intossicazioni) che vanno valutati e ridotti secondo le norme previste dagli appositi decreti legislativi 626/94 e 242/96.
Incendio – esplosione
L’incendio-esplosione del locale ricarica batterie può comportare danni strutturali interessanti anche altre parti dell’edificio, oltre che la propagazione dell’incendio ai locali limitrofi.
CENTRALE TERMICA - PRODUZIONE DI VAPORE
DESCRIZIONE
DELLA FASE
La produzione del vapore che viene utilizzato nelle
varie fasi dell'impianto come sopra descritto, avviene tramite centrali
termiche di rilevante potenzialità produttiva, alimentate con vari combustibili
(gas metano oppure olio combustibile) e poste in locali appositi.
Ad esempio una delle aziende del comparto, caratterizzata da una produzione di tipo industriale, dispone di n. 1 caldaia con le seguenti caratteristiche:
- Alimentazione: metano
- Produzione di vapore: 3 t./h
- Pressione: 12 bar
Fino ad alcune decine di
anni fa erano installati solo generatori di vapore alimentati ad olio
combustibile denso. Successivamente, tenendo presenti le problematiche
derivanti dall'inquinamento atmosferico (D.P.R. 203/88), i generatori di vapore
sono stati alimentati a olio combustibile fluido 3-5 °E, e adesso si tende a
convertirle a metano.
Tuttavia diverse aziende sono ubicate in zone dove la rete del gas metano non è presente, pertanto in tali casi permangono le centrali termiche alimentate a gasolio.
Tenute presenti le
potenzialità in gioco e la pressione massima necessaria del vapore, tali
generatori di vapore possono essere di due tipi: a tubi di fumo o a tubi
d'acqua.
I più moderni generatori di
vapore sono dotati dei vari sistemi di recupero del calore (pressurizzazione
della camera di combustione delle caldaie, preriscaldatori d'aria e/o
economizzatori nel giro fumi dei generatori, degasatori per il recupero delle
condense).
Dal momento che i citati
generatori di vapore necessitano della presenza continua dei conduttori
patentati, secondo le norme di cui al D.M. 01.03.1974, si è estesa sempre più
l'installazione di generatori ad olio diatermico dotati di scambiatori -
evaporatori in grado di produrre, a loro volta, vapore alla pressione richiesta.
Il crescente successo di tali tipi di generatori di calore è dovuto al fatto
che gli stessi non richiedono la presenza del conduttore patentato.
L’acqua utilizzata nell’impianto termico necessita di essere preventivamente demineralizzata mediante appositi impianti (in alcuni casi l’acqua di caldaia prima di essere demineralizzata è sottoposta anche ad addolcimento).
La demineralizzazione può essere ottenuta tramite due sistemi diversi: osmosi inversa oppure attraverso resine scambiatrici di ioni.
Il principio dell'osmosi inversa consiste nell'estrarre i sali minerali contenuti nell'acqua, facendola passare ad una pressione di circa 20 bar attraverso membrane semipermeabili che lasciano passare acqua demineralizzata trattenendo i sali che vi erano disciolti. L'impianto a osmosi inversa è essenzialmente costituito da una pompa che alza la pressione dell'acqua, dal modulo contenente le membrane semipermeabili e da due misuratori di flusso, uno sul concentrato (liquido contenente i sali che vengono trattenuti dalle membrane) e l'altro sul permeato (acqua demineralizzata). I misuratori di flusso hanno lo scopo di controllare che la produzione sia quella desiderata. Normalmente, sulla linea del permeato viene installato un rilevatore di salinità costituito da un conduttivimetro che segnala immediatamente una eventuale rottura della membrana perché in questo caso l'acqua in uscita avrebbe caratteristiche pressoché uguali a quella in entrata mettendo a rischio il buon funzionamento della caldaia. Il concentrato viene scaricato verso l'impianto di depurazione delle acque.
Gli impianti a resine scambiatrici di ioni, hanno lo scopo di trasformare tutti i sali contenuti in nell'acqua da demineralizzare, mediante successivi scambi ionici. Tali scambi ionici avvengono, di norma, in due colonne contenenti resina cationica forte la prima e resina anionica forte la seconda. Nelle colonne avvengono le seguenti reazioni chimiche:
Ø Colonna cationica: NaCl + H - R ® HCl + Na - R
Ø Colonna anionica: HCl + R - OH ® H2O + R - Cl
(dove con R è indicata la resina scambiatrice).
La rigenerazione delle colonne avviene con lavaggi in controcorrente con una soluzione acida (di solito a base di acido cloridrico) per quella cationica e con una soluzione alcalina (di solito a base di soda caustica) per quella anionica, sfruttando così le reazioni inverse a quelle descritte sopra.
In certi casi, specie per grossi impianti termici, tra le due colonne è posta una torre di decarbonatazione.
Per ottimizzare la demineralizzazione talvolta viene aggiunta una terza colonna con il compito di eliminare la silice.
L’acido cloridrico e l’idrossido di sodio (soda) utilizzati per la rigenerazione delle resine vengono stoccati in serbatoi che alimentano l’impianto tramite tubazioni.
Gli impianti ad osmosi inversa si stanno affermando rispetto a quelli a resine scambiatrici di ioni perché, nonostante che i primi presentino costi maggiori, essi sono di più facile gestione ed evitano gli scarichi idrici dovuti al lavaggio delle resine scambiatrici.
La centrale termica richiede interventi di manutenzione periodica ordinaria e straordinaria, anche in corrispondenza delle verifiche obbligatorie previste per Legge.
FATTORI DI RISCHIO
I principali fattori di rischio potenzialmente
presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:
Esposizione a
prodotti chimici
descrizione e danno
atteso
Il trattamento di demineralizzazione dell’acqua, talvolta prelevata da pozzi artesiani e immessa nell'impianto produzione calore in elevati quantitativi medi giornalieri, comporta l'impiego di vari prodotti chimici che possono essere causa di danni alla salute dei lavoratori. In particolare:
- Soda: il contatto con soluzioni di soda, essendo un prodotto caustico, può provocare lesioni alla cute ed agli occhi. Il rischio di contatto è maggiore nelle operazioni di travaso dalle autocisterne ai serbatoi. L’esposizione ai vapori può provocare irritazione per occhi e prime vie aeree.
- Acido cloridrico: il contatto con soluzioni di acido cloridrico, può provocare lesioni alla cute ed agli occhi. L’esposizione ai vapori può provocare irritazione per occhi e prime vie aeree.
- Idrazine: vengono utilizzate allo scopo di ridurre l’acidità dell’acqua di caldaia ed evitare la corrosione delle tubazioni ed altre superfici metalliche dell’impianto. Alcune idrazine sono classificare dalla CEE come cancerogene (R45). Inoltre possono esercitare un’azione epato-nefrotossica e irritante sulle persone esposte. Si tratta di prodotti molto infiammabili capaci di formare miscele esplosive con l'aria.
prevenzione
L’azienda deve richiedere ai propri fornitori le schede di sicurezza dei prodotti chimici utilizzati, renderle rapidamente disponibili per i lavoratori e valutare attentamente la possibilità di sostituire i prodotti più pericolosi con formulati meno tossici. I serbatoi e le tubazioni devono essere dotati della prescritta etichettatura.
Per eventuale prelievo, trasporto e dosaggio manuale dei suddetti prodotti possono essere utilizzate attrezzature atte ad evitare sgocciolamenti, sversamenti e diffusione di vapori, quali ad esempio rubinetti autochiudenti, pompe di travaso dotate di valvole di ritegno, contenitori di sicurezza a chiusura ermetica con tappo provvisto di molla autochiudente e beccuccio di scarico flessibile.
I serbatoi dei prodotti chimici diversi devono essere dotati di bacini di contenimento separati, per evitarne la possibilità di miscelazione.
