A.R.P.A.T.
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana
http://www.arpat.toscana.it/
Settore tecnico C.E.D.I.F.
Comunicazione Educazione
Documentazione Informazione Formazione
Unità Operativa
“Documentazione e Informazione”
"Profili di rischio per comparto produttivo"
Pesca, piscicoltura e
servizi connessi
PISCICOLTURA
ALLEVAMENTO DI
PESCI IN ACQUA DI MARE
nella
provincia di Grosseto.
Responsabili del procedimento la ricerca: Barbara Gobbò, Danila
Scala.
Autori della ricerca: Giuseppe Banchi, Claudio Nobler, Danila
Scala.
Fotografie: Claudio Nobler.
Con la collaborazione di: Antonino Costa,
Rodolfo Amati, Giorgio Ricci, Lucia Bastianini, Claudio Viti, Diego De Menich.
RICERCA FINANZIATA DA:
ISPESL - Istituto Superiore
Prevenzione E Sicurezza del Lavoro
Ricerca aggiornata a marzo
2002.
1.
- GENERALITÀ SUL COMPARTO
Nella presente ricerca si prende in esame il comparto produttivo dell’allevamento di pesci in acqua di mare, quali
ad esempio orate, branzini (spigole), cefali, ombrine, sogliole, rombi, ecc… .
Le aziende che svolgono tale lavorazione rientrano nella più ampia classificazione del codice ISTAT-ATECO ’91 per la classificazione delle attività economiche: “05.02.1 – Esercizio di allevamenti di pesci marini e lagunari, di molluschi e di crostacei”, a sua volta facente parte del codice “05.02 – Piscicoltura”, compreso nel settore produttivo “05 – Pesca, piscicoltura e servizi connessi”.
Codice attività ISTAT aTECO ’91 |
Denominazione attività |
|
05.02 |
Piscicoltura
|
|
05.02.1 |
Esercizio di allevamenti di pesci marini e lagunari, di molluschi e di crostacei. Questa
classe comprende: -
produzione di uova di ostriche, mitili, giovani aragoste, gamberetti ed
altre larve di crostacei, pesciolini
ed avannotti; -
coltivazione di ulva e altre alghe commestibili; -
piscicoltura in
acqua di mare; -
ostricoltura. |
|
05.02.2 |
Allevamenti di pesci in acque dolci (anche
preso aziende agricole). |
Tab. 2 – Dati statistici
su numero di aziende, addetti, infortuni e malattie professionali.
PESCA |
||||||||||
ITALIA |
||||||||||
Anno |
Totale aziende |
Totale addetti |
INFORTUNI |
MALATTIE PROFESSIONALI |
||||||
Denunciati |
Tipo di conseguenza |
Denunciate |
Tipo di conseguenza |
|||||||
Temporanea |
Permanente |
Morte |
Temporanea |
Permanente |
Morte |
|||||
1996 |
4.562 |
20.926 |
681 |
636 |
37 |
3 |
|
|
|
|
1997 |
4.546 |
22.403 |
684 |
625 |
42 |
9 |
2 |
0 |
1 |
0 |
1998 |
4.276 |
19.909 |
683 |
636 |
34 |
5 |
|
|
|
|
1999 |
4.033 |
19.476 |
670 |
625 |
32 |
2 |
1 |
0 |
1 |
0 |
2000 |
n.r. |
n.r. |
610 |
577 |
18 |
4 |
2 |
0 |
0 |
0 |
Totale 1996-2000 |
3.328 |
3.099 |
163 |
23 |
5 |
0 |
2 |
0 |
||
TOSCANA |
||||||||||
Anno |
Totale aziende |
Totale addetti |
INFORTUNI |
MALATTIE PROFESSIONALI |
||||||
Denunciati |
Tipo di conseguenza |
Denunciate |
Tipo di conseguenza |
|||||||
Temporanea |
Permanente |
Morte |
Temporanea |
Permanente |
Morte |
|||||
1996 |
311 |
569 |
57 |
53 |
4 |
0 |
|
|
|
|
1997 |
301 |
581 |
54 |
52 |
2 |
0 |
1 |
0 |
0 |
0 |
1998 |
282 |
572 |
49 |
43 |
3 |
0 |
|
|
|
|
1999 |
255 |
545 |
53 |
51 |
1 |
0 |
|
|
|
|
2000 |
n.r. |
n.r. |
18 |
17 |
1 |
0 |
|
|
|
|
Totale 1996-2000 |
231 |
216 |
11 |
0 |
1 |
0 |
0 |
0 |
Fonte: INAIL
Le aree di riferimento per la presente ricerca è
quella della provincia di Grosseto, in particolare la laguna della Diaccia
Botrona nei pressi di Castiglion della Pescaia, la laguna di Orbetello e le
aree limitrofe.
2. - DESCRIZIONE GENERALE
DEL CICLO DI LAVORAZIONE
L’allevamento di pesci in acqua di mare in Toscana è
localizzato nell’area circostante la laguna di Orbetello per allevamenti
intensivi e nella laguna stessa per allevamento semi intensivo ed estensivo e
in un’altra area paludosa adiacente al mare nel comune di Castiglione della
Pescaia denominata Diaccia Botrona.
Sono presenti piccoli allevamenti semiintensivi
ancora a livello sperimentale adiacenti alle isole di Capraia e di Gorgona.
Per gli allevamenti intensivi il ciclo di lavoro
inizia con il prelevamento dell’acqua prevalentemente da canali collegati con
il mare con apposite pompe idrovore in alcuni casi integrata da acqua di falda
prelevata da pozzi artesiani e sottoposta ad operazioni di sgrigliatura e/o
filtraggio e di climatizzazione.
La riproduzione dei pesci e l’allevamento degli
avannotti è praticato solo in due aziende del comparto in apposite vasche
mentre le altre aziende acquistano avannotti da altri produttori.
Si procede poi alle operazioni di alimentazione dei pesci nelle vasche di allevamento intensivo con mangimi prodotti esternamente, alla ossigenazione delle vasche ed infine al pescaggio e al confezionamento.
L’allevamento di tipo semi - intensivo ed estensivo è praticato nella laguna di Orbetello, caratteristica area salmastra costiera situata tra il monte Argentario e la terraferma che si estende su di una superficie di circa 2700 ettari, in comunicazione con il mare aperto tramite i canali di Nassa e di Ansedonia. Un terzo canale, quello di Fidia, la mette in comunicazione con il fiume Albegna in prossimità del suo estuario. La pesca dalla laguna viene eseguita dalle peschiere o “lavorieri”, strutture fisse poste all’imboccatura dei canali di comunicazione con il mare oppure quella “vogantivo” realizzata utilizzando speciali reti manovrate per mezzo di apposite barche. I pesci così pescati vengono confezionati e spediti.
Nella figura seguente si riporta lo schema a blocchi
di massima del ciclo lavorativo.
schema
a blocchi del ciclo lavorativo
PRELEVAMENTO E TRATTAMENTO DELL’ACQUA PER LE VASCHE DI PISCICOLTURA
DESCRIZIONE
DELLA FASE
L’acqua utilizzata nelle vasche di allevamento di
pesci marini è continuamente sottoposta a ricircolo e ricambio tramite pompe
idrovore e un sistema di canalizzazioni che collegano le vasche sia tra loro
sia con i corpi idrici limitrofi all’impianto di allevamento.
Nel caso l’impianto sia realizzato in zone paludose
prossime al mare, l’acqua è prelevata tramite una o più pompe idrovore da un
canale della palude collegato al mare ed esterno all’impianto di allevamento.
L’acqua prelevata è immessa in una prima vasca che ha lo scopo di lasciarla
decantare prima di utilizzarla nelle vasche di allevamento dei pesci. Questa
prima vasca può essere collegata ad altre che hanno la stessa funzione,
chiamate vasche di lagunaggio.
L’acqua prelevata dal canale, prima di essere
immessa nella prima vasca di lagunaggio, passa attraverso una griglia che serve
per trattenere eventuali parti grossolane indesiderate (prevalentemente
vegetazione lacustre). La griglia necessita di essere periodicamente pulita per
rimuovere tutto ciò che tende ad accumularsi su di essa, altrimenti si
ostruirebbe il passaggio dell’acqua. Per la pulizia della griglia è utilizzata
una macchina automatica chiamata sgrigliatore.
I materiali di risulta dalla operazione di
sgrigliatura, costituiti per lo più da parti vegetali (alghe, vegetazione
lacustre), sono periodicamente prelevati tramite pala meccanica e caricati su
camion per il conferimento alla loro destinazione finale.
In alcune aziende del comparto l’acqua è anche prelevata dalle falde sotterranee tramite
pozzi artesiani. In tal caso l’acqua è sottoposta a filtrazione mediante filtri
di tipo meccanico a sabbia ed eventuali altri trattamenti.
Per le vasche destinate all’allevamento degli avannotti (pesci appena nati dalla
schiusa delle uova) l’acqua è talvolta sottoposta a sterilizzazione mediante
irraggiamento con raggi ultravioletti.
Fig. 1. Sgrigliatore sul canale di prelevamento dell’acqua utilizzata
nell’impianto. Sulla destra (sotto la
parte terminale del nastro trasportatore) si noti il cumulo dei materiali di
risulta dalla sgrigliatura.
Fig. 2. Sgrigliatore. Sulla destra si
nota il quadro di comando della macchina.
Fig. 3. Prima vasca di lagunaggio.
Sulla sinistra si noti la tubazione dalla quale viene immessa l’acqua prelevata
dal canale.
Fig. 4. Seconda vasca di lagunaggio
(collegata alla prima da un sistema di canalizzazioni).
Fig. 5. Pompa idrovora per il
prelevamento dell’acqua dal canale.
Fig. 6. Filtro di tipo meccanico
a sabbia per l’acqua utilizzata nelle
vasche di allevamento intensivo.
Fig. 7. Filtro meccanico a sabbia (a
sinistra della foto) e scambiatore di
calore a piastre (a destra della foto).
Fig. 8. Impianto di sterilizzazione
con raggi ultravioletti dell’acqua per le vasche di avannotteria.
Sgrigliatore (macchina sgrigliatrice)
Si tratta di una macchina ad alimentazione elettrica
e movimento automatico, con avviamento / fermata che può essere anch’esso automatico
(grazie ad un temporizzatore programmabile) oppure manuale. La macchina ha lo
scopo di rimuovere tutto ciò che si accumula sulla griglia attraverso la quale
passa l’acqua prelevata dal canale per aspirazione da parte dell’idrovora che
si trova a valle della griglia.
Lo sgrigliatore è essenzialmente costituito da un
lungo rastrello montato a bordo di un carrello mobile su rotaia. Il rastrello
si muove perpendicolarmente alla griglia su guide verticali, raschia verso
l’alto il materiale depositato su un tratto della griglia e lo immette su un
nastro trasportatore. Il carrello si sposta poi un po’ più avanti e
l’operazione viene ripetuta su un altro tratto della griglia. A fine corsa il
carrello torna indietro e il ciclo ricomincia da capo. Il nastro trasportatore
corre per un primo tratto parallelamente alla rotaia e al termine della stessa
si innalza proseguendo per un altro tratto allo scopo di facilitare accumulo
sul terreno del materiale che viene lasciato cadere dall’alto alla fine del
nastro.
Pompa idrovora
Si tratta di una pompa centrifuga ad asse verticale, ad alimentazione elettrica, predisposta per elevate portate e basse prevalenze, collegata sul lato di aspirazione alla tubazione di prelevamento o direttamente immersa nel corpo idrico e sul lato di mandata alla tubazione di adduzione dell’acqua all’impianto di allevamento.
Filtro meccanico a sabbia
Si tratta di un filtro di forma quasi sferica che
utilizza sabbia come elemento filtrante. La pulizia avviene in controcorrente.
Il filtro è dotato di un boccaporto superiore utilizzato per la sostituzione
della sabbia che avviene di solito una volta l’anno.
Impianto di sterilizzazione dell’acqua con raggi ultravioletti (UV)
Si tratta di un sistema di lampade ad alimentazione
elettrica che producono raggi ultravioletti per irradiare l’acqua che passa
attraverso una apposita tubazione. Il tutto è racchiuso in un involucro di
protezione. Il sistema viene utilizzato per il solo reparto avannotteria che
richiede piccole portate d’acqua.
