PROFILO DI RISCHIO E SOLUZIONI

 

 

 

SEZIONE

 FLORICOLTURA

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 1

 

 

 

 

 

NOTIZIE GENERALI

 


1.1     INTRODUZIONE

 

Il comparto relativo alla floricoltura costituisce, nella nostra zona, un settore di rilevante importanza sia commerciale che produttiva. Sono da mettere in rilievo, infatti, l’intensità del lavoro e la quantità di capitali impiegati nei vari processi produttivi ai fini dell’ottenimento di un prodotto di qualità che si avvale comunque per la sua realizzazione di sistemi piuttosto tradizionali oltreché dell’implementazione di nuove tecnologie. Ciò è dovuto preliminarmente alla cultura che contraddistingue il settore insieme ai suoi prodotti. Il settore della floricoltura nel comparto della Valdinievole si basa su una serie di medie e piccole aziende che trovano il loro sbocco principalmente sul mercato dell’Italia Centro-Settentrionale. Il sistema produttivo locale, pur avendo una lunga  tradizione alle spalle, risente, tuttavia, della forte concorrenza dei mercati dell’Italia del Sud e dei paesi extracomunitari, che forniscono prodotti altamente competitivi a causa delle economie di produzione che si esplicano soprattutto attraverso un minor costo della manodopera, più bassi consumi energetici ed incentivi statali alla produzione.

La perdita di competitività del sistema produttivo floricolo regionale a fronte di quello nazionale ed internazionale è da imputarsi principalmente a motivazioni di ordine strutturale, produttivo, commerciale e sociale.

Volendo fornire una visione d’insieme del processo relativo alla floricoltura si possono individuare delle figure a monte ed a valle dello stesso, che si identificano rispettivamente negli operatori che forniscono gli input alla produzione e nelle aziende commerciali che si occupano della vendita dei prodotti realizzati nelle aziende floricole e che detengono il maggior potere contrattuale.

Nell’ambito del processo produttivo si possono pertanto individuare tre settori principali:

 

1.      Gli operatori a monte delle aziende floricole

2.      Le aziende floricole

3.      Le aziende commerciali

 

Nella redazione del profilo di rischio di questo comparto si tiene conto principalmente dei risultati del lavoro svolto nei confronti delle aziende floricole presenti nel nostro territorio.

 

1.2    LA CARATTERIZZAZIONE TERRITORIALE

Le zone interessate alle coltivazioni floricole si trovano principalmente nella pianura nei Comuni di Pescia, Uzzano, Chiesina Uzzanese e Uzzano, ma vi sono anche piccole coltivazioni a fiori nella zona montana. La fascia montana dove si riscontrano colture floricole è caratterizzata da crinali inclinati e fianchi non molto ripidi. A nord di Pescia lungo il corso alto della Pescia Maggiore il rilievo è aspro con pendii scoscesi e valli strette, mentre nella zona di Panicagliora-Prunetta, leggermente più a Est, il terreno è ondulato, senza pendii ripidi e presenta piccole aree pianeggianti simili ad altopiani che vengono sfruttate per le coltivazioni floricole estive in pien’aria.

La zona collinare è costituita, invece, da materiali geologici di varia natura di forma compatta e con pendii relativamente aspri.

L’area pianeggiante del comprensorio floricolo risulta composta da depositi fluvio-lacustri (argille, sabbie, ghiaie e resti vegetali) mentre le fasce che costeggiano i margini collinari presentano depositi alluvionali terrazzati. Lungo la Pescia Maggiore e Pescia Minore si trovano depositi alluvionali di origine recente.

Il terreno della zona è di origine alluvionale ed è formato per la maggior parte da materiali provenienti dal disfacimento di arenaria e di scisti arenacei-argillosi dell’Eocene. La tessitura del terreno si presenta diversa a seconda delle zone: nei pressi di Castelvecchio le colture floricole sono effettuate su un terreno costituito per il 66% da sabbia, per il 32% da limo e per il 2% da argilla con pH intorno a 4-5. Nelle zone floricole di bassa pianura (Chiesina Uzzanese e Ponte Buggianese) la tessitura del terreno è costituita per il 48% da sabbia, per il 48% da limo e per il 4% da argilla con pH pari circa a 6. Anche nella pianura più vicina alla città il terreno risulta costituito dal 46% di sabbia, dal 42% da limo e del 12% da argilla con un pH intorno a 6.

I terreni pesciatini si presentano come terreni poco profondi e porosi in modo da dare consistenza ed areazione alle piante: il loro grado di assorbimento, igroscopicità e imbibizione sono tali da permettere un buon assorbimento, una certa freschezza in estate e non un’eccessiva umidità.

Un elemento di considerevole importanza ai fini della produzione florovivaistica è rappresentato dall’abbondante disponibilità idrica che caratterizza soprattutto il comprensorio pesciatino dovuta all’elevata piovosità ed alla morfologia del territorio. Le acque di irrigazione sono prelevate, per la maggior parte, dalla falda freatica sotterranea, che nella pianura pesciatina si mantiene ovunque sui 3-9 m di profondità. L’acqua così prelevata viene distribuita attraverso impianti di irrigazione specifici, generalmente a scorrimento (tramite canali di distribuzione) o a pioggia. La realizzazione di pozzi in prossimità di torrenti, che facilitano la captazione dell’acqua dalla falda, ha contribuito molto a creare uno squilibrio del sistema idrico sotterrano per il quale sarà necessario predisporre un adeguato piano di risanamento.

 

1.3    GLI OPERATORI A MONTE DELLE AZIENDE FLORICOLE

Gli operatori a monte delle aziende floricole rappresentano un dato di estrema importanza per il ruolo che essi rivestono non solo quali fornitori di input produttivi per le aziende stesse, ma anche nella determinazione dei risultati della commercializzazione del prodotto. All’interno di questo insieme di operatori si possono distinguere due figure: i fornitori di materiale di moltiplicazione ed i creatori e distributori di mezzi tecnici e/o servizi specializzati. Tra i fornitori di materiale di moltiplicazione si possono individuare i costitutori, ovvero coloro che creano nuove varietà e cloni o individuano nuove specie da coltivare per l’introduzione sul mercato. In generale sono aziende private difficilmente individuabili in Toscana in quanto consistenti in un numero piuttosto basso. A valle dell’attività dei costitutori, vi è l’attività di moltiplicazione che comprende una prima fase di conservazione  e produzione di materiale vegetale di base, una seconda di moltiplicazione ed una terza che si occupa della produzione per la vendita diretta alle aziende floricole.

L’attività di creatori e distributori di mezzi tecnici è anch’essa di notevole importanza in quanto essi svolgono un ruolo privilegiato di divulgatori delle innovazioni di prodotto e di processo. Essi forniscono i mezzi necessari alla protezione delle colture (serre e materiali relativi), impianti di climatizzazione e di irrigazione (anche automatizzati),  prodotti fitosanitari,  mezzi meccanici,  carburanti, etc.

 

 

1.4    LE AZIENDE FLORICOLE

 

La presenza delle aziende sul territorio della Valdinievole (stimabili complessivamente in circa 800) si può considerare così distribuita:

 Comune di Pescia                            56%

 Comune di Chiesina Uzzanese        18%

 Comune di Uzzano                           14%

Comune di Ponte Buggianese          9%

Altri comuni                                       3%

 

Assai importante per quanto riguarda le produzioni floricole è guardare all’incidenza ed all’evoluzione delle superfici protette rispetto a quelle in piena aria, infatti da queste dipende in modo considerevole il livello qualitativo del prodotto, la continuità e la programmazione della produzione nell’arco dell’anno così come il grado di esposizione ai rischi derivanti dalle avverse condizioni metereologiche. Le superfici con serre rispetto alle superfici totali si presentano in percentuale piuttosto elevata(circa il 60% di 350 Ha totali)  , tuttavia l’estensione territoriale delle superfici protette non rappresenta un elemento sufficiente per esprimere un giudizio sulle dotazioni strutturale delle aziende floricole. Infatti le strutture si presentano notevolmente eterogenee per tecniche costruttive e materiali impiegati, per condizioni di manutenzione e grado di obsolescenza. Le serre più diffuse sono quelle realizzate da strutture metalliche con copertura in plastica o vetro, ma non sono dotate purtroppo di impianti di riscaldamento tali da consentire un razionale impiego energetico.

Per quanto concerne la conduzione delle aziende, la maggior parte sono a conduzione familiare, con impegno diretto del coltivatore.

 

 

1.5    LA FASE COMMERCIALE

 

I grossisti possono essere distinti a seconda dell’area di influenza della loro attività, in grossisti-esportatori, grossisti con area di influenza nazionale e grossisti con area di influenza regionale, che vendono la propria merce esclusivamente a dettaglianti

Un ulteriore criterio di distinzione è tra i grossisti con magazzino all’interno del mercato all’ingrosso, grossisti senza magazzino e grossisti-floricoltori. Questi ultimi sono aziende commerciali che risultano essere un’evoluzione di aziende floricole, che pur mantenendo un’attività agricola soprattutto per motivi di carattere fiscale, svolgono prevalentemente attività commerciale.

Di seguito sono riportate le tabelle relative agli operatori sul mercato di Pescia.

 

 

Tab.1.1 Operatori sul mercato di Pescia (anni 1990-1996)

 

1990

1991

1992

1993

1994

1995

1996

Produttori (singoli e associati)

1059

1019

1003

1019

958

812

824

Commercianti

560

600

616

591

642

508

520

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 2

 

 

 

DESCRIZIONE GENERALE DEL CICLO DI LAVORAZIONE

 

 

 


2.1           DESCRIZIONE DEL CICLO LAVORATIVO DELLA FLORICOLTURA

 

 

Il diagramma a blocchi delle lavorazioni della floricoltura può essere schematizzato come segue:

 



 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Capitolo 3

 

 

 LAVORAZIONE DEL TERRENO:

ANALISI DEI RISCHI E DELLE SOLUZIONI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3.1    DESCRIZIONE DELLA FASE "LAVORAZIONE DEL TERRENO"

 

La fase di lavorazione del terreno comprende varie procedure di lavoro come l’aratura, la fresatura, l’assolcatura e la concimazione del terreno. Essa può avvenire in terra, sotto serra o all’aperto, oppure su bancali e vasetteria nei quali viene effettuata una movimentazione manuale del terreno.

L’aratura consiste in una movimentazione del terreno al fine di poter ottenere le migliori condizioni di sviluppo delle piante. In alternativa all’aratura può essere effettuata la vangatura, con la quale si raggiungono buone profondità, che frantuma il terreno in modo così puntuale da non rendere indispensabile la successiva erpicatura o fresatura. Queste ultime consistono nella rottura delle zolle di terreno per formare una base piuttosto fine che favorisca la migliore radicalizzazione della pianta.

Successivamente a queste prime lavorazioni segue l’eventuale fase di concimazione che consiste nello spargere sul terreno i concimi chimici ed organici fra cui il fosforo, più stabile, l’azoto, il potassio ed i microelementi. A seconda del tipo di floricoltura (gerani, gerbere, garofani, verde ornamentale, etc.) si adottano concimi diversi al fine di preparare il terreno per una migliore crescita delle piante.

 

3.2    DESCRIZIONE ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE "LAVORAZIONE DEL TERRENO"

 

La lavorazione del terreno avviene attraverso trattori gommati o cingolati (muniti di aratri, frese, vangatrici, etc.) che difficilmente sono dotati di marcatura CE. Al fine di poter dare un’idea del parco macchine si riportano i dati di un’indagine svolta nel 1986 che ha visto il coinvolgimento di 101 aziende rispetto alle 823 complessive operanti nella nostra zona. Sono state censite 196 macchine con un’anzianità media di 9,8 anni, con una potenza media per addetto di 8,9 CV ed una potenza media di 16,7 CV per ettaro di superficie totale (assai superiori al dato medio provinciale di circa 35 CV per 100 ha sau), con un’alta presenza di motocoltivatori e di macchine agricole maneggevoli e di piccole dimensioni (vedi tab. 3.1).

 

Tab. 3.1 Indagine PISLL Floricoltura – Distribuzione macchine operatrici per tipologia e anzianità

 

N.

%

rispetto al totale delle macchine

Anzianità media (anni)

Potenza media (CV)

Tratt. con cabina

5

2,5

4

60,6

Tratt.-senza cabina

40

20,4

9,8

45,2

Motocoltivatori

88

44,9

10,4

13

Motozappatrici

26

13,3

11,9

4,9

Motofalciatrici

11

5,6

4,5

6,5

Atomizzatori

3

1,5

11,3

2,8

Frese

17

8,7

16,9

7,1

Altri

6

3,1

10,1

1,8

 

 

La fase di concimazione viene effettuata, soprattutto in Valdinievole, tramite distribuzione manuale.

 

 

 

 

 

3.3    FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE “LAVORAZIONE DEL TERRENO ”

 

rischio chimico

 

I mezzi meccanici come la generalità delle macchine, necessitano di oli minerali come lubrificanti degli organi meccanici.

E’ presente, inoltre, anche un rischio chimico legato alle emissioni dei motori a scoppio soprattutto in ambiente confinato (sotto serra).

La lavorazione del terreno comporta anche un rischio legato alla emissione di polveri.

 

rischio fisico

 

Durante la fase di lavorazione del terreno all’esterno si evidenzia il rischio fisico proveniente da un’esposizione prolungata alla luce solare, ovvero alle radiazioni ultraviolette.

 

Particolare attenzione deve essere dedicata, inoltre, al rischio fisico proveniente dall’esposizione prolungata agli agenti atmosferici di varia natura, ovvero al macroclima.

 

Ad esso si aggiunge il rischio fisico proveniente dall’impiego di motocoltivatori e motozappe che comporta l’esposizione dei distretti anatomici mano-braccio degli operatori a livelli di vibrazioni anche notevoli, tali da poter ipoteticamente comportare l’insorgenza di danni fisici a seguito di esposizioni protratte nel tempo. Le vibrazioni trovano origine nel movimento di taluni organi  meccanici, nell’azione sul terreno degli organi di lavorazione e nel rotolamento delle ruote sulle asperità superficiali. La loro trasmissione all’operatore avviene attraverso le stegole che vengono impugnate nella guida. Il problema delle vibrazioni mano-braccio è stato affrontato nell’area della Valdinievole nel corso di un’indagine condotta nelle province di Lucca e Pistoia nel periodo 1992-93. Dall’indagine svolta è risultato che i livelli di vibrazione non sembrano dipendere significativamente dalle caratteristiche dell’operatore mentre hanno un ruolo preponderante le caratteristiche del terreno (i terreni non lavorati forniscono livelli di vibrazione più elevati).  Il fattore dominante, comunque, fra quelli che concorrono a stabilire l’entità delle vibrazioni, è senz’altro costituito dal tipo di macchina impiegato nella lavorazione ed, in linea di massima, limitandoci ai motocoltivatori si è osservato che i maggiori livelli di vibrazione sono stati raggiunti sulle macchine di maggior potenza in particolare quelle alimentate a gasolio.

 

L’uso delle trattrici o simili macchine agricole comporta, invece, un rischio vibrazioni trasmesse invece all’intero corpo a cui sono sottoposti i conduttori delle macchine stesse durante le varie lavorazioni effettuate in pieno campo. In particolare, da un’indagine effettuata da alcune Unità sanitarie Locali della regione Toscana, risulta che il maggior rischio da vibrazioni per il conducente del mezzo è legato sia ad operazioni di aratura e morganatura (accelerazione a 1,2 m/s2 circa) sia al trattamento ed al trasferimento dei mezzi e degli attrezzi e/o il trasporto (accelerazione a 1,0 m/s2 circa). Nel caso dell’aratura e morganatura ciò è da imputarsi all’uso prevalente dei mezzi cingolati ed al tipo di attrezzo utilizzato. La curva distributiva relativa all’aratura evidenzia che il 78% delle misurazioni di accelerazione sono comprese nell’intervallo 0,6 e 1,4 m/sec2; i valori superiori sono riferiti a lavorazioni svolte su terreno collinare poco frequenti nella zona della Valdinievole.

La curva distributiva relativa alla fase lavorazione del terreno in generale, cioè relativa all’accorpamento delle varie operazioni caratteristiche di questa fase, evidenzia che l’88% delle misure è compreso tra 0,4 e 1,6 m/sec2 (fig. 3.2).

 

 

 

Fig. 3.1


 

 

 



Fig. 3.2

 


Gli addetti alle macchine agricole nelle varie fasi lavorative sono esposti anche al rischio rumore. Numerose sono le variabili che, in ordine di importanza, determinano i vari livelli di rumorosità: tipo di trattrice (se a ruote o cingoli), tipo di cabina (con impianto di condizionamento, chiusa, aperta o assente) e anno di immatricolazione del mezzo agricolo.