E’ necessario che gli addetti indossino Dispositivi di Protezione Individuali (D.P.I.) quali guanti, grembiuli, maschere, ecc… nelle fasi di preparazione e impiego, che vengano informati circa i rischi ed i danni potenziali a seguito dell’esposizione, che vengano formati alle corrette procedure di lavoro in sicurezza e che siano messi a loro disposizione servizi igienico assistenziali: armadietti con doppio scomparto per separare gli indumenti da lavoro da quelli civili, lavabi, docce, lavaocchi, ecc…. I lavoratori devono essere sottoposti ad opportuna sorveglianza sanitaria.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
-
D.M.Ind.
del 01.03.1989 "Recepimento della direttiva CEE/88/571, sull'aggiornamento
al progresso tecnico dei metodi di protezione del materiale elettrico
antideflagrante"
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
Esposizione a gas
di combustione
descrizione
La centrale termica può rilasciare i prodotti della combustione (NOx, CO, ecc.) nell'aria del locale.
danno atteso
L'esposizione ai prodotti di combustione che ristagnano nell'ambiente di lavoro può comportare fenomeni di intossicazione da ossido di carbonio (CO), irritazione delle mucose congiuntivali, delle prime vie aeree e broncopneumopatie.
prevenzione
Nei locali delle caldaie, per evitare il rischio di inalazione di gas tossici, occorre verificare che il tiraggio della caldaia sia mantenuto in perfetta efficienza e non debbano verificarsi fuoriuscite dei gas di combustione nell’ambiente di lavoro e comunque garantire l’arieggiamento costante dei locali caldaia.
In caso di interventi straordinari di manutenzione, devono essere messi a disposizione degli addetti idonei DPI.
- Art. 236 "Lavori entro tubazioni, canalizzazioni, recipienti e simili nei quali possono esservi gas e vapori tossici o asfissianti" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
- Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
Nelle operazioni necessarie alla conduzione della centrale termica è presente un rischio da movimentazione carichi, dovuto all’utilizzo di prodotti chimici contenuti in sacchi di carta del peso di circa 25 Kg.
danno atteso
Possibili disturbi muscolo-scheletrici.
prevenzione
Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati ausili meccanici (apparecchi di sollevamento ecc.).
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Esposizione a rumore
descrizione
Il rumore in questa fase lavorativa deriva
prevalentemente dai bruciatori delle caldaie, le quali sono collocate in locali
separati dagli altri ambienti di lavoro, ma la conduzione dell'impianto può
richiedere una presenza continua dell'addetto.
stima
L’impianto di produzione del vapore sviluppa elevati
livelli di rumorosità. I valori di livello equivalente (Leq) di rumore prodotto
dalla caldaia in dB(A), evidenziano l’entità del problema, come si può vedere
nella tabella seguente:
Tabella - Livello equivalente
in dB(A) del rumore nel locale caldaia.
Leq max |
Leq min |
Leq medio |
91.4 |
83.5 |
89.6 |
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore
medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni
extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli
inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure
preventive.
prevenzione
Per ridurre il rumore è necessaria una buona coibentazione
termico-acustica dell’impianto, e mantenere in buono stato di manutenzione ed
efficienza bruciatori, aspiratori e ventilatori. Inoltre devono essere evitati
sfiati liberi di vapore. In caso di rumorosità eccessiva l’operatore deve poter
disporre di una cabina insonorizzata e climatizzata e di D.P.I. (cuffie, tappi
antirumore) per gli interventi di manutenzione.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs.
277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”,
riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di
carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Esposizione a microclima sfavorevole e lavoro in
prossimità di superfici calde
descrizione
La caldaia e le condutture dell’impianto termico
possono presentare una elevata temperatura; nel locale si può determinare un
microclima sfavorevole.
danno atteso
L'esposizione a microclima sfavorevole e a calore
radiante può determinare disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità
lavorativa, stress psico fisico.
In caso di contatto cutaneo con superfici ad elevata
temperatura, si possono verificare infortuni per ustioni di vario grado e
lesioni cutanee.
prevenzione
E’ necessaria la protezione di tutte le superfici
calde mediante coibentazione e indossare guanti anticalore ed indumenti
adeguati. Anche per questo fattore di rischio sono consigliabili locali di
ristoro e cabine climatizzate.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.
Esposizione ad
amianto
descrizione
Durante l’esecuzione di lavori di manutenzione e coibentazione su guarnizioni, raccordi e condutture dell’impianto termico, nel caso tali interventi vengano effettuati su un vecchio impianto nel quale era stato utilizzato l’amianto prima che questo venisse vietato (D.L. 257/92), gli addetti possono essere esposti a polveri di amianto.
danno atteso
L’inalazione di polveri di amianto può provocare asbestosi, mesoteliomi e tumori polmonari.
prevenzione
In caso di lavori di demolizione – rimozione di parti
dell’impianto termico contenenti amianto, è necessario notificare alla Azienda
Sanitaria Locale competente per territorio, il relativo piano di lavoro in
sicurezza ai sensi dell’Art. 34 del D.Lgs. n. 277/91. Tali operazioni, quando
necessarie, vengono di solito affidate a ditte specializzate.
riferimenti normativi
- Capo III “ Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto durante il lavoro” del D.Lgs. n.277 del 15.08.1991 “Attuazione delle direttive 80/1107/CEE, 82/605/CEE, 83/477/CEE, 86/188/CEE e 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’Art. 7 Legge n.212 del 30.07.1990”.
- Legge n.257 del 27.03.92 "Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto"
- D.M. del 06.09.94 "Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'Art. 6, comma 3, e dell'Art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto"
- D.M. del 20.08.99 "Ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto, previsti dall'Art. 5, comma 1, lettera f), della L. 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto"
Incendio – esplosione
descrizione
In una centrale termica è sempre presente il rischio di incendio - esplosione.
Inoltre le idrazine (vapori) sono in genere prodotti facilmente infiammabili e, in opportune condizioni, esplosivi: devono essere conservate pertanto entro contenitori di sicurezza, in ambienti separati (preferibilmente compartimentati), provvisti di idonea aerazione.
danno
atteso
In caso di incendio - esplosione, sono possibili lesioni traumatiche, ustioni, intossicazioni.
prevenzione
È necessario che la centrale termica sia rispondente in tutto alle specifiche norme di sicurezza antincendio, impianti elettrici a norma e predisporre idonei programmi di controlli e manutenzione programmata dell’impianto.
La normativa antincendio per
le centrali termiche si differenzia a seconda del tipo di combustibile
utilizzato:
-
Olio
combustibile fluido 3-5 °E o gasolio: Circolare del M.I. n. 73 del 29/7/71 e
successive circolari integrative.
-
Metano:
Circolare del M.I. n°68 del 25/11/69 e successive circolari integrative.
Il locale della centrale termica deve essere
provvisto almeno di estintori (normalmente del tipo a polvere od anidride
carbonica) omologati.
Per la prevenzione di esplosione ed incendio occorre che l’unità produttiva abbia ottenuto il C.P.I. rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco. Inoltre l’addetto alla conduzione della caldaia deve essere provvisto della autorizzazione prevista dalla Legge, nei casi richiesti.
La presenza degli apparecchi
a pressione (generatori di vapore, degasatori) comporta il pericolo di scoppio
con conseguente rischio per i lavoratori presenti; il problema può essere
ritenuto trascurabile se le caldaie e i recipienti a pressione sono stati
regolarmente omologati da ISPESL e subiscono le regolari verifiche periodiche
annuali da parte dell'Azienda Sanitaria Locale competente per territorio.
riferimenti normativi
- Tit. II, Art. 13 "Vie d'uscita e di emergenza", Art. 14 "Porte e portoni" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Capo VI “Difesa contro gli incendi e le scariche atmosferiche” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- D.P.R. n.577 del 29.07.1982 “Approvazione del regolamento concernente l’espletamento dei servizi antincendio”.
