A.R.P.A.T.

Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana

 

http://www.arpat.toscana.it/

Settore tecnico C.E.D.I.F.

Comunicazione Educazione Documentazione Informazione Formazione

 

Unità Operativa

“Documentazione e Informazione”

 

 

 

"Profili di rischio per comparto produttivo"

 

 

 

 

Industria alimentare

Conserve alimentari vegetali

PRODUZIONE DI CONSERVE DI ORTAGGI

(nelle province di Pistoia e Grosseto).

 

 

 

 

 

 

 

 

Responsabili del procedimento la ricerca: Stefano Beccastrini, Barbara Gobbò.

Autori della ricerca: Giuseppe Banchi, Claudio Nobler, Danila Scala.

Con la collaborazione di: Incoronata Panzone, Aldo Fedi.

 

 

RICERCA FINANZIATA DA:

 

ISPESL - Istituto Superiore Prevenzione E Sicurezza del Lavoro

 

 

 

Ricerca aggiornata al settembre 2002

 

 


1.     - GENERALITÀ SUL COMPARTO

 

Nella presente ricerca si prende in esame il comparto produttivo della produzione di conserve di ortaggi in Toscana, con particolare riferimento alle province di Pistoia e Grosseto.

 

Le aziende che svolgono tale lavorazione rientrano nella più ampia classificazione del codice ISTAT-ATECO ’91 per la classificazione delle attività economiche: 15.33 – Lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi n.c.a.”, a sua volta facente parte del codice “15.3 – Lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi” compreso nel settore produttivo “15 - Industria alimentare e delle bevande”.

 

Tabella 1 – Classificazione ISTAT-ATECO ’91 del settore produttivo

Codice attività

ISTAT

aTECO ’91

Denominazione attività

15.3

Lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi

15.31

Lavorazione e conservazione delle patate

15.32

Produzione di succhi di frutta e di ortaggi

15.33

Lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi non classificati altrove.

Questa classe comprende:

-          conservazione di frutta, frutta a guscio, od ortaggi: congelamento, surgelazione, essiccazione, immersione in olio o aceto, inscatolamento, ecc...

-          fabbricazione di prodotti alimentari a base di frutta o di ortaggi.

-         fabbricazione di confetture, marmellate e gelatine da tavola.

 

Da una ricerca effettuata sui dati delle C.C.I.A.A. (Unioncamere) sul solo codice 15330 nel quale sono comprese le attività produttive del comparto in esame (e non solo), si sono ottenuti i seguenti risultati:

 

Tab. 2 – Numero unità locali e numero dipendenti in Toscana nel 1999.

 

Codice

Attività

Descrizione attività

Totale

Toscana

Numero lavoratori dipendenti suddivisi per provincia

 

 

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

 

 

15330

Lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi non classificati altrove.

418

17

88

58

25

27

2

31

25

139

6

 

 

 

Codice

Attività

Descrizione attività

totale

Toscana

Numero unità locali suddivise per provincia

 

AR

FI

GR

LI

LU

MS

PI

PO

PT

SI

 

15330

Lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi non classificati altrove.

89

8

11

16

9

8

3

7

7

16

4

 

Delle quali:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con 0 dipendenti

32

6

3

6

1

3

1

2

3

7

0

 

Da 1 a 3 dipendenti

32

1

6

6

6

2

2

2

2

1

4

 

Da 4 a 10 dipendenti

13

0

0

2

2

3

0

2

1

3

0

 

Da 11 a 15 dipendenti

5

0

1

1

0

0

0

1

1

1

0

 

Da 16 a 24 dipendenti

4

1

0

1

0

0

0

0

0

2

0

 

Oltre 24 dipendenti

3

0

1

0

0

0

0

0

0

2

0

 

Fonte: - Elaborazione ARPAT su dati delle Camere di Commercio (Unioncamere) del 1999.

 

Per cercare di individuare meglio le aziende del comparto in esame, si è inoltre effettuata una ricerca su Pagine Gialle On Line (http://www.paginegialle.it) la cui consultazione, avvenuta il 28.01.2002, ha evidenziato nella categoria “Conserve ed estratti vegetali” la presenza di n. 40 nominativi di aziende in Toscana.

 

Per la più ampia categoria delle aziende dei prodotti alimentari conservati si sono ottenuti da INAIL i dati statistici riportati nelle tabelle seguenti (Tab. 3 e Tab. 4), relative sia al numero di aziende e addetti, sia agli infortuni e alle malattie professionali.

 

Tab. 3 – Dati statistici su numero di aziende, addetti, infortuni e malattie professionali.

AZIENDE PRODOTTI ALIMENTARI CONSERVATI

ITALIA

Anno

Totale aziende

Totale addetti

INFORTUNI

MALATTIE PROFESSIONALI

Denunciati

Tipo di conseguenza

Denunciate

Tipo di conseguenza

Temporanea

Permanente

Morte

Temporanea

Permanente

Morte

1996

2.549

32.354

2.766

2.414

99

1

60

2

5

0

1997

2.590

30.541

2.351

2.068

80

3

40

4

6

0

1998

2.761

31.136

2.529

2.184

117

5

43

5

5

0

1999

2.770

31.817

2.721

2.426

96

1

30

4

1

0

2000

n.r.

n.r.

2.466

2.222

45

0

27

0

2

0

Totale 1996-2000

12.833

11.314

437

10

200

15

19

0

TOSCANA

Anno

Totale aziende

Totale addetti

INFORTUNI

MALATTIE PROFESSIONALI

Denunciati

 

Tipo di conseguenza

Denunciate

Tipo di conseguenza

Temporanea

Permanente

Morte

Temporanea

Permanente

Morte

1996

159

1.132

61

54

2

0

4

0

0

0

1997

166

995

76

67

4

0

1

1

0

0

1998

169

1.103

82

70

4

0

13

0

1

0

1999

174

1.145

85

77

4

0

1

0

0

0

2000

n.r.

n.r.

101

94

3

0

1

0

0

0

Totale 1996-2000

405

362

17

0

20

1

1

0

Fonte: INAIL

 

Tab. 4 – Indici di frequenza e gravità degli infortuni.

AZIENDE PRODOTTI ALIMENTARI CONSERVATI

INDICI DI FREQUENZA E GRAVITA' RELATIVI AL TRIENNIO 1997/1999

 

FREQUENZA

GRAVITA'

ITALIA

76,14

6,9

TOSCANA

64,48

4,7

Fonte: INAIL

 

Nei primi anni novanta sono stati eseguiti numerosi interventi da parte degli organi di vigilanza dei servizi di prevenzione pubblici, che hanno rilevato la presenza di infortuni e malattie professionali ed hanno conseguentemente avviato la messa in atto di misure di prevenzione.

 

Un’analisi del fenomeno infortunistico riferita al periodo 1990-94 nelle industrie delle conserve della Valdinievole, effettuato dalla ASL di Pistoia, ha evidenziato la prevalenza delle seguenti tipologie di infortuni:

-         27 % del totale di infortuni costituiti da tagli per contatto con oggetti taglienti (quali contenitori in vetro, coltelli, ecc…);

-         27 % del totale di infortuni costituiti da lesioni per schiacciamento da parte di organi meccanici,  mezzi di sollevamento e per caduta di gravi (flaconi, fusti, ecc…);

-         20 % del totale di infortuni per cadute in piano dovute a scivolamento;

-         7 % del totale di infortuni costituiti da lesioni sforzo (soprattutto mal di schiena);

-         5,5 % del totale di infortuni costituiti da ustioni.

Per quanto riguarda la sede delle lesioni, più della metà degli infortuni (57,9%)  riguardano l’arto superiore (la mano è interessata nel 45,6% dei casi), segue l’arto inferiore con il 20,7% dei casi (il piede da solo è interessato nel 9,8% dei casi) e la colonna lombosacrale con il 5,5% dei casi.

Le lavorazioni nelle quali si sono verificati con maggiore frequenza gli infortuni sono le operazioni di lavorazione automatica (riempimento, chiusura, etichettatura, confezionamento), la movimentazione di materiale manuale e/o con tramite carrelli elevatori, la pulizia dei macchinari nonché la loro manutenzione e riparazione, l’apertura di latte metalliche di carciofini nelle aziende medio - piccole. 

Sulla base del suddetto quadro infortunistico la ASL ha prescritto diverse misure di prevenzione, tra le quali:

-         per la prevenzione degli infortuni dovuti all’utilizzo di carrelli elevatori, accaduti in piccola percentuale (5,3 %) ma di gravità elevata (durata media: 59,2 giorni) è stata prescritta la verifica della sicurezza dei mezzi, nonché misure atte a garantire la buona visibilità dei conducenti e la predisposizione di vie di transito separate;

-         per gli svariati infortuni di elevata gravità (durata media: 34,2 giorni, anche con postumi permanenti) accaduti ai lavoratori mentre cercavano di rimuovere qualcosa rimasto incastrato nei pressi di un organo meccanico in movimento durante l’uso di macchine per riempire, tappare, etichettare e confezionare o durante la pulizia a fine turno delle macchine stesse o ancora nella loro riparazione e manutenzione, è stata prescritta una verifica della efficienza dei dispositivi di sicurezza delle macchine e il divieto di compiere sugli organi in movimento qualsiasi operazione di pulizia (salvo casi particolari che prevedano appositi dispositivi di sicurezza), riparazione e lubrificazione, nonché il divieto di intervenire, nel caso un vasetto resti incastrato nei pressi di un organo motore, senza prima aver arrestato la macchina;

-         per la prevenzione delle cadute da scivolamento (durata media: 18,2 giorni), per la maggior parte dei casi dovute a presenza di acqua o sporco sul pavimento, è stato richiesto l’utilizzo di idonee calzature con suola antiscivolo, la frequente pulizia del pavimento e verifica del suo stato di manutenzione, oltre a dover rispondere a determinati requisiti di antiscivolosità;

-         per la prevenzione delle ferite da taglio (durata media 14,2 giorni) sono stati prescritti dispositivi di protezione individuale sia alle mani (dove possibile compatibilmente con la lavorazione) sia ai piedi; inoltre è stato suggerito di valutare la possibilità di sostituzione del sistema di apertura dei contenitori di latta;

-         per la prevenzione delle ustioni (durata media 11 giorni) che si sono verificate per contatto con materiali caldi (vapore o acqua bollente, tubi e recipienti caldi, vegetali caldi) o per contatto con prodotti chimici (soda caustica utilizzata per la pulizia di macchinari e pavimenti), è stata prescritta la coibentazione e protezione di tubazioni e contenitori, e la protezione individuale (specie delle mani e degli occhi) per l’utilizzo della soda;

-         per la prevenzione delle lesioni da sforzo (durata media 8,7 giorni) sono stati prescritti strumenti strutturali, organizzativi ed educativi.  

 

Una analisi successiva nelle stesse aziende, riferita al periodo 1990-94 ed effettuata dalla stessa ASL di Pistoia (Atti 58° congresso nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale, Bologna, 11-14/10/95), ha evidenziato la prevalenza (31,8%) degli infortuni da contatto con oggetti taglienti. Riguardo alla sede della lesione, le dita delle mani rappresentano la parte più colpita (30,5 % dei casi). Pur in presenza di indici abbastanza alti è stata evidenziata una tendenza alla riduzione del fenomeno infortunistico nel corso degli anni ed il notevole abbattimento degli indici di frequenza e gravità rispetto al quinquennio precedente, anche grazie alle misure di prevenzione adottate. Da tale analisi emergeva comunque l’opportunità di ulteriori sforzi, anche di informazione e formazione dei lavoratori, per portare al minimo il fenomeno.

 

Tab. 4 – Fenomeno infortunistico nelle aziende del comparto in Valdinievole (PT), anni 90-94. 

N° aziende

3

Ore lavorate

1.222.048

N° infortuni nel quinquennio 1990-94

95

Giornate lavorative perse

1.977

Indice di frequenza

7,77

Indice di gravità

1,62

Durata Media

20,8

 

Successivamente sono stati affrontati i rischi da movimenti ripetitivi a causa di riscontro di patologie professionali correlate (tendiniti, periartriti, sindome del tunnel carpale, ecc...).

Uno studio condotto su una popolazione di 29 addette alla preparazione delle conserve (reparto cucina) effettuato allo scopo di valutare la prevalenza di affezioni muscoloscheletriche degli arti superiori ha evidenziato che solo il 20% dei soggetti (donne con età media di 41,3 anni deviazione standard 9,2 e anzianità lavorativa media di 16,7 anni deviazione standard 7,2) è emerso che solo il 20% è anamnesticamente negativo, mentre l’80% dei soggetti è portatore di uno o più disturbi da trauma ripetitivo degli arti superiori. I disturbi non hanno netta prevalenza a destra e ciò concorda con l’analisi del rischio che vede impegnati entrambi gli arti. L’analisi del rischio e la valutazione clinica confermano il ruolo causale svolto dall’alta frequenza di azioni, combinate con posture incongrue e dalla carenza dei necessari tempi di recupero, nel determinare l’insorgenza delle patologie esaminate (Panzone, Carra, Melosi, Rappazzo, Innocenti “Movimenti ripetitivi degli arti superiori: risultati della valutazione dell’esposizione e dell’indagine clinica nel confezionamento di verdure in vasetto” - Medicina del Lavoro, 1996: 87.6: 640-645) .

 

Altre informazioni caratterizzanti il comparto

 

Il comparto produttivo delle conserve di ortaggi in Toscana, in particolare nelle aree di riferimento per la presente ricerca (PT e GR), ha visto storicamente una notevole presenza femminile, per lo più emigrate dal sud d’Italia. Ancora oggi le lavorazioni centrali del ciclo produttivo sono svolte da donne, mentre gli uomini svolgono lavori di movimentazione carichi (manuale e/o con carrelli elevatori) e di manutenzione degli impianti.

La tendenza di alcune aziende sembra essere quella di sostituire, man mano che vanno in pensione, le operaie con operai. Ciò trova motivazione anche per il fatto che certe lavorazioni faticose per movimenti ripetitivi, posture sfavorevoli e stazionamento in piedi, sembra abbiano favorito nelle donne l’insorgenza di varici, lombalgia e altri danni muscoloscheletrici. Nelle aziende più grandi diventa rilevante la quota di personale occupata negli uffici rispetto a quella presente nei reparti di produzione (ad esempio in una ditta del comparto esaminata 50 dipendenti su 108 sono impiegati).

 

La lavorazione di prodotti alimentari di origine vegetale per produrre conserve sotto aceto o olio, pastorizzate, richiede il rispetto di norme igieniche di carattere generale, che non comportano layout o procedure speciali di controllo della contaminazione microbiologica nei reparti. Gli addetti alla lavorazione indossano camici, copricapi, guanti (in particolare gli addetti alla cernita e al caricamento dei prodotti), oltre agli indumenti protettivi personali (stivali, cuffie, giacche, ecc...), come si osserva nelle foto riportate più avanti nel documento.

 


Tab. 5 - Dati sui rifiuti prodotti

Attività produttive: Lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi non classificati altrove

(codice ISTAT-ATECO ’91: 15330), Toscana, anno 1999.

Codice PCER2

Pericolosità

Descrizione TIPO DI RIFIUTI

Provincia

Quantità

(tonnellate)

020105

P

rifiuti agrochimici

GR

0,027

 

Totale codice 020105

 

0,027

020301

 

fanghi derivanti da operazioni di lavaggio, pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione di componenti

GR

9,920

PT

168,300

 

Totale codice 020301

 

178,220

020304

 

scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione

FI

50,750

GR

67,550

LI

301,152

PI

84,657

PT

466,404

 

Totale codice 020304

 

970,513

020305

 

fanghi dal trattamento sul posto degli effluenti

GR

254,870

PI

14,320

 

Totale codice 020305

 

269,190

020399

 

rifiuti non specificati altrimenti

PT

187,740

 

Totale codice 020399

 

187,740

070704

P

altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri

GR

0,003

 

Totale codice 070704

 

0,003

080309

 

toner per stampa esaurito (comprese le cartucce)

PT

0,040

 

Totale codice 080309

 

0,040

120102

 

altre particelle di metalli ferrosi

LI

4,000

 

Totale codice 120102

 

4,000

130203

P

altri oli da motori, trasmissioni e ingranaggi

GR

1,571

LI

1,400

PT

0,026

 

Totale codice 130203

 

2,997

130601

P

altri rifiuti oleosi non specificati altrimenti

GR

0,160

 

Totale codice 130601

 

0,160

150101

 

carta e cartone

GR

33,444

LI

12,820

PT

94,170

 

Totale codice 150101

 

140,434

150102

 

imballaggi in plastica

GR

22,920

LI

16,180

PI

3,163

PT

139,105

 

Totale codice 150102

 

181,368

150104

 

imballaggi in metallo

LI

12,630

PT

72,000

 

Totale codice 150104

 

84,630

150106

 

imballaggi in più materiali

FI

1,660

GR

13,000

LI

2,027

PT

600,610

 

Totale codice 150106

 

617,297

160205

 

altre apparecchiature fuori uso

PT

0,320

 

Totale codice 160205

 

0,320

160208

 

rifiuti della demolizione dei veicoli

GR

53,160

 

Totale codice 160208

 

53,160

160302

 

prodotti fuori specifica organici

GR

76,300

 

Totale codice 160302

 

76,300

160601

P

accumulatori al piombo

GR

1,628

 

Totale codice 160601

 

1,628

170405

 

ferro e acciaio

GR

88,930

LI

34,360

LU

2,616

PT

2,500

 

Totale codice 170405

 

128,406

170701

 

rifiuti misti di costruzioni e demolizioni

GR

9,000

 

Totale codice 170701

 

9,000

190601

 

fanghi da trattamento anaerobico di rifiuti urbani e simili

PT

21,000

 

Totale codice 190601

 

21,000

190805

 

fanghi di trattamento delle acque reflue urbane

GR

16,000

 

Totale codice 190805

 

16,000

200101

 

carta e cartone

LI

3,100

 

Totale codice 200101

 

3,100

200102

 

Vetro

GR

41,620

PT

27,470

 

Totale codice 200102

 

69,090

200109

 

oli e grassi

PO

0,385

PT

58,680

 

Totale codice 200109

 

59,065

200304

 

fanghi di serbatoi settici

GR

1.459,240

PI

9,000

 

Totale codice 200304

 

1.468,240

Totale complessivo

 

4.541,928

Fonte: elaborazione a cura ARPAT dalle denunce M.U.D. (Modulo Unico di Dichiarazione) del 1999.

Catasto Regionale dei Rifiuti (A.R.P.A.T. - Sezione Regionale del Catasto Rifiuti)

 

 


2. - DESCRIZIONE GENERALE DEL CICLO DI LAVORAZIONE

 

Il ciclo produttivo della produzione di conserve di ortaggi, quali ad esempio carciofini, cetriolini, cipolline, peperoni, melanzane, olive, capperi, funghi, carote, sedano ed altre verdure scelte per produrre sottolio e sottaceti in vasetti di vetro o vaschette e sacchetti di plastica può essere descritto come segue.

 

I prodotti vegetali arrivano in azienda su camion e furgoni, sono quindi scaricati e immagazzinati per una prima conservazione in attesa di essere inviati alla linea di trasformazione e conservazione.

Alcuni prodotti vegetali stagionali giungono in azienda freschi entro cassette di legno o di plastica, ma la maggior parte dei prodotti in arrivo sono semilavorati già in salamoia (soluzione di acqua e sale al 10 - 15 %) entro bidoni di plastica o di latta del peso di 25,  50  o  250 Kg provenienti in gran parte da industrie agroalimentari del mezzogiorno di Italia.

La lavorazione si differenzia quindi a seconda che si parta dai vegetali freschi o da semilavorati in salamoia.

La lavorazione dei vegetali freschi inizia con il lavaggio allo scopo di eliminare impurezze e parassiti. Segue la cernita allo scopo di eliminare i vegetali troppo maturi o alterati e la calibratura che consiste nel suddividerli sulla base della loro dimensione. Si procede con la preparazione che consiste nella eliminazione di tutte le parti non commestibili (bucce, noccioli, torsoli, semi, ecc…) a seconda del tipo di vegetale. A questo punto alcuni vegetali sono pronti per essere introdotti direttamente in vasetti di vetro preventivamente preparati, mentre altri (come i peperoni o le cipolle) sono prima sottoposti a scottatura o cottura. Nei vasetti, insieme ai vegetali, è introdotto anche il liquido di governo e conservazione (olio o aceto o salamoia).

Una volta riempiti i vasetti di vetro sono pesati, chiusi con capsule metalliche, sterilizzati oppure pastorizzati, etichettati e immessi entro scatole di cartone (oppure fasciati con materiale plastico termoretraibile). Le scatole (o le confezioni) sono quindi pallettizzate, immagazzinate ed infine spedite.

La lavorazione dei prodotti semilavorati in salamoia inizia invece con la dissalatura dopo di ché si passa alla preparazione come nel caso precedente.

 

Sono inoltre presenti diverse lavorazioni accessorie e/o trasversali a più fasi lavorative, quali la sanificazione degli impianti e degli ambienti di lavoro, la produzione di vapore con centrali termiche, le analisi microbiologiche e chimiche effettuate in laboratorio, la depurazione degli scarichi idrici, la movimentazione meccanica dei carichi e la manutenzione meccanica degli impianti.

 

Nella figura seguente è riportato lo schema a blocchi di massima del ciclo lavorativo.

 


schema a blocchi del ciclo lavorativo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

3.

 

ANALISI DEI RISCHI, DANNI E PREVENZIONE

PER FASE LAVORATIVA

 


Ingresso e stoccaggio di materie prime ed altre merci

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

I vegetali freschi o conservati in salamoia (acqua e sale) arrivano in azienda a bordo di camion e furgoni dai quali sono scaricati con carrelli elevatori e immessi in magazzino.

I veicoli che conferiscono i prodotti vegetali transitano dai piazzali esterni dello stabilimento produttivo con il seguente percorso: dal cancello di ingresso fino al punto di pesata (con pesa a ponte); poi al punto di scarico dei prodotti (in magazzino o nel piazzale aziendale); quindi di nuovo alla pesa (per calcolare la differenza di peso); infine al cancello di uscita, che spesso è lo stesso di quello di ingresso (eventualmente dopo una sosta al parcheggio). Nel periodo della raccolta di alcuni prodotti vegetali freschi il via vai dei mezzi può essere notevole.

I vegetali freschi sono in genere contenuti in ceste di plastica o di legno, mentre i semilavorati in salamoia sono contenuti in grossi fusti di plastica (talvolta anche in contenitori di latta). I fusti pieni pesano circa 250 Kg e sono in genere posti quattro alla volta su un pianale di legno per essere movimentati con carrello elevatore a forche, altrimenti i fusti sono movimentati singolarmente per mezzo di carrelli elevatori a pinza.

I fusti, una volta scaricati sul piazzale aziendale, sono talvolta sistemati meglio uno accanto all’altro da un addetto che li prende singolarmente e li sposta inclinandoli e ruotandoli.

I fusti immagazzinati sono periodicamente controllati dagli addetti allo scopo di verificare che siano colmi del liquido di governo che, se manca, viene aggiunto.

Gli automezzi che hanno conferito in azienda i fusti pieni ritornano al fornitore con i fusti vuoti che sono stati caricati sugli automezzi stessi per mezzo dei carrelli elevatori.

Olio e aceto arrivano allo stabilimento produttivo in autocisterne dalle quali sono immessi direttamente nei serbatoi dell’azienda tramite pompe e tubazioni flessibili.

Altre merci in ingresso, significative per quantità e per problematiche di movimentazione e stoccaggio, sono i materiali utilizzati per il confezionamento e per la pulizia – sanificazione (vedere le relative fasi produttive di seguito riportate).

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Autocisterna

Si tratta di cisterne camionabili in genere di acciaio inox, dotate di passerella sulla sommità per l’accesso dell’addetto durante le operazioni di riempimento o lavaggio.

 

Serbatoi per liquidi

Si tratta di contenitori per liquidi di forma cilindrica installati verticalmente fuori terra, di grande capacità misurata in ettolitri, in genere realizzati in acciaio inox, utilizzati per contenere olio o aceto. Si tratta di serbatoi simili a quelli utilizzati nelle aziende di vinificazione e nei frantoi. Sono dotati di raccordi per l’innesto di tubazioni da collegare alle autocisterne e di boccaporti per favorire il lavaggio e la eventuale manutenzione dall’interno.

 

Carrelli elevatori

Si tratta in genere di carrelli elevatori a trazione elettrica. L’attrezzo di sollevamento può essere costituito da forche (per il sollevamento di pianali di legno) oppure da una pinza per il sollevamento dei singoli fusti (bidoni).

 

Scaffalature

Si tratta di scaffalature metalliche verticali la cui portata dipende dai diversi prodotti e dalle necessità aziendali, ad esempio:

-         scaffalature di struttura robusta, per lo stoccaggio dei palletts;

-         scaffalature di struttura leggera, per lo stoccaggio di vari materiali accessori (capsule, etichette, ecc…), in genere entro scatole di cartone.

Per l’accesso ai ripiani più alti delle scaffalature per materiali leggeri, talvolta vengono utilizzate scale portatili.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Transito di veicoli nei piazzali aziendali

descrizione

Il transito dei mezzi nei piazzali aziendali può comportare il rischio di investimento dei lavoratori e il rischio di collisioni tra i mezzi.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

prevenzione

Predisporre e segnalare (mediante segnaletica orizzontale e verticale) percorsi separati per pedoni ed automezzi. Stabilire e segnalare il limite di velocità a 5 Km/h. A seconda delle dimensioni del piazzale, valutare l’opportunità di stabilire, segnalare e rispettare percorsi a senso unico.

riferimenti normativi

-         Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.

-         D.Lgs. n. 626/1994 e successive modifiche e integrazioni.

 

Lavoro in postazioni sopraelevate

descrizione

Le operazioni di riempimento dei silos di olio e aceto dalla autocisterna possono comportare la necessità di raggiungere postazioni in altezza con conseguente rischio di caduta dall'alto. Anche per le operazioni di pulizia dell’autocisterna l'addetto accede alla sua sommità, con rischio di caduta dall'alto.

danno atteso

Lesioni traumatiche (anche mortali).

prevenzione

Predisporre accessi sicuri alle postazioni in altezza ai silos con gradini stabili e antiscivolo, parapetti, fascia fermapiedi, ecc… come prescritto dalle norme vigenti.

Anche l'accesso alla parte superiore della autocisterna deve essere reso sicuro, ad esempio con una scaletta robusta dotata di gradini stabili e antiscivolo, oltre a dotare la sommità della cisterna di camminamento antiscivolo (ad esempio un grigliato metallico) lungo il quale siano presenti corrimano e parapetto reclinabili, che l'operatore possa alzare prima di accedere al camminamento.

A seconda delle situazioni, possono essere necessari D.P.I. (scarpe antiscivolo, imbracatura con sistema di trattenuta che impedisca la caduta d'alto).

riferimenti normativi

-         Art. 386 “Cinture di sicurezza”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norme UNI EN 361, 363, 795

-         All. IV, part B, sez. II Direttiva CEE/CEEA/CE n. 57 del 24.06.1992: "Direttiva del Consiglio del 24 giugno 1992 riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)."

 

 

 

Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

Nelle aziende più piccole, quando i prodotti vegetali freschi sono conferiti allo stabilimento entro ceste, le operazioni di prelevamento di queste ultime dal veicolo di trasporto possono comportare la necessità di sollevare e trasportare manualmente le ceste piene, il cui peso può arrivare a qualche decina di chili. In caso di caduta di una cesta durante la sua movimentazione manuale (ad esempio per la rottura di un manico) gli addetti possono essere colpiti ai piedi. Infortuni possono avvenire anche durante la movimentazione dei fusti pieni con la tecnica manuale di inclinarli e ruotarli.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

Ferite e contusioni ai piedi.

prevenzione

-         Verificare che i manici delle ceste siano in buone condizioni e non vi sia il pericolo che si possano rompere a causa del peso quando la cesta è piena.

-         Utilizzare ceste più piccole per ridurne il peso quando sono piene.

-         Movimentare le ceste piene in due addetti.

-         Utilizzare ausili meccanici per la movimentazione delle ceste piene.

-         Valutare la possibilità di meccanizzare l’operazione.

-         Indossare D.P.I. (scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo in metallo).

