ISTITUTO SUPERIORE
PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA DEL LAVORO
I.S.P.E.S.L. PROGETTO SI.PRE. REGIONI
BANCA NAZIONALE DEI PROFILI DI RISCHIO DI COMPARTO
COMPARTO
1. COMPARTO |
PRONTO SOCCORSO OSPEDALIERO
|
2. CODICI ISTAT |
85.11.1 |
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3. CODICE ISPESL |
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(riservato all’ufficio)
ZONA DI RILEVAZIONE
4. NAZIONALE: |
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5. REGIONALE |
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6. PROVINCIALE |
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7. USL |
ASL CITTA’ DI MILANO |
8.ANNO DI RILEVAZIONE |
2 |
0 |
0 |
3 |
750 |
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9. NUMERO ADDETTI: |
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complessivamente |
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132 |
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9A. MEDICI: |
224 |
uomini
donne |
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221 |
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9B. INFERMIERI: |
173 |
uomini donne |
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7
10. NUMERO AZIENDE:
11. STRUTTURA DI RILEVAZIONE |
ASL CITTA’ DI MILANO Servizio Prevenzione e
Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (PSAL) |
12. REFERENTE: Dottor Giovanni Pianosi
Dirigente Unità Operativa
Territoriale
Servizio PSAL
ASL Città di Milano
INDIRIZZO: |
Via Oglio 18 |
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CAP: |
20139 |
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CITTA’: |
MILANO |
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PROVINCIA: |
MILANO |
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TELEFONO: |
02.85786800 |
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FAX: |
02.85786809 |
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E-MAIL: |
uopsald4@tiscali.it |
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13. INFORTUNI (nel 2002):
TOTALE: |
139 |
DI CUI MORTALI |
0 |
14. MALATTIE PROFESSIONALI
(nel 2002):
DENOMINAZIONE |
N° CASI |
COD. INAIL |
Allergia al latice |
7 |
42 |
Epatite C |
1 |
99 |
NOTE:
- La prima osservazione da fare, a commento dei dati riportati ai punti 13 e 14, riguarda l’elevatissima frequenza di infortuni segnalata tra gli addetti al Pronto soccorso ospedaliero (di qui in avanti: PSO) dei sette ospedali indagati: 139 infortuni su 750 addetti, il che vuol dire che nel corso del 2002 c’è stato quasi un infortunio ogni 5 lavoratori. Verosimilmente, molti di questi infortuni sono di scarso rilievo per quel che riguarda la lesione immediata, e sono stati segnalati in quanto possibile fonte di esposizione ad agenti biologici (punture accidentali con ago usato o altre piccole lesioni con esposizione a sangue dei pazienti). Una conferma a questa ipotesi deriva dall’osservare ampie variazioni nella frequenza di infortuni segnalata dai diversi ospedali, il che ben si accorda con il noto fenomeno dell’underreporting. Ad ulteriore conferma, tra i 139 casi di infortunio segnalati, 65 hanno dato luogo ad esposizione a sangue dei pazienti e ciò ha comportato la conseguenza, tutt’altro che trascurabile, di un caso di epatite C.
- In aggiunta alla patologia sopra segnalata, che riguarda i soli eventi denunciati all’INAIL, si è osservato tra gli operatori del comparto un diffuso malessere che viene ricondotto allo “stress” del lavoro in PSO. Non si hanno notizie di danni rilevati clinicamente, mentre sul piano sintomatologico vi è un lungo elenco di disturbi e disagi riguardanti vari organi ed apparati, ma significativamente più frequenti per quel che riguarda il tono dell’umore ed alcune funzioni del SNC (alterazioni del sonno, disturbi dell’attenzione, etc.). Al di là di questi aspetti, che per quanto non ben definiti rientrano comunque nell’ambito dei problemi sanitari, si possono cogliere tra gli operatori dei PSO problemi borderline, a cavallo cioè tra ciò che viene propriamente e tradizionalmente definito come problema sanitario ed aspetti che rimandano piuttosto a temi di carattere esistenziale: insoddisfazione, senso di frustrazione
DESCRIZIONE
Il PSO rappresenta probabilmente, all’interno dell’organizzazione ospedaliera, uno dei punti di maggiore criticità per un insieme di ragioni, relative a piani diversi, che qui ci si limita ad accennare:
-
sul piano tecnico-scientifico e della professionalità richiesta
agli operatori, per l’estrema varietà dei quadri clinici da trattare, e per la
gravità di molti di essi;
-
sul piano della relazione col paziente (considerata, in senso
lato, come relazione tra tutti gli operatori sanitari del PSO, da un lato e,
dall’altro, col malato, i suoi familiari ed i suoi accompagnatori), in quanto
l’andare in PSO è spesso un’esperienza vissuta con un grande coinvolgimento
emotivo e, talora, con profonda angoscia;
-
sul piano medico-legale, per le implicazioni che possono avere
gli accertamenti svolti nel PSO a fini assicurativi, di giustizia civile e
penale;
-
sul piano organizzativo, perché il funzionamento del PSO
richiede il contributo delle risorse umane e strumentali di tutti i reparti e
di tutti i servizi clinico-diagnostici dell’Ospedale e, a sua volta, ne
condiziona il funzionamento dal momento che il PSO rappresenta la principale
“porta d’entrata” in Ospedale e nei diversi reparti;
-
sul piano finanziario perché, come principale “porta d’entrata”
in Ospedale, il PSO condiziona i rapporti tra Ospedale e territorio, influisce
sull’appropriatezza dei ricoveri e sulla corretta ripartizione delle patologie
da trattare tra i diversi servizi e presidi sanitari presenti in una certa area
geografica. In proposito, è sufficiente ricordare tematiche largamente
dibattute, quale l’uso improprio del PSO, o il ricorso al ticket per aumentarne
l’uso appropriato.
Per le ragioni sopra ricordate e per altre, di minor
rilievo, qui trascurate, il lavoro in PSO è svolto non di rado “sotto
pressione” ed è spesso caratterizzato da un’estrema gravosità. Si elencano
alcune delle ragioni che giustificano questa affermazione:
-
carichi e ritmi di lavoro sono spesso elevati e si presentano, senza
soluzione di continuità, casi banali e casi d’estrema complessità;
-
quando le emergenze si accavallano riesce assai difficile fronteggiarle
dividendosi tra i diversi pazienti gravi;
-
c’è spesso una sproporzione tra ciò che si può effettivamente fare e
quel che amici e parenti del malato si aspettano (e che, qualche volta,
pretendono);
-
non sono rare le situazioni in cui la tensione si taglia col coltello;
-
soggetti “critici”, quali tossicodipendenti, homeless e alcolisti, tendono a trasformare il PSO in un luogo in
cui soggiornare, o dedicarsi a piccoli traffici impropri quando non del tutto
illeciti;
-
il ricorso all’accusa di “malasanità”, sempre più frequentemente
sollevata, a torto o a ragione, nei confronti degli operatori sanitari,
specialmente dei medici, è particolarmente frequente nei confronti di chi opera
nei PSO;
e così via.
Naturalmente la situazione effettiva ed il clima in
cui si lavora possono variare grandemente da un PSO all’altro. Anzitutto va
ricordato che le osservazioni svolte ai punti precedenti assumono pregnanza ben
diversa a seconda di un insieme di circostanze; in generale, esse rivestono maggior
peso:
-
nei PSO dei grandi ospedali generali rispetto a quelli degli ospedali
specializzati (traumatologici, ostetrico-ginecologici, neurologici, etc.); in
questi ultimi, infatti, vi è per evidenti ragioni una maggiore omogeneità della
domanda che ha, tra gli altri effetti, quello di ridurre la domanda impropria;
-
negli ospedali delle grandi città o comunque posti in aree fortemente
urbanizzate, specialmente se in prossimità di autostrade o strade di grande
traffico, o zone “calde” per la presenza di fenomeni di criminalità,
prostituzione, vagabondaggio;
-
nei territori caratterizzati da profondi squilibri per quel che
riguarda la presenza dei presidi e dei servizi sanitari ed in cui vale per
l’Ospedale la metafora della “cattedrale nel deserto”.
Inoltre, influiscono in maniera importante nel
determinare le effettive condizioni di lavoro anche le risorse che l’Ospedale
immette nel PSO, ed in particolare:
-
la capacità professionale, l’esperienza ed il numero degli operatori
sanitari; la durata e la frequenza dei turni;
-
l’adeguatezza degli spazi e delle attrezzature;
-
l’organizzazione del lavoro e, in particolare, l’accoglienza, la prima
valutazione dei pazienti ed il loro avvio al percorso diagnostico e
terapeutico, il tipo e il grado di collaborazione esistente tra PSO ed altri
servizi e presidi ospedalieri.
Il quadro sia pur
succintamente delineato, rende ragione di quanto sia azzeccato il titolo del
notissimo serial televisivo “Medici
in prima linea” (azzeccato ma parziale perché, anche qui come in tanti altri casi,
ci si dimentica degli infermieri e di tutti quegli altri operatori
protagonisti, al pari dei medici, della moderna assistenza sanitaria).
Queste osservazioni hanno
grande rilievo per il tema di nostro interesse (il profilo di rischio del PSO)
perché forniscono, per così dire, il background
al cui interno si concretizzano le specifiche situazioni di rischio che
verranno più avanti analiticamente illustrate; se non si considera il background, l’analisi di ogni problema,
per quanto accuratamente condotta, può risultare carente nel descrivere la reale esperienza di rischio dei
lavoratori del PSO.
Brevi cenni sulle
caratteristiche del sistema ospedaliero milanese
Il comparto studiato si inserisce nella realtà di una grande città (Milano) che ha forse la maggior concentrazione ospedaliera italiana (alcune decine di aziende ospedaliere tra pubbliche e private che occupano più di 30.000 lavoratori), caratterizzata da un numero non trascurabile di centri d’eccellenza che, in quanto tali, attirano pazienti dall’intero territorio nazionale.
Diversi ospedali milanesi sono convenzionati con le Facoltà di Medicina presenti a Milano e sette sono gli ospedali, tra pubblici e privati, cui è stato riconosciuto lo status di IRCCS.
Accanto agli ospedali generali, ve ne sono altri a carattere monospecialistico e, tra questi ultimi, alcuni svolgono attività di pronto soccorso limitatamente alla loro specializzazione.
Descrizione del comparto studiato
Si illustrano di seguito alcune caratteristiche del comparto studiato (facendo anche, talora, considerazioni di valore e carattere più generale) scelte tra quelle che sono sembrate più rilevanti per mettere in luce le ragioni che spiegano l’onerosità e la complessità del lavoro in un PSO ad alta specializzazione, qual è il caso dei PSO ricompresi nel comparto studiato.
Si è voluto così introdurre al tema centrale che si intende sottolineare in questo “Profilo di rischio”, vale a dire la difficoltà a governare la complessiva situazione lavorativa di un PSO che, come quelli del comparto studiato, si occupano al contempo di situazioni d’emergenza gravi e complesse assieme ad una marea di situazioni meno gravi, meno complesse, meno urgenti, con l’imperativo assoluto di saper discriminare rapidamente tra le prime e le seconde, e gestire adeguatamente tanto le une che le altre.
