PROFILI DI RISCHIO NEL COMPARTO: VETRORESINA

 

 

FLOW CHART

 

 

 


MAGAZZINAGGIO E MOVIMENTAZIONE MATERIE PRIME

 

 

ß

 

 

FORMAZIONE MODELLO

 

 

ß

 

 

MISCELAZIONE COMPONENTI PER RESINA POLIESTERE

 

ß

 

 

COSTRUZIONE STAMPO: STRATIFICAZIONE IMPREGNAZIONE MANUALE SU STAMPO

 

ß

 

 

GELIFICAZIONE E INDURIMENTO A FREDDO

 

ß

 

 

DISTACCO PEZZO DALLO STAMPO APPLICAZIONE DISTACCANTE

 

 

ß

 

 

COSTRUZIONE MANUFATTO

APPLICAZIONE PRIMO STRATO RESINA SU STAMPO

 

 

ß

 

 

ASSEMBLAGGIO

FINITURA E MATURAZIONE DEL MANUFATTO IN FORNO A 65°

 

ß

 

 

LAVAGGIO UTENSILI

 

 

 

ß

 

 

PULIZIA DEL MANUFATTO

IMBALLAGGIO CON PLURIBOLLE

E

SISTEMAZIONE DEI MANUFATTI

SU APPOSITI PALETTS

 

 

 

 

 

 

 

1. COMPARTO

VETRORESINA

 

2. CODICI ISTAT

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. CODICE ISPESL

 

     (riservato all’ufficio)

 

 

             ZONA DI RILEVAZIONE

 

4. NAZIONALE:

 

 

5. REGIONALE

EMILIA ROMAGNA

 

6. PROVINCIALE

BOLOGNA

 

7. USL

AUSL DI BOLOGNA NORD: COMUNI DI S.GIORGIO DI PIANO E DI MEDICINA

 

8.ANNO DI RILEVAZIONE

1

9

9

9

 

 

 

 

9. NUMERO  ADDETTI:

71

 

 

 

9A. IMPIEGATI:

*

uomini                                      donne

 

 

 

9B. OPERAI:

71

Uomini:42                                donne:29

 

 

 

* l'attività impiegatizia viene svolta dai titolari o dai familiari dei titolari, peraltro anche addetti ad altre mansioni del ciclo produttivo e già conteggiati tra gli operai

 

10. NUMERO  AZIENDE :             7

 

 

 

 

 

 

 

11. STRUTTURA DI RILEVAZIONE

CDS - Centro di Documentazione per la Salute - Regione Emilia-Romagna- Azienda USL di Bologna Città e Azienda USL di Ravenna

 

 

 

Dipartimento di Prevenzione - Azienda USL di Bologna Nord

 

                                                                                                                                            

 

12. REFERENTE: Stefano Mattioli, Renata Salvarani, Cristina Fregonara, Barbara Lelli, Marco Biocca

 

             INDIRIZZO:

via Gramsci 12

 

 

                         CAP:

40121

 

 

 

                    CITTA’:

Bologna

 

 

           PROVINCIA:

BO

 

 

 

            TELEFONO:

0516079930

 

 

 

 

                         FAX:

051251915

 

 

 

 

                   E-MAIL:

cdocsal@iperbole.bologna.it

 

 

13. INFORTUNI:

 

TOTALE:

48

DI CUI MORTALI

0

 

14. MALATTIE PROFESSIONALI:

 

DENOMINAZIONE

N° CASI

COD. INAIL

IPOACUSIA DA RUMORE

1

 

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

 

 


 

 

DOCUMENTO COMPARTO

 

 

 

 

La lavorazione di plastici rinforzati con fibra di vetro (PRFV) o “vetroresina” è in progressiva espansione. Essi infatti vengono sempre più diffusamente utilizzati per le caratteristiche di leggerezza, resistenza e impermeabilità per la produzione di scafi, parti di carrozzeria per pullman, camion, furgoni e camper, serbatoi, antenne paraboliche, cassonetti, campane per l’igiene urbana e manufatti vari come particolari per macchine industriali e per l’edilizia.

Il metodo di costruzione utilizzato nella maggior parte dei casi è quello della formatura a contatto e l’utilizzo di resine poliestere che, data la loro caratteristica di polimerizzare senza la necessità di pressione e riscaldamento, ne ha permesso l’utilizzo nella produzione in serie di manufatti, anche di grosse dimensioni. Da premettere che la sequenza delle principali fasi operative a partire dalla formazione del modello in legno, alla costruzione dello stampo sino alla produzione del manufatto è sostanzialmente la stessa per tutti i prodotti a prescindere dalle loro dimensioni. La differenza che eventualmente può esistere nel metodo costruttivo dei plastici rinforzati in vetroresina è costituita dal modo in cui esso è applicato, o meglio, da come le varie fasi di lavoro vengono svolte e attuate nella pratica di ogni cantiere.

Nella maggior parte dei casi le aziende produttrici sono tutte a carattere artigianale, con tipologie produttive parcellizzate e sovrapposte.

Le principali materie prime utilizzate nel ciclo produttivo sono resine e gelcoat (stirene), diluenti (quasi esclusivamente acetone) e catalizzatori.

In tale comparto produttivo varie sono le fonti d’insalubrità di queste lavorazioni ed in particolare: le materie prime per gli elevati livelli di esposizione a stirene; la tecnologia produttiva, ancora estesa nelle aziende artigiane, per la produzione manuale che più espone al tossico; l’ impiantistica di bonifica per le aspirazioni localizzate e di ricambio generale dell’aria; le protezioni individuali, l’organizzazione del lavoro e le modalità operative che incidono sulla gravosità del lavoro, sulla durata e sui livelli di esposizione.

 

Le aziende indagate sono presenti nel tratto di territorio della AUSL di Bologna Nord compreso tra i comuni di S. Giorgio di Piano e Medicina. Si tratta di un territorio omogeneo in quanto tutto giacente nella zona di pianura immediatamente a nord di Bologna e ben servito dalla rete viaria sia intercomunale che autostradale. Ciò ha così permesso l’espansione, in un’area di circa 40 km di diametro, di un tipo di attività, che, nonostante abbia subito una forte deflessione agli inizi degli anni ‘90 a causa della chiusura di molti cantieri per la produzione di imbarcazioni in vetroresina, per situazione territoriale e per esigenza di mercato, ha portato sia a nuove tipologie di manufatto che all’apertura di nuove aziende.

 

Il comparto si presenta, comunque, omogeneamente composto da aziende per lo più medio-piccole, quasi sempre inferiori a 10 addetti complessivi e dove il titolare stesso partecipa in molti casi alle lavorazioni; la presenza di addetti del ruolo impiegatizio è scarso o pressochè nullo, in qualche caso reclutato in ambito familiare (coadiutori). Il comparto interessa la produzione, in genere in piccole e medie serie, di vari oggetti quali pezzi di carrozzeria per pullman, furgoni, camper sino a particolari per macchine industriali e per l’edilizia.


 

 

Si tratta, come si vede, di attività esclusivamente artigianali: in molti casi il titolare è ex dipendente di un artigiano che, seguendo la richiesta del mercato, intraprende l’attività in proprio, spesso iniziando da solo e poi acquisendo pochi dipendenti, che a loro volta in molti casi compiono, una volta acquisita sufficiente capacità, lo stesso percorso imprenditoriale.

 

L’intervento ha riguardato l’analisi di N° 7 Aziende, stimabili a circa il 90 % delle aziende afferenti al comparto e presenti sul territorio indagato; gli addetti totali sono N° 71 .

Nelle schede di “fase” sono stati censiti gli addetti che partecipano alla singola fase in quanto trattandosi di piccole aziende molti di questi operatori svolgono più mansioni per cui gli addetti non sono considerati “esclusivi” di una fase ma vengono computati anche in altre fasi: questo fa si che sommando gli addetti di ogni fase, il totale risulti più elevato rispetto al numero reale degli addetti.

 

Dal registro degli infortuni delle aziende si è ricavato un danno rilevato pari a N° 48 infortuni, di cui N° 48 accaduti negli ultimi 5 anni. Non sono stati rilevati incidenti mortali.

 

Per quanto riguarda le malattie professionali, sono state rilevate complessivamente N° 1 ipoacusie da rumore e N° 5 dermatiti allergiche da contatto.

 

·        I rischi principali

 

I rischi prevalenti nel comparto delle resine poliestere rinforzate con fibre di vetro sono i seguenti:

 

- Rischio di intossicazione da agenti chimici

- Rischio di incendio od esplosione

- Rischio di inalazione da polveri

- Rischi minori come rumore e microclima

- Rischi trasversali-organizzativi.


 

Il considerevole impiego di sostanze volatili in queste lavorazioni rende il rischio inalatorio di gran lunga il più importante. In particolare in questo comparto si trovano le più grosse esposizioni a stirene che oggi si registrino in un ambiente industriale, almeno nel mondo occidentale. L’esposizione a stirene, utilizzato come agente gross-linking nelle resine poliestere insature, è prevalente nelle mansioni di “taglia-spruzzo” e nella stratificazione manuale. Risulta sufficientemente elevata anche l’esposizione indebita a stirene negli addetti ad altre mansioni in quanto in molte aziende le lavorazioni necessarie alla produzione avvengono all’interno di un unico ambiente.

In particolare parlando delle tecnologie di formatura a stampo aperto, che sono le più diffuse tra le aziende della zona indagata vorrei soffermarmi sulle differenze che esistono tra l’applicazione manuale ed applicazione a spruzzo dal punto di vista della emissione stirene:

-l’impregnazione manuale obbliga l’operatore a lavorare sul “pezzo”, rendendo così difficile la captazione prima che i vapori abbiano raggiunto l’operatore stesso; d’altro canto, il quantitativo di stirene emesso è relativamente contenuto.

-lo spruzzo simultaneo di resina e vetro libera quantitativi nettamente superiori di stirene, in parte per la maggiore concentrazione in stirene dei prodotti da spruzzo, in parte per l’enorme aumento della superficie di evaporazione dovuto alla nebulizzazione durante lo spruzzo; la maggior distanza tra operatore e stampo e la direzionalità dell’operazione, permettono, invece, una maggiore efficacia nella captazione dello stirene emesso.

Si può così affermare che con l’applicazione a spruzzo è più facile controllare l’inquinamento dell’ambiente di lavoro, mentre, con l’applicazione a pennello, è più economico controllare l’inquinamento esterno.

Oltre allo stirene sono da registrare anche esposizioni ad altri solventi quali acetone e cloruro di metilene la cui azione si somma a quella dello stirene. L’esposizione ad acetone nel comparto è variabile e non direttamente correlabile con l’esposizione a stirene, in quanto viene in genere utilizzato per la pulizia dei pennelli e di altri utensili impiegati nelle lavorazioni. Nonostante l’esposizione ad acetone sia contenuta sotto il TLV-TWA è necessario detenere nei locali di produzione il quantitativo minimo indispensabile di solvente mantenuto sotto aspirazione. Attualmente c’è il tentativo di introdurre il cloruro di metilene come sostituente dell’acetone.

Il cloruro di metilene è stato sinora considerato un ottimo solvente ininfiammabile e tra i meno tossici dei clorometano. Ad alte concentrazioni produce un effetto anestetico dovuto alla sua trasformazione metabolica ad ossido di carbonio e successivamente in carbossiemoglobina. Al cloruro di metilene è stato assegnato dall’ACGIH un limite provvisorio di 50 ppm ed inserito nella categoria “A2 carginogeni sospetti per l’uomo” e questo è sufficiente per sconsigliarne l’uso, oltretutto il suo impiego non è indispensabile in quanto è quello di sostituire l’acetone. E’ sconsigliabile anche la pratica diffusa in molti lavoratori di lavarsi la mani con questi solventi in quanto, oltre ad aggiungere al rischio di assunzione inalatoria quello di assunzione cutanea, dato il potere sgrassante di questi solventi, questa operazione può favorire l’irritazione e la aggredibilità della cute.

Altre sostanze tossiche o irritanti sono la dimetilanilina e simili, il neftenato di cobalto, i coloranti organici ed inorganici presenti nel gel-coat, il MEKp e i perossidi organici usati nel processo di catalisi. Questi ultimi sono particolarmente pericolosi per la pelle e le mucose. Infine è da sottolineare la possibilità di dermatiti dovute a contatto con sensibilizzanti contenuti nelle resine (idrochinoni aggiunti come inibitori di polimerizzazione), di eczemi da perossidi e ammine, di effetti allergizzanti dei sali di cobalto, nonché l’effetto irritante delle stesse fibre di vetro. Il rischio di inalazione di fibre di vetro è dovuto alla dispersione delle stesse nell’ambiente di lavoro durante le operazioni di “taglia-spruzzo”, di “taglia-filo”, di molatura (discaggio) e sbavatura dei pezzi finiti. In queste ultime lavorazioni insieme alle fibre di vetro sono presenti le polveri.


 

Per quanto riguarda il rischio di inalazione da polveri si distinguono fondamentalmente due tipi di rischio: uno legato alla inalazione di fibre di vetro provenienti dalla dispersione provocata dall’uso della materia (tessuto feltro, matasse) e l’altro invece legato alla inalazione di polvere di prodotto finito proveniente dalle operazioni di finitura (taglio, molatura, sbavatura) degli oggetti di PRFV. Nel primo caso il rischio è abbastanza ben definito trattandosi di fibre di vetro “nude”. Meno definito è però il metodo di misura di tale rischio nell’aria. Nel secondo caso invece il tipo di aerosol che si libera durante le operazioni di molatura e sbavatura di oggetti finiti, è molto meno caratterizzato dal punto di vista del comportamento aerodinamico e anche per ciò che riguarda il tipo di rischio associato alla esposizione di tali particelle.

 

Il rischio da incendio od esplosione è legato alla presenza contemporanea di prodotti combustibili quali resine, solventi e comburenti (perossidi organici). I perossidi, inoltre, essendo dei composti fortemente reattivi possono innescare reazioni violente se sottoposti a calore o ad urti violenti.

Per la presenza dei prodotti su indicati inoltre, gli impianti elettrici devono essere realizzati e mantenuti nel più preciso rispetto di quanto previsto dalle vigenti norme in materia (capo X del DPR 27.4.1955 n°547 artt. 329-336) nonché della normativa tecnica del Comitato Elettrotecnico Italiano (norme CEI 64-2 fascicolo 319).

 

Negli ambienti di produzione PRFV si possono trovare altri rischi di tipo fisico come il rumore dovuto prevalentemente agli utensili e in parte agli impianti di aspirazione male insonorizzati. L’esposizione a rumore, ed in particolare a livelli di pressione sonora rischiosi per la salute degli

esposti, è certamente un problema molto marginale per questo comparto produttivo. Rilevazioni condotte in vari settori non hanno quasi mai evidenziato livelli di esposizione personali superiori ai valori di riferimento normalmente accettati (Lep d 85 dBA ). Unica eccezione è la fase di molatura e sbavatura (discaggio) con utensili portatili quando avvenga all’interno di serbatoi di vetroresina. In tali casi i livelli possono agevolmente raggiungere valori istantanei superiori ai 100 dBA.

E’ importante sottolineare che in queste operazioni il tempo di esposizione è sempre molto ridotto e  quindi ben difficilmente possono verificarsi esposizioni personali superiori agli 85 dBA equivalenti.

Quando siano presenti anche forni di cottura oppure nel caso di utilizzo di presse a caldo per materiale preimpregnato, vi possono essere anche problemi di calore e microclima.

Da considerare anche i “rischi accessori” quando al PFRV sono associate lavorazioni indotte quali operazioni di verniciatura o serigrafia con i relativi rischi oppure lavorazioni di finitura di tipo meccanico come rivettatura ed altro.

 

Per quanto riguarda i rischi trasversali-organizzativi, i più importanti sono legati a una organizzazione del lavoro che spesso non consente, soprattutto per carenza di spazi, la separazione organizzativa delle fasi, con ricadute sia di tipo ambientale (polvere e rumore) che di tipo infortunistico durante la movimentazione di carichi.

 


 

 

 

TAB. RISCHI

Fase lavorativa

Macchine e apparecchiature

Incendio Esplosione

Impianto elettrico

Agenti chimici

Agenti fisici

Organizzazione del lavoro

MAGAZZINAGGIO E MOVIMENTAZIONE MATERIE PRIME

INFORTUNI

INCENDI

 

RESINE

STIRENE

POLVERI

 

MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO 

 

SPAZI DI PERCORSO E MANOVRA INADEGUATI RISCHI DA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

FORMAZIONE MODELLO

INFORTUNI

 

RESINE

STIRENE

POLVERI

 

MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO

RUMORE

 

MISCELAZIONE COMPONENTI PER RESINA POLIESTERE

INFORTUNI

INCENDI

RESINE

STIRENE

POLVERI

 

 

 

COSTRUZIONE STAMPO:

STRATIFICAZIONE IMPREGNAZIONE MANUALE SU STAMPO

INFORTUNI

INCENDI

RESINE

STIRENE

POLVERI

 

MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO

 

GELIFICAZIONE ED INDURIMENTO A FREDDO

INFORTUNI

 

RESINE

STIRENE

POLVERI

ACETONE

MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO

 

 

DISTACCO PEZZO DALLO

STAMPO E APPLICAZIONE DISTACCANTE

INFORTUNI

 

RESINE

STIRENE

POLVERI

ACETONE

MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO

 

 

COSTRUZIONE MANUFATTO APPLICAZIONE PRIMO STRATO RESINA SU STAMPO

INFORTUNI

 

RESINE

STIRENE

POLVERI

ACETONE

MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO

RUMORE

 

ASSEMBLAGGIO FINITURA E MATURAZIONE DEL MANUFATTO IN FORNO

INFORTUNI

INCENDI ELETTROCUZIONE

 

RESINE

STIRENE

POLVERI

ACETONE

 

MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO

RUMORE

 

LAVAGGIO UTENSILI

INFORTUNI

INCENDI

 

ACETONE

MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO

 

 

PULIZIA DEL MANUFATTO IMBALLAGGIO CON PLURIBOLLE E SISTEMAZIONE DEI MANUFATTI SU PALETS

INFORTUNI

INCENDI

 

 

MICROCLIMA INADEGUATO AMBIENTE DI LAVORO

RUMORE

SPAZI DI PERCORSO E MANOVRA INADEGUATI RISCHI DA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

 

 


 

 

TAB: MATERIALI

MATERIALI UTILIZZATI

NEOGEL

A SPRUZZO BIANCO

RESINA

NORPOL 820/M760 AUTOESTINGUENTE

SYNOLITE 175/1/I

ACCELLERATA

STUCCO DELLE FIBRE

MI POLIESTERE

STUCCO SENZA FIBRE

MI POLIESTERE

CATALIZZATORE

BUTANOX M50 PEROSSIDO

MAT

LEGANTE POLVERE 225

GRAMMATURA 300/600

 

 

 

GLOSSARIO DEI TERMINI TECNICI:

 

·        GEL: Stato particolare della resina intermedio fra lo stato liquido o lo stato definitivo intermedio fra lo stato liquido o lo stato definitivo, solido. Tale stato permane normalmente per non più di due ore. Allo stato di gelo la resina è ancora facilmente lavorabile per taglio manuale o deformazione plastica.

 

·        GELCOAT: Prodotto resinoso contenente pigmenti e cariche che costituisce normalmente il primo strato di resina sullo stampo. Conferisce alla superficie esterna del manufatto un caratteristico aspetto lucente, colorato, liscio ed esente da pori. Si differenzia dalla resina per la presenza di pigmenti (vedi tabella) che possono essere sia di origine organica che inorganica.

 

TAB. PIGMENTI

COLORE

INORGANICI

ORGANICI

BIANCO

Biossido di titanio, ossido di zinco, ecc.