- D.M.I. del 02.08.1984 "Norme e specificazioni per la formulazione del rapporto di sicurezza ai fini della prevenzione incendi nelle attività a rischio di incidenti rilevanti di cui al D.M.I. del 16.11.1983.
- D.M.I. del 24.11.1984 "Norme di sicurezza antincendio per il trasporto, la distribuzione, l'accumulo e l'utilizzazione del gas naturale con densità non superiore a 0,8".
- D.M.I. del 08.03.1985 "Direttive sulle misure più urgenti ed essenziali di prevenzione incendi ai fini del rilascio del nullaosta provvisorio di cui alla legge 7 dicembre 1984, n. 818".
- D.P.C.M. 31.03.1989 "Applicazione dell'Art. 12 del D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175, concernente rischi rilevanti connessi a determinate attività industriali."
- D.M.A. 14.04.1994 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di gas di petrolio liquefatto ai sensi dell'Art. 12 del D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175".
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto", comma 5 lettera a) e lettera q) del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 (con successive modifiche e integrazioni) “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 99/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
-
Art.
12 e 13 “Prevenzione incendi ed evacuazione dei lavoratori” D.Lgs. n.626/1994.
IMPATTO ESTERNO
I principali
fattori di impatto ambientale di questa fase sono i seguenti:
Emissioni in atmosfera
Si tratta delle emissioni dei gas prodotti dalla combustione in caldaia del metano per produrre il vapore necessario, distribuito poi, mediante apposite linee, ai reparti per l’utilizzazione.
I residui di questa
combustione sono facilmente prevedibili: infatti un m3 di metano
bruciato, in minimo eccesso di comburente, produce quantità note di residui
(anidride carbonica, azoto, ossigeno, ecc...).
Quando la centrale termica è
alimentata a gasolio è lecito aspettarsi un peggioramento delle emissioni a
causa delle impurità presenti nell’olio combustibile.
Le emissioni sono
controllate da ARPAT attraverso la determinazione delle concentrazioni degli
ossidi di carbonio, di azoto, di zolfo e delle polveri.
Queste emissioni avvengono a
temperature piuttosto elevate (circa 230 °C).
Scarichi idrici
Negli impianti a resine scambiatrici di ioni, sono costituiti dai reflui della rigenerazione delle resine utilizzate per la demineralizzazione dell’acqua, nonché dai cosiddetti spurghi di caldaia. Si tratta di soluzioni a pH acido o basico con elevata concentrazione di sali minerali e contenenti acido cloridrico e soda, che scaricate tal quali potrebbero inquinare le acque e il suolo. Pertanto tali reflui devono essere convogliati, tramite canalizzazioni in materiale chimicamente resistente, alla vasca di neutralizzazione nella quale viene corretto il pH mediante soda o acido cloridrico, prima di essere convogliate all’impianto di depurazione delle acque.
Negli impianti ad osmosi inversa, si ha solo lo scarico della soluzione concentrata dei sali trattenuti dalle membrane semipermeabili, pertanto ciò costituisce un impatto ambientale notevolmente minore rispetto a quello derivante dall'impianto a resine.
Produzione di rifiuti
Il rifiuto principale prodotto da questa fase del ciclo produttivo è costituito dalle resine esauste utilizzate nell’impianto di demineralizzazione dell’acqua.
Consumo delle risorse
Per la produzione del vapore
viene utilizzata una notevole quantità di acqua e di combustibile.
Il consumo di acqua può
essere minimizzato con sistemi di recupero delle condense. Il consumo di
combustibile può essere ridotto mediante l’utilizzo di economizzatori per
recuperare il calore e per riscaldare aria comburente e acqua di caldaia. Il
consumo di energia elettrica può essere ridotto tramite l’utilizzo di sistemi
di cogenerazione.
I principali
fattori di rischio ambientale di questa fase sono i seguenti:
Sversamenti di olio combustile sul suolo
In caso di rottura del
serbatoio interrato dell’olio combustibile, utilizzato come carburante della
centrale termica secondaria, si possono verificare sversamenti sul terreno
circostante, con conseguente inquinamento del suolo e possibile penetrazione
nelle falde acquifere. Pertanto è richiesto che i serbatoi interrati siano
realizzati secondo la recente emanazione del Ministero dell’Ambiente D.M. del
20.10.98 "Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio
di serbatoi interrati".
Sversamenti di prodotti chimici sul suolo
I prodotti chimici
utilizzati nell’impianto di demineralizzazione dell’acqua, quali acido
cloridrico e idrossido di sodio (soda), possono dare luogo a sversamenti sul
suolo, sia durante il rifornimento dei serbatoi da autocisterne, sia in caso di
rotture o cedimenti. In caso di sversamento si può verificare inquinamento del
suolo, con possibile penetrazione nelle falde acquifere, ed emissione di vapori
in atmosfera. Pertanto, per evitare il rischio di dispersione sul suolo,
possono essere utilizzati bacini di contenimento in materiale chimicamente
resistente e prevedere misure di emergenza per la neutralizzazione dei prodotti
chimici.
Incendio - esplosione
In caso di incendio a carico della centrale termica
il danno atteso per l’ambiente consiste prevalentemente nella formazione di
prodotti parzialmente incombusti immessi nell’atmosfera. L’esplosione può
comportare danni strutturali al locale sede della centrale termica ed a locali ed
edifici limitrofi.
DESCRIZIONE DELLA FASE LAVORATIVA
Ogni azienda del comparto realizza il proprio ciclo produttivo utilizzando macchine, impianti complessi ed una serie di attrezzature e dispositivi meccanici di varie dimensioni. Nella maggior parte gli impianti sono costituiti da lamiere e tubazioni di acciaio inossidabile.
FATTORI DI RISCHIO
Per la manutenzione meccanica degli impianti delle
aziende del comparto vengono svolte operazioni tipiche delle officine
meccaniche. Si riportano qui di seguito alcune informazioni generali,
similmente trattate in ricerche relative ad altri comparti produttivi, rimandando per informazioni specifiche e più
dettagliate, al profilo di rischio proprio di questa lavorazione.
I principali fattori di rischio potenzialmente
presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:
Esposizione a rumore
descrizione
Si può avere esposizione al rumore a causa dell’utilizzo di utensili elettrici portatili (trapano, mole, avvitatori, ecc…).
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore
medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni
extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli
inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure
preventive.
Inoltre l’esposizione a rumore durante gli interventi di manutenzione può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.
Per ridurre l’esposizione è necessario ridurre il
rumore alla fonte ed attuare le misure di prevenzione in base ai livelli di
esposizione personale ed ai valori limite; è opportuno effettuare la
manutenzione preventiva e programmarla nei giorni o negli orari di fermo
impianto per evitare eventuale esposizione indiretta; la scelta degli utensili
da utilizzare deve essere indirizzata verso i tipi meno rumorosi; indossare DPI
(cuffie, tappi), informare e formare gli addetti e sottoporli a sorveglianza.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs.
277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”,
riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di
carattere generale”.
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Esposizione a
vibrazioni
descrizione
Le operazioni di manutenzione con utensili portatili
(mola, trapano, avvitatori, ecc…) sono causa di esposizione a vibrazioni
dell’apparato mano – braccio
danno atteso
L’esposizione continuativa a vibrazioni può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta.
L’insorgenza di questa patologia è correlata ai
tempi ed all’entità di esposizione.
Per ridurre l’esposizione alle vibrazioni localizzate al
sistema mano - braccio è necessario utilizzare utensili caratterizzati da bassi
livelli di vibrazione o minore impatto vibratorio, utilizzare impugnature
smorzanti le vibrazioni, riscaldare l’ambiente di lavoro nei mesi freddi,
ridurre i tempi di esposizione alternando le lavorazioni tra più addetti. È
importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli
addetti.
-
D.M.L.
del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la
denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"
-
Art.
46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R.
n. 547 del 27.04.1955.