FATTORI DI RISCHIO
Per gli addetti a questa fase lavorativa i principali fattori di rischio potenzialmente presenti sono sotto descritti.
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Il carrello mobile a movimento automatico della
macchina sgrigliatrice può urtare gli addetti nel caso essi si trovino sul suo
percorso. Il rastrello sgrigliatore può essere causa di urti, presa e
trascinamento in caso gli addetti si trovino sul suo raggio di azione. Il
nastro trasportatore della macchina sgrigliatrice ed i suoi organi di
trasmissione del moto, se non protetti, possono essere causa di presa e
trascinamento.
danno atteso
Ferite e contusioni.
interventi prevenzionistici
Il carrello mobile può essere dotato di barre
sensibili che se urtate arrestano la macchina (vedere figura). Inoltre
l’avviamento della macchina deve essere preannunciato da segnalazioni ottico –
acustiche. Gli organi di trasmissione del moto del nastro trasportatore possono
essere protetti con ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco. La
macchina deve essere dotata di dispositivo di arresto di emergenza (tale
dispositivo non è sostitutivo degli altri dispositivi di sicurezza sopra
richiamati). È opportuno recintare la zona operativa della macchina e apporre
un cartello che indichi il divieto di accesso ai non addetti. Particolare
cautela deve essere seguita durante la manutenzione e la pulizia periodica
della macchina. Tali operazioni devono essere svolte a macchina spenta ed è
opportuno che l’addetto si impossessi della chiave del quadro comando prima di
intervenire, in modo da evitare il rischio che qualcun altro avvii la macchina
durante l’intervento. Gli addetti devono essere stati informati e formati.
- Art. 6 “Doveri dei lavoratori” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 41 “Protezione e sicurezza delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. III, Capo III "Trasmissioni e ingranaggi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 68 “Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 72 “Blocco degli apparecchi di protezione” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 73 “Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 76 e 77 "Organi di comando per la messa in moto delle macchine" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 81 "Comando con dispositivo di blocco multiplo" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 82 "Blocco della posizione di fermo della macchina" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 233 "Organi di comando e di manovra" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Tit. IX "Manutenzione e riparazione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. III “Uso delle attrezzature di lavoro” D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
-
Norme UNI EN
291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1,
1012/2
Fig. 9. Sgrigliatore mentre deposita
il materiale di risulta sul nastro trasportatore parallelo alla rotaia di
scorrimento orizzontale della macchina. Si notino le segnalazioni ottiche e la
barra sensibile.
Transito in
zone con aperture nel terreno.
descrizione
Le tubazioni dell’acqua prelevata dai canali e/o di
ricircolo tra le vasche sono spesso interrate e nel terreno sono presenti buche
(in genere con pareti in muratura) in corrispondenza dei tratti delle tubazioni
ove sono installate pompe idrovore o volani per apertura/chiusura manuale di
valvole. Se le buche sono lasciate aperte e in assenza di parapetti esiste il
rischio di caduta dall’alto.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
interventi prevenzionistici
-
Proteggere
le aperture eventualmente presenti nel terreno con parapetto e fascia
fermapiedi oppure coprirle con grigliati metallici, recintando e segnalando la
zona intorno alla buca in caso di temporanea rimozione della griglia in caso di
necessità di accesso da parte degli addetti.
-
Segnalare
il pericolo o l’ostacolo in caso l’area possa essere interessata dal transito
di mezzi.
-
Informare
e formare gli addetti.
riferimenti normativi
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
D.Lgs.
n. 626/1994 e s.m.i.
Fig. 10. Protezione di una buca
mediante copertura con griglia metallica.
Esposizione a
radiazioni ultraviolette
descrizione
In caso di rimozione del coperchio dell’impianto di
sterilizzazione dell’acqua con raggi UV può avvenire l’esposizione degli
addetti. Le radiazioni UV a bassa lunghezza d’onda portano alla formazione di
ozono per reazione fotochimica con l’ossigeno dell’aria
danno atteso
Concentrazioni di ozono nell’aria dell’ambiente di
lavoro maggiori di 0,1 ppm possono causare bruciore agli occhi e irritazioni
delle vie respiratorie.
Irritazioni agli occhi possono essere provocate
anche dalla esposizione diretta alle radiazioni ultraviolette.
interventi prevenzionistici
-
Evitare
di aprire il coperchio dell’impianto con lampade UV accese.
-
Indossare
appositi occhiali per la protezione degli occhi da radiazioni UV.
-
Garantire
un adeguato ricambio d’aria nell’ambiente di lavoro.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n. 303 del 1956 e s.m.i.
- D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
APPALTI ESTERNI
Questa fase non è appaltata in quanto parte
fondamentale del ciclo produttivo delle aziende del comparto.
IMPATTO
ESTERNO
I
principali fattori di impatto ambientale di questa fase lavorativa sono sotto
elencati.
In
caso di prelevamento dell’acqua da pozzi artesiani si può verificare l’impoverimento
della falda.
I materiali di risulta dalla operazione di sgrigliatura, costituiti per lo più da parti vegetali (alghe, vegetazione lacustre, ecc…), sono periodicamente inviati allo smaltimento. È opportuno valutare la possibilità di sottoporre il materiale a trattamenti finalizzati al recupero, ad esempio per la produzione di concime.
RIPRODUZIONE E ALLEVAMENTO AVANNOTTI
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Alcune aziende
gestiscono al proprio interno la riproduzione dei pesci. I pesci utilizzati per
la riproduzione sono individui adulti maschi e femmine (in genere di 3 – 6 anni
di età) di dimensioni più grandi di quelli della normale pezzatura commerciale.
La produzione delle uova avviene una volta l’anno in periodi diversi a seconda della
specie. Le femmine e i maschi sono immessi nella stessa vasca e dopo qualche
giorno le femmine depongono le uova e i maschi le fecondano con gli
spermatozoi. Le uova fecondate sono prelevate per affioramento sull’acqua della
vasca (le uova fecondate dei pesci marini galleggiano a differenza di quelle
dei pesci di acqua dolce che vanno a fondo). Le uova prelevate sono pesate allo
scopo di contarle ed infine immesse in appositi contenitori per la loro
schiusa.
Fig. 11. Pesci riproduttori (in questo caso si tratta di ombrine) che nuotano in una vasca di cemento.
Fig. 12. Contenitori per la schiusa
delle uova di pesce.
Dalla schiusa dell’uovo nasce la larva che comincia
ad essere alimentata dopo 4 – 5 giorni quando apre la bocca.
I pesci allo stato embrionale fino a quando non
raggiungono la dimensione di qualche centimetro sono chiamati avannotti. Alla nascita hanno una
dimensione di circa 1 – 3 millimetri e sono immessi nelle vasche di avannotteria nelle quali l’acqua è
riscaldata per garantire una temperatura idonea al loro sviluppo e
continuamente ricambiata ed ossigenata. Per evitare che gli avannotti siano
portati via dall’acqua in uscita, questa viene fatta passare attraverso un
retino a maglie finissime avvolto intorno ad un tubo forato disposto
verticalmente nella vasca. L’ossigenazione dell’acqua è garantita dalla
insufflazione di ossigeno liquido.
Fig. 13. Vasche di tipo rettangolare
nel reparto
avannotteria.
Di solito gli avannotti sono inizialmente alimentati con zooplancton, successivamente con artemia salina e successivamente si inizia lo svezzamento con appositi mangimi farinacei; ciò richiede anche la sostituzione del retino avvolto intorno al tubo di fuoriuscita dell’acqua con un altro retino a maglie più grandi. Questo perché le maglie fini tendono ad otturarsi con il mangime e per lo stesso motivo un addetto pulisce periodicamente il retino con una spazzola dal manico lungo. Per eseguire la sostituzione del retino, gli avannotti sono spostati in un’altra vasca mediante travaso insieme all’acqua nella quale nuotano.
Quando gli avannotti raggiungono le dimensioni di 2 – 3 cm sono trasferiti nelle vasche di primo accrescimento giovanile (poste anch’esse entro locali coperti dello stabilimento) dove restano circa 2 o 3 mesi prima di essere trasferiti nelle vasche all’aperto per la crescita e ingrassaggio intensivo o immessi in laguna per l’allevamento estensivo.
Fig. 14. Vasche di tipo circolare nel
reparto avannotteria, con alimentazione a base di artemia salina.
Fig. 15. Contenitore pieno di artemia salina utilizzata per
l’alimentazione degli avannotti.
L’artemia salina è costituita da microrganismi (crostacei) ed è usata come cibo vivo per l’alimentazione degli avannotti. Alcune aziende gestiscono internamente anche la riproduzione dell’artemia salina. Le uova di artemia salina possono essere conservate per molti anni se tenute all’asciutto; bagnandole con acqua salata il loro sviluppo riprende e dopo circa 18 ore a 25 °C si schiudono e nascono gli embrioni che, nel primo stadio larvale, sono di colore arancione. Circa 12 ore dopo la schiusa, gli embrioni "mutano" in un secondo stadio larvale e iniziano a filtrare l’acqua per nutrirsi di particelle di varie microalghe, batteri e detriti. Per diventare adulti gli embrioni di artemia salina necessitano di circa 8 giorni e mentre crescono passano attraverso numerose “mute". Da adulti raggiungono una lunghezza di circa 8 mm fino ad un massimo di 2 cm.
Fig. 16. Vasche per la riproduzione dell’artemia
salina.
Fig. 17. Particolare di vasca
circolare per la avannotti con mangiatoia automatica.
Fig. 18. Mangiatoia automatica a molla
per l’alimentazione degli avannotti nelle vasche di accrescimento giovanile.
Vasche per avannotteria
Si tratta di vasche forma variabile (circolare o
parallelepipeda) di dimensioni molto più contenute rispetto alle vasche di
allevamento dei pesci adulti. Sono realizzate in vetroresina, o in plastica o
altro materiale e dispongono di sistemi ed accessori per il ricambio continuo
dell’acqua, per l’ossigenazione e per il riscaldamento dell’acqua, oltre che
per l’immissione del mangime nella vasca.
Il riscaldamento dell’acqua contenuta nelle vasche
può avvenire con sistemi diversi, ad esempio tramite resistenze elettriche
oppure tramite tubazioni o serpentine nelle quali viene fatta passare acqua
tiepida proveniente da fonti termali sotterranee o da fonti di calore diverse
(ad esempio acque di scarico provenienti dal raffreddamento di centrali
termoelettriche) oppure riscaldata da una apposita caldaia.
FATTORI DI RISCHIO
Per gli addetti a questa fase lavorativa i principali fattori di rischio potenzialmente presenti sono sotto descritti.
Transito su
pavimenti scivolosi e/o con aperture e/o ingombrati da vario materiale.
descrizione
Il pavimento del reparto avannotteria tende
continuamente a bagnarsi, con il rischio di scivolare e cadere. Inoltre nel
pavimento a volte sono presenti aperture per lo scolo delle acque, con il
rischio di inciampare e cadere. Il rischio è aumentato in caso i pavimenti
siano ingombrati da tubi flessibili per il travaso delle vasche, dai tubi di
gomma per il lavaggio con acqua, ecc…
danno atteso
Lesioni traumatiche per cadute sul pavimento per scivolate
o inciampate.
interventi prevenzionistici
-
pavimentazione
realizzata con materiali antiscivolo le cui mattonelle siano montate a fuga
larga per permettere un migliore deflusso del liquido, eventualmente grigliata
e/o di pendenza adeguata con sistemi di raccolta dei liquidi che cadono sul
pavimento;
-
coprire
con grigliati metallici eventuali aperture nel pavimento;
-
indossare
calzature con suola antiscivolo; un particolare accenno merita il diffuso uso
degli stivali di gomma tra gli addetti alla lavorazione, anche durante lo
svolgimento di mansioni per le quali non sono strettamente necessari; tale
pratica è da sconsigliare per l’impedimento della traspirazione e la
conseguente macerazione con facilitazioni di eventuali infezioni; pertanto è
bene limitare l’uso degli stivali in gomma, ai casi in cui siano strettamente
necessari per evitare di bagnarsi e cambiare calzature non appena terminata
l’operazione;
-
corretta
disposizione di tubi e cavi in modo da intralciare il meno possibile il
passaggio;
-
corretta
organizzazione del lavoro e riordino dei materiali e attrezzature
immediatamente dopo essere state utilizzate.
riferimenti normativi
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 7, comma 2 e comma 4 "Pavimenti" D.P.R. n. 303 del 19.03.1956.