Questa difficoltà di governo da un lato, come vedremo, aggrava le condizioni lavorative degli addetti al PSO e peggiora le situazioni di rischio; dall’altro, rende più difficile (e forse talora impossibile) l’applicazione di quelle misure per la riduzione dei rischi che la medicina del lavoro e le discipline concorrenti hanno da tempo identificato.
Collocazione
geografica
Il comparto studiato è composto dai PSO dei sette grandi ospedali polispecialistici esistenti a Milano (Fatebenefratelli, Niguarda, Policlinico, Sacco, San Carlo, San Paolo, San Raffaele); si tratta di cinque aziende ospedaliere pubbliche, di un IRCCS pubblico (Policlinico) e di un IRCCS privato (San Raffaele).
Cinque di questi ospedali (Niguarda, Sacco, San Carlo, San Paolo, San Raffaele) sono periferici e posti in prossimità di importanti “porte” d’accesso a Milano (autostrade, tangenziali, vie di grande traffico…) mentre gli altri due (Fatebenefratelli, Policlinico) sono ubicati in zone semicentrali. Dal peculiare punto di vista che qui interessa, particolarmente critica è la collocazione del Fatebenefratelli, a non grande distanza dalla più importante stazione ferroviaria (Stazione Centrale) che a Milano, come in altre città, attira ad ogni ora del giorno e della notte, oltre ai viaggiatori e ai loro accompagnatori, una variegata folla di homeless, extracomunitari, tossicodipendenti e altri soggetti “critici” per l’attività di un PSO.
Volumi
e tipologia delle prestazioni
Anche per quanto riguarda i volumi e la tipologia delle prestazioni il comparto studiato appare degno di nota: sono infatti parecchie centinaia di migliaia gli interventi effettuati ogni anno e, con buona pace dei tentativi di razionalizzare e programmare fatti dalla Regione Lombardia (ci si riferisce, in particolare, al D.C.R. 17 giugno 1998 n. VI/932 “Atto programmatorio relativo (…) all’Atto di indirizzo per il riordino del sistema di emergenza-urgenza sanitaria in Lombardia” (…)”, all’interno di questa imponente mole di prestazioni una quota non trascurabile continua ad essere rappresentata da interventi impropri, in quanto privi dei requisiti di urgenza, ed anche all’interno di quelli che rivestono invece carattere d’urgenza, viene meno la distinzione, operata normativamente con l’Atto sopra ricordato, tra:
a) gli eventi traumatici e gli episodi acuti di modesta entità ed a pronta risoluzione;
b) gli interventi diagnostico terapeutici d’urgenza che non richiedono particolare impegno assistenziale e che comunque possono essere assicurati sulla base dell’articolazione specialistica e dell’organizzazione funzionale del presidio;
c) i trattamenti diagnostici e terapeutici di emergenza ed urgenza, caratterizzati dall’elevata specializzazione delle competenze e delle risorse a ciò necessarie.
L’Atto regionale individua gli ospedali specificamente dedicati ad effettuare gli interventi relativi a ciascuna delle tipologie sopra ricordate; in particolare, i sette ospedali facenti parte del comparto qui studiato vengono tutti individuati come sede per i trattamenti di alta specializzazione di cui al punto c).
Ma, mentre un ospedale individuato per gli interventi di tipologia a) e b) non svolge mai gli interventi di tipologia c) limitandosi, come dice l’Atto regionale, al “…sostegno delle funzioni vitali” ed alle altre misure che consentono “…il trasferimento, nelle condizioni più idonee, del paziente ai presidi sede di DEA ed EAS”, vale a dire alle strutture di alta specializzazione, il reciproco non è vero per queste ultime e quindi non è vero per i sette ospedali del comparto studiato. Questi, infatti, oltre agli interventi ad alta specializzazione, relativamente poco numerosi, sono costretti a fronteggiare l’elevato numero di interventi delle categorie a) e b), anche a tacere del non trascurabile numero di interventi impropri, in quanto non urgenti.
Questo è il nodo tuttora irrisolto, o non risolto in maniera soddisfacente, nonostante la politica dei ticket e le attività di triage, finalizzate rispettivamente ad arginare e scoraggiare la domanda impropria e ad ordinare per razionali priorità quella propria.
La supplenza nei confronti di altri presidi
sanitari (la domanda impropria)
Non tutta la domanda sanitaria è urgente, così come non tutte le urgenze riguardano questioni gravi. La persona che va in PSO per un eczema non ha un problema urgente, e chi va a farsi suturare un piccolo taglio, pur rientrando nell’ambito dell’urgenza, non ha un problema grave.
Ha senso mescolare le evenienze del tipo appena ricordato con le grandi urgenze sanitarie (i politraumi, l’infarto, le imponenti anemie acute, etc.)?
La domanda è ovviamente retorica e la risposta è, altrettanto ovviamente, no.
Se ci si domanda quali sono le cause del cattivo uso dei PSO, soprattutto quando, come nel caso del comparto studiato, essi siano caratterizzati da alta specializzazione, non è infrequente che la risposta venga trovata nella “cattiva abitudine” dei cittadini, cui risulta più comodo e più affidabile rivolgersi al PSO anziché ad altre strutture o servizi sanitari.
Ma se così è, qualche difetto deve pur esserci anche nelle strutture e nei servizi che potrebbero/dovrebbero rappresentare una razionale alternativa ai PSO, specie se ad alta specializzazione. Ci si limita, in proposito, a qualche cenno, che consente di evidenziare la complessità delle relazioni tra strutture e servizi sanitari diversi, e di mostrare come la soluzione dei problemi esistenti nei PSO, fra cui anche quelli della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori del PSO, va ricercata intervenendo anche all’esterno dei PSO.
- Il medico di base è il primo elemento dell’insieme dei servizi sanitari cui il paziente deve rivolgersi ma, per numerose ragionidi varia natura, viene ancora frequentemente “aggirato”, anche per problemi di limitata gravità quando non addirittura banali.
- I servizi di guardia medica, attivi nelle ore notturne e festive, che vedono impegnati in larga misura medici talora considerati, a torto o a ragione, di scarsa esperienza, sono ampiamente sottoutilizzati per quelle situazioni cliniche dubbie, che vengono così a gravare sui PSO senza alcuna valutazione preliminare.
- La sostanziale assenza, nell’area milanese, di strutture in cui sia possibile ricevere semplici prestazioni (per la sutura di piccole ferite, l’asportazione di un tappo di cerume, l’estrazione di una scheggia corneale…) che sono peraltro numerosissime. Limitatamente ai piccoli infortuni lavorativi (piccoli ma assai numerosi), la chiusura degli ambulatori dell’INAIL, dove si effettuavano queste piccole e semplici operazioni, ha rappresentato un aggravio non trascurabile per i PSO.
- Il mancato raccordo con altri ambulatori ospedalieri, per cui anche il follow up del paziente trattato in PSO viene a ricadere su quest’ultimo (per togliere i punti, per rimuovere apparecchi gessati, o per altre analoghe semplici operazioni).
- La variabile e complicata politica dei ticket che, più volte in passato, ha paradossalmente favorito atteggiamenti opportunistici dei cittadini che trovavano meno costoso rivolgersi al PSO per certe prestazioni, anziché alla struttura sanitaria specificamente deputata.
L’emergenza nell’emergenza
La supplenza di cui si è parlato al paragrafo precedente è quella che vale in condizioni ordinarie, ed è destinata a farsi più acuta, e quindi più difficile da sopportare, quando situazioni emergenziali esterne, vere o presunte, tendono a scaricarsi sui PSO per trovare la risposta che non trovano altrove. E’ quello che si è verificato con la SARS, anche se i filtri esterni all’ospedale hanno efficacemente limitato il numero di soggetti con sintomatologia sospetta effettivamente arrivati ai PSO. Ancor più efficace il filtro esterno, operato dai Servizi territoriali di prevenzione, si è rivelato nelle occasioni in cui il rischio di attacchi bioterroristici è stato giudicato credibile per il nostro Paese (antrace); l’impatto sui PSO, in questo caso, è stato pressoché nullo.
Nell’estate del 2003, ben maggiore è stata la difficoltà che i PSO hanno incontrato per fronteggiare l’iperafflusso di anziani in concomitanza con la lunga ed intensa ondata di calore che ha interessato tutta l’Italia. Anche nei sette PSO del comparto studiato è stato un ininterrotto susseguirsi di richieste di prestazioni, in genere rappresentate da modesti interventi di reidratazione effettuabili tranquillamente al domicilio dell’anziano.
Ma, complice il vuoto che si crea in agosto (d’altra parte è in agosto che fa caldo, e non in marzo o a novembre), i PSO si sono trovati pressoché soli a rispondere ad un problema che, per le sue caratteristiche, avrebbe dovuto avere un trattamento in larga prevalenza extraospedaliero.
L’organizzazione dei PSO
Fermo restando che, come si è ricordato, l’attività di un PSO ad alta specializzazione necessita delle risorse e delle competenze dell’intera struttura ospedaliera, ha un suo rilievo, anche dal punto di vista della concreta valutazione del profilo di rischio, considerare se il PSO ha una specifica dotazione di personale ad esso esclusivamente dedicato o se invece attinge dai diversi reparti ospedalieri personale che dedica all’attività di pronto soccorso una quota del suo complessivo tempo di lavoro.
Non è questa la sede per analizzare vantaggi e svantaggi delle due differenti opzioni; per quanto riguarda il particolare punto di vista relativo alla gestione dei problemi d’igiene e sicurezza del lavoro, la scelta di assegnare personale in pianta stabile è certamente preferibile rispetto all’altra.
Nel comparto studiato, il personale infermieristico è risultato sempre specificamente assegnato al PSO, mentre per quel che riguarda il personale medico si sono riscontrate tutte le possibili combinazioni: personale assegnato, personale dei reparti distaccato a rotazione in PSO, soluzioni miste (alcuni medici assegnati al PSO, altri a rotazione dai reparti).
FLOW CHART
Pur in una estrema variabilità di specifici atti e di particolari tecniche, l’attività che si svolge in un PSO può essere schematizzata nel modo sotto rappresentato.
Si fa precedere la
trattazione analitica di ogni fase, che sarà specifico oggetto del prossimo
documento, da una sua sintetica descrizione, che ha lo scopo di indicarne il
contenuto e taluni elementi di criticità considerati rilevanti per la
connotazione del profilo di rischio.
1.