 

GIALLO

Cromato di piombo, ossido di cadmio, ecc.

Azocomposti

ROSSO

Solfuro di cadmio, ossido ferrico, ecc.

Isoinduline

AZZURRO

Ferrocianuro ferrico, ossido di cobalto, ecc.

Ftalocianine

VERDE

Ossidi di cromo, ecc.

Ftalocianine

VIOLETTO

Fosfati di cobalto e di manganese, ecc.

Diossazine

NERO

Carbon blach, ecc.

Nero di anilina

 

 

·        RESINA ECOLOGICA: Nome generico indicante formulati contenenti sostanze (cere, paraffine) che inibiscono il rilascio di stirene nella fase successiva alla stratificazione.


 

·        RESINE POLIESTERI INSATURE: Nome in cui si indica la miscela di polimero lineare insaturo con un monomero vinilico. Il primo è di solito un poliestere maleico ftalico e il secondo è generalmente stirene, presente in misura variabile dal 28 al 50% circa.

 

·        RESINE TIXOTROPICHE: Resine dotate della proprietà di perdere il proprio stato di gelo sotto l’azione della sollecitazione meccanica. Lo stato di gelo si ripristina dopo cessazione della sollecitazione meccanica.

 

·        CATALIZZATORE: Sostanza che favorisce la reazione di indurimento della resina: cioè la reazione di reticolazione del monomero vinilico che reagisce con i doppi legami del poliestere lineare insaturo. I catalizzatori più usati sono i perossidi organici (perossido di benzoile, perossido di metilechetone, perossido di cicloesanone) solitamente disciolti in ftalati.

 

·        ACCELLERANTI: Per l’indurimento a freddo si utilizzano dei sistemi induritori/accelleranti riportati in tabella insieme al tipo utilizzato.

 

TAB. CATALIZZATORI ED ACCELLERANTI

SISTEMA

*CATALIZZATORE

§ACCELLERANTE

 

TEMPO DI GELO

TEMPO DI POLIMERIZZAZIONE

UTILIZZO

*NAFTENATO DI COBALTO

§ METILCHETONE-PEROSSIDO

MEDIO-LUNGO

LUNGO

STRATIFICAZIONI CONSISTENTI

PRODUZIONE DI GEL-COATS

*NAFTENATO DI COBALTO

§ ACETILACETONE -PEROSSIDO

MEDIO-LUNGO

MEDIO-BREVE

PRODUZIONE IN SERIE DI PICCOLI PEZZI CONTENITORI ALIMENTI

*NAFTENATO  COBALTO-DIMETILANILINA

§ METILETILCHETONE-PEROSSIDO

BREVE

BREVE

STAMPAGGIO A BASSA PRESSIONE

STAMPAGGIO AD INIEZIONE

*DIMETILANILINA

§ BENZOILE -PEROSSIDO

RAPIDO

RAPIDO

PRODUZIONE STUCCHI E MASTICI

 

 

·        LE FIBRE DI VETRO: Le Fibre di vetro rappresentano il primo ed il più utilizzato rinforzo delle fibre poliestere. Attualmente il 90% dei composti è a base di fibre di vetro. Queste vengono prodotte fondendo speciali tipi di sabbie silicee facendo filare e stirare le fibre per mezzo di una speciale filiera di platino, posta sul fondo del forno di fusione, fino ad ottenere il diametro desiderato. Le fibre, una volta apprettate, vengono successivamente raccolte da una bobinatrice fino a formare un filo composto denominato strand. A seconda delle diverse applicazioni esistono vari tipi di fibre di vetro prodotte da materie prime (sabbie) aventi diversa composizione chimica.  La fibra di vetro viene posta in commercio in diverse forme:

 


 

 

1.      ROVING: in bobina o in filo continuo con un elevato numero di strand. Esso è impiegato nella tecnologia dell’avvolgimento, della poltrusione, della centrifugazione e per le attrezzature di “taglio e spruzzo”;

 

2.      TESSUTO: viene prodotto impiegando un telaio e catalogato in base al tipo di tessitura usata;

 

3.      STUOIA: viene ottenuta dalla tessitura del roving. Per i suoi bassi costi viene utilizzata per la produzione di manufatti di grandi dimensioni come furgoni, imbarcazioni ecc.;

 

4.      MAT: a filo continuo e a fili tagliati. Le due versioni si differenziano sia per tipo di strand (tagliati o no), che per tipo d’appretto (emulsione o polvere);

 

5.       MAT DI SUPERFICIE: molto simile al mat a filo continuo. Si impiega per migliorare la resistenza chimica dei manufatti, in relazione al discreto assorbimento di resina;

 

6.      STRAND TAGLIATI: impiegati unicamente come rinforzo dei pezzi ottenuti per colata o nei mastici. Per questi usi viene impiegata anche una varietà macinata di strand tagliati chiamata milled fibres.

 

7.      COMPOSITO: formato da un mat e da una stuoia cuciti assieme; il vantaggio del sup impiego consiste nel ridurre le applicazioni e nel controllare favorevolmente il rapporto resina/rinforzo.

 

 

·        DISTACCANTI: I distaccanti vengono impiegati per permettere il distacco del manufatto dallo stampo; sono anche chiamati “agenti di distacco” e commercializzati in diversi tipi per essere utilizzati nei vari sistemi applicativi.

      I più utilizzati sono:

      -distaccanti a base di cera sia liquidi che in pasta: il loro impiego è prioritario nella tecnologia

      manuale;

      -distaccanti siliconoci: impiegati nella tecnologia dello stampaggio a caldo o a freddo sotto       pressa, dove i cicli di lavorazione sono molto più veloci. Questi distaccanti sono caratterizzati da      una facile migrazione superficiale con conseguente difficile eliminazione del manufatto.

      Per questo motivo non possono essere impiegati per manufatti che devono successivamente          essere gelcottati, verniciati o saldati fra loro.

 

 

STIRENE: CARATTERISTICHE CHIMICO FISICHE E PRINCIPALI USI INDUSTRIALI

 

Lo stirene [C6H5 (CH=CH2)], o vinilbenzene o feniletilene, è un liquido oleoso, volatile, incolore, con un caratteristico odore pungente e aromatico avvertibile anche per modeste concentrazioni ambientali. Il suo peso molecolare è 104,14 ed il suo peso specifico 0,9090 a 20° C. Il punto di ebollizione è 142-146°C, quello di fusione -30/-38°C. Ha una tensione di vapore fortemente influenzata dalla temperatura: alla pressione atmosferica, la tensione di vapore è 4,5 mm Hg a 15° C, 6,45 mm Hg a 25° C e 10 mm Hg a 30°C.

La densità di vapore è 3,6 rispetto all’aria. La temperatura di autocombustione è 490°C,


 

l’intervallo di esplosività è compreso tra 1,1e 6,1% a 20°C. E’ scarsamente solubile in acqua (300 mg/l a 20°C), mentre è miscibile con numerosi solventi organici, in particolare alcool, etere, metanolo, acetone e solfuro di carbonio.

Lo stirene polimerizza facilmente a temperatura ambiente in presenza di ossigeno e deve essere quindi conservato con l’aggiunta di inibitori, come il butilcatecolo.

La reazione di polimerizzazione è esotermica e può divenire esplosiva. La presenza del doppio legame del gruppo vinilico conferisce allo stirene una spiccata reattività e la possibilità di formare estese impalcature polimeriche.

La principale via di penetrazione nell’organismo è quella inalatoria, con assorbimento polmonare per quote del 45-85 % del totale inalato, mentre risulta trascurabile l’assorbimento percutaneo dei vapori. Dopo l’assorbimento, lo stirene si distribuisce rapidamente nell’organismo, e tende a concentrarsi nel tessuto adiposo. Una quota pari a circa il 95% dello stirene assorbito viene metabolizzato a stirene-epossido e successivamente ad acido mandelico e acido fenilgliossilico quantità reciprocamente variabili in relazione alla presenza di fattori interferenti nella cinetica di trasformazione, quali alcol etilico o altri solventi. Circa il 95% dello stirene assorbito viene escreto come metaboliti tramite l’emuntorio renale, mentre una quota pari al 2-3% viene eliminata come composto tale quale tramite l’aria espirata.

Come gli altri solventi, lo stirene mostra uno spiccato tropismo per i distretti ricchi in lipidi, quali il tessuto adiposo e il SNC.

Il contatto cutaneo ripetuto e prolungato può provocare dermatiti.

Per esposizioni professionali croniche a vapori di stirene sono stati osservati effetti anche a carico della crasi ematica e della funzionalità epatica (33), disturbi del ciclo mestruale, turbe digestive e alterazioni neuro-endocrine a livello dell’asse ipotalamo-ipofisario.

La presenza del doppio legame fra i due atomi di carbonio della catena connessa all’anello benzenico dello stirene, lo rende molto più reattivo rispetto ai suoi omologhi in funzione della formazione del suo metabolita reattivo stirene epossido (radicale libero). A questo composto vengono ricondotte le evidenze di cancerogenicità sperimentale per l’uomo.

I principali usi industriali dello stirene sono nella produzione di polimeri (polistirene o polistirolo), resine e materie plastiche. Lo stirene è largamente utilizzato anche come legante in unione con acidi grassi polinsaturi a formare resine poliestere. I gruppi vinilici dello stirene reagiscono con i doppi legami dell’acido insaturo presente nelle resine e formano così polimeri tridimensionali termoindurenti. La resina può essere rinforzata mediante stratificazione con fibre minerali e si ottengono in tal modo laminati plastici e manufatti in plastica rinforzata con fibre di vetro particolarmente apprezzati e diffusi per le caratteristiche di rigidità, translucentezza e termoresistenza dei prodotti finiti. Altre resine possono essere formate a partire dallo stirene, in combinazione con butadiene (SBR o “styrene-butadiene rubber”), gomma sintetica utilizzata come mescola per la produzione di pneumatici, o con butadiene e acrilonitrile (ABS da acrilonitrile, butadiene e stirene), resina impiegata per la fabbricazione di manufatti come mobili, testine per macchine da scrivere, giocattoli. In base alle modalità di fabbricazione queste resine possono essere distinte in termoplastiche e termoindurenti. Caratteristica dei materiali termoplastici è la loro modellabilità a caldo.

I materiali termoindurenti vengono invece prodotti a temperatura ambiente: la resina liquida viene modellata su impalcature che riproducono la forma desiderata e viene generalmente rinforzata con l’aggiunta di fibre; il successivo trattamento termico e\o l’aggiunta di catalizzatori consentono la realizzazione di polimerizzazione anche a temperatura ambiente, consentendo la solidificazione del prodotto finito. Il processo è largamente diffuso per la produzione di barche, contenitori, silos, carrozzerie di automobili e furgoni.

 


 

·        MATERIE PRIME A MINORE POTENZIALE INQUINANTE

 

L’eliminazione del rischio di esposizione a stirene dovrebbe passare attraverso l’utilizzo di materie prime alternative. A questo proposito sono state prodotte resine con diverse formulazioni:

 

·        Resine a bassa emissione

·        Resine a basso contenuto di monomero

·        Resine a catalisi fotochimica

·        Preimpregnato e compound

 

 

Resine a bassa emissione

 

Sono dette a bassa emissione le resine alle quali vengono addizionati agenti inibitori (paraffine o prodotti simili alla cera) che formando uno strato sottile sulla superficie dei laminati blocca

l’evaporazione dello stirene. Inoltre i quantitativi di monomero necessari per la formulazione di queste resine sono fra i più bassi e si aggirano intorno al 28% in peso.

L’aggiunta dei suddetti prodotti può peggiorare certe caratteristiche meccaniche e in particolare la perdita di coesione interlaminare nei manufatti multistrato (delaminazione).

In laboratorio sono stati sperimentati degli additivi affioranti (dicetilfumarato) capaci, contrariamente ai prodotti paraffinici, di reagire chimicamente durante il processo di reticolazione. evitando fenomeni indesiderati.

L’utilizzo di resine a bassa emissione porta ad una riduzione dello stirene superiore al 50%, per le resine contenenti DCF e del 40-50% per quelle contenenti paraffine, rispetto alla resina prive di additivi.

La riduzione dell’emissione di stirene ottenibile sia per la presenza degli affioranti (essicamento del manufatto) che per la minore quantità di monomero presente (fase di realizzazione del manufatto), incide positivamente nell’ambiente, pur non riducendo l’esposizione dei singoli lavoratori.

 

 

Resine a basso contenuto di monomero

 

Il contenuto medio di monomero nelle resine si aggira intorno al 40-50% del suo peso. Riducendo il monomero al 35% è stato possibile ottenere una riduzione dello stirene in atmosfera pari al 40 %, durante l’intero ciclo produttivo. Tali resine, oltre ad un costo maggiore, presentano inconvenienti legati ad una maggiore viscosità e ad una variazione delle proprietà fisiche e meccaniche dei manufatti.

 

 

Resine a catalisi fotochimica

 

La resina poliestere fotosensibile è resina monocompetente che polimerizza quando esposta a luce ultravioletta.

Tale meccanismo permette di ottenere una riduzione dell’emissione di stirene, pari al 40%, dovuta sia ai più rapidi tempi di polimerizzazione che al fatto che la polimerizzazione si sviluppa dall’esterno verso l’interno. In questo modo si viene a creare una superficie esterna che indurisce ed inibisce l’evaporazione di stirene.


 

 

Preimpregnato e compound

 

Il preimpregnato (SMC) è un materiale costituito da resina portata ad uno stadio intermedio fra il liquido ed il polimerizzato, stabilizzanti, coloranti, cariche e fibre di vetro nella quantità e nel tipo prefissato. E’ un materiale pronto per essere stampato e in tal modo sono eliminate tutte le operazioni di miscelazione e di stoccaggio dei diversi costituenti. E’ commercializzato in rotoli avvolti in film di politene.

Lo stampaggio avviene in stampi d’acciaio e l’indurimento avviene sotto l’azione del calore e della pressione.

 

Il compound (BMC) è una miscela costituita da resina alla quale si aggiungono additivi come lubrificanti, stabilizzanti, successivamente le cariche , il pigmento, il catalizzatore e per l’ultima fibra di vetro. Il tutto viene meccanicamente mescolato e mantenuto a bassa temperatura.

Il prodotto ottenuto è una massa informe ad elevata viscosità, simile a stucco. E’ utilizzato per lo stampaggio di pezzi di forma complessa per i quali siano richieste caratteristiche meccaniche più basse rispetto a quelle ottenute con il preimpregnato. Lo stampaggio avviene in stampo cromato, riscaldato ad alta pressione.

 

 

 

TAB. ATTREZZATURE

ATTREZZATURE

BITTE

SCALPELLI

MARTELLI GOMMA

SMERIGLI

DISCHETTI ABRASIVI E DA TAGLIO

PENNELLI

RULLINI FRANGIBOLLE

PISTOLE A SPRUZZO

SPATOLE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

FASI

 

 

 

Fase -1-Magazzinaggio e movimentazione materie prime

 

 

 

 

1. COMPARTO:

VETRORESINA

 

 

 

 

2. FASE DI LAVORAZIONE:

MAGAZZINAGGIO E MOVIMENTAZIONE MATERIE PRIME

 

 

 

 

3. COD.INAIL:

 

 

 

 

 

4. FATTORE DI RISCHIO:

INFORTUNI, IGIENICO-AMBIENTALI, SICUREZZA ELETTRICA, INCENDIO ED ESPLOSIONE

 

 

 

 

5. CODICE DI RISCHIO

 

 

    (riservato all’ ufficio)

 

 

 

 

 

6. N. ADDETTI:

7

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”

 

Il materiale, per la costruzione del modello riproducente il manufatto richiesto, quale gesso, lamiera, legno, poliuretano nonché fusti di resina, gel-coat, stirene, stucco a base di paraffina, distaccante polivinilico e solventi, viene trasportato al serramentista mediante automezzi.

In azienda il materiale viene anche consegnato mediante spedizioni periodiche dove alcuni dipendenti provvedono allo stoccaggio in appositi magazzini.

Le due principali tipologie aziendali si differenziano per i quantitativi presenti e per le modalità di immagazzinamento, che nel caso di piccole aziende sono effettuate solitamente a mano da un paio di addetti, personale che per lo più effettua anche le lavorazioni, mentre per le medie aziende lo

stoccaggio viene invece effettuato tramite mezzi meccanici (carrelli, montacarichi), a volte con operatore specifico ma più spesso con addetti ad altre mansioni che aiutano nelle varie fasi operative.

Il materiale viene prelevato dallo stoccaggio e trasportato in reparto per le prime lavorazioni.

Il materiale viene prelevato e movimentato per lo più a mano da due addetti; in alcuni casi per grossi quantitativi e a seconda della distanza magazzino-laboratorio, vengono utilizzati mezzi meccanici. Il laboratorio il materiale viene posizionato nelle vicinanze delle macchine di prima lavorazione.

 

Capitolo 2 -“Le attrezzature e le macchine”

 

CARRELLI A MANO O A MOTORE

MONTACARICHI

 

Capitolo 3 -“Il fattore di rischio”

 

Rischio derivante dallo scarico e dal trasporto manuale del materiale da parte di operai singoli o in coppia. Rischio legato al peso del materiale e soprattutto al quantitativo di materiali oggetto dell’operazione, nonché dalla frequenza dell’operazione nel tempo. Il carrello elevatore non è sempre dotato di protezioni idonee dal rischio di coinvolgimento dell’operatore da parte del materiale movimentato.

Per quanto riguarda il rischio incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono sostanze combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele esplosive. Ad aggravare la situazione si presenta la circostanza che la particolare natura del prodotto determina, durante la lavorazione, facilità di imbrattamento dell’ambiente e degli impianti; per la combustibilità del prodotto tale imbrattamento provoca facilità di propagazione dell’incendio che può in breve venire ad interessare tutto lo stabilimento.

Gli impianti elettrici dei luoghi di deposito delle vetroresine, data la presenza di materiale combustibile e infiammabile, devono possedere caratteristiche di sicurezza aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario. I centri di pericolo possono essere le tenute meccaniche delle pompe, gli sfiati e le giunzioni realizzate nelle operazioni di carico dei serbatoi.

Inoltre gli addetti sono esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione, al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli soprattutto in estate.

 

Capitolo 4 -“Il danno atteso”

 

Traumatismi per urto di materiali contro parti del corpo degli operatori.

Lombalgia acuta . Rischio di schiacciamento di mani e piedi per urto o contatto durante la movimentazione manuale del materiale. Ustioni e lesioni gravi o gravissime a seguito di asfissia.

Sono stati rilevati N° 7 infortuni relativi a questo fattore di rischio.

 

Capitolo 5 -“Gli interventi”

 

Da sottolineare la necessità di opportuna dotazione sul carrello elevatore di opportune protezioni, tetto con struttura rigida e gabbia di metallo anteriore, di riparo per l’operatore.

Il ricorso a mezzi meccanici è possibile sia nelle fasi di scarico del materiale (autogru) che di trasporto degli stessi (carrelli a mano o a motore) ma è ovviamente subordinato agli spazi di manovra e di stoccaggio, che spesso non può che essere effettuato a mano. Da evitare assolutamente il sollevamento di materiale di peso rilevante (superiore a 30 kg) affidato ad uno solo operatore.

Il trasporto e il sollevamento in coppia se abbinato a posture corrette può evitare gravi conseguenze sull’apparato muscolo-scheletrico.

E’ vietato conservare nel deposito “infiammabili” il catalizzatore, poiché è una sostanza comburente. Esso deve essere conservato in una zona del reparto ove la sua presenza e le sue caratteristiche di reattività siano compatibili con altre sostanze depositate.

