1. COMPARTO : LAVORAZIONE DEI METALLI PREZIOSI NELL'AREA ARETINA 2. CODICI ISTAT : 36.2 3. CODICE ISPESL :ZONA DI RILEVAZIONE 4. NAZIONALE : 5. REGIONALE : 6. PROVINCIALE : AREZZO 7. USL : N.8 AREZZO 8. ANNO RILEVAZIONE : 1996 9. NUMERO ADDETTI 9A. IMPIEGATI : 9236 uomini 9B. OPERAI : 10. N.AZIENDE : 1283 11. STRUTTURA DI RILEVAZIONE : ARPAT - SETTORE TECNICO CEDIF VIA BARACCA,9 50127 - FIRENZE 12. REFERENTE QUALIFICA : NOME : STEFANO COGNOME : BECCASTRINI INDIRIZZO : VIA BARACCA, 9 CAP : 50127 CITTÀ : FIRENZE PROVINCIA : FI TELEFONO : 055/32061 - 055/3206357 FAX : 055/3206367 E-MAIL : g.banchi@arpat.toscana.it 13. INFORTUNI: TOTALE 383 DI CUI MORTALI 0 14. MALATTIE PROFESSIONALI
DENOMINAZIONE | N.CASI | COD.INAIL |
---|---|---|
NOTE:
1. GENERALITA’ SUL COMPARTO
La nostra indagine si riferisce alle aziende che effettuano la lavorazione dei metalli preziosi in provincia di Arezzo.
Una stima dell’universo delle imprese riferita al primo semestre 1997, al netto delle imprese non dichiaranti addetti alla camera di commercio, è riportata nella tabella seguente:
Classe di |
marchio |
conto terzi |
||
addetti |
unità locali |
totale addetti |
unità locali |
totale addetti |
Da 1 a 2 addetti |
153 |
230 |
315 |
442 |
Da 3 a 5 addetti |
158 |
650 |
168 |
530 |
Da 6 a 9 addetti |
129 |
1053 |
70 |
460 |
Da 10 a 19 addetti |
173 |
2280 |
37 |
430 |
Da 20 a 29 addetti |
43 |
1044 |
9 |
189 |
Da 30 a 49 addetti |
19 |
721 |
- |
- |
Oltre 50 addetti |
9 |
1207 |
- |
- |
Totale |
683 |
7185 |
600 |
2051 |
La natura distrettuale del polo produttivo aretino viene confermata anche sotto il profilo delle relazioni interne. Infatti è minima la quota di decentramento produttivo al di fuori dell’area da parte dei produttori dotati di marchio, mentre il 99,3% della produzione rimane nella provincia di Arezzo.
Data la complessità del ciclo produttivo e la specializzazione dei contoterzisti, sono relativamente poche le aziende che svolgono l’intero ciclo.
Dalla rilevazione dell’andamento infortunistico nel comparto lavorazione dei metalli preziosi effettuato dall’INAIL di Arezzo per le voci di tariffa 6251 e 6252 (lavorazione dell’argento e dell’oro), si ricavano i seguenti dati:
Anno |
1992 |
1993 |
1994 |
1995 |
1996 |
N° totale di infortuni |
496 |
386 |
370 |
352 |
383 |
2. SCHEMA A BLOCCHI DELLE PRINCIPALI LAVORAZIONI
Riportiamo un generico schema a blocchi delle lavorazioni nel comparto orafo. Data la complessità e la varietà delle lavorazioni specifiche e delle relative combinazioni possibili nell’ordine di esecuzione delle varie fasi, abbiamo ritenuto opportuno accorpare le lavorazioni nei seguenti cinque grandi gruppi: Preparazione leghe, preparazione semilavorati, montaggio, finitura, operazioni ausiliarie e di supporto. Ogni gruppo viene suddiviso in sottogruppi e questi a loro volta in fasi.
Descriviamo più in dettaglio i vari gruppi di lavorazioni.
Per prima cosa si deve preparare la lega di metallo prezioso con le caratteristiche desiderate in forma di lingotto da poi avviare alla lavorazione. I lingotti possono avere forme diverse a seconda degli utilizzi successivi. I metalli preziosi utilizzati per preparare la lega, possono derivare dall’acquisto di materia prima oppure di recupero.
Il recupero dei metalli preziosi può avvenire da scarti di lavorazione oppure da prodotti di varia natura (schede di circuiti elettronici, ecc...). La materia prima di recupero viene sottoposta a trattamenti chimici di affinazione prima di essere sottoposta a trattamenti metallurgici (fusione).
Al fine di determinare analiticamente la percentuale di metallo prezioso presente nelle materie prime e poi nella lega ottenuta, viene svolta l’operazione di saggiatura.
Per ottenere il gioiello dal lingotto, sono necessari in genere vari passaggi che conducono a prodotti intermedi chiamati semilavorati. Il lingotto, in forma di lastra o di filo, viene quindi sottoposto a lavorazioni meccaniche (laminazione, trafilatura, tranciatura, taglio, stampaggio, imbutitura, rovesciatura, produzione canna piena, produzione catene, ecc...) e/o a lavorazioni chimiche / elettrochimiche (vuotatura, elettroformatura) e/o chimicometallurgiche (saldatura catena, microfusione, ricottura detta anche tempra).
I semilavorati ottenuti possono poi essere assemblati tramite operazioni di saldatura a banco o incastonatura.
La finitura comprende trattamenti meccanici e/o chimico fisici e/o galvanici.
I trattamenti meccanici sono: pulitura (spazzolatura detta anche lucidatura o carteggiatura), sabbiatura, diamantatura detta anche satinatura, burlonatura detta anche burattatura, asciugatura.
I trattamenti chimico fisici sono: lavaggio con detersivi, lavaggio con ultrasuoni, lavaggio con solventi, lavaggi combinati (detersivi/ultrasuoni, solventi/ultrasuoni, ecc...), decapaggio detto anche bianchimento o sbianca), brunitura, anticatura (per l’argento), smaltatura.
I trattamenti galvanici sono: sgrassatura elettrolitica, doratura a spessore, doratura flash, argentatura, rodiatura, nichelatura, ramatura, brillantatura.
Le operazioni e i servizi ausiliari sono: amministrazione, sviluppo e ricerca, controllo qualità, servizio prevenzione e protezione, magazzino gas tossici, magazzino materie prime (caveau), magazzino prodotti ausiliari (acidi, solventi, ecc...), magazzino prodotti finiti, spedizioni, manutenzione, depurazione acque, abbattimento emissioni, gestione rifiuti.
1. FASE DI LAVORAZIONE : AFFINAZIONE 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a gas e vapori (ossidi di azoto; anidride solforosa; acido nitrico, cloridrico, solforico) Rischi da manipolazione di sostanze pericolose: Manipolazione di acidi (cloridrico, nitrico, solforico, acqua regia) 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.1.1 DESCRIZIONE DELLA LAVORAZIONE: Affinazione.
Per affinazione di metalli si intende in genere quella serie di operazioni che tendono a migliorare il titolo dei singoli metalli. Nel caso delle leghe di metalli preziosi l’operazione di affinazione segue differenti modalità a seconda del titolo in oro della lega. Di seguito consideriamo l’affinazione secondo due diverse tecniche: mediante attacco con acqua regia e mediante rinquarto.
3.1.1.1 AFFINAZIONE TRAMITE ATTACCO CON ACQUA REGIA
Quando il titolo dell’oro è maggiore o uguale a 700 o/oo l’attacco della lega viene effettuato con acqua regia (miscela di acido cloridrico e acido nitrico in rapporto 3:1). Le verghe di lega metallica da affinare sono sottoposte a fusione in crogiolo, di solito riscaldato a fiamma (GPL / metano) e in alcuni casi ad induzione, poi il metallo fuso viene fatto colare in una vasca d’acqua e si formano scaglie. Le scaglie vengono introdotte in palloni di vetro e si procede all’attacco con acqua regia, all’inizio a freddo e poi si procede al riscaldamento.
In un pallone da 10 litri possono essere introdotti fino a tre chilogrammi di oro puro. La reazione va avanti tre ore circa. Metalli presenti: oro, argento, rame, zinco, cadmio, ecc... Si ha formazione di ossidi di azoto e cloruri. Finita la reazione il tutto viene lasciato raffreddare una ora e mezza circa, quindi il liquido viene filtrato sotto vuoto. Sul filtro rimane il cloruro di argento ed il rame cloruro.
Il liquido di filtrazione viene messo in un contenitore di PVC e, sotto cappa, viene effettuata la precipitazione dell’oro tramite aggiunta di bisolfito.
L’aspirazione forzata sotto cappa è indispensabile per l’evacuazione della anidride solforosa che si sviluppa durante l’operazione di riduzione del cloruro d’oro.
Il cloruro di rame non viene ridotto ma rimane in soluzione.
La soluzione contenente il solo rame cloruro viene sifonata, mentre la parte di liquido che rimane in fondo al recipiente con l’oro precipitato viene filtrata sotto vuoto. Il liquido di filtrazione viene riunito al resto della soluzione di rame cloruro precedentemente sifonata.
I fanghi di cloruro di argento rimasti sul filtro nell’operazione di cui si è parlato sopra vengono sottoposti a cementazione. Nelle piccole e medie aziende orafe si procede manualmente: in un recipiente (secchio della capacità di circa 10 litri) vengono posti i fanghi di cloruro di argento insieme a dei pezzi di lamiera di ferro e circa 100 cc. di acido cloridrico. La preparazione di cui sopra normalmente viene effettuata la sera alla fine dell’orario di lavoro ed il secchio viene lasciato coperto fino alla mattina seguente. A questo punto la soluzione che ora è di cloruro ferrico insieme ai fanghi di argento prodotti viene sottoposta a filtrazione (sempre sotto vuoto). Sul filtro rimane l’argento mentre il cloruro ferrico in soluzione viene messo in una vasca di accumulo ed avviato all’impianto di depurazione acque. Il trasferimento anche in questo caso viene effettuato per sifonatura per non asportare l’argento che si deposita sul fondo. L’argento depositato che ha un titolo intorno al 900 o/oo viene avviato alla fusione.
Torniamo alla operazione di precipitazione dell’oro con bisolfito. L’oro rimasto sul filtro viene sottoposto a vari lavaggi con acqua calda prima e fredda poi e quindi, con un titolo di 999,9 o/oo viene avviato alla fusione. Questo oro rientra nel ciclo di lavorazione insieme a quello acquistato dall’esterno.
La soluzione di cloruro di rame, proveniente dall’operazione di precipitazione dell’oro, sifonata dalla vasca di reazione con bisolfito, viene avviata all’impianto di depurazione acque. La fondata che può contenere un poco di oro viene filtrata, l’oro subisce ripetuti risciacqui e viene quindi fuso. Non si tratta di oro puro ma di oro misto a un po’ di rame che è precipitato.
3.1.1.2 ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE "AFFINAZIONE CON ACQUA REGIA".
3.1.1.3 FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE "AFFINAZIONE CON ACQUA REGIA".
I principali fattori di rischio, oltre a quelli comuni relativi alla fusione descritti al paragrafo 3.3.3, sono dovuti a:
3.1.1.4 DANNI NELLA FASE "AFFINAZIONE CON ACQUA REGIA".
3.1.1.5 INTERVENTI PREVENZIONISTICI PER LA FASE "AFFINAZIONE CON ACQUA REGIA".
3.1.1.5.1 Per ridurre l’esposizione ai vapori di azoto e di anidride solforosa, è necessario che la fase di attacco con acqua regia venga effettuato in impianto chiuso posto in depressione a tenuta in modo che tutti i vapori vengano captati. Inoltre è necessario installare un impianto di aspirazione generale dell’ambiente di lavoro.
3.1.1.5.2 Per ridurre l’esposizione ai vapori di anidride solforosa provenienti dalla riduzione del cloruro d’oro con bisolfito, si deve operare sotto cappa aspirante.
3.1.1.5.3 Per ridurre il rischio di contatto con gli acidi e per evitare sversamenti è necessario utilizzare attrezzature idonee, in relazione alle quantità utilizzate, per il travaso in sicurezza (contenitori, pompe, montaliquidi, ecc...). Inoltre sono necessari D.P.I. (tute, guanti, occhiali, scarpe, ecc.)
3.1.1.6 APPALTI A DITTE ESTERNE PER LA FASE "AFFINAZIONE CON ACQUA REGIA".
La fase è tipica di alcune aziende di medie e grandi dimensioni, pertanto le piccole aziende non effettuano direttamente l’affinazione ma si avvalgono di ditte specializzate
3.1.1.7 RIFERIMENTI LEGISLATIVI PER LA FASE "AFFINAZIONE CON ACQUA REGIA".
3.1.1.8 IMPATTO ESTERNO DELLA FASE "AFFINAZIONE CON ACQUA REGIA"
Il contributo delle emissioni di ossidi di azoto dovuti a questa fase lavorativa rispetto al totale delle altre fonti di emissione, le quali sono costituite principalmente dal traffico veicolare ed altri processi di combustione, è poco significativo e tale da non alterare la qualità dell’aria se non localmente nel caso di inefficienza dell’impianto di abbattimento. In tal caso il danno derivante da un episodio incidentale di inquinamento da ossidi di azoto è individuabile in effetti nocivi di tipo acuto e reversibile sulla popolazione esposta. Dato che gli effetti irritanti di questo inquinante sono subito percepibili e di inoltre per il fatto che le quantità in gioco sono modeste, non si hanno generalmente esposizioni prolungate tali da causare effetti irreversibili sulla popolazione circostante. Queste considerazioni valgono anche per le emissioni di ossidi di azoto derivanti dalla fase di vuotatura della canna piena con rame mediante acido nitrico e per la fase di rinquarto (si veda i relativi paragrafi).
L’impatto derivante dalle emissioni di acido cloridrico è meno significativo rispetto alle emissioni di ossidi di azoto dato che gli impianti di abbattimento per l’acido cloridrico hanno una efficienza più elevata. La soglia olfattiva dell’acido cloridrico è inferiore rispetto all’anidride solforosa e superiore rispetto agli ossido di azoto. In caso di evento accidentale per malfunzionamento dell’impianto di abbattimento valgono le stesse considerazioni del punto precedente.
3.1.2.1 AFFINAZIONE TRAMITE RINQUARTO.
L’operazione di rinquarto interessa il vergato con titolo inferiore a 700 o/oo. Tale limite che porta alla scelta di eseguire l’operazione dell’acqua regia o del rinquarto è legato fondamentalmente all’argento che, se supera un certo titolo (in pratica 140 g/Kg) crea problemi durante l’operazione di attacco con acqua regia. Questo perché l’argento ricopre le grane con una pellicola di argento cloruro che impedisce la prosecuzione dell’attacco. Le grane sono piccoli granelli di forma rotondeggiante, in cui il metallo viene ridotto per aumentare la superficie di attacco chimico.