-
Norme
British Ceramic Research Association.
- Norme DIN 51098
-
D.Lgs.
n. 626/1994 e s.m.i.
Fig. 19. Pavimento grigliato lungo le
vasche del reparto avannotteria.
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
La movimentazione manuale in questa fase lavorativa
è dovuta principalmente al trasferimento dei contenitori dell’artemia salina
(vedere figure precedenti) in prossimità delle vasche degli avannotti. I
suddetti contenitori sono in genere grandi secchi di plastica dotati di due
manici. In caso di rottura di un manico il carico può cadere con rischio che
vengano colpiti gli arti inferiori degli addetti.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
Ferite e contusioni agli arti inferiori in caso di caduta di materiali.
interventi prevenzionistici
-
Valutare
la possibilità di meccanizzare l’operazione, ovvero utilizzare ausili per la
movimentazione (carrellini, ecc…).
-
Organizzare
correttamente il lavoro.
-
Verificare
il buono stato dei contenitori e la tenuta dei manici.
-
Movimentare
i contenitori in due addetti.
-
Gli
addetti devono indossare D.P.I. (scarpe di sicurezza con punta dotata di
rinforzo metallico) ed essere stati informati e formati.
riferimenti normativi
-
D.Lgs. 626 del 1994.
-
Norma ISO/CD 11226 del 21.12.2000 "Ergonomia -
Valutazione delle posture di lavoro".
Lavoro in
prossimità di installazioni elettriche in ambiente umido
descrizione
Nel locale avannotteria sono presenti installazioni
e apparecchi elettrici sia per l’illuminazione, sia prese di corrente, sia
talvolta resistenze elettriche per il riscaldamento dell’acqua delle vasche. Le
operazioni di lavaggio periodico delle vasche può comportare che tutto
l’impianto ed i quadri elettrici sia soggetti a spruzzi d’acqua con conseguente
rischio di cortocircuiti e contatti indiretti con parti in tensione.
danno atteso
Elettrocuzione con rischio di
infortunio mortale.
danno rilevato
In una azienda del comparto è accaduto un infortunio
mortale ad un lavoratore che, durante la pulizia di una vasca, ha urtato il
dispositivo di riscaldamento dell’acqua costituito da una resistenza elettrica
protetta da involucro di vetro ed immersa nella vasca. L’urto ha provocato la
rottura dell’involucro e la conseguente elettrocuzione.
interventi prevenzionistici
Le apparecchiature elettriche e gli impianti
elettrici devono essere idonei al luogo nei quali sono installati, in
particolare i quadri elettrici e di comando delle macchine devono essere a
tenuta stagna.
Particolare cautela deve essere posta in caso siano
presenti apparecchiature elettriche installate nelle vasche (resistenze
elettriche, ecc…) che devono essere adeguatamente protette e realizzate in
materiale idoneo. A seguito del suddetto infortunio mortale tutti dispositivi
di riscaldamento dell’acqua delle vasche costituiti resistenze con involucro di
vetro che erano installati in aziende del comparto
sono stati sostituiti con resistenze protette da tubo metallico collegato
all’impianto di messa a terra.
Si ricorda che l’impianto elettrico deve essere
eseguito da una ditta installatrice autorizzata che segua le specifiche di un
progetto (comprensivo di elaborati grafici e relazione tecnica) firmato da un
professionista abilitato. La ditta installatrice deve rilasciare la
dichiarazione di conformità e un professionista abilitato, diverso dal
progettista, deve rilasciare la certificazione di collaudo. E’ anche necessario
inviare ad ISPESL la denuncia di messa a terra (modello “B”) e richiedere le
verifiche periodiche alla ASL competente per territorio. Copia di tutta la
suddetta documentazione deve essere conservata in azienda a disposizione degli
organi di vigilanza.
I lavoratori devono essere adeguatamente informati e
formati.
-
Legge
n. 791 del 18.10.1977 "Attuazione della direttiva del consiglio delle
Comunità europee (n. 72/23/CEE) relativa alle garanzie di sicurezza che deve
possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni
limiti di tensione".
-
Titolo
VII del D.P.R. n. 547/1955 "Impianti macchine ed apparecchi vari".
-
D.M.Ind.
del 13.03.1987 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate
unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi
italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della
legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE
relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico"
-
Legge
n. 46 del 05.03.1990 "Norme per la sicurezza degli impianti ".
-
D.M.
(Industria) 12.02.1996 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme
armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo)
testi italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3
della legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n.
73/23/CEE relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico".
-
D.Lgs.
n. 626 del 25.11.1996 "Attuazione della direttiva 93/68/CEE, in materia di
marcatura CE del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro
taluni limiti di tensione".
-
D.M. n. 322 del 24.6.1991 “Regolamento dei servizi
dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro”.
-
D.P.R. n. 447 del 06.12.1991 “Regolamento di attuazione
della L. n.46 del 05.03.1990 in materia di sicurezza degli impianti”.
-
D.P.R.
n. 462 del 22.10.2001 “Regolamento di semplificazione del procedimento per la
denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche
atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di
impianti elettrici pericolosi”
APPALTI ESTERNI
Questa fase è spesso appaltata ad aziende esterne.
Infatti molte aziende del comparto comprano gli avannotti e ne curano la
crescita (ingrassaggio) fino a farli diventare di pezzatura commerciale.
IMPATTO
ESTERNO
I principali fattori di impatto ambientale per questa fase del ciclo produttivo sono sotto descritti.
Scarichi idrici
Le acque di scarico provenienti dal ricambio continuo delle acque delle vasche di avannotteria possono contenere inquinanti costituiti da residui di mangimi e di deiezioni dei pesci, pertanto devono essere inviate in bacini di decantazione e depurazione prima di essere rilasciate nei corpi idrici.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Il mangime per i pesci può giungere presso le
aziende in sacchi (disposti in palletts,
trasportati in azienda con camion e stoccati nel magazzino o sotto tettoie
tramite carrelli elevatori), ma più spesso il mangime arriva sfuso in
autocisterne che lo scaricano in modo pneumatico in appositi silos.
Per cercare di limitare il possibile deterioramento
del mangime durante il suo trasferimento dall’autocisterna ai silos è pratica
comune, nelle aziende del comparto,
riempire il silos dall’alto tramite un tubo flessibile che l’addetto inserisce
manualmente nel boccaporto superiore (anziché effettuare il riempimento dal
basso raccordando la tubazione flessibile dell’autocisterna a quella del
silos).
Altre materie prime in ingresso allo stabilimento
sono i materiali utilizzati per il confezionamento dei pesci pescati, per la
pulizia delle vasche e degli ambienti di lavoro, e l’ossigeno liquido
(trasportato in autocisterne e stoccato in appositi serbatoi) per la successiva
insufflazione nelle vasche di allevamento intensivo.
Inoltre, nelle aziende che non li producono
internamente, arrivano gli avannotti trasportati da piccole autocisterne.
Fig. 20. Silos di stoccaggio del
mangime per i pesci.
Si notino le scaletta con gabbia protezione anticaduta per l’accesso alla
sommità di ogni silos.
Silos per lo
stoccaggio del mangime per i pesci
Sono contenitori di grandi dimensioni realizzati in
vetroresina la cui forma è di tipo cilindrico nella parte centrale e
troncoconico nelle parti inferiore e superiore. Il contenitore in vetroresina è
tenuto in piedi da una struttura tubolare metallica a tre piedi, alla quale è
fissata anche una scaletta per l’accesso degli addetti alla sommità del
contenitore.
Il contenitore è dotato di un boccaporto superiore
(utilizzato in genere per il riempimento) e di un boccaporto inferiore,
quest’ultimo collegato ad uno scivolo di metallo al di sotto del quale vengono
posti i contenitori più piccoli da riempire con il mangime man mano che serve.
L’uscita del mangime dal silos avviene per gravità quando un addetto aziona
manualmente una leva che comanda l’apertura del boccaporto inferiore.
I silos sono in genere dotati anche di una tubazione
verticale la cui parte superiore si immette nel silos e la cui parte inferiore
è conformata per l’innesto di una tubazione flessibile attraverso la quale è
possibile effettuare il riempimento dal basso per via pneumatica direttamente
dall’autocisterna.
FATTORI DI RISCHIO
Per gli addetti a questa fase lavorativa i principali fattori di rischio potenzialmente presenti sono sotto descritti.
Lavoro in
altezza
descrizione
L’accesso alla sommità dei silos può comportare per
gli addetti il rischio di caduta dall’alto.
Esiste inoltre il rischio che, mentre un addetto
sale sul silos, la struttura di sostegno abbia un cedimento strutturale oppure
ceda il terreno sul quale è appoggiata la struttura stessa con possibile caduta
del silos. Ciò si è già verificato in una azienda del comparto.
danno atteso
Lesioni traumatiche.
danno rilevato
In una azienda del comparto è
accaduto un infortunio mortale per caduta di un silos mentre su di esso vi era
un addetto al riempimento.
interventi prevenzionistici
- Dotare la scaletta di accesso alla sommità del silos di gabbia di protezione anticaduta.
- Evitare di installare i silos direttamente sul terreno, predisponendo una base solida (realizzata ad esempio in cemento).
- Limitare l’accesso alla sommità del silos a persone specializzate ed a quando realmente indispensabile favorendo il riempimento dal basso.
riferimenti normativi
-
D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
-
D.Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
Transito di veicoli
descrizione
I
veicoli che conferiscono le materie prime (mangime, ossigeno liquido, materiali
per il confezionamento) così come i veicoli che trasportano i pesci pescati,
transitano nei piazzali esterni dello stabilimento produttivo il via vai dei
mezzi può comportare il rischio di investimento dei lavoratori e il rischio di
collisioni tra i mezzi.
danno atteso
Lesioni
traumatiche per investimento da veicoli o collisioni tra veicoli.
prevenzione
Predisporre
e segnalare (mediante segnaletica orizzontale e verticale) percorsi separati
per pedoni ed automezzi. Stabilire e segnalare il limite di velocità a 5 Km/h.
A seconda delle dimensioni del piazzale, valutare l’opportunità di stabilire,
segnalare rispettare percorsi a senso unico.
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.
-
D.Lgs.
n. 626/1994 e successive modifiche e integrazioni.
Fig. 21. Serbatoi per ossigeno liquido in una azienda del comparto.
APPALTI ESTERNI
Il trasporto dei materiali è in genere affidato ad
aziende esterne specializzate in autotrasporti.
IMPATTO
ESTERNO
Traffico veicolare indotto
I mezzi che conferiscono le materie prime, così come quelli che ritirano i pesci pescati, possono costituiscono un traffico veicolare indotto.
In aree di particolare interesse paesaggistico i
silos del mangime ed i serbatoi dell’ossigeno liquido, data la loro elevazione
in altezza, forma e colore, possono determinare un impatto negativo. In tale
aree può essere opportuno valutare la necessità di una copertura e/o una
limitazione in altezza dei suddetti contenitori.
ALIMENTAZIONE DEI PESCI E AERAZIONE DELLE VASCHE DI ALLEVAMENTO
INTENSIVO
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Quando gli avannotti diventano adulti sono immessi
nelle vasche di allevamento intensivo dove avviene il cosiddetto ingrassaggio.
Il trasferimento degli avannotti avviene per mezzo di apposite cisterne
trainate o montate a bordo di mezzi.
I pesci sono tenuti nelle vasche di allevamento
intensivo ed alimentati con mangime fino a quando non raggiungono la pezzatura
commerciale (dopo un periodo che può variare da 2 a 5 anni circa), oppure per
un tempo più breve fino a quando non sono sufficientemente adulti per essere
“liberati” nelle lagune di allevamento estensivo.
La distribuzione del mangime nelle vasche può
avvenire con diversi metodi. Nelle aziende più piccole il mangime è talvolta
gettato nelle vasche a mano, con un movimento che ricorda quello della semina
dei campi da parte dei vecchi contadini. Alcune aziende dispongono di appositi
veicoli “spara mangime” che sono guidati da un addetto intorno alle vasche. Più
spesso invece sono utilizzate piccole mangiatoie fisse, montate a bordo delle
vasche, dotate di un dispositivo automatico spara il mangime nella vasca in
quantità e ad intervalli di tempo prestabiliti. Il riempimento delle mangiatoie
avviene manualmente da parte degli addetti. Il trasferimento del mangime dai
silos in prossimità delle mangiatoie avviene in contenitori trasportati da
mezzi meccanici, in genere trattori dotati di piano di carico.