Nei depositi fusti o nei magazzini di reparto è severamente vietato fumare, usare apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Non usare attrezzature elettriche non idonee. Verificare sempre le condizioni delle apparecchiature elettriche e soprattutto dei cavi di collegamento delle attrezzature mobili, segnalando immediatamente eventuali necessità di manutenzione.

Gli interventi necessari ai fini antincendio sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.

Valutazione dell’impianto elettrico generale, della presenza ed idoneità della messa a terra dell’impianto, della presenza di un dispositivo di sgancio tensione generale. Corretta manutenzione dell’impianto. Valutare se le strutture di lavorazione e di deposito necessitino di impianti di protezione contro i fulmini oppure risultino autoprotette. Occorre che siano presenti i dispositivi di protezione contro le scariche elettrostatiche con collegamenti equipotenziali e messa a terra degli organi sui quali possano accumularsi

Per quanto riguarda i materiali combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di estinzione. Le vie di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente siano disponibili nella necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.

 

 

 

Capitolo 6 -“Appalto a ditta esterna”

 

In questa fase non vi sono appalti a ditte esterne.

 

 

Capitolo 7 -“Riferimenti legislativi”

 

Art. 176-177 DPR 547/55

 

DPR 459/96 Allegato I

 

Art.383-384 DPR 547/55

 

D.Lgs. 626/94- Titolo IV, Allegati IV e V

 

D.Lgs. 626/94- TitoloV, Art.47, Art 48 e Art.49

 

Titolo VII DPR 547/55

 

Art. 69 L.46/1990

 

Norma CEI 64-8

 

Norma CEI 20-13

 

Art.34-36-37 DPR 547/55

 

D. Interministeriale 16.02.1982

 

Art.13 D. Lgs.626/94

 

Norma CEI 81-1 fasc. 1439 Appendice D

 

Art. 2-3 D. Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).

 

Art. 11 DPR 303/56

 

Art. 11-377 379 DPR 547/55

 


 

 

Capitolo 8 -“Il rischio esterno”

 

Questo fattore di rischio non influenza l’ambiente esterno.

 

 

 

 

Fase 2-Formazione modello

 

 

 

 

 

1. COMPARTO:

VETRORESINA

 

 

 

 

2. FASE DI LAVORAZIONE:

FORMAZIONE  MODELLO

 

 

 

 

3. COD.INAIL:

 

 

 

 

 

4. FATTORE DI RISCHIO:

INFORTUNI, ,AGENTI CHIMICI, AGENTI FISICI, SICUREZZA ELETTRICA, INCENDIO ED ESPLOSIONE, TRASVERSALI-ORGANIZZATIVI

 

 

 

 

5. CODICE DI RISCHIO

 

 

    (riservato all’ ufficio)

 

 

 

 

 

6. N. ADDETTI:

10

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”

 

 

Si tratta di una operazione di carpenteria in legno o gesso o lamiera o poliuretano, effettuata con plantografo, nel corso della quale si provvede alla costruzione di un modello in genere in legno detto “manichino”, riproducente esattamente nella forma, dimensione e grado di finitura il manufatto che poi si andrà a produrre, sia questo una parte di carrozzeria per pullman, camion, furgoni, camper o qualsiasi altra struttura.

E’ di notevole importanza che il modello abbia una buona robustezza e resistenza meccanica, in maniera tale che non possa presentare momenti di flessione durante la costruzione dello stampo né che si deformi all’atto della sua estrazione dallo stampo stesso.

La prima operazione che viene effettuata è quella di formazione della struttura fissa interna abitualmente costruita in legno di abete, successivamente rivestita con fogli di compensato di pioppo.

In questa seconda fase il lavoro non è più di mera carpenteria ma di fine falegnameria, in quanto si cerca di raggiungere l’aspetto definitivo del manufatto con la maggiore accuratezza possibile.

Dopo la ribattitura dei chiodi di fissaggio, si provvede in alcune aziende a verniciare la superficie esterna del manichino a pennello, con rullo o a spruzzo, utilizzando resine o vernici poliuretaniche trasparenti aventi la funzione di “turapori”.

Dopo la loro completa essicazione segue una carteggiatura a secco di tutta la superficie. Per ricoprire eventuali avvallamenti anche di grosse dimensioni, che la superficie presenta inevitabilmente, la si ricopre con stucco metallico applicato a spatola e successivamente si carteggia nuovamente il tutto a secco utilizzando carteggiatrici elettriche portatili o “stecche” di legno ricoperte di carta abrasiva. In seguito viene applicato a spruzzo uno strato di stucco che viene egualmente carteggiato e lucidato a secco.


 

Il modello così realizzato, ed a cui è stato dato un buon grado di finitura, viene plastificato” con il “GELCOAT” (vernice costituita da macromolecole organiche pigmentate e stirene, miscelate con catalizzatore ed accellerante) applicato a spruzzo.

Dopo la completa essicazione del gelcoat si carteggia nuovamente la superficie questa volta “ad umido “. In questa operazione di levigatura si è soliti ricoprire la superficie con una vernice ad acqua di colore nero (cenerino) avente la funzione di spia per l’individuazione di quelle zone leggermente avvallate che non sarebbero altrimenti evidenziabili. In ultimo segue anche una lucidatura con pasta abrasiva.

Queste operazioni di levigatura tendono ad ottenere une superficie liscia e speculare, in maniera tale da produrre poi uno stampo strutturalmente idoneo a produrre manufatti con caratteristiche di finitura ottimali, o che non necessitino, in un secondo tempo, di grosse operazioni di carrozzeria.

Per rendere successivamente possibile il distacco del modello dallo stampo, che vi verrà costruito sopra, a questa fase di lavoro segue la cosiddetta operazione di ceratura che ha come obiettivo la formazione di un velo destinato ad impedire l’incollaggio tra un manichino e lo stampo stesso, facilitandone così l’estrazione.

Essa consiste nell’applicazione di cere distaccanti (cere microcristalline ad alto punto di fusione) sulla superficie del manichino, per mezzo di tamponi; la superficie viene lucidata dopo ogni apposizione di cera.

E’ importante che l’operazione interessi ogni punto della superficie ed assicuri una buona uniformità di distribuzione.

In alternativa a questo metodo si può utilizzare l’alcool polivinilico applicato a spruzzo o con un panno, comunque su di una superficie già trattata, almeno una volta, con cera.

 

Capitolo 2 -“Le attrezzature e le macchine”

 

SCALPELLI

PENNELLI

RULLINI FRANGIBOLLE

PISTOLE A SPRUZZO

SPATOLE

CARTEGGIATRICE ELETTRICA

 

Capitolo 3 -“Il fattore di rischio”

 

La formazione del modello comporta possibili esposizioni a stirene, polveri e resine.

Emissioni di materiale parcellare avvengono durante tutte le fasi di rifinitura e taglio dei manufatti.

Nella maggior parte dei casi si tratta di emissioni diffuse nell’ambiente di lavoro, poiché non sempre vengono adottati sistemi di captazione e di abbattimento.

Fibre di vetro vengono emesse soprattutto durante l’applicazione manuale del feltro in fibra di vetro, nelle fasi di applicazione a spruzzo, di impregnazione manuale e di rifinitura. Non sono disponibili dati di emissione dei flussi convogliati. Nella maggior parte dei casi si tratta di emissioni diffuse.

Può esserci l’esposizione ad acetone e a diclorometano o ad altri composti organici quali isocianati durante le operazioni di verniciatura oppure ancora a diclorometano utilizzato per il lavaggio degli utensili impiegati per l’applicazione della resina.

Per quanto riguarda il rischio incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono sostanze combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele esplosive. Ad aggravare la situazione si presenta la circostanza che la particolare natura del prodotto determina, durante la lavorazione, facilità di imbrattamento dell’ambiente e degli impianti; per la combustibilità del


 

prodotto tale imbrattamento provoca facilità di propagazione dell’incendio che può in breve venire ad interessare tutto lo stabilimento.

Data la presenza di materiale combustibile e infiammabile, gli impianti elettrici dei luoghi di deposito delle vetroresine, devono possedere caratteristiche di sicurezza aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario. I centri di pericolo possono essere le tenute meccaniche delle pompe, gli sfiati e giunzioni realizzate nelle operazioni di carico dei serbatoi.

Inoltre gli addetti sono esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione, al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli soprattutto in estate.

Negli ambienti di produzione PRFV si possono trovare altri rischi di tipo fisico come il rumore dovuto prevalentemente agli utensili e in parte agli impianti di aspirazione male insonorizzati. L’esposizione a rumore, ed in particolare a livelli di pressione sonora rischiosi per la salute degli

esposti, è certamente un problema molto marginale per questo comparto produttivo. Rilevazioni condotte in vari settori non hanno quasi mai evidenziato livelli di esposizione personali superiori ai valori di riferimento normalmente accettati (Lep d 85 dBA ). Unica eccezione è la fase di molatura e sbavatura (discaggio) con utensili portatili: in tali casi i livelli possono agevolmente raggiungere valori istantanei superiori ai 100 dBA.

E’ importante sottolineare che in queste operazioni il tempo di esposizione è sempre molto ridotto e quindi ben difficilmente possono verificarsi esposizioni personali superiori agli 85 dBA equivalenti.

 

Capitolo 4 -“Il danno atteso”

 

Effetti acuti e cronici dello stirene (vedi tabelle).

Effetti da esposizione a resine sintetiche: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria da contatto e fotodermatiti.

L’utilizzo di cere distaccanti può dare: dermatite irritativa e/o allergica, dermatite follicolare, fotodermatite e melanodermia.

Effetti da esposizione ad acetone quali: sindrome irritativa cutanea (effetto sgrassante), congiuntivale e respiratoria; azione deprimente di tipo narcotico sul SNC; danno neurotossico diretto da “Metil-n-butil-Chetone”; disturbi irritativi a carico dell’apparato digerente con nausea e/o vomito.

Effetti da esposizione ad isocianati a carico dell’apparato respiratorio quali: disturbi irritativi delle prime vie respiratorie, asma bronchiale, broncopnemopatia cronica ostruttiva, possibile alveolite allergica estrinseca.

Le segnalazioni sulla sospetta cancerogenicità delle fibre di vetro si riferisce sempre a popolazioni esposte nei reparti di produzione prima comunque dell’introduzione dei leganti che hanno ridotto la dispersione delle fibre.

Schizzi  negli occhi delle sostanze manipolate

Rumore.

Ustioni e lesioni gravi o gravissime a seguito di asfissia. Lesioni gravi o gravissime da elettrocuzione sia per gli operatori direttamente interessati che per eventuali soccorritori che non adottino procedure di sicurezza durante l’intervento.

TAB. EFFETTI ACUTI STIRENE

ACUTI

SNC

·         SONNOLENZA, PERDITA DI EQUILIBRIO, NAUSEA, CEFALEA, MODICA EUFORIA, AUMENTO DEI TEMPI DI REAZIONE

·         SINDROME DA STIRENE:NAUSEA, VOMITO, ANORESSIA, ASTENIA

MUCOSE E VIE RESPIRATORIE

·        RINOCONGIUNTIVITE, FARINGITE

 

 

 

TAB. EFFETTI CRONICI  STIRENE

CRONICI

SNC E SNP

·        ALTERAZIONI ELETTROENCELALOEGRAFICHE, POSSIBILE RALLENTAMENTO VELOCITA’ DI CONDUZIONE PERIFERICA,ALTER. APPRENDIMENTO, ALTERAZ. ABILITA’ VISIVO COSTRUTTIVA E DELLA MEMORIA LOGICA

OCCHIO

·         POSSIBILE DISCROMATOPSIA

FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE

·        POSSIBILE ALTERAZ. MODESTE DELL’ENZIMOGRAMMA EPATICO, INDUZIONE ENZIMATICA

RENE

·         POSSIBILE GLOMERULO E TUBULOPATIA

SANGUE

·         AUMENTO DEI MONOCITI PERIFERICI, RIDUZIONE DELLA MIGRAZIONE LINF OCITARIA

SISTEMA IMMUNITARIO

·         SONO STATI EVIDENZIATI DA VARI AUTORI ALTERAZIONI DELL’EQUILIBRIO TRA CELLULE EFFETRICI E REGOLATRICI DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA. COMUNQUE GLI STUDI FINO AD OGGI PRESENTI IN LETTERATURA SONO ANCORA POCHI SOPRATTUTTO IN CAMPO UMANO PER CHIARIRE IL MECCANISMO D’AZIONE DI TALE XENOBIOTICO SUL SISTEMA IMMUNITARIO

 

APPARATO RESPIRATORIO

·         POSSIBILE ASMA BRONCHIALE

SISTEMA ENDOCRINO

·         AZIONE SUL SISTEMA DOPAMINERGICO CON AUMENTO DELLA PROLATTINA SIERICA

MUTAGENESI / TERATOGENESI

·         AUMENTO ABERRAZIONI CROMOSOMICHE

·         AUMENTO FREQUENZA SCAMBI CROMATIDI

·         AUMENTO DEI MICRONUCLEI

CANCEROGENESI

·         LIMITATA EVIDENZA DI CANCEROGENICITA’ (2B)

·         EVIDENZA SUFFICIENTE PER LO STIRENE OSSIDO (2A)

 

Sono stati rilevati N° 5 infortuni relativi a questo fattore di rischio.

 

 

 

 

Capitolo 5 -“Gli interventi”

 

Gli interventi per la riduzione dei livelli di esposizione professionale agli inquinanti aerodispersi possono essere molteplici e riguardano la modifica dei vari fattori che influiscono sulla loro determinazione come viene evidenziato dallo schema seguente:

 


 

 

 

RIDUZIONE O SOSTITUZIONE SOSTANZE NOCIVE

>SORGENTE<

SCELTA DELLA PIU’ IDONEA TECNOLOGIA PRODUTTIVA

t

 

VENTILAZIONE GENERALE

 

 

 

ASPIRAZIONE LOCALIZZATA

 

>PROPAGAZIONE<

INQUINANTI

 

 

CORRENTI D’ARIA INTERFERENTI

t

 

RITMI DI PRODUZIONE

 

 

 

LAY-OUT

 

>ORGANIZZAZIONE DEL< LAVORO

 

TEMPI DI ESPOSIZIONE E ROTAZIONE

 

MANUTANZIONE PROGRAMMATA

t

 

INFORMAZIONE

UOMO

DPI

 

 

L’uso di resine a basso contenuto di stirene è una tecnica valida per la riduzione dell’inquinamento soprattutto per l’ambiente esterno. All’interno dell’ambiente di lavoro esse non hanno dato fino ad ora buoni risultati, giacchè la velocità di evaporazione dello stirene si mantiene praticamente la stessa fino al punto di gelificazione. L’eliminazione o riduzione della sostanza nociva trova una difficile applicazione concreta per la singola azienda poiché comporta il coinvolgimento attivo delle fabbriche produttrice di materie prime. Più facilmente realizzabili a livello aziendale, pur onerosi,

sono i cambiamenti tecnologici radicali come, ad esempio, il passaggio da una tecnica di

impregnazione manuale o a spruzzo a quella del preimpregnato, nella quale la quantità di stirene evaporante è significativamente ridotta.

 

Bassi livelli di esposizione professionale sono inoltre ottenibili con:

·        iniezione a stampo chiuso (stampo e controstampo con iniezione);

·        poltrusione;

·        formatura per centrifugazione;

·        stampaggio preimpregnato;

·        ciclo chiuso con robot in zona segregata.

Medi livelli di esposizione professionale sono ottenibili con:

·        velatura e laminati se realizzati in modo discontinuo;

·        avvolgimento se realizzato in modo discontinuo;

Alti livelli di esposizione professionale si riscontrano con:

·        stratificazione e rullatura manuale

Altissimi livelli di esposizione professionale si riscontrano con:

·        stratificazione a spruzzo


 

Per quanto riguarda gli interventi sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli inquinanti per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo diluito in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato dal lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.

L’aspirazione localizzata è generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino.

Il volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene. Se l’aria estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di immissione, essa finisce per entrare dalle porte e dalle finestre in maniera incontrollata. Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una pari quantità di aria in ingresso. Occorre progettare con molta attenzione le zone e le velocità di immissione dell’aria di reintegro in modo che:

·        non si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;

·        non vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti alla sorgente;

·        non si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.

Nei reparti di lavorazione devono essere presenti le sostanze strettamente indispensabili alla lavorazione. I restanti quantitativi devono essere stoccati negli appositi locali.

E’ necessario verificare che sui recipienti in cui sono raccolte le varie sostanze sia sempre indicato il

contenuto, specialmente in occasioni di travasi da un recipiente ad un altro.

Per l’utilizzazione dei singoli prodotti attenersi a quanto specificato nella etichettatura ed utilizzare per ognuno appositi contenitori, contraddistinti con colorazioni tali da evitare ogni possibile confusione ed errore, come ad esempio :

calderelli rossi: resini e stucco;

vaschette e taniche nere : acetone;

caraffe azzurre: catalizzatore.

Per le restanti sostanze, irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.

Chiudere immediatamente dolo l’uso ogni recipiente che contenga sostanze nocive o pericolose. Riporre immediatamente dopo l’uso i caldarelli sporchi di resina o di stucco e gli altri recipienti contenenti o sporchi di gel-coat o di altre sostanze pericolose, all’interno di appositi armadi

metallici ventilati, avendo cura di tenere sempre chiuse le porte. Provvedere sollecitamente alla raccolta di eventuali dispersioni.

Nei reparti ove si preparano i manufatti in vetroresina è severamente vietato fumare e usare apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Non usare attrezzature elettriche non idonee. Verificare sempre le condizioni delle apparecchiature elettriche e soprattutto dei cavi di collegamento delle attrezzature mobili, segnalando immediatamente eventuali necessità di manutenzione.

Gli interventi necessari ai fini antincendio sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti a ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.

Valutazione dell’impianto elettrico generale, della presenza ed idoneità della messa a terra dell’impianto, della presenza di un dispositivo di sgancio tensione generale. Corretta manutenzione

dell’impianto. Valutare se le strutture di lavorazione e di deposito necessitino di impianti di protezione contro i fulmini oppure risultino autoprotette.


Occorre che siano presenti i dispositivi di protezione contro le scariche elettrostatiche con collegamenti equipotenziali e messa a terra degli organi sui quali possano accumularsi

Per quanto riguarda i materiali combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di estinzione. Le vie di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente siano disponibili nella necessaria quantità,

sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.

 

Importanti anche gli interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale ma deve essere motivo prioritario di uno studio approfondito per migliorare le condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici tesi a ridurre i rischi lavorativi.

I DPI (dispositivi di protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale trasmissione di infezioni.

 

Ad ogni lavoratore devono essere forniti idonei DPI quali:

 

·        Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza necessarie;

·        Calzature del tipo antisdrucciolevole;

·        Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi delle sostanze manipolate;

·        Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:

 

 

MASCHERINE PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3

MASCHERINE PER I GAS E I VAPORI

VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA SUA CONCENTRAZIONE

 

 

Per i vapori di stirene sono efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto assolutamente inefficaci. Devono essere utilizzati quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in tempi brevi.

·        Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che garantiscono una miglior protezione.

 

 

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI

I FILTRI IDONEI SONO CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A”

 

 

Come per le mascherine a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al viso.

 

·        Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale umidificatore. Nel secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.

 

Capitolo 6 -“Appalto a ditta esterna”

 

La manutenzione dell’impianto elettrico e tutti gli interventi elettrici sono appaltati ad impiantisti specializzati.

La manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è appaltata a ditte specializzate.