Triage
Con questo termine s’intende la valutazione della gravità delle
condizioni del paziente che accede al PSO: un infermiere esperto e
specificamente formato, sulla base dei segni e dei sintomi del paziente,
attribuisce un codice che, per gravità crescente, va da bianco a rosso, essendo
quest’ultimo riservato al paziente molto critico, con priorità massima per la
grave compromissione di funzioni vitali e necessità di immediato accesso alle
cure. E’ facile capire l’importanza del triage sull’insieme dell’attività del
pronto soccorso e pare legittimo esprimere qualche perplessità sul fatto che ad
effettuarlo sia un infermiere anziché un medico.
Il triage è tanto più importante quanto maggiore è l’afflusso di pazienti
al PSO (se non ci fosse il problema dell’attesa, legata all’entità del flusso
di pazienti, non ci sarebbe neppure la necessità del triage) e quando gli
afflussi sono imponenti un errore di sottovalutazione, prolungando i tempi
d’attesa del paziente, può rivelarsi dannoso; in realtà il medesimo effetto lo
produce anche l’errore di segno opposto.
E’ appena il caso di ricordare come, in situazioni di grande afflusso di
pazienti, il triage viene effettuato in tempi molto stretti, con elementi
conoscitivi ridotti e non di rado ambigui, sotto la pressione ed il
condizionamento degli altri pazienti non ancora valutati, dei loro parenti ed
accompagnatori.
2. Gestione dell’attesa
Una volta che i
pazienti sono stati valutati, se un paziente non ha il codice rosso inizia la
fase di attesa. Nei PSO del comparto studiato attese di alcune ore, per i
codici di minor gravità, non sono affatto eccezionali. Questo solo elemento
definisce la criticità di questa fase, i malumori e gli inconvenienti cui può
dar luogo (mugugni, proteste fino alla rissa). Ma altri fattori concorrono alla
sua criticità:
-
spazi spesso insufficienti;
-
arredi inadeguati (scarso numero di sedie a
rotelle, cattive condizioni delle stesse, barelle prive di sponde con pericolo
di caduta dei pazienti…);
-
servizi igienici inadeguati;
-
mancata individuazione di una figura
professionale responsabile della gestione dell’attesa;
-
inadeguata comprensione da parte dei pazienti
e loro accompagnatori delle ragioni per cui l’attesa si protrae e dei criteri
che definiscono la precedenza nell’accesso alle prestazioni;
-
separazione dei pazienti dai loro
accompagnatori;
-
presenza, tra le persone in attesa, di
persone che si lamentano, che protestano, che stanno male, che molestano gli
altri pazienti.
3. Esame
clinico
L’esame clinico del
paziente (semeiotica fisica) è una fase i cui contenuti e la cui durata possono
essere molto variabili; in base ai principi della metodologia clinica dovrebbe
essere preliminare agli accertamenti strumentali ed ai pareri specialistici e,
a maggior ragione, al trattamento. Di fatto, a seconda delle situazioni
cliniche, l’esame clinico viene svolto anche parallelamente o addirittura
successivamente all’effettuazione di accertamenti strumentali, e può essere più
o meno sovrapposta ad alcune forme di trattamento. Ciò è vero soprattutto in
presenza di traumi che richiedono tempestivi interventi d’immediata evidenza,
nel corso della cui esecuzione si effettuano anche l’osservazione del paziente
e le manovre diagnostiche ritenute opportune.
E’ soprattutto nell’ambito
del primo esame e trattamento del paziente traumatizzato che si può avere la
possibilità di massivi contatti col sangue dei pazienti, con il conseguente
elevato rischio di esposizione ad agenti biologici a trasmissione ematica.
4a.
Accertamenti strumentali
L’esecuzione degli
accertamenti strumentali (esami ematochimici, radiologici, etc.) può comportare
problemi logistici anche complessi in relazione alla localizzazione degli
ambienti in cui tali accertamenti sono praticati. La necessità di spostare i
pazienti, talora per tragitti non indifferenti, richiede infatti un oneroso
impegno di personale; inoltre, è necessario avere il quadro complessivo
dell’iter diagnostico dei pazienti entrati nel percorso diagnostico-terapeutico
e gestire i tempi d’attesa dell’esito degli esami praticati. Tutto ciò può
risultare, sul piano organizzativo, estremamente impegnativo soprattutto per
l’allungamento dei tempi diagnostici che ne deriva e per la necessità di
gestire in contemporanea diversi (qualche volta, parecchi) pazienti. In proposito
va ricordato come, per ragioni dipendenti solo in parte dalle effettive
necessità del paziente e legate invece, in misura non trascurabile,
all’obiettivo di predisporre una tutela medico legale dei medici del PSO, la
prescrizione e l’esecuzione di accertamenti strumentali nei PSO tende a
risultare sovrabbondante rispetto a quanto richiederebbe un approccio alle
situazioni cliniche meno condizionato dal timore di possibili conseguenze
giudiziarie, purtroppo tutt’altro che infondato.
4b. Parere
specialistico
Sia pure per
ragioni differenti di quelle viste al punto 4a), anche questa fase può
comportare un notevole impegno organizzativo, in relazione al più o meno facile
reperimento dello specialista necessario, ai tempi d’attesa per il suo arrivo
al PSO, etc.
Valgono quindi
considerazioni analoghe a quelle svolte al punto precedente.
5. Trattamento
I trattamenti
praticati in pronto soccorso, grossolanamente suddivisibili nei due generali
campi dei trattamenti medici e di quelli chirurgici, sono estremamente
differenziati, in relazione alla varietà estrema dei quadri clinici. Dal punto
di vista dei profili di rischio, oltre al solito problema dei rischi da
esposizione ad agenti biologici, va segnalato lo stress legato ai trattamenti a
pazienti in pericolo di vita o comunque critici. In particolare, il dover
assumere decisioni cruciali in tempi molto ristretti e con un quadro
conoscitivo non ottimale, rappresenta un elemento di forte stress.
6. Osservazione
La degenza in
osservazione, dopo l’iter diagnostico-terapeutico in PSO e prima che sia presa
una decisione circa la destinazione del paziente, o nell’attesa che si
realizzino le condizioni per l’attuazione di una decisione già assunta
(ricovero, trasferimento ad altro ospedale, etc.), è una fase a bassa intensità
per quel che riguarda le cose da fare ma che, ex-post, si rivela non di
rado estremamente delicata per quel che riguarda la gestione del paziente
(insorgenza di complicanze, rivelarsi di aspetti non sufficientemente valutati
del quadro clinico, pressioni dei familiari, difficoltà a reperire un posto in
ospedale, etc.).
7. Dimissione,
ricovero, trasferimento
La decisione
sull’esito finale del percorso diagnostico-terapeutico svolto in PSO è di
evidente rilievo, sia per quanto riguarda il destino del paziente e le attese
sue e dei suoi accompagnatori, sia per le implicazioni che può avere sul piano
della responsabilità medica (soprattutto in caso di mancato ricovero, o di
difficoltà a reperire un posto per un ricovero ritenuto necessario), sia per l’impatto
sul sistema sanitario, in caso di ricovero. Questa fase implica la relazione,
non sempre pacifica, con una serie di soggetti istituzionali e no, e può
risultare di notevole gravosità dal punto di vista dello stress.
FASE/FATTORE
DI RISCHIO
AVVERTENZE
- La descrizione di un
processo produttivo attraverso la sua scomposizione in fasi connesse tra loro
all’interno di una flow chart è stata sviluppata per descrivere i processi
industriali fortemente standardizzati ed in tale ambito questo strumento si è
rivelato di fondamentale importanza.
Lo
stesso strumento, applicato alle attività
di servizio, ed in particolare dei servizi alla persona, si rivela assai
meno capace di descrivere in maniera fedele ciò che effettivamente capita
e, pur mantenendo almeno in parte il suo valore, lo mantiene non tanto sul
piano della fedeltà della descrizione ma piuttosto su quello dell’utilità
didattica ed esemplificativa.
Detto
con altre parole, la realtà delle attività di servizio alla persona è quasi
sempre caratterizzata da ampi margini di variabilità e, per certi aspetti,
addirittura di imprevedibilità: le doti d’eccellenza, in questo campo, hanno
infatti assai più a che vedere con una customer satisfaction vista come
capacità di adattarsi alle individuali e mutevoli esigenze delle persone,
piuttosto che come capacità di fornire loro un prodotto caratterizzato da un uniforme,
elevato standard di qualità.
Nondimeno,
come già s’è accennato, la scomposizione in fasi ha un suo valore didattico che
si fà particolarmente apprezzare in questa sede e che, di fatto, è stato
apprezzato dagli operatori dei PSO cui l’abbiamo proposto nel corso
dell’indagine; grazie a questo modo di rappresentare il loro lavoro alcuni di
essi lo hanno, in un certo senso, “visto per la prima volta”.
Nell’esame
delle fasi che segue, questa avvertenza va tenuta ben presente, affinché non si
creda che l’attività di un PSO sia scandita da fasi che si susseguono
cronologicamente, svolte in luoghi diversi e specificamente deputati, da
differenti “gruppi omogenei” di lavoratori, come la schematizzazione tende a
suggerire.
- Per quel che riguarda in particolare i rischi, l’averli attribuiti a questa o a quella fase non sottintende necessariamente l’esistenza di confini netti, che distinguono effettivamente ciò che si può trovare o non trovare in un certo momento o in un certo luogo in cui si svolge l’attività di PSO; l’attribuzione di un certo rischio ad una fase o ad un’altra indica solo una maggiore probabilità di imbattersi, nello svolgimento delle attività tipiche di quella certa fase, in un certo ordine di problemi, ma nulla di più. Naturalmente, neanche nulla di meno.
-
Quanto alla stima del danno atteso, essa può
riguardare sia gli aspetti qualitativi (quali malattie, traumi, disturbi, etc.
possono riconoscere tra le loro cause anche un certo lavoro o, più
analiticamente, una certa fase lavorativa?) sia quelli quantitativi: quale
valore di probabilità è associato a ciascun evento (malattia, trauma, disturbo,
etc.), qual è il rischio relativo, qual è il rischio attribuibile.
E’ bene
specificare subito che verrà fornita solo l’indicazione qualitativa dei
possibili danni collegabili alle diverse fasi del lavoro di PSO, in quanto né
l’esperienza condotta nel comparto studiato, né l’informazione disponibile d’origine
assicurativa (dati INAIL), né consistenti dati di letteratura consentono oggi
di effettuare credibili stime sulla probabilità dei diversi effetti, e meno
ancora è possibile stimare con accettabile approssimazione il rischio relativo
ed il rischio attribuibile.
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1. COMPARTO: |
Pronto Soccorso Ospedaliero |
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2. FASE DI
LAVORAZIONE: |
Triage |
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI
RISCHIO: |
-
Stress -
Aggressioni -
Esposizione ad agenti biologici a trasmissione aerea |
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5. CODICE DI
RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
180 |
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Capitolo 1: Descrizione della fase
Le
caratteristiche generali del triage sono definite da specifiche
Linee
Guida predisposte dal Ministero della Salute e recepite dalla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di
Trento e Bolzano.
Come
evidenziato nelle Linee Guida sopra citate, a svolgere il triage sono
infermieri esperti appositamente formati.
