PROFILI DI RISCHIO NEL COMPARTO: VETRORESINA
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MAGAZZINAGGIO E MOVIMENTAZIONE MATERIE PRIME |
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FORMAZIONE MODELLO |
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MISCELAZIONE COMPONENTI PER RESINA POLIESTERE |
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COSTRUZIONE STAMPO: STRATIFICAZIONE IMPREGNAZIONE MANUALE SU STAMPO |
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GELIFICAZIONE E INDURIMENTO A FREDDO |
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DISTACCO PEZZO DALLO STAMPO APPLICAZIONE DISTACCANTE |
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ß |
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APPLICAZIONE PRIMO STRATO RESINA SU STAMPO |
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ASSEMBLAGGIO FINITURA E MATURAZIONE DEL MANUFATTO IN FORNO A 65° |
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ß |
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PULIZIA DEL MANUFATTO IMBALLAGGIO CON PLURIBOLLE E SISTEMAZIONE DEI MANUFATTI SU APPOSITI PALETTS |
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1. COMPARTO |
VETRORESINA
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2. CODICI ISTAT |
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3. CODICE ISPESL |
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(riservato all’ufficio)
ZONA DI RILEVAZIONE
4. NAZIONALE: |
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5. REGIONALE |
EMILIA ROMAGNA |
6. PROVINCIALE |
BOLOGNA |
7. USL |
AUSL DI BOLOGNA NORD:
COMUNI DI S.GIORGIO DI PIANO E DI MEDICINA |
8.ANNO DI RILEVAZIONE |
1 |
9 |
9 |
9 |
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9. NUMERO ADDETTI: |
71 |
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9A. IMPIEGATI: |
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uomini donne |
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9B. OPERAI: |
71 |
Uomini:42 donne:29 |
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*
l'attività impiegatizia viene svolta dai titolari o dai familiari dei titolari,
peraltro anche addetti ad altre mansioni del ciclo produttivo e già conteggiati
tra gli operai
10. NUMERO AZIENDE : 7
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11. STRUTTURA DI RILEVAZIONE |
CDS - Centro di
Documentazione per la Salute - Regione Emilia-Romagna- Azienda USL di Bologna
Città e Azienda USL di Ravenna |
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Dipartimento di
Prevenzione - Azienda USL di Bologna Nord |
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12. REFERENTE:
Stefano Mattioli, Renata Salvarani, Cristina Fregonara, Barbara Lelli, Marco
Biocca
INDIRIZZO: |
via Gramsci 12 |
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CAP: |
40121 |
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CITTA’: |
Bologna |
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PROVINCIA: |
BO |
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TELEFONO: |
0516079930 |
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FAX: |
051251915 |
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E-MAIL: |
cdocsal@iperbole.bologna.it |
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13. INFORTUNI:
TOTALE: |
48 |
DI CUI MORTALI |
0 |
14. MALATTIE
PROFESSIONALI:
DENOMINAZIONE |
N° CASI |
COD. INAIL |
IPOACUSIA DA RUMORE
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1 |
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DERMATITE ALLERGICA
DA CONTATTO |
5 |
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NOTE:
DOCUMENTO COMPARTO
La lavorazione di plastici rinforzati con fibra di
vetro (PRFV) o “vetroresina” è in progressiva espansione. Essi infatti
vengono sempre più diffusamente utilizzati per le caratteristiche di
leggerezza, resistenza e impermeabilità per la produzione di scafi, parti di
carrozzeria per pullman, camion, furgoni e camper, serbatoi, antenne
paraboliche, cassonetti, campane per l’igiene urbana e manufatti vari come
particolari per macchine industriali e per l’edilizia.
Il metodo di costruzione utilizzato nella maggior
parte dei casi è quello della formatura a contatto e l’utilizzo di
resine
poliestere che, data la loro caratteristica di polimerizzare senza la
necessità di pressione e riscaldamento, ne ha permesso l’utilizzo nella
produzione in serie di manufatti, anche di grosse dimensioni. Da premettere che
la sequenza delle principali fasi operative a partire dalla formazione del
modello in legno, alla costruzione dello stampo sino alla produzione del
manufatto è sostanzialmente la stessa per tutti i prodotti a prescindere dalle
loro dimensioni. La differenza che eventualmente può esistere nel metodo
costruttivo dei plastici rinforzati in vetroresina è costituita dal modo in cui
esso è applicato, o meglio, da come le varie fasi di lavoro vengono svolte e
attuate nella pratica di ogni cantiere.
Nella maggior parte dei casi le aziende produttrici
sono tutte a carattere artigianale, con tipologie
produttive parcellizzate e sovrapposte.
Le principali materie prime utilizzate nel ciclo
produttivo sono resine e gelcoat (stirene), diluenti (quasi
esclusivamente acetone) e catalizzatori.
In tale comparto produttivo varie sono le fonti
d’insalubrità di queste lavorazioni ed in particolare: le materie prime per gli
elevati livelli di esposizione a stirene; la tecnologia produttiva,
ancora estesa nelle aziende artigiane, per
la produzione manuale che più espone al tossico; l’ impiantistica di bonifica
per le aspirazioni localizzate e di ricambio generale dell’aria; le protezioni
individuali, l’organizzazione del lavoro e
le modalità operative che
incidono sulla gravosità del lavoro, sulla durata e sui livelli di esposizione.
Le aziende indagate sono presenti nel tratto di
territorio della AUSL di Bologna Nord compreso tra i comuni di S. Giorgio di Piano e
Medicina. Si tratta di un territorio omogeneo in quanto tutto giacente
nella zona di pianura immediatamente a nord di Bologna e ben servito dalla rete
viaria sia intercomunale che autostradale. Ciò ha così permesso l’espansione,
in un’area di circa 40 km di diametro, di un tipo di attività, che, nonostante
abbia subito una forte deflessione agli inizi degli anni ‘90 a causa della
chiusura di molti cantieri per la produzione di imbarcazioni in vetroresina,
per situazione territoriale e per esigenza di mercato, ha portato sia a nuove
tipologie di manufatto che all’apertura di nuove aziende.
Il comparto si presenta, comunque,
omogeneamente composto da aziende per lo più medio-piccole,
quasi sempre inferiori a 10 addetti complessivi e dove il titolare stesso
partecipa in molti casi alle lavorazioni; la presenza di addetti del ruolo
impiegatizio è scarso o pressochè nullo, in qualche caso reclutato in ambito
familiare (coadiutori). Il comparto interessa la produzione, in genere in piccole
e medie serie, di vari oggetti quali pezzi di carrozzeria per pullman,
furgoni, camper sino a particolari per macchine industriali e per l’edilizia.
Si tratta, come si vede, di attività esclusivamente
artigianali: in molti casi il titolare è ex dipendente di un artigiano
che, seguendo la richiesta del mercato, intraprende l’attività in proprio,
spesso iniziando da solo e poi acquisendo pochi dipendenti, che a loro volta in
molti casi compiono, una volta acquisita sufficiente capacità, lo stesso
percorso imprenditoriale.
L’intervento ha riguardato l’analisi di N° 7
Aziende, stimabili a circa il 90 % delle aziende afferenti al comparto e
presenti sul territorio indagato; gli addetti totali sono N° 71 .
Nelle schede di “fase” sono stati censiti
gli addetti che partecipano alla singola fase in quanto trattandosi di piccole
aziende molti di questi operatori svolgono più mansioni per cui gli addetti non
sono considerati “esclusivi” di una fase ma vengono computati anche in altre
fasi: questo fa si che sommando gli addetti di ogni fase, il totale risulti più
elevato rispetto al numero reale degli addetti.
Dal registro degli infortuni delle
aziende si è ricavato un danno rilevato pari a N° 48 infortuni, di cui N° 48 accaduti negli ultimi 5 anni. Non
sono stati rilevati incidenti mortali.
Per quanto riguarda le malattie professionali,
sono state rilevate complessivamente N° 1
ipoacusie da rumore e N° 5 dermatiti
allergiche da contatto.
·
I rischi principali
I rischi prevalenti nel comparto delle
resine
poliestere rinforzate con fibre di vetro sono i seguenti:
- Rischio di intossicazione da agenti chimici
- Rischio di incendio od esplosione
- Rischio di inalazione da polveri
- Rischi minori come rumore e microclima
- Rischi
trasversali-organizzativi.
Il considerevole impiego di sostanze volatili in
queste lavorazioni rende il rischio inalatorio di gran lunga il
più importante. In particolare in questo comparto si trovano le più grosse
esposizioni a stirene che oggi si registrino in un ambiente industriale,
almeno nel mondo occidentale. L’esposizione a stirene, utilizzato come
agente gross-linking nelle resine poliestere insature, è prevalente nelle
mansioni di “taglia-spruzzo” e nella stratificazione manuale. Risulta
sufficientemente elevata anche l’esposizione indebita a stirene negli addetti
ad altre mansioni in quanto in molte aziende le lavorazioni necessarie alla
produzione avvengono all’interno di un unico ambiente.
In particolare parlando delle tecnologie di
formatura a stampo aperto, che sono le più diffuse tra le aziende della zona
indagata vorrei soffermarmi sulle differenze che esistono tra l’applicazione
manuale ed applicazione a spruzzo dal punto di vista della emissione stirene:
-l’impregnazione manuale obbliga l’operatore a
lavorare sul “pezzo”, rendendo così difficile la captazione prima che i vapori
abbiano raggiunto l’operatore stesso; d’altro canto, il quantitativo di stirene
emesso è relativamente contenuto.
-lo spruzzo simultaneo di resina e vetro libera quantitativi
nettamente superiori di stirene, in parte per la maggiore concentrazione in
stirene dei prodotti da spruzzo, in parte per l’enorme aumento della superficie
di evaporazione dovuto alla nebulizzazione durante lo spruzzo; la maggior
distanza tra operatore e stampo e la direzionalità dell’operazione, permettono,
invece, una maggiore efficacia nella captazione dello stirene emesso.
Si può così affermare che con l’applicazione a
spruzzo è più facile controllare l’inquinamento dell’ambiente di lavoro,
mentre, con l’applicazione a pennello, è più economico controllare
l’inquinamento esterno.
Oltre allo stirene sono da registrare anche
esposizioni ad altri solventi quali acetone e cloruro di
metilene la cui azione si somma a quella dello stirene. L’esposizione ad acetone
nel comparto è variabile e non direttamente correlabile con
l’esposizione a stirene, in quanto viene in genere utilizzato per la pulizia
dei pennelli e di altri utensili impiegati nelle lavorazioni. Nonostante
l’esposizione ad acetone sia contenuta sotto il TLV-TWA è necessario detenere
nei locali di produzione il quantitativo minimo indispensabile di solvente
mantenuto sotto aspirazione. Attualmente c’è il tentativo di introdurre il cloruro
di metilene come sostituente dell’acetone.
Il cloruro di metilene è stato sinora considerato un
ottimo solvente ininfiammabile e tra i meno tossici dei clorometano. Ad alte
concentrazioni produce un effetto anestetico dovuto alla sua trasformazione
metabolica ad ossido di carbonio e successivamente in carbossiemoglobina. Al
cloruro di metilene è stato assegnato dall’ACGIH un limite provvisorio di 50
ppm ed inserito nella categoria “A2 carginogeni sospetti per l’uomo” e questo è
sufficiente per sconsigliarne l’uso, oltretutto il suo impiego non è
indispensabile in quanto è quello di sostituire l’acetone. E’ sconsigliabile
anche la pratica diffusa in molti lavoratori di lavarsi la mani con questi
solventi in quanto, oltre ad aggiungere al rischio di assunzione inalatoria
quello di assunzione cutanea, dato il potere sgrassante di questi solventi,
questa operazione può favorire l’irritazione e la aggredibilità della cute.
Altre sostanze tossiche o irritanti sono la dimetilanilina
e simili, il neftenato di cobalto, i coloranti organici ed inorganici
presenti nel gel-coat, il MEKp e i perossidi organici usati
nel processo di catalisi. Questi ultimi sono particolarmente pericolosi per la
pelle e le mucose. Infine è da sottolineare la possibilità di dermatiti dovute
a contatto con sensibilizzanti contenuti nelle resine (idrochinoni aggiunti
come inibitori di polimerizzazione), di eczemi da perossidi e ammine, di
effetti allergizzanti dei sali di cobalto, nonché l’effetto irritante delle
stesse fibre di vetro. Il rischio di inalazione di fibre di vetro è dovuto alla
dispersione delle stesse nell’ambiente di lavoro durante le operazioni di
“taglia-spruzzo”, di “taglia-filo”, di molatura (discaggio) e sbavatura dei
pezzi finiti. In queste ultime lavorazioni insieme alle fibre di vetro sono
presenti le polveri.
Per quanto riguarda il rischio di inalazione da polveri si
distinguono fondamentalmente due tipi di rischio: uno legato alla inalazione di
fibre di vetro provenienti dalla dispersione provocata dall’uso della materia
(tessuto feltro, matasse) e l’altro invece legato alla inalazione di polvere di
prodotto finito proveniente dalle operazioni di finitura (taglio, molatura,
sbavatura) degli oggetti di PRFV. Nel primo caso il rischio è abbastanza ben
definito trattandosi di fibre di vetro “nude”. Meno definito è però il metodo
di misura di tale rischio nell’aria. Nel secondo caso invece il tipo di aerosol
che si libera durante le operazioni di molatura e sbavatura di oggetti finiti,
è molto meno caratterizzato dal punto di vista del comportamento aerodinamico e
anche per ciò che riguarda il tipo di rischio associato alla esposizione di
tali particelle.
Il rischio da incendio od esplosione è
legato alla presenza contemporanea di prodotti combustibili quali resine,
solventi e comburenti (perossidi organici). I perossidi, inoltre, essendo dei
composti fortemente reattivi possono innescare reazioni violente se sottoposti
a calore o ad urti violenti.
Per la presenza dei prodotti su indicati inoltre,
gli impianti elettrici devono essere realizzati e mantenuti nel più preciso
rispetto di quanto previsto dalle vigenti norme in materia (capo X del DPR
27.4.1955 n°547 artt. 329-336) nonché della normativa tecnica del Comitato
Elettrotecnico Italiano (norme CEI 64-2 fascicolo 319).
Negli ambienti di produzione PRFV si possono trovare
altri rischi di tipo fisico come il rumore dovuto
prevalentemente agli utensili e in parte agli impianti di aspirazione male
insonorizzati. L’esposizione a rumore, ed in particolare a livelli
di pressione sonora rischiosi per la salute degli
esposti, è certamente un problema molto marginale
per questo comparto produttivo. Rilevazioni condotte in vari settori non hanno
quasi mai evidenziato livelli di esposizione personali superiori ai valori di
riferimento normalmente accettati (Lep d 85 dBA ). Unica eccezione è la fase di
molatura e sbavatura (discaggio) con utensili portatili quando avvenga
all’interno di serbatoi di vetroresina. In tali casi i livelli possono
agevolmente raggiungere valori istantanei superiori ai 100 dBA.
E’ importante sottolineare che in queste operazioni
il tempo di esposizione è sempre molto ridotto e quindi ben difficilmente possono verificarsi esposizioni
personali superiori agli 85 dBA equivalenti.
Quando siano presenti anche forni di cottura oppure
nel caso di utilizzo di presse a caldo per materiale preimpregnato, vi possono
essere anche problemi di calore e microclima.
Da considerare anche i “rischi accessori” quando al
PFRV sono associate lavorazioni indotte quali operazioni di verniciatura o
serigrafia con i relativi rischi oppure lavorazioni di finitura di tipo
meccanico come rivettatura ed altro.
Per quanto riguarda i rischi trasversali-organizzativi,
i più importanti sono legati a una organizzazione del lavoro che spesso non
consente, soprattutto per carenza di spazi, la separazione organizzativa delle
fasi, con ricadute sia di tipo ambientale (polvere e rumore) che di tipo
infortunistico durante la movimentazione di carichi.
Fase lavorativa |
Macchine e apparecchiature |
Incendio Esplosione Impianto elettrico |
Agenti chimici |
Agenti fisici |
Organizzazione del lavoro |
MAGAZZINAGGIO E MOVIMENTAZIONE MATERIE PRIME |
INFORTUNI |
INCENDI |
RESINE STIRENE POLVERI |
MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO |
SPAZI DI PERCORSO E MANOVRA INADEGUATI RISCHI DA
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI |
FORMAZIONE MODELLO |
INFORTUNI |
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RESINE STIRENE POLVERI |
MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO RUMORE |
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MISCELAZIONE COMPONENTI PER RESINA POLIESTERE |
INFORTUNI |
INCENDI |
RESINE STIRENE POLVERI |
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COSTRUZIONE STAMPO: STRATIFICAZIONE IMPREGNAZIONE MANUALE SU STAMPO |
INFORTUNI |
INCENDI |
RESINE STIRENE POLVERI |
MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO |
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GELIFICAZIONE ED INDURIMENTO A FREDDO |
INFORTUNI |
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RESINE STIRENE POLVERI ACETONE |
MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO |
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DISTACCO PEZZO DALLO STAMPO E APPLICAZIONE DISTACCANTE |
INFORTUNI |
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RESINE STIRENE POLVERI ACETONE |
MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO |
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COSTRUZIONE MANUFATTO APPLICAZIONE PRIMO STRATO
RESINA SU STAMPO |
INFORTUNI |
|
RESINE STIRENE POLVERI ACETONE |
MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO RUMORE |
|
ASSEMBLAGGIO FINITURA E MATURAZIONE DEL MANUFATTO
IN FORNO |
INFORTUNI |
INCENDI ELETTROCUZIONE |
RESINE STIRENE POLVERI ACETONE |
MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO RUMORE |
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LAVAGGIO UTENSILI |
INFORTUNI |
INCENDI |
ACETONE |
MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO |
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PULIZIA DEL MANUFATTO IMBALLAGGIO CON PLURIBOLLE E
SISTEMAZIONE DEI MANUFATTI SU PALETS |
INFORTUNI |
INCENDI |
|
MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO RUMORE |
SPAZI DI PERCORSO E MANOVRA INADEGUATI RISCHI DA
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI |
MATERIALI
UTILIZZATI |
|
NEOGEL |
A SPRUZZO BIANCO |
RESINA |
NORPOL 820/M760 AUTOESTINGUENTE SYNOLITE 175/1/I ACCELLERATA |
STUCCO DELLE FIBRE |
MI POLIESTERE |
STUCCO SENZA FIBRE |
MI POLIESTERE |
CATALIZZATORE |
BUTANOX M50 PEROSSIDO |
MAT |
LEGANTE POLVERE 225 GRAMMATURA 300/600 |
GLOSSARIO DEI TERMINI
TECNICI:
·
GEL: Stato particolare della
resina intermedio fra lo stato liquido o lo stato definitivo intermedio fra lo
stato liquido o lo stato definitivo, solido. Tale stato permane normalmente per
non più di due ore. Allo stato di gelo la resina è ancora facilmente lavorabile
per taglio manuale o deformazione plastica.
·
GELCOAT: Prodotto resinoso contenente
pigmenti e cariche che costituisce normalmente il primo strato di resina sullo
stampo. Conferisce alla superficie esterna del manufatto un caratteristico
aspetto lucente, colorato, liscio ed esente da pori. Si differenzia dalla
resina per la presenza di pigmenti (vedi tabella) che possono
essere sia di origine organica che inorganica.
TAB. PIGMENTI
COLORE |
INORGANICI |
ORGANICI |
BIANCO |
Biossido di titanio,
ossido di zinco, ecc. |
|
GIALLO |
Cromato di piombo, ossido
di cadmio, ecc. |
Azocomposti |
ROSSO |
Solfuro di cadmio, ossido
ferrico, ecc. |
Isoinduline |
AZZURRO |
Ferrocianuro ferrico,
ossido di cobalto, ecc. |
Ftalocianine |
VERDE |
Ossidi di cromo, ecc. |
Ftalocianine |
VIOLETTO |
Fosfati di cobalto e di
manganese, ecc. |
Diossazine |
NERO |
Carbon blach, ecc. |
Nero di anilina |
·
RESINA ECOLOGICA: Nome generico indicante
formulati contenenti sostanze (cere, paraffine) che inibiscono il
rilascio di stirene nella fase successiva alla stratificazione.