 

Capitolo 7 -“Riferimenti legislativi”

 

DPR 303/56 n° Tab.33

 

DPR 482 /75 n° Tab.30

 

DPR 303/56 n° Tab.39

 

DPR 482 /75 n° Tab.37

 

DPR 482 /75 n° Tab.49

 

Art.383-384 DPR 547/55

 

Titolo VII DPR 547/55

 

Art. 69 L.46/1990

 

Norma CEI 64-8

 

Norma CEI 20-13

 

Art.34-36-37 DPR 547/55


 

D. Interministeriale 16.02.1982

 

Art.13 D. Lgs.626/94

 

Norma CEI 81-1 fasc. 1439 Appendice D

 

Art. 2-3 D. Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).

 

DPR 24.05.1988, n. 203

 

DPCM 21-7-1989

 

Capitolo 8 -“Il rischio esterno”

 

Il rilascio in atmosfera di sostanze organiche volatili rappresenta una significativa causa di impatto ambientale. E’ possibile classificare l’ordine dei livelli di emissione, sulla base del rilascio in atmosfera dello stirene.

 

 

FASE LAVORAZIONE

LIVELLO EMISSIONE

ORDINE DECRESCENTE

Spruzzatura

1

Rullatura

2

Avvolgimento (bagno)

3

Laminazione continua

4

Poltrusion (bagno)

5

Getti in conchiglia (stampo chiuso)

6

 

 

Le emissioni principali avvengono durante l’applicazioni del gelcoat, durante l’applicazione delle resine e nella fase di indurimento. La quantità di stirene emesso dipende essenzialmente dai tempi di gelificazione della resina, dalla temperatura del processo e dalla velocità di flusso dell’aria.

 

E’ noto che questo inquinante, nell’atmosfera urbana, può avere importanza per la sua reattività, in quanto precursore di smog fotochimico.

Allo stirene deve aggiungersi, quale inquinante, l’acetone utilizzato per la pulizia delle macchine applicatrici, dei pennelli e dei rulli; la presenza di acetone nell’emissione finale è estremamente variabile, dal momento che non entra nella formulazione e nella fase applicativa delle resine.

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

Fase 3-Miscelazione componenti per resina poliestere

 

 

 

 

 

1. COMPARTO:

VETRORESINA

 

 

 

 

2. FASE DI LAVORAZIONE:

MISCELAZIONE COMPONENTI PER RESINA POLIESTERE

 

 

 

 

3. COD.INAIL:

 

 

 

 

 

4. FATTORE DI RISCHIO:

INFORTUNI, IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI, AGENTI FISICI, SICUREZZA ELETTRICA, INCENDIO ED ESPLOSIONE

 

 

 

 

5. CODICE DI RISCHIO

 

 

    (riservato all’ ufficio)

 

 

 

 

 

6. N. ADDETTI:

4

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”

 

Nella fase di miscelazione dei componenti per resina poliestere si utilizza una resina costituita da una soluzione di poliestere in un monomero (stirene) con una percentuale di quest’ultimo del 30-50%. Il poliestere è prodotto dalla condensazione di alcooli doppi (glicoli) tipo propilenico, dietilenico o neopentilico, con alcuni acidi saturi o insaturi quali il maleico, l’ortoftalico o l’isoftalico. Lo stirene, in presenza di un catalizzatore ed un accellerante (non sempre utilizzato), forma con la catena molecolare del poliestere un reticolo tridimensionale, processo di polimerizzazione, che determina il passaggio della resina dallo stato liquido a quello solido chimicamente stabile.

Il catalizzatore utilizzato (1-2% in peso della miscela) è normalmente un perossido organico, ad es. perossido di metilchetone (MEKp)..

La miscelazione della resina con il 2% di catalizzatore viene effettuata per 40”.

Nelle aziende studiate non vengono utilizzati accelleranti.

 

·        CATALIZZATORE: Sostanza che favorisce la reazione di indurimento della resina: cioè la reazione di reticolazione del monomero vinilico che reagisce con i doppi legami del poliestere lineare insaturo. I catalizzatori più usati sono i perossidi organici (perossido di benzoile, perossido di metilechetone, perossido di cicloesanone) solitamente disciolti in ftalati.

 

·        ACCELLERANTI: Per l’indurimento a freddo si utilizzano dei sistemi induritori/accelleranti riportati in tabella insieme al tipo utilizzato.

 

 

 


 

 

 

 

TAB. CATALIZZATORI ED ACCELLERANTI

SISTEMA

*CATALIZZATORE

§ACCELLERANTE

 

TEMPO DI GELO

TEMPO DI POLIMERIZZAZIONE

UTILIZZO

*NAFTENATO DI COBALTO

§ METILCHETONE-PEROSSIDO

MEDIO-LUNGO

LUNGO

STRATIFICAZIONI CONSISTENTI

PRODUZIONE DI GEL-COATS

*NAFTENATO DI COBALTO

§ ACETILACETONE -PEROSSIDO

MEDIO-LUNGO

MEDIO-BREVE

PRODUZIONE IN SERIE DI PICCOLI PEZZI CONTENITORI ALIMENTI

*NAFTENATO  COBALTO-DIMETILANILINA

§ METILETILCHETONE-PEROSSIDO

BREVE

BREVE

STAMPAGGIO A BASSA PRESSIONE

STAMPAGGIO AD INIEZIONE

*DIMETILANILINA

§ BENZOILE -PEROSSIDO

RAPIDO

RAPIDO

PRODUZIONE STUCCHI E MASTICI

 

 

Capitolo 2 -“Le attrezzature e le macchine”

 

PENNELLI

SPATOLE

 

Capitolo 3 -“Il fattore di rischio”

 

La fase di miscelazione dei componenti per resina poliestere comporta esposizione a stirene, polveri e resine.

In questa fase il rischio è anche legato all’uso di sostanze infiammabili e combustibili che possono produrre miscele esplosive. Il pericolo dell’accidentale innesco di queste miscele è aggravato dal successivo probabile incendio dei materiali combustibili presenti.

 

Capitolo 4 -“Il danno atteso”

 

Effetti acuti e cronici dello stirene (vedi tabelle).

TAB. EFFETTI ACUTI STIRENE

ACUTI

SNC

·         SONNOLENZA, PERDITA DI EQUILIBRIO, NAUSEA, CEFALEA, MODICA EUFORIA, AUMENTO DEI TEMPI DI REAZIONE

·         SINDROME DA STIRENE:NAUSEA, VOMITO, ANORESSIA, ASTENIA

MUCOSE E VIE RESPIRATORIE

·        RINOCONGIUNTIVITE, FARINGITE

 


 

TAB. EFFETTI CRONICI  STIRENE

CRONICI

SNC E SNP

·        ALTERAZIONI ELETTROENCELALOEGRAFICHE, POSSIBILE RALLENTAMENTO VELOCITA’ DI CONDUZIONE PERIFERICA,ALTER. APPRENDIMENTO, ALTERAZ. ABILITA’ VISIVO COSTRUTTIVA E DELLA MEMORIA LOGICA

OCCHIO

·         POSSIBILE DISCROMATOPSIA

FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE

·        POSSIBILE ALTERAZ. MODESTE DELL’ENZIMOGRAMMA EPATICO, INDUZIONE ENZIMATICA

RENE

·         POSSIBILE GLOMERULO E TUBULOPATIA

SANGUE

·         AUMENTO DEI MONOCITI PERIFERICI, RIDUZIONE DELLA MIGRAZIONE LINF OCITARIA

SISTEMA IMMUNITARIO

·         SONO STATI EVIDENZIATI DA VARI AUTORI ALTERAZIONI DELL’EQUILIBRIO TRA CELLULE EFFETRICI E REGOLATRICI DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA. COMUNQUE GLI STUDI FINO AD OGGI PRESENTI IN LETTERATURA SONO ANCORA POCHI SOPRATTUTTO IN CAMPO UMANO PER CHIARIRE IL MECCANISMO D’AZIONE DI TALE XENOBIOTICO SUL SISTEMA IMMUNITARIO

 

APPARATO RESPIRATORIO

·         POSSIBILE ASMA BRONCHIALE

SISTEMA ENDOCRINO

·         AZIONE SUL SISTEMA DOPAMINERGICO CON AUMENTO DELLA PROLATTINA SIERICA

MUTAGENESI / TERATOGENESI

·         AUMENTO ABERRAZIONI CROMOSOMICHE

·         AUMENTO FREQUENZA SCAMBI CROMATIDI

·         AUMENTO DEI MICRONUCLEI

CANCEROGENESI

·         LIMITATA EVIDENZA DI CANCEROGENICITA’ (2B)

·         EVIDENZA SUFFICIENTE PER LO STIRENE OSSIDO (2A)

 

Effetti da esposizione a resine sintetiche: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria da contatto e fotodermatiti.

Schizzi  negli occhi delle sostanze manipolate soprattutto durante la miscelazione della resina con il catalizzatore.

Ustioni e lesioni gravi o gravissime a seguito di asfissia.

Sono stati rilevati N° 2 infortuni relativi a questo fattore di rischio.

 

 

Capitolo 5 -“Gli interventi”

 

L’eliminazione del rischio di esposizione a stirene dovrebbe passare attraverso l’utilizzo di materie prime alternative.

A questo proposito sono state prodotte resine con diverse formulazioni:


 

·        Resine a bassa emissione

·        Resine a basso contenuto di monomero

·        Resine a catalisi fotochimica

·        Preimpregnato e compound

 

 

Resine a bassa emissione

 

Sono dette a bassa emissione le resine alle quali vengono addizionati agenti inibitori (paraffine o prodotti simili alla cera) che formando uno strato sottile sulla superficie dei laminati blocca

l’evaporazione dello stirene. Inoltre i quantitativi di monomero necessari per la formulazione di queste resine sono fra i più bassi e si aggirano intorno al 28% in peso.

L’aggiunta dei suddetti prodotti può peggiorare certe caratteristiche meccaniche e in particolare la perdita di coesione interlaminare nei manufatti multistrato (delaminazione).

In laboratorio sono stati sperimentati degli additivi affioranti (dicetilfumarato) capaci, contrariamente ai prodotti paraffinici, di reagire chimicamente durante il processo di reticolazione evitando fenomeni indesiderati.

L’utilizzo di resine a bassa emissione porta ad una riduzione dello stirene superiore al 50%, per le resine contenenti DCF e del 40-50% per quelle contenenti paraffine, rispetto alla resina prive di additivi.

La riduzione dell’emissione di stirene ottenibile sia per la presenza degli affioranti (essicamento del manufatto) che per la minore quantità di monomero presente (fase di realizzazione del manufatto), incide positivamente nell’ambiente, pur non riducendo l’esposizione dei singoli lavoratori.

 

 

Resine a basso contenuto di monomero

 

Il contenuto medio di monomero nelle resine si aggira intorno al 40-50% del suo peso. Riducendo il monomero al 35% è stato possibile ottenere una riduzione dello stirene in atmosfera pari al 40 %, durante l’intero ciclo produttivo. Tali resine, oltre ad un costo maggiore, presentano inconvenienti legati ad una maggiore viscosità e ad una variazione delle proprietà fisiche e meccaniche dei manufatti.

 

 

Resine a catalisi fotochimica

 

La resina poliestere fotosensibile è resina monocompetente che polimerizza quando esposta a luce ultravioletta.

Tale meccanismo permette di ottenere una riduzione dell’emissione di stirene, pari al 40%, dovuta sia ai più rapidi tempi di polimerizzazione che al fatto che la polimerizzazione si sviluppa dall’esterno verso l’interno. In questo modo si viene a creare una superficie esterna che indurisce ed inibisce l’evaporazione di stirene.

 

 

 

 


 

Preimpregnato e compound

 

Il preimpregnato (SMC) è un materiale costituito da resina portata ad uno stadio intermedio fra il liquido ed il polimerizzato, stabilizzanti, coloranti, cariche e fibre di vetro nella quantità e nel tipo prefissato. E’ un materiale pronto per essere stampato e in tal modo sono eliminate tutte le operazioni di miscelazione e di stoccaggio dei diversi costituenti. E’ commercializzato in rotoli avvolti in film di politene.

Lo stampaggio avviene in stampi d’acciaio e l’indurimento avviene sotto l’azione del calore e della pressione.

 

Il compound (BMC) è una miscela costituita da resina alla quale si aggiungono additivi come lubrificanti, stabilizzanti, successivamente le cariche , il pigmento, il catalizzatore e per l’ultima fibra di vetro. Il tutto viene meccanicamente mescolato e mantenuto a bassa temperatura.

Il prodotto ottenuto è una massa informe ad elevata viscosità, simile a stucco. E’ utilizzato per lo stampaggio di pezzi di forma complessa per i quali siano richieste caratteristiche meccaniche più basse rispetto a quelle ottenute con il preimpregnato. Lo stampaggio avviene in stampo cromato, riscaldato ad alta pressione.

 

Per quanto riguarda gli interventi sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli inquinanti per diluizione.

Però visto che l’inquinante viene così solo diluito in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato dal lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.

L’aspirazione localizzata è generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino. Il volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene. Se l’aria estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di immissione, essa finisce per entrare dalle porte e dalle finestre in maniera incontrollata. Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una pari quantità di aria in ingresso. Occorre progettare con molta attenzione le zone e le velocità di immissione dell’aria di reintegro in modo che:

 

·        non si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;

·        non vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti alla sorgente;

·        non si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.

Nei reparti di lavorazione devono essere presenti le sostanze strettamente indispensabili alla lavorazione. I restanti quantitativi devono essere stoccati negli appositi locali.

 

E’ necessario verificare che sui recipienti in cui sono raccolte le varie sostanze sia sempre indicato il contenuto, specialmente in occasioni di travasi da un recipiente ad un altro.

Per l’utilizzazione dei singoli prodotti attenersi a quanto specificato nella etichettatura ed utilizzare per ognuno appositi contenitori, contraddistinti con colorazioni tali da evitare ogni possibile confusione ed errore, come ad esempio :

calderelli rossi: resini e stucco;

vaschette e taniche nere : acetone;

caraffe azzurre: catalizzatore.


 

Per le restanti sostanze, irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.

Chiudere immediatamente dopo l’uso ogni recipiente che contenga sostanze nocive o pericolose. Riporre immediatamente dopo l’uso i caldarelli sporchi di resina o di stucco e gli altri recipienti contenenti o sporchi di gel-coat o di altre sostanze pericolose, all’interno di appositi armadi metallici ventilati, avendo cura di tenere sempre chiuse le porte. Provvedere sollecitamente alla raccolta di eventuali dispersioni.

Nei reparti in cui si effettua la miscelazione della resina è severamente vietato fumare, usare apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Gli interventi necessari ai fini antincendio sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti a ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.

Per quanto riguarda i materiali combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di estinzione. Le vie di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente devono essere disponibili nella necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.

Importanti anche gli interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale ma deve essere motivo prioritario di uno studio

approfondito per migliorare le condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici tesi a ridurre i rischi lavorativi.

 

I DPI (dispositivi di protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale trasmissione di infezioni.

Ad ogni lavoratore devono essere forniti idonei DPI quali:

·        Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza necessarie;

·        Calzature del tipo antisdrucciolevole;

·        Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi delle sostanze manipolate;

·        Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:

 

 

 

MASCHERINE PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3

MASCHERINE PER I GAS E I VAPORI

VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA SUA CONCENTRAZIONE

 


 

Per i vapori di stirene sono efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto assolutamente inefficaci.

 

Devono essere utilizzati quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in tempi brevi.

 

·        Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che garantiscono una miglior protezione.

 

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI

I FILTRI IDONEI SONO CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A”

 

Come per le mascherine a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservate in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al viso.

 

·        Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale umidificatore. Nel secondo caso

 

·        la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.

 

 

Capitolo 6 -“Appalto a ditta esterna”

 

La manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è appaltata a ditte specializzate.

 

Capitolo 7 -“Riferimenti legislativi”

 

DPR 303/56 n° Tab.33

 

DPR 482 /75 n° Tab.30

 

Art. 176-177 DPR 547/55


DPR 459/96 Allegato I

 

Art.383-384 DPR 547/55

 

D.Lgs. 626/94- Titolo IV, Allegati IV e V

 

 

Titolo VII DPR 547/55

 

Art. 69 L.46/1990

 

Norma CEI 64-8

 

Norma CEI 20-13

 

Art.34-36-37 DPR 547/55

 

D. Interministeriale 16.02.1982

 

Art.13 D. Lgs.626/94

 

Norma CEI 81-1 fasc. 1439 Appendice D

 

Art. 2-3 D. Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).

 

Art. 11 DPR 303/56

 

Art. 11-377 379 DPR 547/55

 

 

Capitolo 8 -“Il rischio esterno”

 

Questo fattore di rischio non influenza l’ambiente esterno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fase 4-Costruzione stampo: stratificazione impregnazione manuale su stampo

 

 

 

 

1. COMPARTO:

VETRORESINA

 

 

 

 

2. FASE DI LAVORAZIONE:

COSTRUZIONE STAMPO: STRATIFICAZIONE IMPREGNAZIONE MANUALE SU STAMPO

 

 

 

 

3. COD.INAIL:

 

 

 

 

 

4. FATTORE DI RISCHIO:

INFORTUNI, IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI, AGENTI FISICI, SICUREZZA ELETTRICA, INCENDIO ED ESPLOSIONE

 

 

 

 

5. CODICE DI RISCHIO

 

 

    (riservato all’ ufficio)

 

 

 

 

 

6. N. ADDETTI:

9

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”

 

Nel metodo della “formatura a contatto” è sufficiente la creazione di un solo stampo che potrà essere chiamato “maschio” o “femmina” in funzione della faccia del manufatto che dovrà presentarsi “liscia”. Nel nostro caso si analizzerà la costruzione di uno stampo, a calco femmina, in vetroresina, pratica maggiormente utilizzata per il buon grado di robustezza e leggerezza offerto da esso.

Al manichino trattato con sostanze distaccanti viene applicato uno strato di “gelcoat per stampi” generalmente a spruzzo (pistola con ugello da 4,0 mm e pressione 4-5 atm.), operazione che è possibile effettuare anche con rullo o pennello.

Il gelcoat viene utilizzato di vari colori (arancio, nero, verde, rosa ecc.) e lo spessore che normalmente si applica è di circa 0,5-0,6 mm equivalenti a circa 550/650 g di gelcoat per m2 di superficie.

Quando il gelcoat è completamente essiccato ha inizio la deposizione dei teli di fibra di vetro; la superficie su cui si appongono i teli viene preventivamente “bagnata” con resina poliestere.

La resina impiegata è, come precedentemente descritto, costituita da una soluzione di poliestere in un monomero (stirene) con una percentuale di quest’ultimo del 30-50%.

Il poliestere è prodotto dalla condensazione di alcooli doppi (glicoli) tipo propilenico, dietilenico o neopentilico, con alcuni acidi saturi o insaturi quali il maleico, l’ortoftalico o l’isoftalico.

Lo stirene, in presenza di un catalizzatore ed un accellerante (non sempre utilizzato), forma con la catena molecolare del poliestere un reticolo tridimensionale, processo di polimerizzazione, che determina il passaggio della resina dallo stato liquido a quello solido solitamente stabile.

Il telo di fibra utilizzato in questa fase deve essere di bassa grammatura (225 g/m2) “mat di superficie”, per evitare di produrre sulla superficie dello stampo il disegno della trama del vetro di rinforzo.

 Dopo 3 ore, ad essicazione avvenuta, sopra il “mat” si depositano altri strati di fibra di vetro a grammatura crescente, fino a 900 g/m2 (tessuti e/o stuoie) impregnandoli sempre con resina, fino al raggiungimento dello spessore desiderato.

Il quantitativo di resina che viene utilizzata per l’impregnazione dei teli a bassa grammatura è abitualmente, in rapporto al peso, di 2:1 rispetto a quello della fibra di vetro, mentre per le stuoie viene utilizzato un rapporto di 1:1.