Dalle indagini effettuate da alcune Unità Sanitarie Locali della Regione Toscana è emerso che i cingolati rappresentano un gruppo omogeneo in quanto sprovvisti di cabina. Viceversa per i trattori gommati il tipo di cabina installata è un parametro essenziale in quanto vi sono circa 10 dB(A) di differenza tra i Leq medi dei trattori dotati di cabina con impianto di condizionamento e quelli senza cabina.  Per quanto riguarda la correlazione tra gommati e cingolati con il rispettivo anno di immatricolazione è risultato che i nuovi trattori a ruote risultano meno rumorosi rispetto alle macchine più vecchie mentre i risultati ottenuti nella misurazione del rumore prodotto dai cingolati sono completamente scorrelati dai dati di immatricolazione.

I dati ottenuti per i trattori gommati si distribuiscono, invece, generalmente su tre gruppi:

1.      trattori non cabinati più vecchi e con una rumorosità che si attesta intorno a 90 dBA;

2.      i trattori cabinati con piattaforma (chiusi condizionati);

3.      i trattori cabinati con pedana aperti.

Tuttavia anche fra i trattori cabinati c’è una differenza legata al tipo di assemblaggio della cabina sul telaio: nel caso dei trattori cabinati aperti la rumorosità media si attesta intorno ai 92 dBA (anche se di più recente costruzione e di minor potenza) mentre nel caso di trattori cabinati condizionati questa è di circa 79 dBA. Inoltre, a parità di marca e tipo, la rumorosità non aumenta linearmente con le ore di lavoro: la differenza di rumorosità fra trattori con molte ore lavorative e quelli meno usati si attesta fra 1 e 2 dBA.

Le attività agricole prevedono, inoltre, per l’effettuazione di operazioni colturali l’uso dei motocoltivatori nei quali l’operatore è costretto a seguire camminando il mezzo in movimento, trovandosi sempre molto vicino al motore. Nell’indagine effettuata nelle province di Lucca e Pistoia sono state presi in considerazione l’altezza dell’operatore, gli anni di utilizzazione del motocoltivatore, la potenza del motore e la lunghezza della fresa come parametri che possono incidere sulla valutazione del livello di rumore equivalente. Nella tabella 3.2 si riportano i rilievi statistici sulle variabili considerate.

 

Tab. 3.2

Variabile indagata

N° Campioni

Leq Minimo

dB(A)

Leq Massimo

dB(A)

Leq Medio

dB(A)

d.s.

 

Alimentazione

Benzina

12

85.6

96.5

91.1

3.6

Gasolio

22

86.7

96.4

91.5

2.7

Miscela

6

85.2

95.5

90.7

4.2

 

Umidità del terreno

Elevata

3

88.5

91.0

89.5

1.3

Media

26

85.2

95.6

90.9

3.2

Scarsa

11

86.7

96.5

92.4

3.2

 

Tessitura del terreno

Argillosa

11

86.9

96.4

91.1

3.5

Medio impasto

22

85.2

96.5

91.1

3.2

Sabbioso

7

86.3

95.5

91.7

3.0

 

Stato terreno

Lavorato

4

85.2

96.4

89.2

5.0

Semilavorato

15

85.6

96.5

90.6

2.7

Non lavorato

21

86.9

95.6

92.1

3.0

Complessivi

40

85.2

96.5

91.2

3.2

 

Considerando i valori medi e le deviazioni standard relative non si riscontrano in genere evidenti relazioni fra le variabili. Gli andamenti in funzione del tipo di carburante utilizzato per l’alimentazione e quindi dei principi costruttivi base del motore non mostrano alcuna tendenza significativa. Per quanto riguarda i rapporti tra le variabili relative alle condizioni del terreno ed i livelli dei rumori non parrebbe esserci alcuna relazione sicura; una certa influenza dello stato del terreno e dell’umidità sul rumore non è da escludere, ma il numero dei campioni di alcuni casi è troppo basso perché si possa attribuire a questi andamenti. Mediamente si riscontrano comunque  rumori più bassi quando il terreno risulta già lavorato con arature o fresature precedenti, mentre i valori sono leggermente maggiori quando il terreno è incolto o inerbato da tempo: terreni non lavorati oltre a richiedere prestazioni più severe del mezzo meccanico costituiscono in effetti superfici maggiormente riflettenti rispetto a quelle più soffici o ricche di avvallamenti dei terreni già lavorati. E’ anche possibile che un’elevata umidità del terreno produca una leggera diminuzione del rumore rispetto a quella osservabile nella lavorazione di terreni più asciutti, ma si tratta di una tendenza appena accennata. Sembra infine che la tessitura del terreno non abbia alcuna influenza diretta sulla produzione di rumore. Risulta evidente, inoltre, che le emissioni dipendono non soltanto dalle caratteristiche del motocoltivatore, ma anche dalle condizioni d’impiego ovvero dalla frequenza di rotazione del motore.

 

rischio biologico

 

Il contatto con il terreno può provocare la contaminazione con il bacillo del tetano anerobio abitatore del terreno stesso tramite soluzioni di continuo della cute contaminate con una piccola parte del medesimo.

Un altro rischio biologico importante è quello legato alla possibilità di contrarre  leptospirosi tramite  contatto della leptospira presente in acque stagnati contaminate da urine di animali vettori (es topi) con  mucose, con  ferite, o comunque con soluzioni di continuo della cute.

 

rischio infortunistico

 

La fase di lavorazione del terreno comporta possibili rischi di infortunio, sia causati dal ribaltamento dei mezzi (rispetto a pendii scoscesi), sia da mancanza di protezioni nelle parti operatrici e di sicurezza dei mezzi utilizzati.

Situazioni di rischio possono essere causate anche dalla mancanza di procedure riferite ad un corretto comportamento relativo alla manutenzione degli attrezzi durante la fase di lavorazione.

Elevati sono gli infortuni conseguenti l’asportazione della protezione del giunto cardanico che, rimanendo scoperto, comporta la presa di arti con rilevanti conseguenze, così come lo sono  quelli causati a seguito dell’uso del motocoltivatore sul quale viene manomesso, o risulta addirittura assente, il motorstop. Il rischio di cattura o trascinamento si verifica comunque in prossimità delle parti rotanti, albero cardanico, pulegge e cinghie di trasmissione.

 

Un altro rischio da prendere in considerazione è il rischio di investimento da parte dei mezzi agricoli qualora venga a ridursi la visibilità anteriore dal posto di guida; può capitare, inoltre, di dover procedere a marcia indietro, con aggravamento anche dell'impegno posturale dell'addetto. 

In linea di principio, qualunque manovra eseguita scorrettamente può dare luogo a situazioni più o meno pericolose. Fra queste merita particolare attenzione la possibilità di azionare inavvertitamente con la presa .di .potenza ruotante a 1000 giri/min, presente ormai sulla  maggior parte delle motrici di media e grande potenza, un’operatrice dimensionata per funzionare a 540 giri/min. Ovviamente questo è un caso di estremo pericolo, in quanto l’operatrice, a meno di non essere diversamente specificato, non è in grado di reggere alle sollecitazioni derivanti dall’incremento di velocità. Tale problema deriva dal fatto che sulla trattrice si ha un innesto scanalato per le due differenti velocità.

 

Rischio movimentazione manuale dei carichi e posture

 

Un problema di movimentazione manuale dei carichi è costituito dalla operazione di trasporto dei prodotti chimici stoccati in sacchi e/o fusti o, comunque, da altre eventuali operazioni simili non svolte con l’ausilio di attrezzature meccaniche.

 

 

 

3.4      DANNO ATTESO E RILEVATO NELLA FASE “LAVORAZIONE DEL TERRENO”

 

danno conseguente il rischio chimico

 

Gli oli minerali utilizzati come lubrificanti degli organi meccanici delle macchine, sono una classe di composti che possono presentare per i lavoratori rischi di danni di tipo acuto (allergie, dermatiti) e di tipo cronico (tumori).

La IARC suddivide gli oli minerali in due grandi categorie:

-         non severamente raffinati: classificati certamente cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1).

-         severamente raffinati: classificati tra le sostanze per le quali non è possibile esprimere un giudizio di cancerogenicità (Gruppo 3).

L’Unione Europea, invece, nel classificare i prodotti derivanti dal petrolio e dal carbone (tra cui ovviamente gli oli minerali), ha seguito un diverso criterio da quello della raffinazione “tal quale”. Le miscele di sostanze derivate dal petrolio e dal carbone vengono considerate sostanze a cui è stato attribuito un univoco numero di identificazione CAS ed un univoco numero di indice CE, classificando ca. 600 sostanze come cancerogene (R45) a meno che il produttore non possa dimostrare che contengono (D.P.R. n° 52/97):

-         meno dello 0.1% peso/peso di 1.3 – butadiene

-         meno dello 0.1% peso/peso di benzene

-         meno del 3% di estratto Dmso (dimetilsolfossido) secondo la misurazione IP 346

-         meno dello 0.005% peso/peso di benzo (a) pirene;

oppure se il produttore, conoscendo l’intero iter di raffinazione, può dimostrare che la sostanza da cui il prodotto è derivato non è cancerogena.

 

Danno conseguente il rischio fisico

 

Il rischio fisico proveniente da un’esposizione prolungata alla luce solare incide su eventuali patologie cutanee croniche od oculari recidivanti.

 

D’altra parte anche un’esposizione ad un macroclima sfavorevole può comportare danni a carico degli apparati respiratori, osteo-articolari e cardiovascolari.

 

Il rischio fisico conseguente l’impiego di motocoltivatori e motozappe può comportare, in caso di prolungata esposizione, danni fisici ai distretti anatomici mano-braccio .

 

Per quanto riguarda le vibrazioni che si trasmettono al corpo, dalla letteratura scientifica emerge che la guida dei trattori è legata ad un accresciuto rischio di patologia a carico della colona vertebrale. Durante la guida dei trattori, infatti, svariati fattori possono concorrere ad un sovraccarico del rachide e delle strutture muscolari e tendinee di supporto. In particolare, almeno nei conducenti professionisti, sembrano giocare un ruolo di rilievo nello sviluppo di malattie osteoarticolari l’eccessiva esposizione a vibrazioni trasmesse a tutto il corpo (WBV) e l’assunzione di atteggiamenti posturali incongrui durante la guida.

Le vibrazioni che si trasmettono dalla trattrice al corpo del conducente possono dividersi in due gruppi principali: quelle a bassa frequenza (inferiori a 10 Hz) e quelle ad alta frequenza (superiori a 15 Hz). Le prime si manifestano principalmente durante la marcia del veicolo ed implicano disturbi soprattutto nella zona tronco-addominale causando moti relativi fra scheletro e tessuti. Possono portare, in caso di prolungata esposizione, a disturbi irreversibili alla spina dorsale ed all’apparato digerente. Le vibrazioni di frequenza maggiore, invece, sono essenzialmente dovute al motore ed alle trasmissioni ed incidono soprattutto sul sistema nervoso e sull’affaticamento del conducente.

 

Danno conseguente alla esposizione al rischio rumore

Nei lavoratori addetti alla guida di macchine operatrici è molto frequenti il riscontro di patologia a carico dell’apparato uditivo di origine professionale. Occorre anche precisare che l’esposizione a sorgenti rumorose di notevole intensità può comportare anche danni non uditivi a carico del sistema nervoso centrale (cefalea, insonnia, disturbi psichici ecc.)e dell’apparato digerente (disappetenza, nausea, pirosi ecc).

 

 

 

Danno conseguente il rischio biologico

 

Le patologie di origine infettive derivate da una contaminazione con bacillo del tetano o con leptospira rappresentano, sempre, situazioni cliniche molto serie, anche per la frequente difficoltà di diagnosi precoce data la non specificità dei sintomi iniziali e la tendenza a  trascurare una corretta anamnesi professionale degli interessati.

 

 

Danno conseguente il rischio infortunistico

 

Il rischio infortuni da caduta può comportare lesioni di particolare gravità a carico di lavoratori che risultassero schiacciati o investiti dalle macchine.

La movimentazione meccanica di attrezzature mobili (ad esempio portate dal trattore) per la lavorazione del terreno può comportare contusioni, ferite e fratture di arti per ribaltamento o investimento diretto da parte dei mezzi stessi oppure distorsioni articolari accadute al lavoratore nel salire e scendere dal mezzo.

Il rischio di cattura o trascinamento comporta danni agli arti superiori ed inferiori.

 

Danno conseguente la movimentazione manuale dei carichi e posture

La movimentazione manuale dei carichi, se presente, può comportare tra l'altro, lesioni a carico del tratto dorso – lombare della colonna vertebrale del soggetto.

 

 

 

3.5     GLI INTERVENTI NELLA FASE “LAVORAZIONE DEL TERRENO”

 

Interventi per il rischio chimico

Nel caso di esposizione ad olii minerali occorre prioritariamente adottare in fase di scelta dell’olio lubrificante il prodotto con caratteristiche  tossicologiche più favorevoli (olii estremamente raffinati).

Occorre inoltre proteggere il lavoratore dall’esposizione a polveri di varia natura attraverso l’adozione di idonee misure quali la dotazione del trattore, possibilmente, di cabine climatizzate ovvero l’impiego da parte del lavoratori di dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie (maschere con idonei filtri antipolvere con grado di protezione p1-p2 a seconda della granulomteria delle polveri) e delle altre parti del corpo eventualmente esposte (cute ad es.) con guanti, tute e simili.

 

Interventi per il rischio fisico

 

La riduzione delle vibrazioni a tutto il corpo delle trattrici agricole, qualunque sia la loro frequenza, è estremamente importante ed è ottenibile, oltre che isolando completamente il posto di guida mediante piattaforme sospese collegate elasticamente al corpo della trattrice, sia attraverso un periodico rinnovamento del parco macchine con mezzi più nuovi scelti anche sulla base di questo criterio, sia con l’uso di appropriati sedili, sia riducendo per quanto possibile i tempi di guida.

Queste ultime misure sono le stesse applicabili nel caso delle vibrazioni mano-braccio.

Nel caso del rumore è opportuno pensare a misure tecniche, organizzative e procedurali: bonifiche acustiche, rinnovo progressivo del parco macchine, dotazione di protezioni collettive o individuali idonee, tempi di esposizione ridotti, informazione e formazione degli addetti, corretta sorveglianza sanitaria.

 

 

 

Interventi per il rischio biologico

 

In questo caso è importantissimo curare accuratamente e di volta in volta le piccole ferite e ogni soluzione di continuo presente sulla cute, nonché la vaccinazione preventiva nel caso del tetano, l’uso attento dei dispositivi di protezione individuale (guanti e stivali di idonee dimensioni) ed evitare il contatto con acque stagnanti, favorendo sempre lo scolo delle stesse.

 

Interventi per il rischio infortunistico

Il rischio infortuni da movimentazione meccanica di attrezzature mobili per lavorazione del terreno può essere limitato mediante l’adozione di idonee attrezzature da utilizzarsi nel momento dell’intervento stesso (es: uso di scivoli ed appositi dispositivi a forca). La eventuale movimentazione manuale dei carichi può essere evitata mediante impiego di opportuni ausili meccanici. Nel caso della movimentazione manuale occorre procedere ad opportuna valutazione del rischio in sede di misure attuative del D.L.vo 626/94 (v. Titolo specifico).

Il rischio infortuni da caduta può essere limitato mediante la formazione degli addetti e la verifica preventiva e periodica delle apparecchiature nel loro insieme.

Gli interventi per il rischio di presa o trascinamento comportano l’integrazione della protezione (cuffia, controcuffia ed albero) dell’albero telescopico con doppio giunto cardanico utilizzato per trasmettere il moto della presa di potenza della trattrice sino all’operatrice e devono impedire l’accesso diretto a tutte le parti in movimento se non in officina e a personale specializzato.

 

Interventi per il rischio movimentazione manuale dei carichi

 

Oltre all’eventuale impiego di ausili meccanici per l’effettuazione delle manovre comportanti questo rischio, è importante anche idonea sorveglianza sanitaria ai fini del rilascio di idoneità specifica per le mansioni svolte con eventuale limitazioni o indicazioni relative. Fondamentale è, a proposito di questo rischio, l’informazione e la formazione di tutti gli addetti in quanto la consapevolezza del rischio è premessa indispensabile per evitare determinati danni, anche al fine di predisporre una diversa organizzazione del lavoro che preveda, ad esempio, in alcuni casi carichi meno pesanti o la movimentazione congiunta dei carichi maggiori in due o più persone, ovvero con procedure idonee o assumendo posizioni opportune.

