CICLO PRODUTTIVO DEL COTTO AUTOMATIZZATO

 

CICLO PRODUTTIVO DEL COTTO MANUALE

 

DOCUMENTO COMPARTO

 

 

Il cotto dell'Impruneta è un pregiato tipo di laterizio utilizzato per il rivestimento di pavimenti e pareti sia all’interno che all’esterno degli edifici.

 

La produzione viene svolta nella Provincia di Firenze, principalmente nei Comuni di Impruneta e Greve in Chianti, ed in particolare nella frazione de "Il Ferrone" appartenente ad entrambi i territori dei due citati comuni, dove cave e fornaci sono documentate già nel Medio Evo e nel Rinascimento. Stabilimenti di produzione si trovano anche nei comuni limitrofi (Bagno a Ripoli, Tavarnelle V.P.).

La produzione del cotto ha avuto un veloce sviluppo negli anni '70; in soli sei anni (dal 1968 al 1974) sono sorti tre nuovi stabilimenti industriali che hanno consentito di triplicare la produzione e l’occupazione nel settore (circa 500 addetti). Nell'attuale fase si è avuta una contrazione della produzione e conseguentemente dell’occupazione (circa 400 addetti ). 

 

Il territorio in cui si svolge l'attività è il Chianti Fiorentino, caratterizzato da piccoli e medi centri abitati, posti all'interno di una zona agricola in cui primeggiano le colture della vite e dell'olivo con i relativi impianti di trasformazione.

 

La materia prima utilizzata è l'argilla tipica delle colline del Chianti (galestro). La cava della materia prima si trova generalmente adiacente all'impianto di produzione. L'analisi dei rischi connessi con tale attività di cava non è oggetto del presente lavoro.

 

La produzione del cotto si può schematicamente articolare in due distinte tipologie:

-         automatizzata (flow  chart 1),

-         fatto a mano (flow chart 2).

Il fatto a mano si differenzia sostanzialmente per la fase di formatura, ovviamente manuale, e per alcune fasi di movimentazione del materiale.

 

Produzione automatizzata  

 

La materia prima proveniente dalla cava è ammassata in depositi coperti che ne permettono la stagionatura. Successivamente il materiale viene alimentato, con l'uso di mezzi meccanici, alla linea di preparazione al fine di renderlo idoneo in granulometria ed umidità. L'argilla viene poi automaticamente ricoverata in silos e da qui avviata alla trafilatura e tagliatura per la produzione dei singoli manufatti.

I manufatti vengono caricati su appositi carrelli (generalmente in maniera automatica) per essere sottoposti all'essiccamento. I carrelli sono movimentati con sistemi di trascinamento automatici a terra o con carrelli elevatori per essere inseriti in essiccatoi continui o discontinui.

Dopo il trattamento termico il materiale essiccato viene scaricato dai carrelli in modo automatico ed alimentato alle macchine levigatrici o arrotatrici. La levigatura è una operazione di trattamento superficiale a secco nella quale mole, nastri abrasivi e spazzole metalliche hanno il compito di rettificare le dimensioni dei pezzi e di conferire al materiale un determinato aspetto tipico del prodotto commerciale.

Dopo la levigatura vengono preparati i carrelli per la cottura in forno; questa operazione è solo parzialmente automatizzata. I carrelli vengono alimentati generalmente a forni di tipo continuo.

Dopo il forno, il materiale cotto può essere sottoposto a due diversi trattamenti:

-         il primo è una ulteriore levigatura, questa volta ad umido, con lo scopo, di nuovo, di rettificare il materiale;

-         il secondo è la scelta di qualità del materiale.

In entrambi i casi il materiale viene confezionato in appositi pallets.

Infine il materiale viene sottoposto alla cosiddetta bagnatura, operazione nella quale i pallets sono immersi in apposite vasche di acqua, con lo scopo di aumentare la loro resistenza meccanica.

 

È da segnalare che gli impianti presenti sono stati realizzati generalmente prima dell'anno 1996 e pertanto solo raramente sono dotati di marcatura CE. 

 

Produzione manuale

 

Il cotto fatto a mano si differenzia dalla produzione automatizzata, come si ricordava in precedenza, per le operazioni di impastatura, di formatura e di caricamento manuale dei carrelli, oltre che per l'essiccazione e la cottura.

 

Danno rilevato

 

Gli infortuni registrati nel quinquennio 1994-1998 sono 235, con 3575 giornate perse a fronte di un numero di 3224067 ore lavorate.

 

Rischi trasversali

 

Nell'analisi del profilo di rischio sono stati in particolare approfonditi due problemi inerenti più fasi lavorative: la movimentazione manuale dei carichi e il microclima. Riguardo a questi specifici aspetti sono stati effettuati rilievi ambientali, accoppiati ad indagini strumentali e misurazione di indicatori biologici di esposizione.

Il tipo e la modalità dei rilevamenti ed i risultati ottenuti sono descritti di seguito.

 

 

"Movimentazione manuale dei carichi"

 

a) Fattori di rischio

 

Le operazioni di movimentazione manuale vengono effettuate sia nella produzione di tipo automatizzato che in quella manuale.

 

ü            Produzione automatizzata.

Costituisce la modalità largamente prevalente. Il materiale crudo uscito dalle filiere, appartenente ai formati standard della produzione, viene caricato in maniera automatizzata su appositi carrelli. Questi ultimi vengono trasferiti negli essiccatoi e, successivamente, alla fase di levigatura del crudo. Da questa vengono inviati ai forni da dove, dopo un'ulteriore levigatura, fluiscono verso l’area di scelta/confezionamento. Segue la fase di bagnatura ed infine lo stoccaggio in attesa della spedizione.

I singoli pezzi vengono movimentati utilizzando pinze pneumatiche (carico ® spostamento ad una fase successiva ® scarico), nastri e rulli trasportatori, ribaltatori.

I carrelli vengono spostati su binari tramite sistemi di trazione elettrica o meccanica. Il materiale di scarto accumulato in cassoni metallici e in pallets viene movimentato dai vari reparti d’origine (imballo, stoccaggio, spedizione) tramite carrelli elevatori di tipo prevalentemente elettrico.

In questo processo il rischio "movimentazione manuale dei carichi" è riscontrabile principalmente nelle mansioni di carico/scarico e colmatura/scolmatura dei carrelli, scelta e confezionamento (scampoli).

ü            Produzione manuale.

Presenta alcune peculiarità:

- è limitata, sia quantitativamente che qualitativamente, perché interessa solo alcuni tipi speciali di formato, ed in particolare il cosiddetto "cotto fatto a mano";

- è variabile nel tempo, in quanto prodotta prevalentemente su commissione, escludendo quindi la possibilità di una programmazione della produzione;

- non è sopprimibile, presumibilmente neanche in futuro, dal momento che sembrano improbabili investimenti significativi sul piano tecnologico volti a modificare una produzione che presenta le caratteristiche soprascritte;

- presenta delle differenze fra le varie aziende, legate al particolare tipo di lavorazione del prodotto finale.

In questa seconda modalità produttiva il rischio movimentazione manuale dei carichi è presente pressoché in tutte le fasi del ciclo tecnologico.

 

b) Il danno atteso

 

Sovraccarico biomeccanico del rachide, prevalente a livello delle porzioni lombare e cervicale, meno frequente a livello del tratto dorsale e di altri distretti extrarachidei dell’apparato locomotore (spalla, gomito, polso-mano, anca, ginocchio) dovuto in larga misura alla movimentazione manuale dei carichi e, secondariamente, all’adozione di posizioni di lavoro tendenzialmente fisse/protratte o alla effettuazione di movimenti ripetitivi degli arti superiori.

Anzitutto va premesso che tutte le sindromi che verranno citate in seguito sono da inserirsi nel vasto gruppo delle “work-related diseases”, vale a dire quelle affezioni a carattere multifattoriale nella cui genesi ed estrinsecazione l’attività di lavoro costituisce un agente causale non univoco, assumendo più spesso il ruolo di concausa. È da sottolineare, infatti, come l’attività lavorativa si intrecci con altri fattori di natura costituzionale, oppure legati alle abitudini di vita, a hobby, ecc., tutti in grado di incidere significativamente nell’innesco e nell’evoluzione dei singoli quadri morbosi.

Fra le affezioni del rachide correlabili con i rischi “movimentazione manuale dei carichi” e “posizioni di lavoro fisse e/o protratte”, senza dubbio quella di più frequente riscontro è la lombalgia, complicata o meno da sciatalgia o cruralgia, evidenti segni questi ultimi di sofferenza radicolare.

Le affezioni muscoloscheletriche del rachide cervicale e degli arti superiori, da ascrivere al rischio “movimenti ripetitivi e/o forzati degli arti superiori”, sono caratterizzate da ipostenia, difficoltà/disabilità nel compiere alcuni movimenti, dolore (a crisi o persistente) a carico di articolazioni, muscoli, tendini ed altre parti molli, associate o meno a lesioni organiche evidenziabili. Si possono verificare anche parestesie e disturbi neurovegetativi (tipo Raynaud, acrocianosi), interessanti di solito le dita, ma che possono coinvolgere la mano e irradiarsi lungo l’avambraccio.

Tra queste possiamo citare le tendiniti e le tenosinoviti, la sindrome del tunnel carpale, la sindrome del canale di Guyon, l’epicondilite, la tendinite della cuffia dei rotatori, la sindrome dell’egresso toracico, la sindrome da tensione cervico-brachiale.

Meno importanti in questo contesto risultano le affezioni che colpiscono altri distretti dell’apparato locomotore, come gonalgie e coxalgie, a volte isolate, ma più spesso associate alle manifestazioni sopradescritte.

 

c) Materiali e metodi

 

Al fine di valutare quantitativamente lo specifico rischio "movimentazione manuale dei carichi", è stato adottato il criterio NIOSH (1993, adattato alla normativa italiana), finalizzato a calcolare il massimo peso che può essere sollevato da un soggetto sano e addestrato senza incorrere in situazioni di sovraccarico biomeccanico.

Applicando tale procedura si può calcolare "l'indice di sollevamento", vale a dire il limite al di sotto del quale l'operazione in oggetto è ritenuta accettabile (£ 1.25), altrimenti si evidenzia una condizione di sovraccarico (e quindi di rischio) che è tanto maggiore quanto più elevato risulta il calcolo dell’indice (> 1.25).

Per applicare tale protocollo, è stato effettuato un doppio sopralluogo nelle varie aziende incluse nello studio (che schematicamente indicheremo con i numeri da 1 a 4). Il primo contatto aveva l’intento di approfondire la conoscenza dell’intero ciclo tecnologico e selezionare le mansioni considerate a maggior rischio ai nostri fini.

Successivamente, gli operatori addetti alle mansioni prescelte sono stati sottoposti a ripresa con videocamera e, contemporaneamente, sono stati scrupolosamente misurati tutti i livelli necessari per calcolare l’indice NIOSH (altezza da terra del carico prima del sollevamento, distanza verticale del sollevamento, dislocazione angolare del peso, ecc.).