I teli di fibra di vetro vengono fatti aderire perfettamente tra loro utilizzando dei “rulli di panno” o il “ pennello”. Infine, ad una temperatura di 18/20°, tramite i “rulli frangibolle “, si provvede alla eliminazione di tutte le bolle di aria presenti. Segue un’ulteriore essicazione di 3 ore.

 

Capitolo 2 -“Le attrezzature e le macchine”

 

SCALPELLI

PENNELLI

RULLINI FRANGIBOLLE

PISTOLE A SPRUZZO

SPATOLE

 

Capitolo 3 -“Il fattore di rischio”

 

La I fase della costruzione dello stampo comporta l’esposizione a stirene, polveri e resine.

Emissioni di materiale parcellare avvengono durante tutte le fasi di

Negli ambienti di produzione PRFV si possono trovare altri rischi di tipo fisico come il rumore dovuto prevalentemente agli utensili e in parte agli impianti di aspirazione male insonorizzati. L’esposizione a rumore, ed in particolare a livelli di pressione sonora rischiosi per la salute degli esposti, è certamente un problema molto marginale per questo comparto produttivo. Rilevazioni condotte in vari settori non hanno quasi mai evidenziato livelli di esposizione personali superiori ai valori di riferimento normalmente accettati (Lep d 85 dBA ). Unica eccezione è la fase di molatura e sbavatura (discaggio) con utensili portatili. In tali casi i livelli possono agevolmente raggiungere valori istantanei superiori ai 100 dBA.

E’ importante sottolineare che in queste operazioni il tempo di esposizione è sempre molto ridotto e  quindi ben difficilmente possono verificarsi esposizioni personali superiori agli 85 dBA equivalenti.

Nella maggior parte dei casi si tratta di emissioni diffuse nell’ambiente di lavoro, poiché non sempre vengono adottati sistemi di captazione e di abbattimento.

Le fibre di vetro rappresentano il primo ed il più utilizzato rinforzo delle fibre poliestere. Attualmente il 90% dei composti è a base di fibre di vetro. Queste vengono prodotte fondendo speciali tipi di sabbie silicee facendo filare e stirare le fibre per mezzo di una speciale filiera di platino, posta sul fondo del forno di fusione, fino ad ottenere il diametro desiderato. Le fibre, una volta apprettate, vengono successivamente raccolte da una bobinatrice fino a formare un filo composto denominato strand. A seconda delle diverse applicazioni esistono vari tipi di fibre di vetro prodotte da materie prime (sabbie) aventi diversa composizione chimica.  La fibra di vetro utilizzata è la seguente:

 

TESSUTO: viene prodotto impiegando un telaio e catalogato in base al tipo di tessitura usata;

 

STUOIA: viene ottenuta dalla tessitura del roving. Per i suoi bassi costi viene utilizzata per la produzione di manufatti di grandi dimensioni come furgoni, imbarcazioni ecc.;

 

MAT: a filo continuo e a fili tagliati. Le due versioni si differenziano sia per tipo di strand (tagliati o no), che per tipo d’appretto (emulsione o polvere);

 

MAT DI SUPERFICIE: molto simile al mat a filo continuo. Si impiega per migliorare la resistenza chimica dei manufatti, in relazione al discreto assorbimento di resina;

 

Fibre di vetro vengono emesse soprattutto durante l’applicazione manuale del feltro in fibra di vetro, nelle fasi di applicazione a spruzzo, di impregnazione manuale e di rifinitura. Non sono disponibili dati di emissione dei flussi convogliati. Nella maggior parte dei casi si tratta di emissioni diffuse.


 

Da ricordare l’utilizzo del gelcoat che è un prodotto resinoso contenente pigmenti e cariche che costituisce normalmente il primo strato di resina sullo stampo. Conferisce alla superficie esterna del manufatto un caratteristico aspetto lucente, colorato, liscio ed esente da pori. Si differenzia dalla resina per la presenza di pigmenti (vedi tabella) che possono essere sia di origine organica che inorganica.

 

TAB. PIGMENTI

COLORE

INORGANICI

ORGANICI

BIANCO

Biossido di titanio, ossido di zinco, ecc.

 

GIALLO

Cromato di piombo, ossido di cadmio, ecc.

Azocomposti

ROSSO

Solfuro di cadmio, ossido ferrico, ecc.

Isoinduline

AZZURRO

Ferrocianuro ferrico, ossido di cobalto, ecc.

Ftalocianine

VERDE

Ossidi di cromo, ecc.

Ftalocianine

VIOLETTO

Fosfati di cobalto e di manganese, ecc.

Diossazine

NERO

Carbon blach, ecc.

Nero di anilina

 

 

Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate.

Per quanto riguarda il rischio incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono sostanze combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele esplosive. Ad aggravare la situazione si presenta la circostanza che la particolare natura del prodotto, durante la lavorazione, determina facilità di imbrattamento dell’ambiente e degli impianti e per la combustibilità del prodotto tale imbrattamento provoca facilità di propagazione dell’incendio. Data la presenza di materiale combustibile e infiammabile gli impianti elettrici dei luoghi di deposito delle vetroresine devono possedere caratteristiche di sicurezza aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario. I centri di pericolo possono essere le tenute meccaniche delle pompe, gli sfiati e giunzioni realizzate nelle operazioni di carico dei serbatoi.

Inoltre gli addetti sono esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione, al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli soprattutto in estate.

 

 

Capitolo 4 -“Il danno atteso”

 

Effetti acuti e cronici dello stirene (vedi tabelle).

Effetti da esposizione a resine sintetiche: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria da contatto e fotodermatiti.

Effetti da esposizione ad isocianati a carico dell’apparato respiratorio quali: disturbi irritativi delle prime vie respiratorie, asma bronchiale, broncopnemopatia cronica ostruttiva, possibile alveolite allergica estrinseca.

 

 


 

 

TAB. EFFETTI ACUTI STIRENE

ACUTI

SNC

·         SONNOLENZA, PERDITA DI EQUILIBRIO, NAUSEA, CEFALEA, MODICA EUFORIA, AUMENTO DEI TEMPI DI REAZIONE

·         SINDROME DA STIRENE:NAUSEA, VOMITO, ANORESSIA, ASTENIA

MUCOSE E VIE RESPIRATORIE

·        RINOCONGIUNTIVITE, FARINGITE

 

 

 

TAB. EFFETTI CRONICI  STIRENE

CRONICI

SNC E SNP

·        ALTERAZIONI ELETTROENCELALOEGRAFICHE, POSSIBILE RALLENTAMENTO VELOCITA’ DI CONDUZIONE PERIFERICA,ALTER. APPRENDIMENTO, ALTERAZ. ABILITA’ VISIVO COSTRUTTIVA E DELLA MEMORIA LOGICA

OCCHIO

·         POSSIBILE DISCROMATOPSIA

FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE

·        POSSIBILE ALTERAZ. MODESTE DELL’ENZIMOGRAMMA EPATICO, INDUZIONE ENZIMATICA

RENE

·         POSSIBILE GLOMERULO E TUBULOPATIA

SANGUE

·         AUMENTO DEI MONOCITI PERIFERICI, RIDUZIONE DELLA MIGRAZIONE LINF OCITARIA

SISTEMA IMMUNITARIO

·         SONO STATI EVIDENZIATI DA VARI AUTORI ALTERAZIONI DELL’EQUILIBRIO TRA CELLULE EFFETRICI E REGOLATRICI DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA. COMUNQUE GLI STUDI FINO AD OGGI PRESENTI IN LETTERATURA SONO ANCORA POCHI SOPRATTUTTO IN CAMPO UMANO PER CHIARIRE IL MECCANISMO D’AZIONE DI TALE XENOBIOTICO SUL SISTEMA IMMUNITARIO

 

APPARATO RESPIRATORIO

·         POSSIBILE ASMA BRONCHIALE

SISTEMA ENDOCRINO

·         AZIONE SUL SISTEMA DOPAMINERGICO CON AUMENTO DELLA PROLATTINA SIERICA

MUTAGENESI / TERATOGENESI

·         AUMENTO ABERRAZIONI CROMOSOMICHE

·         AUMENTO FREQUENZA SCAMBI CROMATIDI

·         AUMENTO DEI MICRONUCLEI

CANCEROGENESI

·         LIMITATA EVIDENZA DI CANCEROGENICITA’ (2B

·         EVIDENZA SUFFICIENTE PER LO STIRENE OSSIDO (2A)

 


 

La segnalazione sulla sospetta cancerogenicità delle fibre di vetro si riferisce sempre a popolazioni esposte nei reparti di produzione prima comunque dell’introduzione dei leganti che hanno ridotto la dispersione delle fibre.

Ustioni e lesioni gravi o gravissime a seguito di asfissia. Lesioni gravi o gravissime da elettrocuzione sia per gli operatori direttamente interessati che per eventuali soccorritori che non adottino procedure di sicurezza durante l’intervento.

Sono stati rilevati N° 3 infortuni relativi a questo fattore di rischio.

 

 

Capitolo 5 -“Gli interventi”

 

L’eliminazione del rischio di esposizione a stirene dovrebbe passare attraverso l’utilizzo di materie prime alternative. A questo proposito sono state prodotte resine con diverse formulazioni:

 

·        Resine a bassa emissione

·        Resine a basso contenuto di monomero

·        Resine a catalisi fotochimica

·        Preimpregnato e compound

 

 

Resine a bassa emissione

 

Sono dette a bassa emissione le resine alle quali vengono addizionati agenti inibitori (paraffine o prodotti simili alla cera) che formando uno strato sottile sulla superficie dei laminati blocca

l’evaporazione dello stirene. Inoltre i quantitativi di monomero necessari per la formulazione di queste resine sono fra i più bassi e si aggirano intorno al 28% in peso.

L’aggiunta dei suddetti prodotti può peggiorare certe caratteristiche meccaniche e in particolare la perdita di coesione interlaminare nei manufatti multistrato (delaminazione).

In laboratorio sono stati sperimentati degli additivi affioranti (dicetilfumarato) capaci, contrariamente ai prodotti paraffinici, di reagire chimicamente durante il processo di reticolazione. evitando fenomeni indesiderati.

L’utilizzo di resine a bassa emissione porta ad una riduzione dello stirene superiore al 50%, per le resine contenenti DCF e del 40-50% per quelle contenenti paraffine, rispetto alla resina prive di additivi.

La riduzione dell’emissione di stirene ottenibile sia per la presenza degli affioranti (essicamento del manufatto) che per la minore quantità di monomero presente (fase di realizzazione del manufatto), incide positivamente nell’ambiente, pur non riducendo l’esposizione dei singoli lavoratori.

 

Resine a basso contenuto di monomero

 

Il contenuto medio di monomero nelle resine si aggira intorno al 40-50% del suo peso. Riducendo il monomero al 35% è stato possibile ottenere una riduzione dello stirene in atmosfera pari al 40 %, durante l’intero ciclo produttivo. Tali resine, oltre ad un costo maggiore, presentano inconvenienti legati ad una maggiore viscosità e ad una variazione delle proprietà fisiche e meccaniche dei manufatti.

 


 

 

Resine a catalisi fotochimica

 

La resina poliestere fotosensibile è resina monocompetente che polimerizza quando esposta a luce ultravioletta.

Tale meccanismo permette di ottenere una riduzione dell’emissione di stirene, pari al 40%, dovuta sia ai più rapidi tempi di polimerizzazione che al fatto che la polimerizzazione si sviluppa dall’esterno verso l’interno. In questo modo si viene a creare una superficie esterna che indurisce ed inibisce l’evaporazione di stirene.

 

Preimpregnato e compound

 

Il preimpregnato (SMC) è un materiale costituito da resina portata ad uno stadio intermedio fra il liquido ed il polimerizzato, stabilizzanti, coloranti, cariche e fibre di vetro nella quantità e nel tipo prefissato. E’ un materiale pronto per essere stampato e in tal modo sono eliminate tutte le operazioni di miscelazione e di stoccaggio dei diversi costituenti. E’ commercializzato in rotoli avvolti in film di politene.

Lo stampaggio avviene in stampi d’acciaio e l’indurimento avviene sotto l’azione del calore e della pressione.

 

Il compound (BMC) è una miscela costituita da resina alla quale si aggiungono additivi come lubrificanti, stabilizzanti, successivamente le cariche , il pigmento, il catalizzatore e per l’ultima fibra di vetro. Il tutto viene meccanicamente mescolato e mantenuto a bassa temperatura.

Il prodotto ottenuto è una massa informe ad elevata viscosità, simile a stucco. E’ utilizzato per lo stampaggio di pezzi di forma complessa per i quali siano richieste caratteristiche meccaniche più basse rispetto a quelle ottenute con il preimpregnato. Lo stampaggio avviene in stampo cromato, riscaldato ad alta pressione.

Per quanto riguarda gli interventi sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli inquinante per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo diluito in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato dal lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.

L’aspirazione localizzata è generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino. Il volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene. Se l’aria estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di immissione, essa finisce per entrare

dalle porte e dalle finestre in maniera incontrollata. Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una pari quantità di aria in ingresso. Occorre progettare con molta attenzione le zone e le velocità di immissione dell’aria di reintegro in modo che:

·        non si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;

·        non vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti alla sorgente;

·        non si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.

 


 

 

Nei reparti di lavorazione devono essere presenti le sostanze strettamente indispensabili alla lavorazione. I restanti quantitativi devono essere stoccati negli appositi locali.

E’ necessario verificare che sui recipienti in cui sono raccolte le varie sostanze sia sempre indicato il contenuto, specialmente in occasioni di travasi da un recipiente ad un altro.

Per l’utilizzazione dei singoli prodotti attenersi a quanto specificato nella etichettatura ed utilizzare per ognuno appositi contenitori, contraddistinti con colorazioni tali da evitare ogni possibile confusione ed errore, come ad esempio :

calderelli rossi: resine e stucco;

vaschette e taniche nere : acetone;

caraffe azzurre: catalizzatore.

 

Per le restanti sostanze, irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.

Chiudere immediatamente dopo l’uso ogni recipiente che contenga sostanze nocive o pericolose.

Riporre immediatamente dopo l’uso i caldarelli sporchi di resina o di stucco e gli altri recipienti contenenti o sporchi di gel-coat o di altre sostanze pericolose, all’interno di appositi armadi

metallici ventilati, avendo cura di tenere sempre chiuse le porte. Provvedere sollecitamente alla raccolta di eventuali dispersioni.

Nei reparti in cui si effettua la miscelazione della resina è severamente vietato fumare e usare apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Gli interventi necessari ai fini antincendio sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti a ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.

Per quanto riguarda i materiali combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di estinzione.

Le vie di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente devono essere disponibili nella necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.

Importanti anche gli interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale ma deve essere motivo prioritario di uno studio approfondito per migliorare le condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici tesi a ridurre i rischi lavorativi.

 

I DPI (dispositivi di protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale trasmissione di infezioni.

Ad ogni lavoratore devono essere forniti idonei DPI (dispositivi di protezione individuale) quali:

 

·        Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza necessarie;

·        Calzature del tipo antisdrucciolevole;

·        Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi delle sostanze manipolate;

·        Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:


 

 

MASCHERINE PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3

MASCHERINE PER I GAS E I VAPORI

VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA SUA CONCENTRAZIONE

 

Per i vapori di stirene sono efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto assolutamente inefficaci.

Devono essere utilizzati quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in tempi brevi.

 

·        Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che garantiscono una miglior protezione.

 

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI

I FILTRI IDONEI SONO CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A”

 

Come per le mascherine a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al viso.

 

·        Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale umidificatore. Nel secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.

 

Capitolo 6 -“Appalto a ditta esterna”

 

La manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è appaltata a ditte specializzate.

 

Capitolo 7 -“Riferimenti legislativi”

 

DPR 303/56 n° Tab.33

 

DPR 482 /75 n° Tab.30


 

DPR 303/56 n° Tab.39

 

DPR 482 /75 n° Tab.37

 

DPR 482 /75 n° Tab.49

 

Art.383-384 DPR 547/55

 

Titolo VII DPR 547/55

 

Art. 69 L.46/1990

 

Norma CEI 64-8

 

Norma CEI 20-13

 

Art.34-36-37 DPR 547/55

 

D. Interministeriale 16.02.1982

 

Art.13 D. Lgs.626/94

 

Norma CEI 81-1 fasc. 1439 Appendice D

 

Art. 2-3 D. Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).

 

DPR 24.05.1988, n. 203

 

DPCM 21-7-1989

 

Capitolo 8 -“Il rischio esterno”

 

Il rilascio in atmosfera di sostanze organiche volatili rappresenta una significativa causa di impatto ambientale. E’ possibile classificare l’ordine dei livelli di emissione, sulla base del rilascio in a

tmosfera dello stirene.

 

 

FASE LAVORAZIONE

LIVELLO EMISSIONE

ORDINE DECRESCENTE

Spruzzatura

1

Rullatura

2

Avvolgimento (bagno)

3

Laminazione continua

4

Poltrusion (bagno)

5

Getti in conchiglia (stampo chiuso)

6

 


 

Le emissioni principali avvengono durante l’applicazioni del gelcoat, durante l’applicazione delle resine e nella fase di indurimento. La quantità di stirene emesso dipende essenzialmente dai tempi di gelificazione della resina, dalla temperatura del processo e dalla velocità di flusso dell’aria.

E’ noto che questo inquinante, nell’atmosfera urbana, può avere importanza per la sua reattività, in quanto precursore di smog fotochimico.

 

 

 

 

 

Fase -5-Gelificazione e indurimento a freddo

 

 

 

 

 

1. COMPARTO:

VETRORESINA

 

 

 

 

2. FASE DI LAVORAZIONE:

GELIFICAZIONE E INDURIMENTO A FREDDO

 

 

 

 

3. COD.INAIL:

 

 

 

 

 

4. FATTORE DI RISCHIO:

INFORTUNI, IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI, SICUREZZA ELETTRICA, TRASVERSALI-ORGANIZZATIVI

 

 

 

 

5. CODICE DI RISCHIO

 

 

    (riservato all’ ufficio)

 

 

 

 

 

6. N. ADDETTI:

8

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”

 

Dopo un’essicazione di 3 ore, si effettua l’annegamento della struttura metallica tramite maschere di posizionamento negli stampi o si effettuano rinforzi nel manufatto come da MRC/PRFV/07.

Per conferire rigidità allo stampo, per renderlo così stabile e facilmente utilizzabile lo si rinforza fissando lungo i suoi contorni e nelle zone intermedie, creando un disegno a maglie di rete, gli elementi di irrigidimento, costituiti abitualmente in materiale espanso o in legno o in ferro legati con vetroresina. Gli elementi vengono poi ricoperti con 2 o 3 strati di fibra di vetro e resina di larghezza sufficiente a ricoprire anche in parte lo stratificato dello stampo.

Prima di apporre gli ultimi strati di fibra, in corrispondenza degli elementi di rinforzo, vengono inserite alcune piastre metalliche a cui verranno successivamente fissati i montanti del telaio metallico di sostegno. Questo telaio permetterà di porre lo stampo in piano sul pavimento o anche la

sua rotazione su “stampo basculante”.

Nel caso in cui sia necessario costruire stampi con “sottoquadri” per consentire di togliere il manufatto dallo stampo, si ricorre alla costruzione di quest’ultimo in forma scomponibile.

Questa metodologia costruttiva la si utilizza anche là dove vi sia la necessità di movimentare spesso gli stampi.