L’esecuzione del triage nei PSO degli ospedali del comparto studiato è
caratterizzata dal frequente ripetersi di situazioni di elevato afflusso di
pazienti; inoltre, poiché i pazienti che affluiscono hanno un arco di patologie
che va da quadri di assoluta banalità a situazioni estremamente critiche,
nonostante gli atti
programmatori della Regione Lombardia finalizzati ad indirizzare i pazienti
verso punti di pronto intervento a diversa qualificazione, il triage assume una
estrema importanza non solo per un equo e appropriato impiego delle risorse ma
anche, talora, come essenziale e prioritaria misura salva-vita.
Alla delicatezza della funzione corrisponde raramente un setting
adeguato, tale per cui gli specifici atti che costituiscono il triage (esame
fisico preliminare del paziente, colloquio col paziente ed i suoi
accompagnatori, assegnazione del codice di gravità) possano svolgersi con la
tranquillità necessaria e nel doveroso rispetto della privacy del paziente.
Le soluzioni adottate sono riconducibili a due fondamentali tipologie:
una assimilabile alle reception
“aperte” (bancone privo di barriere, con contatto frontale e diretto tra
l’infermiere che effettua il triage ed il paziente), l’altra consistente invece
in uno sportello con barriere fisiche di separazione più o meno rilevanti ed il
ricorso, talora, alla comunicazione verbale attraverso microfono.
Le due diverse tipologie di setting influenzano in misura
significativa le concrete modalità di svolgimento dell’attività di triage, così
come non sono prive di conseguenze nell’influenzare lo specifico profilo di
rischio (v. Capitolo 3)
Capitolo 2: Attrezzature, macchine, impianti
Questa
fase non presenta significativi problemi ricollegabili all’impiego di
attrezzature, macchine, impianti. L’eventuale impiego di un personal computer
per l’inserimento dei dati del paziente, anche se non viene rispettato quanto
suggerito dalla buona pratica ergonomica, avviene con ritmi e in condizioni ben
lontani dal rappresentare un effettivo rischio per la salute dell’infermiere.
Capitolo 3: Fattori di rischio
Stress
Il
fattore di rischio preminente in questa fase è rappresentato dallo stress e, in
prima approssimazione, risulta proporzionale al rilievo che il triage ha
nell’attività di pronto soccorso.
I
suoi fondamentali determinanti sono quindi:
-
l’elevato numero
di persone che affluiscono al pronto soccorso;
-
la concentrazione
nel tempo dell’afflusso;
-
la significativa
variabilità dei quadri clinici di pazienti che si presentano simultaneamente al
PSO;
-
l’insufficienza
degli elementi conoscitivi per distinguere con ragionevole fondamento quadri
clinici di gravità sensibilmente diversa;
-
le condizioni di
lavoro con scarsa tranquillità (ambienti rumorosi, con scarsa separazione dal
grosso del pubblico, con via vai di persone, etc);
-
la frequenza di
episodi di crisi (proteste vibrate, liti, risse, etc.).
Aggressioni
In
naturale continuità con la tematica dello stress, di cui rappresentano una
sorta di “materializzazione”, stanno le aggressioni da parte dei pazienti, loro
parenti e accompagnatori. Solo qualche volta esse vanno poste in relazione con
le alterate condizioni psichiche dell’aggressore (etilismo acuto, sindrome
d’astinenza, turbe psichiatriche, etc.); in altri casi, invece, l’aggressione
rappresenta l’acme di una situazione di conflitto e tensione che non trova
altra via di soluzione. Il tema non va esasperato, ma non va nemmeno
sottovalutato: e ciò sia per la gravità in sé del fenomeno, sia in quanto rivelatore
di un più complessivo quadro di malessere delle persone e di inadeguatezza
dell’organizzazione.
Non
va trascurato, in proposito, come l’infermiere addetto al triage rappresenti il
primo momento di interfaccia tra la persona che ha dei bisogni di cui non
sempre valuta adeguatamente la portata e l’ospedale che questi bisogni deve
soddisfare; ciò può provocare nel paziente e nei suoi accompagnatori un
atteggiamento “contrattualista”, che da un lato coglie correttamente la
funzione di gatekeeper svolta dall’infermiere addetto al triage, e
dall’altro è portato ad ottenere/strappare da lui il massimo (cioè l’accesso
quanto più pronto possibile all’iter diagnostico-terapeutico), con il rischio
di tramutare in rabbia nei suoi confronti la delusione per avere ottenuto un
codice a bassa gravità, mentre altri prima di lui ne hanno ottenuto di più
favorevoli. Come si vede, diversi e assai differenziati tra loro possono essere
i temi cui riconduce il fenomeno delle aggressioni in PSO (competenza
professionale dell’infermiere, livello dell’organizzazione ospedaliera, vissuti
dei pazienti, etc.) ed una valutazione di questi aspetti, nelle concrete
condizioni operative, non è quasi mai facile anche se pare quanto mai
opportuna.
Esposizione ad agenti biologici a trasmissione aerea
L’esposizione
ad agenti biologici a trasmissione aerea, che rappresenta un rischio
professionale ben conosciuto per tutti gli operatori sanitari, può avere
particolare rilievo per gli infermieri addetti al triage in relazione ad un
paio di peculiari caratteristiche di questa attività:
-
l’elevato numero
di pazienti diversi con cui si viene a contatto;
-
la mancanza di una
precedente valutazione sanitaria dei pazienti che consenta di stimare
preliminarmente la probabilità dell’esposizione.
Il
rischio effettivo dipende da vari fattori, tra cui si ricordano in particolare:
-
la situazione
epidemiologica, con particolare riferimento alla circolazione stagionale di
virus influenzali;
-
la presenza di
emergenze particolari, di cui la SARS rappresenta
l’esempio più recente;
-
la presenza di
barriere più o meno efficaci tra l’infermiere addetto al triage ed i pazienti;
-
la disponibilità
di idonei DPI quando il quadro epidemiologico ne suggerisce l’opportunità
d’impiego.
Capitolo 4: Danno atteso
Stress
I
disturbi fisici e psichici riconducibili allo stress ricoprono un arco di
eventi estremamente ampio, ed in proposito la variabilità individuale ha un
notevole rilievo. Se si aggiunge che, come sopra ricordato, l’epidemiologia non
è in grado di dare adeguate informazioni e che ogni report ha dunque base
sostanzialmente aneddottica, è sempre possibile, parlando di stress,
che risulti particolarmente rilevante il pregiudizio di chi ne parla, e che
quindi le sue conseguenze possano essere alternativamente sopravvalutate o
sottovalutate. Tenendo presenti queste premesse, si può affermare con buona
affidabilità che allo stress sono riconducibili, quantomeno, sintomi
cardiologici e gastroenterici di vario rilievo, ansia, irritabilità, disturbi
del sonno. La compresenza di questi differenti sintomi può condurre ad una
condizione esistenziale difficile e, nei casi più seri, si può arrivare alla
cosiddetta sindrome del burn
out.
Aggressioni
Le
conseguenze delle aggressioni sono rappresentate in primo luogo da traumi in
varie sedi e di diversa gravità. Nella maggior parte dei casi si tratta di
traumi guaribili in pochi giorni, ma non sono rare conseguenze più gravi. Sia
pure eccezionalmente, la cronaca ha riferito di casi di omicidio in PSO a danno
di operatori sanitari che stavano interloquendo col paziente, in situazioni
assimilabili al triage.
Nel
valutare l’effetto delle aggressioni non ci si può limitare alle sole
conseguenze fisiche ma vanno considerate anche le conseguenze di carattere
psichico che possono arrivare fino alla soglia dell’intollerabilità. A tal
proposito, oltre alle aggressioni fisiche, vanno ricordate anche quelle
verbali, che possono assumere toni di grande violenza, e che sono assai più frequenti
di quelle fisiche.
Esposizione ad agenti biologici a trasmissione aerea
La conseguenza di gran lunga più probabile a seguito di esposizione ad
agenti biologici a trasmissione aerea è rappresentato dall’influenza; nessuna
altra infezione trasmessa per via aerea può però essere esclusa. Il rischio di
contrarre la tubercolosi non sembra maggiore di quello degli altri operatori
sanitari, né sono stati segnalati, in occasione della recente epidemia di SARS,
casi a carico di operatori dei PSO.
Capitolo 5: Interventi
Stress
Si
riportano di seguito una serie di
possibili interventi utili a contrastare lo stress disposti secondo un
ordine di fattibilità: dai più facilmente attuabili a quelli di maggior
impegno. Si segnala che nei PSO del comparto studiato sono state intraprese
diverse iniziative riconducibili ad uno o più dei temi sotto descritti.
- Miglioramento della condizione lavorativa
conseguita attraverso una migliore collocazione e sistemazione del luogo
ove si svolge il triage: adeguata separazione dagli ambienti in cui si trovano
i pazienti in attesa; condizioni che garantiscono il rispetto della privacy, il silenzio e la tranquillità; arredi funzionali e capaci di rendere
accogliente il luogo; etc.
- Attenzione continua alla formazione degli addetti
al triage, sia sul piano tecnico, per migliorarne la preparazione e ridurre
l’ansia legata al senso di inadeguatezza, sia per quel che riguarda il
miglioramento delle capacità di relazionarsi all’interlocutore, necessarie per
ogni attività di front
office ma addirittura
essenziali nel caso del triage. Per quel che riguarda in particolare la
formazione tecnica, un problema a monte che ci si limita a citare è l’ancora
insufficiente disponibilità di linee guida che affrontino le più comuni
situazioni critiche di diagnosi differenziale, che siano largamente condivise e
che siano effettivamente capaci di guidare il comportamento dell’infermiere
addetto al triage.
- Momenti d’incontro tra pari e/o coi responsabili
del PSO, assimilabili a forme di audit interno, o con esperti esterni (esperti
di comunicazione, psicologi…) per analizzare i comportamenti e gli episodi
significativi accaduti in PSO (anche quelli di successo, non solo quelli
negativi!).
- Modifiche dell’organizzazione del lavoro in PSO, a
cominciare dall’abbreviamento dei turni di triage e dalla disponibilità di un
maggior numero di operatori. Questo è un punto centrale che, per quanto di
difficile soluzione, non può essere disatteso. O meglio, se lo si disattende,
non ci si può aspettare che la soluzione dei problemi dei PSO arrivi
miracolisticamente da chissà dove.
Aggressioni
Il
modo fondamentale per ridurre il rischio di aggressioni in PSO consiste nel
migliorarne le condizioni di funzionamento: in proposito si rimanda a quanto
detto appena sopra sulla prevenzione dello stress.
Utili
sono però anche misure più semplici, e tra queste si cita in particolare la
riconoscibilità della presenza degli agenti di pubblica sicurezza, o dei
carabinieri, o degli appartenenti a corpi privati di security
Esposizione ad agenti biologici a trasmissione aerea
Le
misure per contrastare le possibili conseguenze dell’esposizione ad agenti
biologici a trasmissione aerea sono riconducibili a tre differenti ambiti: le
vaccinazioni, le barriere fisiche, i DPI.