La ripresa video ha permesso di analizzare al meglio le varie mansioni prescelte scomponendole nei movimenti elementari, ed ha consentito inoltre di valutare con maggiore attenzione alcuni particolari sfuggiti alla visione diretta.

I risultati ottenuti sono mostrati nella Tab.1.

 

AZIENDA

MANSIONE

INDICE DI SOLLEVAMENTO (*)

 

 

 

1

 

Scarico linea rusticatura del "cotto fatto a mano"

Carico dei carri

Carico dei carrelli per la cottura

 

 

 

Carico finitura

< 1

 

1.3 - 1.2

(varia sec. Il livello di mov. verticale del manufatto)

 

< 1

 

 

2

Carico del "cotto fatto a mano" su scaffalatura metallica per la cottura

 

 

Scolmatura del formato "cotto fatto a mano"

< 1 costantemente; per i due formati di dimensioni maggiori il calcolo dell'indice è risultato essere di 4.05 e 6.8

 

< 1

 

3

Colmatura del carrello con il crudo "fatto a mano"

 

Scarico del carrello del "fatto a mano"

2.2

 

1

 

4

Colmatura del carrello con il crudo "fatto a mano"

 

Scarico del carrello del "fatto a mano"

1.8

 

3.3

 

Tabella 1- * = per il calcolo dell'Indice di sollevamento sono state seguite le indicazioni contenute nelle Linee Giuda del Coordinamento delle Regioni. P.S. operazioni di colmatura/scolmatura: la colmatura consiste nella collocazione di formati "fatti a mano" sopra quelli prodotti dalle linee automatizzate, entrambi posti su appositi carrelli che vengono inviati ai forni per la cottura; la scolmatura è l'operazione inversa.

 

d) Risultati

 

Il calcolo metodico dell'Indice di Sollevamento permette di individuare tre fasce di rischio e quindi di delineare conseguenti comportamenti in funzione preventiva:

1) l’indice sintetico di rischio è £ 1,25 ® situazione border-line. Una quota della popolazione (stimabile fra l’1% e il 10% di ciascun sottogruppo di sesso ed età) può essere non protetta e pertanto sono opportuni degli interventi anche senza il carattere dell’immediatezza.

Come evidente nella tab.1, la maggior parte delle mansioni esaminate sono comprese in questa fascia di rischio. In pratica in questi casi viene attivata la sorveglianza sanitaria e la formazione del personale addetto. È in ogni caso auspicabile cercare di ridurre ulteriormente il rischio con interventi di carattere strutturale ed organizzativo;

2) l’indice sintetico di rischio è >di 1,25 ® la situazione può comportare un rischio per quote crescenti di popolazione e pertanto richiede un intervento di prevenzione primaria, da attuare con immediatezza qualora l’indice sia superiore a 3.

In questa fascia di rischio si sono collocate 2 mansioni, colmatura e scarico del carrello del cotto "fatto a mano", con indice di rischio rispettivamente di 2.2 (1.8 in un'altra azienda) e 3.3. Si fa notare che nelle due circostanze in cui il calcolo dell'indice ha evidenziato la presenza di un rischio molto alto (4.05 e 6.8 per il carico del cotto "fatto a mano" dell’azienda 2), in realtà erano riscontrabili grossolani errori procedurali, in quanto il lavoratore movimentava insieme 4-5 pezzi di grande formato. Appare chiaro che, in casi come questi, è sufficiente ridurre il numero dei pezzi per riportare l’indice di rischio a livelli accettabili.

 

In tali evenienze comunque, oltre alla sorveglianza sanitaria e alla formazione degli addetti, andranno individuate specifiche strategie mirate al contenimento del rischio.

Si potrà ricorrere, secondo possibilità ed opportunità da valutare volta per volta, a soluzioni di tipo strutturale (diminuzione del peso trasportato, miglioramento della capacità di presa, riduzione del dislivello nella movimentazione verticale e/o della dislocazione angolare, miglioramento delle zone e dei percorsi dove avviene la movimentazione, ausiliazione, ecc.) oppure a soluzioni organizzative (far compiere la movimentazione da più operatori, diminuzione della frequenza degli atti, rotazione e condivisione del carico di lavoro tra un numero maggiore di addetti, ecc.).

E’ infine importante, al termine di ogni modifica introdotta, ricalcolare l’indice di rischio, in maniera da valutare quantitativamente i benefici ottenuti.

 

"Microclima"

 

a) Fattori di rischio

 

Rischi derivanti dalla lavorazione:

in periodo estivo, per gli addetti agli essiccatoi e ai forni discontinui; in periodo invernale, esposizione a basse temperature per gli addetti che operano in piazzali esterni.

 

b) Il danno atteso

 

Disidratazione, squilibri idro-elettrolitici, iperpiressia, colpo di calore, shock, sovraccarico dell’apparato cardio-vascolare (per esposizione ad alte temperature), fenomeno di Raynaud, eritema pernio, acrocianosi, sovraccarico dell’apparato cardio-vascolare (per esposizione a basse temperature).

 

c) Materiali e metodi

 

L'analisi del rischio “microclima” è stata eseguita adottando il seguente protocollo:

1)        misurazione di indici microclimatici sintetici (per le definizioni e la chiave di lettura di questi si rimanda all'appendice A).

Ai fini della valutazione dello stress calorico o meno nel comparto del cotto, le misure all'interno delle fabbriche campione sono state effettuate d'estate e durante le ore più calde del giorno. Le condizioni atmosferiche esterne risultano, così, enfatizzate e gli impianti di condizionamento, se installati, sono in piena attività. Non influisce sul risultato delle misure dei parametri ambientali la presenza o meno del personale, dato che le apparecchiature con cui sono state effettuate le misurazioni sono estremamente sofisticate e sono state tarate in funzione del numero di persone presenti nei locali dove dette apparecchiature sono state posizionate.

 

La misurazione dei parametri ambientali è stata effettuata con la seguente strumentazione:

·      analizzatore climatico BRUEL & KJAER mod. 1213 dotato delle sonde atte a misurare:

-       la temperatura dell'aria (Ta);

-       la velocità dell'aria (va);

-       l'umidità dell'aria (U) sia relativa che assoluta;

-       la temperatura radiante (Tr);

·      globotermometro (Tg);

·      termometro per la misura della temperatura di bulbo umido a ventilazione naturale (Twn).

 

Tutti i dispositivi utilizzati per la misura delle grandezze fisiche rispondono ai requisiti richiesti, riportati nella norma UNI EN 27726/93.

 

La strumentazione è stata collocata, nelle varie postazioni, ad un'altezza di 110 cm rispetto al suolo, ad esclusione di una postazione in cui gli operatori lavorano su dei muletti; in tal caso la strumentazione è stata posta a circa 200 cm di altezza rispetto al suolo. Le misure delle varie grandezze sono state registrate ad intervalli regolari di 3 minuti, per una durata complessiva di un'ora e mezza in ogni postazione scelta.

 

In totale sono state effettuate misure dei parametri microclimatici in otto postazioni, quelle giudicate più critiche da un punto di vista della valutazione dello stress termico (postazione vicino alle celle di essiccazione; postazioni vicine ai muri perimetrali delle fabbriche, maggiormente influenzate dalle condizioni climatiche esterne; ecc….);

 

2)        calcolo delle variazioni della frequenza cardiaca indotte dall’esposizione alla fatica fisica e al calore (forni, essiccatoi), mediante applicazione di Holter E.C.G. in misurazione continua per 24 ore (partendo dall’inizio turno della mattina);

 

3)        calcolo del bilancio idrico, determinato con accurata misurazione del peso corporeo del soggetto ad inizio e fine turno mediante una bilancia elettronica (bilancia pesa persone elettronica Tefal - portata min 10 kg, portata max 130/160 kg, precisione 0.5%). Dalla valutazione sono state dedotte le variazioni legate alle assunzioni (misurando gli introiti netti di tutti i liquidi o alimenti assunti mediante bilancia per alimenti Laica - portata kg 1, precisione 5 gr) e le perdite (ricorrendo alla pesatura del soggetto, completamente svestito ad eccezione degli indumenti intimi, all’ingresso e all’uscita dei servizi igienici). In tal modo le variazioni del bilancio idrico misurate possono correlarsi all’entità della sudorazione e delle perdite evaporatorie avvenute durante il turno di lavoro;

 

4)        misurazione della temperatura corporea, mediante applicazione di termometro auricolare elettronico a rilevazione istantanea (termometro auricolare First Temperature Genius - Sherwood Medical). Questa operazione è stata effettuata ad inizio turno e ripetuta fino a fine turno ad intervalli non superiori a 60 minuti.

 

d) Risultati

 

Per qunato riguarda le misure dei parametri microclimatici, le misure sono state effettuate nei giorni 26, 27 Agosto e 2, 6, 23, 27, 30 Settembre 1999, giornate scelte perché particolarmente critiche da un punto di vista delle condizioni ambientali esterne, che, come già detto, possono influenzare le condizioni microclimatiche interne alle fabbriche.

Le varie misurazioni, specie quelle previste in luoghi a condizioni ambientali più critiche, sono state effettuate durante le ore più calde del giorno, ossia nell'arco di tempo compreso tra le 13:00 e le 16:30.

Nella seguente tabella sono riportate le medie dei vari parametri ambientali misurati nelle varie postazioni:

 

 

Postazione

Ta (°C)

va (m/s)

U (%)

U (Pa)

Tr (°C)

Tg (°C)

Twn (°C)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1

Carico carrelli crudo(1)

28.98

28.62

0.31

0.31

55.06

22.83

2210.56

896.38

31.12

31.13

30.00

29.81

23.68

18.51

2

Sams(1)

30.21

29.77

0.20

0.20

51.24

23.48

2197.14

983.71

30.00

29.14

30.11

29.47

23.60

20.30

3

Mattoniera

33.40

0.25

33.08

1694.55

33.17

33.29

22.53

4

Carico carrelli crudo

34.28

0.28

29.83

1620.00

34.72

34.50

24.97

5

Cotto fatto a mano

25.87

0.16

56.59

1888.89

26.98

26.50

21.46

6

Trasporto carrelli negli essiccatoi

29.04

1.00

39.93

1602.33

34.51

32.69

21.58

7

Cotto fatto a mano

30.38

0.18

37.63

1630.00

32.07

31.33

21.45

8

Smalteria

31.00

0.10

33.67

1510.00

31.28

31.18

21.09

 

Tabella 2-Tabella riepilogativa misure parametri ambientali. (1) La riga in alto ed in basso corrispondono a misure effettuate in giorni diversi.

 

Nella tabella successiva sono riportati i valori dell'indice WBGT (cfr. appendice A, formula (A.2)) e degli indici di Fanger per le varie postazioni in cui sono stati misurati i parametri ambientali. Nella tabella 3 sono anche riportati i valori della resistenza termica del vestiario (Icl), valutata secondo gli schemi riportati nella norma ISO 7933, il valore dell'energia metabolica (M) valutata secondo la norma UNI EN 28996/96, oltre che la durata percentuale del lavoro rispetto all'intero turno lavorativo e il tipo di lavoro, tutti ottenuti analizzando i filmati relativi al lavoro svolto dai vari operatori.