Quando il titolo è inferiore a 700 o/oo si procede con un attacco di acido nitrico. Però per effettuare questa operazione è opportuno che il titolo sia notevolmente inferiore al limite di 700 o/oo. In pratica normalmente il titolo viene portato a 270 o/oo.
Per fare un esempio concreto se abbiamo una verga d’oro con titolo 500 o/oo che pesa 6 Kg e quindi contenente 3 Kg. di oro fino, deve essere portata ad un peso complessivo di 11 Kg, perciò si deve aggiungere 5 Kg. di argento. Il motivo è legato al fatto che più alta è la quantità di argento presente, migliore è l’attacco con acido nitrico.
La carica viene sottoposta a fusione in crogiolo (di solito a GPL o metano) poi colata nella vasca d’acqua fredda in movimento di cui si è parlato al precedente paragrafo 3.1.2. In questa operazione si formano le scaglie che vengono messe in un recipiente di acciaio inox detto cassola e trattate, sotto cappa aspirata, con acido nitrico a 36 Bé (Baume’).
Per gli 11 Kg. di lega che abbiamo ipotizzato occorrono circa 20 litri di acido.
La soluzione viene riscaldata e la reazione va avanti 3 ore circa. Disciolta tutta la lega si ha oro metallo precipitato oltre a nitrato di argento e rame.
La soluzione di nitrati viene messa in una vasca di accumulo nella quale vengono anche immerse delle barre di rame. Il rame sposta l’argento dalla soluzione e lo fa precipitare sotto forma di argento metallico. La soluzione di rame viene sifonata e va alla depurazione. L’argento viene filtrato, lavato e fuso.
L’oro viene posto in una capsula di quarzo dove viene aggiunto acido solforico. L’acido toglie le ultime tracce di argento portandolo in soluzione. La soluzione di solfato di argento va nella stessa vasca del cloruro di ferro che di per sé contiene già un po’ di acido cloridrico, ma ne viene aggiunto ancora. L’acido cloridrico sposta l’argento dal solfato formando cloruro di argento. Il cloruro di argento precipita.
3.1.2.2 ATTREZZATURE E MACCHINE, FASE "AFFINAZIONE TRAMITE RINQUARTO".
3.1.2.2.1 Forno a crogiolo riscaldato a fiamma
3.1.2.2.2 Cassola (reattore in acciaio inox)
3.1.2.2.3 Pallone
3.1.2.2.4 Capsula di quarzo
3.1.2.3 FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE "AFFINAZIONE TRAMITE RINQUARTO".
3.1.2.4 DANNI NELLA FASE "AFFINAZIONE TRAMITE RINQUARTO".
3.1.2.5 INTERVENTI PREVENZIONISTICI PER LA FASE "AFFINAZIONE TRAMITE RINQUARTO"
3.1.2.5.1 Per ridurre l’esposizione ai gas vapori acidi, la cassola deve essere posta sotto cappa aspirante.
3.1.2.5.2 Per ridurre il rischio di contatto con gli acidi e per evitare sversamenti è necessario utilizzare attrezzature idonee, in relazione alle quantità utilizzate, per il travaso in sicurezza (contenitori, pompe, montaliquidi, ecc...). Inoltre sono necessari D.P.I. (tute, guanti, occhiali, scarpe, ecc.).
3.1.2.6 APPALTI A DITTE ESTERNE PER LA FASE "AFFINAZIONE TRAMITE RINQUARTO".
La fase è tipica di alcune aziende di medie e grandi dimensioni, pertanto le piccole aziende non effettuano direttamente l’affinazione ma si avvalgono di ditte specializzate.
3.1.2.7 RIFERIMENTI NORMATIVI PER LA FASE "AFFINAZIONE TRAMITE RINQUARTO".
3.1.2.8 IMPATTO ESTERNO PER LA FASE "AFFINAZIONE TRAMITE RINQUARTO".
1. FASE DI LAVORAZIONE : SAGGIATURA 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a vapori (ossidi di azoto); esposizione a fumi di ossidi di piombo; esposizione a polveri; esposizione a microclima sfavorevole; esposizione a radiazioni termiche e luminose. Rischi per la sicurezza: carenza di sicurezza su macchine (lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento); lavoro in prossimità di superfici ad elevata termperatura; manipolazione di sostanze pericolose (sostanze acide e caustiche). 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.2 FASE DI LAVORAZIONE : SAGGIATURA
3.2.1 DESCRIZIONE DELLA FASE "SAGGIATURA"
La saggiatura è una operazione del ciclo lavorativo orafo che consiste nel valutare il contenuto in metallo prezioso nella lastra di lega, da scarti di metallo della lavorazione stessa, o nelle ceneri provenienti dalla combustione dei materiali di consumo.
Le varie fasi della saggiatura consistono, nel caso di verifica della quantità di metallo prezioso contenuto in una lastra di lega, nelle operazioni di seguito descritte.
Si inizia con il prelievo di una piccola quantità di metallo, in genere un truciolo prelevato tramite un trapano a colonna. Il materiale di prelievo viene quindi posto su un foglietto di piombo del peso di 5 grammi sul quale viene aggiunta anche una quantità nota di argento in modo da ridurre il rapporto oro/argento contenuto nella lastra da 1/3 a 1/4 (rinquarto). Il foglietto di piombo viene quindi accartocciato e introdotto in una coppella (piccolo contenitore di magnesite e fosfato di calcio). Le coppelle vengono poste in una muffola (contenitore a forma di tunnel riscaldato mediante resistenze elettriche) ad una temperatura di circa 1100 °C. La fusione del piombo determina la produzione di ossido di piombo, che ingloba i metalli vili (rame, cadmio, zinco ecc. ..) contenuti nella lega facendo emergere un "bottone" brillante (oro + argento). Tale bottone, dopo essere stato opportunamente ripulito dalle scorie, è successivamente ricotto e trasformato in una fine lamina, quest’ultima viene attorcigliata ed introdotta in uno spartitore (matraccio o vaschette), fatta bollire per 10 minuti in acido nitrico prima a 22 Bé e poi a 32 Bé. Si ottiene il solo oro che è ricotto a 800 °C per eliminare l’umidità residua. Il materiale ottenuto è quindi raffreddato e pesato.
Dal rapporto in peso tra l’oro trovato e il peso del campione di partenza, si determina il titolo in millesimi.
La saggiatura si applica anche per l’analisi delle ceneri che costituiscono il prodotto di combustione di materiali che, per qualunque motivo, possono contenere metalli preziosi e che pertanto vengono affidati a ditte specializzate per effettuare il recupero dei metalli preziosi presenti.
3.2.2 ATTREZZATURE E MACCHINE PER LA FASE "SAGGIATURA"
I principali rischi presenti nella operazione di saggiatura sono riconducibili a :
3.2.4 DANNI NELLA FASE "SAGGIATURA"
3.2.6 APPALTI A DITTE ESTERNE DELLA FASE "SAGGIATURA".
Questa fase è presente solo in alcune aziende, quindi la maggior parte delle aziende ricorrono a ditte specializzate esterne.
3.2.8 IMPATTO ESTERNO PER LA FASE SAGGIATURA
I fumi, polveri e vapori aspirati in questa fase, pur trattandosi di emissioni poco significative, vengono generalmente inviati all’impianto di abbattimento ad umido con soda. Le soluzioni alcaline che provengono dall’impianto dalle torri di abbattimento ad umido devono essere inviate all’impianto di depurazione delle acque.
1. FASE DI LAVORAZIONE : FUSIONE 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a fumi e vapori (metalli, prodotti di combustione, scorificanti, fondenti, distaccanti); esposizione a rumore; esposizione a microclima sfavorevole; esposizione a campi elettromagnetici; Rischi per la sicurezza: carenza di sicurezza su macchine (lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento); lavoro in prossimità di superfici ad elevata temperatura; lavoro in prossimità di fiamme libere; manipolazione di sostanze pericolose (sostanze acide e caustiche). Rischi trasversali o organizzativi: movimentazione manuale dei carichi. 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.3 FASE DI LAVORAZIONE : FUSIONE
3.3.1 DESCRIZIONE DELLA FASE "FUSIONE"
L’operazione di fusione viene effettuata con vari fini. In generale si può dire che tale operazione ha lo scopo di preparare leghe di più metalli ai vari titoli desiderati e dare al prodotto di fusione la foggia desiderata. La forma può andare dalle scaglie per i successivi attacchi acidi dei reparti di microfusione e rinquarto, ai "lingotti filo" o "lingotti lastra" che, come vedremo più avanti, vengono avviati alla preparazione dei semilavorati.
La fusione avviene in crogioli riscaldati secondo due sistemi principali: quello a fiamma (combustione di GPL o metano) e quello elettrico (forni a induzione).
I forni a GPL presentano problemi di elevata rumorosità, principalmente alle basse frequenze e, come quelli a induzione, problemi di fumi o meglio vapori metallici.
Le materie prime impiegate, oltre i metalli in produzione, sono di varia natura e ciascuna con un preciso fine tecnologico. Come fondenti e scorificatori vengono utilizzati principalmente: acido borico, borace, soda caustica e salnitro.
La fusione viene impiegata anche per preparare leghe di saldatura per ricavarne le bacchette per saldare. Tali leghe sono costituite principalmente da oro, argento, rame, nichel, zinco e indio. In particolare nelle fusioni delle leghe per filo/lastre di materiali d’apporto per saldatura viene aggiunto l’indio come metallo basso bollente in percentuali del 5-10% o anche superiori. Una volta veniva utilizzato anche il cadmio, oggi sostituto con l’indio perché meno pericoloso.
Una volta fuso, il metallo viene colato in staffe o lingottiere precedentemente trattate con distaccanti (oli minerali, grafite) o con fosfato di calcio (fosfatazione staffe), al fine di consentire il facile distacco dalla staffa dopo la colata del metallo che forma il lingotto.
L’operazione di applicazione del distaccante è simile ad una verniciatura a spruzzo tradizionale.
3.3.2 ATTREZZATURE E MACCHINE PER LA FASE "FUSIONE".
3.3.2.2 FORNI A RIBALTAMENTO AUTOMATICO DEL CROGIOLO
, possono essere a fiamma o a induzione.3.3.2.3 FORNI A COLATA CONTINUA,
in genere a induzione.3.3.2.4 FORNI DI PRE-RISCALDO STAFFE
3.3.2.5 IMPIANTI DI SUPPORTO ALLE VARIE FASI NEL REPARTO FONDERIA
3.3.2.6 Lingottiere o staffe
3.3.3 FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE "FUSIONE"
3.3.4 DANNI NELLA FASE "FUSIONE"
3.3.4.1 L’inalazione di fumi metallici può causare irritazione delle vie respiratorie. Il cadmio provoca effetti dannosi soprattutto ai reni ed è classificato come cancerogeno.
3.3.4.2 Il lavoro in ambienti con microclima sfavorevole per l’elevata temperatura ambientale può portare a disidratazione, crampi, vertigini, nausea, collasso.
3.3.4.3 L’esposizione a campi elettromagnetici può provocare danni agli occhi (cristallino) ed alle gonadi.
3.3.4.4 Sono possibili ustioni per contatto con superfici calde di impianti ed attrezzature, fiamme libere e per possibile proiezione o investimento di lega fusa.
3.3.5 INTERVENTI PREVENZIONISTICI PER LA FASE "FUSIONE"
3.3.5.1 Per ridurre l’esposizione ai fumi, polveri metallici e fumi di combustione è necessario dotare i forni di cappa aspirante con una velocità dell’aria non inferiore a 0,3 m/s e posizionata in modo che la traiettoria dei fumi non investa l’addetto. In ogni caso i forni fusori sono progettati in modo da ridurre l’emissione di fumi metallici dato che sono costituiti dai metalli preziosi. Occorre porre l’attenzione nel reparto fonderia alle operazioni di fusione delle leghe per saldatura. Tali leghe sono costituite principalmente da oro, argento, rame, cadmio e zinco. Dato che indio, cadmio e zinco hanno una temperatura di fusione inferiore a quella degli altri metalli costituenti la lega, operando in maniera scorretta si possono avere delle "fumate" di vapori metallici. Data la maggiore pericolosità, il cadmio è stato prevalentemente sostituito dall’indio. Inoltre in genere si tende a sostituire forni a GPL o metano con quelli ad induzione, essendo questi di più facile gestione ed inoltre consentono di risolvere il problema della esposizione ai fumi di combustione e del rumore. E’ anche necessario che le operazioni di fusione vengano svolte in locale separato da altre lavorazioni e ben aerato.
3.3.5.2 Per l’operazione di applicazione del distaccante la bonifica consiste in una cabina aspirata a velo d’acqua tipica delle verniciature.
3.3.5.3 Per ridurre l’esposizione al microclima surriscaldato è necessario che l’ambiente di lavoro sia ben aerato. Inoltre devono essere previsti dei locali freschi dove gli addetti possano fare pause di riposo e bere frequentemente bibite fresche con integratori di sali minerali.
3.3.5.4 Per ridurre l’esposizione ai campi elettromagnetici i forni devono essere dotati di strutture metalliche schermanti.
3.3.5.5 Per ridurre il rischio di ustioni è necessario che le parti più calde dei forni vengano rivestite con materiale termoisolante oppure segregate. Inoltre devono essere a disposizione degli addetti pinze per la presa degli oggetti caldi. E’ necessario indossare dispositivi di protezione individuale quali guanti, grembiuli in cuoio e visiere, scarpe / gambali di protezione.
3.3.6 APPALTI A DITTE ESTERNE NELLA FASE "FUSIONE"
Questa fase non viene appaltata.
3.3.7 RIFERIMENTI LEGISLATIVI PER LA FASE "FUSIONE"
Per quanto riguarda i limiti di esposizione ai fumi metallici riportiamo i valori ACGIH 1995:
TLV-TWA |
Limite di esposizione fumi (mg/m3) |
Cadmio |
0,002 |
Rame |
0,2 |
Argento |
0,1 |
Indio |
0,1 |
Nichel |
0,05 |
Platino |
1 |
Zinco ossido |
5 |
3.3.8 IMPATTO ESTERNO PER LA FASE "FUSIONE"
Per il fatto che i processi fusori sono progettati in modo da ridurre l’emissione di fumi metallici dato che sono costituiti dai metalli preziosi, l’impatto esterno in questa fase è poco significativo anche se gli impianti sono soggetti ad autorizzazione per le emissioni.
1. FASE DI LAVORAZIONE : LAMINAZIONE E PRIME LAVORAZIONI DEI LINGOTTI 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a microclima sfavorevole; esposizione a rumore; esposizione a fumi (prodotti di combustione); esposizione a vapori (ammoniaca); Rischi per la sicurezza: carenza di sicurezza su macchine (lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento); lavoro in prossimità di superfici ad elevata temperatura; manipolazione di sostanze pericolose (oli lubrificanti); carenze strutturali (pavimenti scivolosi); esplosione - incendio. Rischi trasversali o organizzativi: lavoro in posture scomode; 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.4 FASE DI LAVORAZIONE: LAMINAZIONE E PRIME LAVORAZIONI DEI
LINGOTTI
3.4.1 DESCRIZIONE DELLA FASE DI LAVORAZIONE
Nella precedente operazione di fusione si è visto come si arrivi ad ottenere un lingotto che a seconda dell’utilizzo successivo viene foggiato in maniera diversa e denominato "lingotto a lastra" o "lingotto a filo". La fase di laminazione serve a deformare plasticamente il metallo al fine di ottenere una riduzione di spessore delle lastre o dei fili.