Per la sopravvivenza
dei pesci è fondamentale l’aerazione delle vasche. Nelle aziende del comparto
ciò avviene con diverse modalità, che vedono l’impiego di aeratori galleggianti
a pale agitatrici e/o ad elica e/o con insufflazione nell’acqua di ossigeno
liquido.
Fig. 22. Vasca per allevamento intensivo. Si noti in primo piano un aeratore galleggiante a pale agitatrici; sullo sfondo a sinistra una fila di 8 silos per lo stoccaggio del mangime.
Fig. 23. Alimentazione dei pesci
mediante macchina mobile che spara il mangime nella vasca di allevamento
intensivo.
Fig. 24. Macchina mobile che spara il
mangime nelle vasche di allevamento intensivo.
Fig. 25. Trattore carico con
contenitori pieni di mangime ed attrezzature per il riempimento manuale delle
mangiatoie automatiche installate a bordo delle vasche di allevamento
intensivo.
Fig. 26. Vasche per allevamento
intensivo. In questo caso il fondo e il bordo delle vasche sono coperti con
teli di PVC termosaldati tra loro; la profondità di queste vasche è di circa 1
metro e mezzo.
Fig. 27. Vasche per allevamento
intensivo. Particolare delle mangiatoie automatiche al centro del camminamento
tra le due vasche.
Fig. 28. Vasca per allevamento
intensivo con mangiatoia automatica su supporto girevole.
Fig. 29. Aeratore galleggiante a elica
singola e insufflazione di ossigeno.
Fig. 30. Ossigenazione di una vasca
mediante insufflazione diretta di ossigeno.
Vasche per allevamento intensivo
Sono vasche di varie forme e dimensioni interrate
parzialmente o totalmente. Il fondo della vasca può essere in muratura del
tutto o in parte, eventualmente rivestito da teli di PVC termosaldati. Il
profilo del fondo nelle vasche circolari o parallelepipede non interrate è
generalmente piatto mentre il profilo delle vasche di più grandi dimensioni e
interrate è generalmente a forma di trapezio rovesciato in modo da favorire la
pesca quando la vasca è parzialmente svuotata dall’acqua.
Aeratori galleggianti
Si tratta di macchine ad alimentazione elettrica,
realizzati in materiali resistenti alla corrosione da parte della salsedine.
Possono essere di diversi tipi: ad elica semplice, a pale agitatrici, con o
senza dispositivo per l’insufflazione di ossigeno nell’acqua. Sono dotati di
anelli per il fissaggio delle corde o altri dispositivi di fissaggio utilizzati
per mantenerli in postazione fissa sulla superficie della vasca.
Veicolo spara mangime
Si tratta di un veicolo cabinato su ruote a motore
diesel, dotato di una tramoggia con coperchio per il contenimento del mangime,
di un dispositivo per la spinta del mangime (costituito da una pompa centrifuga
a palette o da altro sistema) e da un tubo di fuoriuscita del mangime inclinato
a 45% verso l’alto.
Mangiatoia automatica
Si tratta un piccolo recipiente cilindrico dotato di
coperchio il cui fondo è di forma troncoconica e che termina con un
alimentatore di scarico a pressione con fuoriuscita laterale, azionato da un
motore elettrico a sua volta comandato da un dispositivo di temporizzazione
programmabile installato nel quadro elettrico posto in prossimità della vasca.
FATTORI DI RISCHIO
Per gli addetti a questa fase lavorativa i principali fattori di rischio potenzialmente presenti sono sotto descritti.
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
Le pale e le eliche degli aeratori galleggianti
possono costituire rischi di urto, presa e trascinamento in caso gli addetti vi
si avvicinino mentre sono in moto.
Il rischio è dovuto principalmente al fatto che gli
organi in movimento sono di difficile protezione con ripari o griglie perché
sugli organi mobili tendono ad accumularsi alghe ed altri residui e la presenza
delle protezioni provocherebbe l’ingolfamento e la fermata delle pale o delle
eliche.
danno atteso
Ferite e contusioni.
interventi prevenzionistici
-
Disporre
e fare rispettare il divieto di avvicinarsi agli aeratori in moto.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955.
- D.Lgs. n.626 del 1994.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
La movimentazione manuale è in questa fase
lavorativa è dovuta prevalentemente alla distribuzione manuale del mangime e al
riempimento delle mangiatoie fisse.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
interventi prevenzionistici
-
Utilizzare
ausili per la movimentazione.
-
Corretta
organizzazione del lavoro.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Esposizione a
rumore
descrizione
L’esposizione a rumore in questa fase lavorativa è
dovuta prevalentemente ai veicoli spara mangime, agli aeratori ad elica o a
pale ed alle mangiatoie fisse automatiche.
L’esposizione personale è in genere limitata, data
la saltuarietà della presenza dell’operatore in prossimità delle macchine
rumorose.
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore
medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e/o di
disturbi extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai
livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari
misure preventive.
Inoltre sono possibili disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa.
interventi prevenzionistici
E’ necessaria la valutazione del rumore ai sensi del
D.Lgs. 277/1991, utilizzare macchine di tipo meno rumoroso e tenute in buono
stato di manutenzione.
Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs.
277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”,
riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di
carattere generale”.
riferimenti normativi
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
Esposizione a vibrazioni
descrizione
La guida del veicolo spara mangime può essere causa d’esposizione a vibrazioni.
danno atteso
L’esposizione continuativa a vibrazioni all’intero
corpo può causare dolori e disturbi al rachide dorso-lombare, oltre che
impedimento a manovrare con precisione.
L’esposizione continuativa a vibrazioni
al sistema mano-braccio può causare una malattia professionale detta Sindrome di Raynaud (anche conosciuta
come fenomeno del dito bianco). Si
tratta di una alterazione vasoplastica della microcircolazione delle mani per
esposizione a vibrazioni e favorita da esposizione alle basse temperature e dal
fumo di sigaretta. L’insorgenza di questa patologia è correlata ai tempi ed
all’entità di esposizione.
interventi prevenzionistici
- Utilizzare mezzi del tipo a bassa vibrazione e minore impatto vibratorio, oltre a effettuare su di essi una accurata manutenzione.
- Informazione e formazione dei lavoratori
-
D.M.L.
del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la
denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali"
-
Art.
46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni delle macchine" D.P.R.
n. 547 del 27.04.1955.
-
Art.
24, capo II, Tit. II "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n. 303 del
19.3.1956
-
9.9.3
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986: "Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per
movimentazione".
-
1.5.9
Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989: "Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".
-
1.5.9
"Campo di applicazione e definizioni" e 3.2.2 "Norme armonizzate
e disposizioni di carattere equivalente"
D.P.R. n. 459 del 24.07.1996
-
Comunicazione
CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032): "Comunicazione
della Commissione nel quadro dell'applicazione della direttiva 89/392/CEE del
Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine, modificata dalle
direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
-
Norma
UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.37): "Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la
valutazione delle vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".
-
D.M.
30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle norme armonizzate adottate ai
sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 (2):
«Regolamento per l'attuazione delle direttive del Consiglio 89/392/CEE,
91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative alle medesime»".
-
Comunicazione
CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997): "Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della
direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine,
modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
Transito in
ambiente scivoloso e in prossimità di vasche interrate
descrizione
Il transito in prossimità del bordo delle vasche
interrate (ad esempio per riempire le mangiatoie fisse installate sul bordo
delle vasche), specialmente se il camminamento intorno alle vasche è rivestito
in PVC o altro materiale scivoloso, espone gli addetti a rischio di scivolare e
cadere nelle vasche stesse.
danno atteso
Lesioni traumatiche, annegamento.
interventi prevenzionistici
-
Valutare
ove è possibile installare parapetti intorno alle vasche interrate e realizzare
camminamenti antiscivolo.
-
Indossare
stivali con suola antiscivolo.
-
Per
le operazioni che possono richiedere all’operatore di camminare sull’argine
della vasca e/o sporgersi (ad esempio per il riempimento manuale delle
mangiatoie), predisporre sistemi fissi per l’aggancio di cinture di sicurezza
che l’addetto deve indossare. Tali operazioni pericolose devono essere eseguite
sotto la stretta sorveglianza e assistenza di un altro operatore. Per evitare
la necessità di sporgersi, le mangiatoie possono essere installate su supporti
girevoli azionabili facilmente da una postazione a terra sicura e non scivolosa.
-
Installare
segnali di pericolo e di divieto di accesso ai non addetti.
-
In
caso di interventi notturni intorno alle vasche è necessario garantire una
adeguata illuminazione.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
D.Lgs.
n. 626/1994 e s.m.i.
Fig. 31. Cartello di pericolo
installato in una azienda del comparto.
Lavoro notturno
descrizione
L’impianto di allevamento intensivo richiede la
sorveglianza continua (24 su 24, 365 giorni l’anno). Naturalmente i lavori
principali sono svolti nelle ore diurne, mentre nelle ore notturne gli addetti
effettuano la sorveglianza del buon funzionamento dell’impianto, in particolare
dei sistemi di aerazione delle vasche, intervenendo subito in caso di
necessità, ad esempio per sostituire un aeratore che dovesse eventualmente
fermarsi per un guasto. Infatti un calo significativo dell’ossigeno disciolto
nell’acqua porterebbe in breve tempo alla morte di tutti i pesci presenti nella
vasca.
La sorveglianza notturna è svolta anche per
controllare che nell’impianto non si introducano bracconieri.
danno atteso
Il lavoro notturno può essere causa di alterazioni dei ritmi sonno-veglia e in generale dei bioritmi circadiani, squilibrio delle abitudini alimentari, irritabilità, inclinazione alla depressione, oltre a possibili ripercussioni sulla vita familiare e sociale del lavoratore.
interventi prevenzionistici
È bene organizzare i turni in modo da ridurre al minimo il numero di notti lavorative consecutive per lo stesso lavoratore, collocare il cambio dei turni in orari che permettano il rispetto dei ritmi biologici (sonno, pasti, ecc…) e comunicare agli addetti il calendario dei turni con sufficiente anticipo.
La disciplina del lavoro notturno è stata recentemente innovata dal D.Lgs. n. 532 del 26.11.1999 e dal D.Lgs. n. 151 del 26.03.2001, cui si rimanda per informazioni più dettagliate. Si ricorda qui che il datore di lavoro deve, a propria cura e spese, per il tramite del medico competente, sottoporre i lavoratori notturni ad accertamenti preventivi e periodici volti a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno e a controllare ogni due anni il loro stato di salute. Nel caso in cui sopraggiungano condizioni che comportano l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata tramite il medico competente, è garantita al lavoratore l'assegnazione ad altre mansioni o altri ruoli diurni. Inoltre, il datore di lavoro non può obbligare al lavoro notturno le seguenti categorie di lavoratori:
- lavoratrici madri di un figlio di età inferiore ai tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;
- la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni;
- la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile.
E’ vietato adibire le donne al lavoro notturno (dalle ore 24.00 alle ore 06.00) dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del figlio.
Il datore di lavoro, prima di adibirli al lavoro, deve informare i lavoratori notturni e il rappresentante della sicurezza sui maggiori rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno, ove presenti, e disporre appropriate misure di protezione personale e collettiva in funzione dei rischi aggiuntivi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno. Ad esempio, data la ridotta presenza di personale durante la notte, è opportuno che in uno stesso reparto nessun lavoratore venga lasciato solo, in modo che gli sia garantita la necessaria assistenza in caso di infortunio.
riferimenti normativi
-
D.Lgs. n.532 del 26.11.1999 "Disposizioni in
materia di lavoro notturno, a norma dell'Art. 17, comma 2, della Legge n.25 del
05.02.1999". Il Decreto applica allo stato italiano i principi della
Direttiva Europea 93/104/CE in riferimento ad alcuni aspetti
dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Il decreto si applica a tutti i
datori di lavoro pubblici e privati che utilizzano lavoratori con prestazioni
di lavoro notturno, ad eccezione di quelli dei settori dei trasporti nonché
delle "attività dei medici in formazione".