 

 

Rapporti ditte appaltanti e apaltatrici

 

3.6     APPALTO A DITTE ESTERNE NELLA FASE “LAVORAZIONE DEL TERRENO”

 

Nelle aziende della nostra zona questa fase è molto spesso appaltata a ditta esterna: un’attenzione particolare deve essere rivolta nei confronti dei contoterzisti, una categoria che, soprattutto, nei periodi di buona stagione si espone ai rischi di cui sopra per tempi lavorativi molto prolungati. In questi casi fanno capo alla ditta contoterzista tutte quelle responsabilità legate alla utilizzazione dei propri macchinari, delle proprie attrezzature e dei DPI adottati, mentre fanno capo alla azienda che ha richiesto l’intervento di mettere a conoscenza il contoterzista di eventuali pericoli legati allo svolgimento delle attività in particolari condizioni di tempo e di luogo di cui sia a conoscenza soltanto l’appaltante (es. stato dei luoghi, terreni a rischio, pendii, fossi più o meno visibili ecc.).

 

 

 

 

3.7     RIFERIMENTI NORMATIVI

 

-         Art. 3 "Misure generali di tutela" del D.Leg.vo  n° 626 del 19.09.1994.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del Dirigente e del Preposto" del D.Leg.vo  n° 626 del 19.09.1994

-         Titolo VII del D.Leg.vo  n° 626 del 19.09.1994 "Protezione da agenti cancerogeni".

-         Titolo VIII Capo IV "Materie e prodotti asfissianti, irritanti, tossici e infettanti" D.P.R. n° 547 del 27.04.1955.

(Rischio infortunistico)

 

Dispositivi di protezione individuale (D.P.I)

-         Tit. X , Capo I "Disposizioni di carattere generale", Capo II "Abbigliamento e indumenti di protezione", Capo III "Protezioni particolari" D.P.R. n° 547 del 27.04.1955.

-         Art. 26 "Mezzi personali di protezione" D.P.R. n° 303 del 19.03.1956.

-         D. Lgs. N° 475 del 04.12.1992 "Attuazione della direttiva 89/686/CEE del consiglio del 21/12/1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale".

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto", comma 5 lettera d) del D. Lgs. N° 626 del 19.09.1994.

-         Titolo IV del D. Lgs. N° 626 del 19.091994 "Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale".

-         Allegato IV del D. Lgs. N° 626 del 19.09 1994 "Elenco indicativo e non esauriente delle attrezzature di protezione individuale".

-         Allegato V del D. Lgs. N° 626 del 19.09 1994 "Elenco indicativo e non esauriente delle attività e dei settori di attività per i quali può rendersi necessario mettere a disposizione attrezzature di protezione individuale".

 

Formazione ed informazione dei lavoratori

-         Artt. 4 e 5 "Obblighi dei datori di lavoro, dirigenti e preposti D.P.R. N° 547 del 27.04.1955.

-         Titolo I, Capo VI "Informazione e formazione dei lavoratori" D. Lgs. 626 del 19.09.1994.

-         Titolo III "Uso delle attrezzature di lavoro", art. 37  e art. 38 del D. Lgs. 626 del 19.09.1994.

-         Titolo V "Movimentazione manuale dei carichi", art. 49 del D. Lgs. 626 del 19.09.1994.

-         Titolo VII "Protezione da agenti cancerogeni", art. 66 del D. Lgs. 626 del 19.09.1994.

 

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

-         Art. 6 "Doveri dei lavoratori" D.P.R. N° 547 del 27/04/1955.

-         Art. 41 "Protezione e sicurezza delle macchine" D.P.R. N° 547 del 27/04/1955.

-         Titolo III, Capo III "Trasmissione ingranaggi" D.P.R. N° 547 del 27/04/1955.

-         Art. 68 "Protezione degli organi lavoratori e delle zone di protezione delle macchine" D.P.R. N° 547 del 27/04/1955.

-         Art. 72 "Blocco degli apparecchi di protezione" D.P.R. N° 547 del 27/04/1955.

-         Artt. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. N° 547 del 27/04/1955.

-         Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D. Lgs. 626 del 19.09.1994.

-         Titolo III "Uso delle attrezzature di lavoro" D. Lgs. 626 del 19.09.1994.

-         D.P.R. N° 459 del 24.07.1996 (Direttiva Macchine).

-         Norma UNI EN 292 generali di progettazione. Specifiche e principi tecnici".

-         Norma UNI EN 614/1 del 31.03.1997 " Sicurezza del macchinario. Principi ergonomici di progettazione. Terminologia e principi generali".

-         Norma UNI EN 294 del 31.07.1993 "Sicurezza del macchinario. Distanze di sicurezza per impedire il raggiungimento di zone pericolose con gli arti superiori".

-         Norma UNI EN 349 del 30.06.1994 "Sicurezza del macchinario. Spazi minimi per evitare lo schiacciamento di parti del corpo".

-         Norma UNI EN 811 del 28.02.1998 "Sicurezza del macchinario - Distanze di sicurezza per impedire il raggiungimento di zone pericolose con gli arti inferiori".

-         UNI EN 1037 del 30.04 1996 "Sicurezza del macchinario. Prevenzione dell'avviamento inatteso".

-         UNI EN 982 del 31.07.1997 "Sicurezza del macchinario. Requisiti di sicurezza relativi a sistemi e loro componenti  per trasmissioni oleoidrauliche e pneumatiche. Oleoidraulica".

-         UNI EN 983 del 31.07.1997 " Sicurezza del macchinario. Requisiti di sicurezza relativi a sistemi e loro componenti  per trasmissioni oleoidrauliche e pneumatiche. Pneumatica"./1 del 01.11.1992 "Sicurezza del macchinario. Concetti fondamentali, principi generali di progettazione. Terminologia, metodologia di base".

-         Norma UNI EN 292/2 del 30.11.1992 "Sicurezza del macchinario. Concetti fondamentali, principi

 

 

 

 

 

3.8    IL RISCHIO ESTERNO CONSEGUENTE LA FASE “LAVORAZIONE DEL TERRENO”

 

I principali fattori di impatto ambientale di questa fase lavorativa sono i seguenti:

 

Emissioni in atmosfera

Si tratta delle emissioni dei trattori con motori diesel che scaricano i gas di combustione e particolato nell’ambiente o delle macchine agricole funzionanti con motore a scoppio che possono emettere inquinanti in atmosfera, tanto più pericolose se il lavoro è svolto in ambiente confinato.

 

Produzione rifiuti

I principali rifiuti prodotti in questa fase sono: i sacchetti contenenti azoto, fosforo e potassio che vengono ritirati dalle aziende autorizzate al trasporto ed allo smaltimento.

 

Oli lubrificanti e Batterie

Si tratta di rifiuti tossici e nocivi da smaltire tramite ditta autorizzata.

Non si possono escludere pericoli di  sversamento di oli, combustibili o altri contaminanti chimici che possono finire nelle acque superificiali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 4

 

 

DISINFESTAZIONE DEL TERRENO:

ANALISI DEI RISCHI E DELLE SOLUZIONI

 

 

 


4.1    DESCRIZIONE DELLA FASE "DISINFESTAZIONE DEL TERRENO"

 

La fase di disinfestazione del terreno può avvenire attraverso due trattamenti principali:

 

·        Chimico

·        Fisico

 

che hanno lo scopo di distruggere gli organismi, nocivi per le colture, presenti nel terreno.

Il primo può essere fatto o attraverso l’impiago di gas tossici come il bromuro di metile o con altri prodotti fitosanitari che si trovano in vendita, il secondo attraverso l’impiego di vapore.

 

 

 

Trattamento chimico con bromuro di metile

 

La ditta che si occupa della disinfestazione con bromuro di metile deve essere autorizzata da parte della Questura locale a fare determinati tipi di trattamenti, per i quali è indispensabile, peraltro, avvisare almeno cinque giorni prima l’U.F. di Igiene e Sanità Pubblica dell’Azienda USL. Dovranno essere specificati il giorno e l’ora del trattamento e la dichiarazione di vicinanza o meno da eventuali abitazioni (< o > di 50 m). Il controllo da parte dell’ U.F. di Igiene e Sanità Pubblica, prima durante e dopo il trattamento, viene effettuato a campione in almeno il 60% dei trattamenti eseguiti .

Al fine di disciplinare in modo più restrittivo l’applicazione del trattamento con il bromuro di metile sul territorio della Valdinievole, l’autorità sanitaria locale ha previsto, nel rispetto dell’ordinanza ministeriale del 16/06/94, che, qualora il trattamento venga effettuato a distanza ravvicinata dalle abitazioni rispetto al  campo da trattare e/od al bollitore (< 50 m), per tutta la durata del medesimo la popolazione interessata sia allontanata dalle abitazioni civili ricadenti nell’area di rispetto di cui sopra al fine di garantirne la sicurezza.

 

Circa le modalità di effettuazione si possono individuare due sistemi: uno “a caldo” e uno “a freddo”:

 

1° sistema “a caldo”

Il trattamento consiste nell’insufflazione di gas bromuro caldo (T=90-95°C) sotto teli attraverso una rete di distribuzione collegata ad un bollitore posto a distanza. Alla fine del trattamento si esegue un flussaggio dei tubi con azoto al fine di ripulire l’intero sistema.

Trascorsi almeno sette giorni la ditta autorizzata al trattamento può aprire i teli e scoprire il terreno che risulta pronto per la lavorazione.

I punti di maggior pericolo durante l’effettuazione del trattamento sono quelli individuati nel bollitore e nello stoccaggio delle bombole di bromuro su camion.

Questo sistema viene generalmente usato nelle serre o in piccoli appezzamenti.

 

2° sistema “a freddo”

Il secondo sistema prevede un trattamento a freddo con trattore cingolato caricato con bombole di bromuro di metile, dal quale parte un tubo distributore orizzontale principale su cui sono inseriti vari tubicini assolcatori verticali che si inseriscono nel terreno distribuendo il bromuro. La macchina distributrice del bromuro di metile è dotata anche di uno stenditelo che, contemporaneamente alla distribuzione del bromuro, viene steso, interrato da una parte e incollato dall’altra sulla striscia di telo precedentemente stesa.

 

I teli devono essere costituiti da materiale virtualmente resistente al passaggio del bromuro di metile.

Trascorsi sette giorni la ditta autorizzata al trattamento apre i teli e scopre il terreno che risulta pronto per la lavorazione.

Questo secondo sistema è utilizzato solo in campo aperto.

 

Trattamento chimico con altri prodotti fitosanitari:

 

I prodotti che vengono utilizzati per la disinfestazione del terreno possono essere liquidi o granulari. I primi sono distribuiti con le stesse macchine utilizzate nel secondo sistema di spargimento del bromuro di metile, i granulari sono distribuiti direttamente dal trattore (o direttamente a mano per piccole superfici) e generalmente necessitano di interramento e/o irrigazione per favorirne il rilascio progressivo. I prodotti chimici maggiormente impiegati a questo proposito sono risultati i seguenti per quanto riguarda i principi attivi in ordine di maggior quantitativi di formulato denunciati dalle ditte:

 

n.

Principio attivo

N. Cas

1

dazomet   

533-74-4

2

1-3 dicloropropene 

602-030-005

3.

Metam-sodium        

137-42-8

 

 

Trattamento fisico:

 

Il trattamento viene realizzato con vapore ad una temperatura intorno ai 120°C ed è utilizzato soprattutto per la disinfestazione dei terricciati dei bancali o comunque su piccoli appezzamenti di terreno. Il sistema è costituito  da un tubo centrale disposto all’interno del bancale da cui si diffonde vapore e da un sistema di teli che coprono la superficie interessata dal trattamento. Raggiunta l’idonea temperatura all’interno del terricciato e mantenuta per un certo periodo di tempo (1/2 – 1 hr) si ottiene l’effetto di parziale sterilizzazione del substrato.

 

4.2    DESCRIZIONE ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE "DISINFESTAZIONE DEL TERRENO"

 

La disinfestazione con bromuro di metile avviene tramite l’impiego di camion attrezzati dotati di bombole e bollitore per quanto concerne il primo sistema di trattamento “a caldo”  e tramite l’uso di cingolati attrezzati con bombole e meccanismo di distensione dei teli di copertura  per quanto riguarda il secondo sistema di trattamento “a  freddo”.

 

La disinfestazione del terreno avviene attraverso trattori gommati con tramoggia di distribuzione per quanto riguarda i prodotti fitosanitari liquidi o granulari. Questa fase può essere effettuata anche tramite distribuzione manuale.

 

Nel caso della disinfestazione con vapore  si impiega un generatore carrellato che consiste, praticamente, in un apparecchio a pressione all’interno del quale viene prodotto il vapore acqueo tramite ebollizione provocata da generatore di calore alimentato, per lo più, a gasolio.

 

 

 

 

 

4.3    FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE “DISINFESTAZIONE DEL TERRENO ”

 

rischio chimico

Il trattamento con bromuro di metile, che risulta il fumigante più utilizzato nella nostra zona,  può costituire un rischio  sia per gli operatori che per la popolazione potenzialmente esposta e può costituire pericolo di incendio o per la salute. Il prodotto è praticamente non infiammabile, ma i suoi vapori possono formare, in alcuni casi, miscele esplosive con l’aria. Si decompone a temperature elevate dando origine a sostanze tossiche come l’acido bromidrico, il bromuro di carbonile e l’ossido di carbonio. Anche gli altri prodotti chimici impiegati nella fase di disinfestazione del terreno possono rivelarsi, sia come principi attivi sia come coformulanti potenzialmente pericolosi: ad es. nella cloropicrina impiegato come odorizzante nella formulazione del bromuro di metile può essere presente fosgene (TLV 0.40 mg/mc) come impurezza e come sottoprodotto da reazione fotochimica. Le dosi generalmente impiegate sono molto elevate: 60 g/mq nel caso del Bromuro di metile,  100g/mq circa (peso completo) nel caso degli altri formulati.

 

rischio infortunistico

 

Nella fase di disinfestazione del terreno con bromuro di metile liquido si può avere anche il rischio di ustioni nel caso in cui l’addetto venga a diretto contatto con la sostanza.

Per quanto attiene al rischio infortunistico relativo al trattamento di disinfestazione di tipo fisico, si possono avere situazioni di fuoriuscita di vapore dai tubi di distribuzione che possono investire l’addetto.

 

movimentazione manuale dei carichi

 

Un problema di movimentazione manuale dei carichi è costituito dalla operazione di trasporto dei prodotti chimici stoccati in sacchi e/o fusti o, comunque, da altre eventuali operazioni come il trasporto dei tubi o elle attrezzature necessarie alla disinfestazione non svolte con l’ausilio di attrezzature meccaniche.

 

4.4DANNO ATTESO E RILEVATO NELLA FASE “ DISINFESTAZIONE DEL TERRENO ”

 

Il bromuro di metile è una sostanza tossica che penetra nell’organismo soprattutto per via inalatoria. Può essere assorbito anche attraverso la pelle e dare luogo a tossicità sistemica. Inodore e non irritante a concentrazioni già pericolose, il bromuro di metile esercita la sua azione sul sistema nervoso centrale.

L’intossicazione acuta si manifesta di solito in più stadi con sintomi iniziali di cefalea, vertigini, stato di ebrezza, sonnolenza e, dopo un periodo di latenza di alcune ore ed anche giorni, con disturbi psichici, gastrointestinali, cardiovascolari oltre a confusione mentale, sindromi depressive, allucinazioni, atassia, deambulazione incerta, tremori, disturbi sensitivi, oculari e uditori. Esistono inoltre rischio di danni permanenti soprattutto di origine neurologica e psichica.

Il bromuro di metile può danneggiare il sistema nervoso centrale, cuore, polmoni, fegato, milza e reni. Danni al sistema vascolare si manifestano con emorragia nei polmoni e nel sistema nervoso centrale; la degenerazione dei reni porta alla uremia. Il  bromuro di metile si idrolizza nel corpo con formazione di bromuro inorganico producendo effetti sistemici che possono essere una forma inusuale di bromidismo con penetrazione intracellulare da bromuro. A contatto con la pelle il bromuro di metile liquido può produrre ustioni di 2° grado e dermatiti.

A contatto con gli occhi provoca l’irritazione della congiuntiva. Sull’etichetta del formulato di maggior impiego porta la frase di rischio R40 (possibilità di effetti irreversibili per la salute), non presente nella scheda tecnica CEE (DM 29/4/1997)

 

 

Il danno a carico del lavoratore esposto provocato dall’apertura di un tubo per la distribuzione del vapore comporta la possibilità di ustioni di vario grado di gravità soprattutto determinata dall’estensione della superificie cutanea  interessata dal danno.