-         Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938

 

Utilizzo di scaffalature metalliche verticali

descrizione

Quando le scaffalature non sono adeguatamente fissate alle pareti e/o di portata non adeguata, è possibile il loro ribaltamento accidentale a seguito di:

-         urto da parte degli addetti o da parte di carrelli elevatori;

-         sbilanciamento del carico;

-         appoggio di una scala portatile sulla quale sale l’addetto;

-         trascinamento della struttura nel caso un addetto vi si appigli cadendo dalla scala portatile.

E’ anche possibile la caduta della scaffalatura per cedimento strutturale in caso il carico superi la portata o se la struttura è deteriorata (ad esempio a causa della ruggine) o per allentamento dei bulloni di fissaggio).

In una azienda di confezionamento di funghi in Toscana è recentemente accaduto un infortunio mortale da schiacciamento sotto una scaffalatura metallica caduta per cedimento strutturale, causato probabilmente dalla ruggine che si era prodotta per l’umidità dei vegetali.

Altro rischio è determinato dalla possibilità di caduta di materiale dalla scaffalatura, ad esempio dal lato opposto a quello da cui avviene il caricamento con il carrello elevatore. In una azienda del comparto è recentemente accaduto che alcuni materiali sono caduti dal retro di una scaffalatura sul controsoffitto di un ufficio adiacente al magazzino. I materiali hanno sfondato il controsoffitto e sono caduti sul pavimento, fortunatamente senza conseguenze infortunistiche perché in quell’istante nessun impiegato si trovava nel punto di caduta del grave.

danno atteso

Lesioni traumatiche per investimento e schiacciamento.

interventi prevenzionistici

Le scaffalature devono essere di portata idonea, dotate di cartelli che ne indichino la portata (in caso di ripiani con portata diversa, ogni ripiano deve riportare l’indicazione della sua portata); le scaffalature devono essere stabilmente fissate al soffitto o alle pareti o comunque realizzate con una struttura tale che sia impossibile la loro caduta per ribaltamento (Fig.1).

Periodicamente è opportuno controllare il buono stato della scaffalatura, verificando che non sia danneggiata per ossidazione o altro.

Ove è possibile la caduta di materiali dal retro della scaffalatura (lato opposto a quello di accesso dei carrelli elevatori) è necessario eliminare il rischio, ad esempio grazie ad una robusta griglia metallica.

E’ opportuno installare a pavimento protezioni metalliche contro gli urti da parte dei carrelli elevatori contro i montanti di angolo delle scaffalature.

L’eventuale utilizzo di scale portatili è opportuno che sia limitato alle sole operazioni di controllo e non di movimentazione; inoltre è importante che le scale portatili siano dotate alla loro sommità di rampini di aggancio alla struttura metallica, di appoggi antiscivolo a pavimento e di gradini antiscivolo.

I carichi sulla scaffalatura devono essere disposti correttamente e gli addetti alla movimentazione devono essere adeguatamente informati e formati.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 547 del 1955 e s.m.i.

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.


Fig. 1. Particolare del fissaggio a soffitto di una scaffalatura per piccoli carichi.

 


Lavoro all’aperto

descrizione

In diverse aziende i fusti dei vegetali in salamoia sono stoccati all’aperto; anche il pompaggio di olio e aceto avviene all’aperto. Di conseguenza l’esecuzione di tali operazioni espone gli addetti agli agenti meteorologici (sole e caldo nei mesi estivi; pioggia e freddo nei mesi invernali).

danno atteso

Malattie da raffreddamento durante la stagione fredda.

Affaticamento eccessivo, insolazione, stress termico durante la stagione calda.

danno rilevato

In indagini svolte dalla ASL di Pistoia (zona Valdinievole) dall’anamnesi dei lavoratori risultano frequenti le riniti, le faringiti, le tracheiti, le bronchiti.

interventi prevenzionistici

E’ opportuno valutare la possibilità di immagazzinare i fusti di verdure in un magazzino, anziché sul piazzale aziendale, o quanto meno di installare tettoie per la protezione dei lavoratori dagli agenti meteorologici; gli addetti devono poter disporre di indumenti protettivi adeguati; il lavoro deve essere organizzato in modo da minimizzare i tempi di esposizione e prevedere pause di riposo in ambienti climatizzati. Gli addetti devono essere stati informati e formati.

riferimenti normativi

-         Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Legge n. 653 del 26.04.1934 "Tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli".

-         Legge n. 977 del 17.10.1967 "Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti".

-         Titolo V "Movimentazione manuale dei carichi",  All. VI "Elementi di riferimento" del D.Lgs. n. 626/1994.

 

 

Movimentazione meccanica dei carichi

Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti normativi relativi all’utilizzo di carrelli elevatori vedere la fase “Movimentazione meccanica dei carichi”.

 

 

APPALTI ESTERNI

Il trasporto delle merci tramite camion e furgoni e di olio e aceto in autocisterne è in genere appaltato ad aziende esterne specializzate in autotrasporti.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Traffico veicolare indotto

I mezzi che conferiscono le materie prime e le altre merci in arrivo possono costituire un notevole traffico veicolare indotto, che può aumentare in alcuni periodi dell’anno, corrispondenti alla raccolta dei vegetali freschi.

 

Diffusione di rumore

E’ determinato sia dai veicoli sopra citati, sia dalle macchine quali le pompe utilizzate per riempire i silos di olio e aceto. Ciò può provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli impianti produttivi. È opportuno utilizzare pompe del tipo meno rumoroso da sottoporre ad adeguata manutenzione, predisporre barriere antirumore, svolgere le lavorazioni più rumorose in un’area dello stabilimento produttivo il più lontano possibile dalle abitazioni.

 

Sversamenti di olio, aceto e salamoia

Durante il conferimento e trasferimento di olio, aceto e dei prodotti vegetali in salamoia possono verificarsi sversamenti accidentali.

È opportuno che al di sotto dei serbatoi di olio e aceto siano realizzate vasche di contenimento per eventuali sversamenti, ad esempio in alcune aziende del comparto i serbatoi sono installati in posizione sopraelevata e al di sotto di essi è stata realizzata una vasca in muratura fuori terra, coperta da una griglia metallica calpestabile.

E’ opportuno che il piazzale aziendale sia conformato in modo tale da consentire il raccoglimento delle acque meteoriche ed eventuali sversamenti, con pozzetti di raccolta prima di invio all’impianto di depurazione o alla rete fognaria esterna.


PREPARAZIONE (cucina)

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

La preparazione o cucina comprende varie operazioni effettuate sui vegetali prima dell’invasamento. Tali operazioni si differenziano a seconda del fatto che si tratti di verdura fresca o semilavorata; quest’ultima è già pulita, eventualmente anche tagliata, conservata in salamoia entro fusti.

 

Per i semilavorati, che sostituiscono la maggior parte della materia prima trattata durante tutto l’arco dell’anno, le operazioni principali sono sotto elencate.

-         Dissalatura e lavaggio: consiste nell’estrarre la verdura dal liquido di conservazione in cui è contenuta e sottoporla a ripetuti lavaggi con acqua fresca; nelle aziende più piccole il contenuto dei fusti viene rovesciato in contenitori più grandi chiamati botti dove avviene il lavaggio a termine del quale, la verdura viene prelevata manualmente con una pala di legno dal manico lungo (simile ad un grande cucchiaio) e posta a sgocciolare in ceste di plastica oppure direttamente immessa nella tramoggia che alimenta il nastro trasportatore dove avviene la cernita; in tal caso le operazioni sono prevalentemente manuali e sono svolte da un addetto che sta in piedi spostandosi nei pressi delle botti. Invece, nelle aziende caratterizzate da una produzione industriale, il contenuto dei fusti viene rovesciato in vasche di dissalatura dove il processo è svolto in automatico senza un addetto fisso e dopo il lavaggio i vegetali sono immessi automaticamente su un nastro trasportatore che li invia alla cernita. Per il rovesciamento dei fusti nelle botti o nelle vasche di lavaggio sono impiegati carrelli elevatori appositamente dotati di pinza. In genere è lo stesso addetto al carrello elevatore che controlla il buon funzionamento delle vasche automatiche di dissalatura, alle quali non è prevista una postazione fissa di lavoro.

-         Cottura (scottatura): per alcune verdure per le quali è richiesto un processo di breve cottura, il contenuto dei fusti viene vuotato direttamente nei cuocitori.

-         Asciugatura / sgocciolatura: alcuni tipi di verdure possono essere sottoposte ad asciugatura mediante centrifugazione, oppure sgocciolate mediante un separatore vibrante alimentato direttamente dalle vasche automatiche di dissalatura attraverso un convogliatore aereo nel quale i vegetali sono trasportati insieme al liquido e quindi scolati nel separatore stesso.

-         Cernita e calibratura: gli addetti scelgono manualmente i vegetali durante il loro passaggio su un nastro trasportatore (chiamato nastro di cernita), eliminando le verdure sciupate e suddividendole in base alla loro dimensione. Il nastro di cernita è alimentato con i prodotti provenienti dal lavaggiodissalatura in modo automatico o manuale. Nel primo caso l’alimentazione del nastro avviene direttamente dal separatore vibrante; nel secondo caso tramite il prelevamento dalle botti con il grande cucchiaio di legno o il rovesciamento delle ceste di plastica dove le verdure sono poste a sgocciolare dopo il lavaggio. Le ceste piene pesano circa 20 Kg.

-         Taglio e detorsolatura: si eliminano tutte le parti non commestibili (bucce, noccioli, torsoli, semi, ecc…) a seconda del tipo di vegetale, e si tagliano in parti più piccole i vegetali troppo grandi; tali operazioni sono svolte manualmente utilizzando coltelli e/o tramite apposite macchine tra le quali le sminuzzatrici.

-         Mescolazione: per la produzione di antipasti misti o giardiniere, alcuni tipi diversi di verdure sono mescolati tra loro, manualmente o in appositi mescolatori.

-         Preparazione liquido di concia: si preparano le soluzioni di acqua e sale con aggiunta di additivi alimentari tra i quali acido citrico, acido ascorbico, acido lattico, aromi.

-         Conciatura: la verdura viene trattata con il liquido di concia sopra descritto che verrà poi eliminato nella successiva lavorazione.

 

Per i prodotti freschi, la cui lavorazione è stagionale, riportiamo ad esempio le operazioni principali effettuate per le conserve di peperoni in aziende caratterizzate da una produzione industriale.

-         Pulitura: un addetto rovescia le casse di peperoni su un nastro trasportatore lungo il quale gli addetti compiono la pulitura e l’eliminazione del torsolo.

-         Lavaggio: dopo essere stati puliti, i peperoni passano nella vasca di lavaggio automatica.

-         Cottura: dalla vasca di lavaggio i peperoni passano direttamente nel cuocitore, anch’esso automatico.

-         Cernita: dopo la cottura i peperoni passano su un apposito nastro trasportatore dove avviene la scelta.

-         Taglio: i peperoni sono tagliati “a spaghetti” in una apposita macchina.

-         Lavaggio e conciatura: i peperoni tagliati sono lavati e immessi in contenitori di acciaio con acqua e sale.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Carrelli elevatori

Si tratta in genere di carrelli elevatori a trazione elettrica, dotati di pinza per il sollevamento e rovesciamento dei singoli fusti (bidoni) nelle botti o nelle vasche di dissalatura.

 

Apriscatole

Si tratta di una attrezzatura ad alimentazione elettrica utilizzata per aprire i fusti di latta contenenti i vegetali semilavorati in salamoia.

 

Contenitori di dissalatura (botti)

Si tratta di contenitori (in genere di acciaio inox, talvolta di plastica) chiamati botti utilizzati per dissalare i vegetali che arrivano in salamoia presso l’azienda. Nelle botti l’acqua viene immessa dall’alto e poi tolta mediante l’apertura di un rubinetto posto in basso.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a sbalzi termici e microclima sfavorevole

descrizione

Il prelevamento all’esterno dei fusti contenenti le verdure in salamoia e il loro rovesciamento nelle botti o nelle vasche di dissalatura o direttamente nei cuocitori posti all’interno dello stabilimento produttivo, determina l’esposizione degli addetti ai carrelli elevatori a continui sbalzi termici. Infatti, all’esterno temperatura e umidità dipendono dalla stagione e dagli eventi meteorologici, mentre all’interno il microclima è in genere caldo-umido per il ristagno dell’acqua di lavaggio e per la presenza del vapore d’acqua e del calore radiante derivanti dai cuocitori delle verdure. In alcuni casi i fusti contenenti i vegetali in salamoia sono rovesciati direttamente nei cuocitori, senza essere preventivamente sottoposti a dissalatura.

Inoltre i portoni lasciati aperti per consentire il continuo passaggio dei carrelli elevatori dall’esterno all’interno e viceversa possono determinare correnti d’aria e rendono difficile la climatizzazione dei locali di lavoro per il benessere degli addetti (riscaldamento durante la stagione fredda o rinfrescamento durante la stagione calda).

danno atteso

Malattie da raffreddamento, affaticamento eccessivo.

Disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psicofisico.

danno rilevato

Da indagini svolte dalla ASL di Pistoia (zona Valdinievole) risultano all’anamnesi frequenti riniti, faringiti, tracheiti, bronchiti.

interventi prevenzionistici

-         Valutare la possibilità di immagazzinare i fusti di verdure in un magazzino, anziché sul piazzale aziendale, in modo da evitare che gli addetti siano esposti a sbalzi termici.

-         La separazione microclimatica tra interno ed esterno in caso di portoni lasciati aperti può essere ottenuta con generatori di barriere d’aria verticali, installati sopra ai portoni stessi. La soluzione può essere coordinata con cortine di gomma avvolgibili ad apertura / chiusura automatica al passaggio dei carrelli elevatori rilevato mediante fotocellule. La visibilità tra le parti opposte della cortina può essere garantita mediante la presenza nella stessa di parti trasparenti.

-         I cuocitori devono essere dotati di sistemi di aspirazione localizzata ed installati in locali il più possibile separati dagli altri ambienti di lavoro, in modo da evitare l’esposizione indiretta al microclima caldo-umido di addetti ad altre lavorazioni. In caso i fusti contenenti i vegetali in salamoia debbano essere direttamente introdotti nei cuocitori (senza preventiva dissalatura), può essere prevista una tramoggia posta all’esterno del locale dove si trovano i cuocitori e ad essi collegata tramite un nastro trasportatore.

-         Garantire un adeguato ricambio d’aria dei locali di lavoro e tenere sotto controllo i parametri microclimatici (temperatura e umidità).

-         Installazione di climatizzatori e deumidificatori.

-         Il lavoro deve essere organizzato in modo da minimizzare i tempi di esposizione prevedendo pause di riposo in ambienti climatizzati.

-         Gli addetti devono poter disporre di indumenti protettivi adeguati.

-         È necessario tutelare in modo particolare alcune categorie di lavoratori quali donne, adolescenti, lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, valutando quali lavorazioni sono incompatibili.

-         Gli addetti devono essere informati e formati.

riferimenti normativi

-         Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

 

Lavoro in prossimità di superfici calde e di acqua bollente

descrizione

Gli addetti ai cuocitori possono venire a contatto con superfici calde o essere investiti da schizzi di acqua bollente.

danno atteso

Ustioni.

interventi prevenzionistici

-         coibentare le superfici calde con le quali possono venire a contatto i lavoratori;

-         indossare indumenti di protezione adeguati;

-         corretta organizzazione del lavoro;

-         informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

-         Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.

 

Utilizzo di attrezzature taglienti e manipolazione di materiale tagliente

descrizione

L’operazione di apertura dei fusti di latta tramite apriscatole e la manipolazione delle latte aperte e del coperchio di latta rimosso dal fusto di latta a seguito della sua apertura può comportare per gli addetti rischi infortunistici per contatto con materiali taglienti.

L’utilizzo dei coltelli per il taglio manuale delle verdure può comportare rischi infortunistici per gli addetti per contatto con la lama tagliente.

danno atteso

Ferite da taglio.

danno rilevato

Vedere il capitolo 1.

interventi prevenzionistici

-         Utilizzare utensili di sicurezza.

-         Indossare D.P.I. (guanti e grembiuli antitaglio).

-         Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         Art. 383 "Protezione delle mani" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.Lgs. 626/94 e s.m.i.

 

Transito su pavimenti resi scivolosi

descrizione

Il pavimento dei reparti di dissalatura, lavaggio e preparazione vegetali tende costantemente a bagnarsi determinando il rischio di cadute per scivolamento. A tale rischio contribuisce anche il quotidiano uso di soluzioni saponate utilizzate per la pulizia dei pavimenti e l’eventuale impiego di idropulitrici a getto d’acqua e vapore in pressione.

danno atteso

Lesioni traumatiche per cadute da scivolamento.

danno rilevato

Vedere il capitolo 1.

prevenzione

-         Pavimentazione realizzata con materiali antiscivolo le cui mattonelle siano montate a fuga larga per permettere un migliore deflusso del liquido, eventualmente grigliata e/o di pendenza adeguata con sistemi di raccolta dei liquidi che cadono sul pavimento.

-         Frequente pulizia del pavimento con prodotti detergenti.

-         Indossare calzature con suola antiscivolo.

riferimenti normativi

-         Art. 7, comma 2 e comma 4 "Pavimenti" D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Norme British Ceramic Research Association

-         Norme DIN 51098

-         D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i.

 

Movimentazione manuale dei carichi, posture, movimenti ripetitivi, monotonia del lavoro, ritmi di lavoro

descrizione

L’operazione di prelevamento dei vegetali dalle botti per mezzo del grande cucchiaio di legno, la movimentazione e il rovesciamento delle ceste piene di verdure (del peso di 10 - 20 Kg), la movimentazione delle ceste vuote, le operazioni di cernita, calibratura e taglio delle verdure, se svolte manualmente, comportano per gli addetti il sollevamento di pesi, l’esecuzione di movimenti ripetuti di flessione – estensione degli arti superiori, torsione del tronco, la postura fissa (in piedi o seduta), monotonia del lavoro.

La postazione di lavoro durante la preparazione dei liquidi di concia è in piedi fissa, con piccoli spostamenti per la necessità di spostare i secchi di sale e di acido dal peso di 8 – 10 Kg.

La velocità della linea produttiva e i ritmi di lavoro possono variare a seconda delle esigenze produttive e del tipo di prodotto; più i ritmi diventano elevati, maggiori sono i rischi per la salute.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

Disturbi dell’apparato circolatorio specie agli arti inferiori (gambe gonfie, vene varicose).

Ferite e contusioni agli arti inferiori in caso di caduta di oggetti pesanti.

Stress psicofisico dovuto alla monotonia del lavoro e aggravato dai ritmi elevati, dalla presenza di rumore e degli altri fattori di rischio.

La fatica derivante dallo stare in piedi e da altre attività fisiche per le lavoratrici in gravidanza è stata spesso segnalata tra le cause di aborti spontanei, parti prematuri e neonati sottopeso. Inoltre la stazione eretta prolungata può aggravare la stasi venosa e i disturbi a carico della colonna vertebrale frequenti in gravidanza.

danno rilevato

Vedere il capitolo 1.

interventi prevenzionistici

-         Automazione delle operazioni che è possibile automatizzare (ad esempio: la dissalatura, l’alimentazione del nastro di cernita, la preparazione del liquido di concia).

-         Adeguata progettazione del posto di lavoro, con possibilità di alternare mansioni e la postura seduta / in piedi.

-         Utilizzo di sedili ergonomici regolabili e pedane poggia piedi per le postazioni di lavoro sedute, utilizzo di sgabelli ergonomici regolabili “siedi-in-piedi” per le postazioni di lavoro in piedi.

-         Gli addetti alla movimentazione manuale dei carichi devono indossare scarpe di sicurezza con punta di rinforzo in metallo. È da rilevare che tale misura di protezione individuale viene spesso rifiutata dalle lavoratrici che preferiscono lavorare con calzature aperte o semiaperte. È quindi opportuno fornire ai lavoratori calzature idonee adeguatamente protette, ma che evitino la sudorazione o l’affaticamento eccessivo del piede. In ogni caso, specie per le donne, è opportuno limitare il peso degli oggetti da movimentare.

-         Per le lavoratrici in gravidanza è necessario assicurare che il ritmo e l’intensità del lavoro non sia eccessivo. Favorire una gestione delle pause da parte della lavoratrice stessa. Assicurare che vi sia la possibilità di sedersi. Adeguare il posto di lavoro o delle procedure operative al crescere del volume addominale al fine di contribuire a ridurre i problemi posturali e il rischio di infortuni. Allontanare o spostare la lavoratrice dalla mansione nel caso non sia possibile la eliminazione della stazione in piedi per più di metà dell’orario di lavoro o della posizione particolarmente affaticante.

-         Informazione degli addetti sui rischi della loro mansione e formazione sia nell’assumere atteggiamenti e/o abitudini di vita e di lavoro adatte a proteggere la schiena e le altre articolazioni, sia nello svolgere utili esercizi di rilassamento, stiramento e rinforzo muscolare.

-         Sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.Lgs. n. 151 del 26.03.2001”Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità a norma della L. n. 53 del 8.3.2000”.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Mescolatori, apriscatole automatici, sminuzzatrici, centrifughe e nastri trasportatori possono comportare per gli addetti rischi da contatto, presa e trascinamento, schiacciamento da parti meccaniche mobili.

danno atteso

Lesioni traumatiche quali ferite e contusioni.

Le parti mobili delle macchine devono essere rese inaccessibili tramite ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco che impediscano l’avviamento della macchina fin tanto che il riparo non è chiuso e fermino la macchina se il riparo viene aperto. In luogo dei ripari possono essere utilizzate barriere immateriali realizzate tramite fotocellule.

Quando la pulizia o la manutenzione delle macchine (ed anche le eventuali regolazioni iniziali) richiedono l’avvio della macchina con i ripari aperti o rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera che comandi l’avanzamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando della macchina e consenta all’operatore di azionarla da una postazione dalla quale sia ben visibile la zona operativa.

Le macchine devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza, il quale non può essere considerato alternativo ai dispositivi di sicurezza sopra richiamati.

danno rilevato

Vedere il capitolo 1.

riferimenti normativi

-         Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN 291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1, 1012/2

 

Manipolazione di prodotti vegetali, aromi, salamoia, additivi alimentari; esposizione ad agenti allergizzanti

descrizione

Nel reparto preparazione la manipolazione dei prodotti vegetali avviene durante la cernita, la calibrazione e il taglio.

Durante la preparazione del liquido di governo può avvenire il contatto cutaneo con aromi, sale, zucchero, acido citrico, acido ascorbico e acido lattico utilizzati per la conservazione o per favorire la fermentazione delle olive.

danno atteso

La manipolazione degli additivi sopra citati e dei vari prodotti vegetali, specie se bagnati o umidi e specie se contenenti prodotti chimici (tra i quali l’anidride solforosa presente in tracce nei prodotti semilavorati), può determinare l’insorgenza di dermatiti.

Alcuni tipi di vegetali, come le cipolle, possono essere causa per loro natura di sintomi irritativi cutanei e non.

In alcuni soggetti predisposti la manipolazione dei vegetali, o anche la semplice permanenza nel locale dove essi sono lavorati, può provocare manifestazioni allergiche dovute per lo più alla possibile presenza di miceti e alle condizioni microclimatiche che ne favoriscono lo sviluppo. Tra gli addetti alla produzione di conserve vegetali sono state segnalate in letteratura forme di dermatiti e dermatosi, reazioni orticarioidi ed allergie cutanee varie, riniti, congiuntiviti e asma allergica e in alcuni casi forme di insufficienza respiratoria acuta e cronica.

Dai campionamenti effettuati dalla ASL di Pistoia (zona Valdinievole) non è risultata la presenza di livelli di contaminazione dell’aria dell’ambiente di lavoro tale da poter costituire un rischio di natura microbiologica – ed in particolare micetica – per la salute dei lavoratori, se pur con alcune riserve sia relative all’eventuale influenza delle condizioni climatiche stagionali e/o microclimatiche di certi locali di lavoro che possono favorire lo sviluppo delle spore (microclima caldo-umido scarsamente aerato), sia relative alla correlazione tra la carica di spore aerodisperse e la sintomatologia.

danno rilevato

Da indagini svolte dalla ASL di Pistoia (zona Valdinievole) risultano all’anamnesi frequenti sintomi irritativi cutanei e non.

interventi prevenzionistici

-         Frequente ed accurata pulizia dei locali (pavimenti e pareti) e delle macchine e attrezzature di lavoro superfici. È opportuno che le pareti dei locali di lavoro siano verniciate con pitture lavabili e tenute in buono stato.

-         Evitare di tenere nell’ambiente di lavoro macchinari o arredi non indispensabili per la lavorazione.

-         Limitare le operazioni di manipolazione, automatizzando ciò che è possibile automatizzare.

-         Separare i locali di lavoro adibiti a lavorazioni diverse.

-         Garantire un adeguato ricambio d’aria dei locali di lavoro e tenere sotto controllo i parametri microclimatici (temperatura e umidità) in quanto fattori favorenti la germinazione delle spore e lo sviluppo microbico in genere, anche grazie alla installazione di climatizzatori e deumidificatori.

-         Indossare D.P.I. (guanti, grembiuli), rispettare le norme di igiene personale e utilizzare armadietti a doppio scomparto per la separazione degli abiti civili da quelli di lavoro.

-         Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-         D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a rumore

descrizione

In questa fase lavorativa il rumore deriva prevalentemente dalle macchine sminuzzatrici, asciugatrici centrifughe, separatori vibranti, impianti di aspirazione ai cuocitori, apriscatole.

Il rumore in prossimità di alcune delle macchine utilizzate in questa fase lavorativa è stimabile come segue:

-         sminuzzatrici (rumore dovuto alla forte rotazione delle macchine e all’impatto dei vegetali sminuzzati sul carter in acciaio inox): 88,2 dB(A);

-         separatore vibrante (rumore dovuto alla oscillazione delle lamiere e degli urti dei prodotti vegetali contro le pareti in acciaio inox della macchina):  87,7 dB(A);

-         apriscatole: 81,5 dB(A)

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

interventi prevenzionistici

Le principali misure di prevenzione sono le seguenti:

-         utilizzare macchine del tipo meno rumoroso; per ogni macchina è necessario studiare accorgimenti e metodi che consentano la riduzione del rumore emesso, ad esempio per la macchina sminuzzatrice è opportuno valutare la possibilità di sostituire il carter di acciaio inox con carter di materiale plastico in modo da ridurre il rumore generato dall’impatto vegetali – metallo, sia quello generato dalle vibrazioni delle superfici metalliche;

-         insonorizzare le macchine più rumorose; ciò può essere realizzato ad esempio con schermi trasparenti avendo cura di garantire la continuità degli stessi e di eliminare il più possibile le vie di fuga del rumore;

-         valutare la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali;

-         organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi;

-         segregare delle macchine più rumorose in locali separati insonorizzati oppure confinarle in una zona specifica delimitata da pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, evitando la possibilità di esposizione indiretta degli addetti ad altre lavorazioni meno rumorose;

-         quando sia necessario intervenire entro la zona chiusa e delimitata da pareti fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);

-         informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Conduzione di macchine alimentate a gas combustibile (metano)

descrizione

L’utilizzo dei cuocitori a gas può comportare il rischio di fughe di gas combustibile ed esplosione - incendio, oltre alla possibile esposizione degli addetti ai prodotti di combustione.

danno atteso

Sono possibili intossicazioni per inalazione di gas; ustioni, lesioni traumatiche ed intossicazioni in caso di incendio – esplosione, con danni alla salute dei lavoratori per causa diretta (sovrapressione) o indiretta (cedimento strutturale).

interventi prevenzionistici

Per ridurre il rischio è necessario che vengano effettuate verifiche periodiche su tutto l'impianto a gas. A fine turno di lavoro è bene chiudere il rubinetto generale di erogazione del gas. Sono necessari dispositivi che interrompano l’erogazione del gas in caso di spegnimento della fiamma. E’ importante che il sistema automatico di accensione sia controllato onde evitare l'innesco ritardato che potrebbe determinare una esplosione. È opportuno installare rivelatori automatici di gas (tarati ad una opportuna concentrazione frazione del limite inferiore di infiammabilità), collegati al sistema di allarme e ad elettrovalvole del tipo normalmente chiuse (in mancanza della alimentazione elettrica) installate sulle tubazioni del gas. Queste ultime devono essere di colore conforme alla norme relative.

riferimenti normativi

-         Normativa generale antincendio.

-         Norme UNI-CIG.

-         Per i serbatoi fissi di GPL di capacità fino a 5 m3 si applica il D.M.I. del 31.03.1984, mentre per quelli di capacità superiore a 5 m3 si applica il D.M.I. del 13.10.1994.