-
Art.
24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del
19.3.1956
-
9.9.3
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per
movimentazione".
-
1.5.9
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".
-
1.5.9
"Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate
e disposizioni di carattere equivalente"
D.P.R. n. 459 del 24.07.1996
-
Comunicazione
CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione
della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del
Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle
direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
-
Norma
UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la
valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".
-
D.M.
30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai
sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2):
«Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE,
91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".
-
Comunicazione
CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della
direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine,
modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
Esposizione a
polveri
descrizione
Le operazioni di manutenzione sul posto, espongono i meccanici a inalazione di polveri aerodisperse dovute alle operazioni di molatura e di lavori riparazioni / manutenzioni in luoghi particolari con utensili portatili (trapani, mole, ecc…). Tali lavorazioni possono esporre gli addetti alle riparazioni meccaniche alle polveri di metallo e dei materiali abrasivi delle mole.
danno atteso
È importante esaminare le schede di sicurezza dei composti abrasivi delle mole e valutare la sostituzione dei prodotti più pericolosi con altri meno pericolosi.
Durante interventi con utensili che possono dare luogo a diffusione di polveri, è opportuno utilizzare apparecchi mobili di aspirazione localizzata con braccio flessibile (proboscide) per captare l’inquinante il più vicino possibile alla fonte di emissione, ed eventualmente indossare anche D.P.I. idonei alla protezione delle vie respiratorie dalle polveri (maschere filtranti, occhiali a tenuta) ed indumenti adeguati (tute, guanti).
È importante osservare le norme igieniche, tra le quali non bere, mangiare, fumare durante il lavoro e mettere a disposizione degli addetti adeguati servizi igienico assistenziali: i lavoratori, soci compresi quando effettuano lavorazioni insudicianti o con esposizione a polveri o altri agenti nocivi, devono disporre di armadietti a doppio scomparto per l’alloggiamento distinto degli abiti civili e da lavoro; le installazioni e gli arredi destinati a refettori, spogliatoi, latrine, bagni, locali di riposo devono essere mantenuti puliti, ben aerati e riscaldati durante la stagione fredda; le docce devono essere in quantità sufficiente e ben attrezzate affinché tutti i lavoratori che lo desiderino possano lavarsi appena terminato il proprio turno di lavoro. In considerazione al tipo di attività lavorativa può essere disposto l’obbligo per i lavoratori a fare la doccia per la tutela della propria salute in relazione ai rischi ai quali sono esposti.
È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli esposti.
- D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
Esposizione a fumi
di saldatura
descrizione
Può avvenire che si debbano eseguire saldature di riparazione in luoghi scarsamente aerati.
Le operazioni di saldatura possono esporre gli addetti ai fumi di saldatura, i quali possono essere di diversa natura a seconda del metallo da saldare, del suo eventuale rivestimento, del tipo di saldatrici utilizzate.
danno atteso
L’esposizione può provocare irritazione delle vie respiratorie o danni più gravi a seconda della natura dei fumi.
prevenzione
Durante gli interventi di saldatura è necessario utilizzare apparecchi mobili di aspirazione localizzata con braccio flessibile di captazione (proboscide) e filtri idonei al tipo di inquinante aspirato; indossare D.P.I. (maschere filtranti idonee per la protezione delle vie respiratorie dai fumi di saldatura, tute, occhiali a tenuta). L’aspirazione localizzata deve avvenire in modo che l’operatore non si trovi tra l’aspirazione e il punto di emissione. In caso di saldature effettuate all’aperto è necessario che l’addetto si tenga sopravvento. Prima di effettuare la saldatura è necessario togliere, per quanto possibile, i rivestimenti del materiale da saldare scrostando le pitture. Altre persone non necessarie alla lavorazione devono essere allontanate. È necessario esaminare la scheda di sicurezza del produttore dell’elettrodo, utilizzare elettrodi appropriati al tipo di saldatura e informare gli addetti sulla natura dell’elettrodo e dei pezzi da saldare e sui relativi rischi ai quali sono esposti; è altresì necessario che gli addetti siano formati alle corrette procedure di lavorazione e sottoposti a sorveglianza sanitaria.
- D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
Manutenzioni su
impianti e tubazioni del vapore
descrizione
Le manutenzioni nelle aziende del comparto possono essere eseguite su tubazioni di adduzione del vapore, e su macchine ed impianti utilizzanti vapore in pressione. Questo può esporre gli addetti a sfiati di vapore e condensa ad elevata temperatura.
danno atteso
Ustioni.
prevenzione
Informazione e formazione degli addetti alle procedure di lavoro corrette, come ad esempio l’intercettazione del vapore chiudendo le valvole sulla tubazione interessata dalla riparazione ed attendere il raffreddamento prima di intervenire. In caso di lavoro appaltato a ditta esterna, è necessario il coordinamento del lavoro e delle procedure di sicurezza con il responsabile della sicurezza aziendale.
- Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
Esposizione a
radiazioni infrarosse e ultraviolette
descrizione
Le operazioni di officina che richiedono la saldatura espongono gli addetti a radiazioni infrarosse ed ultraviolette.
danno atteso
Danneggiamento della vista.
prevenzione
Per le operazioni di manutenzione in questo caso è opportuno schermare la sorgente di emissione e indossare D.P.I. (occhiali scuri specifici per la protezione dalle radiazioni).
È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli addetti (visita e controlli oculistici).
Esposizione a
schegge incandescenti
descrizione
I lavori di saldatura possono essere causa di esposizione alla proiezione di materiale incandescente.
danno atteso
Ustioni, lesioni agli occhi.
prevenzione
È necessaria la informazione e formazione degli addetti i quali sono tenuti ad indossare guanti, tuta e visiere protettive.
- D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.
Lavoro in prossimità
di organi meccanici in movimento
descrizione
Le operazioni di manutenzione e in genere le mansioni di officina, comprese le mansioni elettromeccaniche, possono comportare rischi di presa, trascinamento, urti e schiacciamento.
danno atteso
Lesioni traumatiche quali contusioni, ferite e amputazioni.
prevenzione
Occorre in primo luogo accertarsi che gli impianti siano conformi alle norme di sicurezza. Le macchine e gli impianti devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza e di dispositivo che impedisca il riavvio intempestivo della macchina in caso ritorni l’alimentazione elettrica dopo che questa era venuta a mancare.
Gli operatori addetti all’officina meccanica devono conoscere in anticipo la parte di macchina o impianto che vanno a manipolare, attraverso la consultazione del manuale di uso e manutenzione in sicurezza. Pertanto l’azienda deve fornire al personale tutte le informazioni necessarie oltre a quelle dettate dalla pratica di esperienza giornaliera.
È anche necessario scongiurare il pericolo di avviamento intempestivo della macchina da parte di un addetto mentre un altro sta effettuando l’intervento di manutenzione. A tale scopo, prima di iniziare le operazioni di manutenzione, si può attuare una procedura di tipo “Blocca e Segnala”, che può consistere, ad esempio, nel bloccare tutte le forme di energia che possono fare muovere le varie parti della macchina, impossessarsi della chiave del quadro di controllo e apporre su quest’ultimo un cartello con una scritta del tipo “Non azionare la macchina – manutenzione in corso”.
Devono essere vietati interventi a macchina in moto con protezioni rimosse a meno che non vengano utilizzati dispositivi che garantiscano lo stesso livello di sicurezza (ad esempio pulsantiera ad uomo presente che permetta solo l’avanzamento a impulsi e che, una volta inserita, escluda il quadro di comando della macchina).
Gli addetti devono indossare indumenti idonei, privi di parti svolazzanti che potrebbero essere causa di impigliamento e conseguente presa e trascinamento da parte degli organi meccanici in movimento. Perciò le tute sono da preferire ai grembiuli ed è bene che le maniche siano chiuse al polso.
- Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
-
Norme UNI EN
291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1,
1012/2
Movimentazione
meccanica e manuale dei carichi
descrizione
Le fasi di riparazione e manutenzione meccanica possono talvolta richiedere il sollevamento e il trasporto di grandi componenti di impianto (ventilatori, tramogge, parti meccaniche o macchine stesse) con rischi infortunistici per urti e schiacciamenti con conseguenti ferite e contusioni. Può avvenire anche il cedimento di una imbracatura o della struttura imbracata.
danno atteso
Lesioni quali contusioni, ferite e amputazioni.
prevenzione
Si vedano le indicazioni di sicurezza riportate nella fase specifica su “movimentazione meccanica dei carichi”. Si ricorda qui in particolare l’importanza della verifica degli impianti di sollevamento e di indossare scarpe di sicurezza ed elmetto. Quest’ultimo diviene indispensabile per impianti o accessori d’impianto composti, infatti in tali spostamenti, possono cadere parti di impianto di peso considerevole che potrebbero accidentalmente essere non ben fissate.
Durante la movimentazione manuale di lamiere sono inoltre possibili ferite da taglio, pertanto è necessario indossare guanti adeguatamente resistenti.
La movimentazione manuale delle attrezzature di lavoro (valigie degli attrezzi, saldatrici, ecc...) può causare disturbi muscolo-scheletrici. È pertanto opportuno l'utilizzo di carrelli porta attrezzi e carrellini per le bombole di saldatura.
Sono fondamentali l’organizzazione del lavoro, la formazione e l’informazione degli addetti.
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938.
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 11 “Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. X, Capo III, Art. 381 "Protezione del capo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. V “Mezzi ed apparecchi di sollevamento, trasporto e immagazzinamento” (Capo I “Disposizioni generali”, Capo II “Gru, argani, paranchi e simili”, Capo III “Ascensori e montacarichi”, Capo V “Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici”) D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 10 “Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro” D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
- Tit. II, Capo V "Illuminazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- All. 1 "Requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine e dei componenti di sicurezza" D.P.R. n.459 del 24.07.1996.
Lavoro in
prossimità di parti elettriche
descrizione
Durante le manutenzioni è possibile che l’intervento riguardi parti elettriche, pertanto può esistere il rischio di contatti diretti e indiretti con parti sotto tensione elettrica.
danno atteso
Folgorazione per elettrocuzione.
prevenzione
Occorre in primo luogo accertarsi che gli impianti rispettino le norme di sicurezza. Gli interventi devono essere eseguiti su macchine / impianti disinseriti ed esclusivamente da parte di personale specializzato e formato ad intervenire in sicurezza nei casi specifici che il lavoro richiede.
Per gli apparecchi elettrici portatili (trapano, mola flessibile, saldatrici elettriche), ad ogni utilizzo è anche necessario controllare il buono stato dei cavi di alimentazione.
-
Legge
n. 791 del 18.10.1977 "Attuazione della direttiva del consiglio delle
Comunità europee (n. 72/23/CEE) relativa alle garanzie di sicurezza che deve
possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni
limiti di tensione".
-
Titolo
VII del D.P.R. n. 547/1955 "Impianti macchine ed apparecchi vari"
-
D.M.Ind.
del 13.03.1987 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate
unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi
italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della
legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE
relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico"
-
D.M.
(Industria) 12.02.1996 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme
armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo)
testi italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3
della legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n.
73/23/CEE relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico".
-
D.Lgs.
n. 626 del 25.11.1996 "Attuazione della direttiva 93/68/CEE, in materia di
marcatura CE del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro
taluni limiti di tensione".
-
D.Lgs.
n. 277 del 31.07.1997 "Modificazioni al D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 626
(2), recante attuazione della direttiva 93/68/CEE in materia di marcatura CE
del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di
tensione".
-
D.M.Ind. del 13.06.1989 "Liste
degli organismi e dei modelli di marchi di conformità, pubblicazione della
lista riassuntiva di norme armonizzate, unitamente al recepimento ed alla
pubblicazione di ulteriori (5° gruppo) testi italiani di norme C.E.I., in
applicazione della L. 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva
n. 73/23/CEE, relativa alla garanzia di sicurezza del materiale elettrico".
-
Art.
5, 6, 7 sez. II; Art. 9 sez. III, della Direttiva CEE/CEEA/CE n. 656 del
30.11.1989: " Direttiva del Consiglio
del 30 novembre 1989 relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza
e salute per l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione
individuale durante il lavoro (D.P.I.) (terza direttiva particolare ai sensi
dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)".
-
Legge
n. 46 del 05.03.1990 "Norme per la sicurezza degli impianti "
Utilizzo del
cannello ossiacetilenico
descrizione
L’utilizzo del cannello ossiacetilenico per la saldatura, può essere causa per gli addetti di esposizione a vari rischi.
danno atteso
Ustioni per contatto con la fiamma o superfici calde; lesioni traumatiche, in caso di scoppio delle bombole, le cui conseguenze per gli addetti potrebbero essere fatali; danni alla vista per esposizione a calore radiante e radiazioni luminose; intossicazioni e danni all’apparato respiratorio per esposizione ai fumi di combustione.
prevenzione
L’attrezzatura ossiacetilenica deve essere dotata di valvole di sicurezza applicate quanto più possibile vicine ai cannelli, in modo tale da impedire il ritorno di fiamma e l’afflusso dell’ossigeno o dell’aria nelle tubazioni del gas combustibile, permettere un sicuro controllo in ogni momento del suo stato di efficienza, impedire la possibilità che avvenga uno scoppio per ritorno di fiamma.
Per ridurre l’esposizione ai fumi di combustione sono necessari impianti di aspirazione localizzata, fissi o portatili.
Gli addetti devono essere adeguatamente informati e formati alle corrette modalità di lavoro e all’utilizzo dei D.P.I. (tuta, guanti, maschere filtranti, occhiali o visiere) e sottoposti a sorveglianza sanitaria.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
Stoccaggio e movimentazione
bombole per cannello ossiacetilenico
descrizione
Lo stoccaggio delle bombole
per il cannello ossiacetilenico può comportare il rischio di fughe di gas e di
scoppio, quest'ultimo dovuto in particolare al fatto che l'acetilene disciolto
può decomporsi in idrogeno e carbonio. L'energia di attivazione della reazione
di decomposizione dell'acetilene è relativamente bassa, ad esempio può essere sufficiente una
esposizione prolungata al calore, e/o un forte urto della bombola. La reazione
di composizione può durare anche diverse ore, tanto che l'esplosione può
avvenire anche il giorno successivo a quello in cui il contenitore ha subito
l'insulto; in altri comparti
produttivi, si sono verificati infortuni mortali a causa dell'esplosione di
bombole di acetilene, pertanto è necessaria la massima attenzione nello
stoccaggio, movimentazione ed utilizzo di bombole di acetilene. Depositi con
quantitativi maggiori o uguali a 75 Kg., sono soggetti a controllo obbligatorio
di prevenzione incendi (D.M.I. del 16.02.1982).
danno atteso
Lesioni traumatiche, in caso di scoppio delle bombole; possibili disturbi muscolo – scheletrici in caso di movimentazione manuale.
prevenzione
Le bombole devono essere
dotate della prescritta etichettatura ed essere stoccate in luogo separato,
ventilato, al riparo dalle intemperie e lontane da fonti di calore. Nel locale
di stoccaggio deve essere disposto e segnalato il divieto di fumare e usare
fiamme libere. L’impianto elettrico deve essere idoneo alla classificazione di
pericolosità del luogo secondo le norme CEI e deve essere rispettata la
normativa generale antincendio. É opportuno predisporre una procedura di
emergenza in caso si sospetti che le bombole di acetilene abbiano subìto un
insulto tale che possa dare luogo ad esplosione.
Per la prevenzione dai
disturbi muscolo scheletrici è opportuno l’utilizzo di appositi carrelli (si
veda anche il paragrafo relativo alla movimentazione manuale).