 

4.5            GLI INTERVENTI NELLA FASE “ DISINFESTAZIONE DEL TERRENO ”

 

La prima misura da prendere in considerazione è la possibilità di sostituire prodotti più tossici con prodotti meno tossici o con misure tecniche ispirate a sistemi alternativi di disinfestazione del terreno. A seguire, nel caso non si possa rinunciare a simili trattamenti è opportuno contenere dosi e frequenza trattamenti entro i limiti più bassi possibili.

I recipienti contenenti bromuro di metile, tenuti sul camion dalla ditta autorizzata allo smaltimento, inoltre, devono essere tenuti ben chiusi, protetti dall’umidità, dal sole e dalle intemperie ( i camion sono a tal fine dotati di una struttura di copertura).

In caso di perdite devono essere tamponati gli spandimenti di liquido con sabbia o terra. In caso di fughe di gas è necessario chiudere la valvola a monte dell’erogazione e tamponare la perdita con uno straccio imbevuto di acqua. Per una più facile individuazione di eventuali fughe, il bromuro di metile viene generalmente addizionato di sostanze spia con odore pungente che ne permettono la rilevazione olfattiva.

Devono inoltre essere utilizzati i dispositivi di protezione individuale: maschera completa di visiera (meglio se provvista di autorespiratrore), filtro per vapori organici (A3), intatto marcato CE EN 141, EN 143, EN 371, EN 372, guanti marcati CE standard EN 374 . 388 – 420, adeguatamente lunghi da indossare sotto la tuta, stivali marcati CE standar EN 344, EN 345, EN 346, EN 347, EN 465, EN 466 da indossare sotto la tuta, tuta con cappuccio marcata CE classe minima di permeazione 3.

L’impiego di teli di plastica con elevato indice di impermeabilizzazione consente l’uso di dosi abbassate rispetto alla massima ammessa (60g/mq)

La scopertura delle aree trattate non deve essere eseguita prima di sette giorni dal trattamento (O.M. 16/06/1994): a nostro giudizio un criterio di  prudenza consiglia di attendere 10 giorni.

Per quanto riguarda gli interventi  di disinfestazione sarebbe comunque opportuno segnalare e perimetrare la zona di distribuzione del fumigante o del vapore durante il trattamento.

 

In linea generale occorre favorire lo sviluppo dell’uso del vapore o di altri mezzi fisici (valorizzando  e diffondendo sperimentazioni alternative già attuate: uso della luce solare e idonea rotazione colturale dei terreni).

 

L’impiego di una apparecchiatura a pressione per la produzione del vapore impone preventive e periodiche verifiche delle caratteristiche del generatore con relativa sua idonea  manutenzione.

L’acquisto, la detenzione e l’uso di prodotti per la disinfestazione comporta sempre il possesso di specifico Patentino, con relativa sorveglianza sanitaria e  patentino e autorizzazione per l’uso dei gas tossici nel caso del Bromuro di metile.

 

 

 

 

 

 

4.6      APPALTO A DITTE ESTERNE NELLA FASE “LAVORAZIONE DEL TERRENO”

 

La fase di disinfestazione con bromuro di metile è appaltata, quasi sempre, a ditta esterna appositamente autorizzata. Per quanto riguarda i trattamenti con gli altri prodotti fitosanitari, possono essere anche effettuati in proprio generalmente su piccole superfici.

Il trattamento con vapore viene generalmente effettuato in proprio o tramite forme di scambio di manodopera tra aziende vicine. In  tutti i casi sono configurabili termini di responsabilità di passaggio di informazioni  tra i vari soggetti, necessarie al fine di evitare o, quantomeno, ridurre rischi presenti per la salute e la sicurezza di addetti e non.

 

4.7    RIFERIMENTI NORMATIVI

R.D. n°147 del 9/01/1927  

Legge Regionale n°36/99

 

 

4.8    IL RISCHIO ESTERNO CONSEGUENTE LA FASE “DISINFESTAZIONE DEL TERRENO”

 

Il Bromuro di metile è altamente tossico per gli organismi acquatici, ovvero può provocare, a lungo termine, effetti negativi per l’ambiente acquatico (frase di rischio presente solo nella scheda tecnica CEE (DM 28/4/1997), ed è pericoloso per lo strato dell’ozono (come recepito in vari protocolli e trattati internazionali con relativi impegni nazionali italiani alla progressiva riduzione degli impieghi).

La sostanza è compresa, insieme ad altri prodotti antiparassitari,  tra quelle previste, a seconda della quantità in lavorazione e deposito, ai fini della definizione di azienda a rischio di incidente rilevante: il limite minimo previsto per relazione semplice è fissato in 10 tonnellate per il Bromuro di metile, ma, presumibilmente, una problematica del genere riguarda ditta utilizzatrice e rivenditori di prodotti fitosanitari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 5

 

 

LAVORAZIONI IN SERRA:

ANALISI DEI RISCHI E DELLE SOLUZIONI

 

 

 


5.1           DESCRIZIONE DELLI FASI DELLE “LAVORAZIONI IN SERRA”

 

In questa fase sono raggruppate le tre principali operazioni colturali che possono essere effettuate all’interno delle serre.

Più precisamente saranno affrontate le seguenti lavorazioni:

a)      impianto coltura;

b)      tutoramento e cure colturali;

c)      raccolta fiori.

La coltura può essere realizzata direttamente sul suolo, cioè a pieno campo, o su bancali  sopraelevati contenenti substrati.

Per la coltura in pieno campo, prima di procedere alla messa a dimora delle piante, viene eseguita una letamazione del terreno seguita da una vangatura con successiva fresatura.

La tecnica di allevamento su bancali, cioè la coltivazione di piante al di fuori del suolo, consiste nel deporre dentro il bancale il terriccio che costituisce il terreno su cui verranno impiantate le cultivar. 

Le caratteristiche di tali substrati devono essere riferite alle esigenze di ordine fisiologico della pianta ed in ordine tecnologico ed economico da parte del coltivatore. Tradizionalmente viene preparato o acquistato un substrato di base che viene modificato di volta in volta, a seconda delle colture per le quali viene impiegato, attraverso l’apporto di ammendanti, concimi e materiali inerti.

Attualmente il materiale principale per la preparazione di questi terricci è la torba.

Terminate le suddette operazioni vengono messe a dimora le piante su terreno in pieno campo o su bancali.

La piantagione può essere eseguita, in relazione alla tipologia di cultivar ed in relazione ai periodi di raccolta, in più momenti e consiste nel disporre le talee radicate  su due file la cui distanza e la densità per mq. dipende dal tipo di coltivazione  svolta: ad esempio per la coltivazione del Garofano Mediterraneo in pieno campo le talee sono disposte su due file a circa 10 cm. di distanza sulla fila, pari ad una densità di 18 piante/mq. Normalmente ogni due file vengono lasciati 40 cm. di spazio per permettere il passaggio di una persona.

A giudizio del coltivatore vengono quindi create più file che creano una parcella.

La lavorazione colturale prosegue quindi con il tutoramento.

Con questo termine si intende l’installazione di sostegni necessari affinchè la pianta mantenga una posizione verticale al terreno.

I sostegni utilizzati consistono nel disporre parallelamente al terreno, delle reti in plastica a maglia la cui larghezza varia secondo la coltura allevata, sostenute da pali in castagno posti alle testate delle parcelle.

Le cure colturali svolte sono individuabili nell’effettuazione di operazioni di diserbo, irrigazione, concimazione e potatura.

 

 

 

 

 

 

5.2           DESCRIZIONE ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE  “LAVORAZIONE IN SERRA”

 

L’attrezzatura di maggior importanza è costituita ovviamente dalla serra.

Sono considerate serre gli impianti infissi al suolo, di tipo prefabbricato, o eseguiti in opera, destinati esclusivamente allo svolgimento di colture specializzate per le quali risultino necessarie condizioni microclimatiche non garantibili stagionalmente.

L’utilizzazione delle serre si basa sulla possibilità di regolare e controllare il complesso delle situazioni ambientali come la luce, l’umidità e la temperatura, secondo le esigenze della specie coltivata e le finalità del produttore.

Le serre possono essere costruite in legno, in ferro o in cemento armato e rivestite di materiali vari (vetro, plastica, polietilene).

Le serre si distinguono in:

-         serre destinate a colture protette con condizioni climatiche artificiali limitate ad una sola parte dell’anno e, quindi, con copertura solo stagionale;

-         serre destinate a colture prodotte normalmente con condizioni climatiche artificiali e quindi con copertura stabile.

Sotto l’aspetto della stabilità le serre si suddividono in :

-         serre mobili o smontabili, ossia strutture che stagionalmente possono essere dislocate in appezzamenti di terreno limitrofi;

-         serre fisse.

Sotto l’aspetto della temperatura si avrà la seguente distinzione:

-         serre fredde;

-         serre calde.

Le macchine che sono utilizzate in questa fase risultano essere:

-         Motocoltivatore con applicata alla presa di potenza la fresa;

-         Attrezzatura utilizzata per la distribuzione dei prodotti fitosanitari;

-         Impianto di irrigazione.

Le altre attrezzature utilizzate, di tipo manuale, sono: forbici, utilizzate per la potatura e recisione dei fiori , vanghe e zappe per la lavorazione del terreno, martelli per l’infissione dei materiali di tutoraggio.

 

5.3    FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE  “LAVORAZIONE IN SERRA”

 

rischio chimico:

l’esposizione a questo rischio, durante le normali operazioni colturali svolte in serra, è  provocata dall’eventuale rilascio di sostanze chimiche derivanti dal degradamento del prodotto fitosanitario, e più precisamente dal principio attivo e dai coformulanti, con cui sono state trattate le colture, ovvero da sostanze di origine vegetale presenti nella costituzione delle piante.

Ciò comporta, a carico dei lavoratori, un notevole rischio di assorbimento cutaneo durante le manipolazioni delle colture quali ad esempio la sboccettatura, la raccolta, l’ammazzettatura, il confezionamento ecc..

 

Nel 1992 un ricerca dell’Azienda USL 3 Pistoia ha evidenziato che a distanza di 7 (sette) giorni dal trattamento permangono sulle colture trattate considerevoli quantità di principio attivo.

La ricerca sulla valutazione del degradamento fogliare ha riguardato specificamente l’esposizione potenziale a Iprodione, prodotto largamente utilizzato come fungicida e disponibile in commercio in polvere bagnabile e liquido.

Il metodo d’indagine ha riguardato l’analisi di matrici fogliari trattate con il suddetto prodotto, il lavaggio delle mani dell’operatore addetto ad operazioni colturali, l’indagine dell’aria con campionatore individuale indossato dall’operatore ed il rilevamento delle polveri ambientali.

 

 

 

 

 

 

 

rischio fisico:

 

rumore:

 

Tale rischio è provocato dall’uso del motocoltivatore che ovviamente, considerato l’ambiente confinato in cui è utilizzato, è maggiormente elevato rispetto a lavorazioni svolte con l’utilizzo dello stesso, in piena aria.

A seguito di una ricerca svolta nel 1993  su alcuni modelli di  motocoltivatori, nelle lavorazioni in serra le misurazioni effettuate sul campo, hanno evidenziato i seguenti livelli di pressione, come riassunti nella seguente tabella.

 

Modello

Anzia-nità

in anni

Potenza nominale (Hp)

Tipo aliment.

Lungh. fresa (cm)

Umidità del terreno

Tessitura del terreno

Stato del terreno

Leq.

Pasquali  922

12

15

b

60

s

m

n

96,9

Benassi RT 10

14

5

m

32

m

s

l/n

95,5

Benassi RT 80

1

7

m

40

m

a

s

92,1

Agria 2100/31

15

7

b

45

m

s

s

91,9

Grillo GN 10

23

10

b

50

s

m

s

96,0

ValpadanaVMC 14

10

14

g

90

m

m

n

93,4

Goldoni 6AE3

8

6

b

40

m

m

s

87,6

Goldoni 713

13

14

g

60

m

s

l

94,0

 

 

Legenda

Tipo di alimentazione: b= benzina; m= miscela; g= gasolio.

Umidità del terreno: s= scarsa; m= media.

Tessitura del terreno: a= argillosa; m= medio impasto; s= sabbiosa.

Stato del terreno: l= lavorato; s= semilavorato; n= non lavorato.

 

Con questi livelli di emissione sonora, è realistico pensare che gli addetti siano esposti ad un rischio   non trascurabile.

Si tenga conto peraltro che, nelle lavorazioni in serra, è stato riscontrato un aumento di circa 2 dB(A) dei livelli di rumorosità rispetto al pieno campo per l’effetto riverbero conseguente.

 

 

 

 

vibrazioni

 

Il rischio delle vibrazioni che espone i conduttori di mezzi meccanici, nel caso specifico durante l’utilizzo di motocoltivatori, è a carico del sistema mano-braccio. Le misurazioni effettuate in diverse condizioni lavorative hanno evidenziato livelli di accelerazione molto differenziati: da un minimo di 0.4  m/secondo quadro (terreno sabbioso e motocoltivatore con una sola ruota) ad un massimo di 19.4 m/secondo quadro (motozappa molto vecchia).

 

 

 

microclima

 

Questo rischio è dovuto alle diverse condizioni microclimatiche presenti in serra dovute alle variazioni imposte dal clima e dalle esigenze colturali, la cui presenza è inoltre agevolata dalla poca areazione presente nell’ambiente.

Misurazioni di WBGT in periodo estivo (1/8 e 7/8) hanno rivelato valori  oltre il TLV ACGIH per lavorazioni a impegno medio continuo in un caso dalle ore 11 alle ore 18 ed in un altro dalle 13 alle 17 del giorno.

 

 

rischio biologico:

La presenza di questo rischio è da considerarsi assimilabile a quello presente nelle abituali condizioni di vita e di lavoro.

Considerate le situazioni ambientali in cui operano gli operatori in serra si evidenzia l’eventuale rischio da Tetano e da Leptospirosi.

Ovviamente questi agenti biologici non sono presenti solamente in una specifica mansione ma sono comuni in generale in tutto l’ambiente lavorativo.

 

rischio infortunistico:

Questi fattori di rischio sono individuabili nelle caratteristiche costruttive e strutturali e sul loro stato di conservazione quali: le vie di circolazione, i passaggi, le porte le vie e le uscite di emergenza, le attrezzature i macchinari ecc..

Ovviamente tali rischi sono presenti anche durante l’uso di tali attrezzature, macchinari e impianti.

Durante l’utilizzo del motocoltivatore sono presenti i seguenti fattori di rischio:

contatto con gli organi lavoratori, presa e trascinamento da parte degli organi di trasmissione in movimento, proiezione di materiali, contatto con le parti surriscaldate della macchina.

 

rischio di movimentazione manuale dei carichi e posture incongrue:

 

Nelle coltivazioni a pieno campo questo rischio è presente a seguito di frequenti sollevamenti di pesi e di diversi interventi lavorativi che impongono agli addetti una posizione a schiena curva per molto tempo.

Se la coltivazione è svolta sui bancali, pur diminuendo notevolmente il rischio posturale, rimane quello relativo al sollevamento dei pesi. 

Una nostra recente indagine (pubblicata da Folia Med. 71(3) 745-751, 2000), svolta nella lavorazione dei crisantemi (crisantemina)  ha evidenziato che le operazioni di piantagione, raccolta ed ammazzettatura rivestono carattere di pericolosa ripetitività.

La piantagione consiste nel piantare un certo numero di piantine radicate che vengono prelevate da un cubetto di substrato, a una a una, e infilate successivamente nel terreno. Questo lavoro si svolge a schiena flessa e comporta, oltre che degli arti superiori, anche un notevole impegno della colonna vertebrale.

La raccolta consiste nello sradicare dal terreno un gambo del fiore che viene poi sfogliato all’estremità. Successivamente i gambi vengono uniti insieme fino a 5, legati con un elastico e ne viene asportata, spezzandola con le mani, l’estremità inferiore.

Nella fase di ammazzettatura l’addetto confeziona cinque mazzi di fiori che una volta legati con l’elastico taglia la parte inferiore utilizzando una taglierina al termine di tali operazioni i mazzi confezionati vengono messi nelle cassette.

 

 

 

 

5.4    DANNO ATTESO E RILEVATO NELLE FASI DELLE “LAVORAZIONI IN SERRA”

 

Danno conseguente il rischio chimico:

Per quanto riguarda le condizione di salute di una popolazione lavorativa floricola si rimanda alla parte generale del presente profilo di rischio. Ai danni di cui sopra occorre aggiungere quanto segue.