-
D.Lgs. del 26.3.2001 n.151 “Testo Unico delle
disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità a
norma della L. 8.3.2000 n.53.”
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata in quanto fase
centrale del ciclo produttivo delle aziende del comparto.
IMPATTO
ESTERNO
I principali fattori di impatto ambientale per questa fase del ciclo produttivo sono sotto descritti.
Diffusione di rumore
Il rumore dovuto ai veicoli spara mangime, agli
aeratori ad elica o a pale ed alle mangiatoie fisse automatiche può essere
causa di disturbo alla popolazione eventualmente residente in prossimità degli
impianti, specie nelle ore notturne.
PESCA DA VASCHE DI ALLEVAMENTO INTENSIVO
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Quando si ritiene che i pesci nella vasca di
allevamento sono sufficientemente cresciuti e pronti per la vendita, la vasca
viene parzialmente svuotata (tramite pompe idrovore) in modo da raccogliere i
pesci nella zona più profonda con circa 50 cm d’acqua. A seconda di quanto
pesce si intende catturare gli addetti calano la rete ad una estremità della
vasca oppure in un altro punto (ad esempio al centro) per poi trascinarla a
mano verso l’estremità opposta, dove gli addetti provvedono alla chiusura della
rete e al prelevamento dei pesci con un retino.
Fig. 32. Pompe idrovore sul bordo di
una vasca di allevamento intensivo parzialmente svuotata per la pesca.
Fig. 33. Trascinamento della rete nell’ultimo tratto di una vasca di grandi dimensioni parzialmente svuotata durante la pesca.
Fig. 34. Chiusura della rete
nell’ultimo tratto della vasca durante la pesca.
Fig. 35. Preparazione della rete per
la levata del pesce con il retino (coppo).
Fig. 36. Levata del pesce con il
retino (coppo).
Fig. 37. Rovesciamento del retino
nella tramoggia di carico del nastro trasportatore.
A seconda della conformazione della vasca e delle particolarità aziendali, talvolta a bordo della vasca è posto un nastro trasportatore per favorire l’elevazione dei pesci pescati fino al punto di raccolta.
Talvolta i pesci catturati sono immessi in vasche più piccole nelle quali sono tenuti in vita per essere nuovamente pescati immediatamente prima della vendita. Per il trasporto dei pesci vivi dalla vasca di allevamento alla vasca di prevendita viene utilizzata un’apposita autocisterna.
Quando invece, nella maggior parte dei casi, non è necessario tenere in vita i
pesci catturati, essi sono immessi in ceste di plastica forate per favorire lo
scolo dell’acqua.
Fig. 38. Rovesciamento del retino nella tramoggia di carico del nastro trasportatore.
Fig. 39. Caduta del pesce dal nastro
trasportatore nella cisterna di trasporto.
Fig. 40. Particolare del nastro
trasportatore e della cisterna di trasporto trainata da trattore.
Fig. 41. Veduta d’insieme della zona di pesca con nastro trasportatore e cisterna trainata da trattore.
Fig. 42. Cisterna trainata da trattore. Il contenitore più piccolo alle spalle del conducente è quello dell’ossigeno liquido che viene fatto gorgogliare nella cisterna per tenere in vita i pesci.
Fig. 43. Vasche dei pesci in attesa
della vendita
.
Fig. 44. Vasche di prevendita. Si noti
la
rete, utilizzata per la pesca nelle
vasche stesse, stesa ad asciugare.
Fig. 45. Spigole (branzini) che
nuotano in una vasca di prevendita
.
Tramoggia e nastro di trasportatore
Si tratta di una tramoggia in acciaio inox collegata
ad un nastro trasportatore ad alimentazione elettrica sul quale vengono posti i
pesci vivi. Il nastro trasportatore ha la funzione di elevare i pesci dal punto
di pesca (sul fondo della vasca) fino alle ceste di raccolta o alla cisterna
mobile.
Cisterna mobile
Si tratta di una piccola cisterna in vetroresina o
in acciaio inox utilizzata per il trasferimento di pesci vivi, montata a bordo
di un apposito veicolo a ruote con motore diesel oppure su un carrello trainato
da un trattore. La cisterna è dotata di un boccaporto superiore (dal quale
viene riempita di acqua e attraverso cui cadono i pesci vivi dal nastro
trasportatore sopra descritto) e di un boccaporto inferiore al quale può essere
abboccato uno scivolo in acciaio inox per lo svuotamento della cisterna (acqua
e pesci vivi) nelle vasche di prevendita. La stessa macchina può essere
utilizzata per trasferire i pesci giovani, dalle vasche di crescita giovanile,
alle vasche di allevamento intensivo o alla laguna di allevamento estensivo.
Allo scopo di mantenere in vita i pesci la cisterna
è dotata di un sistema di ossigenazione dell’acqua mediante insufflazione di
ossigeno contenuto in una bombola separata montata a bordo dello stesso mezzo.
FATTORI DI RISCHIO
Per gli addetti a questa fase lavorativa i principali fattori di rischio potenzialmente presenti sono sotto descritti.
Movimentazione
manuale dei carichi
descrizione
La movimentazione manuale in questa fase lavorativa
è dovuta soprattutto al trascinamento della rete durante la pesca all’interno
delle vasche e alla levata del pesce con il retino.
Il retino pieno di pesce può pesare da 3 a 8
Kg circa.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
interventi prevenzionistici
-
Valutare
la possibilità di meccanizzare l’operazione.
-
Corretta
organizzazione del lavoro.
-
Tirare
la rete in un numero di operatori sufficiente a distribuire lo sforzo
minimizzandolo.
-
Evitare
di fare il retino troppo pieno di pesci.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Lavoro in
prossimità di organi meccanici in movimento
descrizione
I nastri trasportatori, se non adeguatamente
protetti, possono comportare il rischio di presa e trascinamento.
danno atteso
Ferite e contusioni.
interventi prevenzionistici
I nastri trasportatori devono essere protetti
mediante ripari fissi o muniti di dispositivi di interblocco. Inoltre deve essere
presente il dispositivo di arresto di emergenza.
Gli addetti devono essere informati e formati.
riferimenti normativi
- D.P.R. n.547 del 1955 e s.m.i.
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i..
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 (Direttiva macchine).
-
Norme UNI EN
291/2, 291/2, 614/1, 294, 349, 811, 418, 1037, 1088, 574, 982, 983, 1012/1,
1012/2
descrizione
Le parti metalliche del sistema tramoggia – nastro
trasportatore (quest’ultimo ad alimentazione elettrica) e delle pompe idrovore
(anch’esse ad alimentazione elettrica) installate a bordo vasca possono essere
causa di contatti indiretti con parti in tensione dovuti ad eventuali guasti.
Il rischio è aumentato dal fatto che gli addetti possono trovarsi in acqua
durante il contatto con le parti metalliche, e dal fatto che il sistema
tramoggia – nastro trasportatore non è una installazione fissa ma viene
trasferita di volta in volta nella vasca ove è necessaria.
danno atteso
Elettrocuzione.
interventi prevenzionistici
-
Impianto
elettrico idoneo al luogo ove è installato.
-
Adeguata
progettazione e collaudo dell’impianto elettrico, esecuzione di verifiche
periodiche del buon funzionamento del dispositivo differenziale la cui
sensibilità sia coordinata con il valore della resistenza di terra che deve
essere periodicamente misurato.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
-
Legge
n. 791 del 18.10.1977 "Attuazione della direttiva del consiglio delle
Comunità europee (n. 72/23/CEE) relativa alle garanzie di sicurezza che deve
possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni
limiti di tensione".
-
Titolo
VII del D.P.R. n. 547/1955 "Impianti macchine ed apparecchi vari"
-
D.M.Ind.
del 13.03.1987 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme armonizzate
unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi
italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della
legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n. 73/23/CEE
relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico"
-
D.M.
(Industria) 12.02.1996 "Pubblicazione della lista riassuntiva di norme
armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di ulteriori (4° gruppo)
testi italiani di norme C.E.I. armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3
della legge 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della direttiva n.
73/23/CEE relativa alle garanzie di sicurezza del materiale elettrico".
-
D.Lgs.
n. 626 del 25.11.1996 "Attuazione della direttiva 93/68/CEE, in materia di
marcatura CE del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro
taluni limiti di tensione".
-
Legge
n. 46 del 05.03.1990 "Norme per la sicurezza degli impianti ".
-
Norme
CEI.
Lavoro in
acqua di mare e/o a contatto con acqua di mare
descrizione
Gli addetti alla pesca nelle vasche di allevamento
intensivo lavorano in acqua o quantomeno (per le vasche più piccole che non
richiedono l’ingresso in vasca degli addetti) a contatto con l’acqua.
Malattie da raffreddamento, disturbi muscoloscheletrici.
interventi prevenzionistici
-
Gli
addetti devono indossare D.P.I. adeguati per la protezione dall’acqua e dal
freddo.
-
Corretta
organizzazione del lavoro.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.Lgs. n. 626 e s.m.i.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata in quanto fase
centrale del ciclo produttivo delle aziende del comparto.
IMPATTO
ESTERNO
I principali fattori di impatto ambientale per questa fase del ciclo produttivo sono sotto descritti.
Scarichi idrici
Le acque di scarico provenienti dal ricambio continuo delle acque delle vasche di allevamento e dallo svuotamento parziale delle vasche in occasione della pesca possono contenere inquinanti costituiti da residui di mangimi e di deiezioni dei pesci, pertanto devono essere inviate in bacini di decantazione e depurazione prima di essere rilasciate nei corpi idrici.
ALLEVAMENTO SEMI INTENSIVO ED ESTENSIVO DEI PESCI
DESCRIZIONE
DELLA FASE
L’allevamento estensivo consiste nell’immettere in
laguna di acqua marina i giovani pesci nati in avannotteria e cresciuti nelle
vasche di accrescimento giovanile. I pesci sono introdotti inizialmente in
apposite aree della laguna (zone di allevamento semi intensivo) delimitate da
un lato dalla riva e verso il largo da reti. Queste ultime sono disposte in più
zone concentriche in modo da aprire le reti intermedie e allargare lo spazio in
acqua nel quale possono nuotare i pesci man mano che crescono. Durante questo
periodo i pesci si alimentano sia con il mangime distribuito dalle mangiatoie
automatiche poste sulla riva o su passerelle che corrono verso il largo, sia
con ciò che trovano nelle acque di laguna, fino a quando le reti non vengono
aperte del tutto ed i pesci lasciati liberi di nuotare in tutta la laguna e di
alimentarsi in modo autonomo e naturale.
Per la scelta del periodo di rilascio dei pesci in
laguna si tiene anche conto dei periodi di presenza degli uccelli migratori
predatori (soprattutto cormorani).
Data l’estensione della laguna rispetto al numero di
pesci in essa contenuti e grazie al ricambio naturale e forzato delle acque
lagunari con quelle marine (nella laguna di Orbetello l’acqua si ricambia
completamente nell’arco di una settimana), non è necessaria l’ossigenazione
artificiale dell’acqua come invece è necessario per le vasche di allevamento
intensivo.
Fig. 46. Cisterna mobile montata a
bordo di veicolo a ruote per il trasferimento dei pesci vivi nati in
avannotteria e cresciuti sufficientemente per essere immessi nelle vasche di
allevamento intensivo o nella laguna di allevamento estensivo.
La cisterna è in posizione di scarico. Si notino il boccaporto superiore, lo
scivolo di scarico e alla sinistra del posto di guida la bombola dell’ossigeno
da insufflare nell’acqua della cisterna per mantenere in vita i pesci durante
la loro permanenza nella cisterna.
Cisterna mobile
Vedere la descrizione riportata alla fase “pesca da vasche di allevamento intensivo”.
Mangiatoie automatiche
Vedere la descrizione riportata alla fase “alimentazione dei pesci e aerazione delle
vasche di allevamento intensivo”.
FATTORI DI RISCHIO
APPALTI ESTERNI
Questa fase, ove presente, non è appaltata.
IMPATTO
ESTERNO
Impatto paesaggistico
La presenza degli impianti di allevamento semi
intensivo può essere causa di un impatto paesaggistico negativo. È opportuna
una adeguata progettazione degli impianti tenendo conto anche di tale aspetto.