Gli addetti devono essere
informati e formati.
- vedere il paragrafo relativo a “esplosione - incendio”.
- D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i.
APPALTI ESTERNI
In genere, tutte le opere di manutenzione preventiva
e non, vengono programmate dall’azienda ed eseguite da apposite squadre di
manutenzione, le quali talvolta sono costituite da ditte esterne che lavorano
presso l’azienda del comparto in esame.
IMPATTO ESTERNO
I principali fattori di impatto ambientale in questa
fase lavorativa sono i seguenti:
Emissioni in atmosfera
Polveri, fumi e vapori che si sviluppano durante le riparazioni meccaniche sugli impianti possono diffondere nell’ambiente esterno. Si tratta di emissioni saltuarie in quanto dovute a manutenzioni e riparazioni e non direttamente connesse con il ciclo produttivo; in genere sono emissioni diffuse (cioè non convogliate) e, quando vengono utilizzati dispositivi mobili di aspirazione localizzata, l’aria filtrata viene nuovamente immessa nell’ambiente di lavoro.
Diffusione di rumore all’esterno
Alcune lavorazioni, specie quelle che necessitano
l’utilizzo di attrezzature manuali (quali ad esempio martelli) e utensili
elettrici (mole, trapani, ecc…) possono provocare diffusione di rumore
nell’ambiente esterno con conseguente disturbo della popolazione. La soluzione
consiste in primo luogo nel cercare di ridurre il rumore alla fonte, effettuare
le lavorazioni più rumorose in orari diurni, utilizzare schermature
fonoisolanti - fonoassorbenti.
Produzione di rifiuti
I principali rifiuti prodotti in questa fase sono:
-
lamiere
e parti meccaniche derivate dalla sostituzione e/o demolizione di parti di
macchine e impianti meccanici.
-
oli
minerali esausti utilizzati per la lubrificazione delle macchine, sostituiti
durante la manutenzione.
Consumo delle risorse
I consumi principali in questa fase riguardano oli minerali per la lubrificazione delle macchine, materiali per saldatura (elettrodi, gas per cannello ossiacetilenico), lamiere e parti metalliche. Inoltre si ha consumo di energia elettrica per l’alimentazione delle macchine utensili fisse o portatili.
I principali fattori di rischio ambientale in questa fase lavorativa sono i seguenti:
Durante le operazioni di manutenzione, in particolare di smontaggio e sostituzione di parti meccaniche, possono avvenire sversamenti di eventuali prodotti chimici utilizzati negli impianti (soluzioni per il lavaggio, ecc…). Inoltre possono avvenire sversamenti di oli minerali durante la sua sostituzione in macchine e impianti.
Lo sversamento di tali inquinanti può provocare l’inquinamento del suolo e delle acque, pertanto sono necessarie misure organizzative, procedurali ed impiantistiche, atte a contenere e raccogliere eventuali sversamenti, e per lo smaltimento corretto dei prodotti recuperati.
Esplosione – Incendio
Lo stoccaggio di bombole ossiacetileniche e l’attività di saldatura possono determinare rischi di esplosione ed incendio che può estendersi a tutta l’azienda, con conseguente inquinamento dovuto alla emissione in atmosfera dei prodotti di combustione ed il rischio di spargimento delle acque utilizzate per lo spegnimento dell’incendio.
Depurazione degli scarichi idrici
DESCRIZIONE DELLA FASE LAVORATIVA
Nelle fasi lavorative precedentemente descritte si è più volte ricordata la necessità di depurare le acque di scarico derivanti dal ciclo produttivo, prima della loro immissione nei corpi idrici.
L’impianto di depurazione è in genere costituito da una prima vasca di decantazione per il recupero degli oli, alla quale seguono una o più vasche di depurazione a fanghi attivi, a loro volta seguite da un biofiltro. In genere sono presenti anche vasche per il trattamento finale di disidratazione dei fanghi, dall’impianto di dosaggio dei reagenti che generalmente sono posti fuori terra dove si accede alle postazioni sopraelevate tramite scale.
I reagenti generalmente utilizzati nell’impianto di depurazione sono elencati nella tabella seguente:
Reagenti utilizzati nell’impianto di trattamento
delle acque di scarico |
||
PRODOTTO |
STATO FISICO |
MODALITA'
DI ALIMENTAZIONE |
Policloruro di alluminio 18% |
Soluzione acquosa |
Da serbatoi, mediante pompe |
Solfato di alluminio 27% |
||
Calce bianca superventilata |
Polvere |
Sacchi aggiunti manualmente |
ATTREZZATURE
E MACCHINE
Si tratta di un sistema di filtrazione biologica (da cui il nome biofiltro) che ha lo scopo di depurare i liquidi sfruttando l'attività di microrganismi immobilizzati su una struttura di supporto, in genere costituita da una numerosa serie di dischi, realizzati in materiale permeabile in modo da favorirvi la nidificazione dei microrganismi (i quali formano il cosiddetto strato biologico o limo biologico). I dischi sono posti uno accanto all’altro a distanza di pochi centimetri, sostenuti da un albero rotante ed il tutto è coperto da una struttura fissa in plastica o vetroresina o altro materiale.
Per poter essere efficacemente depurate da questa tipologia di impianto le acque da trattare devono subire un pretrattamento di chiarificazione.
I biofiltri possono essere utilizzati anche per la filtrazione dell’aria allo scopo di abbattere gli odori molesti, come quelli provenienti dall’impianto di depurazione delle acque.
FATTORI DI RISCHIO
I lavoratori addetti alla conduzione dell’impianto sono soggetti ai rischi derivanti dall’esposizione a polveri, vapori, manipolazione di prodotti chimici, movimentazione manuale dei carichi, lavoro in postazioni sopraelevate e transito in ambiente scivoloso. Particolare attenzione deve essere rivolta durante la manutenzione e pulizia degli impianti, ove sono presenti ulteriori rischi di infortuni e intossicazione per il ristagno di gas tossici o asfissianti e rischi biologici.
Esposizione a prodotti chimici
descrizione e danno
atteso
In caso di prelievo, trasporto e dosaggio manuale, i lavoratori possono essere esposti a contatto e inalazione dei vari prodotti chimici da aggiungere nelle vasche di trattamento delle acque. In particolare, per i vari prodotti, si possono evidenziare i seguenti danni attesi:
Policloruro di
alluminio
Il contatto con soluzioni di policloruro di alluminio può provocare irritazione della cute. Può risultare caustico per contatto con gli occhi.
Solfato di alluminio
Il contatto con soluzioni di concentrate di solfato di alluminio può provocare lesioni agli occhi.
Calce bianca
superventilata
L’esposizione a polveri di calce può provocare irritazione di cute, occhi e vie aeree. Può risultare caustico per contatto con la cute e gli occhi.
prevenzione
Per ridurre l'esposizione ai prodotti chimici impiegati, occorre valutare attentamente la possibilità di sostituire i prodotti più pericolosi con formulati meno tossici e l’adozione di impianti automatici a ciclo chiuso di dosaggio e miscelazione.
Per il prelievo, trasporto e dosaggio manuale dei prodotti pericolosi è necessario utilizzare attrezzature atte ad evitare sgocciolamenti, sversamenti e diffusione di vapori, quali ad esempio rubinetti autochiudenti per i fusti, pompe di travaso, contenitori di sicurezza a chiusura ermetica con tappo provvisto di molla autochiudente e beccuccio di scarico flessibile.