3.4.1.1 DESCRIZIONE DELLE PRIME LAVORAZIONI DEL LINGOTTO LASTRA
Il "lingotto lastra" ha uno spessore che in genere va dai 15 ai 20 mm; tale spessore viene ridotto nel laminatoio sbozzatore fino ad un valore che varia da 1,0 a 3,0 mm, a seconda degli impieghi successivi. Per le fedi o simili lo spessore necessario va da 1,5 a 3,0 mm e quindi la lamina sbozzata viene solo tagliata con una taglierina dopo essere stata ricotta. Per spessori inferiori la lamina viene ricotta e poi passata nel laminatoio finitore che la porta a spessori dell’ordine di 0,15 - 1,0 mm.
Una volta laminata allo spessore desiderato la lastra deve essere rifilata ad una larghezza tale da poter entrare nella trancia per poi ottenere gli oggetti o semilavorati desiderati. Per questa operazione di rifilatura vengono utilizzate macchine denominate cesoie circolari o taglierine.
La ricottura consiste nell’introduzione della lastra nel forno, denominato appunto forno di ricottura o anche forno a disossido dato che la ricottura avviene in ambiente riducente (disossidazione).
Nel caso di lastre della larghezza di 10 cm e lunghe un paio di metri, il tempo di permanenza nel forno si aggira tra i 10 e i 15 minuti. Al fine di evitare l’ossidazione del rame presente nella lega, l’ingresso dell’aria nel forno viene impedito tramite una fiamma a GPL posta davanti all’imboccatura di entrata, mentre l’uscita è protetta grazie ad una chiusura idraulica. A fine ricottura la lamina viene fatta cadere in una vasca di acqua fredda ai fini della tempra.
3.4.1.2 DESCRIZIONE DELLE PRIME LAVORAZIONI DEL LINGOTTO FILO
Il lingotto filo può avere varie dimensioni e forme: in genere comunque è a sezione quadrata e lunghezza variabile. Con vari successivi passaggi di laminazione si riduce la sezione (sempre quadrata) alle dimensioni volute, dopo di che si va al forno di ricottura e quindi si passa alla trafilatura.
3.4.2.1 Laminatoi
I laminatoi sono costituiti da due cilindri scanalati sorretti da una robusta incastellatura i quali, ruotando in sensi opposti, trascinano il filo o la lastra da laminare premendola tra di essi. Si tratta di macchine non veloci ma potenti. I laminatoi possono essere di diversi tipi: laminatoio sbozzatore lastra, laminatoio finitore lastra, laminatoio filo, treno di laminazione.
3.4.2.2 CESOIE CIRCOLARI
Le cesoie possono essere singole o multiple. La cesoia singola taglia una striscia per volta, mentre con la cesoia multipla si ottengono più strisce della stessa larghezza in una sola passata.
3.4.2.3 FORNI DI RICOTTURA (forni a disossido)
Si tratta di un forno dove viene creato un ambiente riducente (disossidazione): all’interno della camera viene immessa una miscela di azoto e idrogeno in rapporto 1:3 in leggera sovrapressione, mentre alle due estremità una fiamma laminare, alimentata con metano, impedisce all’ossigeno di penetrare all’interno della camera. Azoto e idrogeno possono essere forniti in bombole oppure prodotti da un impianto di dissociazione dell’ammoniaca.
All’avvio della macchina viene flussata la camera con azoto dato che durante l’interruzione del lavoro notturno questa si è saturata di aria e quindi di ossigeno.
LINGOTTI"
3.4.3.1.1 Il laminatoio sbozzatore lastra crea problemi di sicurezza, riferiti principalmente alle mani degli operatori addetti (vedi Fig. X-a). Infatti sia l’operatore che spinge il lingotto da laminare (B), sia l’operatore che lo riceve, si trovano con le mani (C) in una posizione pericolosa: in caso di distrazione le mani potrebbero essere trascinate e inevitabilmente schiacciate dai due cilindri (A) in movimento.
Fig. X-a: laminatoio sbozzatore lastra prima della bonifica.
A
A
In generale per tutti i tipi di laminatoi esiste il rischio di presa e trascinamento delle mani tra i cilindri lavoratori contrapposti e tra gli ingranaggi di trasmissione del moto.
3.4.3.1.2 Nelle cesoie circolari singole il nastro deve essere guidato a mano, a differenza delle cesoie circolari multiple le quali sono protette da un dispositivo guida - lastra; pertanto il lavoro alle cesoie circolari singole comporta il rischio di infortunio per la mano che preme sul nastro (Fig. Y-a).
Fig. Y-a: cesoia circolare singola prima della bonifica.
3.4.3.2 Esposizione a microclima sfavorevole, dovuto alla presenza dei forni di ricottura che generano calore radiante.
LINGOTTI"
3.4.5 INTERVENTI PREVENZIONISTICI PER LA FASE "LAMINAZIONE E PRIME LAVORAZIONI DEI LINGOTTI"
3.4.5.1 I principali accorgimenti messi in atto per prevenire il rischio infortunistico al laminatoio sbozzatore lastra (Fig. X-b) consistono in:
Fig. X-b: laminatoio sbozzatore lastra dopo la bonifica.
In generale per tutti i tipi di laminatoi, deve essere protetta la zona di imbocco dei cilindri contrapposti, tramite un riparo che consenta il passaggio del pezzo in lavorazione ma non le mani dell’addetto. I laminatoi ad inversione del moto devono essere dotati di efficaci protezioni in entrambe le zone di imbocco.
Al fine di ridurre al minimo il rischio di infortunio alle cesoie circolari singole è stato adottato l’accorgimento di proteggere la rotella superiore della cesoia con una sagoma di ferro opportunamente adattata (Fig. Y-b).
Fig. Y-b: cesoia circolare singola dopo la bonifica
Questa fase non viene appaltata.
3.4.7 RIFERIMENTI LEGISLATIVI PER LA FASE "LAMINAZIONE E PRIME LAVORAZIONI DEI LINGOTTI"
L’impatto principale sull’ambiente esterno in questa fase è costituito dal rumore e dalle vibrazioni prodotte dalle macchine per laminazione. Questo è un problema solo in caso di unità produttive strutturalmente collegate con altri insediamenti civili.
Tutte le macchine in movimento lubrificate con oli emulsionabili, danno come rifiuto oli emulsionabili esausti i quali, primi di essere inviati al recupero tramite ditte specializzate, devono essere stoccati in modo idoneo cioè in contenitori in acciaio inox o plastica dura, con vasche di contenimento per evitare gli sversamenti durante i travasi.
1. FASE DI LAVORAZIONE : LAVORAZIONE DEI LINGOTTI (dopo la ricottura) 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a microclima sfavorevole; esposizione a rumore; esposizione a radiazioni visibili ultraviolette e infrarosse; esposizione a fumi di saldatura; esposizione a vapori (trielina); esposizione a polveri (talco, polvere saldante). Rischi per la sicurezza: carenza di sicurezza su macchine (lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento); manipolazione di materiali ad elevata temperatura. 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.5 FASE DI LAVORAZIONE: LAVORAZIONE DEI LINGOTTI
(
Linee di lavorazione successive alla fase di RICOTTURA. Reparto SEMILAVORATI.)3.5.1 DESCRIZIONE DELLA LAVORAZIONE
Considerando la ricottura come una fase comune alle linee di lavorazione della lastra e del filo, vediamo ora dopo tale operazione alcune delle lavorazioni per le due linee di lavorazione.
3.5.1.1 Linea di lavorazione della lastra (dopo la ricottura).
Dopo la ricottura la lastra viene tranciata tramite presse eccentriche o oleodinamiche. Dopo la tranciatura si hanno altre operazioni di stampaggio: nel caso delle fedine queste operazioni sono la imbutitura, la rovesciatura, ecc... .
Proseguendo nella linea di lavorazione delle fedine, queste vengono allargate in una macchina chiamata laminatoio per fedi. Le fedine vengono poi punzonate con marchio e titolo e quindi portate a misura con apposita macchinetta allargatrice. Vengono poi attestate in un piccolo tornio bloccandole sul mandrino con apposito utensile. Viene usato un olio emulsionabile per lubrificare il mandrino; dopo l’attestatura si passa alla diamantatura che serve per eseguire un disegno sulla superficie esterna del pezzo (in genere fedine), tramite un utensile ruotante ad alta velocità e dotato di punta di diamante. Il lavoro di diamantatura è alquanto specializzato pertanto gli addetti, di norma, non ruotano in più mansioni ma fanno spesso solo i diamantatori. Una operazione simile alla diamantatura è la satinatura che differisce in pratica per il fatto che l’utensile non è diamantato ma è costituito da acciaio al vidia. La satinatura spesso precede la diamantatura.
3.5.1.2 Linea di lavorazione del filo (dopo la ricottura).
Dopo la ricottura il filo viene avviato alla trafilatura che lo rende di sezione rotonda con dimensioni fino a 0,15 mm di diametro. Il filo viene principalmente utilizzato per la produzione di catene tramite specifiche macchine da catena.
Le maglie della catena ottenuta con tali macchine devono poi essere saldate, quindi la catena viene prima sottoposta a sgrassatura mediante un bagno di trielina, viene poi passata in una soluzione di trielina e olio di ricino e quindi impastata nella polvere saldante. La polvere saldante contiene zinco, rame, acido borico e fosforo, ma la composizione può variare.
La catena viene quindi sottoposta a "spogliatura" immergendola in polvere di talco per togliere tutta la polvere saldante superflua; infatti deve restare polvere saldante solo tra le due facce dell’anello da saldare. La spogliatura avviene in due fasi successive: la prima è effettuata manualmente dentro un contenitore di talco, nel quale si ripulisce la matassa di catena; la seconda fase è automatica e prevede il passaggio in continuo della catena in una vaschetta dove il talco contenuto viene mantenuto in agitazione.
Dopo la seconda spogliatura si va al forno di saldatura che è in atmosfera controllata: dell’ammoniaca viene fatta passare su un catalizzatore di nichel e quindi si dissocia in azoto e idrogeno che viene fatto bruciare e crea l’atmosfera riducente (forno a nastro).
Dopo la saldatura la catena passa alla diamantatura che in questo caso può essere del tipo cosiddetto "a ghiaccio" o "a secco".
3.5.1.3 PREPARAZIONE DELLA CANNA PIENA
Al fine di produrre oggetti in metalli preziosi ma meno pesanti e quindi di minor costo viene utilizzata la cosiddetta "canna vuota". Le difficoltà di lavorazione meccanica che presenterebbe una "canna" o tubicino di metallo prezioso vuoto all’interno e di limitato spessore hanno indotto i produttori a ricorrere ad un passaggio intermedio: la preparazione della canna piena. Si tratta di un tubicino di metallo prezioso (oro o argento) contenente una anima di metallo non pregiato (rame, ferro o alluminio). In genere l’anima è di rame per leghe d’oro ad alto titolo, è di ferro per leghe a basso titolo ed è di alluminio per l’argento. La canna piena viene realizzata in genere tramite placcatura oppure trafilatura:
3.5.1.3.1 PLACCATURA:
Una lastra di oro viene sovrapposta ad una lastra di "TOMBAC" (una lega a base di rame) dopo aver accuratamente pulito le superfici che andranno a contatto. Le due lastre sovrapposte, inserite fra altre due lastre di ferro con funzioni di supporto, vengono introdotte in forno a 830 °C e mantenute in tali condizioni per un periodo di due ore e mezza circa, quindi inserite sotto una pressa e sottoposte ad una pressione di 180 - 200 Kg./cm2. Sulle lastre di ferro che andranno a contatto rispettivamente con TOMBAC e oro vengono prodotti distaccanti. La lastra bimetallica viene poi laminata dello spessore voluto, quindi tagliata in strisce. Le strisce vengono poi portate a forma cilindrica in appositi tiratoi lasciando la lega di rame all’interno della canna.3.5.1.3.2 TRAFILATURA:
Un altro procedimento per produrre la canna piena (ancora di oro e rame) è il seguente. Una lamina d’oro, tagliata in strisce, viene chiusa fino ad avere forma cilindrica. La generatrice di contatto del cilindro viene saldata (con saldatrice ad arco in gas inerte: argon). Quindi dentro la canna viene introdotto un tubicino di rame di diametro leggermente inferiore e poi i due tubetti concentrici vengono trafilati al tiratoio fino al diametro voluto, e comunque fino a far sì che i due tubi siano a contatto forzato. Questo stesso metodo viene impiegato anche nella preparazione della canna piena con anima di alluminio e ferro. Nel caso dell’anima di alluminio la canna è di argento. L’anima di ferro viene invece impiegata per riempire canne d’oro quando la lega è a basso titolo di oro. Infatti in questo caso l’acido nitrico (che come vedremo serve per la "vuotatura" della canna con anima di rame) attaccherebbe in modo massiccio anche il rame della lega d’oro. Allora viene utilizzata una anima in ferro e come mezzo di attacco l’acido cloridrico che non riesce ad aggredire il rame della lega d’oro.3.5.2 ATTREZZATURE E MACCHINE PER LA FASE "LAVORAZIONE DEI LINGOTTI (dopo la ricottura)"
3.5.2.1 PRESSE e TRANCE
Presse e trance servono per deformare e tranciare a freddo i materiali. La differenza fondamentale tra i due tipi di macchine è determinata dall’organo lavoratore che è costituito dal pressore o mazza nelle presse, e da punzone o utensile nelle trance.
Queste macchine sono oleodinamiche o meccaniche ad eccentrico. Le prime sono più lente e servono solo per stampare. Le seconde sono più veloci e più rumorose e possono svolgere entrambe le funzioni di stampaggio e tranciatura.
Particolari presse vengono utilizzate per la battitura della catena. Si tratta di piccole presse, normalmente autoprotette a causa della brevità della corsa, la cui frequenza del colpo è elevata
Altre particolari presse oleodinamiche (presse per placcato) vengono utilizzate per l’accoppiamento della lastra d’oro con quella di rame ottenuta per l’azione combinata di temperatura elevata e altissima pressione.
3.5.2.2 TRAFILE A BANCO
La trafila a banco riduce alle dimensioni volute nastri, tubi o tondini pieni. Può essere dotata di un doppio sistema di tenaglie per l’eventuale estrazione dell’anima in ferro o rame.