 

Come si può osservare nella, i valori dell'indice WBGT risultano sempre al di sotto dei valori limite consigliati (confronta con i valori riportati in appendice A, tab. A.3).

Questo dato è confortato anche dall'analisi della velocità di sudorazione richiesta (non riportata in tabella) per cui si verifica che, complessivamente non vengono mai raggiunti i livelli di allarme o pericolo. Risulta però che se alcune mansioni dovessero protrarsi per un tempo considerevolmente maggiore di quello riscontrato nel periodo di osservazione, per esse si potrebbe raggiungere un livello di allarme.

 

 

Postazione

Icl (clo)

M (W/m2)

durata lavoro

tipo lavoro

WBGT (°C)

PMV

PPD

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1

Carico carrelli crudo(1)

0.5

0.5

105.6

105.6

50%

leggero

25.6 

21.9

1.7

1.5

62%

53%

2

Sams(1)

0.5

0.5

106.0

106.0

70%

leggero

23.6

23.0

1.9

1.6

73%

56%

3

Mattoniera

0.5

85.9

36%

leggero

25.8

2.3

89%

4

Carico carrelli crudo

0.5

96.2

40%

leggero

27.8

2.7

96%

5

Cotto fatto a mano

0.7

154.6

79%

moderato-

pesante

23.0

2.0

75%

6

Trasporto carrelli negli essiccatoi

0.8

24.1

15%

Leggero

24.9

2.0

75%

7

Cotto fatto a mano

0.5

136.7

80%

moderato-

pesante

24.4

2.5

94%

8

Smalteria

0.5

89.5

34%

leggero

24.1

1.8

66%

 

Tabella 3-Tabella riepilogativa dei valori degli indici di Fanger e del WBGT. (1) La riga in alto ed in basso corrispondono a misure effettuate in giorni diversi.

 

Come si può osservare nella tabella 3, nonostante i valori dell'indice WBGT siano al di sotto dei valori limite consigliati, la percentuale di insoddisfatti è sempre superiore al 50% con punte del 96%: si può dunque dedurre che non si è mai in presenza di stress calorico, ma bensì in una situazione di discomfort.

 

Per quanto riguarda le misure di cui al punto 2), 3) e 4) del paragrafo precedente i risultati ottenuti sono esposti in tabella 4.

La frequenza cardiaca media extralavorativa (calcolata su una media di 4 ore consecutive di registrazione che ha coperto lo stesso intervallo per tutti i lavoratori sottoposti allo studio - dalle ore 17 alle ore 21-) presenta un valore medio di 82.9 b/m, con dev. standard 8.1.

La frequenza cardiaca media calcolata durante il turno di lavoro (anch’essa per una durata di 4 ore consecutive) risulta essere di 90.3 b/m con dev. standard di 6.7.

Tali risultati sono in accordo con i valori limite indicati da Kamon (72), che individua in 30 b/m il valore limite di incremento della frequenza cardiaca media nel passaggio da una situazione di riposo ad una di rischio microclimatico.

La misurazione della temperatura auricolare, correlabile con la temperatura centrale, ha dimostrato un incremento medio inferiore al livello di attenzione di 0.8 °C stabilito dalla norma ISO/DIS 7933.

Infine anche le perdite di peso corporeo, indicative del debito sudorale ed evaporatorio maturate durante il turno lavorativo, in tutte le misurazioni sono contenute al di sotto del limite di 600 g/h indicato dall’INRS (97).

 

Soggetti/mansione

Freq. media cardiaca al lavoro (battiti/min)

Freq. media cardiaca extralavorativa (battiti/min)

Differenza tra frequenze medie al lavoro ed a riposo (battiti/min)

Temperatura corporea (°C) (variaz. I/F)

Perdite evaporative medie (g/h)

Soggetto 1

add. carico forni e arrotatura

 

*

 

*

 

 

+ 0.7

 

466

Soggetto 2

add. carico forni e arrotatura

 

*

 

*

 

 

+ 0.5

 

549

Soggetto 3

add. essiccazione

98.2

89.5

+ 8.7

+ 0.2

253

Soggetto 4

add. mattoniera

104.6

84.5

+ 20.1

+ 0.9

310

Soggetto 5

add. carico forni

*

*

 

+ 0.2

121

Soggetto 6

add. carico forni

80.2

83.2

- 3

+ 0.1

130

Soggetto 7

add. carico forni

92.8

89

+ 3.8

+ 0.1

78

Soggetto 8

Cotto "fatto a mano"

67.6

69

- 1.4

+ 0.3

83

Soggetto 9

add. carico forni ed essiccatoi

 

78.2

 

68.5

 

+ 9.7

 

- 0.3

 

187

Soggetto 10

add. carico forni ed essiccatoi

 

*

 

*

 

 

- 0.5

 

187

Soggetto 11

Cotto "fatto a mano"

114.2

92.2

+ 22

0

300

Soggetto 12

c. p. smalteria

89

92.2

- 3.2

+ 0.3

262

Soggetto 13

Cotto

88.6

78

+ 10.6

+ 0.3

216

Media totale

90.3

82.9

+ 7.4

+ 0.21

 

Dev. standard

6.78

8.13

1.34

0.28

 

 

Tabella 4-Tabella riepilogativa risultati. * = casi in cui non è stato possibile calcolare la frequenza cardiaca (2 per rifiuto dei lavoratori dall'applicazione dell'Holter cardiaco, 2 per problemi tecnici durante la registrazione).

 

 

APPENDICE A

MICROCLIMA

A.1) Premessa

 

Fra i diversi fattori che incidono sulla qualità degli ambienti di vita e di lavoro, il microclima, ovvero il complesso dei parametri ambientali che condizionano lo scambio termico soggetto-ambiente, riveste un’importanza determinante. Infatti il conseguimento del benessere termico, cioè lo stato di piena soddisfazione nei confronti dell’ambiente stesso, costituisce per l’uomo una condizione indispensabile e prioritaria per il raggiungimento del benessere.

 

Il corpo umano, per le sue caratteristiche termiche, può essere paragonato ad una macchina termica alimentata da combustibili sotto forma di alimenti che vengono trasformati parte in lavoro (10-20%) e parte in calore (80-90%). Ne consegue che l’uomo, che deve mantenere costante attorno a 37 °C la sua temperatura interna, cioè quella degli organi più importanti (sistema nervoso centrale, cuore polmoni, visceri, ecc.), deve essere in grado di dissipare nell’ambiente il calore metabolico prodotto in eccesso.

La dissipazione di questo calore avviene attraverso scambi termici tra uomo ed ambiente (bilancio termico) secondo diverse modalità, sia fisiche (convezione, conduzione, irraggiamento), che fisiologiche (produzione ed evaporazione del sudore).

La situazione termica di un organismo può essere razionalmente analizzata nel seguente modo:

·      considerandolo come un sistema termico interessato da flussi di energia che entrano ed escono attraverso la superficie e da generazione di energia al suo interno; quando l’effetto complessivo di tali flussi non è nullo si osserverà un aumento o una diminuzione del contenuto termico del sistema;

·      mediante la sua equazione di bilancio termico (BT) che, nella sua forma semplificata, viene espressa nel seguente modo (tutte le grandezze sono espresse in W/m2):

 

BT = M + C + R - E                                                   (A.1)

 

dove:

M è il calore metabolico prodotto dall’organismo. Esso può essere distinto in due componenti: metabolismo basale e dispendio energetico associato alla specifica attività lavorativa;

C è la quantità di calore scambiata per convezione;

R è la quantità di calore scambiata per irraggiamento;

E è la quantità di calore dissipata attraverso l’evaporazione del sudore.

Il calore metabolico M è sempre e soltanto positivo, quello di evaporazione E sempre negativo, mentre il calore di convezione C e di irraggiamento R possono essere alternativamente di segno + o – a seconda che gli scambi termici siano rispettivamente diretti dall’ambiente all’uomo o viceversa.

Generalmente, se la superficie di contatto con oggetti solidi è piccola, la quantità di calore scambiata per conduzione si può considerare trascurabile.

 

Quando il bilancio termico è uguale a zero (BT=0) si ha la condizione ideale di omeotermia, ovvero l’equilibrio termico; se il bilancio termico supera lo zero (BT>0) la temperatura corporea aumenta; se il bilancio termico è inferiore allo zero (BT<0) la temperatura corporea diminuisce.

Quando l’equilibrio termico viene mantenuto con un minimo sforzo da parte dei sistemi di termoregolazione, le corrispondenti condizioni microclimatiche possono essere definite di benessere; se invece l’equilibrio viene mantenuto con sforzo da parte dei meccanismi di termoregolazione (ad esempio notevole produzione di sudore) si potrà parlare di condizioni microclimatiche di equilibrio ma non di benessere; se infine l’equilibrio termico, nonostante il massimo sforzo da parte dei meccanismi di termoregolazione, non viene mantenuto, si parlerà di condizioni microclimatiche di disequilibrio.

 

Nella formulazione del bilancio termico intervengono numerosi parametri che possono essere, a grandi linee, suddivisi in due gruppi: il primo gruppo comprende i fattori oggettivi ambientali (che vengono misurati con opportuna strumentazione) quali temperatura, umidità, temperatura radiante media, velocità dell’aria; al secondo gruppo appartengono fattori strettamente legati all’individuo, quali calore di origine metabolica, dimensione corporea, abbigliamento (che viene simulato), capacità sudorativa fissa, temperatura cutanea e corrispondente tensione parziale di vapore acqueo, ben precisa e costante.

 

A.2) Gli ambienti termici

 

Convenzionalmente gli ambienti termici vengono distinti in:

·                  ambienti caldi;

·                  ambienti moderati;

·                  ambienti freddi.

Tale distinzione è fondamentalmente concettuale e finalizzata alla utilizzazione delle modalità di analisi e di valutazione appropriate al tipo di situazione in quanto a questi tre tipi di ambiente vengono applicati metodi di analisi e criteri di valutazione distinti.

 

In questo lavoro ci siamo occupati in prevalenza dello studio degli ambienti caldi e moderati per cui, nel seguito, faremo riferimento solo ad essi.

 

La misura isolata delle diverse variabili ambientali (temperatura, umidità, temperatura radiante, velocità dell'aria) è infatti generalmente insufficiente a quantificare in precisi termini fisici gli scambi termici uomo-ambiente e quindi a determinare le caratteristiche complessive di un ambiente termico. Spesso pertanto si ricorre alla utilizzazione di indici microclimatici sintetici, i quali tendono a ricondurre la valutazione di un determinato ambiente, alla verifica del valore assunto da una grandezza - indice (di disagio o stress termico) - rispetto a valori di riferimento.

I criteri basati sull'uso di indici sintetici permettono la valutazione dell'ambiente evitando la considerazione analitica delle numerose grandezze che determinano il microclima: l'indice infatti si sostituisce a queste e ne sintetizza l'effetto sull'organismo umano portando ad una semplificazione delle procedure di valutazione estremamente vantaggiosa sul piano applicativo.