·
RESINE POLIESTERI INSATURE: Nome in cui si indica la
miscela di polimero lineare insaturo con un monomero vinilico. Il primo è di
solito un poliestere maleico ftalico e il secondo è
generalmente stirene, presente in misura variabile dal 28 al 50% circa.
·
RESINE TIXOTROPICHE: Resine dotate della proprietà
di perdere il proprio stato di gelo sotto l’azione della sollecitazione
meccanica. Lo stato di gelo si ripristina dopo cessazione della sollecitazione
meccanica.
·
CATALIZZATORE: Sostanza
che favorisce la reazione di indurimento della resina: cioè la reazione di reticolazione
del monomero vinilico che reagisce con i doppi legami del poliestere lineare
insaturo. I catalizzatori più usati sono i perossidi organici (perossido di
benzoile, perossido di metilechetone, perossido di cicloesanone) solitamente disciolti
in ftalati.
·
ACCELLERANTI: Per
l’indurimento a freddo si utilizzano dei sistemi induritori/accelleranti
riportati in tabella insieme al tipo utilizzato.
TAB. CATALIZZATORI ED
ACCELLERANTI
SISTEMA *CATALIZZATORE §ACCELLERANTE |
TEMPO DI GELO |
TEMPO DI POLIMERIZZAZIONE |
UTILIZZO |
*NAFTENATO
DI COBALTO §
METILCHETONE-PEROSSIDO |
MEDIO-LUNGO |
LUNGO |
STRATIFICAZIONI
CONSISTENTI PRODUZIONE
DI GEL-COATS |
*NAFTENATO
DI COBALTO §
ACETILACETONE -PEROSSIDO |
MEDIO-LUNGO |
MEDIO-BREVE |
PRODUZIONE
IN SERIE DI PICCOLI PEZZI CONTENITORI ALIMENTI |
*NAFTENATO COBALTO-DIMETILANILINA §
METILETILCHETONE-PEROSSIDO |
BREVE |
BREVE |
STAMPAGGIO
A BASSA PRESSIONE STAMPAGGIO
AD INIEZIONE |
*DIMETILANILINA § BENZOILE -PEROSSIDO |
RAPIDO |
RAPIDO |
PRODUZIONE
STUCCHI E MASTICI |
·
LE FIBRE DI VETRO: Le Fibre di vetro rappresentano il
primo ed il più utilizzato rinforzo delle fibre poliestere. Attualmente il 90%
dei composti è a base di fibre di vetro. Queste vengono prodotte fondendo
speciali tipi di sabbie silicee facendo filare e stirare le fibre per mezzo di
una speciale filiera di platino, posta sul fondo del forno di fusione, fino ad
ottenere il diametro desiderato. Le fibre, una volta apprettate, vengono
successivamente raccolte da una bobinatrice fino a formare un filo composto
denominato strand. A seconda delle diverse applicazioni esistono vari tipi
di fibre di vetro prodotte da materie prime (sabbie) aventi diversa
composizione chimica. La fibra di vetro
viene posta in commercio in diverse forme:
1.
ROVING: in bobina o in filo
continuo con un elevato numero di strand. Esso è impiegato nella tecnologia
dell’avvolgimento, della poltrusione, della centrifugazione e per le
attrezzature di “taglio e spruzzo”;
2.
TESSUTO: viene prodotto impiegando un telaio e catalogato in base al tipo di
tessitura usata;
3.
STUOIA: viene ottenuta dalla tessitura del roving. Per i suoi bassi costi viene
utilizzata per la produzione di manufatti di grandi dimensioni come furgoni,
imbarcazioni ecc.;
4.
MAT: a filo continuo e a fili
tagliati. Le due versioni si differenziano sia per tipo di strand (tagliati o
no), che per tipo d’appretto (emulsione o polvere);
5.
MAT DI SUPERFICIE: molto
simile al mat a filo continuo. Si impiega per migliorare la resistenza chimica
dei manufatti, in relazione al discreto assorbimento di resina;
6.
STRAND TAGLIATI: impiegati unicamente come rinforzo dei pezzi
ottenuti per colata o nei mastici. Per questi usi viene impiegata anche una
varietà macinata di strand tagliati chiamata milled fibres.
7.
COMPOSITO: formato da un mat e da una stuoia cuciti assieme; il vantaggio del sup
impiego consiste nel ridurre le applicazioni e nel controllare favorevolmente
il rapporto resina/rinforzo.
·
DISTACCANTI:
I distaccanti
vengono impiegati per permettere il distacco del manufatto dallo stampo; sono
anche chiamati “agenti di distacco” e commercializzati in diversi tipi per
essere utilizzati nei vari sistemi applicativi.
I più utilizzati sono:
-distaccanti a base di cera sia liquidi che in pasta: il loro
impiego è prioritario nella tecnologia
manuale;
-distaccanti siliconoci: impiegati nella tecnologia dello
stampaggio a caldo o a freddo sotto pressa,
dove i cicli di lavorazione sono molto più veloci. Questi distaccanti sono
caratterizzati da una facile
migrazione superficiale con conseguente difficile eliminazione del manufatto.
Per questo motivo non possono essere impiegati per manufatti
che devono successivamente essere
gelcottati, verniciati o saldati fra
loro.
STIRENE: CARATTERISTICHE
CHIMICO FISICHE E PRINCIPALI USI INDUSTRIALI
Lo stirene [C6H5 (CH=CH2)], o vinilbenzene o feniletilene, è un
liquido oleoso, volatile, incolore, con un caratteristico odore pungente e
aromatico avvertibile anche per modeste concentrazioni ambientali. Il suo
peso molecolare è 104,14 ed il suo peso specifico 0,9090 a 20° C. Il
punto di ebollizione è 142-146°C, quello di fusione -30/-38°C. Ha una
tensione di vapore fortemente influenzata dalla temperatura: alla pressione
atmosferica, la tensione di vapore è 4,5 mm Hg a 15° C, 6,45 mm Hg a 25° C e 10
mm Hg a 30°C.
La densità di vapore è 3,6 rispetto
all’aria. La temperatura di autocombustione è 490°C,
l’intervallo di esplosività è compreso tra 1,1e 6,1%
a 20°C. E’ scarsamente solubile in acqua (300 mg/l a 20°C), mentre è miscibile
con numerosi solventi organici, in particolare alcool, etere, metanolo, acetone
e solfuro di carbonio.
Lo stirene polimerizza facilmente a
temperatura ambiente in presenza di ossigeno e deve essere quindi conservato
con l’aggiunta di inibitori, come il butilcatecolo.
La reazione di polimerizzazione è
esotermica e può divenire esplosiva. La presenza del doppio legame del gruppo
vinilico conferisce allo stirene una spiccata reattività e la possibilità di
formare estese impalcature polimeriche.
La principale via di penetrazione
nell’organismo è quella inalatoria, con assorbimento
polmonare per quote del 45-85 % del totale inalato, mentre risulta trascurabile
l’assorbimento percutaneo dei vapori. Dopo l’assorbimento, lo stirene si
distribuisce rapidamente nell’organismo, e tende a concentrarsi nel tessuto
adiposo. Una quota pari a circa il 95% dello stirene assorbito viene
metabolizzato a stirene-epossido e successivamente ad acido mandelico e acido
fenilgliossilico quantità reciprocamente variabili in relazione alla presenza
di fattori interferenti nella cinetica di trasformazione, quali alcol etilico o
altri solventi. Circa il 95% dello stirene assorbito viene escreto come metaboliti
tramite l’emuntorio renale, mentre una quota pari al 2-3% viene eliminata come
composto tale quale tramite l’aria espirata.
Come gli altri solventi, lo stirene mostra uno
spiccato tropismo per i distretti ricchi in lipidi, quali il tessuto
adiposo e il SNC.
Il contatto cutaneo ripetuto e prolungato può
provocare dermatiti.
Per esposizioni professionali croniche a vapori di
stirene sono stati osservati effetti anche a carico della crasi ematica e della
funzionalità epatica (33), disturbi del ciclo mestruale, turbe digestive e
alterazioni neuro-endocrine a livello dell’asse ipotalamo-ipofisario.
La presenza del doppio legame fra i due atomi di
carbonio della catena connessa all’anello benzenico dello stirene, lo rende
molto più reattivo rispetto ai suoi omologhi in funzione della formazione del
suo metabolita reattivo stirene epossido (radicale libero). A questo composto
vengono ricondotte le evidenze di cancerogenicità sperimentale per
l’uomo.
I principali usi industriali dello stirene sono nella
produzione di polimeri (polistirene o polistirolo), resine e materie plastiche.
Lo stirene è largamente utilizzato anche come legante in unione con acidi
grassi polinsaturi a formare resine poliestere. I gruppi vinilici dello
stirene reagiscono con i doppi legami dell’acido insaturo presente nelle resine
e formano così polimeri tridimensionali termoindurenti. La resina può essere
rinforzata mediante stratificazione con fibre minerali e si ottengono in tal
modo laminati plastici e manufatti in plastica rinforzata con fibre di vetro
particolarmente apprezzati e diffusi per le caratteristiche di rigidità,
translucentezza e termoresistenza dei prodotti finiti. Altre resine
possono essere formate a partire dallo stirene, in combinazione con butadiene (SBR
o “styrene-butadiene rubber”), gomma sintetica utilizzata come mescola
per la produzione di pneumatici, o con butadiene e acrilonitrile (ABS
da acrilonitrile, butadiene e stirene), resina impiegata per la
fabbricazione di manufatti come mobili, testine per macchine da scrivere,
giocattoli. In base alle modalità di fabbricazione queste resine possono essere
distinte in termoplastiche e termoindurenti. Caratteristica dei materiali
termoplastici è la loro modellabilità a caldo.
I materiali termoindurenti vengono invece prodotti a
temperatura ambiente: la resina liquida viene modellata su
impalcature che riproducono la forma desiderata e viene generalmente rinforzata
con l’aggiunta di fibre; il successivo trattamento termico e\o l’aggiunta di
catalizzatori consentono la realizzazione di polimerizzazione anche a
temperatura ambiente, consentendo la solidificazione del prodotto finito. Il processo
è largamente diffuso per la produzione di barche, contenitori, silos,
carrozzerie di automobili e furgoni.
·
MATERIE PRIME A MINORE POTENZIALE INQUINANTE
L’eliminazione del rischio di esposizione a stirene
dovrebbe passare attraverso l’utilizzo di materie prime alternative. A
questo proposito sono state prodotte resine con diverse formulazioni:
·
Resine a bassa emissione
·
Resine a basso contenuto di monomero
·
Resine a catalisi fotochimica
·
Preimpregnato e compound
Resine a bassa emissione
Sono dette a bassa emissione le resine alle
quali vengono addizionati agenti inibitori (paraffine o prodotti simili alla
cera) che formando uno strato sottile sulla superficie dei laminati blocca
l’evaporazione dello stirene. Inoltre i quantitativi
di monomero necessari per la formulazione di queste resine sono fra i più bassi
e si aggirano intorno al 28% in peso.
L’aggiunta dei suddetti prodotti può peggiorare
certe caratteristiche meccaniche e in particolare la perdita di coesione
interlaminare nei manufatti multistrato (delaminazione).
In laboratorio sono stati sperimentati degli
additivi affioranti (dicetilfumarato) capaci, contrariamente ai prodotti
paraffinici, di reagire chimicamente durante il processo di reticolazione.
evitando fenomeni indesiderati.
L’utilizzo di resine a bassa emissione porta ad una
riduzione dello stirene superiore al 50%, per le resine contenenti DCF e del
40-50% per quelle contenenti paraffine, rispetto alla resina prive di additivi.
La riduzione dell’emissione di stirene ottenibile
sia per la presenza degli affioranti (essicamento del manufatto) che per la
minore quantità di monomero presente (fase di realizzazione del manufatto),
incide positivamente nell’ambiente, pur non riducendo l’esposizione dei singoli
lavoratori.
Resine a basso contenuto di monomero
Il contenuto medio di monomero nelle resine si
aggira intorno al 40-50% del suo peso. Riducendo il monomero al 35% è stato
possibile ottenere una riduzione dello stirene in atmosfera pari al 40 %,
durante l’intero ciclo produttivo. Tali resine, oltre ad un costo maggiore,
presentano inconvenienti legati ad una maggiore viscosità e ad una variazione
delle proprietà fisiche e meccaniche dei manufatti.
Resine a catalisi fotochimica
La resina poliestere fotosensibile è
resina monocompetente che polimerizza quando esposta a luce ultravioletta.
Tale meccanismo permette di ottenere una riduzione
dell’emissione di stirene, pari al 40%, dovuta sia ai più rapidi tempi di
polimerizzazione che al fatto che la polimerizzazione si sviluppa dall’esterno
verso l’interno. In questo modo si viene a creare una superficie esterna che
indurisce ed inibisce l’evaporazione di stirene.
Preimpregnato e compound
Il preimpregnato (SMC) è un materiale
costituito da resina portata ad uno stadio intermedio fra il liquido ed il
polimerizzato, stabilizzanti, coloranti, cariche e fibre di vetro nella
quantità e nel tipo prefissato. E’ un materiale pronto per essere stampato e in
tal modo sono eliminate tutte le operazioni di miscelazione e di stoccaggio dei
diversi costituenti. E’ commercializzato in rotoli avvolti in film di politene.
Lo stampaggio avviene in stampi d’acciaio e
l’indurimento avviene sotto l’azione del calore e della pressione.
Il compound (BMC) è una miscela
costituita da resina alla quale si aggiungono additivi come lubrificanti,
stabilizzanti, successivamente le cariche , il pigmento, il catalizzatore e per
l’ultima fibra di vetro. Il tutto viene meccanicamente mescolato e mantenuto a
bassa temperatura.
Il prodotto ottenuto è una massa informe ad elevata viscosità, simile a stucco. E’ utilizzato per lo stampaggio di pezzi di forma complessa per i quali siano richieste caratteristiche meccaniche più basse rispetto a quelle ottenute con il preimpregnato. Lo stampaggio avviene in stampo cromato, riscaldato ad alta pressione.
TAB.
ATTREZZATURE
ATTREZZATURE |
BITTE |
SCALPELLI |
MARTELLI GOMMA |
SMERIGLI |
DISCHETTI ABRASIVI E DA TAGLIO |
PENNELLI |
RULLINI FRANGIBOLLE |
PISTOLE A SPRUZZO |
SPATOLE |
FASI
Fase -1-Magazzinaggio e movimentazione materie prime
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1. COMPARTO: |
VETRORESINA |
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2. FASE DI LAVORAZIONE: |
MAGAZZINAGGIO
E MOVIMENTAZIONE MATERIE PRIME |
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI RISCHIO: |
INFORTUNI,
IGIENICO-AMBIENTALI, SICUREZZA ELETTRICA, INCENDIO ED ESPLOSIONE |
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5. CODICE DI RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
7 |
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Capitolo 1 -“La fase di
lavorazione”
Il materiale, per la costruzione del
modello riproducente il manufatto richiesto, quale gesso, lamiera, legno,
poliuretano nonché fusti di resina, gel-coat, stirene, stucco a base di
paraffina, distaccante polivinilico e solventi, viene trasportato al
serramentista mediante automezzi.
In azienda il materiale viene anche consegnato
mediante spedizioni periodiche dove alcuni dipendenti provvedono allo stoccaggio
in appositi magazzini.
Le due principali tipologie
aziendali si differenziano per i quantitativi presenti e per le modalità di
immagazzinamento, che nel caso di piccole aziende sono effettuate solitamente a
mano da un paio di addetti, personale che per lo più effettua anche le
lavorazioni, mentre per le medie aziende lo
stoccaggio viene invece
effettuato tramite mezzi meccanici (carrelli, montacarichi), a volte con
operatore specifico ma più spesso con addetti ad altre mansioni che aiutano
nelle varie fasi operative.
Il materiale viene prelevato
dallo stoccaggio e trasportato in reparto per le prime lavorazioni.
Il materiale viene prelevato
e movimentato per lo più a mano da due addetti; in alcuni casi per grossi
quantitativi e a seconda della distanza magazzino-laboratorio, vengono
utilizzati mezzi meccanici. Il laboratorio il materiale viene posizionato
nelle vicinanze delle macchine di prima lavorazione.
Capitolo 2
-“Le attrezzature e le macchine”
CARRELLI A MANO O A MOTORE |
MONTACARICHI |
Capitolo 3
-“Il fattore di rischio”
Rischio derivante dallo scarico
e dal trasporto manuale del materiale da parte di operai singoli o in
coppia. Rischio legato al peso del materiale e soprattutto al
quantitativo di materiali oggetto dell’operazione, nonché dalla frequenza
dell’operazione nel tempo. Il carrello elevatore non è sempre dotato di
protezioni idonee dal rischio di coinvolgimento dell’operatore da parte del
materiale movimentato.
Per quanto riguarda il
rischio incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono
sostanze combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele
esplosive. Ad aggravare la situazione si presenta la circostanza che la
particolare natura del prodotto determina, durante la lavorazione, facilità di
imbrattamento dell’ambiente e degli impianti; per la combustibilità del
prodotto tale imbrattamento provoca facilità di propagazione dell’incendio che
può in breve venire ad interessare tutto lo stabilimento.
Gli impianti elettrici dei
luoghi di deposito delle vetroresine, data la presenza di materiale
combustibile e infiammabile, devono possedere caratteristiche di sicurezza
aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario. I centri di pericolo
possono essere le tenute meccaniche delle pompe, gli sfiati e le giunzioni
realizzate nelle operazioni di carico dei serbatoi.
Inoltre gli addetti sono
esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione,
al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli
soprattutto in estate.
Capitolo 4
-“Il danno atteso”
Traumatismi per urto di
materiali contro parti del corpo degli operatori.
Lombalgia acuta . Rischio di
schiacciamento di mani e piedi per urto o contatto durante la movimentazione
manuale del materiale. Ustioni e lesioni gravi o gravissime a seguito di
asfissia.
Sono stati rilevati N° 7 infortuni relativi a questo fattore
di rischio.
Capitolo 5
-“Gli interventi”
Da sottolineare la necessità
di opportuna dotazione sul carrello elevatore di opportune protezioni, tetto con
struttura rigida e gabbia di metallo anteriore, di riparo per l’operatore.
Il ricorso a mezzi
meccanici è possibile sia nelle fasi di scarico del materiale (autogru)
che di trasporto degli stessi (carrelli a mano o a motore) ma è ovviamente
subordinato agli spazi di manovra e di stoccaggio, che spesso non può che
essere effettuato a mano. Da evitare assolutamente il sollevamento di materiale
di peso
rilevante (superiore a 30 kg) affidato ad uno solo operatore.
Il trasporto e il
sollevamento in coppia se abbinato a posture corrette può evitare gravi
conseguenze sull’apparato muscolo-scheletrico.
E’ vietato conservare nel
deposito “infiammabili” il catalizzatore, poiché è una sostanza
comburente. Esso deve essere conservato in una zona del reparto ove la sua
presenza e le sue caratteristiche di reattività siano compatibili con altre
sostanze depositate.
Nei depositi fusti o nei
magazzini di reparto è severamente vietato fumare, usare apparecchi a
fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Non usare
attrezzature elettriche non idonee. Verificare sempre le condizioni delle apparecchiature
elettriche e soprattutto dei cavi di collegamento delle attrezzature
mobili, segnalando immediatamente eventuali necessità di manutenzione.
Gli interventi necessari ai
fini antincendio
sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo
caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti ad evitare l’insorgere
di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre
le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.
Valutazione dell’impianto
elettrico generale, della presenza ed idoneità della messa a terra
dell’impianto, della presenza di un dispositivo di sgancio tensione generale.
Corretta manutenzione dell’impianto. Valutare se le strutture di lavorazione e
di deposito necessitino di impianti di protezione contro i fulmini oppure
risultino autoprotette. Occorre che siano presenti i dispositivi di protezione contro
le scariche elettrostatiche con collegamenti equipotenziali e messa a terra
degli organi sui quali possano accumularsi
Per quanto riguarda i materiali
combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di
bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di
rilevazione automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio
dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento
dell’impianto di estinzione. Le vie di fuga devono essere ben
segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso
l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di
alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili
e fissi, con idoneo agente estinguente siano disponibili nella necessaria
quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.