3.5.2.3 TRAFILE MULTIPLE
Le trafile multiple sono macchine in cui il filo viene ridotto alla dimensione voluta tramite passaggi successivi attraverso utensili chiamati filiere o trafile (dischetti di metallo con un foro centrale) di diametro decrescente.
3.5.2.4 AVVOLGITORI AUTOMATICI
Sono degli aspi rotanti intorno ai quali viene avvolto il filo.
3.5.2.5 SEGHE CIRCOLARI
Si tratta di seghe a disco di piccole dimensioni per il taglio di piccoli particolari di metallo prezioso.
3.5.2.6 PROFILATRICE - SALDATRICE PER TUBO
Serve per ottenere profilati di tubo partendo da un nastro che viene fatto passare attraverso una serie di rulli accoppiati e sovrapposti. La stessa macchina è corredata di un gruppo cesoia e un sistema di saldatura ad arco elettrico o microplasma.
3.5.2.7 MACCHINE PER CATENA
Servono per formare una catena a maglie partendo da un filo di vari diametri. Sono macchine automatiche che non richiedono la presenza fissa dell’operatore. Ne esistono molti modelli diversi.
3.5.2.8 FORNI DI SALDATURA
Vengono utilizzati per saldare le catene. Si tratta di forni in atmosfera riducente dello stesso tipo dei forni di ricottura già descritti nella fase precedente.
3.5.2.9 MACCHINE PER SATINATURA / DIAMANTATURA
Le diamantatrici a secco vengono utilizzate per eseguire disegni, smussature e decorazioni sul pezzo (fedine), tramite asportazione di truciolo per mezzo di un utensile rotante ad alta velocità dotato di punta di diamante. Quando l’utensile è invece di acciaio al vidia si parla di satinatura.
Le diamantatrici a ghiaccio eseguono la lucidatura della catena tramite un utensile diamantato con il seguente procedimento: si avvolge la catena su un cilindro rotante cavo, al cui interno viene fatta circolare una miscela frigorifera che ne porta la superficie esterna a temperature di circa -20 / -25 °C; una volta posizionata la catena sulla superficie del cilindro, viene spruzzata con acqua che, congelandosi, fissa sul tamburo del cilindro la catena stessa. Il cilindro viene quindi posto in rotazione e si procede alla lucidatura della superficie esposta della catena tramite l’utensile di diamante. La catena viene quindi girata di 90° e si procede alla "diamantatura" del secondo lato, e così via fino a che tutti i quattro lati, cioè le superfici laterali della catena, non sono stati lucidati.
3.5.3 FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE "LAVORAZIONE DEI LINGOTTI (dopo la ricottura)"
3.5.4 DANNI NELLA FASE "LAVORAZIONE DEI LINGOTTI (dopo la ricottura)"
3.5.5 INTERVENTI PREVENZIONISTICI NELLA FASE "LAVORAZIONE DEI LINGOTTI (dopo la ricottura)"
Inoltre le parti mobili devono essere chiuse entro carter e le presse con innesto meccanico devono essere dotate di dispositivo antiripetitore del colpo.
3.5.6 APPALTI A DITTE ESTERNE NELLA FASE "LAVORAZIONE DEI LINGOTTI (dopo la ricottura)"
Questa fase non viene appaltata.
3.5.7 RIFERIMENTI NORMATIVI PER LA FASE "LAVORAZIONE DEI LINGOTTI (dopo la ricottura)"
1. FASE DI LAVORAZIONE : VUOTATURA DELLA CANNA PIENA 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a vapori (acidi, caustici, ossidi di azoto); Rischi per la sicurezza: manipolazione di sostanze pericolose (acidi e caustici); 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.6 FASE DI LAVORAZIONE: VUOTATURA DELLA CANNA PIENA.
3.6.1 DESCRIZIONE DELLA LAVORAZIONE
Il processo di "vuotatura" della canna ha come scopo l’eliminazione di un anima in metallo non pregiato (rame, ferro o alluminio) dall’interno della "canna" vera e propria, generalmente d’oro.
La canna piena non è altro che una lamina bimetallica, molto lunga e stretta, arrotolata fino a formare un lungo cilindretto in cui il metallo pregiato viene a trovarsi all’esterno. L’inserimento dell’anima ha il principale scopo di evitare problemi di natura meccanica durante la lavorazione.
3.6.1.1 Vuotatura con acido nitrico
La vuotatura con acido nitrico si attua quando l’anima è di rame.
Descriviamo di seguito una tipica operazione di vuotatura della canna con acido nitrico. In un recipiente di acciaio inox viene posta dapprima circa 12-15 litri di una soluzione di acido nitrico (30 Bé) al 50%; il recipiente è posto all’interno di una cabina aspirata e viene riscaldato con una fiamma a GPL. La soluzione acida viene portata fino ad una temperatura di circa 80-90 °C. Nella soluzione viene calato un cestello, anch’esso in acciaio inox, contenente la catena d’oro già realizzata e avente all’interno l’anima di rame. Da notare che il cestello non viene immerso quando la soluzione è al massimo della temperatura per evitare che la reazione di attacco dell’acido sul rame sia troppo violenta. A volte il cestello viene immerso quando la soluzione acida è ancora fredda.
L’attacco sul rame prosegue per una - due ore, a seconda della quantità di metallo da asportare, del tipo di catena e del livello di esaurimento della soluzione acida.
Una volta terminata la reazione il cestello viene estratto ed il suo contenuto risciacquato. Quindi le mazzette di catene vengono immerse in un altro recipiente, anche questo di acciaio inox contenente acido nitrico a 36 Bé, in soluzione acquosa all’80-90 % di acido. Questa operazione viene effettuata per verificare che tutto il rame sia stato asportato dall’interno della catena. Anche in questo caso si procede sotto cappa aspirante e con soluzione in temperatura.
3.6.1.2 Vuotatura con acido cloridrico
In questo caso l’anima della catena è in ferro anziché in rame ed i recipienti contenitori, così come il cestello, sono in PVC.
Per l’attacco dell’anima di ferro viene utilizzato acido cloridrico a 12-19 Bè.
3.6.1.3 Vuotatura con soda caustica
La vuotatura con soda caustica viene utilizzata soprattutto per catene e orecchini in argento. L’anima è costituita da alluminio. Il materiale viene immerso in una soluzione di NaOH con concentrazioni comprese tra il 12 e il 15%. Il bagno viene portato sui 60°C e la durata dell’immersione va dalle 8 alle 12 ore a seconda della quantità di alluminio da asportare.
3.6.2 ATTREZZATURE E MACCHINE PER LA FASE "VUOTATURA DELLA CANNA PIENA"
3.6.2.1 Impianto di vuotatura con acido nitrico
In questi impianti viene utilizzato acido nitrico diluito a 12 Bè per la dissoluzione dell’anima di rame o di ottone al fine di ottenere la canna vuota. La temperatura di esercizio è di 50 °C per gli articoli in lega da 14 carati e all’ebollizione per leghe a 18 carati. Durante l’attacco si producono notevoli quantità di ossidi di azoto (NOx) che vengono convogliati in un impianto di abbattimento ad umido con soluzione di lavaggio alcalina (aspirazione primaria). L’impiego di una cappa di aspirazione (aspirazione secondaria) serve ad evitare il diffondersi nell’ambiente di lavoro degli ossidi sfuggiti alla aspirazione primaria (vedi disegni).
Come residuo di lavorazione si ottiene acido nitrico esausto oltre a nitrati di rame e zinco che vanno alla depurazione che in genere consiste in una neutralizzazione con calce e/o soda e filtrazione.
La suddivisione del sistema aspirante in primario e secondario è motivata dal fatto che, come noto, gli ossidi di azoto vengono abbattuti con il sistema di lavaggio con soluzione alcalina con una resa molto maggiore se la loro concentrazione è più elevata.
Già da qualche anno sono stati introdotti impianti di vuotatura con acido nitrico a ciclo chiuso, pertanto senza emissioni.
3.6.2.2 Impianti di vuotatura con acido cloridrico o con soda caustica
Per questi due tipi di vuotatura si utilizzano impianti simili e simili sono anche le bonifiche realizzate, pertanto vengono descritti congiuntamente. Ovviamente non sono simili gli impianti di abbattimento di fumi e vapori, in quanto, oltre alla diversità del reagente, l’efficacia dell’impianto di abbattimento dell’acido cloridrico è maggiore e può raggiungere percentuali elevatissime.
Nella vuotatura con acido cloridrico (HCl) la canna da vuotare è d’oro e l’anima è di ferro; l’acido viene impiegato ad una diluizione di 1:2 ed alla temperatura di ebollizione.
La vuotatura con soda caustica (NaOH) diluita al 10-20% viene utilizzata invece per la vuotatura di canne con anima di alluminio.
Nel caso dell’acido cloridrico durante l’attacco si ha un notevole sviluppo di idrogeno. I vapori acidi vengono trattati in torre di abbattimento con soluzioni alcaline. Come residuo di lavorazione si hanno soluzioni cloridriche di cloruro ferroso che devono essere neutralizzate e filtrate.
Nel caso della vuotatura dell’anima in alluminio si ha un residuo di soluzioni di soda caustica e idrato di alluminio che devono essere neutralizzate e filtrate.
3.6.3 FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE "VUOTATURA DELLA CANNA PIENA"
3.6.3.1 Esposizione a vapori di acido cloridrico, durante l’operazione di vuotatura della canna piena con anima di ferro.
3.6.3.2 Esposizione a vapori di acido nitrico, durante l’operazione di vuotatura della canna piena con anima di rame.
3.6.3.3 Esposizione a vapori caustici, durante l’operazione di vuotatura della canna piena con anima di alluminio.
3.6.3.4 Esposizione a vapori di ossidi di azoto, derivanti dagli impianti di vuotatura con acido nitrico.
3.6.3.5 Manipolazione di alcali (soda caustica), durante le operazioni di carico e scarico.
3.6.3.6 Manipolazione di acidi (nitrico e cloridrico), durante le operazioni di carico e scarico.
3.6.4 DANNI NELLA FASE "VUOTATURA DELLA CANNA PIENA"
3.6.4.1 La inalazione di vapori di acidi nitrico e cloridrico, provoca irritazione delle prime vie aeree e dei bronchi.
3.6.4.2 L’inalazione di vapori caustici può provocare gravi lesioni del sistema respiratorio.
3.6.4.3 L’esposizione a vapori di ossidi di azoto provoca irritazione delle congiutive oculari e dell’apparato respiratorio, fino a provocare, bronchite, bronchite cronica ed enfisema polmonare.
3.6.4.4 Il contatto accidentale con alcali (soda caustica) può provocare ustioni molto gravi dei tessuti (corrosivo).
3.6.4.5 Il contatto accidentale con acidi nitrico e cloridrico provoca irritazione della pelle (dermatiti da contatto). In caso di contatto con gli occhi si possono verificare danni alla cornea e alle congiuntive anche di grave entità. In caso di contatto prolungato si possono verificare ustioni.
3.6.5 INTERVENTI PREVENZIONISTICI NELLA FASE "VUOTATURA DELLA CANNA
PIENA"
3.6.5.1 Separazione dei locali e ventilazione generale: L’impianto di svuotamento deve essere situato in locale separato dotato di buona ventilazione naturale e/o meccanica. Lo stesso vale per i locali di deposito dei prodotti chimici compresi quelli esausti.
3.6.5.2 Utilizzo di impianti a ciclo chiuso dotati di aspirazione localizzata: Gli impianti a ciclo chiuso consentono di evitare il diffondersi di vapori e nebbie di acidi o alcali che si sviluppano durante le operazioni di vuotatura della canna piena. Dato che durante le operazioni di carico, scarico e manutenzione si possono avere emissioni delle sostanze sopra citate, è necessario che sia installato un impianto di aspirazione localizzata.
3.6.5.3 Utilizzo di sistemi di contenimento: l’impianto di vuotatura, compreso le tubazioni ed i recipienti dei reagenti, deve essere collocato in modo da contenere eventuali sversamenti per evitare la dispersione dei liquidi nell’ambiente di lavoro o nell’ambiente esterno. Si possono utilizzare allo scopo aree con pavimento a graticcio, pendenze del pavimento con pozzetto, bacinelle di contenimento in materiale idoneo. Il pavimento deve essere impermeabile e resistente ai prodotti chimici impiegati ed inoltre deve essere tenuto sgombro per facilitare le operazioni di pulizia e lavaggio.
3.6.5.4 Utilizzo di DPI: gli addetti devono avere in dotazione ed indossare dispositivi personali di protezione quali guanti a manica lunga, grembiule impermeabile in gomma o PVC, occhiali e visiere da utilizzare per la manipolazione di caustici e corrosivi, stivali in gomma per la pulizia ed emergenze. Inoltre, devono essere tenute in luogo adatto ed accessibile al personale in caso di emergenza, un numero adeguato di maschere respiratorie dotate di filtri antigas di tipo: K per l’impiego di ammoniaca, B per l’impiego di acido cloridrico e nitrico, NO per vapori nitrosi.
3.6.5.5 Docce e lavaocchi: devono essere a disposizione immediata dei lavoratori in caso di contatto accidentale con acidi ed alcali, pertanto devono essere mantenute sgombre e l’acqua mantenuta ad una temperatura adeguata.
3.6.5.6 Informazione e formazione: I lavoratori devono conoscere i prodotti utilizzati e la loro pericolosità, le incompatibilità chimiche, le etichette e le schede di sicurezza. Devono essere formati ad attuare le procedure corrette per i travasi e la preparazione dei bagni, sull’utilizzo dei dispositivi personali di protezione in casi normali e durante eventuali emergenze e sulle procedure di primo soccorso in caso di contatto accidentale con acidi e alcali e di intossicazione da vapori.
3.6.6 APPALTI A DITTE ESTERNE PER LA FASE "VUOTATURA DELLA CANNA PIENA"
Le piccole aziende tendono ad appaltare questa fase ad altre aziende specializzate.
3.6.7 RIFERIMENTI LEGISLATIVI PER LA FASE "VUOTATURA DELLA CANNA PIENA"
3.6.8 IMPATTO ESTERNO PER LA FASE VUOTATURA DELLA CANNA PIENA
3.6.8.1 Le emissioni di ossidi di azoto derivanti dagli impianti di vuotatura con acido nitrico, sono soggetti ad autorizzazione. Il limite alle emissioni è di 200 mg/Nm3 come NO2 per i nuovi impianti. Per alcuni vecchi impianti esistono limiti meno restrittivi essendo questi stati concessi sulla base dell’efficienza dell’impianto. Gli impianti di abbattimento delle emissioni a umido con calce o soda presentano problemi di gestione e di efficienza, talvolta anche dolosa. Una soluzione radicale del problema è l’installazione di impianti a circuito chiuso che oltretutto permettono anche un parziale recupero dell’acido nitrico.
3.6.8.2 Le emissioni di cloro gassoso derivanti dagli impianti di vuotatura con acido cloridrico, sono soggetti ad autorizzazione. Il limite alle emissioni è di 30 mg/Nm3.