A causa dell'impossibilità di formulare un solo indice in grado di soddisfare simultaneamente esigenze, condizioni e parametri differenti tra loro, gli indici messi a punto, più o meno semplici, sono diversi.

Tali indici sono il risultato di un differente approccio all'analisi del problema e, dunque, non sempre possono sostituirsi l'uno all'altro, ma è utile integrarli tra loro per formulare un giudizio globale.

 

A.2.1) Criteri di valutazione per ambienti caldi

 

Gli ambienti caldi sono caratterizzati da un notevole intervento del sistema di termoregolazione umano al fine di evitare l’accumulo di calore nel corpo. L'azione termoregolatrice si esplica primariamente sul piano fisiologico mediante i meccanismi di dilatazione dei vasi sanguigni cutanei (vasodilatazione con aumento della temperatura della cute) e di sudorazione. Tuttavia in determinate condizioni questi meccanismi non riescono a mantenere le condizioni di omeotermia dell'organismo, la cui temperatura, in conseguenza di ciò, aumenta anche al livello del nucleo (visceri, cervello,….).

 

Nei luoghi di lavoro, gli ambienti caldi sono caratterizzati da:

· valori elevati di temperatura in relazione all’attività svolta ed al vestiario indossato dagli operatori;

· possibili alti valori di umidità relativa dell’aria e quindi, a parità di scambio termico, una considerevole sudorazione.

 

La valutazione degli ambienti caldi viene effettuata con riferimento agli effetti acuti sull'individuo ed in particolare al livello di sollecitazione del sistema di termoregolazione, di norma assumendo come limite quello che comporta un moderato aumento della temperatura del nucleo corporeo (indicativamente 1 °C).

I diversi criteri per la valutazione dello stress termico in ambienti caldi si basano generalmente sull'elaborazione dei seguenti indici:

 

·          WET BULB GLOBE TEMPERATURE (WBGT in °C)

Oggetto della norma UNI EN 27243/96, l'indice WBGT è applicabile in ambienti termici caldi.

Il suo obiettivo è il monitoraggio dello stress termico cui sono sottoposti la maggior parte degli individui operanti in ambiente caldo, che siano in buono stato di salute ed adatti all'attività svolta. Ciò viene perseguito considerando accettabili solo quelle condizioni ambientali che si ritiene non provochino, alla maggior parte dei lavoratori acclimatati, completamente vestiti e con una adeguata assunzione di acqua e di sale, aumento della temperatura del nucleo corporeo oltre i 38 °C.

Il WBGT è un indice empirico che non tiene conto esplicitamente delle grandezze fisiche ambientali "fondamentali" (temperature dell'aria Ta in °C, temperatura media radiante  in °C, pressione parziale di vapore pa in KPa, velocità dell'aria va in m/s), ma il cui calcolo si basa su grandezze "derivate", determinate da quelle fondamentali tramite le diverse sonde utilizzate.

 

L'equazione da utilizzare per ambienti interni o esterni non irradiati con luce solare diretta è:

 

WBGT = 0.7 Tnw + 0.3 Tg                                        (A.2)

 

dove Tnw è la temperatura di bulbo umido a ventilazione naturale e Tg quella di globotermometro, ambedue espresse in °C.

Secondo L'ACGIH i valori limite (espressi in °C) dell'indice WBGT sono i seguenti:

 

lavoro/riposo

Carico di lavoro

Leggero

Moderato

Pesante

Lavoro continuo

30.0

26.7

25.0

75% lavoro, 25% riposo

30.6

28.9

25.9

50% lavoro, 50% riposo

31.4

29.4

27.9

25% lavoro, 75% riposo

32.2

31.1

30.0

Tabella A.1-Fonte: giornale degli igienisti industriali - valori limite di soglia ACGIH 1990/91.

 

·          METODO DELLA SUDORAZIONE RICHIESTA

Oggetto della norma ISO 7933 è la determinazione analitica e l'interpretazione dello stress termico basata sul calcolo della velocità di sudorazione richiesta: essa permette una previsione degli effetti fisiologici di un lavoro svolto al caldo e la razionale determinazione delle azioni da intraprendere per prevenire o limitare tali effetti. Il criterio si basa sulla determinazione e sulla verifica di accettabilità della potenza termica che il soggetto, operante in ambiente caldo, deve cedere all'ambiente stesso attraverso il meccanismo di sudorazione al fine di mantenere l'omeotermia.

Il calcolo della velocità di sudorazione richiesta utilizza le seguenti grandezze:

1)        velocità di evaporazione richiesta (Ereq, in W/m2) definita come la velocità di sudorazione richiesta per il mantenimento dell'omeotermia;

2)        velocità di evaporazione massima realizzabile (Emax, in W/m2) che è quella che si può ottenere nell'ipotetico caso di pelle completamente bagnata;

3)        il tasso di umidità cutanea richiesto(wreq, adimensionale), che esprime il rapporto fra area della cute che è necessario sia ricoperta da sudore per conseguire l'omeotermia ed area cutanea totale; è convenzionalmente assunta pari al rapporto tra la velocità di evaporazione richiesta e la velocità di evaporazione massima realizzabile;

4)        efficienza evaporativa della sudorazione (rreq, adimensionale), che traduce il fatto che una parte del sudore prodotto abbandona, per gocciolamento, la cute senza evaporare e quindi non contribuisce alla cessione di calore da parte dell'organismo; è definito come rapporto tra il sudore evaporato e quello secreto dall'organismo.

 

La velocità di sudorazione richiesta (SWreq) esprime la quantità di sudore che deve essere prodotta per realizzare il valore richiesto di evaporazione (per la cui espressione matematica si rimanda alla norma ISO 7933); può essere espressa in termini di portata in massa di sudore o di flusso termico ad essa corrispondente (la velocità di sudorazione in W/m2 rappresenta l'equivalente in calore della velocità di sudorazione espressa in grammi di sudore per metro quadro di superficie cutanea e per ora. 1 W/m2 corrisponde ad un flusso di 1.47 g/(m2 h), e per un soggetto standard, ovvero con superficie corporea pari a 1.8 m2, corrisponde un flusso di circa 2.6 g/h).

È necessario inoltre definire la quantità giornaliera di sudore richiesta (Dreq) pari alla quantità complessiva di sudore che il soggetto deve produrre nella giornata lavorativa; è correlata quindi alle durate dell'esposizione e alle portate sudorali che devono essere messe in atto nelle varie fasi della giornata di lavoro.

 

La valutazione della situazione ai fini del monitoraggio dello stress termico, viene poi effettuata per confronto dei valori richiesti di frazione di area bagnata, di portata e quantità giornaliera di sudore con i corrispondenti valori limite distinti sulla base dell'acclimatamento o meno del soggetto e della scelta di una soglia limite di allarme o di pericolo.

La soglia di allarme viene definita come quella condizione limite di esposizione al di sotto della quale nessun soggetto sano e fisicamente adatto all'attività svolta corre rischio di stress termico tale da deteriorare il suo stato di salute. La soglia di pericolo tutela invece la maggior parte dei soggetti esposti, non essendo escluso che alcuni di questi corrano tale rischio.

 

Nell'ipotesi che i valori richiesti siano superiori ai valori limite e come tali non siano realizzabili, al fine di consentire un aumento della temperatura del nucleo del soggetto al massimo di 1 °C, viene ridotta la durata di esposizione ammessa.

 

 

 

Soggetto non acclimatato

Soggetto acclimatato

allarme

pericolo

allarme

pericolo

Velocità di sudorazione massima SWmax (g/h)

 

Per individuo a riposo

260

390

520

780

Per individuo operante

520

650

780

1040

Quantità di sudore massima Dmax (g)

2600

3250

3900

5200

Tabella A.2-Fonte: ISO 7933.

 

A.2.2) Criteri di valutazione per ambienti moderati

 

Gli ambienti moderati sono individuati innanzitutto dal fatto che impongono un "modico" grado di intervento al sistema di termoregolazione e quindi vi può risultare facilmente realizzata la condizione di omeotermia del soggetto. La valutazione di tali ambienti viene realizzata con riferimento al livello di benessere o disagio termico provocato agli occupanti.

Più precisamente, il benessere (o comfort termico) è definito come "quella condizione mentale in cui viene espressa soddisfazione per l'ambiente termico" e sul piano tecnico viene ad essere frequentemente identificato con la neutralità termica, cioè con quello stato in cui il soggetto non esprime preferenza né per un ambiente più caldo né per uno più freddo di quello reale.

In realtà, non è sempre possibile identificare completamente benessere e neutralità termici e risulta talvolta opportuno associare all'uso degli indici sintetici di valutazione dell'ambiente, delle ulteriori verifiche mirate ad individuare altri fattori di disagio che non rientrano però nella formulazione degli indici stessi.

La funzione di un indice di benessere è quella di valutare la sensazione termica avvertita nell'ambiente in esame, ovvero il grado di soddisfazione soggettivo.

 

La sensazione termica è determinata prevalentemente da sei variabili:

·        livello di attività fisica;

·        resistenza termica del vestiario;

·        temperatura radiante media;

·        temperatura dell'aria;

·        umidità relativa;

·        velocità dell'aria.

 

Altri fattori possono comunque influenzare la sensazione termica: ad esempio la struttura fisica individuale o le ultime situazioni termiche subite.

Per ridurre l'influenza di tali fattori soggettivi è stato valutato il comportamento e la sensazione termica media di un vasto gruppo di persone in condizioni stabili.

A tale scopo, dall'integrazione dei vari parametri del microclima, sono stati elaborati degli indici a loro volta correlati con l'impressione soggettiva di benessere o disagio termico. Tra gli indici elaborati ci sono:

 

·          GLI INDICI DI FANGER (PMV - PPD)

Questi due indici, strettamente correlati tra loro, consentono di valutare le condizioni microclimatiche di un ambiente di lavoro in funzione del giudizio (caldo, freddo, confortevole) espresso dai soggetti in esame e del loro eventuale disagio termico.

Se il complesso di fattori:

 

1)      resistenza termica del vestiario,

2)      attività fisica svolta,

3)      parametri ambientali oggettivi,

 

è tale da soddisfare l'equazione del bilancio termico (BT=0) per una popolazione numerosa di soggetti, è ragionevole attendersi che mediamente i soggetti stessi esprimano una valutazione di piena accettazione nei confronti dell'ambiente termico.

In caso contrario nascerà un'insoddisfazione che potrà essere apprezzata qualitativamente, ad esempio, mediante una scala di sensazioni.

 

VOTO MEDIO PREVISTO (PMV)

Questo indice rappresenta il valore medio dei voti di un ampio campione di persone residenti nel medesimo ambiente, le quali esprimono la propria sensazione termica soggettiva attraverso una scala psicofisica comprendente sette voci:

 

            +3 = molto caldo

            +2 = caldo

            +1 = leggermente caldo

0        =  neutro

-1 = leggermente fresco

-2 = fresco

-3 = freddo

 

Va ricordato che, secondo Fanger, la sensazione termica è proporzionale alla variazione di metabolismo (calore prodotto dal corpo in relazione all'attività fisica svolta) necessaria per soddisfare il bilancio termico quando le altre variabili rimangono costanti.