Capitolo 6
-“Appalto a ditta esterna”
In questa fase non vi sono
appalti a ditte esterne.
Capitolo 7
-“Riferimenti legislativi”
Art. 176-177 DPR 547/55
DPR 459/96 Allegato I
Art.383-384
DPR 547/55
D.Lgs. 626/94-
Titolo IV, Allegati IV e V
D.Lgs. 626/94- TitoloV, Art.47, Art 48 e Art.49
Titolo VII DPR
547/55
Art. 69 L.46/1990
Norma CEI 64-8
Norma CEI 20-13
Art.34-36-37 DPR 547/55
D.
Interministeriale 16.02.1982
Art.13 D.
Lgs.626/94
Norma CEI 81-1
fasc. 1439 Appendice D
Art. 2-3 D.
Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).
Art. 11 DPR 303/56
Art. 11-377 379 DPR 547/55
Capitolo 8
-“Il rischio esterno”
Questo fattore
di rischio non influenza l’ambiente esterno.
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1. COMPARTO: |
VETRORESINA |
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2. FASE DI LAVORAZIONE: |
FORMAZIONE MODELLO |
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI RISCHIO: |
INFORTUNI,
,AGENTI CHIMICI, AGENTI FISICI, SICUREZZA ELETTRICA, INCENDIO ED ESPLOSIONE,
TRASVERSALI-ORGANIZZATIVI |
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5. CODICE DI RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
10 |
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Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”
Si tratta di una operazione di carpenteria in
legno o gesso o lamiera o poliuretano, effettuata con plantografo, nel corso
della quale si provvede alla costruzione di un modello in genere in legno detto
“manichino”,
riproducente esattamente nella forma, dimensione e grado di finitura il
manufatto che poi si andrà a produrre, sia questo una parte di carrozzeria per
pullman, camion, furgoni, camper o qualsiasi altra struttura.
E’ di notevole importanza che il modello abbia una
buona robustezza e resistenza meccanica, in maniera tale che non
possa presentare momenti di flessione durante la costruzione dello stampo né
che si deformi all’atto della sua estrazione dallo stampo stesso.
La prima operazione che viene
effettuata è quella di formazione della struttura fissa interna
abitualmente costruita in legno di abete, successivamente rivestita con fogli
di compensato di pioppo.
In questa seconda fase il lavoro non è più di mera
carpenteria ma di fine falegnameria, in quanto si cerca di raggiungere
l’aspetto definitivo del manufatto con la maggiore accuratezza possibile.
Dopo la ribattitura dei chiodi di fissaggio,
si provvede in alcune aziende a verniciare la superficie esterna del
manichino a pennello, con rullo o a spruzzo, utilizzando resine o vernici poliuretaniche
trasparenti aventi la funzione di “turapori”.
Dopo la loro completa essicazione segue una carteggiatura
a secco di tutta la superficie. Per ricoprire eventuali avvallamenti
anche di grosse dimensioni, che la superficie presenta inevitabilmente, la si
ricopre con stucco metallico applicato a spatola e successivamente si carteggia
nuovamente il tutto a secco utilizzando carteggiatrici elettriche portatili
o “stecche” di legno ricoperte di carta abrasiva. In seguito viene applicato a
spruzzo uno strato di stucco che viene egualmente carteggiato e
lucidato a secco.
Il modello così realizzato, ed a cui è stato dato un
buon grado di finitura, viene “plastificato” con il “GELCOAT”
(vernice costituita da macromolecole organiche pigmentate e stirene,
miscelate con catalizzatore ed accellerante) applicato a spruzzo.
Dopo la completa essicazione del gelcoat si carteggia
nuovamente la superficie questa volta “ad umido “. In questa
operazione di levigatura si è soliti ricoprire la superficie con una vernice ad
acqua di colore nero (cenerino) avente la funzione di spia per l’individuazione
di quelle zone leggermente avvallate che non sarebbero altrimenti
evidenziabili. In ultimo segue anche una lucidatura con pasta abrasiva.
Queste operazioni di levigatura tendono ad ottenere
une superficie liscia e speculare, in maniera tale da produrre poi uno stampo
strutturalmente idoneo a produrre manufatti con caratteristiche di
finitura ottimali, o che non necessitino, in un secondo tempo, di grosse
operazioni di carrozzeria.
Per rendere successivamente possibile il distacco
del modello dallo stampo, che vi verrà costruito sopra, a questa fase
di lavoro segue la cosiddetta operazione di ceratura che ha come
obiettivo la formazione di un velo destinato ad impedire l’incollaggio tra un
manichino e lo stampo stesso, facilitandone così l’estrazione.
Essa consiste nell’applicazione di cere distaccanti
(cere microcristalline ad alto punto di fusione) sulla superficie del
manichino, per mezzo di tamponi; la superficie viene lucidata dopo ogni
apposizione di cera.
E’ importante che l’operazione interessi ogni punto
della superficie ed assicuri una buona uniformità di distribuzione.
In alternativa a questo metodo si può utilizzare l’alcool
polivinilico applicato a spruzzo o con un panno, comunque su di una
superficie già trattata, almeno una volta, con cera.
Capitolo 2 -“Le attrezzature
e le macchine”
SCALPELLI |
PENNELLI |
RULLINI FRANGIBOLLE |
PISTOLE A SPRUZZO |
SPATOLE |
CARTEGGIATRICE ELETTRICA |
Capitolo 3
-“Il fattore di rischio”
La formazione del modello
comporta possibili esposizioni a stirene, polveri e resine.
Emissioni di materiale
parcellare avvengono durante tutte le fasi di rifinitura e taglio dei
manufatti.
Nella maggior parte dei casi
si tratta di emissioni diffuse nell’ambiente di lavoro, poiché non sempre
vengono adottati sistemi di captazione e di abbattimento.
Fibre di vetro vengono emesse soprattutto
durante l’applicazione manuale del feltro in fibra di vetro, nelle fasi di
applicazione a spruzzo, di impregnazione manuale e di rifinitura. Non sono
disponibili dati di emissione dei flussi convogliati. Nella maggior parte dei
casi si tratta di emissioni diffuse.
Può esserci l’esposizione ad
acetone
e a diclorometano o ad altri composti organici quali isocianati
durante le operazioni di verniciatura oppure ancora a diclorometano
utilizzato per il lavaggio degli utensili impiegati per l’applicazione della
resina.
Per quanto riguarda il rischio
incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono sostanze
combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele esplosive. Ad
aggravare la situazione si presenta la circostanza che la particolare natura
del prodotto determina, durante la lavorazione, facilità di imbrattamento
dell’ambiente e degli impianti; per la combustibilità del
prodotto tale imbrattamento
provoca facilità di propagazione dell’incendio che può in breve venire ad
interessare tutto lo stabilimento.
Data la presenza di
materiale combustibile e infiammabile, gli impianti elettrici dei luoghi di
deposito delle vetroresine, devono possedere caratteristiche di sicurezza aggiuntive
a quelle prescritte per un luogo ordinario. I centri di pericolo possono essere
le tenute meccaniche delle pompe, gli sfiati e giunzioni realizzate nelle
operazioni di carico dei serbatoi.
Inoltre gli addetti sono
esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione,
al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli
soprattutto in estate.
Negli ambienti di produzione PRFV si possono trovare
altri rischi di tipo fisico come il rumore dovuto prevalentemente
agli utensili e in parte agli impianti di aspirazione male insonorizzati.
L’esposizione a rumore, ed in particolare a livelli di pressione sonora
rischiosi per la salute degli
esposti, è certamente un problema molto marginale
per questo comparto produttivo. Rilevazioni condotte in vari settori non hanno
quasi mai evidenziato livelli di esposizione personali superiori ai valori di
riferimento normalmente accettati (Lep d 85 dBA ). Unica eccezione è la fase di
molatura e sbavatura (discaggio) con utensili portatili: in tali casi i livelli
possono agevolmente raggiungere valori istantanei superiori ai 100 dBA.
E’ importante sottolineare che in queste operazioni
il tempo di esposizione è sempre molto ridotto e quindi ben difficilmente
possono verificarsi esposizioni personali superiori agli 85 dBA equivalenti.
Capitolo 4 -“Il danno atteso”
Effetti acuti e cronici dello stirene
(vedi tabelle).
Effetti da esposizione a resine
sintetiche: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma
bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria
da contatto e fotodermatiti.
L’utilizzo di cere
distaccanti può dare: dermatite irritativa e/o allergica, dermatite
follicolare, fotodermatite e melanodermia.
Effetti da esposizione ad acetone
quali: sindrome irritativa cutanea (effetto sgrassante), congiuntivale e
respiratoria; azione deprimente di tipo narcotico sul SNC; danno neurotossico
diretto da “Metil-n-butil-Chetone”; disturbi irritativi a carico dell’apparato
digerente con nausea e/o vomito.
Effetti da esposizione ad
isocianati a carico dell’apparato respiratorio quali: disturbi
irritativi delle prime vie respiratorie, asma bronchiale, broncopnemopatia
cronica ostruttiva, possibile alveolite allergica estrinseca.
Le segnalazioni sulla
sospetta cancerogenicità delle fibre di vetro si riferisce sempre a
popolazioni esposte nei reparti di produzione prima comunque dell’introduzione
dei leganti che hanno ridotto la dispersione delle fibre.
Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate
Rumore.
Ustioni e lesioni gravi o gravissime
a seguito di asfissia. Lesioni gravi o gravissime da elettrocuzione sia per gli
operatori direttamente interessati che per eventuali soccorritori che non
adottino procedure di sicurezza durante l’intervento.
TAB. EFFETTI ACUTI STIRENE
ACUTI |
|
SNC |
·
SONNOLENZA, PERDITA DI EQUILIBRIO, NAUSEA,
CEFALEA, MODICA EUFORIA, AUMENTO DEI TEMPI DI REAZIONE ·
SINDROME DA STIRENE:NAUSEA, VOMITO,
ANORESSIA, ASTENIA |
MUCOSE E VIE RESPIRATORIE |
·
RINOCONGIUNTIVITE, FARINGITE |
TAB. EFFETTI CRONICI STIRENE
CRONICI |
|
SNC E SNP |
·
ALTERAZIONI ELETTROENCELALOEGRAFICHE,
POSSIBILE RALLENTAMENTO VELOCITA’ DI CONDUZIONE PERIFERICA,ALTER.
APPRENDIMENTO, ALTERAZ. ABILITA’ VISIVO COSTRUTTIVA E DELLA MEMORIA LOGICA |
OCCHIO |
·
POSSIBILE DISCROMATOPSIA |
FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE |
·
POSSIBILE ALTERAZ. MODESTE
DELL’ENZIMOGRAMMA EPATICO, INDUZIONE ENZIMATICA |
RENE |
·
POSSIBILE GLOMERULO E TUBULOPATIA |
SANGUE |
·
AUMENTO DEI MONOCITI PERIFERICI, RIDUZIONE
DELLA MIGRAZIONE LINF OCITARIA |
SISTEMA IMMUNITARIO |
·
SONO STATI EVIDENZIATI DA VARI AUTORI
ALTERAZIONI DELL’EQUILIBRIO TRA CELLULE EFFETRICI E REGOLATRICI DELLA
RISPOSTA IMMUNITARIA. COMUNQUE GLI STUDI FINO AD OGGI PRESENTI IN LETTERATURA
SONO ANCORA POCHI SOPRATTUTTO IN CAMPO UMANO PER CHIARIRE IL MECCANISMO
D’AZIONE DI TALE XENOBIOTICO SUL SISTEMA IMMUNITARIO |
APPARATO RESPIRATORIO |
·
POSSIBILE ASMA BRONCHIALE |
SISTEMA ENDOCRINO |
·
AZIONE SUL SISTEMA DOPAMINERGICO CON
AUMENTO DELLA PROLATTINA SIERICA |
MUTAGENESI / TERATOGENESI |
·
AUMENTO ABERRAZIONI CROMOSOMICHE ·
AUMENTO FREQUENZA SCAMBI CROMATIDI ·
AUMENTO DEI MICRONUCLEI |
CANCEROGENESI |
·
LIMITATA EVIDENZA DI CANCEROGENICITA’ (2B) ·
EVIDENZA SUFFICIENTE PER LO STIRENE OSSIDO
(2A) |
Sono stati rilevati N° 5 infortuni relativi a questo fattore
di rischio.
Capitolo 5
-“Gli interventi”
Gli interventi per la riduzione dei
livelli di esposizione professionale agli inquinanti aerodispersi
possono essere molteplici e riguardano la modifica dei vari fattori che
influiscono sulla loro determinazione come viene evidenziato dallo schema
seguente:
RIDUZIONE
O SOSTITUZIONE SOSTANZE NOCIVE |
>SORGENTE< |
SCELTA
DELLA PIU’ IDONEA TECNOLOGIA PRODUTTIVA |
t
VENTILAZIONE
GENERALE ASPIRAZIONE
LOCALIZZATA |
>PROPAGAZIONE< INQUINANTI |
CORRENTI
D’ARIA INTERFERENTI |
t
RITMI
DI PRODUZIONE LAY-OUT |
>ORGANIZZAZIONE DEL< LAVORO |
TEMPI
DI ESPOSIZIONE E ROTAZIONE MANUTANZIONE
PROGRAMMATA |
t
INFORMAZIONE |
UOMO |
DPI |
L’uso di resine
a basso contenuto di stirene è una tecnica valida per la riduzione
dell’inquinamento soprattutto per l’ambiente esterno. All’interno dell’ambiente
di lavoro esse non hanno dato fino ad ora buoni risultati, giacchè la velocità
di evaporazione dello stirene si mantiene praticamente la stessa fino al punto
di gelificazione. L’eliminazione o riduzione della sostanza nociva trova una
difficile applicazione concreta per la singola azienda poiché comporta il
coinvolgimento attivo delle fabbriche produttrice di materie prime. Più
facilmente realizzabili a livello aziendale, pur onerosi,
sono i cambiamenti
tecnologici radicali come, ad esempio, il passaggio da una tecnica di
impregnazione manuale o a
spruzzo a quella del preimpregnato, nella quale la quantità di stirene
evaporante è significativamente ridotta.
Bassi livelli di esposizione
professionale sono inoltre ottenibili con:
·
iniezione
a stampo chiuso (stampo e controstampo con iniezione);
·
poltrusione;
·
formatura
per centrifugazione;
·
stampaggio
preimpregnato;
·
ciclo
chiuso con robot in zona segregata.
Medi livelli di esposizione
professionale sono ottenibili con:
·
velatura
e laminati se realizzati in modo discontinuo;
·
avvolgimento
se realizzato in modo discontinuo;
Alti livelli di esposizione
professionale si riscontrano con:
·
stratificazione
e rullatura manuale
Altissimi livelli di
esposizione professionale si riscontrano con:
·
stratificazione
a spruzzo
Per quanto riguarda gli interventi
sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione
generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con
aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli
inquinanti per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo diluito
in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato dal
lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente possibile,
l’installazione di aspirazioni localizzate.
L’aspirazione localizzata è
generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate
vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad
un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino.
Il volume di aria estratto e
la dislocazione degli organi di captazione costituiscono fattori importanti al
fine di un efficace controllo. Non è consentito effettuare il ricircolo
dell’aria estratta contenente stirene. Se l’aria estratta non viene reintegrata
con apposito e idoneo impianto di immissione, essa finisce per entrare dalle
porte e dalle finestre in maniera incontrollata. Quindi l’aria estratta deve
essere reintegrata da una pari quantità di aria in ingresso. Occorre progettare
con molta attenzione le zone e le velocità di immissione dell’aria di reintegro
in modo che:
·
non
si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in
ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;
·
non
vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti
alla sorgente;
·
non
si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.
Nei reparti di lavorazione
devono essere presenti le sostanze strettamente indispensabili alla
lavorazione. I restanti quantitativi devono essere stoccati negli appositi
locali.
E’ necessario verificare che
sui recipienti in cui sono raccolte le varie sostanze sia sempre indicato il
contenuto, specialmente in
occasioni di travasi da un recipiente ad un altro.
Per l’utilizzazione dei
singoli prodotti attenersi a quanto specificato nella etichettatura ed
utilizzare per ognuno appositi contenitori, contraddistinti con colorazioni
tali da evitare ogni possibile confusione ed errore, come ad esempio :
calderelli rossi: resini e
stucco;
vaschette e taniche nere :
acetone;
caraffe azzurre:
catalizzatore.
Per le restanti sostanze,
irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.
Chiudere immediatamente dolo
l’uso ogni recipiente che contenga sostanze nocive o pericolose. Riporre
immediatamente dopo l’uso i caldarelli sporchi di resina o di stucco e gli
altri recipienti contenenti o sporchi di gel-coat o di altre sostanze
pericolose, all’interno di appositi armadi
metallici ventilati, avendo
cura di tenere sempre chiuse le porte. Provvedere sollecitamente alla raccolta
di eventuali dispersioni.
Nei reparti ove si preparano
i manufatti in vetroresina è severamente vietato fumare e usare apparecchi a
fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Non usare
attrezzature elettriche non idonee. Verificare sempre le condizioni delle
apparecchiature elettriche e soprattutto dei cavi di collegamento delle
attrezzature mobili, segnalando immediatamente eventuali necessità di
manutenzione.
Gli interventi necessari ai
fini antincendio
sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo
caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti a ad evitare
l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi
per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le
prevenzioni adottate.
Valutazione dell’impianto
elettrico generale, della presenza ed idoneità della messa a terra
dell’impianto, della presenza di un dispositivo di sgancio tensione generale.
Corretta manutenzione
dell’impianto. Valutare se
le strutture di lavorazione e di deposito necessitino di impianti di protezione
contro i fulmini oppure risultino autoprotette.
Occorre che siano presenti i
dispositivi
di protezione contro le scariche elettrostatiche con collegamenti
equipotenziali e messa a terra degli organi sui quali possano accumularsi
Per quanto riguarda i
materiali combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o
dotati di bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di
rilevazione
automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è
possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di
estinzione. Le vie di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza
devono essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione
di emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi,
gli impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente
siano disponibili nella necessaria quantità,
sia all’interno che
all’esterno dello stabilimento.
Importanti anche gli
interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto
parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni
periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale
ma deve essere motivo prioritario di uno studio approfondito per migliorare le
condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come
ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici
tesi a ridurre i rischi lavorativi.
I DPI (dispositivi di
protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a
fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale
trasmissione di infezioni.
Ad ogni lavoratore devono
essere forniti idonei DPI quali:
·
Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in
cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza
necessarie;
·
Calzature del tipo antisdrucciolevole;
·
Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi
delle sostanze manipolate;
·
Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:
MASCHERINE PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3 |
MASCHERINE PER I GAS E I
VAPORI |
VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA
SUA CONCENTRAZIONE |
Per i vapori di stirene sono
efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre
quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per
le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in
quanto assolutamente inefficaci. Devono essere utilizzati quelli con doppio
elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la
valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto
del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in
tempi brevi.
·
Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate
occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che
garantiscono una miglior protezione.
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3 |
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI |
I FILTRI IDONEI SONO
CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A” |
Come per le mascherine a
carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati
in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i
facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente
seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al
viso.
·
Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione
d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata
tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non
inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un
riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro
disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale
umidificatore. Nel secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed
occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria
tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata
ed umidificata.
Capitolo 6
-“Appalto a ditta esterna”
La manutenzione
dell’impianto elettrico e tutti gli interventi elettrici sono appaltati ad
impiantisti specializzati.
La
manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è
appaltata a ditte specializzate.
Capitolo 7
-“Riferimenti legislativi”
DPR
303/56 n° Tab.33
DPR 482
/75 n° Tab.30
DPR
303/56 n° Tab.39
DPR 482
/75 n° Tab.37
DPR 482
/75 n° Tab.49
Art.383-384
DPR 547/55
Titolo VII DPR 547/55
Art. 69 L.46/1990
Norma CEI 64-8
Norma CEI
20-13
Art.34-36-37 DPR 547/55
D. Interministeriale 16.02.1982
Art.13 D. Lgs.626/94
Norma CEI 81-1
fasc. 1439 Appendice D
Art. 2-3 D.
Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).