3.6.8.3 Le soluzioni acide esauste contenenti rame, zinco, ecc... vengono avviate alla depurazione.
3.6.8.4 La vuotatura con soda utilizzata per le anime in alluminio, non presenta problemi di emissioni in atmosfera, ma solo di soluzioni esauste e sali alluminio che devono essere neutralizzate e filtrate.
1. FASE DI LAVORAZIONE : MICROFUSIONE 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a vapori (acidi), fumi (metallici, cera); esposizione a rumore; esposizione a microclima sfavorevole; esposizione a polvere (silice libera cristallina). Rischi per la sicurezza: carenza di sicurezza su macchine (lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento); utilizzo di attrezzature manuali taglienti manipolazione di sostanze pericolose (acidi); manipolazione di materiali ad elevata temperatura; 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.7 FASE DI LAVORAZIONE: MICROFUSIONE
3.7.1 DESCRIZIONE DELLA LAVORAZIONE
Si parte dalla progettazione del modello che viene realizzato in varie modalità:
Occorre considerare che anche se si parte da modelli in cera, prima di andare alla realizzazione di stampi in gomma, è necessario ricavare un modello in metallo tramite fusione secondo il procedimento che vedremo in seguito. Dal modello in metallo si deve poi ricavare uno stampo in gomma.
Il modello deve essere progettato tenendo presenti tutte le fasi successive oltre che seguendo criteri di economia (modelli vuoti, ecc...). Alcuni modelli ad esempio devono essere realizzati in più pezzi.
Una volta realizzati i modelli questi vengono dotati di canali (uno, due o più): si tratta di fili di rame che poi lasciano il vuoto entro cui scorrerà la lega fusa. La disposizione del canale deve essere tale da non presentare problemi, nella fase successiva a quella di vulcanizzazione della gomma, quando cioè si va a tagliare la gomma stessa per poter estrarre il modello.
Occorre tenere inoltre in considerazione i problemi eventuali relativi alla iniezione della cera e del metallo. In genere i canali non sono perpendicolari al piano contenente le maggiori dimensioni del modello, ma paralleli ad una di queste ultime.
Per lo stampo in gomma si utilizzano quattro o cinque tipi di gomma (naturale).
La gomma naturale viene tagliata a strisce e messa a strati sovrapposti in dei porta stampi metallici detti staffe. La dimensione delle strisce di gomma è funzione di quella delle staffe. La staffa viene riempita circa fino a metà della sua altezza, su questo strato di gomma viene adagiato il modello che poi viene coperto con altre strisce di gomma fino a riempire la staffa (vedere disegno 1).
Disegno 1 : Sezione di staffa.
La quantità di gomma deve essere un po’ in eccesso rispetto allo spessore utile della staffa.
Sulla staffa, che era stata posizionata in precedenza sopra una piastra metallica, viene poggiata una seconda piastra metallica di copertura. Da notare che all’interno della staffa, il canalicolo di flusso, in un primo tempo per la cera e poi per il metallo, deve essere a contatto della parete laterale della staffa, affinché durante la successiva vulcanizzazione non rimanga otturato dalla gomma fusa.
In certi casi, in corrispondenza del punto di appoggio del canalicolo sulla parete interna della staffa, viene praticato un foro sulla staffa stessa, il quale viene poi filettato e quindi vi viene introdotta una vite la cui estremità viene foggiata a forma di cono (vedi disegno 2). Sulla punta del cono andrà a poggiare la estremità del canalicolo. Il foro conico che rimane nello stampo in gomma costituisce la femmina per l’iniettore. Nei casi in cui non viene usata la vite, il cono in negativo sullo stampo in gomma viene realizzato successivamente utilizzando un "bisturi".
Disegno 2: Sezione della vite per la creazione sullo stampo della femmina per l’iniettore.
La staffa con dentro la gomma a pezzi viene posta dentro un vulcanizzatore costituito da due piastre riscaldate che vanno poi a stringere e riscaldare la staffa nel suo complesso. La gomma naturale di riempimento a volte, nei casi in cui appaia visibilmente poco pulita, viene passata con un batuffolo di cotone imbevuto di benzina. Solo in pochi casi (in genere modelli semplici, ad esempio un chiodo) le due superfici degli strati di gomma, quella superiore e quella inferiore che combaciano sul modello vengono spolverizzate con talco.
Le piastre del vulcanizzatore vengono strette sulla staffa, inizialmente senza pressione, e portate a 160-170 °C. Si rimane in queste condizioni per 3-4 minuti. Viene quindi data una pressione di 200-250 atmosfere.
Sulle pareti dello stampo ci sono dei piccoli fori dai quali fuoriesce la gomma in eccesso. L’operazione di vulcanizzazione ha una durata di circa 40 minuti. Si toglie quindi la staffa, se ne estrae lo stampo in gomma, lo si fa raffreddare e quindi si procede al taglio tramite "bisturi". Durante l’operazione di taglio vengono lasciati due dossi di riferimento che servono a far sì che la gomma non subisca deformazioni durante l’operazione di iniezione.
3.7.1.1 OPERAZIONE DI iniezione della cera
La cera da iniezione viene fusa elettricamente all’interno di un cilindro e tenuta in pressione tramite aria compressa (vedi disegno 3). Lo stampo tagliato, una volta tolto il modello, viene richiuso dopo averne spolverato di talco le superfici interne. La spolveratura con talco avviene tramite battitura sulle superfici di un piccolo sacchetto in stoffa contenente talco. Dopo la spolveratura l’operatore soffia sullo stampo per asportare il talco in eccesso. Viene fatta l’iniezione, poi la cera viene lasciata raffreddare per 3-4 minuti e infine viene aperto lo stampo ed estratto il pezzo di cera.
Disegno 3: Iniezione della cera.
I pezzi vengono attaccati ad un "alberino" anch’esso di cera (che poi darà luogo al canale per la fusione) utilizzando come agente di fusione della cera nei punti di contatto un piccolo saldatore del tipo di quelli usati per saldare i circuiti stampati. Le estremità dei canalicoli dei pezzi vengono così saldati a cera su l’alberino come tanti rametti. L’alberino viene fissato su di un fondello di gomma entro il quale è praticato un foro al centro. Sul fondello viene poi montato un cilindro di acciaio inox (vedi disegno 4).
Disegno 4: Alberino.
Da notare che sugli alberini di cera in produzione vengono fissati anche i modelli in cera (prototipi), per ricavarne modelli in metallo che poi vanno a ripercorrere il ciclo delle gomme.
I cilindri vengono posti all’interno di un contenitore oscillante in cui è possibile fare un vuoto molto spinto. Sopra il recipiente sotto vuoto c’è un piccolo mescolatore nel quale vengono miscelati gesso silice e acqua. Anche il mescolatore lavora sotto vuoto. Una volta fatto il vuoto si riempiono i cilindri con l’impasto di gesso, silice e acqua facendolo calare dal mescolatore superiore attraverso un tubo di gomma che collega i due recipienti (vedi disegno 5).
Disegno 5: Mescolatore e contenitore oscillante sotto vuoto.
Una volta che l’impasto gessoso si è solidificato si apre il recipiente contenitore ed i cilindri vengono posti (in piedi) in un forno a 130 °C circa. Tale forno viene denominato "deceratore" Qui la cera fonde e cola via dal nuovo stampo gessoso. La cera viene quindi filtrata per toglierne le impurità di gesso e riutilizzata (in genere un paio di volte).
Il cilindro con ormai all’interno solo il gesso solido viene messo in un forno e portato ad una temperatura funzione del metallo che vi dovrà essere colato.
Lo stampo viene preso con delle pinze e posto in una centrifuga contenente nel suo centro un crogiolo posto a sua volta all’interno di un fornetto a induzione (vedi disegno 6). Prima di chiudere il crogiolo, dentro di esso e sul coperchio, viene messa una piccola quantità di acido borico in scaglie come disossidante. La centrifugazione costringe il metallo fuso a fuoriuscire dal crogiolo e lo sospinge all’interno del cilindro contenitore dello stampo gessoso.
Disegno 6: Centrifuga.
Terminata l’operazione di colatura del metallo fuso, il cilindro viene estratto dalla centrifuga ed immerso, ancora caldo, in una vasca d’acqua per raffreddarlo e soprattutto per sgretolare lo stampo gessoso grazie al repentino salto di temperatura. Lo stampo gessoso sbriciolato cade quasi tutto in acqua. In tale modo il metallo si libera dello stampo e resta in forma di "grappolo".
Nel frattempo il crogiolo della centrifuga viene ricaricato con il metallo per la successiva colata.
Proseguendo il ciclo di lavorazione, il grappolo viene tolto dal cilindro e, una volta raffreddato, vengono staccati i vari pezzi di fusione.
Il distacco dei pezzi può essere manuale o meccanico utilizzando rispettivamente delle tronchesine o una macchina detta "sgrappolatrice". Segue una operazione di smerigliatura per eliminare le parti residue dell’attaccatura all’alberino.
I pezzi vengono ripuliti in una vasca ad ultrasuoni per togliere il gesso residuo. Eliminato il gesso il pezzo viene sottoposto a decapaggio con acido solforico, quindi viene ripassato agli ultrasuoni.
L’operazione di decapaggio (o bianchimento) è preceduta da una fase in cui il pezzo passa in un forno per la ricottura ad una temperatura di circa 700 °C.
La ricottura serve a far distaccare le residue particelle di gesso e anche a ridare malleabilità al metallo.
La lega dei metalli che viene utilizzata nella microfusione viene preparata in genere in una quantità di qualche chilo per volta, in un crogiolo riscaldato con fiamma a GPL. L’operazione viene effettuata sotto cappa aspirante, in genere in un locale diverso, in modo analogo a quanto precedentemente descritto per la fase di fusione.
3.7.2 ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE "MICROFUSIONE".
3.7.2.1 FONDITRICE PER MICROFUSI (forno centrifugo)
Questa macchina è una centrifuga con internamente un forno a crogiolo. Con essa vengono effettuate colate di metallo fuso in cilindri di gesso sfruttando la forza centrifuga. Il metallo è portato a fusione in un crogiolo riscaldato per induzione. Il crogiolo è posto su di un albero rotante dove viene posizionato anche il cilindro cavo da riempire. Il trasferimento del metallo avviene appunto grazie alla forza centrifuga generata dalla rotazione veloce dell’albero.
3.7.2.2 SMERIGLIATRICE
Si tratta sostanzialmente di dischi abrasivi montati su un albero rotante, posta sotto aspirazione.
3.7.3 FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE "MICROFUSIONE"
3.7.3.1 Esposizione a polvere di silice cristallina, utilizzata per la formatura dello stampo gessoso. L’esposizione si verifica durante le operazioni di prelievo dai sacchi e mescolamento in acqua, rottura delle forme eseguita a secco, pulizia dei locali di lavoro. I moti convettivi dell’aria surriscaldata dai forni mantengono in sospensione la polvere aggravando così il problema.
3.7.3.2 Esposizione a fumi di cera e di vulcanizzazione della gomma: nella saldatura dei pezzi in cera su l’alberino la combustione della cera rimasta sul saldatore causa del fumo che deve essere aspirato tramite cappa. I fumi derivanti da prodotti di pirolisi e di combustione della cera (generalmente paraffine) contengono alcani, alcheni, idrocarburi ciclici, aldeidi alifatiche.
3.7.3.3 Esposizione a fumi metallici, derivanti dalla macchina per microfusi.
3.7.3.4 Esposizione a vapori di acido solforico, durante l’operazione di decapaggio.
3.7.3.5 Esposizione a microclima sfavorevole, dovuto alla presenza dei forni che generano calore radiante.
3.7.3.6 Esposizione a rumore, generato dalle vasche ad ultrasuoni le quali generano suoni anche nel campo dell’udibile fino a 90 – 92 dBA. Altra sorgente di rumore è la macchina centrifuga.
3.7.3.7 Manipolazione di materiali ad elevata temperatura, costituiti dai pezzi in lavorazione.
3.7.3.8 Manipolazione di acido solforico, durante l’operazione di decapaggio.
3.7.3.9 Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento, costituiti dai forni centrifughi e dalle smerigliatrici.
3.7.3.10 Utilizzo di attrezzature manuali taglienti, costituito dal bisturi utilizzato per il taglio della gomma.
3.7.4 DANNI NELLA FASE "MICROFUSIONE"
3.7.4.1 L’inalazione di polvere di silice libera cristallina è causa di silicosi. La silice cristallina è stata recentemente classificata da IARC come cancerogena per inalazione.
3.7.4.2 L’inalazione di fumi di cera e di vulcanizzazione è causa di irritazione delle vie aeree.
3.7.4.3 L’inalazione di fumi metallici provoca irritazione delle vie respiratorie. Come precedentemente descritto, nella lega possono essere contenuti metalli cancerogeni (cadmio).
3.7.4.4 L’inalazione di vapori di acido solforico provoca irritazione delle prime vie aeree e dei bronchi edema, fibrosi, enfisema. Inoltre può provocare irritazione delle mucose e vomito.
3.7.4.5 Il lavoro in ambienti con microclima sfavorevole per l’elevata temperatura ambientale può portare a disidratazione, crampi, vertigini, nausea, collasso.
3.7.4.6 Il rumore può causare ipoacusia.
3.7.4.7 Il contatto accidentale con materiali surriscaldati può causare ustioni.
3.7.4.8 Il contatto con acido solforico provoca irritazione della pelle (dermatiti da contatto) e irritazione degli occhi (congiuntivite). In caso di contatto prolungato si possono verificare ustioni.
3.7.4.9 Le parti in movimento della macchina centrifuga possono causare ferite e contusioni per presa e trascinamento. Lievi ferite alle dita possono avvenire per contatto con i dischi abravisi alle smerigliatrici.
3.7.4.10 Il contatto accidentale con la lama del bisturi può causare ferite da taglio.
3.7.5 INTERVENTI PREVENZIONISTICI NELLA FASE "MICROFUSIONE"
3.7.5.1 Per ridurre l’esposizione a polveri di silice libera cristallina, la preparazione dei gessi deve avvenire in locale separato e ben aerato in modo da non esporre indebitamente anche i lavoratori addetti ad altre lavorazioni. Inoltre la preparazione della miscela con acqua deve avvenire in una cabina aperta dotata di impianto di aspirazione localizzata con velocità di cattura di 0,5 – 1 m/s. Deve essere posta particolare cura per evitare lo spargimento accidentale della polvere di gesso e di silice e nel caso avvenga uno spargimento deve essere subito rimosso con l’impiego di un aspirapolvere dotato di filtri ad alta efficienza. La pulizia dei pavimenti e dei piano di lavoro deve essere eseguita al termine di ogni operazione. Il locale deve essere sempre mantenuto in ordine con pochi materiali e suppellettili in modo da facilitare la pulizia. Lo sgretolamento delle forme deve essere rigorosamente effettuato ad umido. Durante le operazioni di preparazione della miscela e di pulizia devono essere utilizzati dispositivi di protezione individuale quali maschera di protezione respiratoria per polveri silicotigene (FF P3), camici, grembiuli, guanti. E’ necessario valutare la possibilità di sostituzione del gesso al quarzo con altro materiale refrattario meno pericoloso.