 

Movimentazione meccanica dei carichi

Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti normativi relativi all’utilizzo di carrelli elevatori vedere la fase “Movimentazione meccanica dei carichi”.

 

 

APPALTI ESTERNI

 

In genere questa fase non viene appaltata in quanto si tratta della lavorazione centrale del ciclo produttivo delle aziende del comparto.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Scarichi idrici

Gli scarichi provenienti da questa lavorazione sono principalmente:

-         la soluzione di salamoia con i vari additivi e conservanti;

-         le acque di lavaggio - dissalatura dei vegetali;

-         le acque di lavaggio di macchine e attrezzature miste a prodotti detergenti e disinfettanti (vedere la fase Sanificazione);

-         i brodi di cottura e gli scoli dei liquidi di governo.

I suddetti liquidi prima di essere scaricati nei corpi idrici, devono essere sottoposti a neutralizzazione o depurazione.

 

Consumo di acqua

La lavorazione sopra descritta richiede una notevole quantità di acqua. Alcune aziende dispongono di pozzi e rendono potabile l’acqua internamente, mentre altre sono collegate all’acquedotto locale. Alcune aziende effettuano la depurazione e il recupero delle acque utilizzate per la lavorazione dei prodotti vegetali freschi.

 

Produzione di scarti vegetali

In questa fase lavorativa escono dal ciclo produttivo gli scarti vegetali costituiti dagli sfridi di mondatura e di cernita delle verdure. Si tratta di scarti produttivi che ben si prestano alla raccolta differenziata per essere avviati al compostaggio (vedere Tab.5 al Capitolo 1).

 

Diffusione di rumore

Le macchine rumorose sopra citate possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli impianti produttivi. È opportuno utilizzare macchine del tipo meno rumoroso e sottoporle ad adeguata manutenzione, insonorizzare le macchine più rumorose, collocare i macchinari più rumorosi in un’area dello stabilimento produttivo il più lontano possibile dalle abitazioni, predisporre barriere antirumore ove necessarie.


CONFEZIONAMENTO IN VASETTI O IN VASCHETTE

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

In questa fase lavorativa i prodotti vegetali, preparati come sopra descritto, sono introdotti in vasetti di vetro, vaschette o sacchetti di plastica trasparente (polipropilene). In genere prima è introdotta la verdura e poi viene completato il riempimento con il liquido di governo (olio o aceto o salamoia).

Vaschette e sacchetti in polipropilene, utilizzati per lo più nelle aziende artigianali, sono in genere riempiti manualmente.

I vasetti di vetro prodotti dalle vetrerie giungono in azienda, a bordo di camion, imballati in forma di palletts costituiti da un pianale di legno sul quale sono disposti numerosi strati di vasetti; ogni strato è separato da un foglio di cartoncino e l’ultimo strato è coperto da un cappuccio di cartone più resistente, il tutto fasciato da un foglio di plastica trasparente.

I palletts dei vasetti (movimentati con carrelli elevatori a forche) sono scaricati dai camion, temporaneamente stoccati in magazzino e poi portati in prossimità della linea di riempimento.

Gli addetti tagliano con un trincetto il foglio di plastica che fascia il pallett e tolgono il cappuccio di cartone (eventualmente aiutandosi con un’asta).

L’operazione di depallettizzazione è svolta manualmente solo nelle aziende più piccole, mentre in genere avviene in automatico tramite una macchina depallettizzatrice.

I vasetti introdotti nella linea sono posti su nastri trasportatori, rovesciati e inviati al soffiaggio con un getto di aria compressa allo scopo di pulirli, per poi farli proseguire sul nastro trasportatore verso il riempimento con i vegetali. Nelle aziende a carattere artigianale i vasetti sono riempiti manualmente mentre scorrono in fila uno alla volta lungo il nastro, mentre nelle aziende a carattere industriale il riempimento avviene in modo automatico tramite una macchina riempitrice.

La macchina riempitrice può essere alimentata secondo diverse modalità:

-         in continuo con i prodotti vegetali tramite un nastro trasportatore che proviene dal reparto dissalazione – cucina;

-         tramite il versamento, nella tramoggia di alimentazione, dei fusti movimentati e rovesciati da un apposito carrello elevatore; tale operazione non è attuabile per vegetali particolarmente delicati (come ad esempio i carciofini);

-         tramite il rovesciamento manuale delle ceste.

Nella stessa tramoggia sono introdotti manualmente dagli addetti anche eventuali miscugli di aromi (tritati di prezzemolo, aglio, peperoncino, ecc…) e additivi (glutammato monosodico, ecc…) la cui composizione varia a seconda del tipo di prodotto da confezionare.

Alcune linee produttive prevedono che una lavoratrice completi e rifinisca con le mani il riempimento dei vasetti all’uscita della macchina riempitrice.

Una volta riempiti di verdure i contenitori passano al controllo del peso. Tale operazione può essere manuale o automatica.

Nel caso del controllo peso manuale una lavoratrice preleva a campione qualche vasetto dal nastro trasportatore e lo appoggia su una bilancia per poi reintrodurlo sul nastro, eventualmente dopo averne corretto il peso aggiungendo o togliendo manualmente parte del contenuto.

Nel caso del controllo peso automatico è presente una vite senza fine per distanziare i vasetti prima che essi passino sul sensore della bilancia elettronica, posto sotto il nastro trasportatore, e infine - a valle del punto di pesa – è presente uno scambio automatico per estrarre dalla linea i vasetti il cui peso è non conforme a quanto stabilito; anche in questo caso è comunque presente una lavoratrice che sorveglia il funzionamento della bilancia e sistema manualmente il peso dei vasetti scartati prima di reintrodurli nella linea.

In base all’esito del controllo del peso sono effettuate le opportune regolazioni della macchina riempitrice e della velocità dei nastri trasportatori.

La frequenza di intervento da parte del personale addetto dipende in gran parte anche dal tipo di vegetali; in genere i vegetali di più piccole dimensioni e di forma rotondeggiante sono quelli che creano meno problemi in quanto si dispongono nei vasetti in modo abbastanza uniforme e difficilmente fanno ponte all’interno del vasetto fino ad ostacolandone il riempimento.

Dopo la pesata i vasetti passano al metal-detector al fine di eliminare dalla linea i vasetti che dovessero accidentalmente contenere parti metalliche, prima che siano inviati alla macchina colmatrice la quale vi immette il liquido di governo.

I vasetti pieni sono chiusi con capsule metalliche tramite una macchina tappatrice, mentre le vaschette di plastica sono chiuse con un film di propilene mediante confezionatrice sottovuoto.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Carrelli elevatori

Si tratta in genere di carrelli elevatori a trazione elettrica, dotati di forche per il sollevamento e trasporto dei palletts, oppure di pinze per il sollevamento e il rovesciamento dei fusti pieni di vegetali.

 

Depallettizzatore automatico dei vasetti

Si tratta di una macchina automatica ad alimentazione elettrica nella quale viene introdotto il pallett di vasetti. La macchina preleva uno strato di vasetti alla volta per immetterli su un nastro trasportatore che li conduce verso la pulitura e il riempimento (data la rumorosità dell’operazione questa macchina è in genere separata dagli altri locali di lavoro). Dopo ogni strato di vasetti la macchina preleva il cartoncino di separazione e lo lascia cadere in un raccoglitore. I cartoncini sono poi restituiti al fornitore dei vasetti.

 



Fig. 2. Introduzione di un pallett di vasetti nel depallettizzatore automatico mediante carrello elevatore.


Fig. 3. Depallettizzatore automatico (visto di lato). Si noti a sinistra il nastro trasportatore dei vasetti.

 


 


Fig. 4. Depallettizzatore automatico, particolare dell’uscita dei vasetti e del cartoncino.


Fig. 5. Depallettizzatore automatico, particolare del raccoglitore dei cartoncini da restituire al fornitore.


Fig. 6.

Reparto confezionamento in vasetti. In primo piano la macchina soffiatrice nella quale arrivano, per mezzo di un trasportatore aereo, i vasetti provenienti dal depallettizzatore. In fondo a destra si vede l’addetto all’alimentazione della macchina riempitrice dei vasetti.

Fig. 7. Particolare del rovesciamento dei vasetti nella macchina soffiatrice.


Nastri trasportatori per vasetti

Si tratta di nastri trasportatori metallici, della larghezza di una decina di centimetri, conformati in modo da poter affiancare più nastri tra loro e realizzare sistemi a velocità variabile, ad esempio allo scopo di distanziate i vasetti tra loro, formare zone di accumulo, ecc… Sui nastri viene in genere spruzzato automaticamente un liquido lubrificante per ridurre l’attrito con i vasetti.

 

Macchina soffiatrice

Questa macchina ha lo scopo di soffiare in ogni vasetto un getto di aria compressa per eliminare eventuale presenza di polvere o corpi estranei (il pericolo maggiore è dato dalle schegge di vetro) e per favorire l’operazione i vasetti sono anche capovolti. La macchina dispone quindi di un sistema di soffiaggio e uno di ribaltamento dei vasetti costituito da un dispositivo di trattenuta entro un cilindro ruotante. Dalla macchina i vasetti escono nuovamente in posizione eretta per essere inviati verso la riempitrice.

 

Macchina riempitrice dei vasetti

È essenzialmente costituita da una tramoggia di alimentazione vibrante posta sopra il nastro che trasporta i vasetti da riempire. Per favorire il riempimento la macchina è posta in vibrazione.

L’alimentazione della machina con i vegetali può essere automatico (direttamente dalle vasche automatiche di dissalatura dei prodotti semilavorati in salamoia), oppure semiautomatico (tramite rovesciamento dei fusti con carrello elevatore), oppure manuale (tramite rovesciamento di ceste movimentate a mano).

Quando la tramoggia dove sono introdotti i vegetali è posta più in basso del sistema di riempimento dei vasetti (ciò allo scopo di facilitare l’introduzione dei vegetali), nella tramoggia stessa è posto un nastro elevatore che preleva i vegetali per sollevarli al fino farli cadere dall’alto nel sistema di riempimento dei vasetti.

Le figure seguenti mostrano le operazioni effettuate dall’operatore addetto all’alimentazione della macchina riempitrice, sia nel caso di uso del carrello elevatore, sia nel caso manuale.

 

Fig. 8. Zona operativa del carrello elevatore per il rovesciamento dei fusti di vegetali nella riempitrice dei vasetti.  

 




Fig. 9. Particolare della pinza del carrello elevatore per il rovesciamento dei fusti.


Fig. 10. Rovesciamento di un fusto nella tramoggia di alimentazione della macchina riempitrice dei vasetti.

 

 


Fig. 11. Addetto alla alimentazione della macchina riempitrice dei vasetti mentre sta rimescolando i vegetali contenuti nella vasca dove è stata effettuata la dissalatura. A tale scopo utilizza un lungo cucchiaio di acciaio forellato.

La vasca è stata trasportata con il carrello elevatore in prossimità della tramoggia di alimentazione della riempitrice (si notino in basso a destra le forche del carrello elevatore). Si notino i dispositivi di protezione individuale (stivali, guanti e grembiule impermeabili; tuta; cuffia per capelli; maschera; cuffia antirumore).

 


Fig. 12. Addetto alla alimentazione della macchina riempitrice dei vasetti mentre sta prelevando i vegetali contenuti nella vasca dove è stata effettuata la dissalatura. A tale scopo utilizza una cesta di plastica forellata.
Si noti a sinistra il nastro elevatore dei vegetali dalla tramoggia verso il sistema di riempimento dei vasetti.

 

 

 

 


Fig. 13. Addetto alla alimentazione della macchina riempitrice dei vasetti mentre sta sollevando la cesta di plastica forellata colma dei vegetali prelevati dalla vasca
.

 



Fig. 14. Addetto alla alimentazione della macchina riempitrice dei vasetti mentre sta rovesciando, nella tramoggia di alimentazione della macchina, la cesta di plastica forellata colma dei vegetali prelevati dalla vasca.



Fig. 15. Macchina riempitrice dei vasetti. Il riempimento avviene per caduta dall’alto dei vegetali mentre i vasetti scorrono sul nastro trasportatore. Per favorire l’avanzamento dei vegetali e il loro assestamento all’interno dei vasetti la macchina è posta in vibrazione. Una addetta sovrintende la macchina ed effettua a campione la

pesatura manuale dei vasetti riempiti.

Fig. 16. Addetta alla pesatura manuale dei vasetti. Si notino i dispositivi di protezione individuale, la pedana sulla quale l’operatrice sta in piedi, la griglia di scolo dei liquidi sul pavimento. A sinistra in fondo si vede l’addetto alla alimentazione della macchina riempitrice.


Fig. 17. Addetta alla pesatura manuale durante il riposizionamento di un vasetto sul nastro trasportatore dopo la pesata. Si noti come l’operazione tende ad impegnare sempre lo stesso braccio.

 


Fig. 18. Coclea (vite senza fine) di materiale plastico per distanziare i vasetti prima della pesatura automatica.

 

 

 

 

 

 

 



Fig. 19. Pesatura automatica dei vasetti e scambio con polmone di accumulo dei vasetti non conformi.


Fig. 20. Metal – detector per la sicurezza alimentare del prodotto. I vasetti passano sotto il rivelatore dopo la pesatura e prima della colmatura con il liquido di governo e conservazione.


 


Fig. 21. Colmatrice dei vasetti con il liquido di governo e conservazione, vista dal lato di ingresso dei vasetti.


 

 

 




Fig. 22. Colmatrice dei vasetti con il liquido di governo e conservazione; da sinistra entrano i vasetti da colmare, mentre da destra escono quelli colmati. Si notino gli schermi trasparenti posti intorno alla macchina sia a protezione della qualità del prodotto, sia contro possibili contatti accidentali con parti in movimento, sia per la riduzione del rumore emesso nell’ambiente di lavoro.

 


Macchina tappatrice (incapsulatrice) dei vasetti

È una macchina che ha lo scopo di chiudere i vasetti con un tappo conformato come una capsula di sicurezza a tenuta che permette al consumatore di controllare che il vasetto sia ben chiuso e non sia mai stato aperto (altrimenti la capsula sul vasetto è convessa, premendola con un dito essa si incava e al suo rilascio emette un rumore tipo click). I vasetti entrano ed escono dalla macchina tramite un nastro trasportatore, mentre i tappi (capsule) sono introdotti nella macchina dall’alto tramite una tramoggia alla quale l’operatore accede tramite una scaletta. La macchina, un attimo prima di inserire il tappo, soffia vapore nel vasetto. Dopo la tappatura il vapore condensa e risucchia la capsula verso il vasetto facendola diventare concava.

All’uscita della tappatrice i vasetti sono sottoposti al controllo automatico della loro buona chiusura. Il controllo è effettuato attraverso un dispositivo che rileva la convessità della capsula di sicurezza ed i vasetti la cui capsula risulta convessa, anziché proseguire verso la pastorizzazione, sono inviati – grazie ad uno scambio sul nastro trasportatore – in una zona di accumulo dalla quale sono prelevati manualmente dagli addetti che gli tolgono la capsula e li immettono nuovamente nella linea di produzione a monte della tappatrice.

 

 


Fig. 23. Tappatrice (incapsulatrice) dei vasetti

 con alimentazione delle capsule (coperchi) in tramoggia posta direttamente sulla macchina. La scaletta è utilizzata da un addetto per rovesciare manualmente le scatole di cartone piene di capsule nella tramoggia di alimentazione.



Fig. 24. Tappatrice (incapsulatrice) dei vasetti con sistema di trasporto delle capsule (la tramoggia di alimentazione delle capsule è posta in locale separato).

 


FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a rumore

descrizione e stima

Il rumore nel reparto invasamento è abbastanza alto e in certe posizioni di lavoro il livello equivalente può superare i 90 dB(A).

Il rumore deriva, oltre che dalle macchine, anche dai continui piccoli urti tra i vasetti di vetro mentre si muovono lungo la linea, soprattutto quando sono ancora vuoti.

Il rumore in prossimità di alcune delle macchine utilizzate per la presente fase lavorativa è stimabile come segue:

-         depallettizzatore automatico dei vasetti: 83,2 - 88,3 dB(A);

-         soffiatrice per vasetti: da 92,9 a 93,0 dB(A);

-         riempitrice automatica dei vasetti con i vegetali: da 88,4 a 89,4 dB(A);

-         linea di riempimento manuale: da 80,8 a 83,1 dB(A);

-         linea di riempimento in vaschette di plastica: da 80,1 a 80,4 dB(A);

-         pesatrice automatica: da 86,7 a 87,4 dB(A);

-         colmatrice (pompa per liquidi di governo posta nei pressi della riempitrice): da 87,4 a 88,6 dB(A);

-         tappatrice (capsulatrice): da 87 a 88,3 dB(A) in una azienda del comparto, mentre in un’altra azienda da 92,4 a 95,9 dB(A);

Gli addetti lavorano in questo reparto in genere con 2 turni giornalieri di 4 ore ciascuno, intervallati da una pausa di 2 ore; la maggior parte degli addetti a questo reparto è soggetto ad un livello di esposizione personale giornaliero Lep,d compreso tra 85 e 90 dB(A), ma per alcuni lavoratori arriva a livelli compresi tra 90 dB(A) e 93 dB(A).

E’ interessante notare come gli addetti alla linea di riempimento in vaschette di plastica (anziché in vasetti di vetro) sono esposti a livelli di rumore molto più bassi.

danno atteso

Danni uditivi (ipoacusia da rumore).

interventi prevenzionistici

Le principali misure di prevenzione sono le seguenti:

-         utilizzare macchine del tipo meno rumoroso; per ogni macchina è necessario studiare accorgimenti e metodi che consentano la riduzione del rumore emesso; ad esempio il sistema di trasporto dei vasetti con nastri a velocità variabile nelle zone di passaggio tra una macchina e l’altra può essere ottimizzato in modo che i vasetti vengano distanziati tra loro e quindi si riduca il numero degli urti tra le stesse; allo stesso scopo possono essere utilizzate viti senza fine realizzate in materiale plastico dimensionate in modo che ogni ansa della vite trasporti un solo vasetto; è opportuno valutare la possibilità di sostituire elementi metallici (guide, tramogge di alimentazione dei prodotti, piani di lavoro, ecc…) con elementi di materiale plastico al fine di ridurre il rumore, sia quello generato dall’impatto vetro – metallo, sia quello generato dall’impatto vegetali – metallo, sia quello generato dalle vibrazioni delle superfici metalliche; inoltre le zone dove i vasetti si riavvicinano e quindi si urtano (come ad esempio le eventuali zone del sistema di trasporto a nastri che funzionano da polmone di accumulo in caso di fermata temporanea delle macchine a valle) devono essere disposti il più lontano possibile dalle postazioni operative;

-         insonorizzare le macchine più rumorose; ciò può essere realizzato ad esempio con schermi trasparenti avendo cura di garantire la continuità degli stessi e di eliminare il più possibile le vie di fuga del rumore;

-         valutare la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali;

-         organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, turnazione della mansione, pause;

-         segregare delle macchine più rumorose in locali separati insonorizzati oppure confinarle in una zona specifica delimitata da pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, evitando la possibilità di esposizione indiretta degli addetti ad altre lavorazioni meno rumorose;

-         quando sia necessario intervenire entro la zona chiusa e delimitata da pareti fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);

-         informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Movimentazione manuale dei carichi, posture, movimenti ripetitivi, lavoro monotono, ritmi di lavoro

descrizione

L’operazione di depallettizzazione manuale (ove non è presente il depallettizzatore automatico è svolta allo scopo di introdurre i vasetti sul nastro trasportatore della linea di invasamento), comporta per gli addetti l’esecuzione di movimenti ripetitivi con flessione – estensione degli arti superiori, torsione e flessione del tronco, postura fissa in piedi.

Il riempimento manuale (totale o parziale) dei vasetti comporta l’esecuzione di movimenti ripetitivi continui e veloci degli arti superiori e delle spalle. La postazione di lavoro è in piedi o seduta su sgabelli di fronte al nastro trasportatore dei vasetti da riempire.

L’alimentazione manuale delle verdure (nelle linee non alimentate meccanicamente) comporta il sollevamento e il rovesciamento delle ceste di verdura nella tramoggia della macchina riempitrice. Le ceste piene pesano in genere 8 – 12 Kg, ma talvolta arrivano a 15 – 20 Kg. In una azienda del comparto le ceste piene più pesanti sono sollevate e rovesciate una alla volta da due addetti (circa  7 – 10 ceste l’ora).

La velocità della linea produttiva e i ritmi di lavoro possono variare a seconda delle esigenze produttive e del tipo di prodotto; più i ritmi diventano elevati, maggiori sono i rischi per la salute.

L’alimentazione della macchina tappatrice con le capsule metalliche comporta il sollevamento ed il rovesciamento nella tramoggia delle scatole di cartone che le contengono. Ad esempio, in una azienda del comparto le scatole piene di capsule pesano 8 Kg e sono vuotate nella macchina circa tre scatole l’ora. Quando la tramoggia di alimentazione delle capsule è posta nella parte alta della macchina l’addetto utilizza una scaletta.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

Ferite e contusioni agli arti inferiori (in caso di caduta di oggetti pesanti).

Stress psicofisico dovuto alla monotonia del lavoro e aggravato dai ritmi elevati, dalla presenza di rumore e degli altri fattori di rischio.

La fatica derivante dallo stare in piedi e da altre attività fisiche per le lavoratrici in gravidanza è stata spesso segnalata tra le cause di aborti spontanei, parti prematuri e neonati sottopeso. Inoltre la stazione eretta prolungata può aggravare la stasi venosa e i disturbi a carico della colonna vertebrale frequenti in gravidanza.

interventi prevenzionistici

-         Utilizzo di depallettizzatore automatico. In attesa della installazione del depallettizzatore automatico è necessaria una adeguata progettazione del posto di lavoro e l’utilizzo di pedane sollevabili in modo pneumatico sulle quali porre i palletts e alzarli man mano che i vari strati di vasetti sono introdotti sul nastro trasportatore allo scopo di consentire agli addetti di mantenere la posizione eretta.

-         Automazione della alimentazione delle verdure. In attesa della installazione della linea automatica è necessaria una adeguata progettazione del posto di lavoro.

-         Corretta organizzazione del lavoro, pause, possibilità di alternare mansioni e la postura seduta / in piedi.

-         Utilizzo di sedili ergonomici regolabili e pedane poggia piedi per le postazioni di lavoro sedute, utilizzo di sgabelli ergonomici regolabili “siedi-in-piedi” per le postazioni di lavoro in piedi.

-         Per le lavoratrici in gravidanza è necessario assicurare che il ritmo e l’intensità del lavoro non sia eccessivo. Favorire una gestione delle pause da parte della lavoratrice stessa. Assicurare che vi sia la possibilità di sedersi. Adeguare il posto di lavoro o delle procedure operative al crescere del volume addominale al fine di contribuire a ridurre i problemi posturali e il rischio di infortuni. Allontanare o spostare la lavoratrice dalla mansione nel caso non sia possibile la eliminazione della stazione in piedi per più di metà dell’orario di lavoro o della posizione particolarmente affaticante.

-         Informazione degli addetti sui rischi della loro mansione e formazione sia nell’assumere atteggiamenti e/o abitudini di vita e di lavoro adatte a proteggere la schiena e le altre articolazioni, sia nello svolgere utili esercizi di rilassamento, stiramento e rinforzo muscolare.

-         Gli addetti alla movimentazione di oggetti pesanti devono indossare calzature di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico.

-         Sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.Lgs. n. 151 del 26.03.2001”Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità a norma della L. n. 53 del 8.3.2000”.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Le parti mobili delle macchine sopra citate possono costituire per gli addetti il rischio di presa, trascinamento, schiacciamento.

danno atteso

Ferite e contusioni.

interventi prevenzionistici

Le parti mobili delle macchine devono essere rese inaccessibili tramite ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco che impediscano l’avviamento della macchina fin tanto che il riparo non è chiuso e fermino la macchina se il riparo viene aperto. In luogo dei ripari possono essere utilizzate barriere immateriali realizzate tramite fotocellule.

Quando la pulizia o la manutenzione delle macchine (ed anche le eventuali regolazioni iniziali) richiedono l’avvio della macchina con i ripari aperti o rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera che comandi l’avanzamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando della macchina e che consenta all’operatore di azionarla da una postazione dalla quale sia ben visibile la zona operativa.

Le macchine devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza, il quale non può essere considerato alternativo ai dispositivi di sicurezza sopra richiamati.

riferimenti normativi

-         Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN 291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1, 1012/2


 


Fig. 25. Particolare di alcune protezioni organi meccanici in movimento: a) protezione grigliata sulla testa del nastro trasportatore di raccolta dei vegetali caduti dalla macchina riempitrice; b) protezione sull’albero del nastro trasportatore dei vasetti.

Fig. 26. Particolare di
protezione della testa e dell’albero del nastro elevatore.

 


Utilizzo di attrezzature manuali taglienti

descrizione

Utilizzo del trincetto per il taglio del foglio di plastica trasparente che avvolge i palletts di vasetti.

danno atteso

Ferite da taglio.

danno rilevato

Vedere il capitolo 1.

 

interventi prevenzionistici

-         Utilizzare utensili provvisti di sicurezza antitaglio (trincetti a protezione mobile che lascino scoperta solo la parte della lama necessaria alla lavorazione).

-         Indossare D.P.I. (guanti  e grembiuli antitaglio).

-         Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         Art. 383 "Protezione delle mani" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.Lgs. 626/94 e s.m.i.

 

Utilizzo e manipolazione di materiale frangibile

descrizione

Nella linea di invasamento talvolta accade che qualche vasetto di vetro si rompa o si incastri (la rottura dei vasetti può essere provocata, oltre che dagli urti, anche dal gradiente termico al momento del loro riempimento). Ciò richiede l’intervento degli addetti per rimuovere i vasetti incastrati, recuperare i frammenti di vetro dei vasetti rotti e asciugare il pavimento dai liquidi e dai vegetali sversati. La manipolazione dei frammenti di vetro può comportare rischi infortunistici.

Anche durante la depallettizzazione manuale qualche vasetto può scivolare dalle mani dell’addetto e rompersi all’impatto con il pavimento. Può anche accadere che qualche vasetto tra quelli del palletts in arrivo sia rotto e quindi se l’addetto non se ne accorge può ferirsi mentre lo prende in mano per introdurlo sul nastro trasportatore.

danno atteso

Ferite da taglio.

danno rilevato

Vedere il capitolo 1.

interventi prevenzionistici

Gli addetti devono indossare guanti e grembiuli antitaglio ed essere adeguatamente informati e formati. È auspicabile la meccanizzazione della depallettizzazione, anche in considerazione degli altri fattori di rischio citati per la depallettizzazione manuale.

riferimenti normativi

-         Art. 383 "Protezione delle mani" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.Lgs. 626/94 e s.m.i.

 

Esposizione a vapori di aceto, polveri di additivi alimentari, odori molesti.

descrizione

Gli addetti possono essere esposti alle polveri di additivi (glutammato, ecc…) e di aromi finemente triturati (peperoncino, aglio, ecc…) durante la loro introduzione nella tramoggia di alimentazione insieme ai vegetali, durante la miscelazione degli ingredienti che variano a seconda del tipo di prodotto da confezionare, ma anche durante il transito o la sosta nei locali dove avviene il riempimento dei vasetti o la preparazione delle miscele di aromi e additivi.

danno atteso

Manifestazioni irritative ed allergiche delle vie respiratorie e degli occhi.

interventi prevenzionistici

-         installare sistemi di aspirazione localizzata e generale dell’ambiente di lavoro;

-         corretta organizzazione del lavoro per minimizzare l’esposizione;

-         indossare maschere facciali per la protezione delle vie respiratorie (ciò è utile anche per l’igiene del prodotto);

-         informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti;

riferimenti normativi

-         D.P.R. 303 del 1956 e s.m.i.

-         D.Lgs. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a vibrazioni

descrizione

Alcune macchine riempitrici generano vibrazioni che si possono trasmettere alla struttura del fabbricato, in particolare al pavimento con conseguente esposizione dei lavoratori in prossimità della macchina.

Inoltre le vibrazioni delle varie parti che compongono la macchina, specie le parti metalliche, contribuiscono alla generazione di rumore.

danno atteso

L’esposizione continuativa a vibrazioni all’intero corpo può causare dolori e disturbi al rachide dorso-lombare, oltre che impedimento a manovrare con precisione.

interventi prevenzionistici

-         Programmare ed eseguire una adeguata manutenzione periodica preventiva della macchina.