Inoltre è necessario che, nelle fasi di preparazione e
impiego, gli addetti indossino idonei Dispositivi di Protezione Individuali
(D.P.I.) quali guanti, grembiuli, dispositivi di protezione degli occhi e delle
vie respiratorie, e che vengano informati circa i rischi ed i danni potenziali
a seguito dell’esposizione, formati alle corrette procedure di lavoro in
sicurezza e siano messi a loro disposizione idonei servizi igienico
assistenziali: armadietti con doppio scomparto per separare gli indumenti da
lavoro da quelli civili, lavabi, docce, lavaocchi, ecc…) ed infine che vengano
sottoposti ad opportuna sorveglianza sanitaria.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
Movimentazione manuale dei carichi
descrizione e danno atteso
La movimentazione manuale dei sacchi di calce può comportare danni a carico dell’apparato muscolo - scheletrico in particolare alla colonna vertebrale degli addetti.
prevenzione
Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati opportuni ausili meccanici (apparecchi di sollevamento, ecc...). La soluzione più idonea risulta comunque essere l’adozione di impianti automatizzati per il dosaggio, la miscelazione e il trasporto dei preparati.
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Lavoro in postazioni sopraelevate e scivolose
descrizione e danno atteso
Durante la conduzione dell’impianto, i lavoratori accedono talvolta a postazioni di lavoro che comportano il rischio di caduta dall’alto. Il rischio è aggravato dalla scivolosità delle superfici di calpestio.
prevenzione
Le zone transitabili intorno
alle vasche devono essere dotate di parapetti per evitare che gli addetti
possano caderci dentro e dotate di fascia ferma piede. Inoltre le scale e le
passerelle nelle zone di lavoro e transito devono essere antiscivolo e
anch’esse dotate di parapetti e di fascia ferma piede. Le scale fisse a pioli
devono essere dotate di gabbie di protezione anticaduta. I lavoratori devono
indossare calzature adeguate.
- Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
Norme UNI EN
361, 363, 795
Esposizione a gas asfissianti
descrizione
Durante la manutenzione periodica delle vasche di depurazione delle acque, il fermo degli impianti, anche per breve durata, può provocare il ristagno di anidride carbonica, a cui gli addetti possono essere esposti nel caso entrino dentro le vasche vuote.
danno atteso
Intossicazione da anidride carbonica, rischio di asfissia per mancanza di ossigeno.
prevenzione
Le operazioni di pulizia e manutenzione degli impianti di deposito o trattamento o delle acque talvolta vengono affidate a ditte esterne e in tal caso la sicurezza di tali operazioni deve essere coordinata dal servizio di prevenzione e protezione dell'azienda. In particolare, prima di consentire l’accesso dei lavoratori alle vasche, deve essere verificata l’assenza di gas pericolosi tramite idonea strumentazione (misuratori di ossigeno). Per le operazioni preliminari di svuotamento e lavaggio, nella vasca deve essere soffiata aria esterna tramite soffiatori d’aria, altrimenti gli addetti devono essere dotati di autorespiratori. In caso di rischio di presenza di gas pericolosi o mancanza di ossigeno, l’addetto che accede all’interno della vasca, deve essere dotato di apposita imbracatura collegata ad un sistema che garantisca il recupero da parte di altra persona che presidia all’esterno. Se si fa uso di scale, queste devono essere di adeguata lunghezza, ben ancorate, stabili.
E’ fondamentale la formazione degli addetti sui rischi specifici e sulle sequenze operative per lavorare in sicurezza.
- Art. 236 "Lavori entro tubazioni, canalizzazioni, recipienti e simili nei quali possono esservi gas e vapori tossici o asfissianti" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
Esposizione a rischio biologico
descrizione
Gli addetti alla conduzione e manutenzione dell’impianto di depurazione delle acque possono essere esposti a rischio biologico.
stima
Il rischio maggiore deriva dall’esposizione ad aerosol, specie quelli provenienti dalle vasche aperte relative alle fasi iniziali di trattamento degli scarichi dove essi sono sottoposti ad aerazione per mezzo di organi meccanici in movimento (agitatori).
danno atteso
Possibili infezioni da agenti patogeni.
prevenzione
Vaccinazione degli addetti: antitetanica ed eventualmente antiepatite A, antitifica, antileptospirosi.
Norme igieniche: non mettere in bocca mani sporche; non bere, mangiare o fumare durante il lavoro; cambiarsi gli indumenti di lavoro e farsi la doccia al termine del turno di lavoro; armadietti a doppio scomparto per riporre separatamente gli abiti civile da quelli di lavoro.
Indossare maschere di protezione delle vie respiratorie specifiche per aerosol, in caso di transito o stazionamento in prossimità delle vasche dove si possono produrre aerosol; occhiali protettivi con riparo laterale per la protezione da schizzi.
Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli esposti.
-
D.Lgs.
626/1994 e successive modifiche e integrazioni.
APPALTI ESTERNI
Alcune aziende non dispongono di un proprio depuratore e le acque di scarico sono inviate a depuratori consortili o comunali.
IMPATTO ESTERNO
I principali
fattori di impatto ambientale di questa fase sono i seguenti:
Produzione di rifiuti
Il rifiuto principale prodotto da questa fase del ciclo produttivo è costituito dai fanghi disidratati derivanti dall’impianto di depurazione.
Diffusione di cattivi odori
Dall’impianto di depurazione acque si possono diffondere cattivi odori nell’ambiente circostante. Ciò è dovuto in particolare alla presenza di notevoli quantità di sostanze altamente degradabili nei fanghi. Da qui la necessità di un completo e prolungato trattamento di ossidazione, di un corretto ed opportuno stoccaggio provvisorio che impedisca il contatto con il terreno e le acque meteoriche, nonché del frequente invio allo smaltimento definitivo.
Scarichi idrici
Nelle acque di scarico del depuratore possono risultare ancora presenti sostanze inquinanti, pertanto possono necessitare di ulteriore depurazione (ad esempio in depuratori consortili o comunali a valle del depuratore aziendale). Un problema esistente per i depuratori delle aziende del comparto è la permanenza dei cloruri nelle acque di scarico.
I principali
fattori di rischio ambientale di questa fase sono i seguenti:
Sversamenti di prodotti chimici sul suolo
I prodotti chimici utilizzati nell’impianto di trattamento delle acque di scarico, quali calce bianca, policloruro di alluminio e solfato di alluminio, possono dare luogo a sversamenti sul suolo, sia durante il rifornimento dei serbatoi da autocisterne, sia in caso di rotture o cedimenti. In caso di sversamento si può verificare l’inquinamento del suolo con possibile penetrazione nelle falde acquifere e l’emissione di vapori in atmosfera. Pertanto, devono essere previsti bacini di contenimento in materiale chimicamente resistente, tali da evitare la dispersione sul suolo in caso di sversamento e devono essere previste misure di emergenza per la neutralizzazione.
Sversamenti di acque inquinate
In caso di fuoriuscita delle acque dalle vasche di trattamento a causa di rottura, infiltrazione o trabocco, ed anche in caso di errori nella conduzione dell’impianto, si possono verificare inquinamenti dei terreni e/o dei corpi idrici limitrofi. Il rischio può essere ridotto utilizzando per l’impianto materiali tali da garantire una perfetta tenuta idraulica, installando vasche di contenimento contro eventuali sversamenti accidentali ed attuando un adeguato programma di controllo e manutenzione periodica dell’impianto escludendo così ogni possibilità di infiltrazione ed inquinamento del suolo o delle falde idriche.
Laboratori
per analisi microbiologiche e chimiche
DESCRIZIONE DELLA FASE
Le aziende più grandi dispongono di laboratori
microbiologici e laboratori chimici per effettuare diversi tipi di analisi, ad
esempio sui prodotti finiti (carica batterica, muffe, lieviti, coliformi,
lattobacilli, pH, anidride solforosa, ecc…), sulle acque di scarico nelle varie
fasi del processo di depurazione (BOD, COD, cloruri, ecc…), sulle acque di
caldaia per verificare l’addolcimento e la demineralizzazione dell’acqua
impiegata per la produzione di vapore.
Nel laboratorio microbiologico, per la
sterilizzazione delle capsule contenenti i terreni di coltura, è utilizzata una
piccola autoclave.