Introduzione di nutrienti artificiali in acque lagunari
Il mangime artificiale introdotto in eccesso nelle
aree della laguna ove è praticato l’allevamento semi intensivo, può accumularsi
sul fondo o propagarsi nelle acque circostanti con conseguente inquinamento. È
opportuno il dosaggio corretto del mangime a seconda della reale necessità.
PESCA DA ALLEVAMENTI ESTENSIVI
DESCRIZIONE
DELLA FASE
La pesca dei pesci da allevamenti estensivi può
avvenire sia mediante l’utilizzo di opere idrauliche fisse (peschiere o
lavorieri), sia in modo tradizionale con reti calate e recuperate nelle acque
lagunari tramite piccole barche.
Fig. 47. Peschiera per cattura dei
pesci di allevamento estensivo in laguna di acqua marina.
Fig. 48. Particolare di una griglia
della peschiera con paratia estraibile.
Fig. 49. Rete per la pesca delle
anguille in una laguna di acqua marina.
Fig. 50. “Barchino” per la pesca in
laguna con reti.
Peschiera o lavoriere
Si tratta di un’opera idraulica in muratura
realizzata a forma di V per invitare l’ingresso dei pesci (i quali normalmente
nuotano controcorrente) e dotata di griglie metalliche provviste di paratie
mobili. Queste ultime sono in genere costituite da lastre di acciaio lunghe e
strette il cui inserimento o estrazione è compiuta a mano. La peschiera può
essere composta da più sezioni intermedie poste in sequenza, ognuna dotata di
una entrata più grande ed una uscita più piccola, in modo da selezionare la
pezzatura dei pesci che rimangono intrappolati all’interno delle varie sezioni.
Infatti, pur essendo liberi di nuotare, non riescono a ritrovare il percorso
inverso per uscire. Ciò consente di catturare i pesci di pezzatura commerciale
e di immettere nuovamente in laguna i pesci più piccoli.
Barchino
Si tratta di una barca di piccole dimensioni a
chiglia quasi piatta e di forma allungata, dotata di remi e di un piccolo
motore fuoribordo, utilizzata per raggiungere le zone di pesca all’interno
della laguna ma al largo dalla riva .
FATTORI DI RISCHIO
Per gli addetti a questa fase lavorativa i principali fattori di rischio potenzialmente presenti sono sotto descritti.
Transito su
superfici scivolose lungo argini di corpi idrici
descrizione
Prima di iniziare la pesca in una sezione della
peschiera, le sue paratie vengono chiuse dagli addetti. Al contrario le paratie
vengono aperte quando si vuole fare entrare i pesci nella sezione interessata.
Ciò richiede il transito degli addetti sull’argine della peschiera che
normalmente è bagnato e scivoloso (anche per l’eventuale presenza di alghe) con
conseguente rischio di cadere.
Il rischio di scivolamenti e cadute dall’alto è
anche possibile durante la gettata e il recupero delle reti nella peschiera e
la levata del pesce con il retino.
danno atteso
Ferite e contusioni. Potrebbe essere possibile anche l’annegamento, infatti nonostante la profondità della vasca non è elevata, in caso di caduta si può battere la testa e perdere i sensi in acqua.
interventi prevenzionistici
-
Valutare
ove è possibile installare parapetti e realizzare camminamenti antiscivolo.
-
Indossare
calzature con suola antiscivolo.
-
Per
le operazioni che richiedono all’operatore di doversi sporgere verso il corpo
idrico, predisporre sistemi fissi per l’aggancio di cinture di sicurezza che
l’addetto deve indossare. Tali operazioni pericolose dovrebbero essere eseguite
sotto la stretta sorveglianza e assistenza di un altro operatore.
-
Installare
segnali di pericolo e di divieto di accesso ai non addetti.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Art. 8 “Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi” D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
-
D.Lgs.
n. 626/1994 e s.m.i.
Movimentazione manuale dei carichi, lavoro faticoso
descrizione
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
interventi prevenzionistici
-
Utilizzare
ausili per il recupero delle reti.
-
Tirare
la rete in un numero di operatori sufficiente a distribuire lo sforzo
minimizzandolo.
-
Corretta
organizzazione del lavoro.
-
Evitare
di fare il retino troppo pieno di pesci.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Tit. V e All. 6 del D.Lgs. n.626 del 10.09.1994.
- Norma UNI ISO 938
Lavoro a bordo
di barche da pesca di piccole dimensioni
descrizione
Gli addetti alla pesca in laguna calano e recuperano
le reti per mezzo di piccole barche sopra descritte. Inoltre le barche possono
essere utilizzate anche per l’ispezione della laguna contro il bracconaggio.
Date le piccole dimensioni e la tipologia della lavorazione è presente il
rischio di caduta in acqua. In genere le acque di laguna non sono molto
profonde (mediamente 1 metro, al massimo 1,5 metri) tuttavia non è da escludere
il rischio di annegamento. Da tenere presente la possibilità di guasti al
motore.
danno atteso
Malattie da raffreddamento per permanenza prolungata
in ambiente umido o per cadute in acqua.
Annegamento in caso di cadute in acqua.
interventi prevenzionistici
-
Mantenere
barche e motori in buono stato di manutenzione.
-
Indossare
indumenti adeguati per la protezione dagli schizzi d’acqua e dal freddo,
giubbotti salvagenti.
-
Evitare
l’uscita in barca di un solo operatore.
-
Evitare
di uscire in barca con condizioni meteorologiche avverse.
-
Avvertire
un operatore a terra prima di uscire in barca, incaricandolo di svolgere la
sorveglianza da terra del personale che lavora in barca, anche grazie
all’utilizzo di binocoli.
-
Disponibilità
di mezzi di comunicazione (ad esempio: telefoni cellulari).
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- D.Lgs. n.626 del 1994 e s.m.i.
APPALTI ESTERNI
Questa fase lavorativa, ove presente, non è
appaltata.
IMPATTO
ESTERNO
Impatto paesaggistico
La presenza delle peschiere può determinare un impatto paesaggistico negativo. E’ opportuna una adeguata progettazione delle peschiere tenendo conto anche di questo aspetto.
CONFEZIONAMENTO E SPEDIZIONE DEI PESCI.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
I pesci pescati, contenuti entro ceste di plastica
forate, sono trasportati (in genere tramite trattori dotati di piano di carico)
in prossimità del reparto di confezionamento che si trova all’interno dello
stabilimento produttivo o sotto tettoie in prossimità delle vasche di
allevamento intensivo.
I pesci vengono lavati con acqua corrente, poi su
ogni pesce viene applicato, tramite un’apposita pistola, un bollino di plastica
uncinato recante informazioni sul prodotto. A questo punto i pesci sono
disposti in scatole di polistirolo nelle quali talvolta sono inserite anche
bustine di plastica contenenti cubetti di ghiaccio, per la migliore
conservazione del pesce; ciò è necessario specie quando si prevede un tempo
abbastanza lungo di trasporto fino ai mercati di vendita.
Dopo il riempimento, gli addetti chiudono le scatole
di polistirolo con un coperchio dello stesso materiale e le sigillano con
nastro adesivo.
Le scatole piene sono disposte entro grandi ceste di
plastica di forma parallelepipeda le quali vengono spostate tramite transpalletts manuali e caricate a bordo
di furgoni frigoriferi tramite carrelli elevatori a trazione elettrica.
In genere le aziende dispongono anche di celle
frigorifere per lo stoccaggio provvisorio delle confezioni (in attesa
dell’arrivo dei camion frigoriferi) e di macchine frigorifere per la produzione
dei cubetti di ghiaccio utilizzati per il confezionamento.
Fig. 51. Trattore dotato di piano di
carico con ceste forate per il
trasporto dei pesci pescati nei pressi della bilancia.
Fig. 52. Banco di lavoro per il
confezionamento dei pesci.
Fig. 53. Cella frigorifera con
produzione di ghiaccio.
Fig. 54. Lavaggio dei pesci pescati.
Sullo sfondo le vasche di prevendita.
Fig. 55. Carrello forato per la
movimentazione dei pesci pescati fino ai banchi di confezionamento.
Fig. 56. Materiali per il
confezionamento dei pesci e per la movimentazione dalle confezioni da spedire.
Fig. 57. Furgone frigorifero per la
spedizione dei pesci confezionati.
Celle frigorifere
Sono camere coibentate rivestite internamente con
pannellature termoisolanti e con pavimenti lavabili dotate di porta apribile
sia dall’interno che dall’esterno e di impianto di refrigerazione dell’aria.
All’interno della cella frigorifera può essere
presente la macchina per la produzione dei cubetti di ghiaccio.
Transpalletts
Si tratta di carrelli a forche con sollevamento
delle forche e traslazione manuale o elettrica a batteria.
FATTORI DI RISCHIO
Movimentazione
manuale dei carichi, movimenti ripetuti, posture incongrue
descrizione
La movimentazione manuale e l’esecuzione di
movimenti ripetuti con la possibilità di assumere posture incongrue avviene
prevalentemente durante le operazioni di lavaggio e confezionamento dei pesci,
così come durante la preparazione della spedizione.
danno atteso
Disturbi muscoloscheletrici.
interventi prevenzionistici
-
Valutare
la possibilità di meccanizzare l’operazione, ovvero utilizzare ausili per la
movimentazione (carrellini, pedane sollevabili, ecc…).
-
Organizzare
correttamente il lavoro.
-
Verificare
il buono stato dei contenitori e la tenuta dei manici.
-
Movimentare
i contenitori in due addetti.
-
Gli
addetti devono indossare D.P.I. (scarpe di sicurezza con punta dotata di rinforzo
metallico) ed essere stati informati e formati.
riferimenti normativi
-
D.Lgs. 626 del 1994.
-
Norma ISO/CD 11226 del 21.12.2000 "Ergonomia -
Valutazione delle posture di lavoro".
Esposizione a
microclima sfavorevole
Durante la permanenza nelle celle frigorifere gli
addetti sono esposti a microclima freddo-umido. È anche da considerare il
rischio che l’addetto rimanga accidentalmente chiuso all'interno.
danno atteso
L’esposizione prolungata a microclima freddo – umido può essere causa di: disordini cardiovascolari, metabolici; disturbi muscolo – scheletrici; atrocianosi; stress psicologico; orticaria da freddo; criopatie. Alcuni di questi effetti si aggravano se l’esposizione a freddo è abbinata a fatica fisica e/o alla movimentazione manuale dei carichi.
Tuttavia nelle aziende del comparto la permanenza all’interno delle celle frigorifere avviene in genere per un tempo molto limitato.
prevenzione
Nel caso di permanenze prolungate nelle celle
frigorifero sono consigliabili pause nell’esposizione.
In genere, nelle situazioni di maggior esposizione a
stress termico, è utile prevedere anche l’uso di abbigliamento idoneo specifico
in relazione al rischio da esposizione a bassa temperatura (indumenti di
protezione contro il freddo), oltre a prevedere, nell’organizzazione del
lavoro, idonei periodi di acclimatamento.
Per le celle frigorifere è necessario prevedere un sistema di apertura sicuro delle paratie anche dall’interno, tramite maniglie di sicurezza, in modo che qualora un addetto vi acceda, non possa accadere che vi rimanga accidentalmente chiuso all’interno.
riferimenti normativi
- Art. 9 “Ricambio dell’aria”, Art. 11 “Temperatura” e Art. 13 “Umidità” D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Art. 378 "Abbigliamento" e Art. 379 "Indumenti di protezione" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
APPALTI ESTERNI
In genere questa fase non è appaltata.
IMPATTO
ESTERNO
I rifiuti sono costituiti per lo più da piccole quantità di materiali di imballaggio inservibili perché danneggiati.
TRASFORMAZIONE DI TENSIONE ELETTRICA, PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA
SUPPLEMENTARE, MANUTENZIONE ELETTRICA.
DESCRIZIONE
DELLA FASE
Il fabbisogno di energia elettrica delle aziende di
allevamento intensivo può essere notevole, tanto che di solito dispongono di
proprie cabine per la trasformazione della tensione elettrica che arriva in
azienda a 15 KV. Per ottimizzare il trasferimento di potenza elettrica dal
secondario del trasformatore all’impianto elettrico aziendale, a valle del
trasformatore è presente un dispositivo di rifasamento.