-         Installare sotto la macchina sistemi smorzanti le vibrazioni (piedini o pedane di gomma o di altro materiale in grado di smorzare le vibrazioni).

-         Riscaldare l’ambiente di lavoro nei mesi freddi.

-         ridurre i tempi di esposizione alternando le lavorazioni tra più addetti.

-         Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.M.L. del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"

-         Art. 46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.

-         Art. 24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del 19.3.1956

-         9.9.3 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per movimentazione".

-         1.5.9 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".

-         1.5.9 "Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente"  D.P.R. n. 459 del 24.07.1996

-         Comunicazione CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".

-         Norma UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".

-         D.M. 30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2): «Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".

-         Comunicazione CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine, modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE  e 93/68/CEE".

 

Transito su pavimenti resi scivolosi

descrizione

Il pavimento dei reparti di dissalatura, lavaggio e preparazione vegetali tende costantemente a bagnarsi determinando il rischio di cadute per scivolamento. A tale rischio contribuisce anche il quotidiano uso di soluzioni saponate utilizzate per la pulizia dei pavimenti e l’eventuale impiego di idropulitrici a getto d’acqua e vapore in pressione.

danno atteso

Lesioni traumatiche per cadute da scivolamento.

danno rilevato

Vedere il capitolo 1.

prevenzione

-         Pavimentazione realizzata con materiali antiscivolo le cui mattonelle siano montate a fuga larga per permettere un migliore deflusso del liquido, eventualmente grigliata e/o di pendenza adeguata con sistemi di raccolta dei liquidi che cadono sul pavimento.

-         Frequente pulizia del pavimento con prodotti detergenti.

-         Indossare calzature con suola antiscivolo.

riferimenti normativi

-         Art. 7, comma 2 e comma 4 "Pavimenti" D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Norme British Ceramic Research Association

-         Norme DIN 51098

-         D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i.

Fig. 27. Particolare

di un sistema di raccolta liquidi sotto un nastro trasportatore dei vasetti.

 

Manipolazione di prodotti vegetali, esposizione ad agenti allergizzanti

descrizione

Nel reparto confezionamento la manipolazione dei prodotti vegetali avviene durante il riempimento dei vasetti o delle vaschette quando eseguito in modo manuale o semiautomatico.

danno atteso, prevenzione, riferimenti normativi

Vedere quanto riportato alla fase “Preparazione (cucina)”.

 

Movimentazione meccanica dei carichi

Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti normativi relativi all’utilizzo di carrelli elevatori vedere la fase “Movimentazione meccanica dei carichi”.

 

 

APPALTI ESTERNI

 

La fase di confezionamento in genere non è appaltata.

 

 


 

IMPATTO ESTERNO

 

Diffusione di rumore all’esterno

Il rumore presente nel reparto di invasamento può diffondere nell’ambiente esterno. In caso questo reparto sia vicino ad insediamenti civili, è possibile che il rumore disturbi la popolazione circostante. Alcune soluzioni possono essere: ridurre il rumore alla fonte, realizzare pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, posizionare il reparto in un’area dello stabilimento più lontana dagli insediamenti civili, predisporre barriere antirumore.

 

Produzione di rifiuti

Sono essenzialmente costituiti da:

-         fogli di plastica trasparente provenienti dall’imballaggio dei palletts dei vasetti;

-         cartone proveniente dalla parte superiore dell’imballaggio dei palletts dei vasetti;

-         frammenti di vetro provenienti dai vasetti che si rompono durante la lavorazione.

Si tratta di materiali che ben si prestano alla raccolta differenziata finalizzata al successivo riciclaggio.

I pancali di legno, così come i cartoncini che separano i vari strati di vasetti nei palletts, sono in genere recuperati e riutilizzati nella vetreria che fornisce i vasetti.

 

 


PASTORIZZAZIONE – STERILIZZAZIONE – LAVAGGIO E ASCIUGATURA – CONTROLLO VISIVO.

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

I vasetti riempiti e chiusi, se contengono prodotti destinati ad una lunga conservazione, sono sottoposti ad un processo di pastorizzazione che avviene a 90 – 95 °C in camera o tunnel di pastorizzazione. Le vaschette sigillate sono sottoposte a sterilizzazione in autoclave oppure a sterilizzazione in contropressione.

La pastorizzazione e la sterilizzazione sono seguite dal lavaggio esterno dei vasetti e delle vaschette e da successiva asciugatura (entrambe le operazioni sono automatizzate e sono necessarie anche per favorire l’etichettatura come descritto alla fase seguente).

Al termine delle suddette operazione viene effettuato il controllo visivo del corretto riempimento e della corretta chiusura.

I recipienti contenenti prodotti a breve conservazione (semiconserve) non sono sottoposti ad alcun processo per allungarne i tempi di conservazione, ma sono conservati in celle frigorifere a + 4 °C (vedere la fase “magazzino prodotti finiti - conservazione in celle frigorifere – spedizione”).

 


Fig. 28. Tunnel pastorizzatore dei vasetti visto dal lato di ingresso dei vasetti provenienti dalla tappatrice.

 


ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Pastorizzatore

È costituito da un tunnel in acciaio di forma parallelepipeda lungo alcuni metri, al cui interno si trova un tapis-ruolant sul quale avanzano i vasetti già riempiti e tappati e che fuoriescono dalla estremità opposta a quella di entrata. All’interno del pastorizzatore viene immesso vapore acqueo a bassa pressione regolato automaticamente in modo da mantenere all’interno la temperatura nel range stabilito per la pastorizzazione. Il vapore condensato è raccolto nella parte inferiore della macchina. Le pareti, almeno nella parte calda del tunnel, normalmente sono coibentate. Sono previsti sportelli laterali apribili per le operazioni di manutenzione.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore in questa fase lavorativa è abbastanza alto e in certe posizioni di lavoro il livello equivalente può superare i 90 dB(A).

Il rumore deriva, oltre che dalle macchine, anche dai continui piccoli urti tra i vasetti di vetro mentre si muovono lungo la linea.

Il rumore in prossimità di alcune delle macchine utilizzate per la presente fase lavorativa è stimabile come segue:

-         autoclave: 89,4 – 93,1 dB(A);

-         tunnel di sterilizzazione dei vasetti: da 90,1 a 90,5 dB(A);

-         pastorizzatore dei vasetti: circa 90 dB(A);

-         lavatrice / asciugatrice per vasetti: da 89,1 a 93,9 dB(A);

danno atteso

Danni uditivi (ipoacusia da rumore).

interventi prevenzionistici

Le principali misure di prevenzione sono le seguenti:

-         utilizzare macchine del tipo meno rumoroso; per ogni macchina è necessario studiare accorgimenti e metodi che consentano la riduzione del rumore emesso; ad esempio il sistema di trasporto dei vasetti con nastri a velocità variabile nelle zone di passaggio tra una macchina e l’altra può essere ottimizzato in modo che i vasetti vengano distanziati tra loro e quindi si riduca il numero degli urti tra le stesse; allo stesso scopo possono essere utilizzate viti senza fine realizzate in materiale plastico dimensionate in modo che ogni ansa della vite trasporti un solo vasetto; è opportuno valutare la possibilità di sostituire elementi metallici (guide, tramogge di alimentazione dei prodotti, piani di lavoro, ecc…) con elementi di materiale plastico al fine di ridurre il rumore, sia quello generato dall’impatto vetro – metallo, sia quello generato dall’impatto vegetali – metallo, sia quello generato dalle vibrazioni delle superfici metalliche; inoltre le zone dove i vasetti si riavvicinano e quindi si urtano (come ad esempio le eventuali zone del sistema di trasporto a nastri che funzionano da polmone di accumulo in caso di fermata temporanea delle macchine a valle) devono essere disposti il più lontano possibile dalle postazioni operative;

-         insonorizzare le macchine più rumorose; ciò può essere realizzato ad esempio con pannelli fonoisolanti – fonoassorbenti e, dove è necessario mantenere la visibilità, con schermi trasparenti avendo cura di garantire, per quanto possibile, la continuità degli stessi in modo da ridurre le vie di fuga del rumore;

-         valutare la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali;

-         organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi;

-         segregare delle macchine più rumorose in locali separati insonorizzati oppure confinarle in una zona specifica delimitata da pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, evitando la possibilità di esposizione indiretta degli addetti ad altre lavorazioni meno rumorose;

-         quando sia necessario intervenire entro la zona chiusa e delimitata da pareti fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);

-         informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a microclima caldo-umido, lavoro in prossimità di superfici calde

descrizione

Le operazioni di pastorizzazione e sterilizzazione possono determinare l'esposizione degli addetti a microclima caldo-umido. Le superfici delle macchine possono essere ad elevata temperatura (se non adeguatamente coibentate).

danno atteso

Disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psicofisico.

Ustioni per contatto con superfici calde.

prevenzione

E’ opportuno coibentare le pareti calde, le tubazioni e le valvole di regolazione / intercettazione del vapore ed evitare la fuoriuscita di vapore dalle macchine, ad esempio tramite barriere d’acqua verticali alla bocca di uscita del pastorizzatore (come attuato da alcune aziende del comparto).

Nelle situazioni di maggior esposizione a stress termico, è utile prevedere l’uso di abbigliamento idoneo specifico, in relazione al rischio da esposizione ad elevata temperatura, oltre a prevedere, nell’organizzazione del lavoro, idonei periodi di acclimatamento.

È altresì opportuno valutare la possibilità di confinare in locali appositi le macchine che determinano il microclima caldo-umido, in modo da separarle dagli altri reparti di lavorazione, al fine di evitare l'esposizione indiretta degli addetti.

È fondamentale una corretta organizzazione del lavoro e l’informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.


Fig. 29. Tunnel pastorizzatore dei vasetti visto dal lato di uscita dei vasetti. Le parti centrali del tunnel (dove è immesso il vapore) hanno pareti più spesse e coibentate.

 



Fig. 30. Uscita dei vasetti dal tunnel pastorizzatore.

 


Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Le porte delle celle frigorifere, quando sono costituite da paratie mobili a comando pneumatico, comportano il rischio di schiacciamento dell'addetto che dovesse trovarsi a passare in quel momento.

danno atteso

Lesioni traumatiche, quali ferite e contusioni.

prevenzione

Le paratie ad apertura e chiusura automatica delle celle frigorifere, devono essere protette contro il rischio di schiacciamento, ad esempio:

-         per la fase di chiusura, la paratia può essere dotata di barra sensibile sul bordo che, in caso di urto, ne blocchi la corsa.

-         per la fase di apertura, quando la paratia va ad occupare una porzione di spazio accessibile ai lavoratori, può essere utilizzato un sistema analogo al precedente, oppure la zona operativa può essere resa inaccessibile tramite una adeguata recinzione.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n.547 del 27.04.1955 e s.m.i.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         Norme UNI.

 

Lavoro faticoso per gli occhi, posture, monotonia del lavoro, ritmi di lavoro

descrizione

Il controllo visivo dei vasetti o delle vaschette, mentre passano sul nastro trasportatore, avviene a cura di un addetto che mantiene una posizione fissa (in piedi o seduta) con un impegno visivo protratto e statico. Ciò, oltre ai rischi dovuti alla fissità della postura e all’impegno visivo, comporta anche i rischi dovuti alla monotonia del lavoro e al senso di responsabilità che non permette distrazioni.

La velocità della linea produttiva e i ritmi di lavoro possono variare a seconda delle esigenze produttive e del tipo di prodotto; più i ritmi diventano elevati, maggiori sono i rischi per la salute.

La contemporanea presenza di rumore e di eventuale microclima sfavorevole contribuisce ad aggravare la situazione.

danno atteso

Disturbi da affaticamento visivo, fatica mentale, disaffezione al lavoro, stress psicofisico dovuto alla monotonia del lavoro e aggravato dai ritmi elevati, dalla presenza di rumore e degli altri fattori di rischio. Disturbi muscoloscheletrici.

In particolare, per situazioni di sovraccarico dell’apparato visivo, possono insorgere disturbi reversibili quali bruciori, lacrimazione, secchezza, senso di corpo estraneo, ammiccamento frequente, fastidio alla luce, pesantezza, visione annebbiata, visione sdoppiata, stanchezza durante la visione protratta da vicino. Questi disturbi nel loro complesso costituiscono la sindrome da fatica visiva (astenopia). L’affaticamento visivo ed il movimento alto-basso possono favorire l’insorgenza di nistagmo verticale. Tali disturbi, in talune condizioni, possono manifestarsi maggiormente in caso siano presenti negli addetti difetti visivi (presbiopia, ipermetropia, astigmatismo, miopia) non o mal corretti.

interventi prevenzionistici

Valutare la possibilità di automatizzare l’operazione, altrimenti progettare adeguatamente il posto di lavoro garantendo in particolare:

-         un sistema di illuminazione in posizione corretta rispetto al punto di applicazione sul quale i valori di illuminamento devono essere idonei alla finezza che il lavoro richiede, eliminando abbagliamenti o riflessi; è opportuno utilizzare lampade a bassa luminanza (e quindi minor abbagliamento), minimo calore e gradevole colore (ad esempio le lampade a scarica di vapori fluorescenti in genere possono essere considerate idonee); al fine di ridurre la possibilità di esposizione alle radiazioni ultraviolette, è bene che le lampade siano installate ad una opportuna distanza (ad esempio almeno 1 metro) dalla testa dell’operatore; per un illuminamento migliore possibile è opportuno disporre le lampade secondo la regola dei 30 gradi, in modo tale da non entrare nel campo visivo dell’operatore mentre lavora; l’installazione elettrica deve essere realizzata in modo tale da evitare lo sfarfallamento dell’illuminazione (ad esempio installando le lampade sulle tre fasi dell’impianto elettrico trifase); è bene che le superfici di lavoro siano opache in modo da evitare riflessi che possono essere causa di abbagliamento;

-         un adeguato microclima e una limitata rumorosità nella postazione di lavoro;

-         una postura corretta della schiena, degli arti superiori e delle gambe, con la possibilità di alternare la postazione di lavoro seduta / in piedi;

-         una oculata organizzazione del lavoro, turnazione con altre mansioni, pause di riposo in ambiente tranquillo o all’esterno;

-         limitare la velocità di scorrimento delle confezioni sotto gli occhi dell’operatore.

-         sottoporre gli addetti ad un controllo dell’apparato oculo-visivo, prima che vengano assegnati a mansioni che comportano un impegno visivo per buona parte del turno, al fine di evidenziare eventuali difetti visivi (miopia, astigmatismo, ecc…) di cui il soggetto sia già portatore e correggerle adeguatamente, anche se lievi, per evitare un ulteriore sforzo visivo durante il lavoro;

-         informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori.

riferimenti normativi

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Diffusione di rumore

Le macchine rumorose sopra citate possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli impianti produttivi. È opportuno utilizzare macchine del tipo meno rumoroso e sottoporle ad adeguata manutenzione, insonorizzare le macchine più rumorose, collocare i macchinari più rumorosi in un’area dello stabilimento produttivo il più lontano possibile dalle abitazioni, predisporre barriere antirumore ove necessarie.


ETICHETTATURA, CONFEZIONAMENTO CON TERMORETRAIBILE, PALLETTIZZAZIONE, IMBALLAGGIO.

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

I vasetti (o le vaschette) sono inviati su un nastro trasportatore fino alla macchina che applica le etichette ed i sigilli adesivi in modo del tutto automatico, mentre un addetto effettua il controllo visivo ad etichettatura avvenuta.

Una volta etichettati i vasetti sono confezionati a pacchi tramite una macchina per confezionamento con termoretraibile e i pacchi confezionati in palletts, manualmente o tramite pallettizzatore automatico.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Etichettatrice


Questa macchina ha la funzione di applicare le etichette sui vasetti (o sulle vaschette). La macchina è alimentata con i vasetti (o con le vaschette) tramite un nastro trasportatore e con le etichette tramite un caricatore. Le etichette sono prestampate e possono essere autoadesive oppure applicate a colla liquida. In quest’ultimo caso la colla è prelevata tramite una pompa da un secchio appoggiato su un apposito carrellino che ha il duplice scopo di favorire la movimentazione manuale e di contenere eventuali sversamenti. La macchina è anche dotata di organi di stampa a getto di inchiostro per stampare sull’etichetta la data di scadenza del prodotto ed eventuali altre informazioni (data di produzione, numero del lotto, ecc…).

Fig. 31. Etichettatrice dei vasetti.

 

Confezionatrice con termoretraibile

Si tratta di una macchina automatica che ha lo scopo di confezionare i vasetti a gruppi (ad esempio 6 vasetti per confezione) con un cartoncino alla base ed un foglio di polipropilene tutto stretto intorno.

La macchina è alimentata con i vasetti tramite un nastro trasportatore e con i cartoncini in pile tramite un apposito alimentatore; il propilene è in rotoli che sono introdotti nella machina manualmente o con l’ausilio di un piccolo paranco.

La macchina pone i gruppi di vasetti su un cartoncino, li avvolge con il nastro di polietilene e una lama calda taglia il foglio e ne salda le due estremità per chiudere la confezione.

Alcune macchine, anziché un semplice cartoncino utilizzato come basamento, realizzano una confezione esteticamente più gradevole con un contenitore di cartone prestampato e tagliato della forma idonea per contenere i vasetti, prima di avvolgere il tutto con il foglio di termoretraibile.

Tramite una rulliera la confezione è introdotta in un forno a tunnel dove il calore provoca il restringimento del foglio di polietilene che conseguentemente assume la forma dei vasetti (o della confezione di cartone che li contiene), tenendoli ben impacchettati.

Le confezioni in uscita sono disposte in palletts manualmente o tramite pallettizzatore automatico senza soluzione di continuità.


Fig. 32. Bobina di polietilene nella macchina confezionatrice.

 


Pallettizzatore

Si tratta di una macchina automatica che dispone le confezioni su un pancale di legno formando un numero prestabilito di strati. Le confezioni sono introdotte nella macchina tramite nastri trasportatori e i palletts formati escono dalla macchina tramite rulliere da cui sono prelevati con carrelli elevatori oppure inviate alla macchina imballatrice (vedere la fase imballaggio).

 

Carrelli elevatori

Si tratta in genere di carrelli elevatori a trazione elettrica, dotati di forche per il sollevamento e trasporto dei palletts.

FATTORI DI RISCHIO

 

Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

La confezionatrice con termoretraibile richiede la periodica sostituzione delle bobine di polietilene, ad esempio in una azienda del comparto sono cambiate 5 – 6 bobine al giorno che pesano dai 16 ai 26 Kg a seconda del formato.

La pallettizzazione manuale comporta per gli addetti l’esecuzione di movimenti ripetuti, il sollevamento delle confezioni e talvolta la torsione e la flessione del tronco.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici. In caso di caduta di oggetti pesanti gli addetti possono riportare lesioni traumatiche agli arti inferiori.

interventi prevenzionistici

-         Valutare la possibilità di automatizzare l’operazione di caricamento delle bobine per la macchina confezionatrice con termoretraibile, ovvero utilizzare ausili per la movimentazione (paranchi).

-         Valutare la possibilità di meccanizzare la pallettizzazione; nel frattempo progettare adeguatamente il posto di lavoro e organizzarlo correttamente in modo da ridurre i rischi derivati dalla movimentazione manuale; per ridurre la necessità di flessione del tronco è opportuno utilizzare idonee attrezzature per sollevare il pancale per posizionare su di esso i primi strati di confezioni e abbassarlo man mano che si dispongono gli strati superiori.

-         Gli addetti devono indossare scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico.

-         Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-        

Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938

Fig. 33. Ausilio per la movimentazione delle bobine di polietilene e li loro posizionamento nella macchina confezionatrice.

 

 

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

La macchina etichettatrice può necessitare spesso di essere fermata, regolata e riavviata per il fatto che le etichette facilmente si possono inceppare nell’alimentatore. Ciò richiede l’intervento dell’operatore che deve aprire i ripari e rimuovere l’inceppamento.

Anche la confezionatrice con termoretraibile richiede regolazioni iniziali per l’inserimento delle bobine nuove.

Gli organi in movimento di tali macchine, così come quelli del pallettizzatore automatico, possono comportare per gli addetti il rischio di contatto, presa, trascinamento, schiacciamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche (ferite e contusioni).

interventi prevenzionistici

Le parti mobili delle macchine devono essere rese inaccessibili tramite ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco che impediscano l’avviamento della macchina fin tanto che il riparo non è chiuso e fermino la macchina se il riparo viene aperto. In luogo dei ripari possono essere utilizzate barriere immateriali realizzate tramite fotocellule. Quando la pulizia o la manutenzione delle macchine (ed anche le eventuali regolazioni iniziali, come ad esempio nel caso della etichettatrice) richiedono l’avvio della macchina con i ripari aperti o rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera che comandi l’avanzamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando della macchina e che consenta all’operatore di azionarla da una postazione dalla quale sia ben visibile la zona operativa.

Le macchine devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza, il quale non può essere considerato alternativo ai dispositivi di sicurezza sopra richiamati.

riferimenti normativi

-         Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN 291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1, 1012/2.

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore in questa fase lavorativa è abbastanza alto e in certe posizioni di lavoro il livello equivalente può superare i 90 dB(A).

Il rumore deriva, oltre che dalle macchine, anche dai continui piccoli urti tra i vasetti di vetro mentre si muovono lungo la linea di etichettatura.

Il rumore in prossimità di alcune delle macchine utilizzate per la presente fase lavorativa è stimabile come segue:

-         etichettatrice dei vasetti: da 86,1 a 87,6 dB(A);

-         confezionatrice con termoretraibile: da 84,6 a 90,0 dB(A);

-         formatrice scatole e sistema di avanzamento delle stesse: da 81,9 a 84,8 dB(A);

-         pallettizzatore: da 84,2 a 85,2 dB(A);

-         impacchettatrice: 90,7 dB(A).

danno atteso

Danni uditivi (ipoacusia da rumore).

interventi prevenzionistici

Le principali misure di prevenzione sono le seguenti:

-         utilizzare macchine del tipo meno rumoroso; per ogni macchina è necessario studiare accorgimenti e metodi che consentano la riduzione del rumore emesso, come già descritto per la fase di confezionamento dei vegetali in vasetto;

-         insonorizzare le macchine più rumorose; ciò può essere realizzato ad esempio con schermi trasparenti avendo cura di garantire la continuità degli stessi e di eliminare il più possibile le vie di fuga del rumore;

-         valutare la possibilità di attuare interventi di tipo passivo per la riduzione del rumore, quali la progettazione acustica dei locali ove installare le macchine rumorose; ciò può essere realizzato sia per i locali esistenti ai fini della installazione negli stessi di strutture fonoassorbenti (tali da ridurre la riflessione delle onde sonore), sia – a maggior ragione – per i locali nuovi; di ausilio alla progettazione acustica dei locali possono essere utilizzati specifici software di simulazione e predizione del rumore nei vari punti del locale al cambiare della posizione delle sorgenti e al variare delle caratteristiche dimensionali e acustiche dei locali;

-         organizzare il lavoro in modo da minimizzare i tempi di esposizione, anche grazie ad una corretta disposizione delle macchine rumorose nei locali produttivi, turnazione della mansione, pause;

-         segregare delle macchine più rumorose in locali separati insonorizzati oppure confinarle in una zona specifica delimitata da pannellature fonoisolanti – fonoassorbenti, evitando la possibilità di esposizione indiretta degli addetti ad altre lavorazioni meno rumorose;

-         quando sia necessario intervenire entro la zona chiusa e delimitata da pareti fonoassorbenti è necessario indossare D.P.I. (cuffie, tappi);

-         informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a fumi di polietilene

descrizione

Durante l’imballaggio dei vasetti in confezioni con termoretraibile si possono sviluppare fumi dovuti alla termosaldatura e alla ritrazione del polietilene.

danno atteso

Irritazione delle vie respiratorie.

interventi prevenzionistici

-         Utilizzare macchine chiuse e dotate di efficaci sistemi di aspirazione localizzata.

-         Esaminare la scheda di sicurezza del materiale termoretraibile utilizzato (il fornitore è tenuto a fornire all’azienda la scheda di sicurezza).

-         Valutare la possibilità di sostituzione con altri metodi di imballaggio.

-         Informare e formare gli addetti.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 303 del 1956 e s.m.i.

-         D.Lgs n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Movimentazione meccanica dei carichi

Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti normativi relativi all’utilizzo di carrelli elevatori vedere la fase “Movimentazione meccanica dei carichi”.

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa operazione non viene appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Diffusione di rumore

Le macchine rumorose sopra citate possono provocare disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli impianti produttivi. È opportuno utilizzare macchine del tipo meno rumoroso e sottoporle ad adeguata manutenzione, insonorizzare le macchine più rumorose, collocare i macchinari più rumorosi in un’area dello stabilimento produttivo il più lontano possibile dalle abitazioni, predisporre barriere antirumore ove necessarie.

 

 


IMBALLAGGIO PALLETTS

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

L’imballaggio dei palletts è necessario per evitare la caduta delle confezioni poste sul pancale durante la movimentazione. Si tratta di fasciare con un film plastico (cellophane) il pancale di legno e le confezioni di vasetti poste su di esso in modo da trattenere insieme il tutto.

Nelle aziende più piccole l’operazione è talvolta compiuta manualmente, ma in genere sono utilizzate apposite macchine imballatrici.

La macchina imballatrice può essere fissa (in alcuni casi è automatica ed è collegata all’uscita del pallettizzatore senza soluzione di continuità), oppure mobile come sotto descritto.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Imballatrice fissa


È una macchina, anche chiamata fasciatrice o incelofanatrice, essenzialmente costituita da una piattaforma rotante sul quale viene posto il pallett carico e da una guida verticale sul quale scorre il supporto che tiene il rotolo (bobina) del nastro di plastica (cellophane). La rotazione della piattaforma mentre il rotolo si sposta verticalmente determina l’avvolgimento del cellophane tutto intorno al pallett. Esistono anche macchine che, anziché porre in rotazione il pallett, sono dotate di un braccio rotante che avvolge il nastro intorno al pallett che resta fermo.  L’alimentazione e lo scarico dei palletts può essere automatica tramite rulliere (specie quando i palletts sono formati da pallettizzatori automatici) oppure può avvenire tramite carrelli elevatori o transpalletts manuali. La macchina è dotata di un quadro di comando laterale.

Fig. 34. Macchina imballatrice fissa a braccio rotante.

 



Fig. 35. Scarico automatico (tramite rulliera rotante) dei palletts fasciati dalla imballatrice fissa. Il caricamento dei palletts da fasciare avviene tramite carrello elevatore che deposita il pallett sulla rulliera quando quest’ultima è orientata verso l’imballatrice. Una volta avvenuta la fasciatura il pallett torna automaticamente indietro sulla rulliera  rotante, la quale ruotando di 90°, avvia il pallett sulla rulliera che trasferisce in magazzino i palletts fasciati.

 


Imballatrice mobile

Si tratta di una attrezzatura mobile su ruote per essere trasportata in prossimità del pallet da imballare. È costituita da robot dotato di una guida verticale sulla quale è installato il porta rotolo del nastro di plastica utilizzato per l’imballaggio. L’operatore lega il nastro alla base del palletts e quindi aziona il robot, il quale ruota intorno al palletts mentre il porta rotolo si muove dal basso verso l’alto e viceversa, con conseguente fasciatura uniforme del palletts. Il numero di giri e l’escursione alto-basso del nastro è programmabile.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Imballatrice fissa

Gli organi in movimento della macchina imballatrice (supporto scorrevole su guida verticale, piattaforma e il pallett di confezioni posto in rotazione) possono costituire per gli addetti il rischio di urto, presa e trascinamento.

Normalmente sono presenti delle recinzioni laterali, tuttavia la parte frontale usata per il carico e lo scarico, è aperta; ciò può costituire un pericolo per l’operatore a causa del movimento della pedana e del pallet posto su di essa.

Imballatrice mobile

Durante la rotazione della macchina intorno al pallett essa può urtare gli addetti che dovessero trovarsi nel suo raggio di azione.

danno atteso

Lesioni traumatiche (ferite e contusioni).

interventi prevenzionistici

Imballatrice fissa

Gli organi in movimento devono essere protetti, ad esempio tramite protezioni fisse (griglie metalliche o pannelli in plastica rigida trasparente) o barre distanziatrici idonee ad impedire che gli arti dell’addetto possano raggiungere le parti meccaniche in movimento o barriere immateriali (fotocellule) in grado di fermare la macchina qualora un addetto si trovi nella zona operativa. Quando la pulizia o la manutenzione delle macchine (ed anche le eventuali regolazioni iniziali) richiedono l’avvio della macchina con i ripari aperti o rimossi, può essere utilizzata una pulsantiera che comandi l’avanzamento ad impulsi a uomo presente, la quale una volta inserita escluda il quadro comando della macchina e che consenta all’operatore di azionarla da una postazione dalla quale sia ben visibile la zona operativa.