Quanto
alle prime, si ricorda che la vaccinazione antitubercolare è obbligatoria per
gli operatori sanitari cutinegativi e che quella antinfluenzale è per gli
stessi consigliata.
Le
misure di barriera, adottate da certi PSO, sembrano sproporzionate rispetto
all’effetto atteso ed hanno peraltro negativi effetti sulla relazione col
paziente.
Più
opportuno appare invece un maggior ricorso ai DPI e segnatamente alla
protezione della zona respiratoria con mascherine di tipo chirurgico.
Capitolo 6: Appalto a ditta esterna
Anche
se non si può parlare in termini propri di lavoro in appalto, nei PSO vi è
comunemente la presenza di lavoratori che non dipendono dall’ospedale. Per quel
che riguarda in particolare il triage, i lavoratori esterni con cui si entra in
relazione sono rappresentati, oltre che dagli agenti di sicurezza pubblici e
privati, dagli addetti alle attività di trasporto dei pazienti (lettighieri,
volontari…).
Capitolo 7: Riferimenti legislativi
D.Lgs. 626/94 e
successive modificazioni ed integrazioni: in particolare il Titolo VIII
(Protezione da agenti biologici).
Capitolo 8: Il rischio esterno
L’attività
di triage non produce effetti sull’ambiente.
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1. COMPARTO: |
Pronto Soccorso Ospedaliero
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2. FASE DI
LAVORAZIONE: |
Gestione dell’attesa
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI
RISCHIO: |
Stress
Aggressioni
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5. CODICE DI
RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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Capitolo 1: Descrizione della fase
L’attesa
dei pazienti può precedere il triage (prima attesa, all’entrata in ospedale) o
può essere successiva al triage, quando il paziente ha ricevuto il codice di
gravità ed aspetta il suo turno per iniziare l’iter diagnostico-terapeutico.
Nell’un
caso e nell’altro, il tempo d’attesa è sempre un tempo penoso, e ad accentuare
tale penosità, anche a prescindere dalla situazione clinica del paziente,
concorrono:
-
la difficoltà a
comprendere che cosa si deve fare, a chi ci si deve rivolgere;
-
la sensazione di
“essere scavalcati”, ignorati, dimenticati;
-
la presenza di
altre persone doloranti, insanguinate, che si lamentano;
-
la scomodità di
panche, sedie, e la scarsità di ausili (sedie a rotelle, barelle…);
-
la difficoltà a
recarsi in bagno, a mantenere un aspetto dignitoso;
-
la durata spesso
davvero spossante dell’attesa, aggravata dall’insufficiente comprensione del
sistema dei codici;
-
il verificarsi di
situazioni di tensione, di discussioni accese tra gli stessi pazienti.
In
diversi PSO, i soli strumenti di gestione dell’attesa sono rappresentati dal
triage, che definisce delle priorità, e dai cartelli che forniscono indicazioni
varie, più o meno comprensibili, più o meno pertinenti, più o meno corrette,
più o meno aggiornate. Non in tutti i PSO esiste del personale che ha
esplicitamente tra i suoi compiti quello di accudire i pazienti in attesa, che
sono lasciati a se stessi o alle cure dei parenti e degli accompagnatori (è per
questa ragione che nella schedina che precede la descrizione di questa fase,
non si è data alcuna indicazione sul numero di addetti).
Alla
luce di queste osservazioni la gestione
dell’attesa da parte dell’organizzazione ospedaliera, assomiglia non di rado ad
una non-gestione, così come il tempo d’attesa è, per i pazienti, un non-tempo
in cui non capita nulla. In realtà non è così, e se ci si è soffermati a
ricordare queste cose è perché esse concorrono in misura tutt’altro che
indifferente a determinare i problemi di un PSO non solo per i pazienti (e,
naturalmente, ciò sarebbe più che sufficiente per occuparsene a fondo) ma anche
per gli stessi operatori del PSO. Sta infatti in un’insufficiente attenzione a
questo problema una delle fonti principali delle proteste, delle liti, delle
aggressioni o, più complessivamente, dello stress che si genera in un PSO. E’
significativo e degno di essere sottolineato come, sia pure con sfumature
diverse, il problema accomuna pazienti e lavoratori che, anziché viversi come
antagonisti, dovrebbero riconoscersi come portatori di bisogni e di interessi
molto simili.
Capitolo 2: Attrezzature, macchine, impianti
Come
già si è anticipato, l’inadeguatezza degli arredi che non di rado si osserva
nei PSO, ed il cattivo stato delle barelle, delle sedie a rotelle e analoghe
attrezzature concorrono a determinare il clima di insoddisfazione dei pazienti
ed il conseguente crearsi di situazioni di tensione che aumentano lo stress
degli operatori.
Capitolo
3: Fattori di
rischio
Il fatto che spesso non ci sia personale che ha tra i suoi compiti
specifici quello di accudire i pazienti in attesa non significa che questi non
siano accuditi. In particolare il personale infermieristico si dedica a questa
attività e può pertanto essere esposto ai relativi fattori di rischio.
Stress
Lo
stress è correlato in particolare alle condizioni di affollamento dei locali
d’attesa, alla lunghezza dell’attesa, al malumore dei pazienti e dei loro
accompagnatori se, come spesso capita, le condizioni in cui si svolge l’attesa
sono disagevoli.
Aggressioni
In
naturale continuità con la tematica dello stress, di cui rappresentano una
sorta di “materializzazione”, stanno le aggressioni da parte dei pazienti, loro
parenti e accompagnatori. Solo qualche volta esse vanno poste in relazione con
le alterate condizioni psichiche dell’aggressore (etilismo acuto, sindrome
d’astinenza, turbe psichiatriche, etc.); in altri casi, invece, l’aggressione
rappresenta l’acme di una situazione di conflitto e tensione che non trova
altra via di soluzione.
Capitolo
4: Danno atteso
Stress
I
disturbi fisici e psichici riconducibili allo stress ricoprono un arco di
eventi estremamente ampio, ed in proposito la variabilità individuale ha un
notevole rilievo. Se si aggiunge che, come sopra ricordato, l’epidemiologia non
è in grado di dare adeguate informazioni e che ogni report ha dunque base
sostanzialmente aneddottica, è sempre possibile, parlando di stress,
che risulti particolarmente rilevante il pregiudizio di chi ne parla, e che
quindi le sue conseguenze possano essere alternativamente sopravvalutate o
sottovalutate. Tenendo presenti queste premesse, si può affermare con buona
affidabilità che allo stress sono riconducibili, quantomeno, sintomi
cardiologici e gastroenterici di vario rilievo, ansia, irritabilità, disturbi
del sonno. La compresenza di questi differenti sintomi può condurre ad una
condizione esistenziale difficile e, nei casi più seri, si può arrivare alla
cosiddetta sindrome del burn
out.
Aggressioni
Le
conseguenze delle aggressioni sono rappresentate in primo luogo da traumi in
varie sedi e di diversa gravità. Nella maggior parte dei casi si tratta di
traumi guaribili in pochi giorni, ma non sono rare conseguenze più gravi.
Nel
valutare l’effetto delle aggressioni non ci si può limitare alle sole
conseguenze fisiche ma vanno considerate anche le conseguenze di carattere
psichico che possono arrivare fino alla soglia dell’intollerabilità. A tal
proposito, oltre alle aggressioni fisiche, vanno ricordate anche quelle
verbali, che possono assumere toni di grande violenza, e che sono assai più
frequenti di quelle fisiche.
Capitolo
5: Interventi
In alcuni PSO del comparto studiato sono stati praticati, negli ultimi
anni, interventi strutturali sui locali e sugli arredi per migliorare
l’accessibilità e l’accoglienza.
Grande
attenzione è stata posta, in alcuni casi, alla cartellonistica ed alla
segnaletica per renderle quanto più chiare possibile; in particolare, sono
stati affissi cartelli che spiegano con parole semplici il sistema dei codici
di priorità.
Resta
invece quasi sempre irrisolto il problema di assegnare personale dedicato alla
gestione dell’attesa.
Capitolo 6: Appalto a ditta esterna
Nessun appalto. E’ stata ipotizzata la possibilità, in riferimento a
quanto detto in chiusura del capitolo precedente, di prendere accordi con
associazioni di volontariato per l’accudimento dei pazienti in attesa.
Capitolo 7: Riferimenti legislativi
Nessun riferimento.
Capitolo
8: Il rischio esterno
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1. COMPARTO: |
Pronto Soccorso Ospedaliero |
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2. FASE DI
LAVORAZIONE: |
Esame clinico
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI
RISCHIO: |
Stress Esposizione
ad agenti biologici Guanti
in latice |
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5. CODICE DI
RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
600 |
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Capitolo 1: Descrizione della fase
Questa
fase rappresenta il primo vero ed approfondito atto medico cui il paziente è
sottoposto dopo che è arrivato al PSO; il triage, infatti, è solo una
classificazione di gravità ma non deve né può portare ad una diagnosi e
tantomeno ad indicazioni terapeutiche.
L’esame
clinico del paziente comprende procedure e manovre che rappresentano, nel loro
insieme, una gran parte della semeiotica fisica; ciò per le variabilissime
condizioni dei pazienti che accedono al PSO.
Si
integra quanto indicato dalla Flow
chart facendo presente che, se
è vero che l’esame clinico è sempre successivo al triage, non è altrettanto
vero che esso precede sempre e nettamente gli “accertamenti strumentali”, i
“pareri specialistici” ed il “trattamento”. Tra queste quattro fasi, infatti,
si possono avere, sotto il profilo logico e cronologico, embricature più o meno
rilevanti e complesse. Il processo diagnostico, infatti, non ha sempre un
andamento lineare conforme a quanto schematizzato dalla Flow chart, ma è fatto di ipotesi la cui conferma, o smentita, porta alla
formulazione di altre possibili spiegazioni del quadro che si osserva e di
quello che va via via formandosi all’accumularsi di evidenze (cliniche,
laboratoristiche, strumentali, specialistiche).
Inoltre,
alcuni interventi terapeutici sono di evidente necessità e non differibili e
vengono attuati nel corso e contestualmente all’esame clinico.
Sempre
in tema di sovrapposizioni, è nel corso di questa fase che si procede ai
prelievi di sangue (v. la fase “accertamenti strumentali”).
Capitolo 2: Attrezzature, macchine, impianti
Si impiegano siringhe e taglienti di vario genere che hanno rilievo nel determinare le concrete condizioni di esposizione ad agenti biologici.