 

PERCENTUALE PREVISTA DI INSODDISFATTI (PPD)

Individuato il valore medio della sensazione termica espressa dalla popolazione di soggetti nei confronti dell'ambiente (PMV), Fanger ha correlato tale valore numerico al grado di insoddisfazione dei soggetti stessi individuando la percentuale di presumibili soggetti insoddisfatti associata ad ogni valore dell'indice PMV compreso tra +3 e -3.

Viene definito "soggetto insoddisfatto" quello che, nell'ambiente in esame si dichiarerebbe decisamente insoddisfatto, ossia voterebbe -3, -2 oppure +2, +3.

 

La correlazione tra l'indice PMV e PPD è stata elaborata sulla base di ricerche sperimentali che hanno coinvolto complessivamente 1300 soggetti indossanti abiti leggeri ed esposti per tre ore consecutive negli ambienti climatizzati in prova ed è rappresentata nella seguente tabella:

 

PMV

PPD

sensazione di freddo

Sensazione di caldo

totale insoddisfatti

-2.0

76.4%

-

76.4%

-1.0

26.8%

-

26.8%

-0.5

9.9%

0.4%

10.3%

-0.1

3.4%

1.8%

5.2%

0

2.5%

2.5%

5.0%

0.1

1.8%

2.4%

5.2%

0.5

0.4%

9.8%

10.2%

1.0

-

26.4%

26.4%

2.0

-

75.7%

75.7%

Tabella A.3-Correlazione tra gli indici PMV e PPD.

 

Dall'esame di tali ricerche è risultato che:

·        anche in corrispondenza del valore medio (PMV = 0) esiste comunque una percentuale di insoddisfatti pari al 5%;

·        la percentuale di insoddisfatti cresce rapidamente man mano che il valore dell'indice PMV si discosta da zero.

 

La norma UNI EN ISO 7730/97, tenendo conto che il mantenimento di un valore di PMV = 0 in permanenza nei diversi punti di un ambiente è un livello difficilmente raggiungibile sul piano tecnico, propone come obiettivo concreto la verifica che i valori dell'indice si trovino nell'intervallo tra

 

PMV = -0.5 e PMV = +0.5 .                                    (A.3)

 

Tale requisito, insieme al controllo dei fattori di disagio termico, dovrebbe consentire il raggiungimento di un valore PPD entro il 10% e il contenimento della percentuale reale di insoddisfatti al di sotto del 20%.

 

Nella pratica, gli indici PMV e PPD vengono calcolati a seguito di misure dei parametri fisici ambientali, tenendo in conto l'attività fisica svolta dagli operatori nonché il loro vestiario abituale.

 

 

DOCUMENTO FASE/FATTORE DI RISCHIO

 

FASE 1

 

Capitolo 1 - “Deposito, preparazione argilla, deposito in silos e formatura”

 

La materia prima proveniente dalla cava è ammassata in depositi coperti che ne permettono la stagionatura, quindi, con l’uso di mezzi meccanici viene alimentata alla linea di preparazione al fine di renderla idonea, in granulometria ed umidità, per la lavorazione.

L’argilla viene poi automaticamente ricoverata in silos e da qui avviata alla trafilatura e tagliatura per la produzione dei singoli manufatti.

 

Capitolo 2 - Attrezzature, Macchine e Impianti

 

Pala meccanica: i mezzi di movimentazione sono generalmente dotati di marcatura CE.

Cassoni dosatori, vagli scansapietre, frangizolle, molini a martelli, vibrovagli, silos di stoccaggio, mescolatori bagnatori, laminatoi (“mattoniere”), filiere, taglierine, nastri trasportatori ed elevatori a tazze: gli impianti fissi sono stati costruiti negli anni 70-80 e risultano in buono stato di conservazione.

 

Nastri trasportatori in gomma: sono particolarmente adatti per il trasporto di grandi quantitativi di materiale quando le pendenze, a seconda dell'angolo di scorrimento dell'argilla da trasportare, non superano generalmente i 20°. Sono composti da una struttura portante in tubolare o di lamiera stampata, testata motrice, testata di rinvio con dispositivo tenditore, gruppo rulli e tappeto do gomma. I gruppi portarulli hanno diverse versioni a seconda che debbano alloggiare rulli in sistemazione piana, accoppiati a V o a conca.

Questi due ultimi tipi possono variare a seconda dell'angolo di concavità adottato (20°-25°-30°). Quando il nastro trasportatore deve ricevere materiali pesanti o di grande pezzatura, in corrispondenza ai punti di caduta si montano rulli ammortizzatori più robusti dei normali e rivestiti con anelli di gomma elastica.

Accessori dei trasportatori possono essere: dispositivi pulitori del tappeto, spondine laterali di contenimento, passerelle di ispezione, coperture per i tratti esterni esposti alle intemperie.

La velocità dei nastri può variare da 1 a 3 m/sec e la potenza installata per ogni metro di lunghezza è di circa 0.12 HP.

 

Le taglierine. Il filone trafilato dalla mattoniera viene tagliato nelle misure richieste dalla taglierina.

Secondo la lunghezza e la dimensione degli elementi che si devono realizzare e del tipo dei supporti previsti, possono essere adottati numerosi sistemi di taglio:

·      tagliatori semplici. Con uno o più fili a corsa trasversale oppure a ghigliottina per forato o pieno. Lunghezza di taglio fino a 1800 cm e larghezze fino a 65 cm.

Possono essere dotati di apparecchiature di smussatura, ribaltamento o rotazione dei pezzi tagliati. La precisione di taglio, specie alle alte velocità, non è perfetta. Montando speciali coltelli tagliatori o guide di corsa si possono ottenere tagli sagomati;

·      tagliatori multipli o multifili. Sono preceduti da un tagliafilone; il taglio a fili multipli con lo scarto alle due testate (rifilo) garantisce il massimo della precisione.

 

Il taglio può essere realizzato:

-           in linea, ovvero il filone pretagliato con lunghezza leggermente superiore ad un multiplo di quella dei singoli pezzi, viene lanciato sotto i fili della taglierina che scendendo tagliano con precisione i vari elementi rifilando alle estremità i surplus di argilla. I pezzi continuano la corsa nel senso del taglio distanziandosi su unica linea o deviati lateralmente sui raccoglitori dell'impianto di presa;

-           trasversalmente, ovvero il filone pretagliato come sopra è lanciato e spinto trasversalmente sotto i fili della taglierina. Dopo il taglio i pezzi distanziati lateralmente proseguono sulle apparecchiature di presa nel senso trasversale rispetto al taglio;

-           con rotazione del filone. Questo, pretagliato, viene lanciato e ruotato di 90° sotto i fili della taglierina. I pezzi proseguono dopo il distanziamento come nel caso precedente. L'inserimento di questa taglierina consente il taglio del materiale corto (55-120 mm) in alternativa alla produzione del forato con la stessa mattoniera.

 

Capitolo 3 - “Il fattore di rischio”

 

Rischi derivanti dalla lavorazione.

 

a)      Rischi per la sicurezza.

a1)     Rischi da carenze strutturali dell’ambiente di lavoro relativamente a:

·                   altezza dell’ambiente;

·                   pavimenti (lisci o sconnessi);

·                   viabilità interna, esterna.

a2)     Rischi da carenze di sicurezza su macchine ed apparecchiature relativamente a:

·                   protezione degli organi di avviamento;

·                   protezione degli organi di trasmissione;

·                   protezione degli organi di lavoro;

·                   protezione degli organi di comando.

a3)     Rischi da carenze di sicurezza elettrica connessa a:

·                   idoneità d’uso.

 

b)      Rischi per la salute.

b1)     Agenti chimici: rischi di esposizione connessi con l’impiego di sostanze chimiche, tossiche o nocive in relazione a:

·                   ingestione;

·                   contatto cutaneo;

·                   inalazione per presenza di inquinanti aerodispersi sotto forma di polveri.

b2)       Agenti fisici: rischi da esposizione e grandezze fisiche che interagiscono in vari modi con l’organismo umano:

·                   rumore (presenza di apparecchiature rumorose durante il ciclo lavorativo e di funzionamento: molini a martelli, impianti d'aspirazione, mezzi meccanici, scarsa manutenzione degli impianti) con propagazione dell’energia sonora nell’ambiente di lavoro;

·                   vibrazioni (presenza di apparecchiature e strumenti vibranti posti su strutture metalliche) con propagazione delle vibrazioni a trasmissione diretta o indiretta;

·                   microclima. Carenza nella climatizzazione dell’ambiente per quanto attiene alla temperatura, umidità relativa, ventilazione, calore radiante;

·                   illuminazione. Carenze nei livelli di illuminazione ambientale e dei posti di lavoro (in relazione alla tipologia della lavorazione fine, finissima, ecc).

 

Capitolo 4 - “Il danno atteso”

 

È stato descritto nel documento di comparto.

 

Capitolo 5 - “Gli interventi”

 

a)      Rischi per la sicurezza.

 

Tutti gli organi lavoratori devono essere segregati (art. 68 [1]), in particolare quelli dei mescolatori bagnatori e delle taglierine e dotati di dispositivo di blocco (art. 72 [1]).

I condotti dove si trovano le coclee devono essere chiusi (art. 211 [1]).

Le aperture di carico e scarico dei trasportatori in genere devono essere protette contro la caduta di persone e contro il contatto con organi pericolosi in moto (art. 212 [1]).

Tutti gli organi ed elementi di trasmissione del moto devono essere segregati (art. 55 [1]), in particolare le cinghie e pulegge e le zone di rimando dei nastri trasportatori (art. 56 [1]).

Le zone sottostanti i nastri trasportatori devono essere inaccessibili o segregate (art. 214 [1]).

 

Nei vari piani dell’impianto devono essere realizzati appositi parapetti normali (art. 26 [1]) e devono essere rese accessibili tutte le zone in cui è necessario intervenire in manutenzione (art. 376 [1]).

 

Le buche e sporgenze pericolose, talvolta non eliminabili (presenza di nastri trasportatori, ecc), devono essere accuratamente segregate ed adeguatamente segnalate (art. 8 [1] e [4]).

 

I mezzi di movimentazione del materiale devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione nonché, se del caso, sufficiente illuminazione del campo di manovra (art. 175 [1]).

I mezzi di movimentazione devono avere i percorsi predisposti e facilmente individuabili al fine di ridurre i pericoli derivanti dal traffico (art. 215 [1]).

 

b)      Rischi per la salute.

 

In generale la riduzione dell’esposizione ai vari rischi si può realizzare con misure di carattere organizzativo e cioè: le operazioni di manutenzione programmata devono essere effettuate con impianti fermi ed in orari diversi da quelli di produzione; le operazioni di manutenzione straordinaria devono essere effettuate con impianti fermi e fornendo agli addetti idonei mezzi personali di protezione in dotazione personale (art. 32 [4]).

 

Rumorosità.

I molini a martelli devono essere segregati in appositi locali (art. 19 [2]).

Gli addetti devono avere a disposizione una cabina insonorizzata dotata di sistema di climatizzazione dell’aria.