3.7.5.2 Per ridurre l’esposizione a fumi di cera e di vulcanizzazione è necessario installare impianti di aspirazione localizzata.
3.7.5.3 La macchina fonditrice per microfusi deve essere dotata di efficace aspiratore per allontanare i fumi di metalli fusi.
3.7.5.4 Per ridurre l’esposizione a vapori di acido solforico è necessario installare impianti di aspirazione localizzata.
3.7.5.5 Per ridurre l’esposizione al microclima surriscaldato è necessario che l’ambiente di lavoro sia ben aerato. Inoltre devono essere previsti dei locali freschi dove gli addetti possano fare pause di riposo e bere frequentemente bibite fresche con integratori di sali minerali.
3.7.5.6 Per ridurre l’esposizione a rumore, le macchine rumorose devono essere insonorizzate. Le vasche ad ultrasuoni vanno poste in locale separato. E’ inoltre previsto l’utilizzo di DPI (tappi, cuffie) per la protezione dell’udito.
3.7.5.7 Per la manipolazione di materiale caldo devono essere utilizzate pinze apposite le quali devono essere in numero sufficiente e in buono stato. Sono inoltre necessari guanti termoisolanti.
3.7.5.8 Per ridurre il rischio di contatto con l’acido solforico utilizzato per il decapaggio e per evitare sversamenti, i lavoratori devono essere formati a seguire procedure corrette ed attrezzature idonee, in relazione alle quantità utilizzate, per il prelievo ed il travaso in sicurezza (contenitori, pompe, montaliquidi, ecc...). Inoltre sono necessari D.P.I. (tute, guanti, occhiali, scarpe, ecc…)
3.7.5.9 La macchina fonditrice per microfusi deve essere dotata inoltre di un sistema di micro-contatti e spinotti che impediscono all’albero di ruotare a sportello aperto e impediscono allo sportello di aprirsi quando l’albero è in moto.
3.7.5.10 Gli addetti alle smerigliatrici devono indossare ditali in cuoio
3.7.5.11 I lavoratori devono essere formati ad utilizzare il bisturi in modo corretto.
3.7.6 appalti a ditte esterne PER LA FASE "MICROFUSIONE"
Questa fase viene talvolta appaltata a ditte specializzate.
3.7.7 RIFERIMENTI LEGISLATIVI PER LA FASE "MICROFUSIONE"
Per quanto riguarda i limiti di esposizione alle polveri riportiamo i valori ACGIH 1995:
TLV-TWA |
Limite di esposizione ( mg/m3 ) |
Composizione media di uno stampo gessoso al quarzo ( % ) |
Silice frazione respirabile di quarzo |
0,1 |
10-40 |
Silice frazione respirabile di cristobalite |
0,05 |
40-70 |
Gesso (polvere totale) |
10 |
20-30 |
Per quanto riguarda i limiti di esposizione ai fumi di cera, riportiamo i valori ACGIH 1995:
TLV-TWA |
Limite di esposizione ( mg/m3 ) |
Fumi di cera (paraffina) |
2 |
3.7.8 IMPATTO ESTERNO PER LA FASE MICROFUSIONE
3.7.8.1 Immissione di fumo e odore di cera bruciata in atmosfera, durante la fase di discerazione (o disceratura o deceratura), quando la temperatura nel forno è troppa elevata e la cera anziché fondere brucia. I forni, essendo chiusi, non provocano immissione di fumo nell’ambiente di lavoro, i quali vengono inviati direttamente all’esterno. Per ridurre l’impatto di odore molesto sull’esterno è necessario porre attenzione al fatto che la temperatura di deceratura non superi i 100-120 °C e che si passi alla fase di ricottura (circa 700 °C) solo a deceratura completamente avvenuta. In insediamenti produttivi che si trovino in prossimità di insediamenti civili, può comunque essere necessario un impianto di abbattimento degli odori il quale può essere costituito o da un sistema a torre di lavaggio dei fumi con acqua oppure da un sistema catalitico di postcombustione dei fumi.
3.7.8.2 Produzione di scarti di gesso e silice (rifiuti speciali). Costituiti dagli stampi sgretolati composti da gesso e silice cristallina, a seconda dei casi, si trovano in forma di poltiglia pompabile, fango palabile, forma solida in varie granulomentrie (pezzi e polvere). Questo rifiuto speciale viene prodotto nella fase di raffreddamento e sgretolatura. E’ necessario che questo rifiuto venga smaltito correttamente. Infatti, la poltiglia di gesso e silice, talvolta viene pompata in cisterne e scaricata dolosamente lungo i fiumi ed i canali della zona, con conseguente inquinamento delle acque da particelle sospese ed imbrattamento dei luoghi. Inoltre si può avere diffusione nell’ambiente di polvere di silice libera cristallina (cancerogena). Per eliminare l’inconveniente è necessaria una indagine che classifichi il rifiuto in base a quanta silice libera cristallina viene ceduta dal rifiuto secco e conseguentemente stabilire idonoee procedure di smaltimento in discarica. E’ necessario che gli Enti preposti prevedano la disponibilità di un modulo idoneo per tale rifiuto all’interno degli impianti di discarica esistenti. Inoltre si auspica che quanto prima venga posto allo studio la possibilità di sostituzione della silice nell’impasto di formatura dello stampo, con altro materiale meno pericoloso.
3.7.8.3 Immissione in atmosfera di vapori di acido solforico, dovuti al processo di decapaggio (o bianchimento). Data la poca significatività dell’emissione, non è necessario un impianto di abbattimento. Talvolta i vapori aspirati dalla vasca di decapaggio vengono anch’essi convogliati all’impianto di abbattimento delle emissioni in atmosfera relativo ad altri processi. In alcuni casi questo può ridurre l’efficienza dell’impianto stesso pertanto l’oppurtunità di questa procedura va verificata caso per caso.
3.7.8.4 Produzione di bagni esausti, contenenti indio, cadmio, rame, solfati, derivanti dalla fase di decapaggio. I bagni esausti vengono inviati all’impianto di depurazione delle acque. Come per tutti gli scarichi del comparto orafo, il problema è che gli scarichi generalmente vanno in fogna (secondo i limiti della tabella C) e convogliati in modo promiscuo verso i depuratori a fanghi attivi, provocando problemi di gestione all’impianto di depurazione a fanghi attivi (Impianto di Ponte a Chiani, Impianto di Casolino) e l’accumulo di metalli pesanti nei fanghi stessi, i quali vengono resi inutilizzabili per il compostaggio, pertanto devono essere smaltiti in discarica.
Le soluzioni sono due complementari tra loro: la prima è interna alle aziende, generalizzando il riutilizzo delle acque di processo con l’uso di appropriate tecnologie (evaporatori, filtri, osmosi inversa, ultrafiltri). L’altra soluzione riguarda la Pubblica Amministrazione che gestisce la raccolta ed il trattamento degli effluenti, intercettando gli scarichi industriali in fogne separate da quelle civili, interponendo prima dell’impianto di depurazione a fanghi attivi, un impianto di trattamento chimico fisico per trattare gli scarichi industriali.
1. FASE DI LAVORAZIONE : MONTAGGIO E SALDATURA 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a gas e fumi; esposizione a radiazioni luminose e termiche; Rischi per la sicurezza: lavoro in prossimità di fiamme libere; Rischi trasversali o organizzativi: lavoro in posture scomode; 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.8 FASE DI LAVORAZIONE: MONTAGGIO E SALDATURA.
3.8.1 DESCRIZIONE DELLA LAVORAZIONE
L’operazione di montaggio e saldatura riguarda molti momenti in cui vengono aggiunti dei particolari ai pezzi già preparati meccanicamente.
Il materiale per saldare è in foggia di asticciola detta "paglione" ed è composto di oro, argento, rame, zinco e cadmio (in gran parte ora sostituito con indio). La lega costituente il paglione viene preparata in fonderia con le modalità già viste quando si è parlato della fusione, poi viene laminata fino ad uno spessore di circa 0,15 - 0,20 mm ed infine viene ritagliata in striscioline con l’aiuto di forbici. Comunque si tende sempre più ad acquistare leghe per saldare già preparate.
Il pezzo che deve essere saldato viene bagnato in una soluzione di acqua e borace.
Nell’operazione di saldatura l’operatore tiene il viso ad una distanza dalla fiamma di circa 20 - 25 cm, soprattutto per le operazioni più fini. I pezzi da saldare venivano posti su di un supporto di materiale ceramico. Un tempo tale supporto era di amianto, oggi vietato. Con l’andare del tempo la superficie della tavoletta di amianto si usurava e presenta sfaldature varie; ciascuna tavoletta di amianto aveva una vita media di circa un mese.
La soluzione di borace è formata in genere da 120 g di borace disciolta in ½ litro d’acqua. Per sciogliere il borace la miscela viene scaldata utilizzando la stessa fiamma della saldatura fino alla ebollizione.
3.8.1.1. SALDATURA A MICROFIAMMA
Per la saldatura di oggetti di piccole dimensioni è molto diffusa la cosiddetta "saldatura a microfiamma". In pratica si tratta di una piccola fiamma ossidrica che in più apporta il disossidante.
Abbiamo a che fare con una apparecchiatura di dimensioni molto ridotte composta da una cella elettrolitica nella quale viene introdotta acqua distillata ed un elettrolita come trasportatore di cariche (NaOH o KOH: in genere quest’ultimo per la maggiore conducibilità).
L’idrogeno e l’ossigeno che si sviluppano nell’elettrolisi vanno a gorgogliare in una vaschetta contenente alcool metilico e acido borico.
All’uscita i gas di elettrolisi sono arricchiti da borato di metile (acido borico trimetilestere) volatile.
Nella combustione il borato di metile riproduce metanolo che brucia ad anidride carbonica ed acqua e acido borico. Quest’ultimo, attraverso la borace che si forma, scioglie gli ossidi metallici e quindi
favorisce la saldatura. Questo tipo di saldatura è del tipo a gas con metallo di apporto.
3.8.2 ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE "MONTAGGIO E SALDATURA"
3.8.2.1 SALDATRICE A MICROFIAMMA
Nella saldatura a microfiamma i gas di combustione sono idrogeno e ossigeno. In questo tipo di saldatura, a differenza di quella a cannello, la corrente dei due gas, combustibile e comburente, trasporta anche il disossidante (vedi anche la descrizione del ciclo di lavorazione).
3.8.2.2 SALDATRICE A CANNELLO
Nella saldatura a cannello i gas di combustione sono idrogeno e ossigeno come per la saldatura a microfiamma. Nel caso del cannello però il gas combustibile può essere anche GPL.
3.8.2.3 FORNO DI SALDATURA (FORNO A NASTRO)
E’ un forno elettrico in cui la catena passa in continuo dopo essere stata trattata con polvere saldante e spogliata con talco.
3.8.3 FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE "MONTAGGIO E SALDATURA"
3.8.3.1. Esposizioni a fumi (CO, CO2, NOx, vapori metallici: oro, rame, argento, cadmio o indio) derivanti dalle operazioni di saldatura, sia a microfiamma, sia a cannello.
3.8.3.2. Lavoro in prossimità di fiamme libere, costituite dalle fiamma di saldatura.
3.8.3.3. Esposizione a radiazioni luminose e termiche, durante le operazioni di saldatura.
3.8.3.4. Lavoro in posizioni ergonomicamente scomode, durante le operazioni di saldatura.
3.8.4 DANNI PER LA FASE "MONTAGGIO E SALDATURA"
3.8.4.1. L’inalazione di fumi di saldatura è causa di irritazione delle vie respiratorie.
3.8.4.2. Nella nostra zona si sono verificati infortuni causati dal contatto della fiamma di saldatura con i capelli delle operatrici, con ustioni gravi al volto e al cuoio capelluto ed alle mani.
3.8.4.3. L’esposizione a radiazioni luminose e termiche può provocare irritazione agli occhi, congiuntiviti, e stress da affaticamento visivo.
3.8.5 INTERVENTI PREVENZIONISTICI NELLA FASE "MONTAGGIO E SALDATURA"
3.8.5.1. La bonifica riguardanti le saldatrici, sia quella a microfiamma, sia quella a cannello, è costituita da un semplice sistema di aspirazione frontale (vedi disegni). La cappa di aspirazione se posata sul piano di lavoro riduce le quantità di aria in gioco permettendo uguali velocità di cattura con minori portate.
3.8.6 appalti a ditte esterne PER LA FASE "MONTAGGIO E SALDATURA"
Questa fase è spesso appaltata a ditte esterne.
3.8.7 riferimenti legislativi PER LA FASE "MONTAGGIO E SALDATURA"
3.8.8 IMPATTO ESTERNO PER LA FASE MONTAGGIO E SALDATURA
3.8.8.1 Immissione in atmosfera di CO, CO2, NOx , in quantità molto modesta, derivante dall’aspirazione dei fumi di saldatura. Data la poca significatività dell’emissione non è richiesto un impianto di abbattimento. In caso di insediamenti civili confinanti è necessario condurre i fumi sopra il colmo del tetto.
3.8.8.2 Diffusione di rumore all’esterno, dovuto ai motori dell’impianto di aspirazione. Questo è un problema solo nel caso di edifici confinanti strutturalmente collegati. (è un problema generale dove c’è un impianto di aspirazione e/o torri di lavaggio).
1. FASE DI LAVORAZIONE : CICLO GALVANICO 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a vapori (cianuro, acidi, caustici), nebbie (sali di nichel); esposizione a rumore. Rischi per la sicurezza: ingestione accidentale di sostanze pericolose; manipolazione di sostanze pericolose (acidi, caustici, cianuri). Rischi trasversali o organizzativi: movimentazione manuale dei carichi. 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.9 FASE DI LAVORAZIONE: CICLO GALVANICO
3.9.1 DESCRIZIONE DELLA LAVORAZIONE
Il tipico ciclo galvanico consiste nella sequenza di operazioni eseguite nell’ordine sotto riportato. Le prime quattro sono comuni e preparatorie mentre la quinta e ultima operazione costituisce il trattamento galvanico vero e proprio e si differenzia in base al tipo di finitura che si vuole ottenere: doratura, argentatura, rodiatura, nichelatura, ramatura.
Vediamo quindi le varie operazioni in dettaglio:
3.9.1.1 SGRASSATURA eLETTROLITICA
In genere il bagno è a base di sostanze fortemente alcaline (soda o potassa caustica) e tensioattivi. La soluzione è in acqua demineralizzata. Esistono anche sgrassature al cianuro usate prevalentemente nei trattamenti di metalli vili quali ottone e rame. Questi metalli difatti spesso giungono ossidati e il cianuro svolge anche azione di decapaggio (per la formazione di complessi).