DPR
24.05.1988, n. 203
DPCM
21-7-1989
Capitolo 8
-“Il rischio esterno”
Il rilascio in atmosfera di sostanze organiche volatili
rappresenta una significativa causa di impatto ambientale. E’ possibile
classificare l’ordine dei livelli di emissione, sulla base del rilascio in
atmosfera dello stirene.
FASE LAVORAZIONE |
LIVELLO EMISSIONE ORDINE DECRESCENTE |
Spruzzatura |
1 |
Rullatura |
2 |
Avvolgimento (bagno) |
3 |
Laminazione continua |
4 |
Poltrusion (bagno) |
5 |
Getti in conchiglia (stampo chiuso) |
6 |
Le emissioni principali avvengono
durante l’applicazioni del gelcoat, durante l’applicazione
delle resine e nella fase di indurimento. La quantità di stirene emesso dipende
essenzialmente dai tempi di gelificazione della resina, dalla temperatura del
processo e dalla velocità di flusso dell’aria.
E’ noto che questo inquinante, nell’atmosfera
urbana, può avere importanza per la sua reattività, in quanto precursore di
smog fotochimico.
Allo stirene deve aggiungersi, quale inquinante,
l’acetone utilizzato per la pulizia delle macchine applicatrici, dei pennelli e
dei rulli; la presenza di acetone nell’emissione finale è estremamente
variabile, dal momento che non entra nella formulazione e nella fase
applicativa delle resine.
Fase 3-Miscelazione componenti per resina poliestere
|
|
|
|
1. COMPARTO: |
VETRORESINA |
|
|
|
|
|
|
2. FASE DI LAVORAZIONE: |
MISCELAZIONE
COMPONENTI PER RESINA POLIESTERE |
|
|
|
|
|
|
3. COD.INAIL: |
|
|
|
|
|
|
|
4. FATTORE DI RISCHIO: |
INFORTUNI,
IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI, AGENTI FISICI, SICUREZZA ELETTRICA,
INCENDIO ED ESPLOSIONE |
|
|
|
|
|
|
5. CODICE DI RISCHIO |
|
|
|
(riservato all’ ufficio) |
|
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|
|
|
|
|
6. N. ADDETTI: |
4 |
|
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|
|
|
|
Capitolo 1 -“La fase di
lavorazione”
Nella fase di miscelazione dei
componenti per resina poliestere si utilizza una resina costituita da una soluzione
di poliestere in un monomero (stirene) con una percentuale di
quest’ultimo del 30-50%. Il poliestere è prodotto dalla condensazione di alcooli
doppi (glicoli) tipo propilenico, dietilenico o neopentilico, con
alcuni acidi saturi o insaturi quali il maleico, l’ortoftalico o l’isoftalico.
Lo stirene, in presenza di un catalizzatore ed un accellerante
(non sempre utilizzato), forma con la catena molecolare del poliestere
un reticolo tridimensionale, processo di polimerizzazione, che determina il
passaggio della resina dallo stato liquido a quello solido chimicamente
stabile.
Il catalizzatore utilizzato
(1-2% in peso della miscela) è normalmente un perossido organico, ad
es. perossido di metilchetone (MEKp)..
La miscelazione della resina
con il 2% di catalizzatore viene effettuata per 40”.
Nelle aziende studiate non
vengono utilizzati accelleranti.
·
CATALIZZATORE: Sostanza
che favorisce la reazione di indurimento della resina: cioè la reazione di reticolazione
del monomero vinilico che reagisce con i doppi legami del poliestere lineare
insaturo. I catalizzatori più usati sono i perossidi organici (perossido di
benzoile, perossido di metilechetone, perossido di cicloesanone) solitamente
disciolti in ftalati.
·
ACCELLERANTI: Per
l’indurimento a freddo si utilizzano dei sistemi induritori/accelleranti
riportati in tabella insieme al tipo utilizzato.
TAB. CATALIZZATORI ED
ACCELLERANTI
SISTEMA *CATALIZZATORE §ACCELLERANTE |
TEMPO DI GELO |
TEMPO DI POLIMERIZZAZIONE |
UTILIZZO |
*NAFTENATO
DI COBALTO §
METILCHETONE-PEROSSIDO |
MEDIO-LUNGO |
LUNGO |
STRATIFICAZIONI
CONSISTENTI PRODUZIONE
DI GEL-COATS |
*NAFTENATO
DI COBALTO §
ACETILACETONE -PEROSSIDO |
MEDIO-LUNGO |
MEDIO-BREVE |
PRODUZIONE
IN SERIE DI PICCOLI PEZZI CONTENITORI ALIMENTI |
*NAFTENATO COBALTO-DIMETILANILINA §
METILETILCHETONE-PEROSSIDO |
BREVE |
BREVE |
STAMPAGGIO
A BASSA PRESSIONE STAMPAGGIO
AD INIEZIONE |
*DIMETILANILINA § BENZOILE -PEROSSIDO |
RAPIDO |
RAPIDO |
PRODUZIONE
STUCCHI E MASTICI |
Capitolo 2
-“Le attrezzature e le macchine”
PENNELLI |
SPATOLE |
Capitolo 3
-“Il fattore di rischio”
La fase di miscelazione dei
componenti per resina poliestere comporta esposizione a stirene,
polveri e resine.
In questa fase il rischio è
anche legato all’uso di sostanze infiammabili e combustibili
che possono produrre miscele esplosive. Il pericolo dell’accidentale innesco di
queste miscele è aggravato dal successivo probabile incendio dei materiali
combustibili presenti.
Capitolo 4
-“Il danno atteso”
Effetti acuti e cronici dello stirene
(vedi tabelle).
TAB. EFFETTI ACUTI STIRENE
ACUTI |
|
SNC |
·
SONNOLENZA, PERDITA DI EQUILIBRIO, NAUSEA,
CEFALEA, MODICA EUFORIA, AUMENTO DEI TEMPI DI REAZIONE ·
SINDROME DA STIRENE:NAUSEA, VOMITO,
ANORESSIA, ASTENIA |
MUCOSE E VIE RESPIRATORIE |
·
RINOCONGIUNTIVITE, FARINGITE |
TAB. EFFETTI CRONICI STIRENE
CRONICI |
|
SNC E SNP |
·
ALTERAZIONI ELETTROENCELALOEGRAFICHE,
POSSIBILE RALLENTAMENTO VELOCITA’ DI CONDUZIONE PERIFERICA,ALTER.
APPRENDIMENTO, ALTERAZ. ABILITA’ VISIVO COSTRUTTIVA E DELLA MEMORIA LOGICA |
OCCHIO |
·
POSSIBILE DISCROMATOPSIA |
FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE |
·
POSSIBILE ALTERAZ. MODESTE
DELL’ENZIMOGRAMMA EPATICO, INDUZIONE ENZIMATICA |
RENE |
·
POSSIBILE GLOMERULO E TUBULOPATIA |
SANGUE |
·
AUMENTO DEI MONOCITI PERIFERICI, RIDUZIONE
DELLA MIGRAZIONE LINF OCITARIA |
SISTEMA IMMUNITARIO |
·
SONO STATI EVIDENZIATI DA VARI AUTORI
ALTERAZIONI DELL’EQUILIBRIO TRA CELLULE EFFETRICI E REGOLATRICI DELLA
RISPOSTA IMMUNITARIA. COMUNQUE GLI STUDI FINO AD OGGI PRESENTI IN LETTERATURA
SONO ANCORA POCHI SOPRATTUTTO IN CAMPO UMANO PER CHIARIRE IL MECCANISMO
D’AZIONE DI TALE XENOBIOTICO SUL SISTEMA IMMUNITARIO |
APPARATO RESPIRATORIO |
·
POSSIBILE ASMA BRONCHIALE |
SISTEMA ENDOCRINO |
·
AZIONE SUL SISTEMA DOPAMINERGICO CON
AUMENTO DELLA PROLATTINA SIERICA |
MUTAGENESI / TERATOGENESI |
·
AUMENTO ABERRAZIONI CROMOSOMICHE ·
AUMENTO FREQUENZA SCAMBI CROMATIDI ·
AUMENTO DEI MICRONUCLEI |
CANCEROGENESI |
·
LIMITATA EVIDENZA DI CANCEROGENICITA’ (2B) ·
EVIDENZA SUFFICIENTE PER LO STIRENE OSSIDO
(2A) |
Effetti da esposizione a resine sintetiche: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria da contatto e fotodermatiti.
Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate soprattutto durante la miscelazione della resina con il catalizzatore.
Ustioni e lesioni gravi o gravissime
a seguito di asfissia.
Sono stati rilevati N° 2 infortuni relativi a questo fattore
di rischio.
Capitolo 5 -“Gli interventi”
L’eliminazione del rischio di esposizione a stirene
dovrebbe passare attraverso l’utilizzo di materie prime alternative.
A questo proposito sono state prodotte resine con
diverse formulazioni:
·
Resine a bassa emissione
·
Resine a basso contenuto di monomero
·
Resine a catalisi fotochimica
·
Preimpregnato e compound
Resine a bassa emissione
Sono dette a bassa emissione le resine alle
quali vengono addizionati agenti inibitori (paraffine o prodotti simili alla
cera) che formando uno strato sottile sulla superficie dei laminati blocca
l’evaporazione dello stirene. Inoltre i quantitativi
di monomero necessari per la formulazione di queste resine sono fra i più bassi
e si aggirano intorno al 28% in peso.
L’aggiunta dei suddetti prodotti può peggiorare
certe caratteristiche meccaniche e in particolare la perdita di coesione
interlaminare nei manufatti multistrato (delaminazione).
In laboratorio sono stati sperimentati degli
additivi affioranti (dicetilfumarato) capaci, contrariamente ai prodotti paraffinici,
di reagire chimicamente durante il processo di reticolazione evitando fenomeni
indesiderati.
L’utilizzo di resine a bassa emissione porta ad una
riduzione dello stirene superiore al 50%, per le resine contenenti DCF e del
40-50% per quelle contenenti paraffine, rispetto alla resina prive di additivi.
La riduzione dell’emissione di stirene ottenibile sia
per la presenza degli affioranti (essicamento del manufatto) che per la minore
quantità di monomero presente (fase di realizzazione del manufatto), incide
positivamente nell’ambiente, pur non riducendo l’esposizione dei singoli
lavoratori.
Resine a basso contenuto di monomero
Il contenuto medio di monomero nelle resine si
aggira intorno al 40-50% del suo peso. Riducendo il monomero al 35% è stato
possibile ottenere una riduzione dello stirene in atmosfera pari al 40 %,
durante l’intero ciclo produttivo. Tali resine, oltre ad un costo maggiore,
presentano inconvenienti legati ad una maggiore viscosità e ad una variazione
delle proprietà fisiche e meccaniche dei manufatti.
Resine a catalisi fotochimica
La resina poliestere fotosensibile è
resina monocompetente che polimerizza quando esposta a luce ultravioletta.
Tale meccanismo permette di ottenere una riduzione
dell’emissione di stirene, pari al 40%, dovuta sia ai più rapidi tempi di
polimerizzazione che al fatto che la polimerizzazione si sviluppa dall’esterno
verso l’interno. In questo modo si viene a creare una superficie esterna che
indurisce ed inibisce l’evaporazione di stirene.
Preimpregnato e compound
Il preimpregnato (SMC) è un materiale
costituito da resina portata ad uno stadio intermedio fra il liquido ed il
polimerizzato, stabilizzanti, coloranti, cariche e fibre di vetro nella
quantità e nel tipo prefissato. E’ un materiale pronto per essere stampato e in
tal modo sono eliminate tutte le operazioni di miscelazione e di stoccaggio dei
diversi costituenti. E’ commercializzato in rotoli avvolti in film di politene.
Lo stampaggio avviene in stampi d’acciaio e
l’indurimento avviene sotto l’azione del calore e della pressione.
Il compound (BMC) è una miscela
costituita da resina alla quale si aggiungono additivi come lubrificanti,
stabilizzanti, successivamente le cariche , il pigmento, il catalizzatore e per
l’ultima fibra di vetro. Il tutto viene meccanicamente mescolato e mantenuto a
bassa temperatura.
Il prodotto ottenuto è una massa informe ad elevata viscosità, simile a stucco. E’ utilizzato per lo stampaggio di pezzi di forma complessa per i quali siano richieste caratteristiche meccaniche più basse rispetto a quelle ottenute con il preimpregnato. Lo stampaggio avviene in stampo cromato, riscaldato ad alta pressione.
Per quanto riguarda gli
interventi sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione
generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con
aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli
inquinanti per diluizione.
Però visto che l’inquinante
viene così solo diluito in un più grande volume d’aria e non si evita che venga
respirato dal lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia
tecnicamente possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.
L’aspirazione localizzata è
generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate
vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad
un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino. Il
volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione
costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è
consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene. Se
l’aria estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di
immissione, essa finisce per entrare dalle porte e dalle finestre in maniera
incontrollata. Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una pari
quantità di aria in ingresso. Occorre progettare con molta attenzione le zone e
le velocità di immissione dell’aria di reintegro in modo che:
·
non
si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in
ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;
·
non
vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti
alla sorgente;
·
non
si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.
Nei reparti di lavorazione
devono essere presenti le sostanze strettamente indispensabili alla
lavorazione. I restanti quantitativi devono essere stoccati negli appositi
locali.
E’ necessario verificare che
sui recipienti in cui sono raccolte le varie sostanze sia sempre indicato
il contenuto, specialmente in occasioni di travasi da un recipiente ad
un altro.
Per l’utilizzazione dei
singoli prodotti attenersi a quanto specificato nella etichettatura ed
utilizzare per ognuno appositi contenitori, contraddistinti con colorazioni
tali da evitare ogni possibile confusione ed errore, come ad esempio :
calderelli rossi: resini e
stucco;
vaschette e taniche nere :
acetone;
caraffe azzurre:
catalizzatore.
Per le restanti sostanze,
irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.
Chiudere immediatamente dopo l’uso ogni recipiente che contenga sostanze nocive o pericolose. Riporre immediatamente dopo l’uso i caldarelli sporchi di resina o di stucco e gli altri recipienti contenenti o sporchi di gel-coat o di altre sostanze pericolose, all’interno di appositi armadi metallici ventilati, avendo cura di tenere sempre chiuse le porte. Provvedere sollecitamente alla raccolta di eventuali dispersioni.
Nei reparti in cui si
effettua la miscelazione della resina è severamente vietato fumare, usare
apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Gli
interventi necessari ai fini antincendio sono di diversa natura, di carattere
preventivo e protettivo. Nel primo caso si tratta di attuare tutti quei
provvedimenti atti a ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo
si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un incidente
verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.
Per quanto riguarda i materiali
combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di
bacino di contenimento.
E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione automatica
dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere
oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di estinzione. Le vie
di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza devono
essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione di
emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli
impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente devono
essere disponibili nella necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno
dello stabilimento.
Importanti anche gli
interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto
parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni
periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale
ma deve essere motivo prioritario di uno studio
approfondito per migliorare
le condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come
ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici
tesi a ridurre i rischi lavorativi.
I DPI (dispositivi di
protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a
fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale
trasmissione di infezioni.
Ad ogni lavoratore devono
essere forniti idonei DPI quali:
·
Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in
cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza
necessarie;
·
Calzature del tipo antisdrucciolevole;
·
Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi
delle sostanze manipolate;
·
Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:
MASCHERINE PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3 |
MASCHERINE PER I GAS E I
VAPORI |
VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA
SUA CONCENTRAZIONE |
Per i vapori di stirene sono
efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre
quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per
le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in
quanto assolutamente inefficaci.
Devono essere utilizzati quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in tempi brevi.
·
Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate
occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che garantiscono
una miglior protezione.
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3 |
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI |
I FILTRI IDONEI SONO CONTRASSEGNATI
DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A” |
Come per le mascherine a
carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservate
in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i
facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente
seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al
viso.
·
Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione
d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata
tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non
inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un
riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro
disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale
umidificatore. Nel secondo caso
·
la
portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere
opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve
essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.
Capitolo 6
-“Appalto a ditta esterna”
La
manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è
appaltata a ditte specializzate.
Capitolo 7
-“Riferimenti legislativi”
DPR
303/56 n° Tab.33
DPR 482
/75 n° Tab.30
Art. 176-177 DPR 547/55
DPR 459/96 Allegato I
Art.383-384
DPR 547/55
D.Lgs. 626/94-
Titolo IV, Allegati IV e V
Titolo VII DPR
547/55
Art. 69 L.46/1990
Norma CEI 64-8
Norma CEI 20-13
Art.34-36-37 DPR 547/55
D.
Interministeriale 16.02.1982
Art.13 D.
Lgs.626/94
Norma CEI 81-1
fasc. 1439 Appendice D
Art. 2-3 D.
Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).
Art. 11 DPR 303/56
Art. 11-377 379 DPR 547/55
Capitolo 8
-“Il rischio esterno”
Questo fattore
di rischio non influenza l’ambiente esterno.
Fase 4-Costruzione stampo: stratificazione impregnazione manuale su
stampo
|
|
|
|
1. COMPARTO: |
VETRORESINA |
|
|
|
|
|
|
2. FASE DI LAVORAZIONE: |
COSTRUZIONE
STAMPO: STRATIFICAZIONE IMPREGNAZIONE MANUALE SU STAMPO |
|
|
|
|
|
|
3. COD.INAIL: |
|
|
|
|
|
|
|
4. FATTORE DI RISCHIO: |
INFORTUNI,
IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI, AGENTI FISICI, SICUREZZA ELETTRICA,
INCENDIO ED ESPLOSIONE |
|
|
|
|
|
|
5. CODICE DI RISCHIO |
|
|
|
(riservato all’ ufficio) |
|
|
|
|
|
|
|
6. N. ADDETTI: |
9 |
|
|
|
|
|
|
Capitolo 1 -“La fase di
lavorazione”
Nel metodo della “formatura
a contatto” è sufficiente la creazione di un solo stampo che potrà
essere chiamato “maschio” o “femmina” in funzione della faccia del manufatto
che dovrà presentarsi “liscia”. Nel nostro caso si analizzerà la costruzione di
uno stampo, a calco femmina, in vetroresina, pratica maggiormente utilizzata
per il buon grado di robustezza e leggerezza offerto da esso.
Al manichino trattato con
sostanze distaccanti viene applicato uno strato di “gelcoat per stampi”
generalmente a spruzzo (pistola con ugello da 4,0 mm e
pressione 4-5 atm.), operazione che è possibile effettuare anche con rullo
o pennello.
Il gelcoat viene utilizzato
di vari colori (arancio, nero, verde, rosa ecc.) e lo spessore che normalmente
si applica è di circa 0,5-0,6 mm equivalenti a circa 550/650 g di gelcoat per
m2 di superficie.
Quando il gelcoat
è completamente essiccato ha inizio la deposizione dei teli di fibra di vetro;
la superficie su cui si appongono i teli viene preventivamente “bagnata” con
resina poliestere.
La resina impiegata è, come precedentemente
descritto, costituita da una soluzione di poliestere in un monomero (stirene)
con una percentuale di quest’ultimo del 30-50%.
Il poliestere è prodotto dalla condensazione di alcooli
doppi (glicoli) tipo propilenico, dietilenico o neopentilico, con
alcuni acidi saturi o insaturi quali il maleico, l’ortoftalico o l’isoftalico.
Lo stirene, in presenza di
un catalizzatore
ed un accellerante (non sempre utilizzato), forma con la catena
molecolare del poliestere un reticolo tridimensionale, processo di
polimerizzazione, che determina il passaggio della resina dallo stato liquido a
quello solido solitamente stabile.
Il telo di fibra utilizzato
in questa fase deve essere di bassa grammatura (225 g/m2) “mat di superficie”, per
evitare di produrre sulla superficie dello stampo il disegno della trama del
vetro di rinforzo.
Dopo 3 ore, ad essicazione avvenuta, sopra il “mat” si depositano altri strati
di fibra di vetro a grammatura crescente, fino a 900 g/m2 (tessuti e/o
stuoie) impregnandoli sempre con resina, fino al raggiungimento dello spessore
desiderato.