Per ottenere un perfetto assemblaggio delle diverse porzioni che compongono lo stampo si prevede l’inserimento, nelle zone di giunzione “flange”, sempre con stratificazione di fibra di vetro e resina, di alcune piastre metalliche di rinforzo. Completata questa fase lo stampo può essere rimosso dal manichino su cui è stato costruito.

 


 

 

 

Capitolo 2 -“Le attrezzature e le macchine”

 

BITTE

SCALPELLI

PENNELLI

SPATOLE

 

Capitolo 3 -“Il fattore di rischio”

 

Nella fase di gelificazione e di indurimento a freddo si ha l’esposizione a resine.

 

Capitolo 4 -“Il danno atteso”

 

Si possono avere traumi o ferite lacero-contuse durante l’utilizzo di bitte e scalpelli nelle operazioni di rinforzo dello stampo.

Effetti da esposizione a resine sintetiche quali: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria da contatto e fotodermatiti.

Effetti da esposizione ad acetone quali: sindrome irritativa cutanea (effetto sgrassante), congiuntivale e respiratoria; azione deprimente di tipo narcotico sul SNC; danno neurotossico diretto da “Metil-n-butil-Chetone”; disturbi irritativi a carico dell’apparato digerente con nausea e/o vomito.

Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate.

Sono stati rilevati N° 7 infortuni relativi a questo fattore di rischio.

 

Capitolo 5 -“Gli interventi”

 

L’eliminazione del rischio di esposizione dovrebbe passare attraverso l’utilizzo di materie prime alternative. A questo proposito sono state prodotte resine con diverse formulazioni:

 

·        Resine a bassa emissione

·        Resine a basso contenuto di monomero

·        Resine a catalisi fotochimica

·        Preimpregnato e compound

 

Resine a bassa emissione

 

Sono dette a bassa emissione le resine alle quali vengono addizionati agenti inibitori (paraffine o prodotti simili alla cera) che formando uno strato sottile sulla superficie dei laminati blocca

l’evaporazione dello stirene. Inoltre i quantitativi di monomero necessari per la formulazione di queste resine sono fra i più bassi e si aggirano intorno al 28% in peso.

L’aggiunta dei suddetti prodotti può peggiorare certe caratteristiche meccaniche e in particolare la perdita di coesione interlaminare nei manufatti multistrato (delaminazione).

In laboratorio sono stati sperimentati degli additivi affioranti (dicetilfumarato) capaci, contrariamente ai prodotti paraffinici, di reagire chimicamente durante il processo di reticolazione. evitando fenomeni indesiderati.


 

L’utilizzo di resine a bassa emissione porta ad una riduzione dello stirene superiore al 50%, per le resine contenenti DCF e del 40-50% per quelle contenenti paraffine, rispetto alla resina prive di additivi.

La riduzione dell’emissione di stirene ottenibile sia per la presenza degli affioranti (essicamento del manufatto) che per la minore quantità di monomero presente (fase di realizzazione del manufatto), incide positivamente nell’ambiente, pur non riducendo l’esposizione dei singoli lavoratori.

 

Resine a basso contenuto di monomero

 

Il contenuto medio di monomero nelle resine si aggira intorno al 40-50% del suo peso. Riducendo il monomero al 35% è stato possibile ottenere una riduzione dello stirene in atmosfera pari al 40 %, durante l’intero ciclo produttivo. Tali resine, oltre ad un costo maggiore, presentano inconvenienti legati ad una maggiore viscosità e ad una variazione delle proprietà fisiche e meccaniche dei manufatti.

 

Resine a catalisi fotochimica

 

La resina poliestere fotosensibile è resina monocompetente che polimerizza quando esposta a luce ultravioletta.

Tale meccanismo permette di ottenere una riduzione dell’emissione di stirene, pari al 40%, dovuta sia ai più rapidi tempi di polimerizzazione che al fatto che la polimerizzazione si sviluppa dall’esterno verso l’interno. In questo modo si viene a creare una superficie esterna che indurisce ed inibisce l’evaporazione di stirene.

 

Preimpregnato e compound

 

Il preimpregnato (SMC) è un materiale costituito da resina portata ad uno stadio intermedio fra il liquido ed il polimerizzato, stabilizzanti, coloranti, cariche e fibre di vetro nella quantità e nel tipo prefissato. E’ un materiale pronto per essere stampato e in tal modo sono eliminate tutte le operazioni di miscelazione e di stoccaggio dei diversi costituenti. E’ commercializzato in rotoli avvolti in film di politene.

Lo stampaggio avviene in stampi d’acciaio e l’indurimento avviene sotto l’azione del calore e della pressione.

 

Il compound (BMC) è una miscela costituita da resina alla quale si aggiungono additivi come lubrificanti, stabilizzanti, successivamente le cariche , il pigmento, il catalizzatore e per l’ultima fibra di vetro. Il tutto viene meccanicamente mescolato e mantenuto a bassa temperatura.

Il prodotto ottenuto è una massa informe ad elevata viscosità, simile a stucco. E’ utilizzato per lo stampaggio di pezzi di forma complessa per i quali siano richieste caratteristiche meccaniche più basse rispetto a quelle ottenute con il preimpregnato. Lo stampaggio avviene in stampo cromato, riscaldato ad alta pressione.

Per quanto riguarda gli interventi sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli inquinanti per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo diluito in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato dal lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.


 

L’aspirazione localizzata è generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino. Il volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene.

Se l’aria estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di immissione, essa finisce per entrare dalle porte e dalle finestre in maniera incontrollata. Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una pari quantità di aria in ingresso. Occorre progettare con molta attenzione le zone e le velocità di immissione dell’aria di reintegro in modo che:

·        non si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;

·        non vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti alla sorgente;

·        non si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.

 

Nei reparti di lavorazione devono essere presenti le sostanze strettamente indispensabili alla lavorazione. I restanti quantitativi devono essere stoccati negli appositi locali.

 

Per le restanti sostanze, irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.

Chiudere immediatamente dopo l’uso ogni recipiente che contenga sostanze nocive o pericolose. Riporre immediatamente dopo l’uso i caldarelli sporchi di resina o di stucco e gli altri recipienti contenenti o sporchi di gel-coat o di altre sostanze pericolose, all’interno di appositi armadi metallici ventilati, avendo cura di tenere sempre chiuse le porte. Provvedere sollecitamente alla raccolta di eventuali dispersioni.

Nei reparti in cui si effettua la miscelazione della resina è severamente vietato fumare, usare apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Gli interventi necessari ai fini antincendio sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti a ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.

Per quanto riguarda i materiali combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di estinzione.

Le vie di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente devono essere disponibili nella necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.

Importanti anche gli interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale ma deve essere motivo prioritario di uno studio

approfondito per migliorare le condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici tesi a ridurre i rischi lavorativi.

 

I DPI (dispositivi di protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale trasmissione di infezioni.

Ad ogni lavoratore devono essere forniti idonei DPI quali:

·        Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza necessarie;

 

 

·        Calzature del tipo antisdrucciolevole;

·        Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi delle sostanze manipolate;

·        Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:

 

 

MASCHERINE PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3

MASCHERINE PER I GAS E I VAPORI

VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA SUA CONCENTRAZIONE

 

Per i vapori di stirene sono efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto assolutamente inefficaci. Devono essere utilizzati quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in tempi brevi.

·        Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che garantiscono una miglior protezione.

 

 

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI

I FILTRI IDONEI SONO CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A”

 

Come per le mascherine a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al viso.

 

·        Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale umidificatore. Nel secondo caso

 

·        la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.

 


 

 

Capitolo 6 -“Appalto a ditta esterna”

 

La manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è appaltata a ditte specializzate.

 

Capitolo 7 -“Riferimenti legislativi”

 

DPR 30.6.65, n°1124

 

DPR 13.04.94, n°336

 

DPR 19.03.56, n°303

 

D. Lgs. 626/94

 

Capitolo 8 -“Il rischio esterno”

 

Il rilascio in atmosfera di sostanze organiche volatili rappresenta una significativa causa di impatto ambientale. E’ possibile classificare l’ordine dei livelli di emissione, sulla base del rilascio in atmosfera dello stirene.

 

FASE LAVORAZIONE

LIVELLO EMISSIONE

ORDINE DECRESCENTE

Spruzzatura

1

Rullatura

2

Avvolgimento (bagno)

3

Laminazione continua

4

Poltrusion (bagno)

5

Getti in conchiglia (stampo chiuso)

6

 

 

Le emissioni principali avvengono durante l’applicazioni del gelcoat, durante l’applicazione delle resine e nella fase di indurimento. La quantità di stirene emesso dipende essenzialmente dai tempi di gelificazione della resina, dalla temperatura del processo e dalla velocità di flusso dell’aria.

E’ noto che questo inquinante, nell’atmosfera urbana, può avere importanza per la sua reattività, in quanto precursore di smog fotochimico.

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

Fase -6-Distacco pezzo dallo stampo e applicazione distaccante

 

 

 

 

 

1. COMPARTO:

VETRORESINA

 

 

 

 

2. FASE DI LAVORAZIONE:

DISTACCO  PEZZO DALLO STAMPO E APPLICAZIONE DISTACCANTE

 

 

 

 

3. COD.INAIL:

 

 

 

 

 

4. FATTORE DI RISCHIO:

INFORTUNI, IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI

 

 

 

 

5. CODICE DI RISCHIO

 

 

    (riservato all’ ufficio)

 

 

 

 

 

6. N. ADDETTI:

6

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”

 

Il manufatto viene estratto dallo stampo dopo un tempo compreso tra le sette e le quattordici ore per mezzo di bitte, scalpelli con parte in ferro protetta e martello in gomma. Sullo stampo liberato dal manichino allo scopo di ripristinare parti eventualmente lesionate possono rendersi necessarie alcune operazioni di finitura “carrozzeria” (stuccatura, resinatura, gelcottatura e lucidatura).

Al termine di queste operazioni lo stampo viene “cerato” con cere distaccanti, riutilizzando il metodo descritto nella fase iniziale di costruzione dello stampo.

 

 

Capitolo 2 -“Le attrezzature e le macchine”

 

SCALPELLI

BITTE

MARTELLI IN GOMMA

 

Capitolo 3 -“Il fattore di rischio

 

Emissioni di materiale parcellare avvengono durante tutte le fasi di rifinitura e taglio dei manufatti.

Utilizzo di cere distaccanti.

 

Capitolo 4 -“Il danno atteso”

 

L’utilizzo di cere distaccanti può dare: dermatite irritativa e/o allergica, dermatite follicolare, fotodermatite e melanodermia.

Si possono avere traumi o ferite lacero-contuse durante l’utilizzo di bitte e scalpelli nelle operazioni di estrazione del manufatto dallo stampo.

Schizzi negli occhi del materiale utilizzato.

Sono stati rilevati N° 3 infortuni relativi a questo fattore di rischio.

 

 


 

 

Capitolo 5 -“Gli interventi”

 

I DPI (dispositivi di protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale trasmissione di infezioni.

Ad ogni lavoratore devono essere forniti idonei DPI quali:

 

·        Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza necessarie;

·        Calzature del tipo antisdrucciolevole;

·        Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi delle sostanze manipolate;

·        Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:

 

MASCHERINE PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3

MASCHERINE PER I GAS E I VAPORI

VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA SUA CONCENTRAZIONE

 

Per i vapori di stirene sono efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto assolutamente inefficaci. Devono essere utilizzati quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in tempi brevi.

 

·        Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che garantiscono una miglior protezione.

 

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI

I FILTRI IDONEI SONO CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A”

 

Come per le mascherine a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al viso.

 

·        Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale umidificatore.


 

·        Nel secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.

 

Per quanto riguarda gli interventi sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli inquinanti per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo diluito in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato dal lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.

 

L’aspirazione localizzata è generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino.

Il volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene.

 

Se l’aria estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di immissione, essa finisce per entrare dalle porte e dalle finestre in maniera incontrollata. Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una pari quantità di aria in ingresso. Occorre progettare con molta attenzione le zone e le velocità di immissione dell’aria di reintegro in modo che:

·        non si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;

·        non vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti alla sorgente;

·        non si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.

 

Capitolo 6 -“Appalto a ditta esterna”

 

La manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è appaltata a ditte specializzate.

 

Capitolo 7 -“Riferimenti legislativi”

 

DPR 303/56 n° Tab.33

 

DPR 482 /75 n° Tab.30

 

DPR 303/56 n° Tab.39

 

DPR 482 /75 n° Tab.37

 

DPR 482 /75 n° Tab.49

 

Art.383-384 DPR 547/55

 

Titolo VII DPR 547/55

 


 

Art. 69 L.46/1990

 

Norma CEI 64-8

 

Norma CEI 20-13

 

Art.34-36-37 DPR 547/55

 

D. Interministeriale 16.02.1982

 

Art.13 D. Lgs.626/94

 

Norma CEI 81-1 fasc. 1439 Appendice D

 

Art. 2-3 D. Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).

 

DPR 24.05.1988, n. 203

 

DPCM 21-7-1989

 

 

Capitolo 8 -“Il rischio esterno”

 

Questo fattore di rischio non influenza l’ambiente esterno.

 

 

 

 

 

 

Fase -7-Costruzione manufatto: applicazione primo strato resina su stampo

 

 

 

 

 

 

1. COMPARTO:

VETRORESINA

 

 

 

 

2. FASE DI LAVORAZIONE:

COSTRUZIONE MANUFATTO: APPLICAZIONE PRIMO STRATO RESINA SU STAMPO

 

 

 

 

3. COD.INAIL:

 

 

 

 

 

4. FATTORE DI RISCHIO:

INFORTUNI, IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI, AGENTI FISICI,,TRASVERSALI-ORGANIZZATIVI

 

 

 

 

5. CODICE DI RISCHIO

 

 

    (riservato all’ ufficio)

 

 

 

 

 

6. N. ADDETTI:

10

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”

 

La superficie dello stampo cerata e lucidata viene verniciata con “gelcoat”: questa sarà la parte visibile esternamente del manufatto. il gelcoat può essere applicato manualmente a pennello a rullo o, più frequentemente, a spruzzo. Lo spessore di gelcoat varia da un minimo di 0,5 micron ad un massimo di 0,7 micron.

E’ questa una condizione abbastanza rigida da dover rispettare in quanto uno spessore troppo basso non favorirebbe una completa polimerizzazione della resina e non garantirebbe una adeguata copertura della superficie; mentre uno strato di gelcoat troppo alto e mal distribuito potrebbe favorire la formazione di screpolature o incrinature, causa tempi diversi di polimerizzazione.

Sulla superficie dello stampo trattata con il gelcoat inizia il processo di stratificazione, e di costruzione del manufatto, vero e proprio: si applica uno strato di resina e vi si dispone sopra il primo strato di rinforzo in fibra di vetro a bassa grammatura (circa 200-225 g/m2-mat di superficie).

L’impregnazione della fibra di vetro con la resina può essere effettuata:

-manualmente con rullo o con pennello: in quest’ultimo caso il movimento del pennello deve essere di tamponatura e non di traslazione onde evitare una disposizione irregolare delle fibre. Questa operazione può essere svolta dai lavoratori sia all’interno dello stampo che esternamente allo stesso direttamente nella zona di stratificazione;

-a spruzzo: con questo metodo la resina viene spruzzata direttamente dall’operatore sulla superficie dello stampo prima e dopo il posizionamento del mat. In questo caso si utilizzano aerografi (apparecchio ad aria compressa che emette getti di vernice polverizzata).

Il mat di fibra di vetro viene fatto aderire alla superficie resinata dagli addetti per mezzo di un pennello e/o di un rullo. Questa operazione deve essere fatta in modo tale da poter rimuovere perfettamente tutte le bolle d’aria intrappolate dalla resina, in modo di prevenire fenomeni di osmosi

(Blistering) sul manufatto prodotto. Nel caso sia necessario si applica a spruzzo un ulteriore quantitativo di resina fino alla completa impregnazione della fibra.

Sopra il primo strato di vetroresina si depositano altri strati di fibra con grammatura crescente fino a 600 g/m2 (tessuti, stuoie) impregnandoli sempre con resina fino al raggiungimento dello spessore desiderato.

Sono disponibili anche apparecchiature per la deposizione simultanea a spruzzo della fibra di vetro e della resina. Dopo questa prima fase di stratificazione, anche detta “laminazione di base”, si provvede a irrobustire il manufatto con materiale espanso, legno o ferro. Le dimensioni, il numero ed il tipo di materiale degli elementi di rinforzo dipendono dalla forza del manufatto, del suo impiego e dalle sollecitazioni cui esso potrà essere sottoposto.

 

L’operazione di irrobustimento viene eseguita secondo i criteri descritti per l'analoga fase di costruzione dello stampo: inizialmente si ha l’apposizione del materiale di rinforzo direttamente sugli strati di vetroresina ed incollaggio con lana di vetro o resina. Ultimata la stratificazione e raggiunto lo spessore desiderato, il manufatto viene tolto dallo stampo. Il distacco è generalmente abbastanza semplice: si svincolano dallo stampo i bordi del manufatto e si applica quindi una trazione diretta con martello e scalpello. Se il manufatto prodotto ha invece una particolare configurazione si devono togliere prima quelle parti dello stampo che non ne permettono un distacco diretto, poi si estrae il manufatto.


 

 

 

Capitolo 2 -“Le attrezzature e le macchine”

 

SCALPELLI

PENNELLI

RULLINI FRANGIBOLLE

PISTOLE A SPRUZZO

SPATOLE

AEROGRAFI

MARTELLO

 

 

Capitolo 3 -“Il fattore di rischio”

 

La costruzione del manufatto comporta possibile esposizione a stirene, polveri e resine.

Fibre di vetro vengono emesse soprattutto durante l’applicazione manuale del feltro in fibra di vetro, nelle fasi di applicazione a spruzzo, di impregnazione manuale e di rifinitura. Non sono disponibili dati di emissione dei flussi convogliati. Nella maggior parte dei casi si tratta di emissioni diffuse.

Può esserci l’esposizione ad acetone e a diclorometano o ad altri composti organici quali isocianati durante le operazioni di verniciatura oppure ancora a diclorometano utilizzato per il lavaggio degli utensili impiegati per l’applicazione della resina.

Per quanto riguarda il rischio incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono sostanze combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele esplosive.

Data lal presenza di materiale combustibile e infiammabile gli impianti elettrici dei luoghi di deposito delle vetroresine devono possedere caratteristiche di sicurezza aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario.

I centri di pericolo possono essere le tenute meccaniche delle pompe e gli sfiati.

Inoltre gli addetti sono esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione, al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli soprattutto in estate.

Negli ambienti di produzione PRFV si possono trovare altri rischi di tipo fisico come il rumore dovuto prevalentemente agli utensili e in parte agli impianti di aspirazione male insonorizzati. L’esposizione a rumore, ed in particolare a livelli di pressione sonora rischiosi per la salute degli esposti, è certamente un problema molto marginale per questo comparto produttivo.

Rilevazioni condotte in vari settori non hanno quasi mai evidenziato livelli di esposizione personali superiori ai valori di riferimento normalmente accettati (Lep d 85 dBA ). Unica eccezione è la fase di molatura e sbavatura (discaggio) con utensili portatili: in tali casi i livelli possono agevolmente raggiungere valori istantanei superiori ai 100 dBA.

E’ importante sottolineare che in queste operazioni il tempo di esposizione è sempre molto ridotto e quindi ben difficilmente possono verificarsi esposizioni personali superiori agli 85 dBA equivalenti.

 

 

 


 

 

 

 

 

Capitolo 4 -“Il danno atteso”

 

Effetti da esposizione ad acetone quali: sindrome irritativa cutanea (effetto sgrassante), congiuntivale e respiratoria; azione deprimente di tipo narcotico sul SNC; danno neurotossico diretto da “Metil-n-butil-Chetone”; disturbi irritativi a carico dell’apparato digerente con nausea e/o vomito.