Gli impianti di aspirazione devono essere progettati secondo i criteri di buona tecnica (es. [5]) e devono essere separati dagli impianti di produzione (art. 41 [3]).

 

Vibrazioni.

I molini a martelli devono essere posti su terreno isolato con idonea massa antivibrante (art. 24 [2]).

 

Polverosità.

L’impianto di deposito e preparazione argilla deve essere separato dalle altre lavorazioni; negli altri reparti deve entrare il materiale già trattato nel mescolatore bagnatore (umidità argilla pari al 20% circa).

 Tutti gli organi lavoratori ed i sistemi di trasporto nonché tutti gli eventuali salti del materiale devono essere posti in depressione realizzando un impianto di aspirazione progettato secondo i criteri di buona tecnica [5].

L’impianto di abbattimento polveri prima dell’immissione in atmosfera deve avere un’accurata manutenzione al fine di mantenere costante nel tempo l’efficienza delle aspirazioni. In tal senso è opportuno installare un misuratore differenziale della pressione a monte ed a valle del filtro.

La fase di preparazione dell’argilla deve essere separata dall’accatastamento consentendo la realizzazione di pavimenti uniti ed in buono stato di manutenzione che permettono una facile aspirazione della polvere depositata (art. 20 [2]).

 

Microclima.

Per quanto riguarda le condizioni invernali dell'addetto al reparto preparazione argilla, è necessario l’uso della cabina climatizzata, già indicata per ridurre l'esposizione al rumore.

Per le condizioni estive, verificata l’impossibilità di separare le lavorazioni dalla zona di essiccamento e cottura, si può ricorrere al ricambio forzato dell’aria con idonei impianti di immissione bilanciati dall’allontanamento naturale o forzato del “cuscino” di aria calda che tende a ristagnare nelle zone alte dello stabilimento (art. 9 e 11 [2] e [4]).

Le condizioni microclimatiche sono trattate anche nel documento di comparto.

 

Capitolo 6 - “Appalto a ditta esterna”

 

La fase in esame è non è appaltata a ditta esterna.

 

Capitolo 7 - “Riferimenti legislativi”

 

[1]     DPR 547/55;

[2]     DPR 303/56;

[3]     Decreto Legislativo 277/91;

[4]     Decreto Legislativo 626/94;

[5]     "Industrial Ventilation": ACGIH 22a edizione 1995.

 

Capitolo 8 - “Il rischio esterno

 

Si fa riferimento ai profili di rischio ambientale per comparti produttivi.


FASE 2

 

Capitolo 1 - “Preparazione carrelli crudo, essiccazione, preparazione carrelli essiccato e cottura”

 

I manufatti provenienti dalle filiere vengono sottoposti a due trattamenti termici che nel ciclo lavorativo non sono consecutivi, essendo il materiale essiccato sottoposto alla fase di levigatura prima di essere immesso nel forno di cottura.

I due trattamenti termici hanno scopi specifici in quanto:

-       l’essiccazione serve ad eliminare l’acqua contenuta nel materiale per mezzo di aria calda opportunamente convogliata (con temperatura massima di ingresso di circa 160°C);

-       la cottura trasforma il materiale essiccato in laterizio stabile a seguito di variazioni chimico-fisiche subite dai minerali presenti. Tali variazioni si realizzano inserendo direttamente i manufatti in camera di combustione con un ciclo termico che partendo dalla temperatura ambiente raggiunge il valore di 1000 – 1050 °C.

Si evidenzia la presenza di fibre minerali utilizzate, in forma di cordoli, nei carrelli per il forno.

 

Capitolo 2 - Attrezzature, Macchine e Impianti

 

Essiccatoi discontinui a celle, essiccatoi continui a tunnel, forni discontinui a celle, forni continui a tunnel, carrelli per l’essiccamento ed il forno: gli impianti fissi sono stati costruiti negli anni 70-80 e risultano in buono stato di conservazione.

 

Capitolo 3 - “Il fattore di rischio”

 

Rischi derivanti dalla lavorazione.

 

a)      Rischi per la sicurezza.

a1)     Rischi da carenze strutturali dell’ambiente di lavoro relativamente a:

·                   pavimenti (lisci o sconnessi);

·                   viabilità interna, esterna.

a2)     Rischi da carenze di sicurezza su macchine ed apparecchiature relativamente a:

·                   protezione degli organi di avviamento;

·                   protezione degli organi di trasmissione;

·                   protezione degli organi di lavoro;

·                   protezione degli organi di comando.

a3)     Rischi da carenze di sicurezza elettrica connessa a:

·                   idoneità d’uso.

a4)     Rischi da incendio e/o esplosione per:

·                   presenza di materiali infiammabili d’uso.

 

b)      Rischi per la salute.

b1)     Agenti chimici: rischi di esposizione connessi con l’impiego di sostanze chimiche, tossiche o nocive in relazione a:

·                   ingestione;

·                   contatto cutaneo;

·                   inalazione per presenza di inquinanti aerodispersi sotto forma di polveri, gas e fumi.

b2)       Agenti fisici: rischi da esposizione e grandezze fisiche che interagiscono in vari modi con l’organismo umano:

·                   rumore (presenza di apparecchiature rumorose durante il ciclo lavorativo e di funzionamento) con propagazione dell’energia sonora nell’ambiente di lavoro;

·                   microclima. Carenza nella climatizzazione dell’ambiente per quanto attiene alla temperatura, umidità relativa, ventilazione, calore radiante, in particolare per l'eccesso all'interno degli essiccatoi per la movimentazione del materiale;

·                   illuminazione. Carenze nei livelli di illuminazione ambientale e dei posti di lavoro (in relazione alla tipologia della lavorazione fine, finissima, ecc).

 

Capitolo 4 - “Il danno atteso”

 

È stato descritto nel documento di comparto.

 

 

Capitolo 5 - “Gli interventi”

 

a)      Rischi per la sicurezza.

I mezzi di movimentazione del materiale devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione, nonché, se del caso, sufficiente illuminazione del campo di manovra (art. 175 [1]).

I mezzi di movimentazione devono avere i percorsi predisposti e facilmente individuabili al fine di ridurre i pericoli derivanti dal traffico (art. 215 [1]).

Idonea illuminazione artificiale deve essere prevista all’interno di essiccatoi e forni discontinui al fine di facilitare le operazioni di movimentazione dei carrelli (art.10 [2]).

 

Tutti gli organi ed elementi di trasmissione del moto devono essere segregati (art. 55 [1]) e tra questi le cinghie e pulegge (art. 56 [1]).

Particolare attenzione va posta sulle aste scorrevoli fissate al pavimento che vengono utilizzate per spingere i carrelli su rotaia; per esse si possono prendere le seguenti precauzioni:

-                impedire l’accesso agli addetti nella zona in cui esse si muovono;

-                se non è possibile quanto sopra, è necessario rendere edotti gli addetti sui rischi derivanti dal moto delle stesse (art. 3 [4]);

-                dopo le eventuali operazioni di manutenzione rialloggiare i grigliati metallici al fine di evitare la presenza di buche pericolose nel pavimento (art. 8 e 376 [1] [4]).

 

Gli impianti di adduzione dei combustibili gassosi o liquefatti devono rispondere alle norme di buona tecnica (UNI – CIG) e gli impianti elettrici devono essere anch’essi realizzati nel rispetto delle norme di buona tecnica (C.E.I.).

 

b)      Rischi per la salute.

 

Rumorosità.

Gli impianti di convogliamento dell’aria di combustione e quelli di allontanamento dei fumi devono essere progettati e realizzati nel rispetto delle norme di buona tecnica (es. [5]).

Gli impianti di abbattimento fumi devono essere separati dai reparti di produzione.

In particolare è opportuno che ventilatori e soffianti siano adeguatamente insonorizzati o fatti lavorare in punti della loro curva caratteristica tali da minimizzare la potenza sonora emessa.

Deve essere prevista una manutenzione programmata dei sistemi di movimentazione in particolare la lubrificazione delle aste scorrevoli [3].

 

Esposizione a gas e fumi di combustione.

Sostituzione dei combustibili liquidi con quelli gassosi. Uso di combustibili liquidi a basso contenuto di zolfo. Manutenzione programmata dei forni.

 

Fibre minerali.

Le aziende hanno sostituito le fibre di amianto presenti nei carrelli con fibre ceramiche. Tale sostituzione non appare completamente idonea in quanto alcuni dei prodotti sostituiti sono classificati, a seguito degli adeguamenti alle normative CEE, come R49 (cancerogeno per inalazione).

 

Microclima.

Viene trattato nel documento di comparto.

 

Capitolo 6 - “Appalto a ditta esterna”

 

La fase in esame non è appaltata a ditta esterna.

 

Capitolo 7 - “Riferimenti legislativi”

 

[1]     DPR 547/55;

[2]     DPR 303/56;

[3]     Decreto Legislativo 277/91;

[4]     Decreto Legislativo 626/94;

[5]     "Industrial Ventilation": ACGIH 22a edizione 1995.

 

Capitolo 8 - “Il rischio esterno

 

Si fa riferimento ai profili di rischio ambientale per comparti produttivi.

 


FASE 3

 

Capitolo 1 - “Levigatura (arrotatura) del materiale essiccato”

 

Il materiale essiccato, nelle varie tipologie, viene trattato superficialmente con mole, nastri abrasivi e spazzole metalliche in apposite macchine sia per rettificarne le dimensioni sia per esclusivi scopi estetici.

 

 

Capitolo 2 - Attrezzature, Macchine e Impianti

 

Levigatrici, squadratrici, levigatrici per pezzi speciali (angolari, scalini, ecc.), ribaltatori e nastri trasportatori: gli impianti fissi sono stati costruiti negli anni 70-80 e risultano in buono stato di conservazione.

La levigatura è realizzata in tutte le aziende con lo stesso modello di macchina, prodotto da un’unica Ditta e il cui funzionamento può essere così sintetizzato (si veda la fig. 1).

 

 

Figura 1: schema tipo della levigatrice.

 

Il materiale da levigare viene introdotto all’interno della macchina per mezzo di un nastro trasportatore in gomma; nel suo percorso incontra un nastro abrasivo (in tela e carburo di silicio in cristalli) che ruota su due cilindri in senso inverso a quello si avanzamento del materiale. Il contatto con il nastro conferisce al pezzo una superficie piana e “rustica”. In successione al nastro si trovano una o due spazzole metalliche che hanno la funzione di rendere ancora più irregolare la superficie del pezzo.

La levigatrice è dotata di prese di aspirazione dell’aria contenente la polvere che si produce durante la lavorazione e di impianto di immissione di aria pulita per lo spolvero dei pezzi, con soluzioni che variano da azienda ad azienda.

 

Capitolo 3 - “Il fattore di rischio”

 

Rischi derivanti dalla lavorazione.

 

a)      Rischi per la sicurezza.

a1)     Rischi da carenze strutturali dell’ambiente di lavoro relativamente a:

·                   pavimenti (lisci o sconnessi);

·                   viabilità interna, esterna.

a2)     Rischi da carenze di sicurezza su macchine ed apparecchiature relativamente a:

·                   protezione degli organi di avviamento;

·                   protezione degli organi di trasmissione;

·                   protezione degli organi di lavoro;

·                   protezione degli organi di comando.

a3)     Rischi da carenze di sicurezza elettrica connessa a:

·                   idoneità d’uso.