Rilevante è la patologia cutanea professionale  sia per l’esposizione al sole, sia alle condizioni macro e microclimatiche, sia per il contatto con sostanze chimiche sintetiche e vegetali (succhi, secrezioni e peli di cui ivegetali sonop dotati).

Frequenti sono gli eczemi allergici da contatto  a carico soprattutto delle mani (v.fase lavorazione del fiore reciso): gli apteni sono rappresentati dalla frazione oleoresinosa (contenente fenoli, alcooli, aromatici, terpeni, esteri alifatici ed aromatici, chinoni) o dalla frazione glucosidica (lattoni sesquiterpenici).

Le piante più segnalate sono Alstroemeria ligtu, il tulipano, il genere Chrysanthemum, Hoya carnosa, Euphorbia pulcherrima, Poinsettia e altre.

 

Famiglie, generi e specie di piante più frequenti causa di eczemi allergici da contatto in Europa

Compositae più frequentemente responsabili di eczemi allergici da contatto

 

Europee

Licheni (Evernia, Parmelia, Pseudevernia)

Achillea millefolium L. (millefoglie)

Epatiche (gen. Frullania)

Arnica montana L. (arnica)

Amaryllidacee (Narcissus)

Artemisia vulgaris L. (amarella)

Araceae (Philodendron)

Chrysanthemum sinense Sabine (crisantemo)

Graminacee (Phleum)

Inula Helenium L. (inula)

Liliacee (Allium, Tulipa, Convallaria majalis L.)

Tanacetum vulgare L. (tanaceto)

Araliaceae (Hedera)

Xanthium strumarium L. (lappola)

Caryophillacee (Dianthus caryophilus L, garofano)

 

Euphorbiaceae (Codiaeum)

Extraeuropee

Geraniaceae (Geranium, Pelargonium)

Ambrosia artemisiea efolia L

Gesneriaceae (Streptocarpus)

Ambrosia trifida

Rutaceae (Citrus)

Aster multiflorus Ait.

Apocynaceae (Nerium oleander, Oleandro)

Franseria acanthicarpa (Hook) Cov.

Compositae

Helenium autuimnale L.

Ericaceae(Rhododendrum)

Partenium Hysterophorus L.

Labiatae (Lavandula, Mentha)

Sausserea lappa (Decne) C.B. Clarke

Primulaceae (Primula)

 

 

Numerosi antiparassitari di uso agricolo hanno evidenziato, inoltre, un’attività embriotossica su sistemi sperimentali (Moses, 1993). I dati epidemiologici attualmente disponibili risultano limitati e, nel loro insieme, inadeguati per la valutazione del rischio di abortività associato ad esposizioni ad antiparassitari nel corso della gravidanza (Taskinen, 1995; Nurminen, 1995).

In numerose indagini è stata valutata l’associazione tra aborto spontaneo  ed attività di tipo agricolo o esposizione ad antiparassitari.

            Le lavoratrici delle serre sono risultate di particolare interesse per lo studio dell’associazione tra aborto spontaneo ed esposizione ad antiparassitari, soprattutto al fine di definire adeguate norme di prevenzione sanitaria.

E’ stata condotta un’indagine nelle seguenti aree, caratterizzate da un’attività agricola prevalentemente svolta in serra:  Comune di S.Marinella, provincia di Roma; Area Val di Nievole, provincia di Pistoia; comune di Viareggio, provincia di Pisa; comuni di Scicli e di Vittoria, provincia di Ragusa.

Le Aziende ASL competenti per le aree in esame hanno effettuato un censimento delle aziende agricole con attività svolta in serra ed individuato le fonti informative per l’identificazione delle donne di interesse per lo studio.

            I criteri di selezione adottati per la definizione della popolazione in studio sono stati definiti come segue:

        età compresa tra i 20 ed i 49 anni al 30.9.1999;

        attività svolta per almeno tre mesi continuativi nel periodo 1.1.1990-30.9.1999 nelle aree incluse nello studio;

        almeno una gravidanza clinicamente accertata nel periodo 1.1.1990-30.9.1999;

        coniugata.

            I criteri riferiti all’età della donna, al periodo di attività lavorativa ed al periodo in cui si sono svolte le gravidanze sono stati adottati  per limitare eventuali distorsioni nella memoria di eventi troppo lontani nel tempo al momento dell’intervista. E’ stato, inoltre, scelto di limitare l’osservazione alle sole donne coniugate per garantire una omogeneità nella popolazione in studio per quanto riguarda le caratteristiche socio-economiche.

            L’identificazione della popolazione prescelta è stata effettuata a livello locale in due fasi successive:

Fase I   - consultazione delle fonti informative disponibili sul territorio, al fine di identificare le donne in base alle caratteristiche definite ai sopra riportati punti 1 e 2 (età, attività lavorativa);

Fase II - contatto diretto con le donne precedentemente identificate e verifica, attraverso una breve intervista, della presenza o meno di gravidanze accertate nel periodo in esame (1990-1999) e dello stato civile.

            Nel passaggio dalla fase I alla fase II di tale procedura, è stata posta una particolare attenzione a limitare il numero di donne non reperibili per l’accertamento delle condizioni richieste per l’inclusione nello studio.

 


            Ad ogni donna inclusa nello  studio è stato richiesto il consenso informato per la conduzione di un’intervista individuale da parte di personale appositamente qualificato. Il questionario standard utilizzato presenta due sezioni principali: una prima sezione, a carattere generale; una seconda sezione costituita da schede specifiche per ogni gravidanza. Nella parte generale del questionario sono state raccolte le seguenti informazioni:

        dati socio-demografici;

        storia riproduttiva completa;

        anamnesi patologica;

        storia occupazionale completa.

            Per ogni gravidanza verificatasi negli ultimi 10 anni è stata compilata una scheda contenente informazioni specifiche sull’esito e sui principali avvenimenti verificatesi nel corso della gestazione, quali:

        patologie materne;

        attività lavorativa materna ed eventuali esposizioni ad agenti esogeni;

        esposizioni materne di tipo domestico o di tipo voluttuario;

        attività paterna svolta prima e durante la gravidanza.

            Nella ricostruzione delle storie occupazionali una particolare attenzione è stata dedicata alle attività svolte in serra, attraverso la compilazione di una scheda specifica.

 

            Sulla base delle informazioni raccolte tramite l’intervista diretta delle donne, è stato possibile classificare le singole gravidanze come “esposte” e “non esposte”.  Il rischio di aborto spontaneo per i due gruppi di gravidanze è stato definito in termini di tasso nel seguente modo:

 

n. aborti spontanei

 


         [n. nati vivi + n. aborti spontanei + nati morti + (n. IVG x r)]

 

con “r” pari alla frazione di interruzioni di gravidanza che si ritiene esposta a rischio di aborto spontaneo.

 

            La stima di rischio in relazione all’attività materna svolta in serra è stata effettuata confrontando il tasso di abortività spontanea rilevato nel gruppo delle gravidanze esposte con quello osservato per il gruppo delle gravidanze non esposte. I tassi sono stati resi confrontabili standardizzando per età materna al momento della gravidanza e parità.

 

            Le analisi sono state condotte utilizzando il package statistico STATA .

 


 

RISULTATI

 

         La  consultazione delle fonti disponibili a livello territoriale ha portato all’identificazione di  1476 donne con attività svolta in serra. L’intervista effettuata attraverso la scheda di selezione ha portato ad arruolare nello studio 656 donne che rispondevano ai requisiti richiesti in termini di età e storia  riproduttiva. Per 13 donne incluse nello studio non è stato possibile procedere all’approfondimento dei dati perché non hanno accettato l’intervista.

          La distribuzione per classe di età al momento dell’intervista e per livello di istruzione delle donne selezionate per l’indagine vengono riportate, rispettivamente, nelle tabelle 1 e 2.

          Nel loro insieme, le donne in studio hanno riportato un totale di 1510 gravidanze comprendenti  1238 nati vivi e 153 aborti spontanei, le gravidanze condotte quando la madre svolgeva attività in serra sono risultate pari al 35.5% (tabella 3).

          La proporzione di aborti  spontanei tra le gravidanze svolte in serra è risultato pari a 12.6%  mentre l’8.7% delle gravidanze considerate non esposte hanno avuto come esito un aborto spontaneo. Il confronto tra le proporzioni di aborti spontanei osservati per le gravidanze esposte e non esposte ha portato ad una stima del rischio (RR) di abortività spontanea in rapporto all’esposizione in serra nel corso della  gravidanza pari  a  1.5 (IC95%= 1.1-2.2), avendo aggiustato per età della madre al momento del concepimento e parità.   

 

         

            L’attività di ricerca svolta ha portato ad una prima valutazione del rischio che può risultare associato ad attività materne svolte in serra. Numerosi agenti presenti in tale contesto produttivo possono essere considerati in relazione a quanto osservato. In primo luogo, risulta di rilevanza valutare il ruolo che potrebbero avere svolto esposizioni ad agenti chimici in grado di interferire con lo sviluppo del concepito, così come noto da dati sperimentali. Altri fattori di rischio di interesse sono l’attività fisica e la postura.

 

 

 

 

 

 

 

Danno conseguente il rischio fisico:

 

rumore

 

L’esposizone a questo fattore di rischio può provocare danni uditivi ed extra uditivi a carico del lavoratore.

La riduzione dell’udito è il danno più specifico cioè il danneggiamento delle strutture nervose deputate alla ricezione dello stimolo e della trasmissione al cervello delle specifiche informazioni.

Tale danneggiamento, di solito bilaterale e simmetrico, condiziona ipoacusia di tipo “percettivo” che interessa inizialmente e specificatamente le frequenze tra 3.000 e 4.000 Hz., con successivo coinvolgimento in fase di aggravamento anche delle frequenze più basse (esempio 2.000 Hz.), come quello della voce parlata.

 

 

vibrazioni

 

l’esposizione a questo fattore di rischio può provocare danni vascolari, neuro-sensitivi, osteo-articolari e muscolo tendinei a carico degli arti superiori del lavoratore.

Indagini effettuate mediante misura di livelli di vibrazioni mano-braccio, in conseguenza all’impiego di motocoltivatori, hanno rilevato un ampio intervallo di valori con livelli compresi tra 0,4 e 19,4 m/s2 .

Si ricorda che i limiti stabiliti sono di 1 m/s2 al di sotto del quale non vi è rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, di 2,5 m/s2 come valore a partire dal quale devono essere adottati provvedimenti, di 5 m/s2  come valore di esposizione che non deve essere superato e deve essere prevenuto.

A parità di altre condizioni sono stati osservati livelli di vibrazioni più elevati su macchine di potenza superiore, su operatori di scarsa esperienza e corporatura piuttosto leggera e su terreni non lavorati.

 

microclima

Gli effetti di condizioni micorclimatiche  cartterizzate da esposizione a indici elevati di stress termico sulla salute dei lavoratori possono essere ricondotti ad una vasta gamma di patologie a carico di vari apparati e sistemi: es. apparato cardio-circolatorio, cutaneo, respiratorio, osteo-articolare, sistema nervoso ecc.

 

Danno conseguente il rischio biologico:

Nel caso specifico si tratta di patologie di origine infettiva particolarmente serie dal punto di vista della prognosi del soggetto: tetano e leptospirosi spesso hanno esito letale per le gravi complicazioni che insorgono a carico del sistema neuro-muscolare nel primo caso (paralisi dei muscoli respiratori)  e del fegato (degenerazione dell’organo) nel secondo caso.

 

Danno conseguente il rischio infortunistico:

 

Ferite, schiacciamenti, lesioni da urto, distorsioni e fratture a carico di vari parti e segmenti articolari conseguenti a fatti infortunistici.

 

 

 

Danno conseguente la movimentazione manuale dei carichi e posture:

 

Carichi funzionali di grado elevato a carico dell’apparato osteo-articolare.  

Dall’indagine, precedentemente richiamata, è stata riscontrata un’alta prevalenza  di dolore e parastesie negli addetti e l’aumento più significativo del dolore negli addetti in età avanzata.

La sede dei disturbi è in prevalenza la spalla, soprattutto la destra, e le mani.

Negli addetti con  età superiore a 35 anni  sono stati riscontrati casi di sindrome del tunnel carpale, di periartrite scapolo-omerale  e epicondiliti nonché cisti tendinee.

 

 

 

5.5    GLI INTERVENTI NELLE FASI DELLE “LAVORAZIONI IN SERRA”

 

 

Interventi per il rischio chimico:

 

Per l’esposizione al rischio chimico, presente durante le lavorazioni in serra su colture trattate con prodotti fitosanitari, dovrà essere considerato il tempo di rientro, che talvolta è riportato sull’etichetta del prodotto, oppure attendere almeno 48 ore prima di rientrare a svolgere operazioni in serra.

Ovviamente si rimanda ad altre parti del documento dove si tratta di situazioni simili con tutte le relative misure tecniche organizzative e procedurali circa eliminazione-riduzione del rischio, formazione-informazione, sorveglianza sanitaria, utilizzo dei dispositivi di protezione individuali ecc.

 

Interventi per il rischio fisico:

 

rumore

l’operatore essendo costretto a seguire il mezzo agricolo in movimento, si trova quindi vicino al motore. A seguito di questa posizione nonché delle caratteristiche del mezzo stesso non è possibile né isolare acusticamente l’operatore con cabine insonorizzate né praticare quelle carenature insonorizzanti al motore stesso per non appesantire la struttura complessiva che comunque deve essere manovrata con la forza delle braccia.

A seguito di quanto sopra l’unico dispositivo di sicurezza contro il rischio rumore è l’utilizzo da parte dell’operatore delle cuffie a protezione dell’udito.

 

vibrazioni

 

Gli interventi di protezione consistono nella corretta ed idonea manutenzione del macchinario, nella sua sostituzione nel tempo con altri modelli caratterizzati da livelli di emissioni inferiori, nonché nella riduzione opportuna e congrua dei tempi di impiego fino al rientro nei valori di soglia consigliati.

 

microclima

 

E’ opportuno prevedere tempi di lavoro contenuti ed intervallati da pause e/o mansioni svolte in pieno campo o presso un altro locale dell’azienda. In serra deve essere garantita una adeguata areazione, ad esempio attraverso superfici sportellate apribili tale che risulti rispondere al 10% della superficie di terreno messa complessivamente a coltura.

Gli sportelli di areazione presenti sulle fiancate della serra devono essere preferibilmente collocati ad un minimo di 70 cm. dal terreno in caso di colture allevate sul suolo e ad un massimo di 150 cm. per quelle coltivate su bancali, ciò permetterà di ottenere una minor diffusione di umidità eccessiva dal colletto delle colture, salvo diverse indicazioni dovute a particolari condizioni climatiche ed a specifiche tipologie colturali.

Al fine di poter intervenire efficacemente con le misure di prevenzione e di protezione è consigliabile dotare la serra di un termometro e di un igrometro.

Gli addetti devono essere dotati di idoneo vestiario e dovranno essere presenti in azienda, adeguati servizi igienici comprensivi di docce e spogliatoi.

 

 

Interventi per il rischio biologico:

Occorre effettuare profilassi antitetanica, rimuovere ogni possibile situazione di acque stagnanti,  garantire il mantenimento di idonee condizioni dei servizi igienico assistenziali a livelli di pulizia e salubrità, nonché l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale quali idonei guanti e stivali.

 

Interventi per il rischio infortunistico:

Le attrezzature da lavoro, cioè macchine, apparecchi, utensili o impianti destinati ad essere utilizzati durante il lavoro, dovranno essere adeguate al lavoro da svolgere e risultare idonee ai fini della sicurezza e della salute.

Gli interventi di miglioramento possono essere riassunti come segue:

mantenere puliti e privi di sostanze che possono causare scivolamenti, controllare periodicamente lo stato di conservazione di tutti i dispositivi di protezione, effettuare manutenzioni dei luoghi di lavoro in genere, delle strutture, delle coperture, provvedere ad affiggere idonea segnaletica, mantenere prive di ostacoli tutte le zone di passaggio, informare e formare continuamente gli addetti per migliorare le abitudini di lavoro.

Indossare idonei dispositivi di protezione individuale.

 

a seguito dell’utilizzo del motocoltivatore:

 

- i comandi devono essere raggiunti facilmente ed in condizioni di sicurezza. Si ritiene soddisfatta questa condizione quando gli organi di comando sono disposti al centro di una semisfera di raggio = a 850 mm troncata da un piano orizzontale passante ad una distanza h = di 400 mm da terra. I comandi del cambio devono essere collocati all’interno della stegola o comunque protetti dall’azionamento accidentale.