La macchina deve essere dotata di dispositivo di arresto di emergenza, il quale non può essere considerato alternativo ai dispositivi di sicurezza sopra richiamati.

Imballatrice mobile

Per ridurre i rischi infortunistici in caso di urto da parte della macchina in movimento, essa può essere dotata di paraurti sensibili, sporgenti rispetto alla macchina e realizzate in materiale morbido che, in caso di urto, provochino l’arresto immediato della macchina. L’avviamento può essere preannunciato da una segnalazione ottico-acustica. La velocità di rotazione della macchina intorno al palletts dovrebbe essere limitata sufficientemente per ridurre i rischi in caso di urto.

riferimenti normativi

-         Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN 291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1, 1012/2.

 

Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

L’addetto alla imballatrice comanda e sorveglia la macchina in piedi o seduto in prossimità del quadro comando; per la sostituzione delle bobine di cellophane, l’addetto preleva la bobina (che può pesare qualche decina di Kg (a seconda dei formati) e la inserisce nella macchina imballatrice.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici. In caso di caduta di oggetti pesanti gli addetti possono riportare lesioni traumatiche agli arti inferiori.

interventi prevenzionistici

-         Valutare la possibilità di automatizzare l’operazione di caricamento delle bobine, ovvero utilizzare ausili per la movimentazione.

-         Indossare scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico.

-         Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere questa operazione non viene appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Produzione di rifiuti

I rifiuti prodotti in azienda durante questa fase sono essenzialmente i tubi di cartone che costituiscono l’anima sulla quale è avvolto il cellophane per formare il rotolo.

Da notare che per il destinatario dei palletts fasciati, il cellophane utilizzato sarà considerato un rifiuto.

Per limitare la produzione dei rifiuti (ed anche i costi dell’imballaggio) è opportuno evitare la fasciatura manuale affidandola alle macchine che sono più precise e possono essere programmate limitando il numero di giri di fasciatura a quanto strettamente necessario a contenere le confezioni senza rischio di caduta delle stesse dal pallett.

Cellophane e cartone sono materiali che ben si prestano alla raccolta differenziata e al riciclaggio.

 

 


MAGAZZINO PRODOTTI FINITI - CONSERVAZIONE IN CELLE FRIGORIFERE – SPEDIZIONE

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Il pallett formato può essere inviato alla imballatrice per essere fasciato con un foglio di plastica trasparente, oppure trasferito in magazzino senza essere imballato. Infatti alcune spedizioni possono richiedere di formare un palletts con confezioni di prodotti diversi. In tal caso un addetto prende alcune confezioni dai vari palletts di prodotti diversi e li sistema manualmente sul palletts da spedire il quale, una volta completato, viene imballato e quindi di nuovo immagazzinato in attesa di essere caricato sul camion per la spedizione.

I recipienti contenenti prodotti a breve conservazione (semiconserve) sono conservati in celle frigorifere a + 4 °C.

La movimentazione dei palletts avviene in genere con carrelli elevatori, ma anche con transpalletts elettrici o manuali.

La spedizione avviene tramite camion sui quali vengono caricati i palletts imballati. In genere i camion sostano nel piazzale aziendale ed il caricamento avviene con carrelli elevatori. Alcune aziende dispongono di piazzali antistanti il magazzino con zone di carico in muratura, simili a quelle utilizzate nelle aziende di spedizionieri, in modo che il piano di carico del camion si trovi alla stessa altezza della piattaforma, la quale a sua volta corrisponde al livello del pavimento del magazzino.

 


Fig. 36. Magazzino dei prodotti finiti. Si noti in basso la protezione del montante della scaffalatura contro eventuali urti da carrelli elevatori. Si noti anche che alcuni palletts posti a livello del pavimento non sono imballati per consentire il prelevamento manuale di confezioni singole allo scopo di preparare palletts formati da confezioni di diversa tipologia.

 


ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Scaffalature

Si tratta di scaffalature metalliche verticali di struttura robusta, per lo stoccaggio dei palletts.

 

Carrelli elevatori


Si tratta in genere di carrelli elevatori a trazione elettrica, dotati di forche per il sollevamento e trasporto dei palletts. Talvolta sono utilizzati carrelli elevatori a guida laterale.

Fig. 37. Carrello elevatore elettrico a guida laterale nel magazzino dei prodotti finiti (A: visto dal lato di guida; B: visto dal lato di carico).

 

 

Camion

Si tratta in genere di camion chiusi o centinati.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

La preparazione manuale dei palletts da spedire (prelevamento delle confezioni dai vari pancali di dei diversi prodotti e loro posizionamento sul pancale da spedire) comporta per gli addetti l’esecuzione di movimenti ripetuti degli arti superiori, la torsione e talvolta la flessione del tronco.

Nel caso di pancali posti a livello del pavimento, la flessione del tronco avviene ad esempio per prelevare le ultime confezioni di un pancale formato da prodotti uguali (man mano che viene svuotato) e per posizionare le prime confezioni su di un altro pancale da spedire (man mano che viene riempito con prodotti diversi).

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

In caso di caduta di oggetti pesanti gli addetti possono riportare lesioni traumatiche agli arti inferiori.

interventi prevenzionistici

-         valutare la possibilità di automatizzare l’operazione, ovvero utilizzare ausili per la movimentazione;

-         per ridurre la necessità di flettere il tronco è opportuno utilizzare sollevatori (transpalletts) in modo da consentire agli addetti di mantenere la posizione eretta;

-         Indossare scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico.

-         Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938

 

Lavoro in prossimità di aperture verso il vuoto

descrizione

In caso siano presenti piattaforme in muratura sopraelevate rispetto al piano del piazzale aziendale per favorire il carico dei camion direttamente dal magazzino (piani di caricamento), gli addetti sono esposti al rischio di caduta dall’alto.

danno atteso

Lesioni traumatiche.

interventi prevenzionistici

-         Valutare ove è opportuno segnalare il pericolo e/o installare parapetti con fascia fermapiedi.

-         Vietare l’accesso ai non addetti.

-         Informazione e formazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 547 del 1955 e s.m.i.

-         D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.

 

Esposizione a microclima freddo-umido

Durante la permanenza nelle celle di frigorifere gli addetti alla movimentazione dei prodotti che sono introdotti nella cella e successivamente ripresi ai fini della spedizione, sono esposti a microclima freddo-umido ed a sbalzi termici con gli altri locali di lavoro ed eventualmente con l’esterno. È anche da considerare il rischio che l’addetto rimanga accidentalmente chiuso all'interno della cella frigorifera.

danno atteso

L’esposizione prolungata a microclima freddo – umido può essere causa di: disordini cardiovascolari, metabolici; disturbi muscolo – scheletrici; atrocianosi; stress psicologico; orticaria da freddo; criopatie. Alcuni di questi effetti si aggravano se l’esposizione a freddo è abbinata a fatica fisica e/o alla movimentazione manuale dei carichi.

L’esposizione a sbalzi termici può favorire l’insorgenza di malattie da raffreddamento.

prevenzione

E’ opportuno evitare la permanenza prolungata nelle celle frigorifero è prevedere l’uso di abbigliamento idoneo specifico in relazione al rischio da esposizione a bassa temperatura (indumenti di protezione contro il freddo), oltre a prevedere nell’organizzazione del lavoro idonei periodi di acclimatamento.

Naturalmente la migliore misura di prevenzione consiste nell'evitare del tutto l'esposizione. Oggi questo è tecnologicamente possibile utilizzando sistemi di automazione del magazzino frigorifero. Questi sistemi permettono infatti di movimentare meccanicamente i prodotti tramite guidovie completamente automatiche. Tali sistemi possono raggiungere un levato grado di meccanizzazione anche con l'ausilio di computers tali da governare l'intero magazzino senza o con il minimo intervento da parte degli addetti.

Per le celle frigorifere è necessario prevedere un sistema di apertura sicuro delle paratie anche dall’interno, tramite maniglie di sicurezza, in modo che qualora un addetto vi acceda, non possa accadere che vi rimanga accidentalmente chiuso all’interno.

riferimenti normativi

-         Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

 

Movimentazione meccanica dei carichi

Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti normativi relativi all’utilizzo di carrelli elevatori vedere la fase “Movimentazione meccanica dei carichi”.

 

Utilizzo di scaffalature metalliche verticali

Per quanto riguarda rischi, danni, prevenzione e riferimenti normativi relativi all’utilizzo di scaffalature metalliche verticali vedere la fase “Ingresso e stoccaggio di materie prime e altre merci”.

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere la spedizione è appaltata ad ditte specializzate in autotrasporti.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

Traffico veicolare indotto

I mezzi che arrivano in azienda per prelevare i prodotti e ripartono carichi per consegnarli a destinazione possono costituire un notevole traffico veicolare indotto.

 

 


PULIZIA E SANIFICAZIONE DEI MACCHINARI E DEGLI AMBIENTI

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

I serbatoi di olio e aceto necessitano di essere periodicamente lavati internamente (in genere ogni 6 – 8 mesi). Il lavaggio può avvenire con un getto d’acqua a pressione tramite una lancia manovrata da un addetto che la introduce nel boccaporto inferiore del serbatoio e indirizza il getto dal basso verso l’alto contro le pareti interne del contenitore, oppure tramite ugelli spruzzatori a pressione introdotti nel serbatoio e manovrati dall’esterno.

Per la pulizia quotidiana di attrezzature e macchine sono utilizzate soluzioni di prodotti detergenti schiumogeni.

Alcune attrezzature e macchine sono sottoposte a lavaggi periodici con una soluzione di idrossido di sodio (anche chiamata soda caustica, NaOH). In genere la soda caustica utilizzata per i lavaggi è diluita come segue: 5 litri di NaOH ogni 100 litri di acqua.

La soluzione di soda caustica talvolta è preparata in azienda a cura degli addetti, ma in genere sono utilizzati prodotti in soluzione già pronta all’uso.

La soluzione diluita di soda caustica viene portata in prossimità delle attrezzature e macchine da lavare in contenitori mobili su ruote, dotati di pompa e di lancia collegata tramite tubazione flessibile. Ad esempio, per la pulizia delle botti, l’addetto introduce la lancia nel contenitore, indirizzando il getto sulle pareti e sul fondo. Il risciacquo avviene con acqua tramite tubazione flessibile. Le acque reflue fuoriescono dal rubinetto di uscita situate sul fondo del contenitore e/o sono prelevate tramite tubi flessibili collegati a pompe aspiranti.

I pavimenti sono frequentemente lavati con acqua ed altri prodotti disinfettanti, come ad esempio una soluzione di ipoclorito di sodio. Quest’ultima è in genere contenuta in serbatoi a forma di parallelepipedo dotati di rubinetto e trasportabili con i carrelli elevatori a forche.

Anche i muri dei locali sono spesso sottoposti a pulizia e periodicamente imbiancati con pitture lavabili e antimuffa.

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Attrezzatura mobile di lavaggio

Si tratta di contenitori di prodotti di lavaggio dotati di pompa ad alimentazione elettrica e lancia in metallo collegata tramite tubo flessibile, il tutto a bordo di un carrello mobile su ruote a spinta manuale.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Utilizzo di soluzioni di prodotti chimici per la pulizia e sanificazione

 

Soluzioni a base di soda caustica

descrizione

Durante la preparazione e l’utilizzo delle soluzioni di lavaggio a base di soda caustica gli addetti possono essere investiti da schizzi con possibili contatti sulla pelle o sugli occhi. In mancanza di adeguata etichettatura dei recipienti possono aggiungersi rischi di contatti e/o ingestione accidentale.

danno atteso

L’idrossido di sodio (soda caustica, NaOH) è classificato come segue.

-         in concentrazione maggiore o uguale al 5%: C (corrosivo), R35 (provoca gravi ustioni);

-         in concentrazione compresa tra il 2%  e il 5%: C (corrosivo), R34 (provoca ustioni);

-         in concentrazione compresa tra lo 0,5% e il 2%: Xi (irritante), R36/38 (irritante per gli occhi e per la pelle).

L’idrossido di sodio e le sue soluzioni acquose sono caustiche per la pelle e le mucose. La gravità delle lesioni dipende dalla quantità usata, dalla concentrazione della soluzione e dal tempo di contatto. Sulla pelle una soluzione di 25-50% causa sensazione di irritazione dopo circa 3 minuti; con soluzioni al 4% questo accade dopo molte ore: Se non viene rimossa dalla pelle, possono presentarsi ustioni anche gravi con ulcere profonde.

L’idrossido di sodio in soluzione concentrata è corrosiva per tutti i tessuti, provoca ustioni molto gravi (più a rischio di contatto sono in genere la pelle e gli occhi); l’inalazione delle polveri o delle soluzioni concentrate provocano gravi lesioni del sistema respiratorio (intensa irritazione del naso e della gola, broncopolmonite chimica ed edema polmonare); per ingestione: lesioni gravi con pericolo di morte. In altri comparti produttivi in Toscana sono accaduti infortuni mortali per ingestione accidentale di prodotti tossici.

interventi prevenzionistici

-         utilizzare apposite pompe dosatrici per facilitare la preparazione delle soluzioni in sicurezza;

-         tutti i contenitori (anche quelli eventualmente utilizzati per travasi) devono essere dotati della prescritta etichettatura e le tubazioni devono rispettare le norme sulla colorazione;

-         utilizzare serbatoi di sicurezza (ad esempio con doppio involucro) e/o bacini di contenimento separati per evitare possibili sversamenti e consentire il recupero o la neutralizzazione dei prodotti; mettere in atto tutte le possibili misure atte ad evitare sversamenti e gocciolamenti dei prodotti concentrati, ad esempio eventuali travasi di prodotti pericolosi in piccoli contenitori devono essere effettuati in sicurezza senza possibilità di sgocciolamento, ed i contenitori stessi devono essere di sicurezza (a tenuta, con tappo dotato di molla di richiusura, etichettati);

-         predisporre ed eseguire procedure scritte di lavoro in sicurezza;

-         gli addetti devono indossare i D.P.I. quali visiere, guanti, stivali con suola antiscivolo resistenti al tipo di prodotto utilizzato, grembiuli (questi ultimi devono essere lunghi fino a coprire il bordo superiore degli stivali, in modo da evitare l’ingresso di liquidi nelle calzature).

-         valutare la possibilità di automatizzare la preparazione / diluizione / utilizzo delle soluzioni di lavaggio a ciclo chiuso;

-         è fondamentale l’esame, da parte del responsabile della sicurezza aziendale, delle schede di sicurezza dei prodotti utilizzati che il fornitore è tenuto a consegnare alla azienda utilizzatrice;

-         informazione e formazione degli addetti.

 

Soluzioni a base di ipoclorito di sodio

descrizione

Durante le operazioni di stoccaggio e movimentazione dei serbatoi, di travaso manuale in secchi e di miscelazione con acqua dell’ipoclorito di sodio (NaClO), gli addetti sono esposti a possibili contatti della pelle e degli occhi con il prodotto pericoloso. Il contatto può avvenire anche durante il lavaggio dei pavimenti, tuttavia questa operazione comporta in genere un rischio minore rispetto alle precedenti in quanto il lavaggio avviene con una soluzione molto diluita.

danno atteso

L’ipoclorito di sodio è classificato come segue.

-         in concentrazione maggiore o uguale al 10%: C (corrosivo), R31 (a contatto con acidi libera gas tossico), R34 (provoca ustioni);

-         in concentrazione compresa tra il 5% e il 10%: Xi (irritante), R31 (a contatto con acidi libera gas tossico), R36/38 (irritante per gli occhi e per la pelle);

Il contatto con ipoclorito di sodio  può provocare gravi ustioni alla pelle e agli occhi; per inalazione: intensa irritazione del naso, della gola e dei bronchi, broncopolmonite chimica ed edema polmonare; per ingestione: lesioni gravi (corrosione delle mucose, perforazione dell’esofago e dello stomaco) con pericolo di morte; l’odore pungente del prodotto rende meno probabile il rischio di ingestione accidentale.

interventi prevenzionistici

-         verificare di non impiegare l’ipoclorito di sodio in presenza di acidi o altri prodotti chimici incompatibili; ad esempio, con l’acido muriatico (soluzione industriale di acido cloridrico) si può sviluppare cloro allo stato nascente che è un gas tossico;

-         utilizzare apposite pompe dosatrici per facilitare la preparazione delle soluzioni in sicurezza;

-         tutti i contenitori (anche quelli eventualmente utilizzati per travasi) devono essere dotati della prescritta etichettatura e le tubazioni devono rispettare le norme sulla colorazione;

-         utilizzare serbatoi di sicurezza (ad esempio con doppio involucro) e/o bacini di contenimento separati per evitare possibili sversamenti e consentire il recupero o la neutralizzazione dei prodotti; mettere in atto tutte le possibili misure atte ad evitare sversamenti e gocciolamenti dei prodotti concentrati, ad esempio eventuali travasi di prodotti pericolosi in piccoli contenitori devono essere effettuati in sicurezza senza possibilità di sgocciolamento, ed i contenitori stessi devono essere di sicurezza (a tenuta, con tappo dotato di molla di richiusura, etichettati);

-         predisporre ed eseguire procedure scritte di lavoro in sicurezza;

-         gli addetti devono indossare i D.P.I. quali visiere, guanti, stivali con suola antiscivolo resistenti al tipo di prodotto utilizzato, grembiuli (questi ultimi devono essere lunghi fino a coprire il bordo superiore degli stivali, in modo da evitare l’ingresso di liquidi nelle calzature).

-         valutare la possibilità di automatizzare la preparazione / diluizione / utilizzo delle soluzioni di lavaggio a ciclo chiuso;

-         è fondamentale l’esame, da parte del responsabile della sicurezza aziendale, delle schede di sicurezza dei prodotti utilizzati che il fornitore è tenuto a consegnare alla azienda utilizzatrice;

-         informazione e formazione degli addetti.

 

riferimenti normativi

-         Tit. II, Capo II, Art. 18 “Difesa dalle sostanze nocive”, D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi", D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.Lgs. n. 52 del 03.02.1997 “Attuazione della Direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose”.

-         D.M.S. del 04.04.1997 “Attuazione dell'Art. 25, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 52 del 03.02.1997, concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose, relativamente alla scheda informativa in materia di sicurezza”.

-         D.M.S. del 28.04.1997 “Attuazione dell'Art. 37, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 52 del 03.02.1997, concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose”.

-         D.Lgs. n. 90 del 25.02.1998 “Modifiche al D.Lgs. n.52/1997”

-         D.Lgs. n. 285 del 16.07.1998 "Attuazione di Direttive comunitarie in materia di classificazione, imballaggio e etichettatura dei preparati pericolosi, a norma dell'Art. 38 della Legge n. 128 del 24.04.1998".

-         D.M.S. del 01.09.1998 “Disposizioni relative alla classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose in recepimento della Direttiva 97/69/CE”.

-         D.M.S. del 07.07.1999 “Disposizioni relative alla classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose in recepimento della Direttiva 98/73/CE”.

-         D.M.S. del 10.04.2000 “Recepimento delle Direttive 98/73/CE  e 98/98/CE recanti rispettivamente il ventiquattresimo e venticinquesimo adeguamento alla Direttiva 67/548/CEE”.

-         D.M.S. del 30.10.2000 “Rettifica al D.M.S. del 10.04.2000 di recepimento della Direttiva 98/98/CE della Commissione del 15.12.1998 e delle rettifiche alle Direttive 98/73/CE  e 98/98/CE della Commissione recanti rispettivamente il ventiquattresimo e venticinquesimo adeguamento al progresso tecnico della Direttiva 67 /548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizione legislative, regolamentari e amministrative relative alla classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose”.

-         D.M.S. del 26.01.2001 “Disposizione relative alla classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose in recepimento alla Direttiva 2000/32/CE”.

 


Fig. n. 38. Sistema di contenimento contro sversamenti accidentali.

 


Transito su pavimenti resi scivolosi e ingombrati da tubi e cavi

descrizione

Nei reparti di produzione il pavimento tende costantemente a bagnarsi determinando il rischio di cadute per scivolamento. Il rischio è maggiore in caso di sversamento dell’olio utilizzato come liquido di governo. A tale rischio contribuisce anche il quotidiano uso di soluzioni detergenti utilizzate per la pulizia dei recipienti e dei pavimenti.

Il rischio è aumentato dal fatto che i pavimenti sono spesso ingombrati dai tubi flessibili di gomma utilizzati per il lavaggio dei macchinari, dai tubi utilizzati per i travasi dei liquidi di governo mediante pompe, dai cavi elettrici di alimentazione delle pompe portatili, attrezzature di lavaggio, ecc… e tutto ciò comporta il rischio per gli addetti di inciampare e cadere.

danno atteso

Lesioni traumatiche per cadute o per urto.

interventi prevenzionistici

-         pavimentazione realizzata con materiali antiscivolo le cui mattonelle siano montate a fuga larga per permettere un migliore deflusso del liquido, eventualmente grigliata e/o di pendenza adeguata con sistemi di raccolta dei liquidi che cadono sul pavimento;

-         indossare calzature con suola antiscivolo; un particolare accenno merita il diffuso uso degli stivali di gomma tra gli addetti al lavaggio, anche durante lo svolgimento di mansioni per le quali non sono strettamente necessari; tale pratica è da sconsigliare per l’impedimento della traspirazione e la conseguente macerazione con facilitazioni di eventuali infezioni; pertanto è bene limitare l’uso degli stivali in gomma ai casi in cui siano strettamente necessari per evitare di bagnarsi e cambiare calzature non appena terminata l’operazione;

-         corretta disposizione di tubi e cavi in modo da intralciare il meno possibile il passaggio;

-         corretta organizzazione del lavoro e riordino dei materiali e attrezzature immediatamente dopo essere state utilizzate;

-         prevedere appositi supporti lungo le pareti del reparto, per tenere sollevati dal pavimento i tubi utilizzati per i travasasi; ciò favorisce anche l’igiene degli stessi e la loro naturale asciugatura dopo il lavaggio.

riferimenti normativi

-         Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 7, comma 2 e comma 4 "Pavimenti" D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Norme British Ceramic Research Association

-         Norme DIN 51098

-         D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i.

 

Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

Lo spostamento e la spinta manuale dell’attrezzatura mobile di lavaggio può comportare un certo sforzo fisico da parte dell’addetto. In caso siano presenti dislivelli tra i vari reparti dello stabilimento produttivo ed i reparti stessi siano collegati tra loro da tratti di pavimento in pendenza, spingere l’attrezzatura di lavaggio lungo questi percorsi può comportare uno sforzo fisico notevolmente maggiore.

danno atteso

Disturbi muscoloscheletrici.

Lesioni traumatiche per urto, investimento, schiacciamento.

interventi prevenzionistici

E’ opportuno evitare per quanto possibile la presenza di dislivelli tra i reparti dove è necessario l’utilizzo delle attrezzature di lavaggio; dove ciò non sia possibile è opportuno limitare al massimo la pendenza degli scivoli di comunicazione tra reparti a quote diverse, spingere il carico in due addetti o meglio utilizzare montacarichi per superare i dislivelli.

È opportuno che le ruote dei carrelli delle attrezzature di lavaggio siano dotate di dispositivi scansa-piede e di un sistema meccanico di frenata; ad esempio può essere utilizzato un freno che si inserisca automaticamente quando il lavoratore rilascia una leva posta sotto il manubrio dal quale si spinge l’attrezzatura (un dispositivo analogo è utilizzato sui carrelli portabagagli comunemente usati nelle stazioni ferroviarie).

Gli addetti devono essere adeguatamente informati e formati.

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938

 

Installazioni elettriche in locali soggetti a spruzzi d'acqua

descrizione

Le operazioni di lavaggio con getti d’acqua può comportare il rischio di cortocircuiti e contatti indiretti con parti in tensione.

danno atteso

Elettrocuzione.

interventi prevenzionistici

Le apparecchiature elettriche e gli impianti elettrici devono essere idonei al luogo nei quali sono installati, in particolare i quadri elettrici e di comando delle macchine devono essere a tenuta stagna.

riferimenti normativi

-         Legge n. 791 del 18.10.1977 "Attuazione della direttiva del consiglio delle Comunità europee (n. 72/23/CEE) relativa alle garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione".

-         Titolo VII del D.P.R. n. 547/1955 "Impianti macchine ed apparecchi vari"

-         D.M.Ind. del 13.03.1987 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico"

-         D.M. (Industria) 12.02.1996 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico".

-         D.Lgs. n. 626 del 25.11.1996 "Attuazione della direttiva 93/68/CEE, in materia di marcatura CE del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione".

-         Legge n. 46 del 05.03.1990 "Norme per la sicurezza degli impianti "

 

 

APPALTI ESTERNI

Questa fase in genere non è appaltata.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

 

Scarichi idrici

Le acque reflue derivanti dal lavaggio delle apparecchiature, contenti prodotti detergenti oltre ai residui di olio, aceto, sale, acido citrico, acido ascorbico, ecc…, possono costituire un rischio di inquinamento idrico, pertanto prima di essere rilasciate nei corpi idrici devono essere raccolte e subire un trattamento di neutralizzazione e depurazione.

 

Consumo di acqua

La lavorazione sopra descritta richiede una notevole quantità di acqua. Alcune aziende dispongono di pozzi artesiani mentre altre sono collegate all’acquedotto locale.

 

Sversamenti accidentali di prodotti chimici

Lo sversamento accidentale dei prodotti chimici utilizzati per la pulizia – sanificazione può determinare inquinamento ambientale. È necessario mettere in atto tutte le possibili misure volte a contenere gli eventuali sversamenti come sopra descritto per i fattori di rischio lavorativo.

Inoltre è opportuno che i piazzali aziendali siano conformati in modo da permettere la raccolta delle acque meteoriche in modo che, specie in caso di sversamento di prodotti chimici sui piazzali, possano essere inviate alla neutralizzazione / depurazione prima di essere rilasciate nei corpi idrici.

 

 


MOVIMENTAZIONE MECCANICA CON CARRELLI ELEVATORI

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Nelle varie fasi sopra riportate è citato spesso l’utilizzo dei carrelli elevatori.

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Carrelli elevatori

Si tratta in genere di carrelli elevatori ad alimentazione elettrica. Talvolta nei piazzali esterni sono utilizzati anche carrelli elevatori a trazione diesel.

 

Fig. n. 39. Carrello elevatore elettrico con pinza per sollevare e rovesciare i fusti, in fase di ricarica batterie.

 


FATTORI DI RISCHIO

 

Movimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori

descrizione

Durante le operazioni di movimentazione può avvenire il ribaltamento del carrello elevatore nel caso in cui il carico non sia bene bilanciato e/o per asperità e dislivelli eccessivi del terreno, raggio di curvatura troppo stretto. In caso di ribaltamento l’addetto può  venire sbalzato fuori dal posto di guida e rimanere schiacciato sotto il carrello.

Può anche avvenire l’investimento di altri lavoratori da parte dei carrelli elevatori o dal materiale trasportato. In una azienda del comparto è recentemente accaduto un infortunio per investimento da parte di un carrello elevatore guidato in retromarcia.

Quando viene accatastato in modo non corretto, il materiale può cadere ed investire gli addetti.

Sono inoltre da tenere presente gli aspetti posturali durante la guida dei carrelli elevatori, a seconda del tipo di carrello (a guida frontale o laterale), dell’ergonomia del posto di guida, delle modalità di utilizzo del carrello (ad esempio guida in retromarcia), della disposizione dei materiali e delle scaffalature e della organizzazione del lavoro.

danno atteso

Lesioni traumatiche per eventi accidentali.

Disturbi muscoloscheletrici per posture incongrue.

danno rilevato

Nei casi di infortunio accaduti in diversi comparti produttivi, le lesioni riportate per infortuni occorsi durante questa fase lavorativa sono risultate gravi o anche mortali.

prevenzione

I rischi sopra evidenziati possono essere limitati garantendo le seguenti condizioni:

·        sistemare o attrezzare i carrelli elevatori in modo da limitare i rischi di ribaltamento; a tal fine l'Art. 7, lettera b), punto 1.4 del D.Lgs. n. 359 del 04.08.1999, elenca una serie di possibili accorgimenti, come esempi delle possibili soluzioni attuabili, quali:

-       cabina per il conducente;

-       struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo:

-       struttura che trattenga il lavoratore sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso.