 

b)      Rischi per la salute.

b1)     Agenti chimici: rischi di esposizione connessi con l’impiego di sostanze chimiche, tossiche o nocive in relazione a:

·                   ingestione;

·                   contatto cutaneo;

·                   inalazione per presenza di inquinanti aerodispersi sotto forma di polveri.

b2)       Agenti fisici: rischi da esposizione e grandezze fisiche che interagiscono in vari modi con l’organismo umano:

·                   rumore (presenza di apparecchiature rumorose durante il ciclo lavorativo e di funzionamento) con propagazione dell’energia sonora nell’ambiente di lavoro;

·                   microclima. Carenza nella climatizzazione dell’ambiente per quanto attiene alla temperatura, umidità relativa, ventilazione, calore radiante, condizionamento;

·                   illuminazione. Carenze nei livelli di illuminazione ambientale e dei posti di lavoro (in relazione alla tipologia della lavorazione fine, finissima, ecc).

 

Capitolo 4 - “Il danno atteso”

 

È stato descritto nel documento di comparto.

 

Capitolo 5 - “Gli interventi”

 

a)      Rischi per la sicurezza.

Tutti gli organi lavoratori devono essere segregati (art. 68 [1]) ed in particolare il ribaltatore dei pezzi essiccati e dotati di dispositivo di blocco (art. 72 [1]).

Tutti gli organi ed elementi di trasmissione del moto devono essere segregati (art. 55 [1]), in particolare le cinghie e pulegge (art. 56 [1]) e le zone di rimando dei nastri trasportatori.

Data la concentrazione dei macchinari e la necessità di accesso per interventi di manutenzione, è opportuno, studiando i movimenti dei lavoratori, creare passerelle ed altro che consentano il facile passaggio (art. 376 [1]).

I mezzi di movimentazione del materiale devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione, nonché, se del caso, sufficiente illuminazione del campo di manovra (art. 175 [1]).

I mezzi di movimentazione devono avere percorsi predisposti e facilmente individuabili al fine di ridurre i pericoli derivanti dal traffico (art. 215 [1]) [4].

 

b)      Rischi per la salute.

 

Rumorosità.

Ogni singola macchina levigatrice produce una pressione sonora rilevata nei posti di lavoro inferiore ad 85 dB(A).

Per esigenze produttive vengono a concentrarsi, in poche decine di metri quadrati, anche 8-10 macchine, quindi il primo intervento di prevenzione si ha a livello di progettazione dell’immobile in quanto si dovranno individuare le aree di pertinenza dei singoli reparti tenendo conto della possibile evoluzione produttiva e di mercato dell’azienda.

Nelle situazioni esistenti la rumorosità può essere ridotta alla sorgente con idonei interventi di rinforzo della struttura e di isolamento della stessa dall’ambiente di lavoro, ed eventualmente migliorando il tempo di riverberazione dei locali con appositi interventi fonoassorbenti.

Inoltre, considerato che nelle tubazioni dell’impianto di aspirazione devono essere mantenute velocità di circa 18-20 m/sec per trasportare la polvere prodotta, le stesse devono essere progettate secondo le norme di buona tecnica (es. [5]).

Gli impianti di abbattimento devono essere separati dal reparto di produzione.

Deve essere prevista una manutenzione programmata dei nastri trasportatori metallici, in particolare quelli che deviano il materiale [3].

 

Polverosità.

Deve essere realizzato un idoneo impianto di aspirazione su tutti gli organi di lavoro e tutti i passaggi del materiale da nastro a nastro evitando in quest’ultimo caso la caduta di materiale a terra.

L’impianto di abbattimento polveri prima dell’immissione in atmosfera deve avere un’accurata manutenzione al fine di mantenere costante nel tempo l’efficienza delle aspirazioni. In tal senso è opportuno installare un misuratore differenziale della pressione a monte ed a valle del filtro.

I pavimenti del reparto devono essere uniti ed in buono stato di manutenzione consentendo così una facile asportazione della polvere depositata (art. 20 [2]).

 

Microclima.

Verificata l’impossibilità di separare le lavorazioni dalla zona di essiccamento e cottura, si può ricorrere al ricambio forzato dell’aria con idonei impianti di immissione bilanciati dall’allontanamento naturale o forzato del “cuscino” di aria calda che tende a ristagnare nelle zone alte dello stabilimento (art. 9 e 11 [2]) [4].

Le condizioni microclimatiche sono trattate anche nel documento di comparto.

 

Capitolo 6 - “Appalto a ditta esterna”

 

La fase in esame non è appaltata a ditta esterna.

 

Capitolo 7 - “Riferimenti legislativi”

 

[1]     DPR 547/55;

[2]     DPR 303/56;

[3]     Decreto Legislativo 277/91;

[4]     Decreto Legislativo 626/94;

[5]     "Industrial Ventilation": ACGIH 22a edizione 1995.

 

Capitolo 8 - “Il rischio esterno

 

Si fa riferimento ai profili di rischio ambientale per comparti produttivi.


 

FASE 4

 

Capitolo 1 - “Levigatura del materiale cotto, scelta del materiale levigato, confezionamento”

 

Il materiale cotto, nelle varie tipologie, viene trattato superficialmente con mole e tagliato con utensili a disco al fine sia di rettificarne le dimensioni sia per esclusivi scopi estetici.

Dette macchine lavorano utilizzando acqua.

Successivamente viene scelto manualmente e quindi confezionato in pallets da macchine automatiche.

La produzione del cotto levigato ha acquistato una notevole importanza a partire dall’anno 1986. In precedenza era piuttosto limitata e veniva svolta con macchine ad alimentazione manuale (es. marca Longinotti) derivate dalla levigatura negli impianti di produzione di piastrelle di granigluia. Attualmente la produzione è automatizzata utilizzando macchine levigatrici derivate dalla produzione del marmo.

 

Capitolo 2 - Attrezzature, Macchine e Impianti

 

Pinze manuali scaricatrici, levigatrici automatiche multimole ad umido, tagliatrici automatiche multidisco ad umido, impilatrici, imballatrici, reggettatrici, nastri trasportatori metallici: gli impianti fissi sono stati costruiti negli anni 70-80 e risultano in buono stato di conservazione.

 

Capitolo 3 - “Il fattore di rischio”

 

Rischi derivanti dalla lavorazione.

 

a)      Rischi per la sicurezza:

a1)     Rischi da carenze strutturali dell’ambiente di lavoro relativamente a:

·                   pavimenti (lisci o sconnessi);

·                   viabilità interna, esterna.

a2)     Rischi da carenze di sicurezza su macchine ed apparecchiature relativamente a:

·                   protezione degli organi di avviamento;

·                   protezione degli organi di trasmissione;

·                   protezione degli organi di lavoro;

·                   protezione degli organi di comando.

a3)     Rischi da carenze di sicurezza elettrica connessa a:

·                   idoneità d’uso;

·                   impianti a sicurezza intrinseca in atmosfere a rischio di incendio e/o esplosione.

 

b)      Rischi per la salute.

b1)       Agenti fisici: rischi da esposizione e grandezze fisiche che interagiscono in vari modi con l’organismo umano:

·                   rumore (presenza di apparecchiature rumorose durante il ciclo lavorativo e di funzionamento) con propagazione dell’energia sonora nell’ambiente di lavoro;

·                   microclima. Carenza nella climatizzazione dell’ambiente per quanto attiene alla temperatura, umidità relativa, ventilazione, calore radiante, condizionamento;

·                   illuminazione. Carenze nei livelli di illuminazione ambientale e dei posti di lavoro (in relazione alla tipologia della lavorazione fine, finissima, ecc).

 

Capitolo 4 - “Il danno atteso”

 

È stato descritto nel documento di comparto.

 

Capitolo 5 - “Gli interventi”

 

a)      Rischi per la sicurezza.

Tutti gli organi di lavoro devono essere segregati (art. 68 [1]).

Tutti gli organi ed elementi di trasmissione del moto devono essere segregati (art. 55 [1]), in particolare le cinghie e pulegge e le zone di rimando dei nastri trasportatori.

Gli organi di comando delle pinze manuali caricatrici devono essere dotati di dispositivo contro l’azionamento accidentale (art. 77 [1]).

Le canalizzazioni di scarico dell’acqua dalle macchie levigatrici devono essere accuratamente segregate (art. 8 [2]).

I mezzi di movimentazione del materiale devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione, nonché, se del caso, sufficiente illuminazione del campo di manovra (art. 175 [1]).

I mezzi di movimentazione devono avere i percorsi predisposti e facilmente individuabili al fine di ridurre i pericoli derivanti dal traffico (art. 215 [1]).

Le mole abrasive devono essere dotate di solide cuffie di protezione (art. 89 [1]).

 

b)      Rischi per la salute.

 

Rumorosità.

Gli interventi di riduzione della pressione sonora immessa nell’ambiente di lavoro sono: direttamente alla sorgente sostituendo le mole con altre aventi diverso materiale abrasivo e di supporto; separando le macchine dall’ambiente di lavoro con idonei incapsulaggi fonoisolanti, in questo caso è necessario tener presente che dette macchine sono ad alto consumo energetico e che quindi deve essere previsto un idoneo sistema di ricambio dell’aria con l’immissione e l’uscita della stessa attraverso aperture silenziate (artt. 41 e 46 [3].

È necessario, inoltre, prevedere una sostituzione programmata delle macchine in quanto la loro obsolescenza è causa di aumento della rumorosità.

 

Microclima.

Le difficili condizioni microclimatiche sono generalmente dovute al fatto che la lavorazione viene svolta in locali inizialmente destinati ad altra attività.

Pertanto le indicazioni che si possono dare sono le seguenti: la struttura edilizia deve essere fissa e tale da garantire l’inerzia termica del locale; il locale deve essere separato dalle altre fasi di lavorazione(art.19 [2].

Il locale deve essere dotato di idoneo impianto di riscaldamento che garantisca il rispetto degli standard stabiliti dalle norme di protezione degli addetti (es. [5]).

 

Capitolo 6 - “Appalto a ditta esterna”

 

La fase in esame non è appaltata a ditta esterna.

 

Capitolo 7 - “Riferimenti legislativi”

 

[1]     DPR 547/55;

[2]     DPR 303/56

[3]     Decreto Legislativo 277/91;

[4]     Decreto legislativo 626/94;

[5]     "Industrial Ventilation": ACGIH 22a edizione 1995.

 

Capitolo 8 - “Il rischio esterno

 

Si fa riferimento ai profili di rischio ambientale per comparti produttivi.


 

FASE 5

 

Capitolo 1 - “Scelta, confezionamento del materiale cotto - bagnatura”

 

Il materiale cotto viene trattato in macchine cosiddette “spaccatrici” che dividono i due mattoni che costituiscono un pezzo, quindi viene scelto manualmente e confezionato in pallets da macchine automatiche.

Il materiale confezionato viene immerso in acqua (bagnatura).