La posizione delle marce deve essere evidenziata in modo chiaro, durevole e nel campo di visibilità dell’operatore.

-       Gli organi di guida devono essere muniti di impugnature adeguate al funzionamento e devono risultare manovrabili in modo da mantenere le condizioni di sicurezza anche quando l’operatore è costretto a guidare con una sola mano.

-       L’altezza della stegola deve essere regolabile per far mantenere all’operatore la giusta posizione durante la guida.

-       Devono essere presente dispositivi di arresto e di emergenza.

 

 

Il motor-stop è un dispositivo che deve essere facilmente individuabile, generalmente a leva o a bottone di colore rosso, posto sopra o sotto la manopola di un braccio della stegola. L’addetto durante il lavoro lo deve tenere premuto impugnando la manopola. Nei motori a benzina o a miscela, il rilascio di questo dispositivo provoca l’interruzione della corrente elettrica con conseguente immediato spegnimento del motore, mentre nei motori diesel provoca l’interruzione dell’alimentazione, ma la presa di potenza continua a girare finché il combustibile non è consumanto totalmente nel condotto di alimentazione.

Un altro dispositivo di arresto di emergenza ad “uomo presente” consiste in una leva posta solitamente sotto la manopola, il cui azionamento permette alla cinghia di trasmissione del moto di restare (tramite una piccola puleggia) e di trasmettere il moto stesso agli organi lavoratori; il rilascio della stessa provoca l’allentamento della cinghia con conseguente interruzione del moto degli organi lavoratori a motore acceso.

- quando l’operatore, per avviare il motore, si deve posizionare davanti o di lato all’interno della sagoma della macchina e quando è assente il dispositivo di recupero della fune, deve essere presente un meccanismo che renda impossibile l’accidentale partenza di questa in fase di avviamento del motore. Questa condizione è realizzata tramite gancio o altro dispositivo analogo posto sotto la manopola che, quando è inserito, tenga contemporaneamente  premuto il dispositivo del motor-stop e la frizione.

- Gli organi lavoratori devono essere coperti da un carter di protezione sia superiore che posteriore, solidamente fissato alla struttura. Questo carter ha un duplice scopo: quello di impedire che l’operatore mentre lavora possa essere afferrato dagli organi in rotazione e quelle di trattenere la proiezione di terra e sassi che altrimenti potrebbero essere scagliati verso l’operatore. La protezione superiore deve estendersi per tutta la larghezza di lavoro e non presentare alcuna apertura, mentre quella posteriore può essere mobile e incernierata sulla superiore in modo che lo stesso carter si adatti automaticamente al terreno lavorato in funzione della profondità desiderata.

- Nelle macchine con avviamento a strappo di tipo autoavvolgente, la puleggia di messa in moto deve essere dotata di carter fisso di protezione che impedisca il contatto, anche accidentale, dell’operatore con la puleggia in movimento; se invece il dispositivo autoavvolgente non è presente tale protezione deve potersi richiudere dopo l’accensione. Il volano di avviamento e tutti gli organi ed elementi di trasmissione devono essere protetti.

- Nei motocoltivatori deve essere presente un dispositivo che impedisca alla fresa di essere avviata o di funzionare quando è inserita la retromarcia. Se sono previste più marce deve essere presente almeno una posizione di folle. L’inserimento della retromarcia ed il mantenimento delle relative manovre deve essere garantito dal dispositivo “uomo presente”.

- L’impianto elettrico deve essere costruito con un grado di protezione almeno IP 55. I conduttori se esterni devono essere protetti contro il rischio di danneggiamento di origine meccanica, protetti contro gli agenti atmosferici e se posti in prossimità di sorgenti di calore devono essere avvolti in guaine protettive. Gli accumulatori elettrici, se presenti, devono risultare protetti contro i danneggiamenti di origine meccanica, con coperchio isolante di tipo non igroscopico e batteria di tipo a secco.

- Le parti accessibili del motore e gli elementi di protezione non devono raggiungere temperature elevate. I dispositivi di scarico devono essere muniti di protezione e di un elemento distanziatore per evitare il contatto accidentale.

E’ opportuno ricordare che il motocoltivatore, pur rientrando nel campo di applicazione del D.P.R. 24/7/1996 nr. 459, deve essere controllato da parte dell’utilizzatore, in quanto sia la dichiarazione di conformità e la marcatura CE costituiscono semplicemente presunzione dell’osservanza delle norme di sicurezza previste dal suddetto D.P.R..

 

Interventi conseguenti la movimentazione manuale dei carichi

Gli interventi necessari consistono oltre che nelle già ricordate iniziative di informaziome-formazione e sorveglianza sanitaria, anche e soprattutto nella riconsiderazione ergonomica di  tutti gli aspetti relativi all’organizzazione del lavoro comprese pause, turni, mansioni, postazioni, procedure, perdforsi ecc.

 

 

5.6 APPALTO A DITTE ESTERNE NELLA FASE “IMPIANTO COLTURA”

Questa fase non risulta, nella nostra zona appaltata a ditte esterne.

 

 

5.7 RIFERIMENTI NORMATIVI

v. parti precedenti

5.8    IL RISCHIO ESTERNO CONSEGUENTE LA FASE “IMPIANTO COLTURA”

Il problema sembra limitarsi alla produzione di rifiuti conseguente alle operazioni di impianto, tutoramento e raccolta dei fiori, in quanto trattasi nella maggior parte di casi di steli, parte di steli, o residui vari contaminati da prodotti impiegati nei trattamenti: molte amministrazioni comunali della nostra zona hanno equiparato questi rifiuti, per modiche quantità  prodotte, ad “assimilabili agli urbani” ed in questo caso, quindi, conferibili al servizio pubblico di raccolta.

 

 

 

           


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 6

 

 

LAVORAZIONI DI SUPPORTO:

ANALISI DEI RISCHI E DELLE SOLUZIONI

 

 

 


6.1    DESCRIZIONE DELLA FASE  “LAVORAZIONI DI SUPPORTO”

 

In questa fase sono riunite alcune lavorazioni della floricoltura che non hanno una collocazione temporale ben definita, in quanto possono essere presenti durante, prima oppure di seguito alle fasi precedentemente individuate e analizzate.

Possiamo distinguere, le seguenti lavorazioni di ausilio :

-         Trattamenti parassitari

-         Irrigazione

-         Conduzione di impianti termici

 

 

6.2    DESCRIZIONE ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE  “LAVORAZIONI DI SUPPORTO”

 

Trattamenti antiparassitari

La miscela viene preparata in appositi contenitori, situati nelle immediate vicinanze delle colture da trattare.

I prodotti  vengono poi generalmente distribuiti con l’ausilio di motopompe (alimentazione elettrica, raramente con motore a scoppio) che inviano la sostanza, attraverso apposite tubazioni in gomma, ad una “lancia” trattenuta dall’operatore che effettua il trattamento.

La lancia, nella sua sommità, presenta un fine ugello che nebulizza in minuscole goccioline, la miscela di sostanza e acqua, precedentemente preparata.

Alcune aziende utilizzano, solo per i trattamenti in serra, particolari dispositivi automatici di distribuzione, che non richiedono la presenza di alcun operatore.

Vengono usati essenzialmente 2 sistemi, uno è costituito da una particolare ventola che viene collocata fissa all’interno della serra da trattare e che nebulizza il prodotto e lo propaga all’interno della serra stessa.

Il secondo è costituito da una serie di apposite “lance” che scorrono, grazie ad idoneo gruppo motori, lungo l’intera tratto della coltura da trattare (questo non ha avuto un grande riscontro, in quanto presuppone la presenza di colture pluriennali con distanze, tra le file, non variabili)

Irrigazione

L’irrigazione manuale viene sempre meno praticata, si ricorre sempre più spesso a sistemi automatizzati, con particolare dedizione all’irrigazione a goccia, che permette una ottimizzazione della quantità da distribuire.

Al complesso di tubazioni, che distribuiscono l’acqua lungo la coltura, è abbinata a monte un autoclave gestita con timer di vario genere e, negli impianti più avanzati, da programmi computerizzati.

L’impianto di irrigazione viene sempre più spesso utilizzato per distribuire prodotti fertilizzanti che migliorano la qualità delle coltivazioni e ne regolano il suo regolare sviluppo.

Conduzione di impianti termici

Gli impianti termici, soprattutto nelle serre a copertura “annuale”, sono di solito costituiti da un unico generatore di aria calda, di potenza e dimensione variabile in base all’estensione della serra, collocato in posizione strategica, in maniera cioè di garantire una uniforme distribuzione di calore in tutto l’ambiente.

Le serre fisse, soprattutto dove vengono coltivate le piante da interni, possono essere dotate di impianti più complessi che distribuiscono il calore o attraverso aeratori ad aria calda o attraverso una rete di tubazioni (con varie collocazioni possibili : sotto i bancali, a lato della serra, etc.etc.) dove circola dell’acqua calda.

In questo caso è presente un locale caldaia alimentata con vari combustibili quali il gasolio, il gas metano ed, in alcuni casi, con la “sansa”.

 

 

6.3    FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE  “LAVORAZIONI DI SUPPORTO”

 

Rischio chimico

E’ sicuramente presente durante i trattamenti, in quanto vengono distribuiti prodotti che comportano notevoli rischi per la salute dell’operatore.

Ciò vale anche la prefase di preparazione della miscela, quando il rischio è ancora maggiore, in quanto vengono manipolate i prodotti fitosanitari allo stato concentrato e per quella successiva di pulizia e manutenzione di attrezzature e macchinari.

 

 I Consumi medi quantitativi dei prodotti fitosanitari completi come formulati in commercio per la Floricoltura anno 1996 (Kg/ha) sono risultati:

 

Colture Floricole                                              Kg. 67.99/ha

Colture non Floricole                                          Kg. 11.61/ha

Consumo medio anno 1985 colture floricole :  Kg. 344/ha.

 

                Classi  Funzionali Colture Floricole

Fumiganti

40.5%

Insetticidi

8.9%

Anticrittogamici

19.2%

           Acaricidi

6%

Diserbanti

4.6%

Insetticidi-Acaricidi

0.4%

Fitoregolatori

0.4%

 

I Consumi medi per specifiche colture Floricole (Kg./ha) consente una più precisa assegnazione di quantitativi complessivi di prodotti impiegati

 

Crisantemi

374

Violaciocche

32.86

Garofano

283.9

Fresia

30.99

Garofano Miniatura

177.8

Mazzetteria

30

Lilium

176.5

Achillea

27.83

Gypsofila

145.4

Calle

23.24

Gerbera

117.5

Asteri

20.12

Bulbose

103.1

Olivi da vivaio

15.19

Crisantemina

74.55

Tuberose

10.67

Rose

67.59

Mimosa

10.5

Diantus/Cinesini

63.15

 

Genziana

61.13

Sterlitia

7.26

 

 

 

 

Pansè

 

60

Terreno in genere(diserbi)

5.618

Vasetteria

54.89

Astromeria

3.54

Limonium

45.07

Verde Ornamentale

2.51

Statice

44.89

Settembrina

1.5

Bocche di Leone

42.95

Eucaliptus

1.2

 

 

 

Circa la pericolosità dei prodotti è stata compiuta una ricerca in relazione ai PRINCIPI  ATTIVI  collegabili con il rischio cancerogeno impiegati nel floro-vivaismo (comparto d'impiego prevalente : F-floricoltura , V-vivaismo) che ha dato i risultati seguenti (impieghi 1996):

 

 

CCTN 2  (probabili cancerogeni umani)

 

BENOMIL

  anticrittogamico

(F)

 

CCTN 3a-3b (sospetti cancerogeni umani)

 

Diclorvos

 insetticida

(F-V)

Mancozeb

anticrittogamici

(F)

Captan-             

(F)

Carbendazim

(F-V)

Clorotalonil 

(F)

Simazina

  diserbante

(V)

Propoxur

 insetticida

(V)

Fosetyl-alluminium

fungicida

(V)

                        

IARC 2B (cancerogeni possibili)

 

1-3 dicloropropene

Fumigante

(F)

Diclorvos

 Insetticida

(F-V)

2,4D

Diserbante

(V)

MCPA

(V)

DDT (anni 1960-65)

 

(F)

Esaclorocicloesani (anni 1960-65)

 

(F)

   

EPAB2 (probabili cancerogeni umani)

 

Captan

anticrittogamici

(F)

 

EPAC-(sospetti cancerogeni umani)

 

Paraquat

diserbante

(V)

 

CEE - R40(effetti irreversibili sulla salute)

Daminozide

fitoregolatori

 (F)

Captan

anticrittogamici 

(F)

Clorotalonil

 (F)

Ziram-         

 (F)      

Benomil-      

(F)             

Vinclozolin                

(F)

Simazina-  

diserbante   

(V)

 

  Solo raramente, durante la conduzione di impianti termici, si possono avere dei contatti con sostanze pericolose, in quanto generalmente le operazioni di riparazione vengono effettuate da personale esperto, esterno.

 

Rischio fisico

Per la particolare collocazione delle caldaie (generalmente al centro delle serre da riscaldare), vi possono essere rischi di contatto con parti calde con pericolo di ustioni.

 

Rischio biologico

E’ il rischio generico che si riscontra per qualsiasi altra fase lavorativa del comparto floricolo, ovvero dovuto al contatto di sostanze organiche provenienti dalla lavorazione animale di altri comparti (v. fasi precedenti).

 

Rischio infortunistico

Non è particolarmente frequente, ma può succedere che durante questa fase si registrino cadute per scivolamento che comportano generalmente infortuni di lieve entità

 

Movimentazione manuale dei carichi e posture

Le operazioni che vengono svolte, comportano un impegno fisico abbastanza elevato, soprattutto durante i trattamenti effettuati con la lancia, in quanto l’operatore è costretto a trascinare per lunghi tratti, le varie tubazioni che fanno circolare i prodotti fitosanitari

 

6.4    DANNO ATTESO E RILEVATO NELLA FASE “LAVORAZIONI DI SUPPORTO”

 

Danno conseguente il rischio chimico

Nel corso degli anni non sono stati registrati o segnalati casi di intossicazione acuta a causa dell’esposizione a prodotti fitosanitari.

Sicuramente è da porre in seria attenzione la conseguente possibilità di eventi cronici, dovuta all’esposizione continua a sostanze cancerogene. In una ricerca condotta dalla UFPISLL della Valdinievole con  titolo “Valutazione del degradamento fogliare e dati sull’esposizione potenziale a iprodione in serra, finalizzati alla costruzione dei tempi di rientro” risulta che sulle matrici fogliari sono presenti considerevoli quantità di prodotto anche a distanza di 20 giorni dall’ultimo trattamento. Nel campione di aria prelevato durante il trattamento si riscontrano concentrazioni massime di principio attivo di 0.082 mcg/m3.

Per quanto riguarda la descrizione dei danni riscontrati si rimanda alla parte introduttiva generale.

 

Danni conseguenti  rischio fisico, biologico, infortunistico,movimentazione manuale dei carichi e posture

Si rimanda a paragrafi precedenti.

 

 

 

6.5    GLI INTERVENTI NELLA “LAVORAZIONI DI SUPPORTO”

 

Interventi per il rischio chimico

E’ opportuno ridurre al minimo l’effettuazione dei trattamenti, soprattutto in considerazione della loro persistenza nell’ambiente di lavoro, nonché appare obbligatorio utilizzare idonei dispositivi di protezione individuale.

Interventi per il rischio fisico

Interventi per il rischio biologico

Interventi per il rischio infortunistico

Interventi conseguenti la movimentazione manuale dei carichi

 

6.6 APPALTO A DITTE ESTERNE NELLA FASE “LAVORAZIONI DI SUPPORTO”

 

Per la struttura delle aziende del comparto, non vi è la tendenza ad utilizzare ditte esterne per l’effettuazione di tali operazioni.

In particolare, per quanto riguarda i trattamenti antiparassitari, esistono le ditte che effettuano le operazioni per conto terzi, ma sono poco utilizzate in quanto renderebbero troppo costosa la produzione, con un rischio per il produttore di esclusione dal mercato floricolo

 

6.7 RIFERIMENTI NORMATIVI

 

6.8    IL RISCHIO ESTERNO CONSEGUENTE LA FASE “LAVORAZIONI DI SUPPORTO”

 

Emissioni in atmosfera

Produzione rifiuti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 7

 

LAVORAZIONE DEL FIORE RECISO:

ANALISI DEI RISCHI E DELLE SOLUZIONI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7.1 DESCRIZIONE DELLA FASE “LAVORAZIONE DEL FIORE RECISO”

 

La fase di lavorazione del fiore reciso segue logicamente la produzione vera e propria e comprende varie operazioni di lavoro come l’immagazzinamento e lo stoccaggio dei fiori, il taglio e l’ammazzettamento, la coloritura degli stessi.