Capitolo
3: Fattori di
rischio
Stress
Lo
stress collegato a questa fase ha come sue fondamentali possibili componenti:
a) l’elevato ritmo di lavoro, che assume talora
aspetti parossistici;
b) il dover far fronte a situazioni cliniche critiche
che esigono l’assunzione di decisioni cruciali per il paziente sulla base di
informazioni incomplete ed ambigue;
c) il timore delle conseguenze giudiziarie derivanti
dagli atti svolti durante l’assistenza ai pazienti; come noto, il tema della
“colpa medica” ha visto negli ultimi anni un grande sviluppo nel nostro Paese
e, da strumento di garanzia del paziente, non di rado rischia di diventare una
spada di Damocle che incombe indiscriminatamente sull’agire medico.
Esposizione ad agenti biologici
In
questa fase, l’esposizione più probabile è quella al sangue dei pazienti.
Indipendentemente dai dati riportati in apertura di questo “Profilo di rischio”
sulla frequenza di infortuni sul lavoro nei PSO con possibile esposizione a
sangue, la più ampia ricerca condotta nel nostro Paese (ed una delle maggiori
al mondo) nell’ambito del programma di sorveglianza SIROH-Epinet ha riscontrato
in oltre 36.000 esposizioni osservate in 17 ospedali italiani tra il 1994 ed il
1999 una frequenza di questo genere d’incidenti più che doppia nei reparti di
cure intensive (comprendenti anche i reparti di pronto soccorso), rispetto a
quanto osservato nei reparti medici e chirurgici (www.ausl.pe.it/atticonvegni/2003/ospedaleinsicurezza/lauria/sld012.htm).
La più comune causa d’esposizione è riconducibile all’uso di aghi e di
taglienti, ma non vanno sottovalutate le possibilità d’imbrattamento nel corso
dell’assistenza a pazienti con ampie ferite sanguinanti, né la possibilità di
spruzzi di sangue nel corso di manovre invasive.
Guanti in latice
L’uso
di guanti, obbligatorio come mezzo di barriera che protegge l’operatore dal
contatto col sangue o altri fluidi potenzialmente infetti dei pazienti, può
comportare problemi di allergia.
Capitolo
4: Danno atteso
Stress
I
disturbi fisici e psichici riconducibili allo stress ricoprono un arco di
eventi estremamente ampio, ed in proposito la variabilità individuale ha un
notevole rilievo. Se si aggiunge che, come già ricordato, l’epidemiologia non è
in grado di dare adeguate informazioni e che ogni report ha dunque base
sostanzialmente aneddottica, è sempre possibile, parlando di stress,
che risulti particolarmente rilevante il pregiudizio di chi ne parla, e che
quindi le sue conseguenze possano essere alternativamente sopravvalutate o
sottovalutate. Tenendo presenti queste premesse, si può affermare con buona
affidabilità che allo stress sono riconducibili, quantomeno, sintomi
cardiologici e gastroenterici di vario rilievo, ansia, irritabilità, disturbi
del sonno. La compresenza di questi differenti sintomi può condurre ad una
condizione esistenziale difficile e, nei casi più seri, si può arrivare alla
cosiddetta sindrome del burn
out.
Esposizione ad agenti biologici
In questa fase l’esposizione ad agenti
biologici più rilevante riguarda quelli a trasmissione ematica: le malattie che
potenzialmente ne possono derivare sono rappresentate dall’epatite virale da
virus B, dall’epatite virale da virus C e dall’AIDS.
In termini probabilistici, il rischio di epatite B negli operatori
sanitari risulta pressoché azzerato dopo l’introduzione della vaccinazione; il
rischio di AIDS è estremamente ridotto; il rischio di epatite C è quello ormai
da qualche anno emerso come il più consistente. In proposito si ricorda come
nel comparto studiato si è verificato, nel corso del 2002, un caso di epatite C
d’origine professionale.
Guanti in latice
Le allergie al latice sono in genere
d’interesse dermatologico (dermatite allergica da contatto limitata alle zone a
contatto coi guanti); meno frequentemente si osserva una sintomatologia
respiratoria di varia gravità da sensibilizzazione dell’albero bronchiale.
Capitolo
5: Interventi
Stress
Per la riduzione dello stress, ed in particolare per far fronte ai
problemi indicati alle lettere a) e b) del Capitolo 3 relative allo stesso
argomento, vanno prese in considerazione misure organizzative ed in particolare
la verifica sulla sufficienza dell’organico assegnato al PSO ed il possibile
ricorso a turni più brevi di presenza in PSO.
Quanto al problema indicato alla lettera c), relativo al tema della
“colpa medica”, qualche misura può essere presa a livello di singolo ospedale,
ma altre e rilevanti questioni rimandano al tema del rapporto tra l’opinione
pubblica ed il sistema sanitario.
Per quanto riguarda il primo aspetto, vale a dire ciò che può essere
affrontato nel singolo ospedale, va promossa e sostenuta l’adozione di
protocolli diagnostici e vanno potenziati gli sforzi di tutte le strutture di
rapporto con gli utenti (URP, UPT, Direzione Sanitaria) che possono nel medio
periodo portare qualche risultato, così come la creazione ed il sostegno a
centri di mediazione operanti in ospedale, ma autonomi ed indipendenti rispetto
alla Direzione Ospedaliera.
Esposizione ad agenti biologici
Per
contrastare il rischio di epatite B si dispone da anni di una efficace
vaccinazione destinata a particolari gruppi a rischio , tra i quali sono
ricompresi gli operatori della sanità. I casi di epatite B d’origine
professionale tra gli operatori sanitari si sono sostanzialmente azzerati in
tutti gli ospedali in cui è stata condotta un’efficace campagna vaccinale. Non
resta dunque che continuare su questa strada.
Non
si dispone però di alcuna vaccinazione nei confronti dell’epatite C e
dell’AIDS; per prevenire queste due rilevanti patologie la via maestra continua
ad essere rappresentata dalle misure contro l’esposizione
accidentale a sangue dei pazienti e, in caso di esposizione, dalle misure
di profilassi post-esposizione.
Guanti in latice
In caso di allergia
accertata o sospetta è necessario abbandonare l’uso di guanti in latice e ricorrere
a prodotti alternativi (ad esempio: guanti in PVC).
Capitolo 6: Appalto a ditta esterna
Non ci sono appalti esterni per questa fase.
Capitolo 7: Riferimenti legislativi
D.Lgs. 626/94 e
successive modificazioni ed integrazioni: in particolare il Titolo VIII
(Protezione da agenti biologici).
D.M.
20.11.2000 sulla vaccinazione contro l’epatite B.
Capitolo
8: Il rischio esterno
FASE 4a: ACCERTAMENTI STRUMENTALI
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1. COMPARTO: |
Pronto Soccorso Ospedaliero |
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2. FASE DI
LAVORAZIONE: |
Accertamenti strumentali
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI RISCHIO: |
Esposizione
ad agenti biologici Impegno
fisico (muscoloscheletrico) Stress Guanti
in latice |
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5. CODICE DI
RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
400 |
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Capitolo 1: Descrizione della fase
Per quanto riguarda la collocazione della fase all’interno dell’iter
diagnostico, si rimanda alle osservazioni svolte al Capitolo 1 della fase
precedente (Esame clinico).
Gli
accertamenti strumentali a supporto della diagnosi possono essere i più vari e,
in relazione al tipo di strumentazione richiesta, possono essere svolti nei
locali stessi del PSO piuttosto che in altri locali, specificamente dedicati ad
una certa strumentazione diagnostica (è questo il caso di buona parte della
diagnostica per immagini: radiologia tradizionale, TAC, RMN, etc.).
Tra
gli esami più frequentemente svolti in PSO si ricordano, per il loro rilievo
nel definire il profilo di rischio della fase, gli accertamenti ematochimici
(limitatamente al prelievo).
Lo
svolgimento di accertamenti diagnostici in locali esterni al PSO pone problemi
logistici ed organizzativi di varia complessità a seconda:
-
della distanza tra
il PSO ed i locali in cui si svolgono gli accertamenti;
-
della
disponibilità di personale in numero sufficiente per accompagnare i pazienti;
-
dalla disponibilità
delle attrezzature necessarie per il trasporto (sedie a rotelle, barelle,
etc.);
-
dei tempi d’attesa
richiesti dai vari accertamenti.
Capitolo 2: Attrezzature, macchine, impianti
Sedie a rotelle, barelle.
Capitolo
3: Fattori di
rischio
Esposizione
ad agenti biologici
All’interno di questa fase, l’operazione critica è rappresentata dal
prelievo di sangue, con possibilità di puntura accidentale da ago usato.
Impegno
fisico (muscoloscheletrico)
Riguarda gli operatori addetti ad accompagnare i pazienti e deriva sia
dal sollevamento dei pazienti (trasferimento da barella a sedia, da barella a
barella; da sedia a barella), sia dalla spinta delle sedie o delle barelle
durante i trasferimenti da e verso il PSO. Ad aggravare l’onerosità di
quest’ultima operazione concorrono gli ostacoli da superare durante i percorsi
(dislivelli, gradini, porte di difficile apertura, etc.) ed il cattivo stato in
cui non di rado si trovano barelle e sedie a rotelle.
Stress
In questa fase, un’importante fonte di stress deriva dalle difficoltà
di coordinare le esigenze del PSO con quelle dei reparti e dei servizi cui
vengono avviati i pazienti per gli accertamenti strumentali svolti fuori dal
PSO.
In proposito va segnalato come gli accertamenti diagnostici effettuati
su richiesta dei medici dei PSO siano talora sovrabbondanti rispetto a quanto
ragionevolmente necessario; ciò può avvenire per un insieme di motivi tra i
quali assume sempre più rilievo il timore delle conseguenze giudiziarie
derivanti dagli atti svolti durante l’assistenza ai pazienti ed in particolare
dei comportamenti che possono essere valutati in sede giudiziaria come
omissivi.
Guanti in latice
L’uso
di guanti, obbligatorio come mezzo di barriera che protegge l’operatore dal
contatto col sangue o altri fluidi potenzialmente infetti dei pazienti, può
comportare problemi di allergia.
Capitolo
4: Danno atteso
Esposizione ad agenti biologici
In questa fase l’esposizione ad agenti
biologici più rilevante riguarda quelli a trasmissione ematica: le malattie che
potenzialmente ne possono derivare sono rappresentate dall’epatite virale da
virus B, dall’epatite virale da virus C e dall’AIDS.
In termini probabilistici, il rischio di epatite B negli operatori
sanitari risulta pressoché azzerato dopo l’introduzione della vaccinazione; il
rischio di AIDS è estremamente ridotto; il rischio di epatite C è quello ormai
da qualche anno emerso come il più consistente. In proposito si ricorda come
nel comparto studiato si è verificato, nel corso del 2002, un caso di epatite C
d’origine professionale.
Impegno fisico (muscoloscheletrico)
L’impegno muscoloscheletrico è soprattutto a carico del rachide; si può
così avere un’ampia gamma di disturbi che vanno dalla lombosciatalgia
transitoria all’ernia discale.