Questa fase lavorativa, fino a pochi anni fa, era condotta in modo esclusivamente manuale assorbendo una quota consistente dei lavoratori impiegati. Le aziende si sono quindi trovate a dovere automatizzare le operazioni per motivi di costo, ma anche perché l’aumento di produzione non avrebbe consentito di gestire la fase manualmente. Di conseguenza, con spazi di lavoro definiti, gli impianti sono stati adattati alla disponibilità degli stessi.

 

Capitolo 2 - Attrezzature, Macchine e Impianti

 

Pinze scaricatrici, spaccatrici, ribaltatore pneumatico impilatrici, reggettatrici, imballatrici con cappuccio in foglio di polietilene termoretraibile, forno per polietilene termoretraibile, nastri trasportatori.

 

Capitolo 3 - “Il fattore di rischio”

 

Rischi derivanti dalla lavorazione

 

a)      Rischi per la sicurezza.

a1)     Rischi da carenze strutturali dell’ambiente di lavoro relativamente a:

·                   pavimenti (lisci o sconnessi);

·                   viabilità interna, esterna.

a2)     Rischi da carenze di sicurezza su macchine ed apparecchiature relativamente a:

·                   protezione degli organi di avviamento;

·                   protezione degli organi di trasmissione;

·                   protezione degli organi di lavoro;

·                   protezione degli organi di comando.

a3)     Rischi da carenze di sicurezza elettrica connessa a:

·                   idoneità d’uso.

 

b)      Rischi per la salute.

b1)     Agenti chimici: rischi di esposizione connessi con l’impiego di sostanze chimiche, tossiche o nocive in relazione a:

·                   ingestione;

·                   contatto cutaneo;

·                   inalazione per presenza di inquinanti aerodispersi sotto forma di polveri.

b2)       Agenti fisici: rischi da esposizione e grandezze fisiche che interagiscono in vari modi con l’organismo umano:

·                   rumore (presenza di apparecchiature rumorose durante il ciclo lavorativo e di funzionamento: molini a martelli, impianti d'aspirazione, mezzi meccanici, scarsa manutenzione degli impianti) con propagazione dell’energia sonora nell’ambiente di lavoro.

 

Capitolo 4 - “Il danno atteso”

 

È stato descritto nel documento di comparto.

 

Capitolo 5 - “Gli interventi”

 

a)      Rischi per la sicurezza.

Tutti gli organi di lavoro devono essere segregati (art. 68 [1]), in particolare gli impilatori, i ribaltatori pneumatici; le spaccatrici dovranno essere dotate di dispositivo di blocco (art. 72 [1]).

Tutti gli organi ed elementi di trasmissione del moto devono essere segregati (art. 55 [1]), in particolare le cinghie, pulegge e catene (art. 56 [1]) e le zone di rimando dei nastri trasportatori. Devono essere segregati anche i sistemi automatici di scelta del nastro trasportatore su cui alimentare il materiale.

Data la concentrazione dei macchinari e la necessità di accesso per interventi manutentivi è opportuno, studiando i movimenti dei lavoratori, creare passarelle ed altro che consentano un facile passaggio (art. 376 [1]).

I mezzi di movimentazione del materiale devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione, nonché, se del caso, sufficiente illuminazione del campo di manovra (art. 175 [1]).

I mezzi di movimentazione devono avere i percorsi predisposti e facilmente individuabili al fine di ridurre i pericoli derivanti dal traffico (art. 215 [1]).

Le buche e sporgenze pericolose (fosse di bagnatura) devono essere accuratamente segregate ed adeguatamente segnalate (art. 8[1]).

 

b)      Rischi per la salute

 

Rumorosità

Le macchine spaccatrici possono essere pneumatiche o idrauliche; in entrambi i casi è necessario prevedere la chiusura con materiale fonoisolante degli organi lavoratori.

Poiché l’operazione produce anche polverosità ambientale e la successiva separazione dei rifili dai mattoni ed il loro allontanamento su nastro apposito è anch’esso causa di rumorosità e polverosità ambientale è opportuno che tutta questa linea di operazioni venga svolta in tunnel chiuso adeguatamente insonorizzato e dotato di impianto di aspirazione (art. 21 [2] e art. 41 [3]).

Gli impianti di aspirazione devono essere progettati secondo i criteri di buona tecnica (es. [5]) e devono essere separati dagli impianti di produzione.

Le tramoggie ed i cassoni metallici in cui viene messo il materiale di scarto devono essere rivestiti in materiale plastico al fine di ammortizzarne la caduta.

 

Polverosità

L’impianto di aspirazione polveri deve essere progettato secondo i criteri di buona tecnica.

L’impianto di abbattimento polveri prima dell’immissione in atmosfera deve avere un’accurata manutenzione al fine di mantenere costante nel tempo l’efficienza delle aspirazioni. In tal senso è opportuno installare un misuratore differenziale della pressione a monte ed a valle del filtro (art. 32 [4]).

 

Capitolo 6 - “Appalto a ditta esterna”

 

La fase in esame non è appaltata a ditta esterna.

 

Capitolo 7 - “Riferimenti legislativi”

 

[1]     DPR 547/55;

[2]     DPR 303/56;

[3]     Decreto Legislativo 277/91;

[4]     Decreto Legislativo 626/94.

[5]     "Industrial Ventilation": ACGIH 22a edizione 1995.

 

Capitolo 8 - “Il rischio esterno

 

Si fa riferimento ai profili di rischio ambientale per comparti produttivi.


 

FASE 6

 

Capitolo 1 - “Produzione manuale”

 

L’argilla depositata nei silos viene alimentata all’impastatrice all’interno della quale l’aggiunta di acqua determina la costituzione di una massa plastica idonea per essere modellata manualmente  ( formatura manuale).

Per le operazioni di formatura sono necessari ampi spazi in quanto i pezzi vengono realizzati o a terra o su piani appositamente predisposti. Ciò è dovuto al fatto che i pezzi stessi non possono essere spostati finché non hanno raggiunto la necessaria solidità ottenuta con una prima fase di essiccamento naturale.

Quindi i pezzi vengono caricati in maniera manuale (talvolta con ausili meccanici) su appositi carrelli per l’essiccamento in forni statici.

Successivamente il materiale viene trasferito in maniera manuale od automatizzata sui carrelli per forno per la fase di cottura.

 

Capitolo 2 - Attrezzature, Macchine e Impianti

 

Impastatrici, essiccatoi discontinui a celle, forni discontinui a celle, carrelli per l’essiccatoio e il forno: gli impianti fissi sono stati costruiti negli anni 70-80 e risultano in buono stato di conservazione.

 

Capitolo 3 - “Il fattore di rischio”

 

Rischi derivanti dalla lavorazione

 

a)       Rischi per la sicurezza.

a1)     Rischi da carenze strutturali dell’ambiente di lavoro relativamente a:

·                   pavimenti (lisci o sconnessi);

·                   viabilità interna, esterna.

a2)     Rischi da carenze di sicurezza su macchine ed apparecchiature relativamente a:

·                   protezione degli organi di avviamento;

·                   protezione degli organi di trasmissione;

·                   protezione degli organi di lavoro;

·                   protezione degli organi di comando.

a3)     Rischi da carenze di sicurezza elettrica connessa a:

·                   idoneità d’uso.

a4)     Rischi da incendio e/o esplosione per:

·                   presenza di materiali infiammabili d’uso.

 

b)       Rischi per la salute.

b1)     Agenti chimici: rischi di esposizione connessi con l’impiego di sostanze chimiche, tossiche o nocive in relazione a:

·                   ingestione;

·                   contatto cutaneo;

·                   inalazione per presenza di inquinanti aerodispersi sotto forma di polveri, gas e fumi.

b2)       Agenti fisici: rischi da esposizione e grandezze fisiche che interagiscono in vari modi con l’organismo umano:

·                   microclima. Carenza nella climatizzazione dell’ambiente per quanto attiene alla temperatura, umidità relativa, ventilazione, calore radiante, in particolare per l'eccesso all'interno degli essiccatoi per la movimentazione del materiale;

·                   illuminazione. Carenze nei livelli di illuminazione ambientale e dei posti di lavoro (in relazione alla tipologia della lavorazione fine, finissima, ecc).

 

c)      Rischi per la sicurezza e la salute dovuti a:

·        fattori ergonomici. Posture incongrue nella fase di formatura manuale a terra.

 

Capitolo 4 - “Il danno atteso”

 

È stato descritto nel documento di comparto.

 

Capitolo 5 - “Gli interventi”

 

a)       Rischi per la sicurezza

 

Tutti gli organi lavoratori devono essere segregati (art. 68 [1]), in particolare quelli delle impastatrici e dotati di dispositivo di blocco (art. 72 [1]).

I condotti dove si trovano le coclee devono essere chiusi (art. 211 [1]).

Tutti gli organi ed elementi di trasmissione del moto devono essere segregati (art. 55 [1]) e tra questi le cinghie e pulegge (art. 56 [1]).

 

I mezzi di movimentazione del materiale devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione, nonché, se del caso, sufficiente illuminazione del campo di manovra (art. 175 [1]).

 

I mezzi di movimentazione devono avere i percorsi predisposti e facilmente individuabili al fine di ridurre i pericoli derivanti dal traffico (art. 215 [1]).

 

Idonea illuminazione artificiale deve essere prevista all’interno di essiccatoi e forni discontinui al fine di facilitare le operazioni di movimentazione dei carrelli [2].

 

Gli impianti di adduzione dei combustibili gassosi o liquefatti devono rispondere alle norme di buona tecnica (UNI – CIG) e gli impianti elettrici devono essere anch’essi realizzati nel rispetto delle norme di buona tecnica (C.E.I.).

 

b)       Rischi per la salute

 

Esposizione a gas e fumi di combustione.

Sostituzione dei combustibili liquidi con quelli gassosi. Uso di combustibili liquidi a basso contenuto di zolfo. Manutenzione programmata dei forni.

 

Fibre minerali.

Le aziende hanno sostituito le fibre di amianto presenti nei carrelli con fibre ceramiche. Tale sostituzione non appare completamente idonea in quanto alcuni dei prodotti sostituiti sono classificati, a seguito degli adeguamenti alle normative CEE, come R49 (cancerogeno per inalazione).

 

Microclima.

Viene trattato nel documento di comparto.

 

Fattori ergonomici.

Vengono trattati nel documento di comparto.

 

Capitolo 6 - “Appalto a ditta esterna”

 

La fase in esame può essere appaltata a Ditte esterne. Ciò avviene in percentuale significativa (10-15%) e generalmente la Ditta esterna opera utilizzando impianti ed attrezzature della ditta appaltante.

 

Capitolo 7 - “Riferimenti legislativi”

 

[1]     DPR 547/55;

[2]     DPR 303/56;

[3]     Decreto Legislativo 277/91;

[4]     Decreto Legislativo 626/94;

[5]     "Industrial Ventilation": ACGIH 22a edizione 1995.

 

Capitolo 8 - “Il rischio esterno

 

Si fa riferimento ai profili di rischio ambientale per comparti produttivi.