Si è già citato nelle precedenti fasi lavorative il
fatto che è indispensabile garantire la continuità della fornitura di energia
elettrica agli aeratori delle vasche di allevamento intensivo, così come alle
pompe per il ricircolo dell’acqua tra le vasche ed alle mangiatoie automatiche
per l’alimentazione dei pesci.
Per ovviare a questa necessità le aziende del comparto utilizzano impianti elettrici
collegati, oltre che alla rete pubblica per la fornitura di energia elettrica,
anche a gruppi elettrogeni che sono messi in funzione in caso di interruzione
della fornitura di rete. Il passaggio dalla alimentazione di rete a quella di
uno o di un altro gruppo elettrogeno è attuata mediante appositi sezionatori.
Alcune aziende dispongono di un gruppo elettrogeno
principale, di un gruppo elettrogeno secondario (utilizzato in caso di guasto
del gruppo elettrogeno principale) ed uno o più gruppi elettrogeni montati a
bordo di carrelli su ruote per essere trainati da trattori in prossimità delle
vasche. Infatti potrebbe accadere che un guasto ad una parte dell’impianto
elettrico aziendale (dovuto ad esempio alla rottura di un cavo) provochi la
mancata erogazione di energia elettrica ad una vasca. In tal caso, per evitare
una interruzione prolungata del funzionamento delle macchine indispensabili a
tenere in vita i pesci, mentre si cerca di individuare e riparare il guasto, il
gruppo elettrogeno mobile viene portato sul posto e collegato direttamente
all’impianto elettrico della vasca interessata.
Fig. 58. Cabina elettrica vista
dall’esterno.
Fig. 59. Trasformatore della tensione
elettrica da 15 KV a 380 V, protetto da gabbia metallica.
Fig. 60. Rifasatore.
Fig. 61. Gruppo elettrogeno
principale.
Fig. 62. Gruppo elettrogeno
secondario.
Fig. 63. Carrello per il trasporto di
un gruppo elettrogeno
in prossimità delle vasche.
Fig. 64. Quadro elettrico a tenuta stagna installato al bordo di una vasca per allevamento intensivo.
Fig. 65. Interno di quadro elettrico a
tenuta stagna installato al bordo di una vasca per allevamento intensivo.
Fig. 66. Quadro elettrico a tenuta
stagna installato all’interno di un locale dove si trovano vasche di
allevamento.
Fig. 67. Particolare delle parti
elettriche delle mangiatoie automatiche
.
Trasformatore di tensione
Si tratta di una machina elettrica trifase
costituita da un circuito elettrico primario al quale viene collegata la
tensione a 15.000 V ed un circuito elettrico secondario dal quale viene
prelevata la tensione a 380 V che alimenta l’impianto elettrico aziendale. I
due circuiti sono accoppiati elettromagneticamente per realizzare la
trasformazione di tensione.
Il raffreddamento della macchina è ottenuto tramite
la circolazione di un apposito olio minerale.
Rifasatore
Si tratta di un dispositivo trifase costituito da
condensatori elettrici che hanno lo scopo di compensare la parte induttiva
dell’impedenza dell’impianto elettrico collegato a valle del dispositivo
stesso, in modo da ridurre le perdite di potenza per la presenza di carichi
reattivi.
Gruppo elettrogeno
Si tratta di un generatore di tensione elettrica
basato sul principio della forza elettromotrice prodotta dall’induzione elettromagnetica
che si determina tra un circuito elettrico fisso e un circuito elettrico mobile
che è posto in rotazione da un motore diesel.
FATTORI DI RISCHIO
Per gli addetti a questa fase lavorativa i principali fattori di rischio potenzialmente presenti sono sotto descritti.
Lavoro in
prossimità di parti elettriche sotto tensione
descrizione
Il circuito primario del trasformatore è collegato
alla tensione di 15.000 V. Tutto l’impianto necessita di periodica verifica e
manutenzione.
danno atteso
Elettrocuzione.
interventi prevenzionistici
-
Le
apparecchiature elettriche devono essere rese accessibili esclusivamente a
personale specializzato, pertanto è opportuno che i quadri elettrici e le
cabine di trasformazione siano chiusi a chiave.
-
Gli
impianti e le apparecchiature elettriche devono essere idonei alla
classificazione di pericolosità dei luoghi ove sono installati e protetti dai
rischi derivanti da contatti diretti o indiretti con parti in tensione.
-
Informazione
e formazione dei lavoratori.
Si ricorda che l’impianto elettrico deve essere
eseguito da una ditta installatrice autorizzata che segua le specifiche di un
progetto (comprensivo di elaborati grafici e relazione tecnica) firmato da un
professionista abilitato. La ditta installatrice deve rilasciare la
dichiarazione di conformità e un professionista abilitato, diverso dal
progettista, deve rilasciare la certificazione di collaudo. E’ anche necessario
inviare ad ISPESL la denuncia di messa a terra (modello “B”) e richiedere le
verifiche periodiche alla ASL competente per territorio. Copia di tutta la
suddetta documentazione deve essere conservata in azienda a disposizione degli
organi di vigilanza.
riferimenti normativi
-
Legge n. 791 del 18.10.1977 "Attuazione della
Direttiva del consiglio delle Comunità europee (n. 72/23/CEE) relativa alle
garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale elettrico destinato ad
essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione".
-
Titolo VII del D.P.R. n. 547/1955 "Impianti
macchine ed apparecchi vari"
-
D.M.Ind. del 13.03.1987 "Pubblicazione della lista
riassuntiva di norme armonizzate unitamente al recepimento e pubblicazione di
ulteriori (4° gruppo) testi italiani di norme C.E.I. armonizzate
corrispondenti, di cui all'Art. 3 della legge 18 ottobre 1977, n. 791,
sull'attuazione della Direttiva n. 73/23/CEE relativa alle garanzie di
sicurezza del materiale elettrico"
-
D.M. (Industria) 12.02.1996 "Pubblicazione della
lista riassuntiva di norme armonizzate unitamente al recepimento e
pubblicazione di ulteriori (4° gruppo) testi italiani di norme C.E.I.
armonizzate corrispondenti, di cui all'Art. 3 della legge 18 ottobre 1977, n.
791, sull'attuazione della Direttiva n. 73/23/CEE relativa alle garanzie di
sicurezza del materiale elettrico".
-
D.Lgs. n. 626 del 25.11.1996 "Attuazione della
Direttiva 93/68/CEE, in materia di marcatura CE del materiale elettrico
destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione".
-
D.Lgs. n. 277 del 31.07.1997 "Modificazioni al
D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 626 (2), recante attuazione della Direttiva
93/68/CEE in materia di marcatura CE del materiale elettrico destinato ad
essere utilizzato entro taluni limiti di tensione".
-
D.M.Ind. del 13.06.1989 "Liste
degli organismi e dei modelli di marchi di conformità, pubblicazione della lista
riassuntiva di norme armonizzate, unitamente al recepimento ed alla
pubblicazione di ulteriori (5° gruppo) testi italiani di norme C.E.I., in
applicazione della L. 18 ottobre 1977, n. 791, sull'attuazione della Direttiva
n. 73/23/CEE, relativa alla garanzia di sicurezza del materiale
elettrico".
-
D.M.Ind. del 01.03.1989 "Recepimento della
Direttiva CEE/88/571, sull'aggiornamento al progresso tecnico dei metodi di
protezione del materiale elettrico antideflagrante"
-
Art. 5, 6, 7 sez. II; Art. 9 sez. III, della Direttiva
CEE/CEEA/CE n. 656 del 30.11.1989: " Direttiva del Consiglio del 30
novembre 1989 relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e
salute per l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione
individuale durante il lavoro (D.P.I.) (terza Direttiva particolare ai sensi
dell'articolo 16, paragrafo 1 della Direttiva 89/391/CEE)".
-
Legge n. 46 del 05.03.1990 "Norme per la sicurezza
degli impianti "
-
D.M. n. 322 del 24.6.1991 “Regolamento dei servizi
dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro”.
-
D.P.R. n. 447 del 06.12.1991 “Regolamento di attuazione
della L. n.46 del 05.03.1990 in materia di sicurezza degli impianti”.
-
D.P.R.
n. 462 del 22.10.2001 “Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia
di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche,
di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici
pericolosi”
-
Norme
CEI.
Esposizione a
rumore e vibrazioni
descrizione
I gruppi elettrogeni, quando sono in funzione,
generano un notevole livello di rumore e vibrazioni.
danno atteso
L’esposizione continuativa a livelli di rumore medio-alti, può essere causa di danni uditivi (ipoacusia da rumore) e/o di disturbi extrauditivi che si possono manifestare anche per esposizione ai livelli inferiori a quelli per i quali la normativa prescrive particolari misure preventive. Inoltre sono possibili disturbi della comunicazione e della prestazione lavorativa.
L’esposizione continuativa a vibrazioni all’intero
corpo può causare dolori e disturbi al rachide dorso-lombare, oltre che
impedimento a manovrare con precisione.
interventi prevenzionistici
-
Installare
i gruppi elettrogeni su supporti antivibranti.
-
Mantenere
le macchine in buono stato di manutenzione, programmando la manutenzione
preventiva.
-
Mettere
a disposizione degli addetti D.P.I. per la protezione dell’udito (cuffie,
tappi, ecc…).
-
E’
necessaria la valutazione del rumore ai sensi del D.Lgs. 277/1991, utilizzare
macchine di tipo meno rumoroso. Nei casi di livelli di esposizione personale
superiori a 80 dB(A) si applicano le misure di prevenzione stabilite dal D.Lgs.
277/91, riassunte nella tabella “Valori limite di esposizione al rumore”,
riportata nel presente documento al Capitolo “Riferimenti normativi di
carattere generale”.
riferimenti normativi
- Art. 24 "Rumori e scuotimenti" D.P.R. n.303 del 19.03.1956.
- Capo IV “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. n.277 del 15.08.1991.
- D.P.R. n.459 del 24.07.1996 “Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relativa alle macchine” (Direttiva macchine).
-
D.M.L. del 18.04.1973 "Elenco delle malattie per le
quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali"
-
Art. 46, capo I, Tit. III "Scuotimenti e vibrazioni
delle macchine" D.P.R. n. 547 del 27.04.1955.
-
Art. 24, capo II, Tit. II "Rumori e
scuotimenti" D.P.R. n. 303 del 19.3.1956
-
9.9.3 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 663 del 22.12.1986:
"Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986 per il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative ai carrelli semoventi per
movimentazione".
-
1.5.9 Direttiva CEE/CEEA/CE n. 392 del 14.06.1989:
"Direttiva del Consiglio del 14 giugno 1989 concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine".
-
1.5.9 "Campo di applicazione e definizioni" e
3.2.2 "Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente"
D.P.R. n. 459 del 24.07.1996
-
Comunicazione CE 22 marzo 1997 (CEN-EN 1032):
"Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della
Direttiva 89/392/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle macchine,
modificata dalle direttive del Consiglio 91/368/CEE, 93/44/CEE e
93/68/CEE".
-
Norma UNI-EN n. 30326-1 del 01.04.1997 (vedere 6.1.39):
"Vibrazioni meccaniche - Metodo di laboratorio per la valutazione delle
vibrazioni sui sedili dei veicoli - Requisiti di base".
-
D.M. 30.05.1997 (UNI-EN 1033, 1997) "Elenco delle
norme armonizzate adottate ai sensi del comma 2 dell'Art. 3 del D.P.R. 24
luglio 1996, n. 459 (2): «Regolamento per l'attuazione delle direttive del
Consiglio 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il
riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle
medesime»".
-
Comunicazione CE del 04.06.1997 (CEN-EN 1299, 1997):
"Comunicazione della Commissione nel quadro dell'applicazione della
Direttiva 89/392/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 relativa alle macchine,
modificata dalle direttive 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE".
Manipolazione
di oli minerali
descrizione
I trasformatori elettrici necessitano della
periodica aggiunta e/o sostituzione dell’olio utilizzato per il raffreddamento.
I motori diesel dei gruppi elettrogeni necessitano
della periodica aggiunta e o sostituzione dell’olio minerale per la
lubrificazione delle parti meccaniche.
In entrambi i casi gli addetti possono venire a
contatto con gli oli minerali.
danno atteso
Gli oli minerali sono una classe di composti che possono presentare rischi per i lavoratori di danni di tipo acuto (allergie, dermatiti) e di tipo cronico (tumori).