Il quantitativo di resina
che viene utilizzata per l’impregnazione dei teli a bassa grammatura è abitualmente,
in rapporto al peso, di 2:1 rispetto a quello della fibra di vetro, mentre per
le stuoie viene utilizzato un rapporto di 1:1.
I teli di fibra di vetro
vengono fatti aderire perfettamente tra loro utilizzando dei “rulli
di panno” o il “ pennello”. Infine, ad una temperatura di 18/20°,
tramite i “rulli frangibolle “, si provvede alla eliminazione di tutte le bolle
di aria presenti. Segue un’ulteriore essicazione di 3 ore.
Capitolo 2
-“Le attrezzature e le macchine”
SCALPELLI |
PENNELLI |
RULLINI FRANGIBOLLE |
PISTOLE A SPRUZZO |
SPATOLE |
Capitolo 3
-“Il fattore di rischio”
La I fase della costruzione
dello stampo comporta l’esposizione a stirene, polveri e resine.
Emissioni di materiale parcellare avvengono
durante tutte le fasi di
Negli ambienti di produzione PRFV si possono trovare
altri rischi di tipo fisico come il rumore dovuto
prevalentemente agli utensili e in parte agli impianti di aspirazione male
insonorizzati. L’esposizione a rumore, ed in particolare a livelli
di pressione sonora rischiosi per la salute degli esposti, è certamente un
problema molto marginale per questo comparto produttivo. Rilevazioni condotte
in vari settori non hanno quasi mai evidenziato livelli di esposizione
personali superiori ai valori di riferimento normalmente accettati (Lep d 85
dBA ). Unica eccezione è la fase di molatura e sbavatura (discaggio) con
utensili portatili. In tali casi i livelli possono agevolmente raggiungere
valori istantanei superiori ai 100 dBA.
E’ importante sottolineare che in queste operazioni
il tempo di esposizione è sempre molto ridotto e quindi ben difficilmente possono verificarsi esposizioni
personali superiori agli 85 dBA equivalenti.
Nella maggior parte dei casi
si tratta di emissioni diffuse nell’ambiente di lavoro, poiché non sempre vengono
adottati sistemi di captazione e di abbattimento.
Le fibre di vetro rappresentano il
primo ed il più utilizzato rinforzo delle fibre poliestere. Attualmente il 90%
dei composti è a base di fibre di vetro. Queste vengono prodotte fondendo
speciali tipi di sabbie silicee facendo filare e stirare le fibre per mezzo di
una speciale filiera di platino, posta sul fondo del forno di fusione, fino ad
ottenere il diametro desiderato. Le fibre, una volta apprettate, vengono
successivamente raccolte da una bobinatrice fino a formare un filo composto
denominato strand. A seconda delle diverse applicazioni esistono vari tipi
di fibre di vetro prodotte da materie prime (sabbie) aventi diversa
composizione chimica. La fibra di vetro
utilizzata è la seguente:
TESSUTO: viene prodotto impiegando un telaio e catalogato in
base al tipo di tessitura usata;
STUOIA: viene ottenuta dalla tessitura del roving.
Per i suoi bassi costi viene utilizzata per la produzione di manufatti
di grandi dimensioni come furgoni, imbarcazioni ecc.;
MAT: a filo continuo e a fili
tagliati. Le due versioni si differenziano sia per tipo di strand (tagliati o
no), che per tipo d’appretto (emulsione o polvere);
MAT DI SUPERFICIE: molto simile al mat a filo
continuo. Si impiega per migliorare la resistenza chimica dei manufatti, in
relazione al discreto assorbimento di resina;
Fibre di vetro vengono emesse soprattutto durante
l’applicazione manuale del feltro in fibra di vetro, nelle fasi di
applicazione a spruzzo, di impregnazione manuale e di rifinitura. Non sono
disponibili dati di emissione dei flussi convogliati. Nella maggior parte dei
casi si tratta di emissioni diffuse.
Da ricordare l’utilizzo del gelcoat
che è un prodotto resinoso contenente pigmenti e cariche che costituisce
normalmente il primo strato di resina sullo stampo. Conferisce alla superficie
esterna del manufatto un caratteristico aspetto lucente, colorato, liscio ed
esente da pori. Si differenzia dalla resina per la presenza di pigmenti
(vedi tabella) che possono essere sia di origine organica che
inorganica.
TAB. PIGMENTI
COLORE |
INORGANICI |
ORGANICI |
BIANCO |
Biossido di titanio,
ossido di zinco, ecc. |
|
GIALLO |
Cromato di piombo, ossido
di cadmio, ecc. |
Azocomposti |
ROSSO |
Solfuro di cadmio, ossido
ferrico, ecc. |
Isoinduline |
AZZURRO |
Ferrocianuro ferrico,
ossido di cobalto, ecc. |
Ftalocianine |
VERDE |
Ossidi di cromo, ecc. |
Ftalocianine |
VIOLETTO |
Fosfati di cobalto e di
manganese, ecc. |
Diossazine |
NERO |
Carbon blach, ecc. |
Nero di anilina |
Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate.
Per quanto riguarda il rischio
incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono sostanze
combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele esplosive. Ad
aggravare la situazione si presenta la circostanza che la particolare natura del
prodotto, durante la lavorazione, determina facilità di imbrattamento
dell’ambiente e degli impianti e per la combustibilità del prodotto tale
imbrattamento provoca facilità di propagazione dell’incendio. Data la presenza
di materiale combustibile e infiammabile gli impianti elettrici dei
luoghi di deposito delle vetroresine devono possedere caratteristiche di
sicurezza aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario. I centri di
pericolo possono essere le tenute meccaniche delle pompe, gli sfiati e
giunzioni realizzate nelle operazioni di carico dei serbatoi.
Inoltre gli addetti sono
esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione,
al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli
soprattutto in estate.
Capitolo 4
-“Il danno atteso”
Effetti acuti e cronici dello stirene
(vedi tabelle).
Effetti da esposizione a resine
sintetiche: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma
bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria
da contatto e fotodermatiti.
Effetti da esposizione ad
isocianati a carico dell’apparato respiratorio quali: disturbi
irritativi delle prime vie respiratorie, asma bronchiale, broncopnemopatia
cronica ostruttiva, possibile alveolite allergica estrinseca.
TAB. EFFETTI ACUTI STIRENE
ACUTI |
|
SNC |
·
SONNOLENZA, PERDITA DI EQUILIBRIO, NAUSEA,
CEFALEA, MODICA EUFORIA, AUMENTO DEI TEMPI DI REAZIONE ·
SINDROME DA STIRENE:NAUSEA, VOMITO,
ANORESSIA, ASTENIA |
MUCOSE E VIE RESPIRATORIE |
·
RINOCONGIUNTIVITE, FARINGITE |
TAB. EFFETTI CRONICI STIRENE
CRONICI |
|
SNC E SNP |
·
ALTERAZIONI ELETTROENCELALOEGRAFICHE,
POSSIBILE RALLENTAMENTO VELOCITA’ DI CONDUZIONE PERIFERICA,ALTER.
APPRENDIMENTO, ALTERAZ. ABILITA’ VISIVO COSTRUTTIVA E DELLA MEMORIA LOGICA |
OCCHIO |
·
POSSIBILE DISCROMATOPSIA |
FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE |
·
POSSIBILE ALTERAZ. MODESTE
DELL’ENZIMOGRAMMA EPATICO, INDUZIONE ENZIMATICA |
RENE |
·
POSSIBILE GLOMERULO E TUBULOPATIA |
SANGUE |
·
AUMENTO DEI MONOCITI PERIFERICI, RIDUZIONE
DELLA MIGRAZIONE LINF OCITARIA |
SISTEMA IMMUNITARIO |
·
SONO STATI EVIDENZIATI DA VARI AUTORI
ALTERAZIONI DELL’EQUILIBRIO TRA CELLULE EFFETRICI E REGOLATRICI DELLA
RISPOSTA IMMUNITARIA. COMUNQUE GLI STUDI FINO AD OGGI PRESENTI IN LETTERATURA
SONO ANCORA POCHI SOPRATTUTTO IN CAMPO UMANO PER CHIARIRE IL MECCANISMO
D’AZIONE DI TALE XENOBIOTICO SUL SISTEMA IMMUNITARIO |
APPARATO RESPIRATORIO |
·
POSSIBILE ASMA BRONCHIALE |
SISTEMA ENDOCRINO |
·
AZIONE SUL SISTEMA DOPAMINERGICO CON
AUMENTO DELLA PROLATTINA SIERICA |
MUTAGENESI / TERATOGENESI |
·
AUMENTO ABERRAZIONI CROMOSOMICHE ·
AUMENTO FREQUENZA SCAMBI CROMATIDI ·
AUMENTO DEI MICRONUCLEI |
CANCEROGENESI |
·
LIMITATA EVIDENZA DI CANCEROGENICITA’ (2B ·
EVIDENZA SUFFICIENTE PER LO STIRENE OSSIDO
(2A) |
La segnalazione sulla
sospetta cancerogenicità delle fibre di vetro si riferisce sempre a
popolazioni esposte nei reparti di produzione prima comunque dell’introduzione
dei leganti che hanno ridotto la dispersione delle fibre.
Ustioni e lesioni gravi o gravissime
a seguito di asfissia. Lesioni gravi o gravissime da elettrocuzione sia per gli
operatori direttamente interessati che per eventuali soccorritori che non
adottino procedure di sicurezza durante l’intervento.
Sono stati rilevati N° 3 infortuni relativi a questo fattore
di rischio.
Capitolo 5
-“Gli interventi”
L’eliminazione del rischio di esposizione a stirene
dovrebbe passare attraverso l’utilizzo di materie prime alternative. A
questo proposito sono state prodotte resine con diverse formulazioni:
·
Resine a bassa emissione
·
Resine a basso contenuto di monomero
·
Resine a catalisi fotochimica
·
Preimpregnato e compound
Resine a bassa emissione
Sono dette a bassa emissione le resine alle
quali vengono addizionati agenti inibitori (paraffine o prodotti simili alla
cera) che formando uno strato sottile sulla superficie dei laminati blocca
l’evaporazione dello stirene. Inoltre i quantitativi
di monomero necessari per la formulazione di queste resine sono fra i più bassi
e si aggirano intorno al 28% in peso.
L’aggiunta dei suddetti prodotti può peggiorare
certe caratteristiche meccaniche e in particolare la perdita di coesione
interlaminare nei manufatti multistrato (delaminazione).
In laboratorio sono stati sperimentati degli
additivi affioranti (dicetilfumarato) capaci, contrariamente ai prodotti
paraffinici, di reagire chimicamente durante il processo di reticolazione.
evitando fenomeni indesiderati.
L’utilizzo di resine a bassa emissione porta ad
una riduzione dello stirene superiore al 50%, per le resine contenenti DCF e
del 40-50% per quelle contenenti paraffine, rispetto alla resina prive di
additivi.
La riduzione dell’emissione di stirene ottenibile
sia per la presenza degli affioranti (essicamento del
manufatto) che per la minore quantità di monomero presente (fase di
realizzazione del manufatto), incide positivamente nell’ambiente, pur non
riducendo l’esposizione dei singoli lavoratori.
Resine a basso contenuto di monomero
Il contenuto medio di monomero nelle resine si
aggira intorno al 40-50% del suo peso. Riducendo il monomero al 35% è stato
possibile ottenere una riduzione dello stirene in atmosfera pari al 40 %,
durante l’intero ciclo produttivo. Tali resine, oltre ad un costo maggiore,
presentano inconvenienti legati ad una maggiore viscosità e ad una variazione
delle proprietà fisiche e meccaniche dei manufatti.
Resine a catalisi fotochimica
La resina poliestere fotosensibile è
resina monocompetente che polimerizza quando esposta a luce ultravioletta.
Tale meccanismo permette di ottenere una riduzione
dell’emissione di stirene, pari al 40%, dovuta sia ai più rapidi tempi di
polimerizzazione che al fatto che la polimerizzazione si sviluppa dall’esterno
verso l’interno. In questo modo si viene a creare una superficie esterna che
indurisce ed inibisce l’evaporazione di stirene.
Preimpregnato e compound
Il preimpregnato (SMC) è un materiale
costituito da resina portata ad uno stadio intermedio fra il liquido ed il
polimerizzato, stabilizzanti, coloranti, cariche e fibre di vetro nella
quantità e nel tipo prefissato. E’ un materiale pronto per essere stampato e in
tal modo sono eliminate tutte le operazioni di miscelazione e di stoccaggio dei
diversi costituenti. E’ commercializzato in rotoli avvolti in film di politene.
Lo stampaggio avviene in stampi d’acciaio e
l’indurimento avviene sotto l’azione del calore e della pressione.
Il compound (BMC) è una miscela
costituita da resina alla quale si aggiungono additivi come lubrificanti,
stabilizzanti, successivamente le cariche , il pigmento, il catalizzatore e per
l’ultima fibra di vetro. Il tutto viene meccanicamente mescolato e mantenuto a
bassa temperatura.
Il prodotto ottenuto è una massa informe ad elevata viscosità, simile a stucco. E’ utilizzato per lo stampaggio di pezzi di forma complessa per i quali siano richieste caratteristiche meccaniche più basse rispetto a quelle ottenute con il preimpregnato. Lo stampaggio avviene in stampo cromato, riscaldato ad alta pressione.
Per quanto riguarda gli
interventi sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione
generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con
aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli
inquinante per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo diluito
in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato dal
lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente
possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.
L’aspirazione localizzata è
generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate
vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad
un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino. Il
volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione
costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è
consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene. Se
l’aria estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di
immissione, essa finisce per entrare
dalle porte e dalle finestre
in maniera incontrollata. Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una
pari quantità di aria in ingresso. Occorre progettare con molta attenzione le
zone e le velocità di immissione dell’aria di reintegro in modo che:
·
non
si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in
ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;
·
non
vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti
alla sorgente;
·
non
si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.
Nei reparti di lavorazione
devono essere presenti le sostanze strettamente indispensabili alla
lavorazione. I restanti quantitativi devono essere stoccati negli appositi
locali.
E’ necessario verificare che
sui recipienti in cui sono raccolte le varie sostanze sia sempre indicato il
contenuto, specialmente in occasioni di travasi da un recipiente ad un altro.
Per l’utilizzazione dei
singoli prodotti attenersi a quanto specificato nella etichettatura ed
utilizzare per ognuno appositi contenitori, contraddistinti con colorazioni
tali da evitare ogni possibile confusione ed errore, come ad esempio :
calderelli rossi: resine e
stucco;
vaschette e taniche nere :
acetone;
caraffe azzurre:
catalizzatore.
Per le restanti sostanze,
irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.
Chiudere immediatamente dopo
l’uso ogni recipiente che contenga sostanze nocive o pericolose.
Riporre immediatamente dopo
l’uso i caldarelli sporchi di resina o di stucco e gli altri recipienti
contenenti o sporchi di gel-coat o di altre sostanze pericolose, all’interno di
appositi armadi
metallici ventilati, avendo
cura di tenere sempre chiuse le porte. Provvedere sollecitamente alla raccolta
di eventuali dispersioni.
Nei reparti in cui si effettua
la miscelazione della resina è severamente vietato fumare e usare apparecchi a
fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Gli interventi
necessari ai fini antincendio sono di diversa natura, di carattere preventivo e
protettivo. Nel primo caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti a
ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si
tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un incidente
verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.
Per quanto riguarda i materiali
combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di
bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di
rilevazione automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio
dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento
dell’impianto di estinzione.
Le vie di fuga devono essere
ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso
l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di
alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili
e fissi, con idoneo agente estinguente devono essere disponibili nella
necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.
Importanti anche gli
interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto
parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni
periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale
ma deve essere motivo prioritario di uno studio approfondito per migliorare le
condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come
ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici
tesi a ridurre i rischi lavorativi.
I DPI (dispositivi di
protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a
fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale
trasmissione di infezioni.
Ad ogni lavoratore devono
essere forniti idonei DPI (dispositivi di protezione
individuale) quali:
·
Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in
cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza
necessarie;
·
Calzature del tipo antisdrucciolevole;
·
Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi
delle sostanze manipolate;
·
Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:
MASCHERINE PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3 |
MASCHERINE PER I GAS E I
VAPORI |
VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA
SUA CONCENTRAZIONE |
Per i vapori di stirene sono
efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre
quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri
ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto
assolutamente inefficaci.
Devono essere utilizzati
quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al
viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare
il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo
esaurirebbe in tempi brevi.
·
Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate
occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che
garantiscono una miglior protezione.
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3 |
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI |
I FILTRI IDONEI SONO
CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A” |
Come per le mascherine a
carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati
in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i
facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente
seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al
viso.
·
Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione
d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata
tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non
inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un
riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro
disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale
umidificatore. Nel secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed
occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria
tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata
ed umidificata.
Capitolo 6
-“Appalto a ditta esterna”
La
manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è
appaltata a ditte specializzate.
Capitolo 7
-“Riferimenti legislativi”
DPR
303/56 n° Tab.33
DPR 482
/75 n° Tab.30
DPR
303/56 n° Tab.39
DPR 482
/75 n° Tab.37
DPR 482
/75 n° Tab.49
Art.383-384
DPR 547/55
Titolo VII DPR 547/55
Art. 69 L.46/1990
Norma CEI 64-8
Norma CEI
20-13
Art.34-36-37 DPR 547/55
D. Interministeriale 16.02.1982
Art.13 D. Lgs.626/94
Norma CEI 81-1
fasc. 1439 Appendice D
Art. 2-3 D.
Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).
DPR
24.05.1988, n. 203
DPCM
21-7-1989
Capitolo 8
-“Il rischio esterno”
Il rilascio in atmosfera di sostanze organiche volatili
rappresenta una significativa causa di impatto ambientale. E’ possibile
classificare l’ordine dei livelli di emissione, sulla base del rilascio in a
tmosfera dello stirene.
FASE LAVORAZIONE |
LIVELLO EMISSIONE ORDINE DECRESCENTE |
Spruzzatura |
1 |
Rullatura |
2 |
Avvolgimento (bagno) |
3 |
Laminazione continua |
4 |
Poltrusion (bagno) |
5 |
Getti in conchiglia (stampo chiuso) |
6 |
Le emissioni principali avvengono
durante l’applicazioni del gelcoat, durante l’applicazione
delle resine e nella fase di indurimento. La quantità di stirene emesso dipende
essenzialmente dai tempi di gelificazione della resina, dalla temperatura del
processo e dalla velocità di flusso dell’aria.
E’ noto che questo inquinante, nell’atmosfera urbana,
può avere importanza per la sua reattività, in quanto precursore di smog
fotochimico.
Fase -5-Gelificazione e indurimento a freddo
|
|
|
|
1. COMPARTO: |
VETRORESINA |
|
|
|
|
|
|
2. FASE DI LAVORAZIONE: |
GELIFICAZIONE
E INDURIMENTO A FREDDO |
|
|
|
|
|
|
3. COD.INAIL: |
|
|
|
|
|
|
|
4. FATTORE DI RISCHIO: |
INFORTUNI,
IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI, SICUREZZA ELETTRICA,
TRASVERSALI-ORGANIZZATIVI |
|
|
|
|
|
|
5. CODICE DI RISCHIO |
|
|
|
(riservato all’ ufficio) |
|
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|
|
|
6. N. ADDETTI: |
8 |
|
|
|
|
|
|
Capitolo 1 -“La fase di
lavorazione”
Dopo un’essicazione di 3 ore, si effettua
l’annegamento della struttura metallica tramite maschere di posizionamento
negli stampi o si effettuano rinforzi nel manufatto come da MRC/PRFV/07.
Per conferire rigidità allo stampo, per renderlo
così stabile e facilmente utilizzabile lo si rinforza fissando lungo i
suoi contorni e nelle zone intermedie, creando un disegno a maglie di rete, gli
elementi
di irrigidimento, costituiti abitualmente in materiale espanso o in
legno o in ferro legati con vetroresina. Gli elementi vengono poi ricoperti con
2
o 3 strati di fibra di vetro e resina di larghezza sufficiente a
ricoprire anche in parte lo stratificato dello stampo.