Effetti da esposizione a cloruro di metilene (vedi tab Diclorometano).

 

 

TAB. EFFETTI DICLOROMETANO

CRONICI

SNC E SNP

·        ASTENIA, SONNOLENZA, ENCEFALOPATIA TOSSICA, POLINEUROPATIA

OCCHIO

·         CONGIUNTIVITE

FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE

·        DISPEPSIA

·        EPATOPATIA

RENE

·         ALTERAZIONE FUNZIONE RENALE

APPARATO RESPIRATORIO

·         POSSIBILE ASMA BRONCHIALE IRRITATIVE E/O ALLERGICA, BRONCHITE IRRITATIVA

CUTE

·         DERMATITE IRRITATIVA O ALLERGICA, ALOPECIA

CANCEROGENESI

·         LIMITATA EVIDENZA DI CANCOROGENICITA’

 

 

Effetti da esposizione a resine sintetiche: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria da contatto e fotodermatiti.

L’utilizzo di cere distaccanti può dare: dermatite irritativa e/o allergica, dermatite follicolare, fotodermatite e melanodermia.

Effetti da esposizione ad isocianati a carico dell’apparato respiratorio quali: disturbi irritativi delle prime vie respiratorie, asma bronchiale, broncopnemopatia cronica ostruttiva, possibile alveolite allergica estrinseca.

Le segnalazioni sulla sospetta cancerogenicità delle fibre di vetro si riferisce sempre a popolazioni esposte nei reparti di produzione prima comunque dell’introduzione dei leganti che hanno ridotto la dispersione delle fibre.

Schizzi  negli occhi delle sostanze manipolate

Rumore.

Effetti acuti e cronici dello stirene (vedi tabelle).

 

TAB. EFFETTI ACUTI STIRENE

ACUTI

SNC

·         SONNOLENZA, PERDITA DI EQUILIBRIO, NAUSEA, CEFALEA, MODICA EUFORIA, AUMENTO DEI TEMPI DI REAZIONE

·         SINDROME DA STIRENE:NAUSEA, VOMITO, ANORESSIA, ASTENIA

MUCOSE E VIE RESPIRATORIE

·        RINOCONGIUNTIVITE, FARINGITE

 

TAB. EFFETTI CRONICI  STIRENE

CRONICI

SNC E SNP

·        ALTERAZIONI ELETTROENCELALOEGRAFICHE, POSSIBILE RALLENTAMENTO VELOCITA’ DI CONDUZIONE PERIFERICA,ALTER. APPRENDIMENTO, ALTERAZ. ABILITA’ VISIVO COSTRUTTIVA E DELLA MEMORIA LOGICA

OCCHIO

·         POSSIBILE DISCROMATOPSIA

FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE

·        POSSIBILE ALTERAZ. MODESTE DELL’ENZIMOGRAMMA EPATICO, INDUZIONE ENZIMATICA

RENE

·         POSSIBILE GLOMERULO E TUBULOPATIA

SANGUE

·         AUMENTO DEI MONOCITI PERIFERICI, RIDUZIONE DELLA MIGRAZIONE LINF OCITARIA

SISTEMA IMMUNITARIO

·         SONO STATI EVIDENZIATI DA VARI AUTORI ALTERAZIONI DELL’EQUILIBRIO TRA CELLULE EFFETRICI E REGOLATRICI DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA. COMUNQUE GLI STUDI FINO AD OGGI PRESENTI IN LETTERATURA SONO ANCORA POCHI SOPRATTUTTO IN CAMPO UMANO PER CHIARIRE IL MECCANISMO D’AZIONE DI TALE XENOBIOTICO SUL SISTEMA IMMUNITARIO

 

APPARATO RESPIRATORIO

·         POSSIBILE ASMA BRONCHIALE

SISTEMA ENDOCRINO

·         AZIONE SUL SISTEMA DOPAMINERGICO CON AUMENTO DELLA PROLATTINA SIERICA

MUTAGENESI / TERATOGENESI

·         AUMENTO ABERRAZIONI CROMOSOMICHE

·         AUMENTO FREQUENZA SCAMBI CROMATIDI

·         AUMENTO DEI MICRONUCLEI

CANCEROGENESI

·         LIMITATA EVIDENZA DI CANCEROGENICITA’ (2B)

·         EVIDENZA SUFFICIENTE PER LO STIRENE OSSIDO (2A)

 

 

Sono stati rilevati N° 6 infortuni relativi a questo fattore di rischio.

 

Capitolo 5 -“Gli interventi”

 

L’uso di resine a basso contenuto di stirene è una tecnica valida per la riduzione dell’inquinamento soprattutto per l’ambiente esterno. All’interno dell’ambiente di lavoro esse non hanno dato fino ad ora buoni risultati, giacchè la velocità di evaporazione dello stirene si mantiene praticamente la stessa fino al punto di gelificazione. L’eliminazione o riduzione della sostanza nociva trova una difficile applicazione concreta per la singola azienda poiché comporta il coinvolgimento attivo delle fabbriche produttrice di materie prime. Più facilmente realizzabili a livello aziendale, pur onerosi, sono i cambiamenti tecnologici radicali come, ad esempio, il passaggio da una tecnica di impregnazione manuale o a spruzzo a quella del preimpregnato, nella quale la quantità di stirene evaporante è significativamente ridotta.

 

Bassi livelli di esposizione professionale sono inoltre ottenibili con:

·        iniezione a stampo chiuso (stampo e controstampo con iniezione);

·        poltrusione;

·        formatura per centrifugazione;

·        stampaggio preimpregnato;

·        ciclo chiuso con robot in zona segregata.

 

Medi livelli di esposizione professionale sono ottenibili con:

·        velatura e laminati se realizzati in modo discontinuo;

·        avvolgimento se realizzato in modo discontinuo;

 

Alti livelli di esposizione professionale si riscontrano con:

·        stratificazione e rullatura manuale

 

Altissimi livelli di esposizione professionale si riscontrano con:

·        stratificazione a spruzzo

 

Per quanto riguarda gli interventi sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione interna degli inquinanti per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo diluito in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato dal lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.

L’aspirazione localizzata è generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino. Il volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene. Se l’aria estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di immissione, essa finisce per entrare dalle porte e dalle finestre in maniera incontrollata. Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una pari quantità di aria in ingresso. Occorre progettare con molta attenzione le zone e le velocità di immissione dell’aria di reintegro in modo che:

·        non si creino correnti d’aria interferenti o antagoniste con i flussi d’aria in ingresso negli organi di captazione degli impianti di ventilazione;

·        non vengano perturbate le velocità e le direzioni di emissione degli inquinanti alla sorgente;

·        non si crei disagio ai lavoratori con velocità dell’aria elevate.

 

Nei reparti di lavorazione devono essere presenti le sostanze strettamente indispensabili alla lavorazione. I restanti quantitativi devono essere stoccati negli appositi locali.

E’ necessario verificare che sui recipienti in cui sono raccolte le varie sostanze sia sempre indicato il contenuto, specialmente in occasioni di travasi da un recipiente ad un altro.

Per l’utilizzazione dei singoli prodotti attenersi a quanto specificato nella etichettatura ed utilizzare per ognuno appositi contenitori, contraddistinti con colorazioni tali da evitare ogni possibile confusione ed errore, come ad esempio :

calderelli rossi: resini e stucco;

vaschette e taniche nere : acetone;

caraffe azzurre: catalizzatore.


 

Per le restanti sostanze, irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.

Chiudere immediatamente dolo l’uso ogni recipiente che contenga sostanze nocive o pericolose. Riporre immediatamente dopo l’uso i caldarelli sporchi di resina o di stucco e gli altri recipienti contenenti o sporchi di gel-coat o di altre sostanze pericolose, all’interno di appositi armadi

metallici ventilati, avendo cura di tenere sempre chiuse le porte. Provvedere sollecitamente alla raccolta di eventuali dispersioni.

Nei reparti ove si preparano i manufatti in vetroresina è severamente vietato fumare.e usare apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille.

Non usare attrezzature elettriche non idonee. Verificare sempre le condizioni delle apparecchiature elettriche e soprattutto dei cavi di collegamento delle attrezzature mobili, segnalando immediatamente eventuali necessità di manutenzione.

Gli interventi necessari ai fini antincendio sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti a ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.

Valutazione dell’impianto elettrico generale, della presenza ed idoneità della messa a terra dell’impianto, della presenza di un dispositivo di sgancio tensione generale. Corretta manutenzione

dell’impianto. Valutare se le strutture di lavorazione e di deposito necessitino di impianti di protezione contro i fulmini oppure risultino autoprotette. Occorre che siano presenti i dispositivi di protezione contro le scariche elettrostatiche con collegamenti equipotenziali e messa a terra degli organi sui quali possano accumularsi

Per quanto riguarda i materiali combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di estinzione.

Le vie di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente devono essere disponibili nella necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.

Importanti anche gli interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale ma deve essere motivo prioritario di uno studio approfondito per migliorare le condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici tesi a ridurre i rischi lavorativi.

 

I DPI (dispositivi di protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale trasmissione di infezioni.

 

Ad ogni lavoratore devono essere forniti idonei DPI quali:

·        Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza necessarie;

·        Calzature del tipo antisdrucciolevole;

·        Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi delle sostanze manipolate;

·        Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:

 


 

 

 

 

MASCHERINE PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3

MASCHERINE PER I GAS E I VAPORI

VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA SUA CONCENTRAZIONE

 

Per i vapori di stirene sono efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto assolutamente inefficaci. Devono essere utilizzati quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in tempi brevi.

 

·        Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che garantiscono una miglior protezione.

 

 

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI

I FILTRI IDONEI SONO CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A”

 

 

Come per le mascherine a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al viso.

 

·        Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale umidificatore.

 

·         Nel secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.

 

Capitolo 6 -“Appalto a ditta esterna”

 

La manutenzione dell’impianto elettrico e tutti gli interventi elettrici sono appaltati ad impiantisti specializzati.

La manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è appaltata a ditte specializzate.


 

 

Capitolo 7 -“Riferimenti legislativi”

 

DPR 303/56 n° Tab.33

 

DPR 482 /75 n° Tab.30

 

DPR 303/56 n° Tab.39

 

DPR 482 /75 n° Tab.37

 

DPR 482 /75 n° Tab.49

 

DPR 277/91

 

Art.383-384 DPR 547/55

 

Titolo VII DPR 547/55

 

Art. 69 L.46/1990

 

Norma CEI 64-8

 

Norma CEI 20-13

 

Art.34-36-37 DPR 547/55

 

D. Interministeriale 16.02.1982

 

Art.13 D. Lgs.626/94

 

Norma CEI 81-1 fasc. 1439 Appendice D

 

Art. 2-3 D. Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).

 

DPR 24.05.1988, n. 203

 

DPCM 21-7-1989

 

 

 

 

 

Capitolo 8 -“Il rischio esterno”

 

Il rilascio in atmosfera di sostanze organiche volatili rappresenta una significativa causa di impatto ambientale. E’ possibile classificare l’ordine dei livelli di emissione, sulla base del rilascio in atmosfera dello stirene.


 

FASE LAVORAZIONE

LIVELLO EMISSIONE

ORDINE DECRESCENTE

Spruzzatura

1

Rullatura

2

Avvolgimento (bagno)

3

Laminazione continua

4

Poltrusion (bagno)

5

Getti in conchiglia (stampo chiuso)

6

 

 

Le emissioni principali avvengono durante l’applicazioni del gelcoat, durante l’applicazione delle resine e nella fase di indurimento. La quantità di stirene emesso dipende essenzialmente dai tempi di gelificazione della resina, dalla temperatura del processo e dalla velocità di flusso dell’aria.

E’ noto che questo inquinante, nell’atmosfera urbana, può avere importanza per la sua reattività, in quanto precursore di smog fotochimico.

Allo stirene deve aggiungersi, quale inquinante, l’acetone utilizzato per la pulizia delle macchine applicatrici, dei pennelli e dei rulli; la presenza di acetone nell’emissione finale è estremamente variabile, dal momento che non entra nella formulazione e nella fase applicativa delle resine.

 

 

 

 

 

 

 

Fase -8-Assemblaggio, finitura e maturazione del manufatto in forno a 65°

 

 

 

 

1. COMPARTO:

VETRORESINA

 

 

 

 

2. FASE DI LAVORAZIONE:

ASSEMBLAGGIO, FINITURA E MATURAZIONE DEL MANUFATTO IN FORNO A 65°

 

 

 

 

3. COD.INAIL:

 

 

 

 

 

4. FATTORE DI RISCHIO:

INFORTUNI, IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI, SICUREZZA ELETTRICA, INCENDIO ED ESPLOSIONE, TRASVERSALI-ORGANIZZATIVI

 

 

 

 

5. CODICE DI RISCHIO

 

 

    (riservato all’ ufficio)

 

 

 

 

 

6. N. ADDETTI:

9

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”

 

La fase di assemblaggio avviene secondo una sequenza di operazioni ben codificate. Inizialmente si provvede alla rimozione delle sbavature sulle zone interessate alla giunzione. Per il taglio e la rifilatura dello stratificato vengono utilizzati utensili portatili ad aria compressa o elettrici con dischi abrasivi o diamantati.


 

Le zone di giunzione vengono poi molate in modo da asportare completamente il gelcoat e la eventuale presenza di sostanze non desiderate, quali cere, che renderebbero difficoltosa la successiva fase di resinatura. Attualmente questa operazione viene effettuata grazie ad un aspiratore trifase, scorrevole, posto su un binario che scarica all’esterno.

I manufatti interessati all’assemblaggio vengono inizialmente posti perfettamente in piano, poi messi a contatto, sovrapponendoli nei punti di giunzione, in maniera tale da dare all’insieme l’aspetto definitivo. Se necessario, il manufatto viene sollevato in modo da poter immettere nelle zone di contatto del materiale sigillante.

 

Nel caso in cui i pezzi costruiti presentino delle imperfezioni nella loro parte esterna questi vengono sottoposti ad operazioni di finitura quali molatura, stuccatura , carteggiatura, verniciatura con gelcoat, lucidatura o altre operazioni complementari.

Per ottimizzare l’estetica eliminando così eventuali bolle dai manufatti si procede a cottura dei pezzi in forno a 65° per 1 o 2 ore a seconda del tipo di prodotto. La bolla viene così’ evidenziata, aperta con lo scalpello e successivamente stuccata. La rifilatura avviene con smeriglio munito di dischetti da taglio e abrasivi.

 

Capitolo 2 -“Le attrezzature e le macchine”

 

BITTE

SCALPELLI

ASPIRATORE TRIFASE

SMERIGLI

DISCHETTI ABRASIVI E DA TAGLIO

PENNELLI

RULLINI FRANGIBOLLE

PISTOLE A SPRUZZO

SPATOLE

FORNO

 

Capitolo 3 -“Il fattore di rischio”

 

La fase di finitura e di taglio del manufatto comporta l’esposizione a stirene, polveri e resine per emissione di materiale parcellare.

Nella maggior parte dei casi si tratta di emissioni diffuse nell’ambiente di lavoro, poiché non sempre vengono adottati sistemi di captazione e di abbattimento.

Le fibre di vetro rappresentano il primo ed il più utilizzato rinforzo delle fibre poliestere. Attualmente il 90% dei composti è a base di fibre di vetro. Queste vengono prodotte fondendo speciali tipi di sabbie silicee facendo filare e stirare le fibre per mezzo di una speciale filiera di platino, posta sul fondo del forno di fusione, fino ad ottenere il diametro desiderato. Le fibre, una volta apprettate, vengono successivamente raccolte da una bobinatrice fino a formare un filo composto denominato strand. A seconda delle diverse applicazioni esistono vari tipi di fibre di vetro prodotte da materie prime (sabbie) aventi diversa composizione chimica.

La fibra di vetro utilizzata è la seguente:

 

TESSUTO: viene prodotto impiegando un telaio e catalogato in base al tipo di tessitura usata;


 

STUOIA: viene ottenuta dalla tessitura del roving. Per i suoi bassi costi viene utilizzata per la produzione di manufatti di grandi dimensioni come furgoni, imbarcazioni ecc.;

 

MAT: a filo continuo e a fili tagliati. Le due versioni si differenziano sia per tipo di strand (tagliati o no), che per tipo d’appretto (emulsione o polvere);

 

MAT DI SUPERFICIE: molto simile al mat a filo continuo. Si impiega per migliorare la resistenza chimica dei manufatti, in relazione al discreto assorbimento di resina;

 

Fibre di vetro vengono emesse soprattutto durante l’applicazione manuale del feltro in fibra di vetro, nelle fasi di applicazione a spruzzo, di impregnazione manuale e di rifinitura. Non sono disponibili dati di emissione dei flussi convogliati. Nella maggior parte dei casi si tratta di emissioni diffuse.

Da ricordare l’utilizzo del gelcoat che è un prodotto resinoso contenente pigmenti e cariche che costituisce normalmente il primo strato di resina sullo stampo. Conferisce alla superficie esterna del manufatto un caratteristico aspetto lucente, colorato, liscio ed esente da pori. Si differenzia dalla resina per la presenza di pigmenti (vedi tabella) che possono essere sia di origine organica che inorganica.

 

TAB. PIGMENTI

COLORE

INORGANICI

ORGANICI

BIANCO

Biossido di titanio, ossido di zinco, ecc.

 

GIALLO

Cromato di piombo, ossido di cadmio, ecc.

Azocomposti

ROSSO

Solfuro di cadmio, ossido ferrico, ecc.

Isoinduline

AZZURRO

Ferrocianuro ferrico, ossido di cobalto, ecc.

Ftalocianine

VERDE

Ossidi di cromo, ecc.

Ftalocianine

VIOLETTO

Fosfati di cobalto e di manganese, ecc.

Diossazine

NERO

Carbon blach, ecc.

Nero di anilina

 

 

Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate.

Per quanto riguarda il rischio incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono sostanze combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele esplosive.

Data al presenza di materiale combustibile e infiammabile gli impianti elettrici dei luoghi di deposito delle vetroresine devono possedere caratteristiche di sicurezza aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario. I centri di pericolo possono essere le tenute meccaniche delle pompe, gli sfiati, giunzioni realizzate nelle operazioni di carico dei serbatoi.

Inoltre gli addetti sono esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione, al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli soprattutto in estate.

Negli ambienti di produzione PRFV si possono trovare altri rischi di tipo fisico come il rumore dovuto prevalentemente agli utensili e in parte agli impianti di aspirazione male insonorizzati. L’esposizione a rumore, ed in particolare a livelli di pressione sonora rischiosi per la salute degli esposti, è certamente un problema molto marginale per questo comparto produttivo.


 

Rilevazioni condotte in vari settori non hanno quasi mai evidenziato livelli di esposizione personali superiori ai valori di riferimento normalmente accettati (Lep d 85 dBA ). Unica eccezione è la fase di molatura e sbavatura (discaggio) con utensili portatili: in tali casi i livelli possono agevolmente raggiungere valori istantanei superiori ai 100 dBA.

E’ importante sottolineare che in queste operazioni il tempo di esposizione è sempre molto ridotto e quindi ben difficilmente possono verificarsi esposizioni personali superiori agli 85 dBA equivalenti.

 

Capitolo 4 -“Il danno atteso

 

Effetti da esposizione a resine sintetiche: disturbi a carico dell’apparato respiratorio con asma bronchiale primario estrinseco; dermatite irritativa e/o allergica o orticaria da contatto e fotodermatiti.