Stress
I
disturbi fisici e psichici riconducibili allo stress ricoprono un arco di
eventi estremamente ampio, ed in proposito la variabilità individuale ha un
notevole rilievo. Se si aggiunge che, come sopra ricordato, l’epidemiologia non
è in grado di dare adeguate informazioni e che ogni report ha dunque base
sostanzialmente aneddottica, è sempre possibile, parlando di stress,
che risulti particolarmente rilevante il pregiudizio di chi ne parla, e che
quindi le sue conseguenze possano essere alternativamente sopravvalutate o sottovalutate.
Tenendo presenti queste premesse, si può affermare con buona affidabilità che
allo stress sono riconducibili, quantomeno, sintomi
cardiologici e gastroenterici di vario rilievo, ansia, irritabilità, disturbi
del sonno. La compresenza di questi differenti sintomi può condurre ad una
condizione esistenziale difficile e, nei casi più seri, si può arrivare alla
cosiddetta sindrome del burn
out.
Guanti in latice
Le allergie al latice sono in genere
d’interesse dermatologico (dermatite allergica da contatto limitata alle zone a
contatto coi guanti); meno frequentemente si osserva una sintomatologia
respiratoria di varia gravità da sensibilizzazione dell’albero bronchiale.
Capitolo
5: Interventi
Esposizione ad agenti biologici
Per
contrastare il rischio di epatite B si dispone da anni di una efficace
vaccinazione destinata a gruppi a rischio di popolazione, tra i quali sono
ricompresi gli operatori della sanità. I casi di epatite B d’origine
professionale tra gli operatori sanitari si sono sostanzialmente azzerati in
tutti gli ospedali in cui è stata condotta un’efficace campagna vaccinale. Non
resta dunque che continuare su questa strada.
Non
si dispone però di alcuna vaccinazione nei confronti dell’epatite C e
dell’AIDS; per prevenire queste due rilevanti patologie la via maestra continua
ad essere rappresentata dalle misure contro l’esposizione
accidentale a sangue dei pazienti e, in caso di esposizione, dalle misure
di profilassi post-esposizione.
Impegno fisico (muscoloscheletrico)
Per
quel che riguarda gli aspetti strutturali, diversi PSO del comparto studiato
sono assai prossimi al servizio di diagnostica per immagini, così da ridurre i
percorsi necessari per il trasporto dei pazienti. E’ invece non di rado
scadente la dotazione di barelle e sedie a rotelle, sia sotto il profilo
quantitativo sia qualitativo: è pertanto necessario effettuare gli investimenti
necessari per l’acquisto di dotazioni confortevoli per il paziente ed agevoli
da movimentare per il personale addetto.
Inoltre, è di rilevante valore l’adeguata formazione del personale sui
metodi più sicuri e meno dannosi di sollevamento dei pazienti.
Stress
La
riduzione dello stress in questa fase passa in larga misura attraverso il
miglioramento della collaborazione tra il PSO ed i servizi diagnostici con cui
entra in relazione.
Quanto al problema dell’eccesso di accertamenti derivante dal timore di
accuse di comportamento omissivo qualche misura può essere presa a livello di
singolo ospedale, ma altre e rilevanti questioni rimandano al tema del rapporto
tra l’opinione pubblica ed il sistema sanitario.
Per
quanto riguarda il primo aspetto, vale a dire ciò che può essere affrontato nel
singolo ospedale, va promossa e sostenuta l’adozione di protocolli diagnostici
cui fare riferimento.
Guanti in latice
In caso di allergia
accertata o sospetta è necessario abbandonare l’uso di guanti in latice e
ricorrere a prodotti alternativi (ad esempio: guanti in PVC).
Capitolo 6: Appalto a ditta esterna
Non ci sono appalti esterni per questa fase.
Capitolo 7: Riferimenti legislativi
D.Lgs. 626/94 e
successive modificazioni ed integrazioni: in particolare il Titolo V
(Movimentazione manuale dei carichi) ed il Titolo VIII (Protezione da agenti
biologici).
D.M.
20.11.2000 sulla vaccinazione contro l’epatite B.
Capitolo
8: Il rischio esterno
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1. COMPARTO: |
Pronto Soccorso Ospedaliero |
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2. FASE DI
LAVORAZIONE: |
Parere specialistico
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI
RISCHIO: |
Stress |
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5. CODICE DI
RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
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Capitolo 1: Descrizione della fase
La richiesta di pareri specialistici nell’attività di PSO riguarda
particolarmente le situazioni cliniche complesse ed i gravi traumi e può
coinvolgere un ampio arco di discipline. In alcuni casi viene rivolto allo
specialista un quesito specifico, in altri lo si interpella in quanto si
riconosce in termini più generici la necessità di valutare una situazione
clinica di pertinenza di una certa area specialistica. Nell’un caso e
nell’altro lo specialista opera quasi sempre nelle stesse condizioni degli
addetti al PSO, caratterizzate da tempi ristretti, incompletezza ed ambiguità
delle informazioni, necessità di prendere decisioni rilevanti per il paziente.
Capitolo 2: Attrezzature, macchine, impianti
Nessuna attrezzatura, macchina, impianto rilevante sotto il profilo dei
rischi.
Capitolo 3: Fattori di rischio
Stress
Paradossalmente, lo specialista si trova talora a vivere una situazione
di cattivo utilizzo da parte dei colleghi addetti al PSO simile al cattivo
utilizzo che i pazienti fanno del PSO. Come questi ultimi, infatti, si
rivolgono con frequenza al PSO anche per patologie non urgenti o trattabili
altrove, così può capitare (o, almeno, così spesso gli specialisti
percepiscono) che il medico del PSO si rivolga allo specialista “qualche volta
di più, piuttosto che qualche volta di meno” con un eccesso di richiesta
analogo e parallelo all’iperprescrizione di accertamenti diagnostici.
L’eccessivo ricorso allo specialista, assumendo che eccesso ci sia, può
dipendere da vari fattori (desiderio del medico del PSO di condividere con
altri la responsabilità della condotta clinica, tentativo di trasferire su
altri responsabilità proprie…) tutti probabilmente riconducibili ai timori per
possibili accuse di comportamento omissivo.
Quando si ha eccesso di richiesta per lo specialista, questi si trova a
fronteggiare lo stesso problema che ha il PSO nei confronti dei pazienti:
distinguere quanto più presto possibile le situazioni banali o del tutto
trascurabili da quelle in cui è importante intervenire tempestivamente ed
attivamente.
Capitolo
4: Danno atteso
Stress
I
disturbi fisici e psichici riconducibili allo stress ricoprono un arco di
eventi estremamente ampio, ed in proposito la variabilità individuale ha un
notevole rilievo. Se si aggiunge che, come sopra ricordato, l’epidemiologia non
è in grado di dare adeguate informazioni e che ogni report ha dunque base
sostanzialmente aneddottica, è sempre possibile, parlando di stress,
che risulti particolarmente rilevante il pregiudizio di chi ne parla, e che
quindi le sue conseguenze possano essere alternativamente sopravvalutate o
sottovalutate. Tenendo presenti queste premesse, si può affermare con buona
affidabilità che allo stress sono riconducibili, quantomeno, sintomi
cardiologici e gastroenterici di vario rilievo, ansia, irritabilità, disturbi
del sonno. La compresenza di questi differenti sintomi può condurre ad una
condizione esistenziale difficile e, nei casi più seri, si può arrivare alla
cosiddetta sindrome del burn
out.
Capitolo
5: Interventi
L’obiettivo
fondamentale da perseguire è quello di un più appropriato ricorso alla
consulenza degli specialisti, migliorando i rapporti tra questi ultimi ed i
medici del PSO.
A tal fine è fondamentale la
collaborazione tra questi professionisti e la messa a punto di protocolli
diagnostici e l’individuazione di criteri di comportamento condivisi.
Valgono
inoltre le considerazioni già avanzate nel corrispondente capitolo della fase
“Esame clinico” e “Accertamenti Diagnostici” relative alle misure generali ed a
quelle relative ad ogni singolo ospedale per attenuare i timori sulle
conseguenze giudiziarie degli atti medici.
Capitolo 6: Appalto a ditta esterna
Non ci sono appalti esterni per questa fase.
Capitolo 7: Riferimenti legislativi
Nessun riferimento.
Capitolo
8: Il rischio esterno
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1. COMPARTO: |
Pronto Soccorso Ospedaliero |
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2. FASE DI
LAVORAZIONE: |
Trattamento
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI
RISCHIO: |
Stress Esposizione
ad agenti biologici Guanti
in latice |
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5. CODICE DI
RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
700 |
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Capitolo 1: Descrizione della fase
Come
si è già ricordato alla fase 3 (esame clinico), il trattamento non si colloca
necessariamente al termine dell’iter diagnostico (esame clinico, accertamenti
strumentali, parere specialistico): infatti, alcuni interventi terapeutici sono
di evidente necessità e non differibili e vengono attuati nel corso e
contestualmente all’esame clinico.
Il
trattamento dei pazienti è ovviamente molto variabile in relazione alle variabilissime
condizioni dei pazienti che accedono al PSO. Per quanto riguarda, in
particolare, i trattamenti chirurgici, qui si fa riferimento esclusivamente a
quelli che rientrano nella piccola chirurgia ambulatoriale e non si considerano
invece le situazioni in cui il paziente viene trasferito in sala operatoria. In
quest’ultimo caso, infatti, il profilo di rischio per gli operatori assume una
sua specificità ben nota, su cui esiste un’ampia bibliografia.
Capitolo 2: Attrezzature, macchine, impianti
Si impiegano siringhe e taglienti di vario genere che hanno rilievo nel determinare le concrete condizioni di esposizione ad agenti biologici.
Capitolo
3: Fattori di
rischio
Stress
Lo
stress collegato a questa fase ha come sue fondamentali possibili componenti:
a) l’elevato ritmo di lavoro, che assume talora
aspetti parossistici;
b) il dover attuare trattamenti d’urgenza, di vitale
importanza per il paziente, sulla base di informazioni spesso incomplete ed
ambigue;
c) il timore delle conseguenze giudiziarie derivanti
dalle scelte terapeutiche compiute.
Esposizione ad agenti biologici
In
questa fase, l’esposizione più probabile è quella al sangue dei pazienti.
Indipendentemente dai dati riportati in apertura di questo “Profilo di rischio”
sulla frequenza di infortuni sul lavoro nei PSO con possibile esposizione a
sangue, la più ampia ricerca condotta nel nostro Paese (ed una delle maggiori
al mondo) nell’ambito del programma di sorveglianza SIROH-Epinet ha riscontrato
in oltre 36.000 esposizioni osservate in 17 ospedali italiani tra il 1994 ed il
1999 una frequenza di questo genere d’incidenti più che doppia nei reparti di
cure intensive (comprendenti anche i reparti di pronto soccorso), rispetto a
quanto osservato nei reparti medici e chirurgici (www.ausl.pe.it/atticonvegni/2003/ospedaleinsicurezza/lauria/sld012.htm).