·        dispositivi di trattenuta del conducente al posto di guida dei muletti, per eliminare il rischio di essere sbalzati fuori, in caso di ribaltamento.

·        pavimenti privi di buche, sporgenze o sconnessioni.

·        percorsi dei mezzi senza curve troppo strette, senza pendenze eccessive, preferibilmente a senso unico, oppure ampi a sufficienza per il passaggio di due carrelli caricati.

·        limitazione delle interferenze fra i percorsi dei mezzi e quelli pedonali.

·        percorsi pedonali e luoghi di stazionamento dei lavoratori protetti dal pericolo di investimento da parte di materiali stivati.

·        protezione delle uscite da locali o altri punti frequentati dai lavoratori, quando incrociano i percorsi dei mezzi.

·        buona illuminazione dei percorsi e tinteggiatura con colori chiari delle pareti dei locali di lavoro.

·        specchi parabolici ove occorrenti; in casi particolari valutare la possibilità di installare semafori.

·        segnalazione e, se necessario, protezione di eventuali ostacoli sul percorso dei carrelli elevatori.

·        individuazione di zone di attraversamento delle linee di trasporto che consentano il passaggio delle persone senza pericoli di investimento.

·        organizzazione spaziale e/o temporale del magazzino in modo da limitare al minimo le interferenze fra il carico e lo scarico del magazzino stesso.

·        idonei ancoraggi, funi ed imbracatura in tutti i casi in cui è necessario intervenire in altezza

·        i prodotti in entrata devono riportare l’indicazione del loro peso in modo che l’addetto possa verificare che il carrello ed il sistema di presa sia di adeguata capacità.

·        dispositivi acustici e luminosi di segnalazione di manovra dei mezzi.

·        mantenimento della visibilità dal posto di guida dei mezzi anche mediante opportuno posizionamento del carico trasportato, che comunque deve essere posizionato più in basso possibile in modo da garantire la stabilità del carrello; in casi occasionali in cui l’ingombro del carico sia tale da pregiudicare la visuale, il carrello può essere preceduto da un altro lavoratore che aiuti il carrellista nella manovra e segnali agli altri lavoratori eventualmente presenti nei dintorni, la presenza del trasporto.

·        preferenza dell’acquisto di mezzi con pedaliera analoga a quella degli automezzi.

·        limitazione della velocità dei mezzi in relazione alle caratteristiche del percorso, anche con eventuali dispositivi regolabili che limitano la velocità.

·        protezione degli organi di comando contro l’avviamento accidentale.

·        protezione del posto di guida contro il pericolo di investimento di corpi che possono cadere dall’alto.

·        regolare manutenzione e periodica revisione del mezzo meccanico e delle sue varie componenti.

·        il conducente deve guidare con prudenza senza fare sporgere gambe o braccia dall’abitacolo di guida, prestare particolare attenzione in retromarcia, condurre il carrello all’interno dei percorsi segnalati a terra, interrompere il lavoro se qualcuno si trova nel raggio di azione del mezzo, inserire il freno prima di lasciare il carrello in sosta.

·        disporre il divieto di trasportare persone facendole salire sulle forche di sollevamento.

·        puntuale informazione, formazione, ed addestramento dei lavoratori all’uso corretto e sicuro dei mezzi nelle diverse condizioni di impiego. Ad esempio l’addetto deve essere sapere come comportarsi se il mezzo dovesse accidentalmente ribaltarsi, ovvero: non buttarsi giù dal mezzo, ma tenersi saldamente al volante, puntare i piedi e inclinarsi dalla parte opposta a quella di ribaltamento.

riferimenti normativi

-         Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 11 “Posti di lavoro e  di passaggio e luoghi di lavoro esterni” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. X, Capo III, Art. 381 "Protezione del capo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. V “Mezzi ed apparecchi di sollevamento, trasporto e immagazzinamento” (Capo I “Disposizioni generali”, Capo II “Gru, argani, paranchi e simili”, Capo III “Ascensori e montacarichi”, Capo V “Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici”) D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 10 “Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro”  D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Tit. II, Capo V "Illuminazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         All. 1 "Requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine e dei componenti di sicurezza" D.P.R. n.459 del 24.07.1996.

-          Norme UNI 9288, 9289, 9290, 9291, 9292, 9293, UNI EN 281, 614/1, UNI ISO 1074, 2328, 2330, 2331, 3287, 3691, 5053, 5767, 6055 (vedere 6.1.37).

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Gli organi meccanici mobili del carrello elevatore possono essere causa di presa, impigliamento, cesoiamento.

danno atteso

Lesioni temporanee e permanenti per presa, trascinamento, taglio, amputazione, schiacciamento degli arti.

prevenzione

Le parti pericolose devono essere rese inaccessibili tramite adeguati ripari fissi.

riferimenti normativi

-         Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN 291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1, 1012/2

 

Movimentazione manuale dei carichi.

descrizione

L’operazione di sostituzione delle batterie dei muletti richiede la loro movimentazione.

danno atteso

La movimentazione manuale può comportare disturbi e danni muscolo – scheletrici. In caso di caduta delle batterie gli addetti possono riportare lesioni traumatiche agli arti inferiori.

prevenzione

I rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi possono essere ridotti utilizzando mezzi meccanici di sollevamento per le batterie.

Si può anche mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del locale sulla quale sono poste prese e spine per il collegamento elettrico; questa soluzione limita anche l’esposizione agli acidi degli accumulatori elettrici e il rischio di esplosione e incendio.

Nel caso della movimentazione manuale occorre procedere alla valutazione del rischio in sede di misure attuative del D.Lgs. 626/94, gli addetti devono indossare scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo metallico ed essere informati e formati.

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938

 

Esposizione a prodotti della combustione diesel

descrizione

Qualora vengano utilizzati carrelli elevatori diesel, gli addetti possono essere esposti ai prodotti della combustione, costituiti prevalentemente da: particolato da idrocarburi incombusti, ossidi di azoto (NO, NO2), anidride solforosa (SO2), ossido di carbonio (CO), formaldeide (HCHO), idrocarburi aromatici e alifatici, sostanze organiche volatili (S.O.V.).

danno atteso

L’esposizione continuativa ai suddetti inquinanti può provocare broncopneumopatie, ossicarbonismo, sindrome irritative delle estremità cefaliche, asma bronchiale, emopatie, epatopatie, neuropatie, nefropatie, miocardiopatie, dermatiti. Inoltre la formaldeide è un sospetto cancerogeno.

danno rilevato

Dalle indagini svolte in altri comparti produttivi, i lavoratori esposti ai gas di combustione dei carrelli diesel hanno lamentato l’irritazione delle congiuntive oculari e delle vie respiratorie.

prevenzione

Per limitare l’esposizione a questo fattore di rischio è opportuno valutare la possibilità di sostituirli con carrelli elevatori a trazione elettrica. Ciò è indispensabile quando i carrelli elevatori sono utilizzati all’interno dei magazzini e degli altri locali di lavoro, ma è consigliabile anche quando sono utilizzati esclusivamente sui piazzali aziendali, anche in considerazione della minore rumorosità dei carrelli a trazione elettrica. Tra l’altro sono attualmente disponibili sul mercato carrelli elevatori a trazione elettrica la cui portata è sufficiente per le esigenze di produzione del comparto. In attesa della loro sostituzione è bene che i carrelli elevatori diesel siano provvisti di marmitta catalitica (valida per NO2 e CO) o ad acqua (valida per il particolato) ed il loro impiego deve essere limitato all’esterno dei locali di lavoro (nel piazzale antistante lo stabilimento produttivo).

riferimenti normativi

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

-         D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000 “Attuazione delle direttive 1997/42/CE e 1999/38/CE, che modificano la direttiva 90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”.

 

Esposizione a rumore

descrizione

La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione al rumore degli addetti, sia per il rumore generato dai mezzi stessi, sia nel caso esposizione indiretta se il mezzo viene introdotto in reparti dove si svolgono lavorazioni rumorose.

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

prevenzione

È necessario la valutazione della esposizione e l’adozione delle relative misure di prevenzione, in primo luogo una accurata manutenzione dei mezzi. Dato che i carrelli elevatori diesel (talvolta utilizzati nei piazzali esterni) emettono in genere un rumore stimabile con un livello equivalente Leq di circa 85 dB(A) è opportuno valutare la possibilità di sostituirli con carrelli elettrici che sono meno rumorosi in quanto presentano un Leq di circa 79 dB(A).

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a vibrazioni

descrizione

La guida dei mezzi meccanici (carrello elevatore) può essere causa di esposizione a vibrazioni.

danno atteso

L’esposizione continuativa a vibrazioni all’intero corpo può causare dolori e disturbi al rachide dorso-lombare, oltre che impedimento a manovrare con precisione.

L’esposizione continuativa a vibrazioni al sistema mano-braccio può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta. L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi ed all’entità di esposizione.

interventi prevenzionistici

-         Utilizzare mezzi del tipo a bassa vibrazione e minore impatto vibratorio, oltre a effettuare su di essi una accurata manutenzione.

-         Informazione e formazione dei lavoratori

riferimenti normativi

-         D.M.L. del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"

-         Art. 46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.

-         Art. 24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del 19.3.1956

-         9.9.3 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per movimentazione".

-         1.5.9 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".

-         1.5.9 "Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente"  D.P.R. n. 459 del 24.07.1996

-         Comunicazione CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".

-         Norma UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".

-         D.M. 30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2): «Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".

-         Comunicazione CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine, modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE  e 93/68/CEE".

 

Manipolazione di oli minerali

descrizione

I carrelli elevatori, come la generalità delle macchine, necessitano di oli minerali come lubrificanti degli organi meccanici.

danno atteso

Gli oli minerali sono una classe di composti che possono presentare rischi per i lavoratori di danni di tipo acuto (allergie, dermatiti) e di tipo cronico (tumori).

La IARC suddivide gli oli in due grandi categorie:

-         non severamente raffinati: classificati certamente cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1).

-         severamente raffinati: classificati tra le sostanze per le quali non è possibile esprimere un giudizio di cancerogenicità (Gruppo 3).

L’Unione Europea, invece, nel classificare i prodotti derivanti dal petrolio e dal carbone (tra cui ovviamente gli oli minerali) ha seguito un diverso criterio da quello della raffinazione ”tal quale”: le miscele di sostanze derivate dal petrolio e dal carbone vengono considerate sostanze a cui è stato attribuito un univoco numero di identificazione CAS ed un univoco numero di indice CE, classificando circa 600 sostanze come cancerogene (R45) a meno che il produttore non possa dimostrare che contengono (D.P.R. n. 52/97):

-         meno dello 0,1% peso/peso di 1,3-butadiene

-         meno dello 0,1% peso/peso di benzene

-         meno del 3% di estratto Dmso (Dimetilsolfossido) secondo la misurazione IP 346

-         meno del lo 0,005% peso/peso di benzo (a) pirene

oppure se il produttore, conoscendo l’intero iter di raffinazione, può dimostrare che la sostanza da cui il prodotto è derivato non è cancerogena.

Quindi, anche in questo caso, è fondamentale la lettura dell’etichetta e della scheda dei dati di sicurezza e che questi strumenti siano correttamente compilati.

prevenzione

Utilizzare oli minerali del tipo meno pericoloso (oli severamente raffinati) ed evitare l’imbrattamento, specie durante il prelievo degli oli esausti. È pertanto necessario utilizzare D.P.I. (guanti, tuta, grembiuli, occhiali) ed evitare di tenere in tasca stracci o utilizzare guanti impregnati di olio minerale. È importante una adeguata informazione, formazione, e sorveglianza sanitaria degli esposti.

riferimenti normativi

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

-         D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000 “Attuazione delle direttive 1997/42/CE e 1999/38/CE, che modificano la direttiva  90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i  rischi  derivanti  da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”.

 

Esposizione ad acidi di accumulatori elettrici

descrizione

Durante la ricarica delle batterie di carrelli a trazione elettrica, i lavoratori possono essere esposti ad acidi contenuti nelle batterie.

danno atteso

Irritazione e ustione chimica della cute e delle mucose con cui vengono in contatto.

prevenzione

L’inalazione di vapori degli acidi presenti negli accumulatori elettrici viene limitata effettuando la ricarica in locale separato adeguatamente aerato. Se l’aerazione naturale non è sufficiente è necessario un sistema di aspirazione. In alternativa possono essere utilizzati apparecchi di ricarica chiusi e posti sotto aspirazione.

Una ulteriore soluzione può essere quella di mettere sotto carica la batteria del muletto lasciandola a bordo del mezzo stesso. In questo caso il carica batterie viene posto all’interno di un locale apposito mentre il mezzo sosta sotto una tettoia nel piazzale in prossimità della parete esterna del suddetto locale; questa soluzione evita anche il problema della movimentazione dei carichi per la sostituzione delle batterie.

Per evitare il contatto degli acidi con la pelle, durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi e i lavoratori devono indossare guanti antiacido. L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida.

E’ opportuno installare una adeguata cartellonistica di sicurezza per segnalare i pericoli e le indicazioni di prevenzione.

riferimenti normativi

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Norme UNI EN 626/1, 626/2, 1093/4, UNI  9293.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Sviluppo di sostanze capaci di creare miscele esplosive con l’aria

descrizione

L’operazione di ricarica degli accumulatori dei carrelli a trazione elettrica comporta il pericolo di incendio – esplosione. Infatti, durante la ricarica, il passaggio della corrente elettrica determina un processo di elettrolisi con sviluppo di idrogeno. Si ha anche una parziale evaporazione degli acidi forti contenuti nella batteria. Pertanto, in assenza di idonea aerazione, si può arrivare ad un livello di saturazione ambientale che può determinare la formazione di una miscela esplosiva.

Se avviene l’esplosione si può anche verificare la proiezione violenta degli acidi forti contenuti nella batteria.

danno atteso

In caso di incendio-esplosione, gli addetti possono riportare gravi ustioni, lesioni traumatiche, intossicazioni. Se investiti da schizzi di acido della batteria, possono riportare anche ustioni cutanee e lesioni agli occhi.

prevenzione

Per ridurre i rischi derivanti dalla ricarica degli accumulatori elettrici è necessario effettuare questa operazione in locale separato dai restanti locali di lavoro, adeguatamente aerato. L’impianto elettrico deve rispondere alle norme per gli ambienti a maggior rischio in caso di incendio (CEI 64-8). È opportuno che in tale locale non siano presenti altri materiali infiammabili. In caso di ricarica sotto aspirazione localizzata, i parametri geometrici dell’impianto di aspirazione devono essere adeguatamente dimensionati in relazione alla velocità di aspirazione per evitare che si formino miscele esplosive con l’aria.

E’ opportuno installare una adeguata cartellonistica di sicurezza per segnalare i pericoli e le indicazioni di prevenzione.

La protezione antincendio deve prevedere la presenza almeno di estintori a polvere, del tipo omologato. Nei casi a rischio più elevato può essere opportuno installare un impianto di spegnimento automatico (ad esempio del tipo a CO2).

È necessaria la valutazione dettagliata del rischio d’incendio in base a quanto previsto dal D.M. del 10.03.98.

riferimenti normativi

-         Art. 19 “Separazione del locali nocivi”  D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Art. 20 “Difesa dell’aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi” D.P.R. n. 303/56.

-          Art. 303 “Accumulatori elettrici”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.M.Ind. del 01.03.1989 "Recepimento della direttiva CEE/88/571, sull'aggiornamento al progresso tecnico dei metodi di protezione del materiale elettrico antideflagrante"

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.

-         Normativa generale antincendio

 


Fig. n. 40. Esempio di cartellone per la sicurezza nel locale di ricarica delle batterie dei carrelli elevatori.

 

 


APPALTI ESTERNI

In genere questa fase non è appaltata, a meno che non sia appaltato anche l’imbottigliamento.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

I principali fattori di impatto ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Produzione di rifiuti

I principali rifiuti prodotti in questa fase sono gli oli esausti e le batterie esauste dei carrelli elevatori. Tali rifiuti vengono ritirati da ditte specializzate (si veda il paragrafo 4.1).

L’olio esausto va tenuto, prima del conferimento alla ditta incaricata al ritiro, in modo idoneo ed in condizioni di sicurezza per l’ambiente e per gli addetti. Pertanto devono essere utilizzati contenitori adatti ad eliminare i rischi di rottura e sversamento. Contenitori adatti a questo scopo devono rispondere a regole precise. In particolare devono essere provvisti di:

·        idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;

·        accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza il riempimento e lo svuotamento;

·        bacini di contenimento in caso di rotture o sversamenti;

·        mezzi di presa per rendere sicure le operazioni di movimentazione.

La sistemazione dei contenitori deve essere studiata per evitare al massimo gli urti accidentali ed altri gravi inconvenienti.

In procinto di raggiungere la capacità massima del contenitore di olio usato chiamare esclusivamente l’incaricato del Consorzio Obbligatorio degli oli usati e conferirgli l’olio in condizioni di sicurezza (il conferimento al Consorzio di olio usato non inquinato avviene a titolo gratuito), ponendo la massima attenzione alla movimentazione dei contenitori ed alla situazione di lavoro intorno alle operazioni di trasferimento del liquido.

Le batterie al piombo esauste sono pericolose per l’uomo e per l’ambiente perché contengono il 60-65% in peso di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre l’acido solforico è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.

Le batterie esauste devono essere conferite al raccoglitore incaricato COBAT.

 

 

I principali fattori di rischio ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Sversamenti di acido solforico e contaminazione del suolo con piombo.

In caso di rottura delle batterie durante la loro movimentazione si possono verificare sversamenti della soluzione acida; sversamenti sono possibili anche durante la ricarica delle batterie e durante lo stoccaggio provvisorio delle batterie esauste nell’attesa del ritiro da parte dello smaltitore. In caso di sversamento si può verificare l’inquinamento del suolo e delle acque. La batteria al piombo esausta è pericolosa per l’uomo e per l’ambiente perché contiene il 60-65% in peso di piombo e il 20-25% di acido solforico diluito. Il piombo interferisce sui processi biochimici vitali e la sua azione attacca fegato, sistema nervoso ed apparato riproduttivo, l’acido solforico provoca ustioni e contamina le acque. Inoltre l’acido solforico in nebbie di acidi forti è classificato dalla ACGIH come sospetto cancerogeno.

L’aggiunta dell’acqua demineralizzata agli elementi delle batterie può avvenire tramite un sistema automatico, con valvola di ritegno che eviti la fuoriuscita della soluzione acida; durante le operazioni di movimentazione per la sostituzione delle batterie, i tappi devono essere chiusi.

I luoghi di ricarica devono essere conformati in modo da evitare sversamenti, ad esempio può essere predisposto un apposito canale di raccolta, coperto da grigliato in materiale antiacido, e dotato di pozzetto di accumulo e neutralizzazione; l’acido raccolto nel pozzetto deve essere neutralizzato e rimosso.

I lavoratori devono essere adeguatamente formati per la gestione dell’evento accidentale, sia per quanto riguarda la protezione dell’ambiente, sia per le norme di prevenzione di salute e sicurezza.

In attesa dell’arrivo del raccoglitore incaricato COBAT, le batterie esauste vanno depositate temporaneamente in contenitori mobili costituiti in materiale antiacido e dotati delle seguenti caratteristiche (deliberazione Comitato interministeriale 27 luglio 1984):

·        dotati di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;

·        dotati di maniglie per rendere sicure ed agevoli le operazioni di movimentazione;

·        utilizzare accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento e svuotamento;

·        le sponde siano più alte di almeno 20 cm dall’altezza massima dell’accumulo previsto;

·        contrassegno con etichetta o targa visibili, apposte sui recipienti stessi o collocate nelle aree di stoccaggio;

·        i recipienti che hanno contenuto le batterie e non reimpiegati per gli stessi tipi di rifiuti, devono essere sottoposti a trattamenti di bonifica appropriati ai nuovi usi. Non possono però essere mai utilizzati per contenere prodotti alimentari.

 

Sversamenti di oli minerali sul suolo o nelle acque

La sostituzione dell’olio usato dei muletti e le operazioni di rabbocco dell’olio devono essere effettuate in condizioni di massima sicurezza ed igiene per evitare che operazioni approssimative o mezzi tecnici non adeguati producano spandimenti e sversamenti sul suolo o nelle acque, perciò vanno usate tutte le cautele e le professionalità necessarie per eseguire il lavoro a regola d’arte.

È quindi indispensabile che i datori di lavoro impartiscano adeguate istruzioni al personale dipendente e agli apprendisti per la corretta gestione degli oli usati ai fini della protezione ambientale, senza trascurare le disposizioni igieniche e sanitarie a protezione della salute e della sicurezza: gli oli sono fonte di rischi (scivolamenti, incendi, intossicazioni) che vanno valutati e ridotti secondo le norme previste dagli appositi decreti legislativi 626/94 e 242/96.

 

Incendio – esplosione

L’incendio-esplosione del locale ricarica batterie può comportare danni strutturali interessanti anche altre parti dell’edificio, oltre che la propagazione dell’incendio ai locali limitrofi.

 


CENTRALE TERMICA - PRODUZIONE DI VAPORE

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

La produzione del vapore che viene utilizzato nelle varie fasi dell'impianto come sopra descritto, avviene tramite centrali termiche di rilevante potenzialità produttiva, alimentate con vari combustibili (gas metano oppure olio combustibile) e poste in locali appositi.

Ad esempio una delle aziende del comparto, caratterizzata da una produzione di tipo industriale, dispone di n. 1 caldaia con le seguenti caratteristiche:

-         Alimentazione: metano

-         Produzione di vapore: 3 t./h

-         Pressione: 12 bar

Fino ad alcune decine di anni fa erano installati solo generatori di vapore alimentati ad olio combustibile denso. Successivamente, tenendo presenti le problematiche derivanti dall'inquinamento atmosferico (D.P.R. 203/88), i generatori di vapore sono stati alimentati a olio combustibile fluido 3-5 °E, e adesso si tende a convertirle a metano.

Tuttavia diverse aziende sono ubicate in zone dove la rete del gas metano non è presente, pertanto in tali casi permangono le centrali termiche alimentate a gasolio.  

Tenute presenti le potenzialità in gioco e la pressione massima necessaria del vapore, tali generatori di vapore possono essere di due tipi: a tubi di fumo o a tubi d'acqua.

I più moderni generatori di vapore sono dotati dei vari sistemi di recupero del calore (pressurizzazione della camera di combustione delle caldaie, preriscaldatori d'aria e/o economizzatori nel giro fumi dei generatori, degasatori per il recupero delle condense).

Dal momento che i citati generatori di vapore necessitano della presenza continua dei conduttori patentati, secondo le norme di cui al D.M. 01.03.1974, si è estesa sempre più l'installazione di generatori ad olio diatermico dotati di scambiatori - evaporatori in grado di produrre, a loro volta, vapore alla pressione richiesta. Il crescente successo di tali tipi di generatori di calore è dovuto al fatto che gli stessi non richiedono la presenza del conduttore patentato.

 

L’acqua utilizzata nell’impianto termico necessita di essere preventivamente demineralizzata mediante appositi impianti (in alcuni casi l’acqua di caldaia prima di essere demineralizzata è sottoposta anche ad addolcimento).

 

La demineralizzazione può essere ottenuta tramite due sistemi diversi: osmosi inversa oppure attraverso resine scambiatrici di ioni.

Il principio dell'osmosi inversa consiste nell'estrarre i sali minerali contenuti nell'acqua, facendola passare ad una pressione di circa 20 bar attraverso membrane semipermeabili che lasciano passare acqua demineralizzata trattenendo i sali che vi erano disciolti. L'impianto a osmosi inversa è essenzialmente costituito da una pompa che alza la pressione dell'acqua, dal modulo contenente le membrane semipermeabili e da due misuratori di flusso, uno sul concentrato (liquido contenente i sali che vengono trattenuti dalle membrane) e l'altro sul permeato (acqua demineralizzata). I misuratori di flusso hanno lo scopo di controllare che la produzione sia quella desiderata. Normalmente, sulla linea del permeato viene installato un rilevatore di salinità costituito da un conduttivimetro che segnala immediatamente una eventuale rottura della membrana perché in questo caso l'acqua in uscita avrebbe caratteristiche pressoché uguali a quella in entrata mettendo a rischio il buon funzionamento della caldaia. Il concentrato viene scaricato verso l'impianto di depurazione delle acque.

 

Gli impianti a resine scambiatrici di ioni, hanno lo scopo di trasformare tutti i sali contenuti in nell'acqua da demineralizzare, mediante successivi scambi ionici. Tali scambi ionici avvengono, di norma, in due colonne contenenti resina cationica forte la prima e resina anionica forte la seconda. Nelle colonne avvengono le seguenti reazioni chimiche:

Ø     Colonna cationica:                    NaCl  +  H - R    ®    HCl   +  Na - R

Ø     Colonna anionica:                     HCl  +  R - OH   ®    H2O  +   R -  Cl

(dove con  R  è indicata la resina scambiatrice).

La rigenerazione delle colonne avviene con lavaggi in controcorrente con una soluzione acida (di solito a base di acido cloridrico) per quella cationica e con una soluzione alcalina (di solito a base di soda caustica) per quella anionica, sfruttando così le reazioni inverse a quelle descritte sopra.

In certi casi, specie per grossi impianti termici, tra le due colonne è posta una torre di decarbonatazione.

Per ottimizzare la demineralizzazione talvolta viene aggiunta una terza colonna con il compito di eliminare la silice.

L’acido cloridrico e l’idrossido di sodio (soda) utilizzati per la rigenerazione delle resine vengono stoccati in serbatoi che alimentano l’impianto tramite tubazioni.

 

Gli impianti ad osmosi inversa si stanno affermando rispetto a quelli a resine scambiatrici di ioni perché, nonostante che i primi presentino costi maggiori, essi sono di più facile gestione ed evitano gli scarichi idrici dovuti al lavaggio delle resine scambiatrici.

 

La centrale termica richiede interventi di manutenzione periodica ordinaria e straordinaria, anche in corrispondenza delle verifiche obbligatorie previste per Legge.

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Esposizione a prodotti chimici

descrizione e danno atteso

Il trattamento di demineralizzazione dell’acqua, talvolta prelevata da pozzi artesiani e immessa nell'impianto produzione calore in elevati quantitativi medi giornalieri, comporta l'impiego di vari prodotti chimici che possono essere causa di danni alla salute dei lavoratori. In particolare:

-         Soda: il contatto con soluzioni di soda, essendo un prodotto caustico, può provocare lesioni alla cute ed agli occhi. Il rischio di contatto è maggiore nelle operazioni di travaso dalle autocisterne ai serbatoi. L’esposizione ai vapori può provocare irritazione per occhi e prime vie aeree.

-         Acido cloridrico: il contatto con soluzioni di acido cloridrico, può provocare lesioni alla cute ed agli occhi. L’esposizione ai vapori può provocare irritazione per occhi e prime vie aeree.

-         Idrazine: vengono utilizzate allo scopo di ridurre l’acidità dell’acqua di caldaia ed evitare la corrosione delle tubazioni ed altre superfici metalliche dell’impianto. Alcune idrazine sono classificare dalla CEE come cancerogene (R45). Inoltre possono esercitare un’azione epato-nefrotossica e irritante sulle persone esposte. Si tratta di prodotti molto infiammabili capaci di formare miscele esplosive con l'aria.

prevenzione

L’azienda deve richiedere ai propri fornitori le schede di sicurezza dei prodotti chimici utilizzati, renderle rapidamente disponibili per i lavoratori e valutare attentamente la possibilità di sostituire i prodotti più pericolosi con formulati meno tossici. I serbatoi e le tubazioni devono essere dotati della prescritta etichettatura.

Per eventuale prelievo, trasporto e dosaggio manuale dei suddetti prodotti possono essere utilizzate attrezzature atte ad evitare sgocciolamenti, sversamenti e diffusione di vapori, quali ad esempio rubinetti autochiudenti, pompe di travaso dotate di valvole di ritegno, contenitori di sicurezza a chiusura ermetica con tappo provvisto di molla autochiudente e beccuccio di scarico flessibile.

 

I serbatoi dei prodotti chimici diversi devono essere dotati di bacini di contenimento separati, per evitarne la possibilità di miscelazione.