L’immagazzinamento e lo stoccaggio dei fiori viene fatto in locali appositi di solito annessi all’abitazione, nel caso di azienda familiare, o alla sede direzionale, nel caso di aziende di maggiori dimensioni. I fiori recisi vengono riposti in recipienti più o meno grandi, con i gambi immersi nell’acqua se è necessario protrarre l’irrorazione della pianta, a loro volta collocate all’interno di celle frigorifere allo scopo di allungare i tempi di sopravvivenza del fiore.

Di volta in volta ogni fascio di fiori proveniente dalla raccolta viene dagli addetti, per lo più di sesso femminile in questa fase, riposto su appositi banconi dove i singolio esemplari vengono opportunamente smistati, tagliati, scelti, contati, legati, imbustati o inscatolati in modo da prepararli per l’immissione sul mercato.

In questa fase alcune specie di fiori possono essere anche artificialmente colorate per esigenze di commercializzazione.

 

 

7.2            DESCRIZIONE ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE “LAVORAZIONE DEL FIORE RECISO”

 

Le attrezzature necessarie per l’effettuazione di questa fase sono, di regola, molto semplici. Il trasporto viene effettuati mediante impiego di carrelli su ruote  a spinta manuale. Il taglio viene effettuato con forbici o taglierine manuali. La legatura del mazzo viene effettuata manualmente, ovvero utilizzando una apposita macchina che provvede ad avvolgere automaticamente idonea legatura intorno al fascio di fiori selezionato. Il confezionamento finale del mazzo avviene manualmente mediante impiego di buste di cellophan e scatole di cartone. Le celle frigorifere, di varia grandezza,   sono presenti in quasi tutte le aziende e funzionano ad una temperatura minima di 2°C e massima di 8°C, in quanto Temperature inferiori o superiori sarebbero comunque deleterie per le piante.

La coloritura avviene mediante impiego di semplici recipienti contenenti i colori dove i fiori vengono immersi manualmente o dalla parte dello stelo (per assorbimento) o dalla parte della chioma (per immersione).

 

 

 

7.3           – FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE “LAVORAZIONE DEL FIORE RECISO”

 

rischio chimico

Sugli steli e sulle matrici fogliari dei fiori recisi permangono per lungo tempo i residui di prodotti fitosanitari periodicamente distribuiti sulle colture: durante queste lavorazioni facilmente si liberano nell’aria ambiente polveri contenenti i suddetti prodotti a causa della movimentazione, dello sbattimento e del taglio dei fiori.

I dati relativi alla permanenza dei principi attivi sulle matrici fogliari riferiti nella fase “Lavorazioni in serra” sono indicativi dell’entità del rischio esposizione a sostanze e prodotti chimici in questa specifica lavorazione.

I coloranti impiegati nella coloritura sono di vario genere: dai dati raccolti presso le Ditte produttrici è stato possibile ricostruire la sottoriportata tabella.

 

 

 

N.

Ditta

N.

 

Funzione

Pigmento

N.

CAS

N.C.I.

Altri componenti

Note

1

1

color.

Aurammina

 

 

Resine maleiche, acriliche, chetoniche, colofonie plastificate con butil ftalato e isobutil-ftalato,

xilolo,

toluolo, benzolo,

metanolo,

ametilchetone

I gr. I serie IARC

 

2

color.

Basic blu

 

42025

III gr. IARC

 

3

color.

Basic blu 26

 

44045

III gr. IARC

 

4

color.

Basic Red I

 

45160

 

 

5

color.

Basic Violet 10

 

45170

 

 

6

color

Basic Giallo 2

 

41000

 

 

7

color

Basic Violet 11

 

45174

 

 

8

color

Basic Violet 1

 

42535

 

 

9

color

Basic Blu 7

 

42595

 

 

10

color

Basic Blu 26

 

44045

 

 

11

color

Basic Verde 4

 

42000

 

 

12

color

Solvent Nero

 

50415

 

 

 

 

Pigmenti basici, dispersione colorante trasparente basica di coloranti organico – sintetici

 

 

 

 

13

Solv.

Acetone- dimetilchetone- propanone2

 

 

 

 

 

14

Solv.

Acetato di isobutile

110-19-0

 

 

 

 

15

Solv.

Alcool etilico

84-74-2

 

 

 

 

16

Solv.

Alcool isopropilico

67-63-0

 

 

 

 

17

Solv.

Ftalato di iso-butile

84-68-5

 

 

 

 

18

 

Polimero acrilico

 

 

 

 

 

19

 

Resina acetofenone

 

 

 

 

2

1

color

Egg yellow a

1934-21-0

19140

 

 

 

2

color

Acid red 18

2611-82-7

16255

 

 

 

3

color

Acid red 52

3520-42-1

45100

 

 

 

4

color

 

246-27-2

41000

 

 

 

5

color

Rodamina

81-88-9

45170

 

 

3

1

color

Basib Blu 3

 

 

 

 

 

2

color

Basic Red 14

 

 

 

 

 

3

color

Verde oliva

 

 

 

 

 

4

Color

arancio

 

 

 

 

 

5

tensio

Nitrato di sodio

 

 

 

 

4

1

Color

Basic brown 4

 

21010

Ac.acetico

Amine II gr. Serie I

 

2

color

metinico

 

 

Ac.acetico

 

 

3

color

Basic green 1

 

42040

 

 

 

4

color

Basic blu 26

 

 

 

 

 

5

color

Basic red 12

 

 

Ac.acetico e formico

 

 

 

 

Rischio fisico

 

La lavorazione dei fiori recisi comporta l’esposizione degli addetti a evidenti rischi posturali in quanto si rendono necessari movimentazione manuale di carichi e  frequenti movimenti ripetuti degli arti superiori, a carico dell’articolazione della spalla, del gomito e del polso, stazione eretta prolungata.

Vengono spesso impiegati, anche, locali di lavoro, destinati in origine a magazzino, non idoneamente aereati e illuminati naturalmente, nonché attrezzature, carrelli e sedili non ergonomici.

 

 

 

 

7.4           – DANNI ATTESI E RILEVATI NELLA FASE “LAVORAZIONE DEI FIORI RECISI”

 

Da una indagine effettuata megli anni 1990-91 su 42 Ditte che praticavano questo tipo di lavorazione è risultato che venivano usati quali mezzi personali di protezione:

 

Tipo Mezzo Personale di Prevenzione

N. Ditte

Vestaglie da lavoro

23

Guanti di gomma

13

Vestiti smessi

4

semimaschera

2

Copricapo, occhiali, niente

1

*qualche ditta ne aveva più di uno

 

Sono stati visitati 95 addetti di 34 ditte, dei quali 44 donne. L’età media è risultata di 41 anni e 4 mesi per le donne (min. 20 e max 67) e di 42 anni  e 5 mesi per gli uomini (min. 16 e max. 70). L’anzianità lavorativa specifica media è per le donne di 12 anni e 4 mesi (min 1 e max 58 mesi) e per gli uomini di 14 anni e 3 medi (min 1 e max 48 mesi).

Circa i mezzi personali di protezione usati è stato dichiarato dagli interessati di impiegare i seguenti (sono stati conteggiati a persona anche più di un mezzo personale di protezione):

 

Tipo Mezzo personale di protezione

N.soggetti

%

Niente

38

40

Guanti in gomma

29

30.5

Guanti in pelle

18

18.9

Guanti (non specificati)

10

10.5

Guanti in tela

1

1.1

Grembiule

6

6.3

Maschera filtro

5

5.2

Maschera monouso

1

1.1

Maschera (non specificata)

1

1.1

vestaglia

4

4.2

stivali

3

3.1

tuta

2

2.1

Tuta impermeabilizzata

1

1.1

Crema barriera

1

1.1

Non precisati

1

1.1

 

I risultati degli accertamenti sanitari sono i seguenti:

 

Non utilizzatori di alcun Mezzo personale di protezione

Utilizzatori di almeno un Mezzo personale di protezione

Organo/apparato

Sintomo

N.sogg.

%

Organo/apparato

Sintomo

N.sogg.

%

Cute

Eritema

7

18.4

Cute

Eritema

5

8.7

Fissurazioni

4

10.5

Desquamazioni

Desquamazioni

4

10.5

Discromie

4

7

Prurito

3

7.9

Prurito

Bruciore

2

5.2

Fissurazioni

Nevi blu

1

2.6

Rosacea

2

3.5

Lesioni psoriasiche

Vescicole

Vescicole

Papule

Papule

Ipercheratosi

Ipercheratosi

Pustole

1

1.7

Ipocromie

Angiomi

Ipercromie

Acne

Organo/apparato

 

 

 

 

Sintomo

N.sogg.

%

Organo/apparato

Sintomo

N.sogg.

%

Sedi

Mano dx

8

21

Sedi

Mano dx

8

14

Mano sin.

7

18.4

Mano sin

Faccia

3

7.9

Dorso

4

7

Collo

2

5.2

Faccia

3

5.2

Braccio dx

Torace

2

3.5

Cuoio capelluto

1

2.6

Dita mano dx

Addome

Cuoio capelluto

1

1.7

Spalla sx

Labbra

Braccio sx

Mano dx e sin

Gomito sx

Gomito dx e sin

Arto inferiore

Avambraccio dx e sin

Dita mano sx

fegato

Epatomegalia

13

34.2

fegato

Epatomegalia

22

39.2

Murphy ++

2

5.2

Murphy +

3

5.2

Cardio-vascolare

Ipertensione

6

15.8

Cardio-vascolare

Ipertensione

3

5.2

Varici arto inf.

4

10.5

Varici arti inf.

 

 

Cardiopatia ipertensiva

1

2.6

Soffio cardiaco

1

1.7

Coronaropatia

 

 

 

Respiratorio

Sibili respiratori

2

5.2

 Respiratorio

 Sibili respiratori

2

3.5

Sfregamenti pleurici

1

2.6

Respiro aspro

1

1.7

Rumori umidi

Osteo-articolare

Artropatia

4

10.5

Osteo-articolare

Artropatia

 

7

12.3

Iperostosi frontale

1

1.7

Endocrino

Obesità

2

5.2

Endocrino

Obesità

4

7

Diabete

Nodulo tiroideo

1

2.6

Digerente

 

Addome non trattabile

Epigastralgia

1

2.6

Digerente

Colite

1

1.7

Ernia ombelicale

 Genito-urinario

Dolorabilità ureretrale dx

1

1.7

Varicocele

Oculare

Deficit visus

1

2.6

Oculare

Deficit visus

4

7

Miopia cong.

1

1.7

 

 

 

 

 

 

Neuro-Psichiatrico

Disturbi psichiatrici

1

1.7

Es.integrativi

Emocromo

10

28.5

Es.integrativi

Emocromo

7

13.2

Es.Urine

7

18.9

Es.Urine

11

19.2

GammaGT

3

8.1

GammaGT

8

14.2

SGPT

2

5.4

SGOT-SGPT

1

1.7

PFR

 

PFR

2

3.5

ECG

ECG

4

7

Iperglicemia

 

 

 

ipercolesterolemia

 

 

 

Prot.tot. e fraz.

1

2.7

Prot.tot. e fraz.

5

8.9

Creatininemia

Creatininemia

2

3.5

Ipertrigliceridemia

Bilirubinemia

2

3.5

 

 

 

 

 

7.5           – GLI INTERVENTI  NELLA FASE “LAVORAZIONE DEI FIORI RECISI”

 

Per eliminare o ridurre i rischi potenzialmente presenti nella fase “Lavorazione dei fiori recisi” occorre innanzitutto far riferimento agli interventi impiegati per la riduzione del rischiochimico nella fase delle lavorazioni di supporto del fiore, con particolare riguardo alla effettuazione dei trattamenti con prodotti fitosanitari che rimangono dugli steli e sulle matrici fogliari del prodotto reciso e raccolto.

Analogamente occorre intervenire circa i prodotti e le sostanze chimiche impiegati in questa specifica fase in particolare attraverso:

1)      la conoscenza precisa della natura chimica delle sostanze impiegate e la attenta valutazione delle relative schede tossicologiche di sicurezza ottenibili presso i produttori o i rivenditori;

2)      la  sostituzione dei prodotti più tossici con quelli meno tossici;

3)      la limitazione del n. degli addetti esposti alle specifiche lavorazioni comportanti la verniciatura dei fiori recisi;

4)      la separazione delle lavorazioni a rischio chimico dalle altre lavorazioni;

5)      la programmazione e la effettuazione di efficace opera di informazione-formazione degli addetti;

6)      l’effettuazione da parte di medico competente di idonea sorveglianza sanitaria (l’obbligo scatta in seguito all’esistenza di un rischio movimentazione manuale di carichi);

7)      la adozione di D.P.I idonei alla protezione della cute, dell’apparato respiratorio e dell’apparato digerente degli esposti.

 

 Circa  la presenza di rischi fisici occorre prevedere idonei interventi di bonifica dei posti di lavoro dal punto di vista igienico ed ergonomico con l’adozione di sistemi appropriati, anche automatici e meccanici, per ridurre il rischio posturale e da movimentazione manuale di carichi.

 

Data la frequente situazione, riscontrabile in questo comparto produttivo, di commistione e intreccio tra ambiente di lavoro e ambiente domestico occorre tener presente la possibile presenza di famigliari non addetti espressamente alle lavorazioni, bambini anche di piccolissima età, anziani, portatori di patologie particolari ecc. L’azione informativa e formativa sui rischi, con le relative precauzioni, deve essere rivolta anche a questi soggetti, che pregiudizialmente non devono entrare nell’area destinata alle lavorazioni.

 

 

7.6           – APPALTO A DITTA ESTERNA DELLA FASE “LAVORAZIONE DEI FIORI RECISI”

 

Questa lavorazione non viene effettuata in appalto. Di regola si trova all’interno dell’azienda floricola e precede la immissione sul mercato all’ingrosso del prodotto finito. Può essere effettuata, per un ulteriore intervento di preparazione del fiore, in un’altra ditta collocata tra il mercato all’ingrosso e il commercio al minuto, per la fornitura della prestazione direttamente al cliente finale.

 

7.7– RIFERIMENTI NORMATIVI DELLA FASE “LAVORAZIONE DEI FIORI RECISI”

Vedi  fasi precedenti

 

 

7.8– IL RISCHIO ESTERNO CONSEGUENTE LA FASE “LAVORAZIONE DEI FIORI RECISI”

 

In questa fase  si individuano quali motivi di impatto ambientale il destino dei vari prodotti chimici impiegati per la coloritura dei fiori che non possono essere dispersi nell’ambientale, ma devono essere smaltiti come rifiuti tossici e nocivi ai sensi della normativa vigente tramite debitament autorizzata da parte dell’Amministrazione Provinciale competente.

Lo steso dicasi per quanto riguardo i residui vegetali e floreali derivanti dallo scarto dei prodotti, dal taglio degli steli, dal confezionamento ecc.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo  8

 

MANUTENZIONE SERRE, IMPIANTI, MACCHINARI

ANALISI DEI RISCHI E DELLE SOLUZIONI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8.1 DESCRIZIONE DELLA FASE “MANUTENZIONE SERRE, IMPIANTI, MACCHINARI”

 

Una manutenzione accurata e costante nel tempo di macchine, impianti ed attrezzature, garantisce il buon funzionamento al momento dell’impiego; riduce la possibilità di guasti e costituisce sicuramente un vantaggio economico. Interventi di manutenzione preventiva costituiscono una condizione necessaria per prevenire gli incidenti, gli infortuni durante l’utilizzo, l’insorgenza di malattie professionali ed evitare ripercussioni negative sull’ambiente e la collettività.

Il proprietario che ha l’obbligo di mantenere in buono stato di conservazione e di efficienza le attrezzature, le macchine e gli impianti è bene che programmi revisioni periodiche, ad esempio a fine stagione lavorativa e prima del riutilizzo all’approssimarsi della successiva e comunque attui tutti gli interventi di regolazione, manutenzione e riparazione che il fabbricante ha indicato sul libretto di uso e manutenzione che, scritto nella lingua del paese di utilizzazione, deve accompagnare  la macchina.

 

Impianto di irrigazione :  la distribuzione dell’acqua avviene generalmente dall’alto attraverso degli ugelli, solitamente statici, inseriti su tubi sospesi. Attenzione bisogna prestare all’impianto per evitare l’occlusione degli ugelli e per controllare l’umidità relativa che favorisce attacchi fungini, e poter quindi limitare interventi con anticrittogamici.  