Prima di apporre gli ultimi strati di fibra, in
corrispondenza degli elementi di rinforzo, vengono inserite alcune piastre
metalliche a cui verranno successivamente fissati i montanti del telaio
metallico di sostegno. Questo telaio permetterà di porre lo stampo in piano sul
pavimento o anche la
sua rotazione su “stampo basculante”.
Nel caso in cui sia necessario costruire stampi con
“sottoquadri” per consentire di togliere il manufatto dallo stampo, si ricorre
alla costruzione di quest’ultimo in forma scomponibile.
Questa metodologia costruttiva la si utilizza anche
là dove vi sia la necessità di movimentare spesso gli stampi.
Per ottenere un perfetto assemblaggio delle diverse
porzioni che compongono lo stampo si prevede l’inserimento, nelle zone di
giunzione “flange”, sempre con stratificazione di fibra di vetro e resina,
di alcune piastre metalliche di rinforzo. Completata questa fase lo
stampo può essere rimosso dal manichino su cui è stato costruito.
Capitolo 2
-“Le attrezzature e le macchine”
BITTE |
SCALPELLI |
PENNELLI |
SPATOLE |
Capitolo 3
-“Il fattore di rischio”
Nella fase di gelificazione
e di indurimento a freddo si ha l’esposizione a resine.
Capitolo 4
-“Il danno atteso”
Si possono avere traumi
o ferite lacero-contuse durante l’utilizzo di bitte e scalpelli nelle
operazioni di rinforzo dello stampo.
Effetti da esposizione a resine
sintetiche quali: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma
bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria
da contatto e fotodermatiti.
Effetti da esposizione ad acetone
quali: sindrome irritativa cutanea (effetto sgrassante), congiuntivale e
respiratoria; azione deprimente di tipo narcotico sul SNC; danno neurotossico
diretto da “Metil-n-butil-Chetone”; disturbi irritativi a carico dell’apparato
digerente con nausea e/o vomito.
Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate.
Sono stati rilevati N° 7 infortuni relativi a questo fattore
di rischio.
Capitolo 5
-“Gli interventi”
L’eliminazione del rischio di esposizione dovrebbe
passare attraverso l’utilizzo di materie prime alternative. A questo
proposito sono state prodotte resine con diverse formulazioni:
·
Resine a bassa emissione
·
Resine a basso contenuto di monomero
·
Resine a catalisi fotochimica
·
Preimpregnato e compound
Resine a bassa emissione
Sono dette a bassa emissione le resine alle
quali vengono addizionati agenti inibitori (paraffine o prodotti simili alla
cera) che formando uno strato sottile sulla superficie dei laminati blocca
l’evaporazione dello stirene. Inoltre i quantitativi
di monomero necessari per la formulazione di queste resine sono fra i più bassi
e si aggirano intorno al 28% in peso.
L’aggiunta dei suddetti prodotti può peggiorare
certe caratteristiche meccaniche e in particolare la perdita di coesione
interlaminare nei manufatti multistrato (delaminazione).
In laboratorio sono stati sperimentati degli
additivi affioranti (dicetilfumarato) capaci, contrariamente ai prodotti
paraffinici, di reagire chimicamente durante il processo di reticolazione.
evitando fenomeni indesiderati.
L’utilizzo di resine a bassa emissione porta ad una
riduzione dello stirene superiore al 50%, per le resine contenenti DCF e del
40-50% per quelle contenenti paraffine, rispetto alla resina prive di additivi.
La riduzione dell’emissione di stirene ottenibile sia
per la presenza degli affioranti (essicamento del manufatto) che per la minore
quantità di monomero presente (fase di realizzazione del manufatto), incide
positivamente nell’ambiente, pur non riducendo l’esposizione dei singoli
lavoratori.
Resine a basso contenuto di monomero
Il contenuto medio di monomero nelle resine si
aggira intorno al 40-50% del suo peso. Riducendo il monomero al 35% è stato
possibile ottenere una riduzione dello stirene in atmosfera pari al 40 %,
durante l’intero ciclo produttivo. Tali resine, oltre ad un costo maggiore,
presentano inconvenienti legati ad una maggiore viscosità e ad una variazione
delle proprietà fisiche e meccaniche dei manufatti.
Resine a catalisi fotochimica
La resina poliestere fotosensibile è
resina monocompetente che polimerizza quando esposta a luce ultravioletta.
Tale meccanismo permette di ottenere una riduzione
dell’emissione di stirene, pari al 40%, dovuta sia ai più rapidi tempi di
polimerizzazione che al fatto che la polimerizzazione si sviluppa dall’esterno
verso l’interno. In questo modo si viene a creare una superficie esterna che
indurisce ed inibisce l’evaporazione di stirene.
Preimpregnato e compound
Il preimpregnato (SMC) è un materiale
costituito da resina portata ad uno stadio intermedio fra il liquido ed il
polimerizzato, stabilizzanti, coloranti, cariche e fibre di vetro nella
quantità e nel tipo prefissato. E’ un materiale pronto per essere stampato e in
tal modo sono eliminate tutte le operazioni di miscelazione e di stoccaggio dei
diversi costituenti. E’ commercializzato in rotoli avvolti in film di politene.
Lo stampaggio avviene in stampi d’acciaio e
l’indurimento avviene sotto l’azione del calore e della pressione.
Il compound (BMC) è una miscela
costituita da resina alla quale si aggiungono additivi come lubrificanti,
stabilizzanti, successivamente le cariche , il pigmento, il catalizzatore e per
l’ultima fibra di vetro. Il tutto viene meccanicamente mescolato e mantenuto a
bassa temperatura.
Il prodotto ottenuto è una massa informe ad elevata viscosità, simile a stucco. E’ utilizzato per lo stampaggio di pezzi di forma complessa per i quali siano richieste caratteristiche meccaniche più basse rispetto a quelle ottenute con il preimpregnato. Lo stampaggio avviene in stampo cromato, riscaldato ad alta pressione.
Per quanto riguarda gli interventi sulla propagazione
degli inquinanti importante è la ventilazione generale, che consiste
nel sostituire l’aria interna di un locale con aria proveniente dall’esterno,
riducendo così la concentrazione interna degli inquinanti per diluizione. Però
visto che l’inquinante viene così solo diluito in un più grande volume d’aria e
non si evita che venga respirato dal lavoratore posto vicino alla sorgente è
preferibile, quando sia tecnicamente possibile, l’installazione di aspirazioni
localizzate.
L’aspirazione localizzata è
generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate
vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad
un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino. Il
volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione
costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è
consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene.
Se l’aria estratta non viene
reintegrata con apposito e idoneo impianto di immissione, essa finisce per
entrare dalle porte e dalle finestre in maniera incontrollata. Quindi l’aria
estratta deve essere reintegrata da una pari quantità di aria in ingresso.
Occorre progettare con molta attenzione le zone e le velocità di immissione
dell’aria di reintegro in modo che:
·
non
si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in
ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;
·
non
vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti
alla sorgente;
·
non
si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.
Nei reparti di lavorazione
devono essere presenti le sostanze strettamente indispensabili
alla lavorazione. I restanti quantitativi devono essere stoccati negli appositi
locali.
Per le restanti sostanze,
irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.
Chiudere immediatamente dopo
l’uso ogni recipiente che contenga sostanze nocive o pericolose. Riporre
immediatamente dopo l’uso i caldarelli sporchi di resina o di stucco e gli
altri recipienti contenenti o sporchi di gel-coat o di altre sostanze
pericolose, all’interno di appositi armadi metallici ventilati, avendo cura di
tenere sempre chiuse le porte. Provvedere sollecitamente alla raccolta di
eventuali dispersioni.
Nei reparti in cui si
effettua la miscelazione della resina è severamente vietato fumare, usare
apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Gli
interventi necessari ai fini antincendio sono di diversa natura,
di carattere preventivo e protettivo. Nel primo caso si tratta di attuare tutti
quei provvedimenti atti a ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel
secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un
incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.
Per quanto riguarda i materiali
combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di
bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione automatica
dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere
oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di estinzione.
Le vie di fuga devono essere
ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso
l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di
alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili
e fissi, con idoneo agente estinguente devono essere disponibili nella
necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.
Importanti anche gli
interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto
parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni
periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale
ma deve essere motivo prioritario di uno studio
approfondito per migliorare
le condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come
ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici
tesi a ridurre i rischi lavorativi.
I DPI (dispositivi di
protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a
fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale
trasmissione di infezioni.
Ad ogni lavoratore devono
essere forniti idonei DPI quali:
·
Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in
cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza
necessarie;
·
Calzature del tipo antisdrucciolevole;
·
Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi
delle sostanze manipolate;
·
Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:
MASCHERINE PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3 |
MASCHERINE PER I GAS E I
VAPORI |
VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA
SUA CONCENTRAZIONE |
Per i vapori di stirene sono
efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre
quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per
le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in
quanto assolutamente inefficaci. Devono essere utilizzati quelli con doppio
elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la valvola
espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto del
carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in
tempi brevi.
·
Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate
occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che
garantiscono una miglior protezione.
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3 |
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI |
I FILTRI IDONEI SONO
CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A” |
Come per le mascherine a
carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati
in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i
facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente
seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al
viso.
·
Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione
d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata
tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non
inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un
riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro
disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale
umidificatore. Nel secondo caso
·
la
portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere opportunamente il
luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve essere priva di
inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.
Capitolo 6
-“Appalto a ditta esterna”
La
manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è
appaltata a ditte specializzate.
Capitolo 7
-“Riferimenti legislativi”
DPR 30.6.65, n°1124
DPR 13.04.94, n°336
DPR 19.03.56, n°303
D. Lgs. 626/94
Capitolo 8
-“Il rischio esterno”
Il rilascio in atmosfera di sostanze organiche volatili
rappresenta una significativa causa di impatto ambientale. E’ possibile
classificare l’ordine dei livelli di emissione, sulla base del rilascio in
atmosfera dello stirene.
FASE LAVORAZIONE |
LIVELLO EMISSIONE ORDINE DECRESCENTE |
Spruzzatura |
1 |
Rullatura |
2 |
Avvolgimento (bagno) |
3 |
Laminazione continua |
4 |
Poltrusion (bagno) |
5 |
Getti in conchiglia (stampo chiuso) |
6 |
Le emissioni principali avvengono
durante l’applicazioni del gelcoat, durante l’applicazione
delle resine e nella fase di indurimento. La quantità di stirene emesso dipende
essenzialmente dai tempi di gelificazione della resina, dalla temperatura del
processo e dalla velocità di flusso dell’aria.
E’ noto che questo inquinante, nell’atmosfera
urbana, può avere importanza per la sua reattività, in quanto precursore di
smog fotochimico.
Fase -6-Distacco pezzo dallo stampo e applicazione distaccante
|
|
|
|
1. COMPARTO: |
VETRORESINA |
|
|
|
|
|
|
2. FASE DI LAVORAZIONE: |
DISTACCO PEZZO DALLO STAMPO E APPLICAZIONE
DISTACCANTE |
|
|
|
|
|
|
3. COD.INAIL: |
|
|
|
|
|
|
|
4. FATTORE DI RISCHIO: |
INFORTUNI,
IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI |
|
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|
|
|
5. CODICE DI RISCHIO |
|
|
|
(riservato all’ ufficio) |
|
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|
|
|
|
|
6. N. ADDETTI: |
6 |
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Capitolo 1 -“La fase di
lavorazione”
Il manufatto viene estratto dallo stampo
dopo un tempo compreso tra le sette e le quattordici ore per mezzo
di bitte, scalpelli con parte in ferro protetta e martello in gomma. Sullo
stampo liberato dal manichino allo scopo di ripristinare parti eventualmente
lesionate possono rendersi necessarie alcune operazioni di finitura “carrozzeria” (stuccatura,
resinatura, gelcottatura e lucidatura).
Al termine di queste operazioni lo stampo viene
“cerato” con cere distaccanti, riutilizzando il metodo descritto nella fase
iniziale di costruzione dello stampo.
Capitolo 2
-“Le attrezzature e le macchine”
SCALPELLI |
BITTE |
MARTELLI IN GOMMA |
Capitolo 3
-“Il fattore di rischio
Emissioni di materiale
parcellare avvengono durante tutte le fasi di rifinitura e taglio dei
manufatti.
Utilizzo di cere
distaccanti.
Capitolo 4
-“Il danno atteso”
L’utilizzo di cere
distaccanti può dare: dermatite irritativa e/o allergica, dermatite
follicolare, fotodermatite e melanodermia.
Si possono avere traumi o
ferite lacero-contuse durante l’utilizzo di bitte e scalpelli nelle operazioni
di estrazione del manufatto dallo stampo.
Schizzi negli occhi del materiale utilizzato.
Sono stati rilevati N° 3 infortuni relativi a questo fattore
di rischio.
Capitolo 5
-“Gli interventi”
I DPI (dispositivi di
protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a
fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale
trasmissione di infezioni.
Ad ogni lavoratore devono
essere forniti idonei DPI quali:
·
Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in
cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza
necessarie;
·
Calzature del tipo antisdrucciolevole;
·
Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi
delle sostanze manipolate;
·
Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:
MASCHERINE PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3 |
MASCHERINE PER I GAS E I
VAPORI |
VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA
SUA CONCENTRAZIONE |
Per i vapori di stirene sono
efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre
quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per
le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in
quanto assolutamente inefficaci. Devono essere utilizzati quelli con doppio
elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la
valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto
del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in
tempi brevi.
·
Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate
occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che
garantiscono una miglior protezione.
SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI
INTERCAMBIABILI PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3 |
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI |
I FILTRI IDONEI SONO
CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A” |
Come per le mascherine
a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono
essere conservati in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al
successivo. Sia i facciali filtranti che le semimaschere devono essere
indossati correttamente seguendo le istruzioni fornite, in quanto è
fondamentale che aderiscano bene al viso.
·
Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione
d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata
tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non
inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un
riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro
disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale
umidificatore.
·
Nel
secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere
opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che
deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.
Per quanto riguarda gli
interventi sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione
generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con
aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli
inquinanti per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo diluito
in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato dal
lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente
possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.
L’aspirazione localizzata è
generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate
vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad
un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino.
Il volume di aria estratto e
la dislocazione degli organi di captazione costituiscono fattori importanti al
fine di un efficace controllo. Non è consentito effettuare il ricircolo
dell’aria estratta contenente stirene.
Se l’aria estratta non viene
reintegrata con apposito e idoneo impianto di immissione, essa finisce per
entrare dalle porte e dalle finestre in maniera incontrollata. Quindi l’aria
estratta deve essere reintegrata da una pari quantità di aria in ingresso.
Occorre progettare con molta attenzione le zone e le velocità di immissione
dell’aria di reintegro in modo che:
·
non
si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in
ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;
·
non
vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti
alla sorgente;
·
non
si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.
Capitolo 6
-“Appalto a ditta esterna”
La
manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è
appaltata a ditte specializzate.
Capitolo 7
-“Riferimenti legislativi”
DPR
303/56 n° Tab.33
DPR 482
/75 n° Tab.30
DPR
303/56 n° Tab.39
DPR 482
/75 n° Tab.37
DPR 482
/75 n° Tab.49
Art.383-384
DPR 547/55
Titolo VII DPR 547/55
Art. 69 L.46/1990
Norma CEI 64-8
Norma CEI
20-13
Art.34-36-37 DPR 547/55
D. Interministeriale 16.02.1982
Art.13 D. Lgs.626/94
Norma CEI 81-1
fasc. 1439 Appendice D
Art. 2-3 D.
Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).
DPR
24.05.1988, n. 203
DPCM
21-7-1989
Capitolo 8
-“Il rischio esterno”
Questo fattore
di rischio non influenza l’ambiente esterno.
Fase -7-Costruzione manufatto: applicazione primo strato resina su
stampo
|
|
|
|
1. COMPARTO: |
VETRORESINA |
|
|
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|
2. FASE DI LAVORAZIONE: |
COSTRUZIONE
MANUFATTO: APPLICAZIONE PRIMO STRATO RESINA SU STAMPO |
|
|
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|
|
3. COD.INAIL: |
|
|
|
|
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|
4. FATTORE DI RISCHIO: |
INFORTUNI,
IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI, AGENTI FISICI,,TRASVERSALI-ORGANIZZATIVI |
|
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|
5. CODICE DI RISCHIO |
|
|
|
(riservato all’ ufficio) |
|
|
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|
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|
|
6. N. ADDETTI: |
10 |
|
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|
|
|
Capitolo 1 -“La fase di
lavorazione”
La superficie dello stampo cerata e lucidata viene
verniciata con “gelcoat”: questa sarà la parte visibile esternamente del
manufatto. il gelcoat può essere applicato manualmente a pennello a rullo o, più
frequentemente, a spruzzo. Lo spessore di gelcoat varia da un
minimo di 0,5 micron ad un massimo di 0,7 micron.
E’ questa una condizione abbastanza rigida da dover
rispettare in quanto uno spessore troppo basso non favorirebbe una completa
polimerizzazione della resina e non garantirebbe una adeguata copertura della
superficie; mentre uno strato di gelcoat troppo alto e mal distribuito potrebbe
favorire la formazione di screpolature o incrinature, causa tempi diversi di
polimerizzazione.
Sulla superficie dello stampo trattata con il gelcoat
inizia il processo di stratificazione, e di costruzione del manufatto,
vero e proprio: si applica uno strato di resina e vi si dispone sopra il primo
strato di rinforzo in fibra di vetro a bassa grammatura (circa 200-225
g/m2-mat di superficie).
L’impregnazione della fibra di vetro con la resina
può essere effettuata:
-manualmente con rullo o con pennello: in
quest’ultimo caso il movimento del pennello deve essere di tamponatura e non di
traslazione onde evitare una disposizione irregolare delle fibre. Questa
operazione può essere svolta dai lavoratori sia all’interno dello stampo che
esternamente allo stesso direttamente nella zona di stratificazione;
-a spruzzo: con questo metodo la
resina viene spruzzata direttamente dall’operatore sulla superficie dello
stampo prima e dopo il posizionamento del mat. In questo caso si utilizzano aerografi
(apparecchio ad aria compressa che emette getti di vernice
polverizzata).
Il mat di fibra di vetro viene fatto
aderire alla superficie resinata dagli addetti per mezzo di un pennello
e/o di un rullo. Questa operazione deve essere fatta in modo tale da
poter rimuovere perfettamente tutte le bolle d’aria intrappolate dalla resina,
in modo di prevenire fenomeni di osmosi
(Blistering) sul manufatto prodotto.
Nel caso sia necessario si applica a spruzzo un ulteriore quantitativo di
resina fino alla completa impregnazione della fibra.
Sopra il primo strato di vetroresina si depositano
altri strati di fibra con grammatura crescente fino a 600 g/m2 (tessuti,
stuoie) impregnandoli sempre con resina fino al raggiungimento dello spessore
desiderato.
Sono disponibili anche apparecchiature per la
deposizione simultanea a spruzzo della fibra di vetro e della resina. Dopo
questa prima fase di stratificazione, anche detta “laminazione di base”, si
provvede a irrobustire il manufatto con materiale espanso, legno o ferro. Le
dimensioni, il numero ed il tipo di materiale degli elementi di rinforzo
dipendono dalla forza del manufatto, del suo impiego e dalle sollecitazioni cui
esso potrà essere sottoposto.
L’operazione di irrobustimento viene eseguita
secondo i criteri descritti per l'analoga fase di costruzione dello stampo:
inizialmente si ha l’apposizione del materiale di rinforzo direttamente sugli
strati di vetroresina ed incollaggio con lana di vetro o resina.
Ultimata la stratificazione e raggiunto lo spessore desiderato, il manufatto
viene tolto dallo stampo. Il distacco è generalmente abbastanza
semplice: si svincolano dallo stampo i bordi del manufatto e si applica quindi
una trazione diretta con martello e scalpello. Se il manufatto prodotto
ha invece una particolare configurazione si devono togliere prima quelle parti
dello stampo che non ne permettono un distacco diretto, poi si estrae il
manufatto.
Capitolo 2
-“Le attrezzature e le macchine”
SCALPELLI |
PENNELLI |
RULLINI FRANGIBOLLE |
PISTOLE A SPRUZZO |
SPATOLE |
AEROGRAFI |
MARTELLO |
Capitolo 3
-“Il fattore di rischio”
La costruzione del manufatto
comporta possibile esposizione a stirene, polveri e resine.