Spesso le analisi sono appaltate a laboratori
esterni.
Per i rischi specifici di questo reparto si rimanda
al profilo di rischio dei laboratori
di analisi.
Leggi fondamentali
La Costituzione della Repubblica Italiana,
legge fondamentale dello Stato, inquadra il problema dell’igiene e sicurezza
del lavoro con tre articoli:
-
Art. 32 "La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti".
-
Art. 35 "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le
sue forme ed applicazioni"
-
Art. 38 secondo e terzo comma: "I lavoratori hanno
diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di
vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione
involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e
all'avviamento professionale".
Nel Codice Civile vi sono due articoli
particolarmente rilevanti:
-
Art. 2087 (Tutela delle condizioni di lavoro)
"L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio della impresa le
misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica,
sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei
prestatori del lavoro".
-
Art. 2050 (Responsabilità per l'esercizio di attività
pericolosa) "Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di una
attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è
tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee
ad evitare il danno".
Il Codice Penale, a sua volta, contiene
una serie di articoli importanti, dei quali, per brevità, citiamo soltanto i
titoli:
-
Art. 437 Rimozione od omissione dolosa di cautela contro
infortuni sul lavoro.
-
Art. 451 Omissione colposa di cautele o difese contro
disastri o infortuni sul lavoro.
-
Artt. 582-583 Lesione personale e circostanze
aggravanti.
-
Art. 590 Lesioni personali colpose.
Testo unico delle leggi sanitarie (1934).
Negli
ultimi quaranta anni sono state approvate numerose ed importanti leggi, ognuna
di esse ha rappresentato un passo avanti sulla strada dello sviluppo civile del
paese.
- D.P.R. n. 547 del 27.04.1955 (G.U. n. 158 del 02.07.1955) – Norme generali per la prevenzione degli infortuni. Norme per prevenzione degli infortuni sul lavoro.
-
D.P.R.
n. 302 del 19.03.1956 – Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro
integrative di quelle generali emanate con D.P.R. n. 547/1955.
-
D.P.R.
n. 303 del 19.03.1956 – Norme generali per l’igiene del lavoro.
-
D.M.L.
del 28.07.1958 – Presidi chirurgici e farmaceutici aziendali.
-
D.M.L.
del 12.09.1958 – Istituzione del registro degli infortuni.
-
D.P.R.
n. 1124 del 30.06.1965 – Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
-
Legge
n. 977 del 17.10.1967 – Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti.
-
Legge
n. 300 del 20.05.1970 – Norme sulla tutela della libertà e dignità dei
lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di
lavoro e norme sul collocamento.
-
D.M.L.
del 18 aprile 1973 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la
denuncia contro gli infortuni sul lavoro e la malattie professionali.
-
Legge
n. 833 del 23.12.1978 – Istituzione del servizio sanitario nazionale.
-
Legge
n. 46 del 05.03.1990 – Norme per la sicurezza degli impianti
-
D.Lgs.
n. 277 del 15.08.1991 – Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n.
82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di
protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti
chimici, fisici e biologici durante il lavoro a norma dell’Art. 7 della Legge
n. 212 del 30.07.1990.
-
D.Lgs.
n. 77 del 25.01.1992 – Attuazione della direttiva 88/364/CEE in materia di
protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad agenti chimici,
fisici e biologici.
- D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 (con successive modifiche e integrazioni) “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 99/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
-
D.Lgs.
n. 242 del 19.03.1996 – Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994,
recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
-
Circolare
Ministero del Lavoro n. 89 del 27.06.1996 – Direzione generale dei rapporti di
lavoro Divisione VII - D.Lgs. n. 242/1996, , contenente modificazioni ed
integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994, in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro. Direttive per l’applicazione.
-
D.P.R.
n. 459 del 24.07.1996 – Regolamento per l’attuazione delle direttive
89/392/CEE, 81/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento
degli stati membri relative alle macchine.
-
D.Lgs.
n. 493 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/58/CEE concernente le
prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sui luoghi di
lavoro.
-
D.Lgs.
n. 494 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/57/CEE concernente le
prescrizioni minime di sicurezza e/o di salute da attuare nei cantieri
temporanei o mobili.
-
Circolare
n. 172 del 20.12.1996 – Ulteriori indicazioni in ordine di applicazione del
D.Lgs. n. 626/1994, come modificato dal D.Lgs. n. 242/1996.
-
D.M.L.
del 16.01.1997 – Individuazione dei contenuti minimi della formazione dei
lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro che
possono svolgere direttamente i compiti propri del Responsabile del Servizio di
Prevenzione e Protezione.
-
D.Lgs.
n. 151 del 26.03.2001”Testo Unico in materia di tutela e sostegno della
maternità e paternità a norma della L. n. 53 del 8.3.2000”.
Tabella riassuntiva VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE AL RUMOREe relative misure di prevenzione ai sensi del D.Lgs. n. 277/1991. |
|
Valori limite |
Principali misure da
attuare al superamento
dei valori limite |
Lep,d
80 dB(A) |
- Informare i lavoratori su: - rischi per l'udito derivanti dall'esposizione al rumore; - le misure adottate in applicazione delle norme vigenti; - le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi; - la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso; - il significato ed il ruolo del controllo sanitario per mezzo del medico competente; - i risultati ed il significato della valutazione del rumore. - Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori interessati che ne facciano richiesta ed il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi. - Privilegiare all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore. |
Lep,d
85 dB(A) |
- Formare i lavoratori su: - uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito; - uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzate in modo continuativo, producono un Lep,d pari o superiore a 85 dB(A); -
Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti
(indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive
è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori a due
anni. -
Corredare da un'adeguata informazione relativa al
rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai rischi che
questa comporta, i nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad
essere utilizzati durante il lavoro che possono provocare ad un lavoratore
che li utilizzi in modo appropriato e continuativo un'esposizione quotidiana
personale al rumore pari o superiore al limite. |
Lep,d
90 dB(A) oppure Pressione acustica istantanea non ponderata 140
dB (200 Pa) |
- Esporre una segnaletica appropriata, perimetrare e limitare l’accesso ai luoghi di lavoro. - Fornire ai lavoratori i D.P.I per la protezione dell'udito. - Consultare i lavoratori per la scelta dei modelli dei D.P.I. - I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dB(A) sono tenuti ad utilizzare i D.P.I. - Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori ad un anno. - Adottare misure preventive e protettive per singoli lavoratori, in conformità al parere del medico competente, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative. - Tenuta del registro degli esposti. - Comunicare all'organo di vigilanza, informando i lavoratori, le misure tecniche ed organizzative applicate, qualora l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulti superiore ai limiti nonostante l'adozione delle misure preventive. |
BIBLIOGRAFIA
-
C.
R. Lerici, G. Lercker, Principi di
tecnologie alimentari, ed. CLUEB Bologna, 1983.
-
Roberto
Biagini, Ricerca sulla presenza del
rischio infettivo per la salute dei lavoratori nell’industria conserviera,
Tesi di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Facoltà di Medicina e
Chirurgia, Università degli Studi di Firenze, A.A. 1988-89.
-
Panzone,
Fedi, Melosi, Carrara, Innocenti “Analisi del fenomeno infortunistico in tre
settori del comparto alimentare della Valdinievole (PT)”, Atti 58° congresso
nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale,
Bologna, 11-14/10/95.
-
Panzone,
Carra, Melosi, Rappazzo, Innocenti “Movimenti ripetitivi degli arti superiori:
risultati della valutazione dell’esposizione e dell’indagine clinica nel
confezionamento di verdure in vasetto” - Medicina del Lavoro, 1996: 87.6:
640-645.
-
Documentazione
disponibile presso la ASL di Pistoia, zona Valdinievole, medicina del lavoro,
Villa Ankuri – Margine Coperta (PT).