 

Impianto elettrico: sistemi di oscuramento e di illuminazione per sfruttare il “fotoperiodismo” è un’eccezione nella realtà produttiva locale, come lo è la presenza di impianti automatizzati di apertura per l’areazione delle serre o attrezzature per la distribuzione automatizzata di “fitofarmaci”. L’impianto elettrico in serra, quando esiste è collegato alla presenza di un generatore di calore, altrimenti è limitato ai locali magazzino, rimesse, celle frigo e pompe di irrigazione.

Gli impianti elettrici aziendali devono essere, in tutte le loro parti costitutive, costruiti e mantenuti in modo da prevenire i pericoli derivanti da contatti accidentali con gli elementi sotto tensione ed i rischi di incendio e scoppio derivanti da eventuali anomalie.

Per i nuovi impianti sono obbligatorie: la trasmissione della Dichiarazione di Conformità all’ISPESL e alla USL competenti per territorio e la  richiesta di verifica dell’impianto elettrico e di messa a terra all’ente pubblico (USL) o privato (“organismo certificato”). Detta verifica è comunque da effettuarsi per gli impianti esistenti, con periodicità quinquennale o biennale in ambienti a maggior rischio in caso di incendio come, ad esempio,  il caso delle serre in cui è presente il generatore di calore.

 

Impianto di riscaldamento: molto più diffuso in passato, trova oggi un più limitato impiego a causa del costo del combustibile e per il prezzo dei fiori che deve rimanere concorrenziale rispetto al  prodotto di importazione. I generatori di aria calda, generalmente impiegati per riscaldare le serre, non sono soggetti a verifica periodica da parte dell’USL, ma soggetti al rispetto delle norme di antincendio e al controllo da parte dei VVF a cui dovrà essere richiesto il rilascio del Certificato Prevenzione Incendi qualora, come solitamente è, l’impianto abbia una potenzialità superiore a 100.000 Kcal/h o il deposito di combustibile abbia una capacità superiore a 25.000 l..

Per mantenere in efficienza la caldaia, il conduttore può fare riferimento a quanto indicato nel DPR 16/08/1993, n. 412 e s.m.i..

 

Macchine : il tipo di coltura e le dimensioni delle aziende non hanno incentivato il diffondersi delle macchine. L’imprenditore è ricorso o al lavoro manuale o ha richiesto l’intervento di contoterzisti.

L’azienda dispone quindi di un parco macchine molto limitato: sicuramente sarà presente una macchina irroratrice e al più una piccola trattrice o motocoltivatore.

 

 

 

Irroratrici. In genere si tratta di attrezzature con lancia; ad “alto volume”; portate da trattrici e azionate tramite la presa di forza o sistemate su carriole, munite di pompa motorizzata, quando non portate a spalla dall’operatore.

Per le macchine per la distribuzione dei “pesticidi” esiste un problema di efficienza nel tempo, compromessa dall’usura dei materiali e dalla mancata pulizia, verifica e regolazione.

Gli ugelli e la loro buon funzionalità, la cui durata varia in dipendenza delle sostanze chimiche impiegate, delle variazioni di pressione, della qualità dell’acqua e dei metodi di manutenzione; la pulizia ed integrità dei filtri sono importanti oltre che per la buona riuscita del trattamento antiparassitario anche per le conseguenze sulla tutela dell’operatore addetto ai trattamenti non che ripercussioni sull’inquinamento ambientale.

Importante la puntuale e scrupolosa pulizia di tutta l’attrezzatura dopo l’impiego.

A fine stagione è necessario oltre al ricorrente lavaggio con acqua pulita, con eventuale aggiunta  di prodotti specifici ad azione detergente, dei diversi organi che compongono la macchina, in quanto i residui dei prodotti utilizzati possono avere un effetto corrosivo compromettendo la durata ed il funzionamento dell’attrezzatura, lo smontaggio, la pulizia, il rimontaggio ed eventuale sostituzione di quelli usurati o danneggiati, di ciascun ugello; la verifica della pulizia e dell’integrità dei filtri e delle guarnizioni; tubi, i rubinetti, le guarnizioni, i raccordi, le guarnizioni, gli ugelli, i filtri, la pompa accurato drenaggio dell’acqua di lavaggio da tutte le parti meccaniche e dalle tubature; accurata lubrificazione di tutti i componenti per ottenere efficace funzione protettiva nel periodo di non utilizzo.

Dopo il periodo di non utilizzo, prima dell’impiego in campo, è raccomandato verificare il funzionamento della macchina prestando particolare attenzione alla taratura del manometro e regolazione della portata degli ugelli per avere una macchina efficiente al momento dell’impiego.

Gli interventi da compiersi su trattrici e motocoltivatori consistono in una manutenzione ordinaria di semplice pulizia della macchina; controllo dei livelli dei liquidi lubrificanti e dei liquidi di raffreddamento; controllo della pressione dei pneumatici e del loro stato di usura; ingrassaggio e lubrificazione di ingranaggi e trasmissioni; cambio dell’olio motore; cambio del filtro dell’olio lubrificante e controllo e regolazione dei freni ed una manutenzione straordinaria quale la sostituzione dei pezzi sollecitati a fatica entro il periodo indicato dal fabbricante in modo da evitare collassi che pregiudichino il buono stato della macchina.

 

Serre : sia con copertura stabile che destinate a colture protette limitatamente alla stagione fredda; sia serre fredde che serre calde; serre per la maggior parte coperte con film plastico e  costituite da struttura o in ferro zincato o miste: con pali in cemento, capriate in metallo zincato e correnti di collegamento trasversale in legno.

Più che di manutenzione si tratta di un periodico intervento, annuale o con cadenza maggiore, per ripristinare, prima del periodo invernale, la copertura rimossa, per esigenze colturali, nella stagione calda, o per rinnovare il film plastico ormai degradatosi.

Per compiere questa operazione l’operatore si trova a lavorare ad una altezza variabile dai due ai cinque metri e su una superficie che sicuramente non ha una resistenza sufficiente a sostenere il peso degli operai e del materiale di impiego.

 

 

 

 

 

 

 

 

8.2 DESCRIZIONE ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE

”MANUTENZIONE SERRE, IMPIANTI, MACCHINARI”

 

Generalmente sono presenti in azienda semplici utensili manuali o elettrici, anche in considerazione dei limiti che l’agricoltore ha di intervenire su macchine ed impianti. L’impiego di  strumenti di misura  per specifici test quali quelli che possono essere compiuti sui gas di scarico della caldaia,  quelli effettuati per la regolazione della portata e dell’efficienza degli ugelli o per la taratura di un manometro sono di pertinenza di personale qualificato esterno.

 

 

8.3 FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE “ MANUTENZIONE SERRE, IMPIANTI, MACCHINARI”

 

Rischio infortunistico. Ricorrente è il venire in contatto con parti in movimento durante le fasi di riparazione, registrazione, pulizia e/o lubrificazione di organi in moto, come alto è il rischio di ustioni per il possibile contatto con superfici calde e non remoto il possibile incendio e scoppio del serbatoio per manovre incaute di controllo del livello di carburante nel serbatoio o di rifornimento effettuato con motore ancora caldo.

Esiste un rischio legato alla movimentazione manuale dei carichi, da ricondursi sostanzialmente alla fase di posa del telo di copertura delle serre, per gli operatori che oltre a spostare materiali ed attrezzature, devono compiere sforzi per tendere il film plastico lavorando in posizioni scomode.

Sempre a questa fase è ovviamente legato il rischio di caduta dall’alto.

Il rischio chimico è imputabile alla manipolazione di oli minerali, di “lubrificanti” o di solventi come a possibili intossicazioni a seguito di contatto con parti contaminate da sostanze tossiche al momento che l’operatore compie interventi su macchina per la distribuzione dei “fitofarmaci”.

Il rischio fisico non è da collegarsi direttamente ad interventi di manutenzione ma alla ricaduta che una inesistente o carente manutenzione ha in termini di rumore e trasmissione di vibrazioni, al momento dell’impiego, sull’operatore e/o sull’ambiente.

 

 

8.4 DANNI ATTESI E RILEVATI NELLA FASE “ MANUTENZIONE SERRE, IMPIANTI, MACCHINARI”

 

Gli infortuni registrano conseguenze lievi ma anche gravi. Ricorrenti sono le ferite e le contusioni, ma anche le ustioni, le fratture e le amputazioni.

Per le altre tipologie di danno a carico dei lavoratori addetti, si rimanda alle fasi lavorative precedenti.

 

 

8.5 GLI INTERVENTI NELLA FASE “ MANUTENZIONE SERRE, IMPIANTI, MACCHINARI”

 

A completamento degli interventi già presentati nelle fasi precedenti ( informazione, formazione, sorveglianza sanitaria, D.P.I., ecc..), in particolare si evidenzia quanto segue:

§         Prima di iniziare ad operare leggere attentamente il libretto di istruzioni che accompagna la macchina e rispettare tutte le indicazioni che la casa costruttrice fornisce.

§         Sul luogo di lavoro devono essere indossati idonei indumenti personali di protezione quali caschi, scarpe, guanti, cinture di sicurezza con bretelle.

§         Gli interventi di regolazione, di manutenzione, di riparazione, di lubrificazione e di pulitura devono essere eseguiti su macchine, impianti e attrezzature ferme e isolate dall’alimentazione di energia con dispositivi bloccati nel caso che l’operatore non possa verificare l’effettivo costante isolamento da tutte le posizioni che deve occupare o, qualora questo si renda impossibile, adottare misure alternative atte a mettere in evidenza e a ridurre al limite minimo possibile il pericolo che ne deriva.

§         Non togliere il tappo del serbatoio né aggiungere carburante se il motore è acceso o comunque caldo.

§         Le scale semplici portatili(a mano) devono essere provviste di dispositivi antisdrucciolevoli alle estremità inferiori dei due montanti e di ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori, in modo da evitare eventuali sbandamenti, slittamenti, rovesciamenti, oscillazioni accentuate. La lunghezza delle scale dovrà essere sempre tale che i montanti superiori sporgano di almeno un metro dal piano di accesso. Le scale in legno devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro e non inchiodati.

§         Le scale doppie non devono superare l’altezza di m. 5.00 e devono essere provviste di catena di adeguata resistenza o di altro dispositivo che impedisca l’apertura della scala oltre il limite prestabilito di sicurezza.

§         Nei lavori svolti ad una altezza superiore a m. 2.00 devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone. Anche le cinture di sicurezza possono essere utilizzate a questo scopo, basta che la fune di trattenuta sia tale da limitare la caduta a non oltre m. 1.50.

§         Non eseguire lavori a distanza minore di m. 5.00 da linee elettriche aeree, a meno che, previa segnalazione all’esercente le linee elettriche, non si provveda ad una adeguata protezione per evitare accidentali contatti o pericolosi avvicinamenti del lavoratore ai conduttori delle linee stesse.

§         Prima di procedere all’esecuzione di lavori su coperture le cui superfici non abbiano resistenza sufficiente a sostenere il peso degli operai e del materiale di impiego, devono essere adottati necessari apprestamenti atti a garantire l’incolumità delle persone addette.

§         Durante il lavoro su scale o in luoghi sopraelevati l’operaio deve assicurarsi con cintura di sicurezza e gli utensili, quando non adoperati, devono essere tenuti dentro apposite guaine o comunque assicurati in modo da impedirne la caduta.

 

 

8.6 APPALTO A DITTA ESTERNA NELLA FASE “ MANUTENZIONE SERRE, IMPIANTI, MACCHINARI”

 

Il ricorso a personale qualificato è d’obbligo per interventi su l’impianto elettrico e di riscaldamento come il rivolgersi a officine specializzate si impone per interventi di manutenzione e riparazione sulle macchine dove l’agricoltore non abbia le competenze e le attrezzature richieste.

Per i nuovi impianti elettrici sono obbligatorie: la trasmissione della Dichiarazione di Conformità all’ISPESL e alla USL competenti per territorio e la  richiesta di verifica dell’impianto elettrico e di messa a terra all’ente pubblico (USL) o privato (“organismo certificato”). Detta verifica è comunque da effettuarsi per gli impianti esistenti, con periodicità quinquennale o biennale in ambienti a maggior rischio in caso di incendio come, ad esempio,  il caso delle serre in cui è presente il generatore di calore.

I generatori di aria calda, generalmente impiegati per riscaldare le serre, non sono soggetti a verifica periodica da parte dell’USL, ma soggetti al rispetto delle norme di antincendio e al controllo da parte dei VVF a cui dovrà essere richiesto il rilascio del Certificato Prevenzione Incendi qualora, come solitamente è, l’impianto abbia una potenzialità superiore a 100.000 Kcal/h o il deposito di combustibile abbia una capacità superiore a 25.000 l..

Per le operazioni di copertura delle serre, visto che, generalmente in azienda non ci sono le risorse umane, si fa ricorso solitamente a ditte specializzate o si assiste ad una cooperazione fra membri di più aziende limitrofe che collaborano fra di loro per la realizzazione in ognuna delle rispettive proprietà.

In tutti questi casi si tengano presenti le responsabilità di un opportuno scambio di informazioni tra le varie aziende coinvolte allo scopo di segnalare eventuali specifici problemi legati alle particolari situazioni aziendali.

 

 

8.7 IMPATTO AMBIENTALE DELLA FASE “ MANUTENZIONE SERRE, IMPIANTI, MACCHINARI”

 

Tutti gli eventuali deficit di manutenzione di impianti ed attrezzature, hanno evidenti riflessi sull’impatto ambientale dei rischi di cui alle fasi precedenti.

Ad esempio: la distribuzione dei prodotti fitosanitari presenta aspetti di sicurezza sociale e di igiene ambientale oltre che del lavoro. La distribuzione di detti prodotti infatti interessa, oltre che gli operatori, anche le persone estranee, le colture non interessate al trattamento, gli animali, le sorgenti e le superfici di acqua, gli ecosistemi. Esiste un rischio chimico legato all’impiego di macchine irroratici non efficienti che comporta una maggior quantità di prodotto distribuito; un maggior numero di trattamenti in conseguenza della minore efficacia di ogni trattamento effettuato; maggior rischio di fitotossicità nei confronti della coltura in atto.

Le mancate verifiche sulle caldaie, con il controllo dei fumi di scarico, ha un impatto sicuramente negativo sull’aria.

Anche un rischio fisico, legato al maggior rumore emesso dalle macchine non sottoposte a regolare manutenzione si ripercuote sull’ambiente.

Particolare riflesso sull’ambiente può avere l’operazione di sostituzione e rimozione dei teli di plastica, spesso contaminati con prodotti fitosanitari distribuiti all’interno delle serre.

I suddetti teli, classificati come rifiuti speciali, devono essere smaltiti tramite ditte autorizzate a norma di legge.

Per la questione degli oli lubrificanti si veda la fase “lavorazione terreno”.

 

 

8.8 RIFERIMENTI NORMATIVI DELLA FASE “ MANUTENZIONE SERRE, IMPIANTI, MACCHINARI”

 

DPR n. 547 del 27/04/1955

Norme per la prevenzione degli infortuni.

 

D.Lgs. n. 626 del 19/09/1994 s.m.i.

Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270,CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE

 riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro

 

D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277

Attuazione delle direttive n° 80/1107/CEE, n° 82/605/CEE, n° 83/477/CEE, n° 86/188/CEE e n° 88/642/CEE,

in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici  biologici durante il lavoro, a norma dell’art. 7 legge 30 luglio 1990, n. 212.

 

DPR 24 luglio 1996, n. 459

Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE E 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine.

 

(*)LEGGE REGIONALE 1 luglio 1999, n. 36

Disciplina per l’impiego dei diserbanti e geodisinfestanti nei settori non agricoli e procedure per l’impiego dei diserbanti e geodisinfestanti in agricoltura.

 

(*) LEGGE 5 marzo 1990, n. 46

Norme per la sicurezza degli impianti.

 

(*) DPR 6 dicembre 1991, n. 447

Regolamento di attuazione della legge 5 marzo 1990, n. 46, in materia di sicurezza degli impianti.

 

(*) DPR 22 ottobre 2001, n. 462

Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi.

 

(*) DPR 26 agosto 1993 e s.m.i.

Regolamento recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell’art. 4, comma 4, della Legge 9 gennaio 1991, n. 10.

 

(*) Riferimenti normativi riportati anche se non trovano applicazione, o piena applicazione, nel caso specifico, ma forniscono comunque indicazioni utili.