E’ necessario che gli addetti indossino Dispositivi di Protezione Individuali (D.P.I.) quali guanti, grembiuli, maschere, ecc… nelle fasi di preparazione e impiego, che vengano informati circa i rischi ed i danni potenziali a seguito dell’esposizione, che vengano formati alle corrette procedure di lavoro in sicurezza e che siano messi a loro disposizione servizi igienico assistenziali: armadietti con doppio scomparto per separare gli indumenti da lavoro da quelli civili, lavabi, docce, lavaocchi, ecc…. I lavoratori devono essere sottoposti ad opportuna sorveglianza sanitaria.

riferimenti normativi

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         D.M.Ind. del 01.03.1989 "Recepimento della direttiva CEE/88/571, sull'aggiornamento al progresso tecnico dei metodi di protezione del materiale elettrico antideflagrante"

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Norme UNI EN 626/1, 626/2, 1093/4, UNI  9293.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Esposizione a gas di combustione

descrizione

La centrale termica può rilasciare i prodotti della combustione (NOx, CO, ecc.) nell'aria del locale.

danno atteso

L'esposizione ai prodotti di combustione che ristagnano nell'ambiente di lavoro può comportare fenomeni di intossicazione da ossido di carbonio (CO), irritazione delle mucose congiuntivali, delle prime vie aeree e broncopneumopatie.

prevenzione

Nei locali delle caldaie, per evitare il rischio di inalazione di gas tossici, occorre verificare che il tiraggio della caldaia sia mantenuto in perfetta efficienza e non debbano verificarsi fuoriuscite dei gas di combustione nell’ambiente di lavoro e comunque garantire l’arieggiamento costante dei locali caldaia.

In caso di interventi straordinari di manutenzione, devono essere messi a disposizione degli addetti idonei DPI.

riferimenti normativi

-         Art. 236 "Lavori entro tubazioni, canalizzazioni, recipienti e simili nei quali possono esservi gas e vapori tossici o asfissianti" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.

-         Norme UNI EN 626/1, 626/2, 1093/4, UNI  9293  (vedere 6.1.37).

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

-         D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000 “Attuazione delle direttive 1997/42/CE e 1999/38/CE, che modificano la direttiva  90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i  rischi  derivanti  da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”.


 

Movimentazione manuale dei carichi

descrizione

Nelle operazioni necessarie alla conduzione della centrale termica è presente un rischio da movimentazione carichi, dovuto all’utilizzo di prodotti chimici contenuti in sacchi di carta del peso di circa 25 Kg.

danno atteso

Possibili disturbi muscolo-scheletrici.

prevenzione

Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati ausili meccanici (apparecchi di sollevamento ecc.).

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938

 

Esposizione a rumore

descrizione

Il rumore in questa fase lavorativa deriva prevalentemente dai bruciatori delle caldaie, le quali sono collocate in locali separati dagli altri ambienti di lavoro, ma la conduzione dell'impianto può richiedere una presenza continua dell'addetto.

stima

L’impianto di produzione del vapore sviluppa elevati livelli di rumorosità. I valori di livello equivalente (Leq) di rumore prodotto dalla caldaia in dB(A), evidenziano l’entità del problema, come si può vedere nella tabella seguente:

 

 Tabella - Livello equivalente in dB(A) del rumore nel locale caldaia.

 

Leq max

Leq min

Leq medio

91.4

83.5

89.6

 

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

prevenzione

Per ridurre il rumore è necessaria una buona coibentazione termico-acustica dell’impianto, e mantenere in buono stato di manutenzione ed efficienza bruciatori, aspiratori e ventilatori. Inoltre devono essere evitati sfiati liberi di vapore. In caso di rumorosità eccessiva l’operatore deve poter disporre di una cabina insonorizzata e climatizzata e di D.P.I. (cuffie, tappi antirumore) per gli interventi di manutenzione.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

 

Esposizione a microclima sfavorevole e lavoro in prossimità di superfici calde

descrizione

La caldaia e le condutture dell’impianto termico possono presentare una elevata temperatura; nel locale si può determinare un microclima sfavorevole.

danno atteso

L'esposizione a microclima sfavorevole e a calore radiante può determinare disturbi da scomfort termico, riduzione della capacità lavorativa, stress psico fisico.

In caso di contatto cutaneo con superfici ad elevata temperatura, si possono verificare infortuni per ustioni di vario grado e lesioni cutanee.

prevenzione

E’ necessaria la protezione di tutte le superfici calde mediante coibentazione e indossare guanti anticalore ed indumenti adeguati. Anche per questo fattore di rischio sono consigliabili locali di ristoro e cabine climatizzate.

riferimenti normativi

-         Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norma UNI EN 563 del 30.06.95 Sicurezza del macchinario. Temperature delle superfici di contatto. Dati ergonomici per stabilire i valori limite di temperatura per le superfici calde. La norma presenta i dati ergonomici e il loro uso per stabilire i valori limite di temperatura per superfici calde e per la valutazione dei rischi di ustione.

 

Esposizione ad amianto

descrizione

Durante l’esecuzione di lavori di manutenzione e coibentazione su guarnizioni, raccordi e condutture dell’impianto termico, nel caso tali interventi vengano effettuati su un vecchio impianto nel quale era stato utilizzato l’amianto prima che questo venisse vietato (D.L. 257/92), gli addetti possono essere esposti a polveri di amianto.

danno atteso

L’inalazione di polveri di amianto può provocare asbestosi, mesoteliomi e tumori polmonari.

prevenzione

In caso di lavori di demolizione – rimozione di parti dell’impianto termico contenenti amianto, è necessario notificare alla Azienda Sanitaria Locale competente per territorio, il relativo piano di lavoro in sicurezza ai sensi dell’Art. 34 del D.Lgs. n. 277/91. Tali operazioni, quando necessarie, vengono di solito affidate a ditte specializzate.

riferimenti normativi

-         Capo III “ Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto durante il lavoro” del D.Lgs. n.277 del 15.08.1991 “Attuazione delle direttive 80/1107/CEE, 82/605/CEE, 83/477/CEE, 86/188/CEE e 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’Art. 7 Legge n.212 del 30.07.1990”.

-         Legge n.257 del 27.03.92 "Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto"

-         D.M. del 06.09.94 "Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'Art. 6, comma 3, e dell'Art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto"

-         D.M. del 20.08.99 "Ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto, previsti dall'Art. 5, comma 1, lettera f), della L. 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto"

 

Incendio – esplosione

descrizione

In una centrale termica è sempre presente il rischio di incendio - esplosione.

Inoltre le idrazine (vapori) sono in genere prodotti facilmente infiammabili e, in opportune condizioni, esplosivi: devono essere conservate pertanto entro contenitori di sicurezza, in ambienti separati (preferibilmente compartimentati), provvisti di idonea aerazione.

danno atteso

In caso di incendio - esplosione, sono possibili lesioni traumatiche, ustioni, intossicazioni.

prevenzione

È necessario che la centrale termica sia rispondente in tutto alle specifiche norme di sicurezza antincendio, impianti elettrici a norma e predisporre idonei programmi di controlli e manutenzione programmata dell’impianto.

La normativa antincendio per le centrali termiche si differenzia a seconda del tipo di combustibile utilizzato:

-         Olio combustibile fluido 3-5 °E o gasolio: Circolare del M.I. n. 73 del 29/7/71 e successive circolari integrative.

-         Metano: Circolare del M.I. n°68 del 25/11/69 e successive circolari integrative.

Il locale della centrale termica deve essere provvisto almeno di estintori (normalmente del tipo a polvere od anidride carbonica) omologati.

Per la prevenzione di esplosione ed incendio occorre che l’unità produttiva abbia ottenuto il C.P.I. rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco. Inoltre l’addetto alla conduzione della caldaia deve essere provvisto della autorizzazione prevista dalla Legge, nei casi richiesti.

La presenza degli apparecchi a pressione (generatori di vapore, degasatori) comporta il pericolo di scoppio con conseguente rischio per i lavoratori presenti; il problema può essere ritenuto trascurabile se le caldaie e i recipienti a pressione sono stati regolarmente omologati da ISPESL e subiscono le regolari verifiche periodiche annuali da parte dell'Azienda Sanitaria Locale competente per territorio.

riferimenti normativi

-         D.M. del 31.07.1934 “Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, l’immagazzinamento, l’impiego o la vendita di oli minerali, e per il trasporto degli oli stessi”.

-         Tit. II, Art. 13 "Vie d'uscita e di emergenza", Art. 14 "Porte e portoni" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Capo VI “Difesa contro gli incendi e le scariche atmosferiche” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. VII, Capo X “Installazioni elettriche in luoghi dove esistono pericoli di esplosione o incendio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Parte II della Circolare M.I. n° 74  del 20.09.1956 "D.P.R. 28 giugno 1955, n. 620 - Decentramento competenze al rilascio di concessioni per depositi di oli minerali e gas di petrolio liquefatti - Norme di sicurezza".

-         Circolare M.I. n.73 del 29.07.1971 “Impianti termici ad olio combustibile o a gasolio – Istruzioni per l’applicazione delle norme contro l’inquinamento atmosferico; disposizioni ai fini della prevenzione incendi”.

-         D.M. del 16.02.1982 “Modificazioni del D.M. 27.09.1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi”.

-         D.P.R. n.577 del 29.07.1982 “Approvazione del regolamento concernente l’espletamento dei servizi antincendio”.

-         D.M.I. del 31.03.1984 "Norme di sicurezza per la progettazione, la costruzione, l'installazione e l'esercizio dei depositi di gas di petrolio liquefatto con capacità complessiva non superiore a 5 m3 ".

-         D.M.I. del 02.08.1984 "Norme e specificazioni per la formulazione del rapporto di sicurezza ai fini della prevenzione incendi nelle attività a rischio di incidenti rilevanti di cui al D.M.I. del 16.11.1983.

-         D.M.I. del 24.11.1984 "Norme di sicurezza antincendio per il trasporto, la distribuzione, l'accumulo e l'utilizzazione del gas naturale con densità non superiore a 0,8".

-         D.M.I. del 08.03.1985 "Direttive sulle misure più urgenti ed essenziali di prevenzione incendi ai fini del rilascio del nullaosta provvisorio di cui alla legge 7 dicembre 1984, n. 818".

-         D.P.C.M. 31.03.1989  "Applicazione dell'Art. 12 del D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175, concernente rischi rilevanti connessi a determinate attività industriali."

-         D.M. del 13.10.1994 "Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione, l'installazione e l'esercizio dei depositi di G.P.L. in serbatoi fissi di capacità complessiva superiore a 5 m3 e/o in recipienti mobili di capacità complessiva superiore a 5.000 kg."

-         D.M.A. 14.04.1994 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di gas di petrolio liquefatto ai sensi dell'Art. 12 del D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175".

-         D.M. del 12.04.1996 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti termici alimentati da combustibili gassosi.”

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto", comma 5 lettera a) e lettera q) del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 (con successive modifiche e integrazioni) “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,  89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 99/38/CE riguardanti il  miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.

-         Art. 12 e 13 “Prevenzione incendi ed evacuazione dei lavoratori” D.Lgs. n.626/1994.

-         D.M. del 10.03.1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”.

-         Norme UNI-VV.FF. su impianti antincendio, impianti di rivelazione degli incendi, impianti di evacuazione fumo e calore, ecc…

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

I principali fattori di impatto ambientale di questa fase sono i seguenti:

 

Emissioni in atmosfera

Si tratta delle emissioni dei gas prodotti dalla combustione in caldaia del metano per produrre il vapore necessario, distribuito poi, mediante apposite linee, ai reparti per l’utilizzazione.

I residui di questa combustione sono facilmente prevedibili: infatti un m3 di metano bruciato, in minimo eccesso di comburente, produce quantità note di residui (anidride carbonica, azoto, ossigeno, ecc...).

Quando la centrale termica è alimentata a gasolio è lecito aspettarsi un peggioramento delle emissioni a causa delle impurità presenti nell’olio combustibile.

Le emissioni sono controllate da ARPAT attraverso la determinazione delle concentrazioni degli ossidi di carbonio, di azoto, di zolfo e delle polveri.

Queste emissioni avvengono a temperature piuttosto elevate (circa 230 °C).

 

Scarichi idrici

Negli impianti a resine scambiatrici di ioni, sono costituiti dai reflui della rigenerazione delle resine utilizzate per la demineralizzazione dell’acqua, nonché dai cosiddetti spurghi di caldaia. Si tratta di soluzioni a pH acido o basico con elevata concentrazione di sali minerali e contenenti acido cloridrico e soda, che scaricate tal quali potrebbero inquinare le acque e il suolo. Pertanto tali reflui devono essere convogliati, tramite canalizzazioni in materiale chimicamente resistente, alla vasca di neutralizzazione nella quale viene corretto il pH mediante soda o acido cloridrico, prima di essere convogliate all’impianto di depurazione delle acque.

Negli impianti ad osmosi inversa, si ha solo lo scarico della soluzione concentrata dei sali trattenuti dalle membrane semipermeabili, pertanto ciò costituisce un impatto ambientale notevolmente minore rispetto a quello derivante dall'impianto a resine.

 

Produzione di rifiuti

Il rifiuto principale prodotto da questa fase del ciclo produttivo è costituito dalle resine esauste utilizzate nell’impianto di demineralizzazione dell’acqua.

 

Consumo delle risorse

Per la produzione del vapore viene utilizzata una notevole quantità di acqua e di combustibile.

Il consumo di acqua può essere minimizzato con sistemi di recupero delle condense. Il consumo di combustibile può essere ridotto mediante l’utilizzo di economizzatori per recuperare il calore e per riscaldare aria comburente e acqua di caldaia. Il consumo di energia elettrica può essere ridotto tramite l’utilizzo di sistemi di cogenerazione.

 

I principali fattori di rischio ambientale di questa fase sono i seguenti:

 

Sversamenti di olio combustile sul suolo

In caso di rottura del serbatoio interrato dell’olio combustibile, utilizzato come carburante della centrale termica secondaria, si possono verificare sversamenti sul terreno circostante, con conseguente inquinamento del suolo e possibile penetrazione nelle falde acquifere. Pertanto è richiesto che i serbatoi interrati siano realizzati secondo la recente emanazione del Ministero dell’Ambiente D.M. del 20.10.98 "Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi interrati".

 

Sversamenti di prodotti chimici sul suolo

I prodotti chimici utilizzati nell’impianto di demineralizzazione dell’acqua, quali acido cloridrico e idrossido di sodio (soda), possono dare luogo a sversamenti sul suolo, sia durante il rifornimento dei serbatoi da autocisterne, sia in caso di rotture o cedimenti. In caso di sversamento si può verificare inquinamento del suolo, con possibile penetrazione nelle falde acquifere, ed emissione di vapori in atmosfera. Pertanto, per evitare il rischio di dispersione sul suolo, possono essere utilizzati bacini di contenimento in materiale chimicamente resistente e prevedere misure di emergenza per la neutralizzazione dei prodotti chimici.

 

Incendio - esplosione

In caso di incendio a carico della centrale termica il danno atteso per l’ambiente consiste prevalentemente nella formazione di prodotti parzialmente incombusti immessi nell’atmosfera. L’esplosione può comportare danni strutturali al locale sede della centrale termica ed a locali ed edifici limitrofi.

 


MANUTENZIONE MECCANICA

 

DESCRIZIONE DELLA FASE LAVORATIVA

Ogni azienda del comparto realizza il proprio ciclo produttivo utilizzando macchine, impianti complessi ed una serie di attrezzature e dispositivi meccanici di varie dimensioni. Nella maggior parte gli impianti sono costituiti da lamiere e tubazioni di acciaio inossidabile.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Per la manutenzione meccanica degli impianti delle aziende del comparto vengono svolte operazioni tipiche delle officine meccaniche. Si riportano qui di seguito alcune informazioni generali, similmente trattate in ricerche relative ad altri comparti produttivi, rimandando per informazioni specifiche e più dettagliate, al profilo di rischio proprio di questa lavorazione. 

 

I principali fattori di rischio potenzialmente presenti in questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Esposizione a rumore

descrizione

Si può avere esposizione al rumore a causa dell’utilizzo di utensili elettrici portatili (trapano, mole, avvitatori, ecc…).

danno atteso

L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e di danni extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive.

Oltre ai disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa, possono insorgere: effetti cardiovascolari (aumento della pressione sanguigna, ecc…); disturbi psichici (astenia, irritabilità, depressione, insonnia); disturbi a carico dell’apparato digerente.

Inoltre l’esposizione a rumore durante gli interventi di manutenzione può essere un fattore concomitante che favorisce l’accadimento di infortuni.

prevenzione

Per ridurre l’esposizione è necessario ridurre il rumore alla fonte ed attuare le misure di prevenzione in base ai livelli di esposizione personale ed ai valori limite; è opportuno effettuare la manutenzione preventiva e programmarla nei giorni o negli orari di fermo impianto per evitare eventuale esposizione indiretta; la scelta degli utensili da utilizzare deve essere indirizzata verso i tipi meno rumorosi; indossare DPI (cuffie, tappi), informare e formare gli addetti e sottoporli a sorveglianza.

Nei casi di livelli di esposizione personale superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs. 277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”, riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di carattere generale”.

riferimenti normativi

-         Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.

-         Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).

 

Esposizione a vibrazioni

descrizione

Le operazioni di manutenzione con utensili portatili (mola, trapano, avvitatori, ecc…) sono causa di esposizione a vibrazioni dell’apparato mano – braccio

danno atteso

L’esposizione continuativa a vibrazioni può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta come fenomeno del dito bianco). Si tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal fumo di sigaretta.

L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi ed all’entità di esposizione.

prevenzione

Per ridurre l’esposizione alle vibrazioni localizzate al sistema mano - braccio è necessario utilizzare utensili caratterizzati da bassi livelli di vibrazione o minore impatto vibratorio, utilizzare impugnature smorzanti le vibrazioni, riscaldare l’ambiente di lavoro nei mesi freddi, ridurre i tempi di esposizione alternando le lavorazioni tra più addetti. È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli addetti.

riferimenti normativi

-         D.M.L. del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"

-         Art. 46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.

-         Art. 24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del 19.3.1956

-         9.9.3 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per movimentazione".

-         1.5.9 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".

-         1.5.9 "Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente"  D.P.R. n. 459 del 24.07.1996

-         Comunicazione CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".

-         Norma UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".

-         D.M. 30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2): «Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".

-         Comunicazione CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine, modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE  e 93/68/CEE".

 

Esposizione a polveri

descrizione

Le operazioni di manutenzione sul posto, espongono i meccanici a inalazione di polveri aerodisperse dovute alle operazioni di molatura e di lavori riparazioni / manutenzioni in luoghi particolari con utensili portatili (trapani, mole, ecc…). Tali lavorazioni possono esporre gli addetti alle riparazioni meccaniche alle polveri di metallo e dei materiali abrasivi delle mole.

danno atteso

Irritazione delle vie respiratorie.

prevenzione

È importante esaminare le schede di sicurezza dei composti abrasivi delle mole e valutare la sostituzione dei prodotti più pericolosi con altri meno pericolosi.

Durante interventi con utensili che possono dare luogo a diffusione di polveri, è opportuno utilizzare apparecchi mobili di aspirazione localizzata con braccio flessibile (proboscide) per captare l’inquinante il più vicino possibile alla fonte di emissione, ed eventualmente indossare anche D.P.I. idonei alla protezione delle vie respiratorie dalle polveri (maschere filtranti, occhiali a tenuta) ed indumenti adeguati (tute, guanti).

È importante osservare le norme igieniche, tra le quali non bere, mangiare, fumare durante il lavoro e mettere a disposizione degli addetti adeguati servizi igienico assistenziali: i lavoratori, soci compresi quando effettuano lavorazioni insudicianti o con esposizione a polveri o altri agenti nocivi, devono disporre di armadietti a doppio scomparto per l’alloggiamento distinto degli abiti civili e da lavoro; le installazioni e gli arredi destinati a refettori, spogliatoi, latrine, bagni, locali di riposo devono essere mantenuti puliti, ben aerati e riscaldati durante la stagione fredda; le docce devono essere in quantità sufficiente e ben attrezzate affinché tutti i lavoratori che lo desiderino possano lavarsi appena terminato il proprio turno di lavoro. In considerazione al tipo di attività lavorativa può essere disposto l’obbligo per i lavoratori a fare la doccia per la tutela della propria salute in relazione ai rischi ai quali sono esposti.

È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli esposti.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.

 

Esposizione a fumi di saldatura

descrizione

Può avvenire che si debbano eseguire saldature di riparazione in luoghi scarsamente aerati.

Le operazioni di saldatura possono esporre gli addetti ai fumi di saldatura, i quali possono essere di diversa natura a seconda del metallo da saldare, del suo eventuale rivestimento, del tipo di saldatrici utilizzate.

danno atteso

L’esposizione può provocare irritazione delle vie respiratorie o danni più gravi a seconda della natura dei fumi.

prevenzione

Durante gli interventi di saldatura è necessario utilizzare apparecchi mobili di aspirazione localizzata con braccio flessibile di captazione (proboscide) e filtri idonei al tipo di inquinante aspirato; indossare D.P.I. (maschere filtranti idonee per la protezione delle vie respiratorie dai fumi di saldatura, tute, occhiali a tenuta). L’aspirazione localizzata deve avvenire in modo che l’operatore non si trovi tra l’aspirazione e il punto di emissione. In caso di saldature effettuate all’aperto è necessario che l’addetto si tenga sopravvento. Prima di effettuare la saldatura è necessario togliere, per quanto possibile, i rivestimenti del materiale da saldare scrostando le pitture. Altre persone non necessarie alla lavorazione devono essere allontanate. È necessario esaminare la scheda di sicurezza del produttore dell’elettrodo, utilizzare elettrodi appropriati al tipo di saldatura e informare gli addetti sulla natura dell’elettrodo e dei pezzi da saldare e sui relativi rischi ai quali sono esposti; è altresì necessario che gli addetti siano formati alle corrette procedure di lavorazione e sottoposti a sorveglianza sanitaria.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 303/1956 e s.m.i.

-         D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.

 

Manutenzioni su impianti e tubazioni del vapore

descrizione

Le manutenzioni nelle aziende del comparto possono essere eseguite su tubazioni di adduzione del vapore, e su macchine ed impianti utilizzanti vapore in pressione. Questo può esporre gli addetti a sfiati di vapore e condensa ad elevata temperatura.

danno atteso

Ustioni.

prevenzione

Informazione e formazione degli addetti alle procedure di lavoro corrette, come ad esempio l’intercettazione del vapore chiudendo le valvole sulla tubazione interessata dalla riparazione ed attendere il raffreddamento prima di intervenire. In caso di lavoro appaltato a ditta esterna, è necessario il coordinamento del lavoro e delle procedure di sicurezza con il responsabile della sicurezza aziendale.

riferimenti normativi

-         Art. 240 "Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.

 

Esposizione a radiazioni infrarosse e ultraviolette

descrizione

Le operazioni di officina che richiedono la saldatura espongono gli addetti a radiazioni infrarosse ed ultraviolette.

danno atteso

Danneggiamento della vista.

prevenzione

Per le operazioni di manutenzione in questo caso è opportuno schermare la sorgente di emissione e indossare D.P.I. (occhiali scuri specifici per la protezione dalle radiazioni).

È importante l’informazione, la formazione e la sorveglianza sanitaria degli addetti (visita e controlli oculistici).

riferimenti normativi

 

Esposizione a schegge incandescenti

descrizione

I lavori di saldatura possono essere causa di esposizione alla proiezione di materiale incandescente.

danno atteso

Ustioni, lesioni agli occhi.

prevenzione

È necessaria la informazione e formazione degli addetti i quali sono tenuti ad indossare guanti, tuta e visiere protettive.

riferimenti normativi

-         D.P.R. n. 626/1994 e s.m.i.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

descrizione

Le operazioni di manutenzione e in genere le mansioni di officina, comprese le mansioni elettromeccaniche, possono comportare rischi di presa, trascinamento, urti e schiacciamento.

danno atteso

Lesioni traumatiche quali contusioni, ferite e amputazioni.

prevenzione

Occorre in primo luogo accertarsi che gli impianti siano conformi alle norme di sicurezza. Le macchine e gli impianti devono essere dotate di dispositivo di arresto di emergenza e di dispositivo che impedisca il riavvio intempestivo della macchina in caso ritorni l’alimentazione elettrica dopo che questa era venuta a mancare.

Gli operatori addetti all’officina meccanica devono conoscere in anticipo la parte di macchina o impianto che vanno a manipolare, attraverso la consultazione del manuale di uso e manutenzione in sicurezza. Pertanto l’azienda deve fornire al personale tutte le informazioni necessarie oltre a quelle dettate dalla pratica di esperienza giornaliera. 

È anche necessario scongiurare il pericolo di avviamento intempestivo della macchina da parte di un addetto mentre un altro sta effettuando l’intervento di manutenzione. A tale scopo, prima di iniziare le operazioni di manutenzione, si può attuare una procedura di tipo “Blocca e Segnala”, che può consistere, ad esempio, nel bloccare tutte le forme di energia che possono fare muovere le varie parti della macchina, impossessarsi della chiave del quadro di controllo e apporre su quest’ultimo un cartello con una scritta del tipo “Non azionare la macchina – manutenzione in corso”.

Devono essere vietati interventi a macchina in moto con protezioni rimosse a meno che non vengano utilizzati dispositivi che garantiscano lo stesso livello di sicurezza (ad esempio pulsantiera ad uomo presente che permetta solo l’avanzamento a impulsi e che, una volta inserita, escluda il quadro di comando  della macchina).

Gli addetti devono indossare indumenti idonei, privi di parti svolazzanti che potrebbero essere causa di impigliamento e conseguente presa e trascinamento da parte degli organi meccanici in movimento. Perciò le tute sono da preferire ai grembiuli ed è bene che le maniche siano chiuse al polso.

riferimenti normativi

-         Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione”  D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).

-         Norme UNI EN 291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1, 1012/2

 

Movimentazione meccanica e manuale dei carichi

descrizione

Le fasi di riparazione e manutenzione meccanica possono talvolta richiedere il sollevamento e il trasporto di grandi componenti di impianto (ventilatori, tramogge, parti meccaniche o macchine stesse) con rischi infortunistici per urti e schiacciamenti con conseguenti ferite e contusioni. Può avvenire anche il cedimento di una imbracatura o della struttura imbracata.

danno atteso

Lesioni quali contusioni, ferite e amputazioni.

prevenzione

Si vedano le indicazioni di sicurezza riportate nella fase specifica su “movimentazione meccanica dei carichi”. Si ricorda qui in particolare l’importanza della verifica degli impianti di sollevamento e di indossare scarpe di sicurezza ed elmetto. Quest’ultimo diviene indispensabile per impianti o accessori d’impianto composti, infatti in tali spostamenti, possono cadere parti di impianto di peso considerevole che potrebbero accidentalmente essere non ben fissate.

Durante la movimentazione manuale di lamiere sono inoltre possibili  ferite da taglio, pertanto è necessario indossare guanti adeguatamente resistenti.

La movimentazione manuale delle attrezzature di lavoro (valigie degli attrezzi, saldatrici, ecc...) può causare disturbi muscolo-scheletrici. È pertanto opportuno l'utilizzo di carrelli porta attrezzi e carrellini per le bombole di saldatura.

Sono fondamentali l’organizzazione del lavoro, la formazione e l’informazione degli addetti.

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938.

-         Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 11 “Posti di lavoro e  di passaggio e luoghi di lavoro esterni” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. X, Capo III, Art. 381 "Protezione del capo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. V “Mezzi ed apparecchi di sollevamento, trasporto e immagazzinamento” (Capo I “Disposizioni generali”, Capo II “Gru, argani, paranchi e simili”, Capo III “Ascensori e montacarichi”, Capo V “Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici”) D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Art. 10 “Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro”  D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.

-         Tit. II, Capo V "Illuminazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         All. 1 "Requisiti essenziali di sicurezza e di salute relativi alla progettazione e alla costruzione delle macchine e dei componenti di sicurezza" D.P.R. n.459 del 24.07.1996.

-          Norme UNI 9288, 9289, 9290, 9291, 9292, 9293, UNI EN 281, 614/1, UNI ISO 1074, 2328, 2330, 2331, 3287, 3691, 5053, 5767, 6055.