Fibre di vetro vengono emesse soprattutto
durante l’applicazione manuale del feltro in fibra di vetro, nelle fasi di
applicazione a spruzzo, di impregnazione manuale e di rifinitura. Non sono disponibili
dati di emissione dei flussi convogliati. Nella maggior parte dei casi si
tratta di emissioni diffuse.
Può esserci l’esposizione ad
acetone
e a diclorometano o ad altri composti organici quali isocianati
durante le operazioni di verniciatura oppure ancora a diclorometano
utilizzato per il lavaggio degli utensili impiegati per l’applicazione della
resina.
Per quanto riguarda il rischio
incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono sostanze
combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele esplosive.
Data lal presenza di
materiale combustibile e infiammabile gli impianti elettrici dei luoghi di
deposito delle vetroresine devono possedere caratteristiche di sicurezza
aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario.
I centri di pericolo possono
essere le tenute meccaniche delle pompe e gli sfiati.
Inoltre gli addetti sono
esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione,
al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli
soprattutto in estate.
Negli ambienti di produzione PRFV si possono trovare
altri rischi di tipo fisico come il rumore dovuto
prevalentemente agli utensili e in parte agli impianti di aspirazione male
insonorizzati. L’esposizione a rumore, ed in particolare a livelli
di pressione sonora rischiosi per la salute degli esposti, è certamente un
problema molto marginale per questo comparto produttivo.
Rilevazioni condotte in vari settori non hanno quasi
mai evidenziato livelli di esposizione personali superiori ai valori di
riferimento normalmente accettati (Lep d 85 dBA ). Unica eccezione è la fase di
molatura e sbavatura (discaggio) con utensili portatili: in tali casi i livelli
possono agevolmente raggiungere valori istantanei superiori ai 100 dBA.
E’ importante sottolineare che in queste operazioni
il tempo di esposizione è sempre molto ridotto e quindi ben difficilmente
possono verificarsi esposizioni personali superiori agli 85 dBA equivalenti.
Capitolo 4
-“Il danno atteso”
Effetti da esposizione ad acetone
quali: sindrome irritativa cutanea (effetto sgrassante), congiuntivale e
respiratoria; azione deprimente di tipo narcotico sul SNC; danno neurotossico
diretto da “Metil-n-butil-Chetone”; disturbi irritativi a carico dell’apparato
digerente con nausea e/o vomito.
Effetti da esposizione a cloruro
di metilene (vedi tab Diclorometano).
TAB. EFFETTI DICLOROMETANO
CRONICI |
|
SNC E SNP |
·
ASTENIA, SONNOLENZA, ENCEFALOPATIA
TOSSICA, POLINEUROPATIA |
OCCHIO |
·
CONGIUNTIVITE |
FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE |
·
DISPEPSIA ·
EPATOPATIA |
RENE |
·
ALTERAZIONE FUNZIONE RENALE |
APPARATO RESPIRATORIO |
·
POSSIBILE ASMA BRONCHIALE IRRITATIVE E/O
ALLERGICA, BRONCHITE IRRITATIVA |
CUTE |
·
DERMATITE IRRITATIVA O ALLERGICA, ALOPECIA |
CANCEROGENESI |
·
LIMITATA EVIDENZA DI CANCOROGENICITA’ |
Effetti da esposizione a resine
sintetiche: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma
bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria
da contatto e fotodermatiti.
L’utilizzo di cere
distaccanti può dare: dermatite irritativa e/o allergica, dermatite
follicolare, fotodermatite e melanodermia.
Effetti da esposizione ad
isocianati a carico dell’apparato respiratorio quali: disturbi
irritativi delle prime vie respiratorie, asma bronchiale, broncopnemopatia cronica
ostruttiva, possibile alveolite allergica estrinseca.
Le segnalazioni sulla
sospetta cancerogenicità delle fibre di vetro si riferisce sempre a
popolazioni esposte nei reparti di produzione prima comunque dell’introduzione
dei leganti che hanno ridotto la dispersione delle fibre.
Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate
Rumore.
Effetti acuti e cronici dello stirene
(vedi tabelle).
TAB. EFFETTI ACUTI STIRENE
ACUTI |
|
SNC |
·
SONNOLENZA, PERDITA DI EQUILIBRIO, NAUSEA,
CEFALEA, MODICA EUFORIA, AUMENTO DEI TEMPI DI REAZIONE ·
SINDROME DA STIRENE:NAUSEA, VOMITO,
ANORESSIA, ASTENIA |
MUCOSE E VIE RESPIRATORIE |
·
RINOCONGIUNTIVITE, FARINGITE |
TAB. EFFETTI CRONICI STIRENE
CRONICI |
|
SNC E SNP |
·
ALTERAZIONI ELETTROENCELALOEGRAFICHE,
POSSIBILE RALLENTAMENTO VELOCITA’ DI CONDUZIONE PERIFERICA,ALTER.
APPRENDIMENTO, ALTERAZ. ABILITA’ VISIVO COSTRUTTIVA E DELLA MEMORIA LOGICA |
OCCHIO |
·
POSSIBILE DISCROMATOPSIA |
FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE |
·
POSSIBILE ALTERAZ. MODESTE
DELL’ENZIMOGRAMMA EPATICO, INDUZIONE ENZIMATICA |
RENE |
·
POSSIBILE GLOMERULO E TUBULOPATIA |
SANGUE |
·
AUMENTO DEI MONOCITI PERIFERICI, RIDUZIONE
DELLA MIGRAZIONE LINF OCITARIA |
SISTEMA IMMUNITARIO |
·
SONO STATI EVIDENZIATI DA VARI AUTORI
ALTERAZIONI DELL’EQUILIBRIO TRA CELLULE EFFETRICI E REGOLATRICI DELLA
RISPOSTA IMMUNITARIA. COMUNQUE GLI STUDI FINO AD OGGI PRESENTI IN LETTERATURA
SONO ANCORA POCHI SOPRATTUTTO IN CAMPO UMANO PER CHIARIRE IL MECCANISMO
D’AZIONE DI TALE XENOBIOTICO SUL SISTEMA IMMUNITARIO |
APPARATO RESPIRATORIO |
·
POSSIBILE ASMA BRONCHIALE |
SISTEMA ENDOCRINO |
·
AZIONE SUL SISTEMA DOPAMINERGICO CON
AUMENTO DELLA PROLATTINA SIERICA |
MUTAGENESI / TERATOGENESI |
·
AUMENTO ABERRAZIONI CROMOSOMICHE ·
AUMENTO FREQUENZA SCAMBI CROMATIDI ·
AUMENTO DEI MICRONUCLEI |
CANCEROGENESI |
·
LIMITATA EVIDENZA DI CANCEROGENICITA’ (2B) ·
EVIDENZA SUFFICIENTE PER LO STIRENE OSSIDO
(2A) |
Sono stati rilevati N° 6 infortuni relativi a questo fattore
di rischio.
Capitolo 5
-“Gli interventi”
L’uso di resine
a basso contenuto di stirene è una tecnica valida per la
riduzione dell’inquinamento soprattutto per l’ambiente esterno. All’interno
dell’ambiente di lavoro esse non hanno dato fino ad ora buoni
risultati, giacchè la velocità di evaporazione dello stirene si mantiene
praticamente la stessa fino al punto di gelificazione. L’eliminazione o riduzione della
sostanza nociva trova una difficile applicazione concreta per la
singola azienda poiché comporta il coinvolgimento attivo delle fabbriche
produttrice di materie prime. Più facilmente realizzabili a livello aziendale,
pur onerosi, sono i cambiamenti tecnologici radicali come, ad esempio, il
passaggio da una tecnica di impregnazione manuale o a spruzzo a quella del preimpregnato,
nella quale la quantità di stirene evaporante è significativamente ridotta.
Bassi livelli di esposizione
professionale sono inoltre ottenibili con:
·
iniezione
a stampo chiuso (stampo e controstampo con iniezione);
·
poltrusione;
·
formatura
per centrifugazione;
·
stampaggio
preimpregnato;
·
ciclo
chiuso con robot in zona segregata.
Medi livelli di esposizione
professionale sono ottenibili con:
·
velatura
e laminati se realizzati in modo discontinuo;
·
avvolgimento
se realizzato in modo discontinuo;
Alti livelli di esposizione
professionale si riscontrano con:
·
stratificazione
e rullatura manuale
Altissimi livelli di
esposizione professionale si riscontrano con:
·
stratificazione
a spruzzo
Per quanto riguarda gli interventi
sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione
generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con
aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli
inquinanti per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo diluito
in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato dal
lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente
possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.
L’aspirazione localizzata è
generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate
vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad
un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino. Il
volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione
costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è
consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene. Se
l’aria estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di
immissione, essa finisce per entrare dalle porte e dalle finestre in maniera
incontrollata. Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una pari
quantità di aria in ingresso. Occorre progettare con molta attenzione le zone e
le velocità di immissione dell’aria di reintegro in modo che:
·
non
si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in
ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;
·
non
vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti
alla sorgente;
·
non
si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.
Nei reparti di lavorazione
devono essere presenti le sostanze strettamente indispensabili alla
lavorazione. I restanti quantitativi devono essere stoccati negli appositi
locali.
E’ necessario verificare che
sui recipienti in cui sono raccolte le varie sostanze sia sempre indicato il
contenuto, specialmente in occasioni di travasi da un recipiente ad un altro.
Per l’utilizzazione dei
singoli prodotti attenersi a quanto specificato nella etichettatura ed
utilizzare per ognuno appositi contenitori, contraddistinti con colorazioni
tali da evitare ogni possibile confusione ed errore, come ad esempio :
calderelli rossi: resini e
stucco;
vaschette e taniche nere :
acetone;
caraffe azzurre:
catalizzatore.
Per le restanti sostanze,
irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.
Chiudere immediatamente dolo
l’uso ogni recipiente che contenga sostanze nocive o pericolose. Riporre
immediatamente dopo l’uso i caldarelli sporchi di resina o di stucco e gli
altri recipienti contenenti o sporchi di gel-coat o di altre sostanze
pericolose, all’interno di appositi armadi
metallici ventilati, avendo
cura di tenere sempre chiuse le porte. Provvedere sollecitamente alla raccolta
di eventuali dispersioni.
Nei reparti ove si preparano
i manufatti in vetroresina è severamente vietato fumare.e usare apparecchi a
fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille.
Non usare attrezzature
elettriche non idonee. Verificare sempre le condizioni delle apparecchiature
elettriche e soprattutto dei cavi di collegamento delle attrezzature mobili,
segnalando immediatamente eventuali necessità di manutenzione.
Gli interventi necessari ai
fini antincendio
sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo
caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti a ad evitare
l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi
per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le
prevenzioni adottate.
Valutazione dell’impianto
elettrico generale, della presenza ed idoneità della messa a terra
dell’impianto, della presenza di un dispositivo di sgancio tensione generale.
Corretta manutenzione
dell’impianto. Valutare se
le strutture di lavorazione e di deposito necessitino di impianti di protezione
contro i fulmini oppure risultino autoprotette. Occorre che siano presenti i dispositivi
di protezione contro le scariche elettrostatiche con collegamenti
equipotenziali e messa a terra degli organi sui quali possano accumularsi
Per quanto riguarda i materiali
combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o
dotati di bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di
rilevazione
automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è
possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di
estinzione.
Le vie di fuga devono essere
ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso
l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di
alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili
e fissi, con idoneo agente estinguente devono essere disponibili nella
necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.
Importanti anche gli
interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto
parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni
periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale
ma deve essere motivo prioritario di uno studio approfondito per migliorare le
condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come
ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici
tesi a ridurre i rischi lavorativi.
I DPI (dispositivi di
protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a
fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale
trasmissione di infezioni.
Ad ogni lavoratore devono
essere forniti idonei DPI quali:
·
Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in
cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza
necessarie;
·
Calzature del tipo antisdrucciolevole;
·
Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi
delle sostanze manipolate;
·
Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:
MASCHERINE PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3 |
MASCHERINE PER I GAS E I
VAPORI |
VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA
SUA CONCENTRAZIONE |
Per i vapori di stirene sono
efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre
quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per
le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in
quanto assolutamente inefficaci. Devono essere utilizzati quelli con doppio
elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la
valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto
del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in tempi
brevi.
·
Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate
occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che
garantiscono una miglior protezione.
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3 |
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI |
I FILTRI IDONEI SONO
CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A” |
Come per le mascherine a
carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati
in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i
facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente
seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al
viso.
·
Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione
d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata
tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non
inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un
riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro
disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale
umidificatore.
·
Nel secondo caso la portata deve essere di
almeno 120 l/min. ed occorre scegliere opportunamente il luogo in cui
effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed
eventualmente riscaldata ed umidificata.
Capitolo 6 -“Appalto a ditta
esterna”
La
manutenzione dell’impianto elettrico e tutti gli interventi elettrici sono
appaltati ad impiantisti specializzati.
La
manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è
appaltata a ditte specializzate.
Capitolo 7
-“Riferimenti legislativi”
DPR
303/56 n° Tab.33
DPR 482
/75 n° Tab.30
DPR
303/56 n° Tab.39
DPR 482
/75 n° Tab.37
DPR 482
/75 n° Tab.49
DPR
277/91
Art.383-384
DPR 547/55
Titolo VII DPR
547/55
Art. 69 L.46/1990
Norma CEI 64-8
Norma CEI 20-13
Art.34-36-37 DPR 547/55
D.
Interministeriale 16.02.1982
Art.13 D.
Lgs.626/94
Norma CEI 81-1
fasc. 1439 Appendice D
Art. 2-3 D.
Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).
DPR
24.05.1988, n. 203
DPCM
21-7-1989
Capitolo 8
-“Il rischio esterno”
Il rilascio in atmosfera di sostanze organiche volatili
rappresenta una significativa causa di impatto ambientale. E’ possibile
classificare l’ordine dei livelli di emissione, sulla base del rilascio in
atmosfera dello stirene.
FASE LAVORAZIONE |
LIVELLO EMISSIONE ORDINE DECRESCENTE |
Spruzzatura |
1 |
Rullatura |
2 |
Avvolgimento (bagno) |
3 |
Laminazione continua |
4 |
Poltrusion (bagno) |
5 |
Getti in conchiglia (stampo chiuso) |
6 |
Le emissioni principali avvengono
durante l’applicazioni del gelcoat, durante l’applicazione
delle resine e nella fase di indurimento. La quantità di stirene emesso dipende
essenzialmente dai tempi di gelificazione della resina, dalla temperatura del
processo e dalla velocità di flusso dell’aria.
E’ noto che questo inquinante, nell’atmosfera
urbana, può avere importanza per la sua reattività, in quanto precursore di
smog fotochimico.
Allo stirene deve aggiungersi, quale inquinante,
l’acetone utilizzato per la pulizia delle macchine applicatrici, dei pennelli e
dei rulli; la presenza di acetone nell’emissione finale è estremamente
variabile, dal momento che non entra nella formulazione e nella fase
applicativa delle resine.
Fase -8-Assemblaggio, finitura e maturazione del manufatto in forno a
65°
|
|
|
|
1. COMPARTO: |
VETRORESINA |
|
|
|
|
|
|
2. FASE DI LAVORAZIONE: |
ASSEMBLAGGIO,
FINITURA E MATURAZIONE DEL MANUFATTO IN FORNO A 65° |
|
|
|
|
|
|
3. COD.INAIL: |
|
|
|
|
|
|
|
4. FATTORE DI RISCHIO: |
INFORTUNI,
IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI, SICUREZZA ELETTRICA, INCENDIO ED
ESPLOSIONE, TRASVERSALI-ORGANIZZATIVI |
|
|
|
|
|
|
5. CODICE DI RISCHIO |
|
|
|
(riservato all’ ufficio) |
|
|
|
|
|
|
|
6. N. ADDETTI: |
9 |
|
|
|
|
|
|
Capitolo 1 -“La fase di
lavorazione”
La fase di assemblaggio avviene secondo una
sequenza di operazioni ben codificate. Inizialmente si provvede alla rimozione
delle sbavature sulle zone interessate alla giunzione. Per il taglio
e la rifilatura
dello stratificato vengono utilizzati utensili portatili ad aria compressa o
elettrici con dischi abrasivi o diamantati.
Le zone di giunzione vengono poi molate
in modo da asportare completamente il gelcoat e la eventuale presenza di
sostanze non desiderate, quali cere, che renderebbero difficoltosa
la successiva fase di resinatura. Attualmente questa operazione viene
effettuata grazie ad un aspiratore trifase, scorrevole, posto su
un binario che scarica all’esterno.
I manufatti interessati all’assemblaggio vengono
inizialmente posti perfettamente in piano, poi messi a contatto,
sovrapponendoli nei punti di giunzione, in maniera tale da dare all’insieme
l’aspetto definitivo. Se necessario, il manufatto viene sollevato in modo da
poter immettere nelle zone di contatto del materiale sigillante.
Nel caso in cui i pezzi costruiti presentino delle imperfezioni
nella loro parte esterna questi vengono sottoposti ad operazioni di finitura
quali molatura, stuccatura , carteggiatura, verniciatura con gelcoat,
lucidatura o altre operazioni complementari.
Per ottimizzare l’estetica eliminando così eventuali
bolle
dai manufatti si procede a cottura dei pezzi in forno a 65° per 1 o 2 ore
a seconda del tipo di prodotto. La bolla viene così’ evidenziata, aperta con lo
scalpello e successivamente stuccata. La rifilatura avviene con smeriglio
munito di dischetti da taglio e abrasivi.
Capitolo 2
-“Le attrezzature e le macchine”
BITTE |
SCALPELLI |
ASPIRATORE TRIFASE |
SMERIGLI |
DISCHETTI ABRASIVI E DA TAGLIO |
PENNELLI |
RULLINI FRANGIBOLLE |
PISTOLE A SPRUZZO |
SPATOLE |
FORNO |
Capitolo 3
-“Il fattore di rischio”
La fase di finitura e di
taglio del manufatto comporta l’esposizione a stirene, polveri e resine
per emissione di materiale parcellare.
Nella maggior parte dei casi
si tratta di emissioni diffuse nell’ambiente di lavoro, poiché non sempre
vengono adottati sistemi di captazione e di abbattimento.
Le fibre di vetro rappresentano il
primo ed il più utilizzato rinforzo delle fibre poliestere. Attualmente il 90%
dei composti è a base di fibre di vetro. Queste vengono prodotte fondendo
speciali tipi di sabbie silicee facendo filare e stirare le fibre per mezzo di
una speciale filiera di platino, posta sul fondo del forno di fusione, fino ad
ottenere il diametro desiderato. Le fibre, una volta apprettate, vengono
successivamente raccolte da una bobinatrice fino a formare un filo composto
denominato strand. A seconda delle diverse applicazioni esistono vari tipi
di fibre di vetro prodotte da materie prime (sabbie) aventi diversa
composizione chimica.
La fibra di vetro utilizzata è la seguente:
TESSUTO: viene prodotto impiegando un telaio e catalogato in
base al tipo di tessitura usata;
STUOIA: viene ottenuta dalla tessitura del roving.
Per i suoi bassi costi viene utilizzata per la produzione di manufatti
di grandi dimensioni come furgoni, imbarcazioni ecc.;
MAT: a filo continuo e a fili
tagliati. Le due versioni si differenziano sia per tipo di strand (tagliati o
no), che per tipo d’appretto (emulsione o polvere);
MAT DI SUPERFICIE: molto simile al mat a filo
continuo. Si impiega per migliorare la resistenza chimica dei manufatti, in
relazione al discreto assorbimento di resina;
Fibre di vetro vengono emesse soprattutto durante
l’applicazione manuale del feltro in fibra di vetro, nelle fasi di
applicazione a spruzzo, di impregnazione manuale e di rifinitura. Non sono
disponibili dati di emissione dei flussi convogliati. Nella maggior parte dei
casi si tratta di emissioni diffuse.