3.9.1.2 PRIMO RISCIACQUO
I pezzi vengono risciacquati in acqua corrente.
3.9.1.3 NEUTRALIZZAZIONE
Questa operazione viene effettuata immergendo i pezzi in una soluzione di acido solforico in acqua (2% circa) a freddo. Il bagno acido serve ad eliminare i trascinamenti alcalini provenienti dalla sgrassatura che inquinerebbero il bagno successivo.
3.9.1.4 SECONDO RISCIACQUO
Questa operazione viene effettuata o in acqua corrente o in acqua demineralizzata.
3.9.1.5 trattamento galvanico.
Come si è detto, i trattamenti galvanici possono essere di diversi tipi:
3.9.1.5.1 DORATURA
La doratura viene realizzata principalmente secondo due metodi alternativi: la "doratura flash" e la "doratura a spessore".
3.9.1.5.1.2
Doratura flash.Serve soprattutto per dare colore ad una lega. Comporta l’immersione del telaio con i pezzi per 30 secondi circa nel bagno. Questo può essere alcalino se contiene cianuro (0,2 %) ed ha una temperatura di 50 - 60 °C, oppure leggermente acido (al solfito). Questi ultimi bagni, anche se esenti da cianuro nella composizione base, possono essere reintegrati con cianuro d’oro.
I pezzi estratti dal bagno subiscono una o due sciacquature statiche e poi una in acqua corrente. Nelle vasche di risciacquo statiche vi può essere accumulo di cianuri se non cambiate frequentemente.
Dopo i risciacqui, i pezzi vengono inviati alla asciugatura.
3.9.1.5.1.3
Doratura a spessore.I bagni possono essere :
Sia nella doratura flash che nella doratura a spessore possono essere presenti altri metalli additivi quali rame, argento, nichel che entrano nelle leghe, oppure cadmio, selenio, cobalto, indio, ecc...).
Quando si dora su metallo più vile viene effettuata una operazione di pre-doratura con lo scopo di evitare una deposizione chimica prima che venga data corrente. Questa operazione viene effettuata utilizzando bagni con basse concentrazioni di sali conducibili (cianuri). Fra la "pre-doratura" e la doratura non vi è risciacquo intermedio.
3.9.1.5.2 ARGENTATURA
Si usano bagni al cianuro di potassio (100-150-200 g/l) poi si passa al ciclo di sciacquatura e asciugatura.
Come nella doratura, quando si argenta su metalli più vili si attua prima una "pre-argentatura" per la quale valgono le stesse considerazioni sopra riportare per la "pre-doratura".
3.9.1.5.3 RODIATURA
Bagno leggermente acido per solforico o fosforico contenete sciroppo di rodio (solfato o fosfato). Poi si procede con il risciacquo ed eventualmente con la asciugatura se si tratta di un bagno finale.
3.9.1.5.4 NICHELATURA
Bagno acido per solforico. Il nichel viene impiegato come solfato o cloruro. Il bagno è a 50-60 °C. Poi si passa al risciacquo e asciugatura.
3.9.1.5.5 RAMATURA
Bagno normalmente acido per solforico (60 - 70 g/l) e solfato di rame. Quindi si passa al risciacquo e asciugatura. Chi tratta alluminio, zama, ecc..., usa bagni alcalini e successivamente acidi.
3.9.1.6 brillantatura
Una operazione che pur rientrando nella galvanica non rientra di norma fra le operazioni di finitura è la lucidatura o brillantatura. Il bagno è con cianuro di potassio (50 - 100 - 150 g/l). (Nota :la brillantatura si può ritrovare anche nelle fasi di finitura ma con concentrazioni di cianuro di potassio più modeste).
Poi si passa al risciacquo. La brillantatura può sostituire la disossidazione al forno e viene impiegata per integrare la "burlonatura" (vedi paragrafo 3.8.1), accorciando sensibilmente i tempi di quest’ultima.
3.9.2 attrezzature e macchine nella fase "CICLO GALVANICO"
3.9.2.1 VASCHE PER BAGNI GALVANICI
3.9.3.1. Manipolazione di sostanze pericolose incompatibili tra loro, dovuto al fatto che, per un evento incidentale, può avvenire la miscelazione di acidi con cianuri e conseguentemente si può avere sviluppo di acido cianidrico (gas tossico).
3.9.3.2. Esposizione a vapori di cianuro; il processo è tale da non sviluppare questo inquinante se non in concentrazioni infinitesime localizzate all’interfaccia acqua - aria per effetto della anidride carbonica dell’atmosfera.
3.9.3.3 Esposizione a vapori di sostanze acide (acido solforico), che si sviluppano durante la conduzione dei bagni galvanici.
3.9.4 DANNI nella fase "CICLO GALVANICO"
3.9.4.1 L’inalazione di vapori di acido cianidrico può provocare la morte.
Per quanto riguarda i danni rilevati nella nostra area, si è registrato un infortunio mortale per ingestione di cianuri da una bottiglietta di aranciata, recante ancora l’etichetta "aranciata" e che era stata utilizzata come contenitore per il campione del bagno di cianuro d’oro da inviare all’analisi di titolazione.
La probabilità di esposizione professionale a vapori di cianuro è estremamente bassa data la bassissima quantità e la presenza dell’impianto di aspirazione localizzata.
3.9.5 INTERVENTI PREVENZIONISTICI nella fase "CICLO GALVANICO"
3.9.5.1 Organizzazione del lavoro:
3.9.5.2 Installazione di impianto di aspirazione localizzata su tutte le vasche dove si possono sviluppare vapori. Si tratta di aspirazioni radenti alla vasca dalla parte opposta all’addetto in modo che il flusso d’aria non investa l’addetto.
3.9.5.3 Utilizzo di coperture da porre sulle vasche durante i periodi di non utilizzo dei bagni.
3.9.5.4 Installazione di impianto di ventilazione forzata nell’ambiente di lavoro.
3.9.6 APPALTI A DITTE ESTERNE PER LA FASE "CICLO GALVANICO"
Talvolta si possono avere appalti esterni di questa fase.
3.9.7 RIFERIMENTI LEGISLATIVI PER LA FASE "CICLO GALVANICO"
Tabella ACGIH 1995 |
Concentrazione limite in mg/m3 |
Note |
|
Inquinante |
TWA |
STEL* |
|
Acido solforico |
1 |
3 |
Cute*** |
Acido cianidrico |
- |
C5 |
|
Acido fosforico |
1 |
3 |
|
Nichel (composti solubili) |
(0,1)** |
||
Rodio (composti solubili, come Rh) |
1 |
Note:
* TLV-STEL: Valore limite di soglia – Limite per breve tempo di esposizione. Concentrazione alla quale i lavoratori possono essere esposti continuativamente per breve periodo di tempo, purché il TLV-TWA non venga superato, senza che insorgano 1) irritazione, 2) alterazione cronica o irreversibile del tessuto, 3) narcosi in grado sufficiente ad accrescere le probabilità di infortuni o menomare le capacità di mettersi in salvo o ridurre materialmente l’efficienza lavorativa.
C: "Ceiling", concentrazione che non deve essere superata neanche per breve tempo.
** In corso di modifica; per il Nichel sono in previsione i seguenti nuovi limiti: 0,05 A1.
(A1: Cancerogeno certo per l’uomo).
*** Cute: indica il possibile assorbimento per via cutanea.
3.9.8 IMPATTO ESTERNO DEL CICLO GALVANICO
3.9.8.1 Produzione di bagni galvanici esausti, contenenti tutti i metalli del ciclo (preziosi e non preziosi). Valgono le stesse considerazioni di quanto detto per i bagni esausti della fase di decapaggio, con la differenza che in questo caso le soluzioni esauste contengono anche metalli preziosi. Le soluzioni vengono quindi inviate al recupero tramite ditte specializzate, oppure l’azienda stessa può essere dotata di evaporatori che producono acqua distillata, melme pompabili e fanghi palabili dai quali vengono poi estratti i metalli preziosi che tornano in affinazione.
3.9.8.2 Immissione in atmosfera di vapori acidi, basici, cianuri, derivanti dalla aspirazione delle vasche dei vari trattamenti galvanici. Data la bassissima quantità degli inquinanti non è necessario l’impianto di abbattimento anche se talvolta è presente una torre di lavaggio.
3.9.8.3 Immissione in atmosfera di solventi clorurati (percloro, tricloretano, ecc...), durante la fase di asciugatura, che devono essere captati da un impianto di aspirazione dotato di un sistema di refrigerazione e ricondensazione del solvente. L’autorizzazione in via generale della Regione Toscana D.G.R. N. 8807, prevede un limite emissivo di 25 grammi/ora per impianto.
3.9.8.4 Immissione in atmosfera di freon, durante la fase di asciugatura. Attualmente l’utilizzo di freon è vietato pertanto l’asciugatura con il freon va sostituita con altri sistemi essendo il freon dannoso per l’ozono stratosferico.
1. FASE DI LAVORAZIONE : FINITURA 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a fumi e polveri, esposizione a vapori (cianuri, acidi, caustici, solventi); nebbie (sali di nichel); esposizione a rumore. Rischi per la sicurezza: carenza di sicurezza su macchine (lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento); manipolazione di sostanze pericolose (acidi, caustici, solventi, cianuri). Rischi trasversali o organizzativi: lavoro in posture scomode; movimentazione manuale dei carichi. 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.10 FASE DI LAVORAZIONE: FINITURA.
3.10.1 DESCRIZIONE DELLA LAVORAZIONE
Questa fase serve per ottenere il pezzo finito pronto alla vendita, cioè pulito, brillante, privo di aloni e senza imperfezioni. La prima operazione che in genere viene effettuata è il decapaggio per pulire il pezzo. Ciò avviene mettendo il pezzo a bagno in una vasca contenente una soluzione di acido solforico al 6-10% alla temperatura di 60°C, ove viene eliminato il borace.
Poi i pezzi vengono portati alla brillantatura. In tale bagno vi sono sali di cianuro di potassio (20 - 30 g/l). I pezzi sono montati su supporti ed immersi nel bagno di cianuro. Sotto una tensione di circa 10 Volt la pellicola di oro ed impurità si stacca e va all’anodo. I pezzi vengono poi risciacquati e poi asciugati tramite una apparecchiatura chiamata "burlone" e quindi avviati alle spazzole della pulitura. Alcuni pezzi saltano il passaggio al "burlone".
Le paste di spazzolatura, chiamate anche "rossetti" sono di tre tipi:
I prodotti a) e c) servono come paste abrasive; il prodotto b) serve per la lucidatura finale.
Dopo la spazzolatura i pezzi vengono messi in un bagno contenente una soluzione di sapone di Marsiglia e poi inviati agli ultrasuoni.
Nella vasca ultrasuoni c’è ancora sapone di Marsiglia e una piccola quantità di soda caustica.
Infine il pezzo passa alla asciugatura ed è quindi finito oppure, per determinate lavorazioni, inviato alla successiva fase di smaltatura (verniciatura finale con prodotti trasparenti allo scopo di rendere gli oggetti meno ossidabili, o smalti per dare colorazioni).
L’asciugatura può essere effettuata nei seguenti modi:
3.10.2 ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE "FINITURA"
3.10.2.1 PULITRICI CON SPAZZOLE
La pulitura è una operazione prettamente manuale e serve a lucidare gli oggetti mediante attrito con una serie di dischi di tela bloccati a pacco (spazzole) su di un albero rotante.
Le spazzole vengono impastate con cere abrasive. Il banco di lavoro è corredato da un motore elettrico che porta due alberi filettati contrapposti sui quali vengono montate le spazzole. Il motore gira solitamente a 2.500 - 3.000 giri/minuto.
3.10.2.2 VASCHE PER TRATTAMENTI "GALVANICI"
3.10.2.3 FORNI PER ASCIUGATURA
Si tratta di centrifughe riscaldate.
3.10.2.4 IMPIANTI DI ASCIUGATURA
Questi due impianti vengono considerati insieme perché sia l’impianto di lavorazione sia il sistema di bonifica sono gli stessi per entrambi.
Il percloro viene usato per asciugare i pezzi di metallo dopo i lavaggi mentre la trielina viene usata per asportare residui di oli o pece dopo le lavorazioni meccaniche.
L’impianto è costituito da una vasca atta a contenere il solvente (caldo o all’ebollizione) ed i suoi vapori.
Nella parte alta è collocato il sistema di raffreddamento e condensazione dei vapori (serpentina) che serve a mantenere costante il livello dei vapori del solvente (linea dei vapori) ed impedire che essi fuoriescano dalla macchina
Nella serpentina viene fatta circolare acqua fredda o dei liquidi refrigeranti. Ultimamente sono molto in uso le pompe di calore.
Al di sopra della serpentina le pareti della vasca si prolungano e qui c’è la zona di essiccamento dove devono stazionare i cestelli prima della loro estrazione dall’impianto.
A bordo vasca esiste una aspirazione radente per captare eventuali residui di solventi nei pezzi.
Grande importanza rivestono i dispositivi di controllo e di sicurezza per il riscaldamento della macchina. Questi consistono in due termostati:
Cestelli di dimensioni simili a quelle delle vasca possono causare l’effetto "pistone", pompare cioè i vapori fuori dalla vasca.
3.10.2.5 BURATTI
Il buratto viene usato allo scopo di conferire una maggiore brillantezza agli oggetti. Si tratta di un cilindro rotante riempito prevalentemente con sfere di acciaio inox, acqua e sapone. Comunque ne esistono vari tipi e modelli: possono essere a secco o a umido, ed al posto delle sfere di acciaio possono essere utilizzati diversi tipi di abrasivi (legnetti, composti plastici o ceramici, granulati, ecc…)
3.10.2.6 VIBRATORI
Sono cestelli montati su di un albero verticale dotato di camma eccentrica che con la rotazione induce il cestello stesso a vibrare. Viene usato per la finitura mettendo i pezzi nel cestello insieme a conetti o altri materiali ceramici abrasivi.
3.10.2.7 PULITRICE AD ULTRASUONI.
La pulitrice ad ultrasuoni serve per pulire i pezzi sfruttando la capacità che hanno le vibrazioni ad alta frequenza (dell’ordine dei 10-25 KHz) di distaccare le impurità dal pezzo per azione meccanico-fisica. Il pezzo si trova immerso in una soluzione saponosa e soda caustica.
3.10.3.1 Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento
3.10.3.7 Esposizione di vapori di caustici (soda caustica) derivanti dalla vasca ad ultrasuoni, in misura inferiore rispetto alla galvanica, considerate le minori concentrazioni in gioco.
3.10.3.8 Manipolazione di acido solforico, utilizzato per il decapaggio.
3.10.4 DANNI nella fase "FINITURA"
I danni attesi sono i seguenti:
3.10.4.1 Ferite agli arti, alle dita e al cuoio capelluto in caso di presa e trascinamento dalle parti rotanti del buratto e alle pulitrici.