La I.A.R.C. suddivide gli oli in due grandi categorie:
- non severamente raffinati: classificati certamente cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1);
- severamente raffinati: classificati tra le sostanze per le quali non è possibile esprimere un giudizio di cancerogenicità (Gruppo 3).
L’Unione Europea, invece, nel classificare i prodotti derivanti dal petrolio e dal carbone (tra cui ovviamente gli oli minerali) ha seguito un diverso criterio da quello della raffinazione tal quale: le miscele di sostanze derivate dal petrolio e dal carbone vengono considerate sostanze a cui è stato attribuito un univoco numero di identificazione CAS ed un univoco numero di indice CE, classificando circa 600 sostanze come cancerogene (R45) a meno che il produttore non possa dimostrare che contengono (D.P.R. n. 52/97):
- meno dello 0,1% peso/peso di 1,3-butadiene;
- meno dello 0,1% peso/peso di benzene;
- meno del 3% di estratto Dmso (Dimetilsolfossido) secondo la misurazione IP 346;
- meno del lo 0,005% peso/peso di benzo (a) pirene.
oppure se il produttore, conoscendo l’intero iter di raffinazione, può dimostrare che la sostanza da cui il prodotto è derivato non è cancerogena.
interventi prevenzionistici
-
Ridurre
le possibilità di imbrattamenti, sversamenti, sgocciolamenti.
-
Indossare
D.P.I. (guanti, grembiuli, ecc…).
-
Evitare
di tenere in tasca stracci sporchi d’olio.
-
Consultare
la scheda di sicurezza che il fornitore del prodotto è obbligato a fornite e
valutare la possibilità di sostituzione i prodotti più pericolosi con altri
meno pericolosi quali gli oli severamente raffinati.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Tit. VIII "Materie e prodotti pericolosi o nocivi" D.P.R. n.547 del 27.04.1955.
- Art. 3 “Misure generali di tutela” del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Art. 4 "Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto" D.Lgs. n.626 del 19.09.1994.
- Tit. IV del D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 “Uso dei Dispositivi di Protezione Individuale”.
- Tit. VII del D.Lgs. n.626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”, così come modificato dal D.Lgs. n. 66 del 25.02.2000.
descrizione
Gli addetti alla conduzione
dei gruppi elettrogeni possono essere esposti ai fumi di combustione del
gasolio, costituiti prevalentemente da particolato da idrocarburi incombusti,
ossidi di azoto (NO, NO2), anidride solforosa (SO2),
ossido di carbonio (CO), formaldeide (HCHO), idrocarburi aromatici e alifatici,
sostanze organiche volatili (S.O.V.).
L’esposizione è limitata dal fatto che l’operazione
è saltuaria e non richiede la presenza continua dell’addetto in prossimità del
gruppo elettrogeno.
danno atteso
Irritazione delle vie respiratorie e degli occhi.
interventi prevenzionistici
-
Installare
dispositivi antinquinamento per i motori diesel dei gruppi elettrogeni.
-
Intercettare
i fumi di combustione dei gruppi elettrogeni installati entro locali chiusi ed
incanalarli tramite tubazioni e camini all’esterno dell’ambiente di lavoro.
-
Quando
sono utilizzati gruppi elettrogeni portatili in prossimità delle vasche,
posizionarli in modo corretto rispetto alle zone operative degli addetti e alla
direzione del vento allo scopo di evitare che i fumi investano gli addetti.
-
Informazione
e formazione degli addetti.
riferimenti normativi
- Tit. II, Art. 9 “Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi” e Capo II “Difesa dagli agenti nocivi” del D.P.R. n.303 del 19.03.1956 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
- D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 e s.m.i.
APPALTI ESTERNI
La manutenzione straordinaria dell’impianto
elettrico è in genere affidata ad aziende esterne specializzate, ma i
dipendenti aziendali eseguono la manutenzione ordinaria e gli interventi
urgenti.
IMPATTO
ESTERNO
Emissioni in atmosfera
Si tratta delle emissioni derivanti dalla combustione dei motori diesel dei gruppi elettrogeni. Data la discontinuità del loro funzionamento essi determinano un impatto ambientale limitato, tuttavia è opportuno che i motori siano dotati di dispositivi antinquinamento.
Diffusione di rumore
Il rumore prodotto dai gruppi elettrogeni, quando sono in funzione, può recare disturbo alla popolazione eventualmente residente nei pressi dello stabilimento produttivo, specie se tale eventualità si verifica durante le ore notturne. Data la saltuarietà dell’evento è da ritenersi limitato, tuttavia è opportuno che i gruppi elettrogeni siano installati entro un locale insonorizzato posto in un’area dello stabilimento produttivo il più lontana possibile dagli insediamenti civili.
Sversamenti di olio combustibile
In caso di rottura dei serbatoi del gasolio
utilizzato per l’alimentazione dei motori diesel di gruppi elettrogeni (ma
anche di trattori) si possono verificare sversamenti con rischio di
inquinamento del suolo dei corpi idrici limitrofi.
Per ridurre il rischio di dispersione dei liquidi
inquinanti è opportuno utilizzare serbatoi a doppio camera o realizzare intorno
ad essi appositi bacini di contenimento.
Fig. 68. Serbatoi di gasolio montati su supporti sopraelevati con bacino di contenimento in muratura contro eventuali sversamenti accidentali.
RIFERIMENTI NORMATIVI
DI CARATTERE GENERALE
La Costituzione della Repubblica Italiana,
legge fondamentale dello Stato, inquadra il problema dell’igiene e sicurezza
del lavoro con tre articoli:
-
Art. 32 "La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti".
-
Art. 35 "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le
sue forme ed applicazioni"
-
Art. 38 secondo e terzo comma: "I lavoratori hanno
diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di
vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione
involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e
all'avviamento professionale".
Nel Codice Civile vi sono due articoli
particolarmente rilevanti:
-
Art. 2087 (Tutela delle condizioni di lavoro)
"L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio della impresa le
misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica,
sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei
prestatori del lavoro".
-
Art. 2050 (Responsabilità per l'esercizio di attività
pericolosa) "Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di una
attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è
tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee
ad evitare il danno".
Il Codice Penale, a sua volta, contiene
una serie di articoli importanti, dei quali, per brevità, citiamo soltanto i
titoli:
-
Art. 437 Rimozione od omissione dolosa di cautela contro
infortuni sul lavoro.
-
Art. 451 Omissione colposa di cautele o difese contro
disastri o infortuni sul lavoro.
-
Artt. 582-583 Lesione personale e circostanze
aggravanti.
-
Art. 590 Lesioni personali colpose.
Testo unico delle leggi sanitarie (1934).
Negli
ultimi quaranta anni sono state approvate numerose ed importanti leggi, ognuna
di esse ha rappresentato un passo avanti sulla strada dello sviluppo civile del
paese.
- D.P.R. n. 547 del 27.04.1955 (G.U. n. 158 del 02.07.1955) – Norme generali per la prevenzione degli infortuni. Norme per prevenzione degli infortuni sul lavoro.
-
D.P.R.
n. 302 del 19.03.1956 – Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro
integrative di quelle generali emanate con D.P.R. n. 547/1955.
-
D.P.R.
n. 303 del 19.03.1956 – Norme generali per l’igiene del lavoro.
-
D.M.L.
del 28.07.1958 – Presidi chirurgici e farmaceutici aziendali.
-
D.M.L.
del 12.09.1958 – Istituzione del registro degli infortuni.
-
D.P.R.
n. 1124 del 30.06.1965 – Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
-
Legge
n. 977 del 17.10.1967 – Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti.
-
Legge
n. 300 del 20.05.1970 – Norme sulla tutela della libertà e dignità dei
lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di
lavoro e norme sul collocamento.
-
Legge
n. 1204 del 30.12.1971 – Tutela delle lavoratrici madri.
-
D.M.L.
del 18 aprile 1973 - Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la
denuncia contro gli infortuni sul lavoro e la malattie professionali.
-
D.P.R.
n. 1026 del 25.11.1976 – Regolamento di esecuzione della Legge n. 1204 del
30.12.1971 sulla tutela delle lavoratrici madri.
-
Legge
n. 833 del 23.12.1978 – Istituzione del servizio sanitario nazionale.
-
Legge
n. 46 del 05.03.1990 – Norme per la sicurezza degli impianti
-
D.Lgs.
n. 277 del 15.08.1991 – Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n.
82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di
protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti
chimici, fisici e biologici durante il lavoro a norma dell’Art. 7 della Legge
n. 212 del 30.07.1990.
-
D.Lgs.
n. 77 del 25.01.1992 – Attuazione della direttiva 88/364/CEE in materia di
protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad agenti chimici,
fisici e biologici.
- D.Lgs. n.626 del 19.09.1994 (con successive modifiche e integrazioni) “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 99/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
-
D.Lgs.
n. 242 del 19.03.1996 – Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994,
recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
-
Circolare
Ministero del Lavoro n. 89 del 27.06.1996 – Direzione generale dei rapporti di
lavoro Divisione VII - D.Lgs. n. 242/1996, , contenente modificazioni ed
integrazioni al D.Lgs. n. 626/1994, in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro. Direttive per l’applicazione.
-
D.P.R.
n. 459 del 24.07.1996 – Regolamento per l’attuazione delle direttive
89/392/CEE, 81/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento
degli stati membri relative alle macchine.
-
D.Lgs.
n. 493 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/58/CEE concernente le
prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sui luoghi di
lavoro.
-
D.Lgs.
n. 494 del 14.08.1996 – Attuazione della Direttiva 92/57/CEE concernente le
prescrizioni minime di sicurezza e/o di salute da attuare nei cantieri
temporanei o mobili.
-
D.Lgs.
n. 645 del 25.11.1996 – Recepimento della Direttiva 92/85/CEE concernente il
miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici
gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.
-
Circolare
n. 172 del 20.12.1996 – Ulteriori indicazioni in ordine di applicazione del
D.Lgs. n. 626/1994, come modificato dal D.Lgs. n. 242/1996.
-
D.M.L.
del 16.01.1997 – Individuazione dei contenuti minimi della formazione dei
lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro che
possono svolgere direttamente i compiti propri del Responsabile del Servizio di
Prevenzione e Protezione.
Tabella riassuntiva VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE AL RUMOREe relative misure di prevenzione ai sensi del D.Lgs. n. 277/1991. |
|
Valori limite |
Principali misure da
attuare al superamento
dei valori limite |
Lep,d
80 dB(A) |
- Informare i lavoratori su: - rischi per l'udito derivanti dall'esposizione al rumore; - le misure adottate in applicazione delle norme vigenti; - le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi; - la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso; - il significato ed il ruolo del controllo sanitario per mezzo del medico competente; - i risultati ed il significato della valutazione del rumore. - Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori interessati che ne facciano richiesta ed il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi. - Privilegiare all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore. |
Lep,d
85 dB(A) |
- Formare i lavoratori su: - uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito; - uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzate in modo continuativo, producono un Lep,d pari o superiore a 85 dB(A); -
Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti
(indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive
è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori a due
anni. -
Corredare da un'adeguata informazione relativa al
rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai rischi che
questa comporta, i nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad
essere utilizzati durante il lavoro che possono provocare ad un lavoratore
che li utilizzi in modo appropriato e continuativo un'esposizione quotidiana
personale al rumore pari o superiore al limite. |
Lep,d
90 dB(A) oppure Pressione acustica istantanea non ponderata 140
dB (200 Pa) |
- Esporre una segnaletica appropriata, perimetrare e limitare l’accesso ai luoghi di lavoro. - Fornire ai lavoratori i D.P.I per la protezione dell'udito. - Consultare i lavoratori per la scelta dei modelli dei D.P.I. - I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dB(A) sono tenuti ad utilizzare i D.P.I. - Sottoporre a controllo sanitario i lavoratori esposti (indipendentemente dall'uso di D.P.I.). La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente comunque ad intervalli non superiori ad un anno. - Adottare misure preventive e protettive per singoli lavoratori, in conformità al parere del medico competente, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative. - Tenuta del registro degli esposti. - Comunicare all'organo di vigilanza, informando i lavoratori, le misure tecniche ed organizzative applicate, qualora l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulti superiore ai limiti nonostante l'adozione delle misure preventive. |