 

Lavoro in prossimità di parti elettriche

descrizione

Durante le manutenzioni è possibile che l’intervento riguardi parti elettriche, pertanto può esistere il rischio di contatti diretti e indiretti con parti sotto tensione elettrica.

danno atteso

Folgorazione per elettrocuzione.

prevenzione

Occorre in primo luogo accertarsi che gli impianti rispettino le norme di sicurezza. Gli interventi devono essere eseguiti su macchine / impianti disinseriti ed esclusivamente da parte di personale specializzato e formato ad intervenire in sicurezza nei casi specifici che il lavoro richiede.

Per gli apparecchi elettrici portatili (trapano, mola flessibile, saldatrici elettriche), ad ogni utilizzo è anche necessario controllare il buono stato dei cavi di alimentazione.

riferimenti normativi

-         Legge n. 791 del 18.10.1977 "Attuazione della direttiva del consiglio delle Comunità europee (n. 72/23/CEE) relativa alle garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione".

-         Titolo VII del D.P.R. n. 547/1955 "Impianti macchine ed apparecchi vari"

-         D.M.Ind. del 13.03.1987 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico"

-         D.M. (Industria) 12.02.1996 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico".

-         D.Lgs. n. 626 del 25.11.1996 "Attuazione della direttiva 93/68/CEE, in materia di marcatura CE del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione".

-         D.Lgs. n. 277 del 31.07.1997 "Modificazioni al D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 626 (2), recante attuazione della direttiva 93/68/CEE in materia di marcatura CE del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione".

-         D.M.Ind.  del 13.06.1989 "Liste degli organismi e dei modelli di marchi di conformità, pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate, unitamente al recepimento ed alla pubblicazione di ulteriori (5° gruppo) testi italiani di norme C.E.I., in applicazione della L. 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE, relativa alla garanzia di sicurezza del materiale elettrico".

-         Art. 5, 6, 7 sez. II; Art. 9 sez. III, della Direttiva CEE/CEEA/CE n. 656 del 30.11.1989: " Direttiva del Consiglio del 30 novembre 1989 relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (D.P.I.) (terza direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)".

-         Legge n. 46 del 05.03.1990 "Norme per la sicurezza degli impianti "

 

Utilizzo del cannello ossiacetilenico

descrizione

L’utilizzo del cannello ossiacetilenico per la saldatura, può essere causa per gli addetti di esposizione a vari rischi.

danno atteso

Ustioni per contatto con la fiamma o superfici calde; lesioni traumatiche, in caso di scoppio delle bombole, le cui conseguenze per gli addetti potrebbero essere fatali; danni alla vista per esposizione a calore radiante e radiazioni luminose; intossicazioni e danni all’apparato respiratorio per esposizione ai fumi di combustione.

prevenzione

L’attrezzatura ossiacetilenica deve essere dotata di valvole di sicurezza applicate quanto più possibile vicine ai cannelli, in modo tale da impedire il ritorno di fiamma e l’afflusso dell’ossigeno o dell’aria nelle tubazioni del gas combustibile, permettere un sicuro controllo in ogni momento del suo stato di efficienza, impedire la possibilità che avvenga uno scoppio per ritorno di fiamma.

Per ridurre l’esposizione ai fumi di combustione sono necessari impianti di aspirazione localizzata, fissi o portatili.

Gli addetti devono essere adeguatamente informati e formati alle corrette modalità di lavoro e all’utilizzo dei D.P.I. (tuta, guanti, maschere filtranti, occhiali o visiere) e sottoposti a sorveglianza sanitaria.

riferimenti normativi

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

 

Stoccaggio e movimentazione bombole per cannello ossiacetilenico

descrizione

Lo stoccaggio delle bombole per il cannello ossiacetilenico può comportare il rischio di fughe di gas e di scoppio, quest'ultimo dovuto in particolare al fatto che l'acetilene disciolto può decomporsi in idrogeno e carbonio. L'energia di attivazione della reazione di decomposizione dell'acetilene è relativamente bassa,  ad esempio può essere sufficiente una esposizione prolungata al calore, e/o un forte urto della bombola. La reazione di composizione può durare anche diverse ore, tanto che l'esplosione può avvenire anche il giorno successivo a quello in cui il contenitore ha subito l'insulto; in altri comparti produttivi, si sono verificati infortuni mortali a causa dell'esplosione di bombole di acetilene, pertanto è necessaria la massima attenzione nello stoccaggio, movimentazione ed utilizzo di bombole di acetilene. Depositi con quantitativi maggiori o uguali a 75 Kg., sono soggetti a controllo obbligatorio di prevenzione incendi (D.M.I. del 16.02.1982).

danno atteso

Lesioni traumatiche, in caso di scoppio delle bombole; possibili disturbi muscolo – scheletrici in caso di movimentazione manuale. 

prevenzione

Le bombole devono essere dotate della prescritta etichettatura ed essere stoccate in luogo separato, ventilato, al riparo dalle intemperie e lontane da fonti di calore. Nel locale di stoccaggio deve essere disposto e segnalato il divieto di fumare e usare fiamme libere. L’impianto elettrico deve essere idoneo alla classificazione di pericolosità del luogo secondo le norme CEI e deve essere rispettata la normativa generale antincendio. É opportuno predisporre una procedura di emergenza in caso si sospetti che le bombole di acetilene abbiano subìto un insulto tale che possa dare luogo ad esplosione.

Per la prevenzione dai disturbi muscolo scheletrici è opportuno l’utilizzo di appositi carrelli (si veda anche il paragrafo relativo alla movimentazione manuale).

Gli addetti devono essere informati e formati.

riferimenti normativi

-         vedere il paragrafo relativo a “esplosione - incendio”.

-         D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i.

 

 

APPALTI ESTERNI

In genere, tutte le opere di manutenzione preventiva e non, vengono programmate dall’azienda ed eseguite da apposite squadre di manutenzione, le quali talvolta sono costituite da ditte esterne che lavorano presso l’azienda del comparto in esame.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

I principali fattori di impatto ambientale in questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Emissioni in atmosfera

Polveri, fumi e vapori che si sviluppano durante le riparazioni meccaniche sugli impianti possono diffondere nell’ambiente esterno. Si tratta di emissioni saltuarie in quanto dovute a manutenzioni e riparazioni e non direttamente connesse con il ciclo produttivo; in genere sono emissioni diffuse (cioè non convogliate) e, quando vengono utilizzati dispositivi mobili di aspirazione localizzata, l’aria filtrata viene nuovamente immessa nell’ambiente di lavoro. 

 

Diffusione di rumore all’esterno

Alcune lavorazioni, specie quelle che necessitano l’utilizzo di attrezzature manuali (quali ad esempio martelli) e utensili elettrici (mole, trapani, ecc…) possono provocare diffusione di rumore nell’ambiente esterno con conseguente disturbo della popolazione. La soluzione consiste in primo luogo nel cercare di ridurre il rumore alla fonte, effettuare le lavorazioni più rumorose in orari diurni, utilizzare schermature fonoisolanti - fonoassorbenti.

 

Produzione di rifiuti

I principali rifiuti prodotti in questa fase sono:

-         lamiere e parti meccaniche derivate dalla sostituzione e/o demolizione di parti di macchine e impianti meccanici.

-         oli minerali esausti utilizzati per la lubrificazione delle macchine, sostituiti durante la manutenzione.

 

Consumo delle risorse

I consumi principali in questa fase riguardano oli minerali per la lubrificazione delle macchine, materiali per saldatura (elettrodi, gas per cannello ossiacetilenico), lamiere e parti metalliche. Inoltre si ha consumo di energia elettrica per l’alimentazione delle macchine utensili fisse o portatili.

 

I principali fattori di rischio ambientale in questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Sversamenti

Durante le operazioni di manutenzione, in particolare di smontaggio e sostituzione di parti meccaniche, possono avvenire sversamenti di eventuali prodotti chimici utilizzati negli impianti (soluzioni per il lavaggio, ecc…). Inoltre possono avvenire sversamenti di oli minerali durante la sua sostituzione in macchine e impianti.

Lo sversamento di tali inquinanti può provocare l’inquinamento del suolo e delle acque, pertanto sono necessarie misure organizzative, procedurali ed impiantistiche, atte a contenere e raccogliere eventuali sversamenti, e per lo smaltimento corretto dei prodotti recuperati.   

 

Esplosione – Incendio

Lo stoccaggio di bombole ossiacetileniche e l’attività di saldatura possono determinare rischi di esplosione ed incendio che può estendersi a tutta l’azienda, con conseguente inquinamento dovuto alla emissione in atmosfera dei prodotti di combustione ed il rischio di spargimento delle acque utilizzate per lo spegnimento dell’incendio.

 


Depurazione degli scarichi idrici

 

DESCRIZIONE DELLA FASE LAVORATIVA

Nelle fasi lavorative precedentemente descritte si è più volte ricordata la necessità di depurare le acque di scarico derivanti dal ciclo produttivo, prima della loro immissione nei corpi idrici.

L’impianto di depurazione è in genere costituito da una prima vasca di decantazione per il recupero degli oli, alla quale seguono una o più vasche di depurazione a fanghi attivi, a loro volta seguite da un biofiltro. In genere sono presenti anche vasche per il trattamento finale di disidratazione dei fanghi, dall’impianto di dosaggio dei reagenti che generalmente sono posti fuori terra dove si accede alle postazioni sopraelevate tramite scale.

I reagenti generalmente utilizzati nell’impianto di depurazione sono elencati nella tabella seguente:

 

Reagenti utilizzati nell’impianto di trattamento delle acque di scarico

PRODOTTO

STATO  FISICO

MODALITA' DI ALIMENTAZIONE

Policloruro di alluminio 18%

Soluzione acquosa

Da serbatoi, mediante pompe

Solfato di alluminio 27%

Calce bianca superventilata

Polvere

Sacchi aggiunti manualmente

 

 

ATTREZZATURE E MACCHINE

 

Biofiltro per acque di scarico

Si tratta di un sistema di filtrazione biologica (da cui il nome biofiltro) che ha lo scopo di depurare i liquidi sfruttando l'attività di microrganismi immobilizzati su una struttura di supporto, in genere costituita da una numerosa serie di dischi, realizzati in materiale permeabile in modo da favorirvi la nidificazione dei microrganismi (i quali formano il cosiddetto strato biologico o limo biologico). I dischi sono posti uno accanto all’altro a distanza di pochi centimetri, sostenuti da un albero rotante ed il tutto è coperto da una struttura fissa in plastica o vetroresina o altro materiale.

Per poter essere efficacemente depurate da questa tipologia di impianto le acque da trattare devono subire un pretrattamento di chiarificazione.

I biofiltri possono essere utilizzati anche per la filtrazione dell’aria allo scopo di abbattere gli odori molesti, come quelli provenienti dall’impianto di depurazione delle acque.

 

 

FATTORI DI RISCHIO

 

I lavoratori addetti alla conduzione dell’impianto sono soggetti ai rischi derivanti dall’esposizione a polveri, vapori, manipolazione di prodotti chimici, movimentazione manuale dei carichi, lavoro in postazioni sopraelevate e transito in ambiente scivoloso. Particolare attenzione deve essere rivolta durante la manutenzione e pulizia degli impianti, ove sono presenti ulteriori rischi di infortuni e intossicazione per il ristagno di gas tossici o asfissianti e rischi biologici.

 

Esposizione a prodotti chimici

descrizione e danno atteso

In caso di prelievo, trasporto e dosaggio manuale, i lavoratori possono essere esposti a contatto e inalazione dei vari prodotti chimici da aggiungere nelle vasche di trattamento delle acque. In particolare, per i vari prodotti, si possono evidenziare i seguenti danni attesi:

Policloruro di alluminio

Il contatto con soluzioni di policloruro di alluminio può provocare irritazione della cute. Può risultare caustico per contatto con gli occhi.

Solfato di alluminio

Il contatto con soluzioni di concentrate di solfato di alluminio può provocare lesioni agli occhi.

Calce bianca superventilata

L’esposizione a polveri di calce può provocare irritazione di cute, occhi e vie aeree. Può risultare caustico per contatto con la cute e gli occhi.

prevenzione

Per ridurre l'esposizione ai prodotti chimici impiegati, occorre valutare attentamente la possibilità di sostituire i prodotti più pericolosi con formulati meno tossici e l’adozione di impianti automatici a ciclo chiuso di dosaggio e miscelazione.

Per il prelievo, trasporto e dosaggio manuale dei prodotti pericolosi è necessario utilizzare attrezzature atte ad evitare sgocciolamenti, sversamenti e diffusione di vapori, quali ad esempio rubinetti autochiudenti per i fusti, pompe di travaso, contenitori di sicurezza a chiusura ermetica con tappo provvisto di molla autochiudente e beccuccio di scarico flessibile.

Inoltre è necessario che, nelle fasi di preparazione e impiego, gli addetti indossino idonei Dispositivi di Protezione Individuali (D.P.I.) quali guanti, grembiuli, dispositivi di protezione degli occhi e delle vie respiratorie, e che vengano informati circa i rischi ed i danni potenziali a seguito dell’esposizione, formati alle corrette procedure di lavoro in sicurezza e siano messi a loro disposizione idonei servizi igienico assistenziali: armadietti con doppio scomparto per separare gli indumenti da lavoro da quelli civili, lavabi, docce, lavaocchi, ecc…) ed infine che vengano sottoposti ad opportuna sorveglianza sanitaria.

riferimenti normativi

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Norme UNI EN 626/1, 626/2, 1093/4, UNI  9293.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Movimentazione manuale dei carichi

descrizione e danno atteso

La movimentazione manuale dei sacchi di calce può comportare danni a carico dell’apparato muscolo - scheletrico in particolare alla colonna vertebrale degli addetti.

prevenzione

Per la movimentazione manuale dei carichi, dove possibile, devono essere impiegati opportuni ausili meccanici (apparecchi di sollevamento, ecc...). La soluzione più idonea risulta comunque essere l’adozione di impianti automatizzati per il dosaggio, la miscelazione e il trasporto dei preparati.

riferimenti normativi

-         Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.

-         Norma UNI ISO 938

 

Lavoro in postazioni sopraelevate e scivolose

descrizione e danno atteso

Durante la conduzione dell’impianto, i lavoratori accedono talvolta a postazioni di lavoro che comportano il rischio di caduta dall’alto. Il rischio è aggravato dalla scivolosità delle superfici di calpestio.

prevenzione

Le zone transitabili intorno alle vasche devono essere dotate di parapetti per evitare che gli addetti possano caderci dentro e dotate di fascia ferma piede. Inoltre le scale e le passerelle nelle zone di lavoro e transito devono essere antiscivolo e anch’esse dotate di parapetti e di fascia ferma piede. Le scale fisse a pioli devono essere dotate di gabbie di protezione anticaduta. I lavoratori devono indossare calzature adeguate.

riferimenti normativi

-         Tit. II “Ambienti, posti di lavoro e di passaggio” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Norme UNI EN 361, 363, 795

 

Esposizione a gas asfissianti 

descrizione

Durante la manutenzione periodica delle vasche di depurazione delle acque, il fermo degli impianti, anche per breve durata, può provocare il ristagno di anidride carbonica, a cui gli addetti possono essere esposti nel caso entrino dentro le vasche vuote.

danno atteso

Intossicazione da anidride carbonica, rischio di asfissia per mancanza di ossigeno.

prevenzione

Le operazioni di pulizia e manutenzione degli impianti di deposito o trattamento o delle acque talvolta vengono affidate a ditte esterne e in tal caso la sicurezza di tali operazioni deve essere coordinata dal servizio di prevenzione e protezione dell'azienda. In particolare, prima di consentire l’accesso dei lavoratori alle vasche, deve essere verificata l’assenza di gas pericolosi tramite idonea strumentazione (misuratori di ossigeno). Per le operazioni preliminari di svuotamento e lavaggio, nella vasca deve essere soffiata aria esterna tramite soffiatori d’aria, altrimenti gli addetti devono   essere dotati di autorespiratori. In caso di rischio di presenza di gas pericolosi o mancanza di ossigeno, l’addetto che accede all’interno della vasca, deve essere dotato di apposita imbracatura collegata ad un sistema che garantisca il recupero da parte di altra persona che presidia all’esterno. Se si fa uso di scale, queste devono essere di adeguata lunghezza, ben ancorate, stabili.

E’ fondamentale la formazione degli addetti sui rischi specifici e sulle sequenze operative per lavorare in sicurezza.

riferimenti normativi

-         Art. 236 "Lavori entro tubazioni, canalizzazioni, recipienti e simili nei quali possono esservi gas e vapori tossici o asfissianti" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.

-         Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.

-         Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.

-         Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.

-         Norme UNI EN 626/1, 626/2, 1093/4, UNI  9293.

-         DPR n. 336 del 1994 (Malattie professionali).

 

Esposizione a rischio biologico

descrizione

Gli addetti alla conduzione e manutenzione dell’impianto di depurazione delle acque possono essere esposti a rischio biologico.

stima

Il rischio maggiore deriva dall’esposizione ad aerosol, specie quelli provenienti dalle vasche aperte relative alle fasi iniziali di trattamento degli scarichi dove essi sono sottoposti ad aerazione per mezzo di organi meccanici in movimento (agitatori).

danno atteso

Possibili infezioni da agenti patogeni.

prevenzione

Vaccinazione degli addetti: antitetanica ed eventualmente antiepatite A, antitifica, antileptospirosi.

Norme igieniche: non mettere in bocca mani sporche; non bere, mangiare o fumare durante il lavoro; cambiarsi gli indumenti di lavoro e farsi la doccia al termine del turno di lavoro; armadietti a doppio scomparto per riporre separatamente gli abiti civile da quelli di lavoro.

Indossare maschere di protezione delle vie respiratorie specifiche per aerosol, in caso di transito o stazionamento in prossimità delle vasche dove si possono produrre aerosol; occhiali protettivi con riparo laterale per la protezione da schizzi.

Informazione, formazione e sorveglianza sanitaria degli esposti.

riferimenti normativi

-         D.Lgs. 626/1994 e successive modifiche e integrazioni.

 

 

APPALTI ESTERNI

Alcune aziende non dispongono di un proprio depuratore e le acque di scarico sono inviate a depuratori consortili o comunali.

 

 

IMPATTO ESTERNO

 

I principali fattori di impatto ambientale di questa fase sono i seguenti:

 

Produzione di rifiuti

Il rifiuto principale prodotto da questa fase del ciclo produttivo è costituito dai fanghi disidratati derivanti dall’impianto di depurazione.

 

Diffusione di cattivi odori

Dall’impianto di depurazione acque si possono diffondere cattivi odori nell’ambiente circostante. Ciò è dovuto in particolare alla presenza di notevoli quantità di sostanze altamente degradabili nei fanghi. Da qui la necessità di un completo e prolungato trattamento di ossidazione, di un corretto ed opportuno stoccaggio provvisorio che impedisca il contatto con il terreno e le acque meteoriche, nonché del frequente invio allo smaltimento definitivo.

 

Scarichi idrici

Nelle acque di scarico del depuratore possono risultare ancora presenti sostanze inquinanti, pertanto possono necessitare di ulteriore depurazione (ad esempio in depuratori consortili o comunali a valle del depuratore aziendale). Un problema esistente per i depuratori delle aziende del comparto è la permanenza dei cloruri nelle acque di scarico.

 

I principali fattori di rischio ambientale di questa fase sono i seguenti:

 

Sversamenti di prodotti chimici sul suolo

I prodotti chimici utilizzati nell’impianto di trattamento delle acque di scarico, quali calce bianca, policloruro di alluminio e solfato di alluminio, possono dare luogo a sversamenti sul suolo, sia durante il rifornimento dei serbatoi da autocisterne, sia in caso di rotture o cedimenti. In caso di sversamento si può verificare l’inquinamento del suolo con possibile penetrazione nelle falde acquifere e l’emissione di vapori in atmosfera. Pertanto, devono essere previsti bacini di contenimento in materiale chimicamente resistente, tali da evitare la dispersione sul suolo in caso di sversamento e devono essere previste misure di emergenza per la neutralizzazione.

 

Sversamenti di acque inquinate

In caso di fuoriuscita delle acque dalle vasche di trattamento a causa di rottura, infiltrazione o trabocco, ed anche in caso di errori nella conduzione dell’impianto, si possono verificare inquinamenti dei terreni e/o dei corpi idrici limitrofi. Il rischio può essere ridotto utilizzando per l’impianto materiali tali da garantire una perfetta tenuta idraulica, installando vasche di contenimento contro eventuali sversamenti accidentali ed attuando un adeguato programma di controllo e manutenzione periodica dell’impianto escludendo così ogni possibilità di infiltrazione ed inquinamento del suolo o delle falde idriche.

 

 


Laboratori per analisi microbiologiche e chimiche

 

DESCRIZIONE DELLA FASE

Le aziende più grandi dispongono di laboratori microbiologici e laboratori chimici per effettuare diversi tipi di analisi, ad esempio sui prodotti finiti (carica batterica, muffe, lieviti, coliformi, lattobacilli, pH, anidride solforosa, ecc…), sulle acque di scarico nelle varie fasi del processo di depurazione (BOD, COD, cloruri, ecc…), sulle acque di caldaia per verificare l’addolcimento e la demineralizzazione dell’acqua impiegata per la produzione di vapore.

Nel laboratorio microbiologico, per la sterilizzazione delle capsule contenenti i terreni di coltura, è utilizzata una piccola autoclave.

Spesso le analisi sono appaltate a laboratori esterni.

Per i rischi specifici di questo reparto si rimanda al profilo di rischio dei laboratori di analisi.

 

 


RIFERIMENTI NORMATIVI DI CARATTERE GENERALE

 

Leggi fondamentali

 

La Costituzione della Repubblica Italiana, legge fondamentale dello Stato, inquadra il problema dell’igiene e sicurezza del lavoro con tre articoli:

-         Art. 32 "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti".

-         Art. 35 "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni"

-         Art. 38 secondo e terzo comma: "I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale".

 

Nel Codice Civile vi sono due articoli particolarmente rilevanti:

-         Art. 2087 (Tutela delle condizioni di lavoro) "L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio della impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori del lavoro".

-         Art. 2050 (Responsabilità per l'esercizio di attività pericolosa) "Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di una attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno".

 

Il Codice Penale, a sua volta, contiene una serie di articoli importanti, dei quali, per brevità, citiamo soltanto i titoli:

-         Art. 437 Rimozione od omissione dolosa di cautela contro infortuni sul lavoro.

-         Art. 451 Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro.

-         Artt. 582-583 Lesione personale e circostanze aggravanti.

-         Art. 590 Lesioni personali colpose.

 

Testo unico delle leggi sanitarie (1934).

 

Negli ultimi quaranta anni sono state approvate numerose ed importanti leggi, ognuna di esse ha rappresentato un passo avanti sulla strada dello sviluppo civile del paese.

 

Normative di carattere generale

 

-         D.P.R. n. 547 del 27.04.1955 (G.U. n. 158 del 02.07.1955) – Norme generali per la prevenzione degli infortuni. Norme per prevenzione degli infortuni sul lavoro.

-         D.P.R. n. 302 del 19.03.1956 – Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative di quelle generali emanate con D.P.R. n. 547/1955.

-         D.P.R. n. 303 del 19.03.1956 – Norme generali per l’igiene del lavoro.

-         D.M.L. del 28.07.1958 – Presidi chirurgici e farmaceutici aziendali.

-         D.M.L. del 12.09.1958 – Istituzione del registro degli infortuni.

-         D.P.R. n. 1124 del 30.06.1965 – Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

-         Legge n. 977 del 17.10.1967 – Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti.

-         Legge n. 300 del 20.05.1970 – Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.

-         D.M.L. del 18 aprile 1973 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e la malattie professionali.

-         Legge n. 833 del 23.12.1978 – Istituzione del servizio sanitario nazionale.

-         Legge n. 46 del 05.03.1990 – Norme per la sicurezza degli impianti

-         D.Lgs. n. 277 del 15.08.1991 – Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro a norma dell’Art. 7 della Legge n. 212 del 30.07.1990.

-         D.Lgs. n. 77 del 25.01.1992 – Attuazione della direttiva 88/364/CEE in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici.

-         D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 (con successive modifiche e integrazioni) “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,  89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 99/38/CE riguardanti il  miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.

-         D.Lgs. n. 242 del 19.03.1996 – Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994, recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.

-         Circolare Ministero del Lavoro n. 89 del 27.06.1996 – Direzione generale dei rapporti di lavoro Divisione VII - D.Lgs. n. 242/1996, , contenente modificazioni ed integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994, in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. Direttive per l’applicazione.

-         D.P.R. n. 459 del 24.07.1996 – Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 81/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento degli stati membri relative alle macchine.

-         D.Lgs. n. 493 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sui luoghi di lavoro.

-         D.Lgs. n. 494 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e/o di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili.

-         Circolare n. 172 del 20.12.1996 – Ulteriori indicazioni in ordine di applicazione del D.Lgs. n. 626/1994, come modificato dal D.Lgs. n. 242/1996.

-         D.M.L. del 16.01.1997 – Individuazione dei contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro che possono svolgere direttamente i compiti propri del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.

-         D.Lgs. n. 359 del 04.08.1999 “Attuazione della Direttiva 95/63/CE, che modifica la Direttiva  89/394/CEE, relativa ai requisiti minimi di sicurezza e salute per l'uso di attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori”.

-         D.Lgs. n. 151 del 26.03.2001”Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità a norma della L. n. 53 del 8.3.2000”.

-         D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000 “Attuazione delle Direttive 97/42/CE e 99/38/CE, che modificano la Direttiva 90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”.


 

Tabella riassuntiva

VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE AL RUMORE

e relative misure di prevenzione ai sensi del D.Lgs. n. 277/1991.

Valori limite

Principali misure da attuare al superamento dei valori limite

Lep,d 80 dB(A)

-          Informare i lavoratori su:

-          rischi per l'udito derivanti  dall'esposizione al rumore;

-          le misure adottate in applicazione delle norme vigenti;

-          le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi;

-          la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso;

-          il significato ed il ruolo del controllo sanitario per mezzo del medico competente;

-          i risultati ed il significato della valutazione del rumore.

-          Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori interessati che ne facciano richiesta ed il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi.

-          Privilegiare all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore.

Lep,d 85 dB(A)

-          Formare i lavoratori su:

-          uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito;

-          uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzate in modo continuativo, producono un Lep,d pari o superiore a 85 dB(A);

-         Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori a due anni.

-         Corredare da un'adeguata informazione relativa al rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai rischi che questa comporta, i nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad essere utilizzati durante il lavoro che possono provocare ad un lavoratore che li utilizzi in modo appropriato e continuativo un'esposizione quotidiana personale al rumore pari o superiore al limite.

Lep,d 90 dB(A)

 

oppure

 

Pressione acustica istantanea non ponderata

140 dB

(200 Pa)

-          Esporre una segnaletica appropriata, perimetrare e limitare l’accesso ai luoghi di lavoro.

-          Fornire ai lavoratori i D.P.I per la protezione dell'udito.

-          Consultare i lavoratori per la scelta dei modelli dei D.P.I.

-          I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dB(A) sono tenuti ad utilizzare i D.P.I.

-          Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori ad un anno.

-          Adottare misure preventive e protettive per singoli lavoratori, in conformità al parere del medico competente, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative.

-          Tenuta del registro degli esposti.

-          Comunicare all'organo di vigilanza, informando i lavoratori, le misure tecniche ed organizzative applicate, qualora l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulti superiore ai limiti nonostante l'adozione delle misure preventive.


BIBLIOGRAFIA

 

-         C. R. Lerici, G. Lercker, Principi di tecnologie alimentari, ed. CLUEB Bologna, 1983.

 

-         Roberto Biagini, Ricerca sulla presenza del rischio infettivo per la salute dei lavoratori nell’industria conserviera, Tesi di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Firenze, A.A. 1988-89.

 

-         Panzone, Fedi, Melosi, Carrara, Innocenti “Analisi del fenomeno infortunistico in tre settori del comparto alimentare della Valdinievole (PT)”, Atti 58° congresso nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale, Bologna, 11-14/10/95.

 

-         Panzone, Carra, Melosi, Rappazzo, Innocenti “Movimenti ripetitivi degli arti superiori: risultati della valutazione dell’esposizione e dell’indagine clinica nel confezionamento di verdure in vasetto” - Medicina del Lavoro, 1996: 87.6: 640-645.

 

-         Documentazione disponibile presso la ASL di Pistoia, zona Valdinievole, medicina del lavoro, Villa Ankuri – Margine Coperta (PT).