Da ricordare l’utilizzo del
gelcoat che è un prodotto resinoso contenente pigmenti e cariche che
costituisce normalmente il primo strato di resina sullo stampo. Conferisce alla
superficie esterna del manufatto un caratteristico aspetto lucente, colorato,
liscio ed esente da pori. Si differenzia dalla resina per la presenza di pigmenti
(vedi tabella) che possono essere sia di origine organica che
inorganica.
TAB. PIGMENTI
COLORE |
INORGANICI |
ORGANICI |
BIANCO |
Biossido di titanio,
ossido di zinco, ecc. |
|
GIALLO |
Cromato di piombo, ossido
di cadmio, ecc. |
Azocomposti |
ROSSO |
Solfuro di cadmio, ossido
ferrico, ecc. |
Isoinduline |
AZZURRO |
Ferrocianuro ferrico,
ossido di cobalto, ecc. |
Ftalocianine |
VERDE |
Ossidi di cromo, ecc. |
Ftalocianine |
VIOLETTO |
Fosfati di cobalto e di
manganese, ecc. |
Diossazine |
NERO |
Carbon blach, ecc. |
Nero di anilina |
Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate.
Per quanto riguarda il rischio
incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono sostanze
combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele esplosive.
Data al presenza di
materiale combustibile e infiammabile gli impianti elettrici dei luoghi di
deposito delle vetroresine devono possedere caratteristiche di sicurezza
aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario. I centri di pericolo
possono essere le tenute meccaniche delle pompe, gli sfiati, giunzioni
realizzate nelle operazioni di carico dei serbatoi.
Inoltre gli addetti sono
esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione,
al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli
soprattutto in estate.
Negli ambienti di produzione PRFV si possono trovare
altri rischi di tipo fisico come il rumore dovuto prevalentemente
agli utensili e in parte agli impianti di aspirazione male insonorizzati.
L’esposizione a rumore, ed in particolare a livelli di pressione sonora
rischiosi per la salute degli esposti, è certamente un problema molto marginale
per questo comparto produttivo.
Rilevazioni condotte in vari settori non hanno quasi
mai evidenziato livelli di esposizione personali superiori ai valori di
riferimento normalmente accettati (Lep d 85 dBA ). Unica eccezione è la fase di
molatura e sbavatura (discaggio) con utensili portatili: in tali casi i livelli
possono agevolmente raggiungere valori istantanei superiori ai 100 dBA.
E’ importante sottolineare che in queste operazioni
il tempo di esposizione è sempre molto ridotto e quindi ben difficilmente
possono verificarsi esposizioni personali superiori agli 85 dBA equivalenti.
Capitolo 4
-“Il danno atteso
Effetti da esposizione a resine
sintetiche: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma
bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria
da contatto e fotodermatiti.
Effetti da esposizione ad acetone
quali: sindrome irritativa cutanea (effetto sgrassante), congiuntivale e
respiratoria; azione deprimente di tipo narcotico sul SNC; danno neurotossico
diretto da “Metil-n-butil-Chetone”; disturbi irritativi a carico dell’apparato
digerente con nausea e/o vomito.
Effetti da esposizione ad
isocianati a carico dell’apparato respiratorio quali: disturbi
irritativi delle prime vie respiratorie, asma bronchiale, broncopnemopatia cronica
ostruttiva, possibile alveolite allergica estrinseca.
Ustioni.
Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate
Rumore.
Lesioni gravi o gravissime
da elettrocuzione
sia per gli operatori direttamente interessati che per eventuali soccorritori
che non adottino procedure di sicurezza durante l’intervento.
Sono stati rilevati N° 6 infortuni relativi a questo fattore
di rischio.
Capitolo 5
-“Gli interventi”
Per quanto riguarda gli interventi
sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione
generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con
aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione di interna
degli inquinante per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo
diluito in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato
dal lavoratore posto vicino
alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente possibile, l’installazione
di aspirazioni localizzate.
L’aspirazione localizzata è
generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate
vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad
un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino. Il
volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione costituiscono
fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è consentito
effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene. Se l’aria
estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di immissione,
essa finisce per entrare dalle porte e dalle finestre in maniera incontrollata.
Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una pari quantità di aria in
ingresso.
Nei reparti ove si preparano
i manufatti in vetroresina è severamente vietato fumare e usare apparecchi a
fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Non usare
attrezzature elettriche non idonee. Verificare sempre le condizioni delle
apparecchiature elettriche e soprattutto dei cavi di collegamento delle
attrezzature mobili, segnalando immediatamente eventuali necessità di
manutenzione.
Gli interventi necessari ai
fini antincendio
sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo
caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti a ad evitare
l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi
per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le
prevenzioni adottate.
Valutazione dell’impianto
elettrico generale, della presenza ed idoneità della messa a terra
dell’impianto, della presenza di un dispositivo di sgancio tensione generale.
Corretta manutenzione
dell’impianto. Valutare se
le strutture di lavorazione e di deposito necessitino di impianti di protezione
contro i fulmini oppure risultino autoprotette.
Occorre che siano presenti i
dispositivi
di protezione contro le scariche elettrostatiche con collegamenti
equipotenziali e messa a terra degli organi sui quali possano accumularsi.
Per quanto riguarda i materiali
combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati
di bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione
automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è
possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di
estinzione. Le vie di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza
devono essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione
di emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi,
gli impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente
siano disponibili nella necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno
dello stabilimento.
Importanti anche gli
interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto
parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni
periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale
ma deve essere motivo prioritario di uno studio approfondito per migliorare le
condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come
ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici
tesi a ridurre i rischi lavorativi.
I DPI (dispositivi di
protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a
fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale
trasmissione di infezioni.
Ad ogni lavoratore devono
essere forniti idonei DPI quali:
·
Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in
cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza
necessarie;
·
Calzature del tipo antisdrucciolevole;
·
Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi
delle sostanze manipolate;
·
Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:
MASCHERINE PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3 |
MASCHERINE PER I GAS E I
VAPORI |
VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA
SUA CONCENTRAZIONE |
Per i vapori di stirene sono
efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre
quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri
ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto
assolutamente inefficaci.
Devono essere utilizzati
quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al
viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare
il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo
esaurirebbe in tempi brevi.
·
Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate
occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che
garantiscono una miglior protezione.
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA
DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3 |
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI |
I FILTRI IDONEI SONO
CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A” |
Come per le mascherine
a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono
essere conservati in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al
successivo. Sia i facciali filtranti che le semimaschere devono essere
indossati correttamente seguendo le istruzioni fornite, in quanto è
fondamentale che aderiscano bene al viso.
·
Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione
d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata
tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non
inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un
riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro
disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale
umidificatore. Nel secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed
occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria
tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata
ed umidificata.
Capitolo 6
-“Appalto a ditta esterna”
La
manutenzione dell’impianto elettrico e tutti gli interventi elettrici sono
appaltati ad impiantisti specializzati.
La
manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è
appaltata a ditte specializzate.
Capitolo 7
-“Riferimenti legislativi”
DPR
303/56 n° Tab.33
DPR 482
/75 n° Tab.30
DPR
303/56 n° Tab.39
DPR 482
/75 n° Tab.37
DPR 482
/75 n° Tab.49
DPR
277/91
Art.383-384
DPR 547/55
Titolo VII DPR
547/55
Art. 69 L.46/1990
Norma CEI 64-8
Norma CEI 20-13
Art.34-36-37 DPR 547/55
D.
Interministeriale 16.02.1982
Art.13 D.
Lgs.626/94
Norma CEI 81-1
fasc. 1439 Appendice D
Art. 2-3 D.
Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).
DPR
24.05.1988, n. 203
DPCM
21-7-1989
Capitolo 8 -“Il
rischio esterno”
Questo fattore
di rischio non influenza l’ambiente esterno.
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1. COMPARTO: |
VETRORESINA |
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2. FASE DI LAVORAZIONE: |
LAVAGGIO
UTENSILI |
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI RISCHIO: |
INFORTUNI,
IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI |
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5. CODICE DI RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
2 |
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Capitolo 1 -“La fase di
lavorazione”
Il lavaggio degli utensili e
delle macchine utilizzate avviene prevalentemente con acetone e marginalmente
con cloruro
di metilene con una preponderante diffusione per dell’acetone per
questo tipo di impiego. L’esposizione dei lavoratori non è continua ma limitata
ai tempi di questa operazione durante la quale si possono verificare
esposizioni intense. Il cloruro di metilene viene molto raramente utilizzato in
sostituzione dell’acetone per i lavaggi.
Capitolo 2
-“Le attrezzature e le macchine”
PENNELLI |
Capitolo 3
-“Il fattore di rischio”
Effetti da esposizione ad acetone.
Effetti da esposizione a cloruro
di metilene. Va segnalato l’inserimento del cloruro di metilene (Diclorometano)
da parte del gruppo ad hoc dello IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca
sul
Cancro) nel gruppo 2B della
lista di valutazione sintetica di cancerogenicità (gruppo 2B: possibili
cancerogeni per l’uomo).
Capitolo 4
-“Il danno atteso”
Effetti da esposizione ad acetone
quali: sindrome irritativa cutanea (effetto sgrassante), congiuntivale e
respiratoria; azione deprimente di tipo narcotico sul SNC; danno neurotossico
diretto da “Metil-n-butil-Chetone”; disturbi irritativi a carico dell’apparato
digerente con nausea e/o vomito.
Effetti da esposizione a cloruro
di metilene (vedi tab Diclorometano).
TAB. EFFETTI DICLOROMETANO
CRONICI |
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SNC E SNP |
·
ASTENIA, SONNOLENZA, ENCEFALOPATIA
TOSSICA, POLINEUROPATIA |
OCCHIO |
·
CONGIUNTIVITE |
FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE |
·
DISPEPSIA ·
EPATOPATIA |
RENE |
·
ALTERAZIONE FUNZIONE RENALE |
APPARATO RESPIRATORIO |
·
POSSIBILE ASMA BRONCHIALE IRRITATIVE E/O
ALLERGICA, BRONCHITE IRRITATIVA |
CUTE |
·
DERMATITE IRRITATIVA O ALLERGICA, ALOPECIA |
CANCEROGENESI |
·
LIMITATA EVIDENZA DI CANCOROGENICITA’ |
E’ stato rilevato N° 1 infortunio relativo a questo fattore
di rischio.
Capitolo 5 -“Gli interventi”
Per quanto riguarda le norme
relative all’uso del locale lavaggio utensili bisogna tener presente
alcuni indispensabili accorgimenti:
·
Ricordare
che l’acetone usto per il lavaggio degli utensili è una sostanza facilmente la
diffusione dei vapori.
·
Dopo
ogni uso dei rubinetti di prelievo, verificare di averli completamente chiusi.
·
Al
termine di ogni operazione di lavaggio chiudere il coperchio della vaschetta
utilizzata. infiammabile. Occorre assolutamente evitare ogni dispersione del
prodotto e limitare al massimo
·
Nei
periodi di utilizzo del locale, tenere in funzione i ventilatori di estrazione
per consentire la corretta areazione.
·
Il
lavaggio degli utensili, deve avvenire in appositi locali ove è assolutamente
vietato fumare nonché accedere con fiamme libere.
·
Quando
viene effettuato il riempimento dei serbatoi o fusti con acetone occorre
controllarne il livello e rimanere presenti sino al termine dell’operazione
successivamente chiudere i rubinetti. Si consiglia di utilizzare per il travaso
dell’acetone pompe ad azionamento pneumatico.
·
Tenere
chiuse le porte dei locali.
·
Riservare
agli addetti l’uso del distillatore
·
I
recipienti contenenti acetone sporco in attesa di essere rigenerato per mezzo
del distillatore, devono essere tenuti rigorosamente chiusi.
·
Segnalare
tempestivamente eventuali rotture o malfunzionamenti al caporeparto per la
necessaria manutenzione.
E’ necessario verificare che
sui recipienti
in cui sono raccolte le varie sostanze sia sempre indicato il contenuto,
specialmente in occasioni di travasi da un recipiente ad un altro.
Per l’utilizzazione dei
singoli prodotti attenersi a quanto specificato nella etichettatura ed
utilizzare per ognuno appositi contenitori, contraddistinti con colorazioni
tali da evitare ogni possibile confusione ed errore, come ad esempio :
calderelli rossi: resine e
stucco;
vaschette e taniche nere :
acetone;
caraffe azzurre:
catalizzatore.
Per le restanti sostanze,
irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.
I DPI (dispositivi di protezione
individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a fine turno in
armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale trasmissione di
infezioni.
Ad ogni lavoratore devono
essere forniti idonei DPI quali:
·
Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in
cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza
necessarie;
·
Calzature del tipo antisdrucciolevole;
·
Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi
delle sostanze manipolate;
·
Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:
MASCHERINE PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3 |
MASCHERINE PER I GAS E I
VAPORI |
VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA
SUA CONCENTRAZIONE |
Per i vapori di stirene sono
efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre
quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri ma
non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto
assolutamente inefficaci.
Devono essere utilizzati
quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al
viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare
il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo
esaurirebbe in tempi brevi.
·
Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate
occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che
garantiscono una miglior protezione.
SEMIMASCHERE E MASCHERE A
FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI |
3 CLASSI CRESCENTI DI
EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3 |
SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI
INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI |
I FILTRI IDONEI SONO
CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A” |
Come per le mascherine
a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati
in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i
facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente
seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al
viso.
·
Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione
d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata
tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non
inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un
riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro
disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale
umidificatore. Nel secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed
occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria
tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata
ed umidificata.
Capitolo 6
-“Appalto a ditta esterna”
La
manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è
appaltata a ditte specializzate.
Capitolo 7
-“Riferimenti legislativi”
DPR 30.6.65, n°1124
DPR 13.04.94, n°336
DPR 19.03.56, n°303
D. Lgs. 626/94
Capitolo 8
-“Il rischio esterno”
Questo fattore
di rischio non influenza l’ambiente esterno.
Fase -10- PULIZIA DEL MANUFATTO, IMBALLAGGIO CON PLURIBOLLE E SISTEMAZIONE DEI
MANUFATTI IN CONTENITORI APPOSITI O SU PALLETS
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1. COMPARTO: |
VETRORESINA |
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2. FASE DI LAVORAZIONE: |
PULIZIA
DEL MANUFATTO, IMBALLAGGIO CON PLURIBOLLE E SISTEMAZIONE DEI MANUFATTI IN
CONTENITORI APPOSITI O SU PALLETTS |
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3. COD.INAIL: |
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4. FATTORE DI RISCHIO: |
INFORTUNI,
IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI FISICI, INCENDIO ED ESPLOSIONE,
TRASVERSALI-ORGANIZZATIVI |
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5. CODICE DI RISCHIO |
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(riservato all’ ufficio) |
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6. N. ADDETTI: |
6 |
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Capitolo 1 -“La fase di
lavorazione”
Il manufatto, dopo essere stato
nuovamente controllato per individuarne eventuali anomalie, viene pulito,
imballato con pluribolle ed infine sistemato su appositi pallets.
Nelle piccole e medie aziende la sistemazione dei manufatti
viene effettuata tramite mezzi meccanici (carrelli,
montacarichi), a volte con operatori specifici ma più spesso con operatori alla
bisogna quali operai partecipanti anche alle lavorazioni, che aiutano il
magazziniere nelle varie fasi operative.
Capitolo 2
-“Le attrezzature e le macchine”
CARRELLI A MANO O A MOTORE |
MONTACARICHI |
Capitolo 3
-“Il fattore di rischio”
Rischio derivante dal
trasporto manuale e da operazioni di posizionamento del materiale da parte
di operai singoli o in coppia. Rischio legato al peso del materiale e
soprattutto al quantitativo di materiali oggetto dell’operazione, nonché dalla
frequenza dell’operazione nel tempo. Il carrello elevatore non è sempre dotato
di protezioni idonee dal rischio di coinvolgimento dell’operatore da parte del
materiale movimentato.
Per quanto riguarda il
rischio incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono
sostanze combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele
esplosive. Ad aggravare la situazione si presenta la circostanza che la
particolare natura del prodotto determina, durante la lavorazione, facilità di
imbrattamento dell’ambiente e degli impianti; per la combustibilità del
prodotto tale imbrattamento provoca facilità di propagazione dell’incendio che
può in breve venire ad interessare tutto lo stabilimento.
Data al presenza di
materiale combustibile e infiammabile gli impianti elettrici dei luoghi di
deposito delle vetroresine devono possedere caratteristiche di sicurezza
aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario. I centri di pericolo
possono essere le tenute meccaniche delle pompe, gli sfiati, giunzioni
realizzate nelle operazioni di carico dei serbatoi.
Inoltre gli addetti sono
esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione,
al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche
sfavorevoli soprattutto in estate.
Capitolo 4
-“Il danno atteso”
Traumatismi per urto di
materiali contro parti del corpo degli operatori.
Lombalgia acuta . Rischio di schiacciamento di mani e piedi per urto o contatto durante la movimentazione manuale del materiale. Traumatismi anche gravi, con esiti permanenti o morte, durante il posizionamento del materiale sugli appositi palets.
Sono stati rilevati N° 8 infortuni relativi a questo fattore
di rischio.
Capitolo 5
-“Gli interventi”
Da sottolineare la necessità
di opportuna dotazione sul carrello elevatore di opportune protezioni, tetto con
struttura rigida e gabbia di metallo anteriore, di riparo per l’operatore.
Il ricorso a mezzi
meccanici è possibile sia nelle fasi di scarico del materiale (autogru)
che di trasporto degli stessi (carrelli a mano o a motore) ma è ovviamente
subordinato agli spazi di manovra e di stoccaggio, che spesso non può che
essere effettuato a mano. Da evitare assolutamente il sollevamento di materiale
di peso
rilevante (superiore a 30 kg) affidato ad uno solo operatore.
Il trasporto e il
sollevamento in coppia se abbinato a posture corrette può evitare gravi conseguenze
sull’apparato muscolo-scheletrico.
Nei depositi è severamente vietato
fumare, usare apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono
produrre scintille. Non usare attrezzature elettriche non idonee. Verificare
sempre le condizioni delle apparecchiature elettriche e
soprattutto dei cavi di collegamento delle attrezzature mobili, segnalando
immediatamente eventuali necessità di manutenzione.
Gli interventi necessari ai
fini antincendio
sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo.
Nel primo caso si tratta di
attuare tutti quei provvedimenti atti ad evitare l’insorgere di un incendio,
mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze
di un incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.
Valutazione dell’impianto
elettrico generale, della presenza ed idoneità della messa a terra
dell’impianto, della presenza di un dispositivo di sgancio tensione generale.
Corretta manutenzione dell’impianto. Valutare se le strutture di lavorazione e
di deposito necessitino di impianti di protezione contro i fulmini oppure
risultino autoprotette. Occorre che siano presenti i dispositivi di protezione
contro le scariche elettrostatiche con collegamenti equipotenziali e messa a
terra degli organi sui quali possano accumularsi
E’ consigliato inoltre
utilizzare impianti di rilevazione automatica dell’innesco in grado di
segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione
anche l’azionamento dell’impianto di estinzione. Le vie di fuga devono essere
ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso
l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di
alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili
e fissi, con idoneo agente estinguente siano disponibili nella necessaria
quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.
Capitolo 6
-“Appalto a ditta esterna”
In questa fase non vi sono
appalti a ditte esterne.
Capitolo 7
-“Riferimenti legislativi”
Art. 176-177 DPR 547/55
DPR 459/96 Allegato I
Art.383-384
DPR 547/55
D.Lgs. 626/94-
Titolo IV, Allegati IV e V
D.Lgs. 626/94- TitoloV, Art.47, Art 48 e Art.49
Titolo VII DPR
547/55
Art. 69 L.46/1990
Norma CEI 64-8
Norma CEI 20-13
Art.34-36-37 DPR 547/55
D.
Interministeriale 16.02.1982
Art.13 D.
Lgs.626/94
Norma CEI 81-1
fasc. 1439 Appendice D
Art. 2-3 D.
Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).
Art. 11 DPR 303/56
Art. 11-377 379 DPR 547/55
Capitolo 8
-“Il rischio esterno”
Questo fattore
di rischio non influenza l’ambiente esterno.