L’esposizione più frequente è riconducibile all’uso di aghi e di
taglienti, ma non vanno sottovalutate le possibilità d’imbrattamento nel corso
dell’assistenza a pazienti con ampie ferite sanguinanti, né la possibilità di
spruzzi di sangue nel corso di manovre invasive.
Guanti in latice
L’uso
di guanti, obbligatorio come mezzo di barriera che protegge l’operatore dal contatto
col sangue o altri fluidi potenzialmente infetti dei pazienti, può comportare
problemi di allergia.
Capitolo
4: Danno atteso
Stress
I
disturbi fisici e psichici riconducibili allo stress ricoprono un arco di
eventi estremamente ampio, ed in proposito la variabilità individuale ha un
notevole rilievo. Se si aggiunge che, come sopra ricordato, l’epidemiologia non
è in grado di dare adeguate informazioni e che ogni report ha dunque base
sostanzialmente aneddottica, è sempre possibile, parlando di stress,
che risulti particolarmente rilevante il pregiudizio di chi ne parla, e che
quindi le sue conseguenze possano essere alternativamente sopravvalutate o
sottovalutate. Tenendo presenti queste premesse, si può affermare con buona
affidabilità che allo stress sono riconducibili, quantomeno, sintomi
cardiologici e gastroenterici di vario rilievo, ansia, irritabilità, disturbi
del sonno. La compresenza di questi differenti sintomi può condurre ad una
condizione esistenziale difficile e, nei casi più seri, si può arrivare alla
cosiddetta sindrome del burn
out.
Esposizione ad agenti biologici
In questa fase l’esposizione ad agenti
biologici più rilevante riguarda quelli a trasmissione ematica: le malattie che
potenzialmente ne possono derivare sono rappresentate dall’epatite virale da
virus B, dall’epatite virale da virus C e dall’AIDS.
In termini probabilistici, il rischio di epatite B negli operatori
sanitari risulta pressoché azzerato dopo l’introduzione della vaccinazione; il
rischio di AIDS è estremamente ridotto; il rischio di epatite C è quello ormai
da qualche anno emerso come il più consistente. In proposito si ricorda come
nel comparto studiato si è verificato, nel corso del 2002, un caso di epatite C
d’origine professionale.
Guanti in latice
Le allergie al latice sono in genere
d’interesse dermatologico (dermatite allergica da contatto limitata alle zone a
contatto coi guanti); meno frequentemente si osserva una sintomatologia
respiratoria di varia gravità da sensibilizzazione dell’albero bronchiale.
Capitolo
5: Interventi
Stress
Per la riduzione dello stress, ed in particolare per far fronte ai
problemi indicati alle lettere a) e b) del Capitolo 3 relative allo stesso
argomento, vanno prese in considerazione misure organizzative ed in particolare
la verifica sulla sufficienza dell’organico assegnato al PSO ed il possibile
ricorso a turni più brevi di presenza in PSO.
Quanto al problema indicato alla lettera c), relativo al tema della
“colpa medica”, qualche misura può essere presa a livello di singolo ospedale,
ma altre e rilevanti questioni rimandano al tema del rapporto tra l’opinione
pubblica ed il sistema sanitario.
Per quanto riguarda il primo aspetto, vale a dire ciò che può essere
affrontato nel singolo ospedale, va promossa e sostenuta l’adozione di
protocolli terapeutici e vanno potenziati gli sforzi di tutte le strutture di
rapporto con gli utenti (URP, UPT, Direzione Sanitaria) può nel medio periodo
portare qualche risultato, così come la creazione ed il sostegno a centri di
mediazione operanti in ospedale, ma autonomi ed indipendenti rispetto alla
Direzione Ospedaliera.
Esposizione ad agenti biologici
Per
contrastare il rischio di epatite B si dispone da anni di una efficace
vaccinazione destinata a particolari gruppi a rischio , tra i quali sono
ricompresi gli operatori della sanità. I casi di epatite B d’origine
professionale tra gli operatori sanitari si sono sostanzialmente azzerati in
tutti gli ospedali in cui è stata condotta un’efficace campagna vaccinale. Non
resta dunque che continuare su questa strada.
Non
si dispone però di alcuna vaccinazione nei confronti dell’epatite C e
dell’AIDS; per prevenire queste due rilevanti patologie la via maestra continua
ad essere rappresentata dalle misure contro l’esposizione
accidentale a sangue dei pazienti e, in caso di esposizione, dalle misure
di profilassi post-esposizione.
Guanti in latice
In caso di allergia
accertata o sospetta è necessario abbandonare l’uso di guanti in latice e
ricorrere a prodotti alternativi (ad esempio: guanti in PVC).
Capitolo 6: Appalto a ditta esterna
Non ci sono appalti esterni per questa fase.
Capitolo 7: Riferimenti legislativi
D.Lgs. 626/94 e
successive modificazioni ed integrazioni: in particolare il Titolo VIII
(Protezione da agenti biologici).
D.M.
20.11.2000 sulla vaccinazione contro l’epatite B.
Capitolo
8: Il rischio esterno
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1. COMPARTO: |
Pronto Soccorso Ospedaliero |
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2. FASE DI
LAVORAZIONE: |
Osservazione
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI
RISCHIO: |
Stress |
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5. CODICE DI
RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
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Capitolo 1: Descrizione della fase
Questa
fase si colloca, logicamente e cronologicamente, al termine dell’iter
diagnostico e terapeutico svolto in PSO e riguarda solo una parte minoritaria
dei pazienti, quelli per i quali si ritiene di dover monitorare, per un tempo
variabile da caso a caso, l’insorgenza di eventuali ulteriori sintomi, segni
e/o gli effetti della terapia.
Nel caso in cui il paziente debba essere ricoverato, nello stesso
ospedale del PSO o in altro ospedale, questa fase diviene anche un tempo
d’attesa per il reperimento del posto letto e per i relativi accordi con il
reparto o l’ospedale di destinazione.
Capitolo 2: Attrezzature, macchine, impianti
Nessuna attrezzatura o macchina rilevante dal punto di vista dei rischi.
Capitolo
3: Fattori di
rischio
Lo stress è legato solo in parte all’attività propria di questa fase,
cioè all’osservazione del paziente, ed in misura probabilmente maggiore a
quelle situazioni in cui il tempo d’attesa del paziente bisognoso di ricovero
si prolunga per la difficoltà a trovare un’idonea collocazione all’interno
dell’ospedale o in altri ospedali. I sanitari del PSO possono allora facilmente
trovarsi in situazione conflittuale con il paziente, i suoi parenti e
accompagnatori o con gli operatori delle strutture sanitarie interpellate (o
con entrambi).
Capitolo
4: Danno atteso
Stress
I
disturbi fisici e psichici riconducibili allo stress ricoprono un arco di
eventi estremamente ampio, ed in proposito la variabilità individuale ha un
notevole rilievo. Se si aggiunge che, come sopra ricordato, l’epidemiologia non
è in grado di dare adeguate informazioni e che ogni report ha dunque base
sostanzialmente aneddottica, è sempre possibile, parlando di stress,
che risulti particolarmente rilevante il pregiudizio di chi ne parla, e che
quindi le sue conseguenze possano essere alternativamente sopravvalutate o
sottovalutate. Tenendo presenti queste premesse, si può affermare con buona
affidabilità che allo stress sono riconducibili, quantomeno, sintomi
cardiologici e gastroenterici di vario rilievo, ansia, irritabilità, disturbi
del sonno. La compresenza di questi differenti sintomi può condurre ad una
condizione esistenziale difficile e, nei casi più seri, si può arrivare alla
cosiddetta sindrome del burn
out.
Capitolo
5: Interventi
Diverse iniziative sono state intraprese, negli ultimi anni, per semplificare
la ricerca dei posti letto attraverso soluzioni organizzative che coinvolgono
diversi ospedali, ed in particolare le strutture in cui più difficile è il
reperimento di posti (unità di trattamento intensivo, reparti ad alta
specializzazione, etc.).
Capitolo 6: Appalto a ditta esterna
Non
ci sono attività in appalto.
Capitolo 7: Riferimenti legislativi
Nessun riferimento legislativo.
Capitolo
8: Il rischio esterno
FASE 7: DIMISSIONE, RICOVERO, TRASFERIMENTO
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1. COMPARTO: |
Pronto Soccorso Ospedaliero |
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2. FASE DI
LAVORAZIONE: |
Dimissione, ricovero,
trasferimento
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI
RISCHIO: |
Stress |
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5. CODICE DI
RISCHIO |
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|
(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
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Capitolo 1: Descrizione della fase
Questa
fase conclude l’attività del PSO e si
embrica fortemente alla precedente.
La
dimissione con rientro al domicilio del paziente non comporta operazioni
influenti in misura significativa sul profilo di rischio.
Quando invece il paziente deve essere ricoverato, nello stesso ospedale o in altro ospedale, possono originarsi problemi di relazione durante l’attesa necessaria per il reperimento del posto letto e per i relativi accordi con il reparto o l’ospedale di destinazione.
Capitolo 2: Attrezzature, macchine, impianti
Nessuna attrezzatura o macchina rilevante dal punto di vista dei rischi.
Capitolo
3: Fattori di
rischio
Lo stress è legato al tempo necessario per trovare un idoneo ricovero
del paziente all’interno dell’ospedale o in altri ospedali. I sanitari del PSO
possono allora facilmente trovarsi in situazione conflittuale con il paziente,
i suoi parenti e accompagnatori o con gli operatori delle strutture sanitarie
interpellate (o con entrambi).
Capitolo
4: Danno atteso
Stress
I
disturbi fisici e psichici riconducibili allo stress ricoprono un arco di
eventi estremamente ampio, ed in proposito la variabilità individuale ha un
notevole rilievo. Se si aggiunge che, come sopra ricordato, l’epidemiologia non
è in grado di dare adeguate informazioni e che ogni report ha dunque base
sostanzialmente aneddottica, è sempre possibile, parlando di stress,
che risulti particolarmente rilevante il pregiudizio di chi ne parla, e che
quindi le sue conseguenze possano essere alternativamente sopravvalutate o
sottovalutate. Tenendo presenti queste premesse, si può affermare con buona
affidabilità che allo stress sono riconducibili, quantomeno, sintomi
cardiologici e gastroenterici di vario rilievo, ansia, irritabilità, disturbi
del sonno. La compresenza di questi differenti sintomi può condurre ad una
condizione esistenziale difficile e, nei casi più seri, si può arrivare alla
cosiddetta sindrome del burn
out.
Capitolo
5: Interventi
Diverse iniziative sono state intraprese, negli ultimi anni, per
semplificare la ricerca dei posti letto attraverso soluzioni organizzative che
coinvolgono diversi ospedali, ed in particolare le strutture in cui più
difficile è il reperimento di posti (unità di trattamento intensivo, reparti ad
alta specializzazione, etc.).
Capitolo 6: Appalto a ditta esterna
Non
ci sono attività in appalto.
Capitolo 7: Riferimenti legislativi
Nessun riferimento legislativo.
Capitolo
8: Il rischio esterno