3.10.4.2 Irritazione alle vie respiratorie per l’inalazione di fumi di combustione derivanti dalle paste abrasive.
3.10.4.3 Silicosi per l’inalazione di polveri che provengono o dalle paste abrasive (che possono contenere silice libera cristallina) o dall’usura delle spazzole.
3.10.4.4 Eczema allergico da contatto, derivante dal contatto con le paste abrasive. Le sostanze in grado di provocare allergie sono cera d’api, nichel, altri metalli, ecc…
3.10.4.5 L’inalazione di vapori di cianuri provoca irritazione delle vie respiratorie.
3.10.4.6 L’inalazione di vapori di solventi clorurati può provocare danni acuti o cronici del sistema nervoso centrale.
3.10.4.7 L’inalazione di vapori di soda caustica può provocare gravi danni all’apparato respiratorio.
3.10.4.8 Irritazione delle prime vie aeree e dei bronchi, edema, fibrosi, enfisema sono i danni derivanti dall’inalazione di vapori di acido solforico. Inoltre può provocare irritazione delle mucose e vomito.
3.10.5 INTERVENTI PREVENZIONISTICI NELLA FASE "FINITURA"
3.10.5.1. Per eliminare il rischio di presa impigliamento e trascinamento da parte del cilindro rotante del buratto è necessario installare una protezione meccanico-elettrica per cui il cilindro rotante è coperto da uno schermo vincolato a un microinterruttore che apre il circuito di alimentazione elettrica nel caso di apertura della protezione. In alternativa si può utilizzare una protezione solo elettrica tramite una barriera fotoelettrica. Nei modelli vecchi dove gli organi di trasmissione del moto sono accessibili, essi devono essere protetti tramite carter.
E’ inoltre necessario dotare le lavoratrici di cuffia per capelli. Sono da evitare abiti svolazzanti, sciarpe, cravatte, maniche larghe. Le maniche devono essere tenute aderenti al polso tramite elastici.
3.10.6 APPALTI A DITTE ESTERNE PER LA FASE "FINITURA"
Talvolta questa fase viene appaltata a ditte esterne.
3.10.7 RIFERIMENTI LEGISLATIVI PER LA FASE "FINITURA"
Tabella ACGIH 1995 |
Concentrazione limite in mg/m3 |
|
Inquinante |
TWA |
STEL |
Percloroetilene |
170 A3 |
685 A3 |
Tricloroetano |
1910 |
|
Trielina |
269 A5 |
573 |
Note:
A3: Cancerogeno per l’animale in studi sperimentali, ad alte dosi; non risulta cancerogeno per l’uomo.
A5: Non risulta cancerogeno per l’uomo.
3.10.8 IMPATTO ESTERNO PER LA FASE FINITURA
Per il decapaggio e la brillantatura valgono le stesse considerazioni fatte per il ciclo galvanico già descritto, anche se in questo caso l’impatto sull’esterno è minore stante le minori quantità in gioco.
Per l’asciugatura con percloroetilene e la sgrassatura con tricloroetilene, vengono utilizzate macchine che, pur disponendo di un condensatore per il recupero dei vapori, sono comunque macchine aperte sulle quali è posto un impianto di aspirazione localizzata che poi immette all’esterno, previo abbattimento. Per ridurre l’impatto devono essere utilizzati impianti a ciclo chiuso, sul modello delle macchine per lavanderia, in modo da non dare luogo ad emissioni nell’ambiente. Esiste anche il rischio di perdite accidentali di solventi clorurati (trielina e tricloroetilene) che possono finire nel ciclo delle acque ed andare ad inquinare anche le falde sotteranee. Per evitare questo rischio è necessario controllare periodicamente l’efficienza e la tenuta dell’impianto.
Il problema della diffusione di rumore all’esterno, dovuto alle macchine rotanti e vibranti, sussiste nel caso di edifici strutturalmente collegati, comunque l’impatto esterno dovuto al rumore è ridotto nel caso vengano utilizzate macchine nuove insonorizzate.
Le soluzioni saponose esauste derivanti dalle macchine ad ultrasuoni, vanno avviate ad impianti di depurazione prima di essere scaricate, per evitare l’inquinamento da tensioattivi. Per ridurre l’impatto sull’ambiente è comunque necessario utilizzare tensioattivi biodegradabili al 100% (il sapone di Marsiglia va bene). Uno dei procedimenti innovativi di depurazione dei bagni esausti delle macchine ad ultrasuoni, consiste nel processo di ultrafitrazione tangenziale, grazie al quale la soluzione esausta attraversa un condotto formato da due membrane semipermeabili. Il liquido che fuoriesce dai filtri può essere riutilizzato nel processo. I fanghi di filtraggio sono avviati al processo di recupero delle particelle di metalli preziosi presenti per poi essere inviate alla affinazione.
1. FASE DI LAVORAZIONE : SMALTATURA 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la salute e igienico ambientali: esposizione a fumi e vapori (cottura smalti, solventi); esposizione a polveri di silice. 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.11 FASE DI LAVORAZIONE: SMALTATURA
3.11.1 DESCRIZIONE
La smaltatura viene eseguita secondo due diverse tecniche: smaltatura con smalti "a fuoco" o smaltatura con smalti sintetici. Segue l’asciugatura.
3.11.1.1 Smaltatura con smalti "a fuoco".
Con questa tecnica l’oggetto viene ricoperto con una massa vitrea a vari colori.
Si usano smalti silicei mescolati con ossido di piombo e altri ossidi metallici, a seconda del colore dello smalto.
La massa vitrea, dopo l’applicazione, deve essere cotta al alta temperatura (600 - 700 °C) in un forno a muffola.
L’applicazione dello smalto avviene a pennello o attraverso applicatori idraulici a siringa, detti iniettori.
3.11.1.2 Smaltatura con smalti sintetici.
Questa tecnica prevede l’impiego di vernici epossidiche e loro solventi pertanto per questa lavorazione è opportuna l’adozione di un sistema di aspirazione a banco.
La cottura avviene in un forno a bassa temperatura (70 - 80 °C) che dovrà essere dotato di efficace sistema di aspirazione.
Anche in questo caso l’applicazione dello smalto avviene a pennello o attraverso applicatori idraulici a siringa, detti iniettori.
3.11.2 ATTREZZATURE E MACCHINE PER LA FASE "SMALTATURA".
3.11.2.1 FORNO A MUFFOLA
Il forno a muffola è un piccolo forno elettrico con una apertura da un lato solo.
3.11.2.2 BANCO DI SMALTATURA
Si tratta di un banco aspirato dove viene applicato lo smalto.
3.11.2.3 CABINE DI ASCIUGATURA
Sono cabine dove i pezzi smaltati vengono fatti asciugare, appesi ad alberi rotanti o appoggiati su griglie.
3.11.3 FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE "SMALTATURA".
3.11.3.1 Esposizione a fumi e vapori, derivanti dalla cottura degli smalti, e contenenti piombo.
3.11.3.2 Esposizione a polveri di silice, durante l’operazione di preparazione dello smalto.
3.11.3.3 Esposizione a vapori di solventi, durante l’applicazione dello smalto e l’asciugatura.
3.11.4 DANNI NELLE FASE "SMALTATURA".
3.11.4.1 Si possono verificare irritazione alle vie respiratorie per l’esposizione a fumi e vapori derivanti dalla cottura degli smalti. La presenza di piombo può causare intossicazione a piombo saturnismo.
3.11.4.2 L’esposizione a polveri di silice può essere causa di silicosi.
3.12.4.3 Si possono verificare disturbi irritativi per cute e mucose ed azione deprimente sul sistema nervoso centrale, a causa della esposizione a solventi.
Per ridurre l’esposizione a polveri, fumi e vapori, devono essere presenti idonei sistemi di aspirazione generale e localizzata:
3.11.6 APPALTI A DITTE ESTERNE PER LA FASE "SMALTATURA".
Questa fase può essere appaltata.
3.11.7 RIFERIMENTI LEGISLATIVI PER LA FASE "SMALTATURA".
3.11.8 MPATTO ESTERNO NELLA FASE SMALTATURA
3.11.8.1 Immissione in atmosfera di polveri silice, derivanti dalla aspirazione localizzata nella fase di preparazione dello smalto. Generalmente, data la poca significatività dell’emissione, non è richiesto l’impianto di abbattimento.
3.11.8.1 Immissione in atmosfera di fumi, solventi e polveri di piombo, derivanti dalla aspirazione localizzata nella fase di preparazione e asciugatura dello smalto e dalla cottura nel forno a muffola. Generalmente, data la poca significatività dell’emissione, non è richiesto l’impianto di abbattimento.
1. FASE DI LAVORAZIONE : STOCCAGGIO MATERIALI AUSILIARI DI CONSUMO 2. COD.INAIL : 3. FATTORE DI RISCHIO : Rischi per la sicurezza: manipolazione e stoccaggio di sostanze pericolose (acidi e caustici). Rischi trasversali o organizzativi: movimentazione manuale dei carichi. 4. CODICE DI RISCHIO : 5. N.ADDETTI :
3.12 FASE DI LAVORAZIONE: STOCCAGGIO MATERIALI AUSILIARI DI CONSUMO.
3.12.1 descrizione della fase
Fra i prodotti ausiliari alla lavorazione dei metalli preziosi che vengono tenuti in magazzino vi sono solventi, acidi, alcali, cianuri, preparati vari e gas compressi.
3.12.1.1 Solventi.
I solventi più comunemente usati sono: alcool denaturato, solventi e diluenti tradizionali per vernici., acetone, idrocarburi alifatici idrogenati (trielina, percloroetilene, tricloroetano, una volta veniva utilizzato anche il freon, oggi vietato).
L’acetone viene stoccato con le stesse modalità dei solventi e diluenti per vernici, in genere in latte metalliche da 20 litri poste sopra un pallet.
Trielina e percloroetilene vengono stoccati in cisterne metalliche sopraelevate in modo da poter prelevare il contenuto per gravità.
L’alcool viene stoccato in cisterne e prelevato mediante una pompa elettrica.
3.12.1.2 Acidi
.Gli acidi, a varie concentrazioni, di uso più comune nella lavorazione dei metalli preziosi sono: il nitrico, il solforico, il cloridrico, il fluoridrico. Viene inoltre utilizzato bisolfato di potassio.
Gli acidi nitrico, solforico e cloridrico vengono stoccati in cisterne, sopraelevate, riempite mediante pompa con pressione massima 1,5 atmosfere.
L’acido fluoridrico viene generalmente utilizzato ad una concentrazione del 40% e stoccato in taniche di PVC della capacità di 25 litri posate su pallet di legno.
3.12.1.3 ALCALI.
Soluzioni di soda caustica e soluzioni di ammoniaca.
3.12.1.4 Cianuri
.Sono sali di cianuro di sodio e di potassio. I cianuri sono di norma stoccati in contenitori di ferro a chiusura ermetica regolarmente etichettati.
3.12.1.5 PREPARATI VARI.
Borace, carbonato di sodio, nitrato di potassio, zolfo (per la conduzione della fusione), borato di metile (per le microsaldature), solfuro di ammonio, sali di nichel, ecc… (per i bagni galvanici).
3.12.1.6 GAS COMPRESSI.
Idrogeno, azoto, ammoniaca, argon, ossigeno, propano. Sono contenuti in bombole le quali possono essere stoccate singolarmente o in gruppi detti pacchi bombolari.
3.12.2 ATTREZZATURE E MACCHINE NELLA FASE DI STOCCAGGIO
3.12.2.1 Serbatoi e cisterne resistenti alla corrosione per il contenimento degli acidi: acciaio inox per acido nitrico, ferro per acido solforico non diluito, ferro ebanitato per acido cloridrico, PVC per acido fluoridrico diluito.
3.12.2.2 Pompe elettriche di carico e di prelievo.
3.12.2.3 Contenitori vari per il prelievo dei prodotti.
3.12.2.4 Carrelli di ausilio per la movimentazione.
3.12.3 FATTORI DI RISCHIO NELLA FASE DI STOCCAGGIO
3.12.3.1 Manipolazione e contenimento di sostanze pericolose
Si possono verificare sversamenti accidentali con conseguente rischio di investimenti da parte di sostanze corrosive ed inalazione di polveri, vapori e gas tossici. Si possono verificare reazioni chimiche pericolose in caso di contatto accidentale di prodotti tra loro incompatibili. In caso di contatto di acidi con cianuri si può sviluppare acido cianidrico. E’ presente il rischio di esplosione ed incendio per la presenza di solventi e di bombole di gas compressi. L’acido solforico reagisce violentemente con l’acqua con forte sviluppo di calore e spruzzi di acido caldo. Inoltre l’acido solforica attacca molti metalli con formazione di idrogeno che può formare con l’aria una miscela esplosiva.
3.12.3.2 Movimentazione manuale dei carichi, durante l’immagazzinamento e il prelievo di contenitori dei prodotti, con il rischio di caduta dei materiali specie in caso di scaffalature o soppalchi.
3.12.4.1 Infortuni per:
3.12.5.1 Per il rischio di esplosione / incendio nei locali di stoccaggio di solventi e di prodotti infiammabili / esplodenti è necessario:
3.12.5.2 Per il rischio di sversamenti è necessario che i serbatoi siano posti entro bacini di contenimento in materiale idoneo.
Deve essere a disposizione degli addetti una doccia a comando bilaterale dotata anche di vaschetta lava occhi.
3.12.5.3 La manipolazione dei sali di cianuro deve avvenire su banchi dotati di aspirazione localizzata, utilizzando guanti di gomma e occhiali. I cianuri devono essere tenuti lontani dagli acidi forti. Nell’eventualità di incidenti il personale deve avere immediata disponibilità di maschera antigas per acido cianidrico. Gli addetti che manipolano cianuri devono essere regolarmente patentati. Il locale per il deposito deve essere composto da due ambienti. Nel primo cui si accede dall’esterno ci devono essere un lavabo, la maschera, il grembiule, gli stivali, i guanti, gli occhiali. Nel secondo, cui si accede solo dal primo, vengono stoccati i fusti di ferro sigillati contenenti il cianuro. Sulla porta esterna deve essere posto un cartello con la scritta "CIANURO". La porta deve essere chiusa a chiave e l’accesso consentito esclusivamente al personale munito di patentino. Aprendo la porta esterna deve venire attivato un aspiratore posto sul tetto del secondo locale che opera il "lavaggio" dei due locali. Il ventilatore deve assicurare circa 30 ricambi orari. Deve essere presente anche un comando manuale dell’aspiratore.
Questa fase non viene appaltata.
Per la prevenzione dei rischi di sversamenti e di esplosione ed incendio, valgono le stesse considerazione fatte per l’ambiente di lavoro, inoltre per i nuovi insediamenti produttivi si può prevedere un sistema tale che tutte le acque piovane del piazzale della fabbrica, possano venire convogliate in vasche di contenimento sifonate prima della loro restituzione al reticolo idrografico, per poter intercettare eventuali sversamenti accidentali.