Effetti da esposizione ad acetone quali: sindrome irritativa cutanea (effetto sgrassante), congiuntivale e respiratoria; azione deprimente di tipo narcotico sul SNC; danno neurotossico diretto da “Metil-n-butil-Chetone”; disturbi irritativi a carico dell’apparato digerente con nausea e/o vomito.

Effetti da esposizione ad isocianati a carico dell’apparato respiratorio quali: disturbi irritativi delle prime vie respiratorie, asma bronchiale, broncopnemopatia cronica ostruttiva, possibile alveolite allergica estrinseca.

Ustioni.

Schizzi negli occhi delle sostanze manipolate

Rumore.

Lesioni gravi o gravissime da elettrocuzione sia per gli operatori direttamente interessati che per eventuali soccorritori che non adottino procedure di sicurezza durante l’intervento.

 

Sono stati rilevati N° 6 infortuni relativi a questo fattore di rischio.

 

 

Capitolo 5 -“Gli interventi”

 

Per quanto riguarda gli interventi sulla propagazione degli inquinanti importante è la ventilazione generale, che consiste nel sostituire l’aria interna di un locale con aria proveniente dall’esterno, riducendo così la concentrazione di interna degli inquinante per diluizione. Però visto che l’inquinante viene così solo diluito in un più grande volume d’aria e non si evita che venga respirato

dal lavoratore posto vicino alla sorgente è preferibile, quando sia tecnicamente possibile, l’installazione di aspirazioni localizzate.

L’aspirazione localizzata è generalmente composta da un certo numero di cappe fisse o mobili collocate vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite una rete di condotti, ad un impianto di abbattimento, a un gruppo motore-ventilatore e ad un camino. Il volume di aria estratto e la dislocazione degli organi di captazione costituiscono fattori importanti al fine di un efficace controllo. Non è consentito effettuare il ricircolo dell’aria estratta contenente stirene. Se l’aria estratta non viene reintegrata con apposito e idoneo impianto di immissione, essa finisce per entrare dalle porte e dalle finestre in maniera incontrollata. Quindi l’aria estratta deve essere reintegrata da una pari quantità di aria in ingresso.

Nei reparti ove si preparano i manufatti in vetroresina è severamente vietato fumare e usare apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Non usare attrezzature elettriche non idonee. Verificare sempre le condizioni delle apparecchiature elettriche e soprattutto dei cavi di collegamento delle attrezzature mobili, segnalando immediatamente eventuali necessità di manutenzione.


 

Gli interventi necessari ai fini antincendio sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo. Nel primo caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti a ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.

Valutazione dell’impianto elettrico generale, della presenza ed idoneità della messa a terra dell’impianto, della presenza di un dispositivo di sgancio tensione generale. Corretta manutenzione

dell’impianto. Valutare se le strutture di lavorazione e di deposito necessitino di impianti di protezione contro i fulmini oppure risultino autoprotette.

Occorre che siano presenti i dispositivi di protezione contro le scariche elettrostatiche con collegamenti equipotenziali e messa a terra degli organi sui quali possano accumularsi.

Per quanto riguarda i materiali combustibili occorre usare recipienti a sicura tenuta e/o dotati di bacino di contenimento. E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di estinzione. Le vie di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente siano disponibili nella necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.

Importanti anche gli interventi relativi alla organizzazione del lavoro in quanto parlare dei tempi di esposizione, dei ritmi di produzione e delle manutenzioni periodiche agli impianti non deve costituire un qualcosa di teorico o casuale ma deve essere motivo prioritario di uno studio approfondito per migliorare le condizioni di lavoro. I mezzi di protezione devono essere attuati solo come ultima difesa, quando siano stati attuati tutti i possibili interventi tecnici tesi a ridurre i rischi lavorativi.

 

I DPI (dispositivi di protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale trasmissione di infezioni.

 

Ad ogni lavoratore devono essere forniti idonei DPI quali:

 

·        Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza necessarie;

·        Calzature del tipo antisdrucciolevole;

·        Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi delle sostanze manipolate;

·        Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:

 

MASCHERINE PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3

MASCHERINE PER I GAS E I VAPORI

VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA SUA CONCENTRAZIONE

 

 

Per i vapori di stirene sono efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto assolutamente inefficaci.


 

Devono essere utilizzati quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in tempi brevi.

·        Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che garantiscono una miglior protezione.

 

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI

I FILTRI IDONEI SONO CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A”

 

Come per le mascherine a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al viso.

 

·        Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale umidificatore. Nel secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.

 

Capitolo 6 -“Appalto a ditta esterna”

 

La manutenzione dell’impianto elettrico e tutti gli interventi elettrici sono appaltati ad impiantisti specializzati.

La manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è appaltata a ditte specializzate.

 

Capitolo 7 -“Riferimenti legislativi”

 

DPR 303/56 n° Tab.33

 

DPR 482 /75 n° Tab.30

 

DPR 303/56 n° Tab.39

 

DPR 482 /75 n° Tab.37

 

DPR 482 /75 n° Tab.49

 

DPR 277/91


 

 

 

Art.383-384 DPR 547/55

 

Titolo VII DPR 547/55

 

Art. 69 L.46/1990

 

Norma CEI 64-8

 

Norma CEI 20-13

 

Art.34-36-37 DPR 547/55

 

D. Interministeriale 16.02.1982

 

Art.13 D. Lgs.626/94

 

Norma CEI 81-1 fasc. 1439 Appendice D

 

Art. 2-3 D. Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).

 

DPR 24.05.1988, n. 203

 

DPCM 21-7-1989

 

 

Capitolo 8 -“Il rischio esterno”

 

Questo fattore di rischio non influenza l’ambiente esterno.

 

 

 

 

 

 

 

Fase -9- LAVAGGIO UTENSILI

 

 

 

 

1. COMPARTO:

VETRORESINA

 

 

 

 

2. FASE DI LAVORAZIONE:

LAVAGGIO UTENSILI

 

 

 

 

3. COD.INAIL:

 

 

 

 

 

4. FATTORE DI RISCHIO:

INFORTUNI, IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI CHIMICI

 

 

 

 

5. CODICE DI RISCHIO

 

 

    (riservato all’ ufficio)

 

 

 

 

 

6. N. ADDETTI:

2

 

 

 

 

 

Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”

 

Il lavaggio degli utensili e delle macchine utilizzate avviene prevalentemente con acetone e marginalmente con cloruro di metilene con una preponderante diffusione per dell’acetone per questo tipo di impiego. L’esposizione dei lavoratori non è continua ma limitata ai tempi di questa operazione durante la quale si possono verificare esposizioni intense. Il cloruro di metilene viene molto raramente utilizzato in sostituzione dell’acetone per i lavaggi.

 

Capitolo 2 -“Le attrezzature e le macchine”

 

PENNELLI

 

 

Capitolo 3 -“Il fattore di rischio”

 

Effetti da esposizione ad acetone.

Effetti da esposizione a cloruro di metilene. Va segnalato l’inserimento del cloruro di metilene (Diclorometano) da parte del gruppo ad hoc dello IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul

Cancro) nel gruppo 2B della lista di valutazione sintetica di cancerogenicità (gruppo 2B: possibili cancerogeni per l’uomo).

 

Capitolo 4 -“Il danno atteso”

 

Effetti da esposizione ad acetone quali: sindrome irritativa cutanea (effetto sgrassante), congiuntivale e respiratoria; azione deprimente di tipo narcotico sul SNC; danno neurotossico diretto da “Metil-n-butil-Chetone”; disturbi irritativi a carico dell’apparato digerente con nausea e/o vomito.

Effetti da esposizione a cloruro di metilene (vedi tab Diclorometano).

 

TAB. EFFETTI DICLOROMETANO

CRONICI

SNC E SNP

·        ASTENIA, SONNOLENZA, ENCEFALOPATIA TOSSICA, POLINEUROPATIA

OCCHIO

·         CONGIUNTIVITE

FEGATO E APPARATO GASTROINTESTINALE

·        DISPEPSIA

·        EPATOPATIA

RENE

·         ALTERAZIONE FUNZIONE RENALE

APPARATO RESPIRATORIO

·         POSSIBILE ASMA BRONCHIALE IRRITATIVE E/O ALLERGICA, BRONCHITE IRRITATIVA

CUTE

·         DERMATITE IRRITATIVA O ALLERGICA, ALOPECIA

CANCEROGENESI

·         LIMITATA EVIDENZA DI CANCOROGENICITA’

 

E’ stato rilevato N° 1 infortunio relativo a questo fattore di rischio.

 

 

 


 

 

 

Capitolo 5 -“Gli interventi”

 

Per quanto riguarda le norme relative all’uso del locale lavaggio utensili bisogna tener presente alcuni indispensabili accorgimenti:

·        Ricordare che l’acetone usto per il lavaggio degli utensili è una sostanza facilmente la diffusione dei vapori.

·        Dopo ogni uso dei rubinetti di prelievo, verificare di averli completamente chiusi.

·        Al termine di ogni operazione di lavaggio chiudere il coperchio della vaschetta utilizzata. infiammabile. Occorre assolutamente evitare ogni dispersione del prodotto e limitare al massimo

·        Nei periodi di utilizzo del locale, tenere in funzione i ventilatori di estrazione per consentire la corretta areazione.

 

·        Il lavaggio degli utensili, deve avvenire in appositi locali ove è assolutamente vietato fumare nonché accedere con fiamme libere.

·        Quando viene effettuato il riempimento dei serbatoi o fusti con acetone occorre controllarne il livello e rimanere presenti sino al termine dell’operazione successivamente chiudere i rubinetti. Si consiglia di utilizzare per il travaso dell’acetone pompe ad azionamento pneumatico.

·        Tenere chiuse le porte dei locali.

·        Riservare agli addetti l’uso del distillatore

·        I recipienti contenenti acetone sporco in attesa di essere rigenerato per mezzo del distillatore, devono essere tenuti rigorosamente chiusi.

·        Segnalare tempestivamente eventuali rotture o malfunzionamenti al caporeparto per la necessaria manutenzione.

 

E’ necessario verificare che sui recipienti in cui sono raccolte le varie sostanze sia sempre indicato il contenuto, specialmente in occasioni di travasi da un recipiente ad un altro.

Per l’utilizzazione dei singoli prodotti attenersi a quanto specificato nella etichettatura ed utilizzare per ognuno appositi contenitori, contraddistinti con colorazioni tali da evitare ogni possibile confusione ed errore, come ad esempio :

calderelli rossi: resine e stucco;

vaschette e taniche nere : acetone;

caraffe azzurre: catalizzatore.

 

Per le restanti sostanze, irritanti o infiammabili, usare recipienti con i simboli corrispondenti.

I DPI (dispositivi di protezione individuale) devono essere assolutamente individuali e riposti a fine turno in armadietti tipo a doppio scomparto per evitare la eventuale trasmissione di infezioni.

Ad ogni lavoratore devono essere forniti idonei DPI quali:

·        Guanti: ad esempio in nitrile o in neoprene, che possono essere foderati in cotone e avere spessori variabili in funzione della flessibilità e resistenza necessarie;

·        Calzature del tipo antisdrucciolevole;

·        Occhialini o uno schermo facciale: per evitare di essere investiti da schizzi delle sostanze manipolate;

·        Facciali filtranti (mascherine): in commercio ve ne sono di vari tipi:

 


 

 

 

MASCHERINE PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: FF1, FF2, FF3

MASCHERINE PER I GAS E I VAPORI

VARIANO A SECONDA DEL TIPO DI INQUINANTE E ALLA SUA CONCENTRAZIONE

 

Per i vapori di stirene sono efficaci solo quelli che contengono carbone attivo in granuli mentre quelli in materiale poroso privo di carbone attivo sono idonei per le polveri ma non devono essere utilizzati per i vapori di solventi o i gas in quanto assolutamente inefficaci.

Devono essere utilizzati quelli con doppio elastico regolabile per garantire una migliore aderenza al viso e con la valvola espiratoria per ridurre la fatica respiratoria ed evitare il contatto del carbone attivo con il vapore acqueo dell’espirazione che lo esaurirebbe in tempi brevi.

 

·        Semimaschere e maschere a filtri intercambiabili : per esposizioni elevate occorre prevedere semimaschere o maschere con filtri intercambiabili che garantiscono una miglior protezione.

 

 

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER POLVERI

3 CLASSI CRESCENTI DI EFFICIENZA DI FILTRAZIONE: P1, P2, P3

SEMIMASCHERE E MASCHERE A FILTRI INTERCAMBIABILI PER ALCUNI VAPORI DI SOLVENTI

I FILTRI IDONEI SONO CONTRASSEGNATI DALL’ETICHETTA MARRONE E DALLA LETTERA MAIUSCOLA “A”

 

Come per le mascherine a carbone attivo, anche per i filtri vale la regola che devono essere conservati in una confezione ermetica subito dopo l’uso e fino al successivo. Sia i facciali filtranti che le semimaschere devono essere indossati correttamente seguendo le istruzioni fornite, in quanto è fondamentale che aderiscano bene al viso.

 

·        Maschere con immissione d’aria pulita: le maschere con immissione d’aria dall’esterno possono essere ad aria compressa o ad aria convogliata tramite un ventilatore che la preleva dall’esterno o da un ambiente non inquinato. Nel primo caso il circuito è più complesso e deve prevedere un riduttore di pressione, un gruppo di filtrazione comprendente un filtro disoliatore (non inferiore a P3), un filtro a carbone attivo ed un eventuale umidificatore. Nel secondo caso la portata deve essere di almeno 120 l/min. ed occorre scegliere opportunamente il luogo in cui effettuare la presa d’aria tenendo conto che deve essere priva di inquinanti ed eventualmente riscaldata ed umidificata.

 

Capitolo 6 -“Appalto a ditta esterna”

 

La manutenzione degli impianti di aspirazione sia generale che localizzata è appaltata a ditte specializzate.

 

 

 


 

Capitolo 7 -“Riferimenti legislativi”

 

DPR 30.6.65, n°1124

 

DPR 13.04.94, n°336

 

DPR 19.03.56, n°303

 

D. Lgs. 626/94

 

Capitolo 8 -“Il rischio esterno”

 

Questo fattore di rischio non influenza l’ambiente esterno.

 

 

 

 

 

Fase -10- PULIZIA DEL MANUFATTO, IMBALLAGGIO CON PLURIBOLLE E SISTEMAZIONE DEI MANUFATTI IN CONTENITORI APPOSITI O SU PALLETS

 

 

 

 

 

 

1. COMPARTO:

VETRORESINA

 

 

 

 

2. FASE DI LAVORAZIONE:

PULIZIA DEL MANUFATTO, IMBALLAGGIO CON PLURIBOLLE E SISTEMAZIONE DEI MANUFATTI IN CONTENITORI APPOSITI O SU PALLETTS

 

 

 

 

3. COD.INAIL:

 

 

 

 

 

4. FATTORE DI RISCHIO:

INFORTUNI, IGIENICO-AMBIENTALI, AGENTI FISICI, INCENDIO ED ESPLOSIONE, TRASVERSALI-ORGANIZZATIVI

 

 

 

 

5. CODICE DI RISCHIO

 

 

    (riservato all’ ufficio)

 

 

 

 

 

6. N. ADDETTI:

6

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1 -“La fase di lavorazione”

 

Il manufatto, dopo essere stato nuovamente controllato per individuarne eventuali anomalie, viene pulito, imballato con pluribolle ed infine sistemato su appositi pallets.

Nelle piccole e medie aziende la sistemazione dei manufatti viene effettuata tramite mezzi meccanici (carrelli, montacarichi), a volte con operatori specifici ma più spesso con operatori alla bisogna quali operai partecipanti anche alle lavorazioni, che aiutano il magazziniere nelle varie fasi operative.

 

Capitolo 2 -“Le attrezzature e le macchine”

 

CARRELLI A MANO O A MOTORE

MONTACARICHI

 

 

 

Capitolo 3 -“Il fattore di rischio”

 

Rischio derivante dal trasporto manuale e da operazioni di posizionamento del materiale da parte di operai singoli o in coppia. Rischio legato al peso del materiale e soprattutto al quantitativo di materiali oggetto dell’operazione, nonché dalla frequenza dell’operazione nel tempo. Il carrello elevatore non è sempre dotato di protezioni idonee dal rischio di coinvolgimento dell’operatore da parte del materiale movimentato.

Per quanto riguarda il rischio incendio sia la materia prima sia il prodotto finito sono sostanze combustibili indipendentemente dalla possibilità di avere miscele esplosive. Ad aggravare la situazione si presenta la circostanza che la particolare natura del prodotto determina, durante la lavorazione, facilità di imbrattamento dell’ambiente e degli impianti; per la combustibilità del prodotto tale imbrattamento provoca facilità di propagazione dell’incendio che può in breve venire ad interessare tutto lo stabilimento.

Data al presenza di materiale combustibile e infiammabile gli impianti elettrici dei luoghi di deposito delle vetroresine devono possedere caratteristiche di sicurezza aggiuntive a quelle prescritte per un luogo ordinario. I centri di pericolo possono essere le tenute meccaniche delle pompe, gli sfiati, giunzioni realizzate nelle operazioni di carico dei serbatoi.

Inoltre gli addetti sono esposti, per il periodo necessario alle operazioni, in rapporto alla stagione, al clima e alla situazione geografica a condizioni microclimatiche sfavorevoli soprattutto in estate.

 

 

Capitolo 4 -“Il danno atteso”

 

Traumatismi per urto di materiali contro parti del corpo degli operatori.

Lombalgia acuta . Rischio di schiacciamento di mani e piedi per urto o contatto durante la movimentazione manuale del materiale. Traumatismi anche gravi, con esiti permanenti o morte, durante il posizionamento del materiale sugli appositi palets.

Sono stati rilevati N° 8 infortuni relativi a questo fattore di rischio.

 

 

Capitolo 5 -“Gli interventi”

 

Da sottolineare la necessità di opportuna dotazione sul carrello elevatore di opportune protezioni, tetto con struttura rigida e gabbia di metallo anteriore, di riparo per l’operatore.

Il ricorso a mezzi meccanici è possibile sia nelle fasi di scarico del materiale (autogru) che di trasporto degli stessi (carrelli a mano o a motore) ma è ovviamente subordinato agli spazi di manovra e di stoccaggio, che spesso non può che essere effettuato a mano. Da evitare assolutamente il sollevamento di materiale di peso rilevante (superiore a 30 kg) affidato ad uno solo operatore.

Il trasporto e il sollevamento in coppia se abbinato a posture corrette può evitare gravi conseguenze sull’apparato muscolo-scheletrico.

Nei depositi è severamente vietato fumare, usare apparecchi a fiamma libera o apparecchi che possono produrre scintille. Non usare attrezzature elettriche non idonee. Verificare sempre le condizioni delle apparecchiature elettriche e soprattutto dei cavi di collegamento delle attrezzature mobili, segnalando immediatamente eventuali necessità di manutenzione.

Gli interventi necessari ai fini antincendio sono di diversa natura, di carattere preventivo e protettivo.


 

Nel primo caso si tratta di attuare tutti quei provvedimenti atti ad evitare l’insorgere di un incendio, mentre nel secondo si tratta di predisporre i mezzi per ridurre le conseguenze di un incidente verificatosi nonostante le prevenzioni adottate.

 

Valutazione dell’impianto elettrico generale, della presenza ed idoneità della messa a terra dell’impianto, della presenza di un dispositivo di sgancio tensione generale. Corretta manutenzione dell’impianto. Valutare se le strutture di lavorazione e di deposito necessitino di impianti di protezione contro i fulmini oppure risultino autoprotette. Occorre che siano presenti i dispositivi di protezione contro le scariche elettrostatiche con collegamenti equipotenziali e messa a terra degli organi sui quali possano accumularsi

E’ consigliato inoltre utilizzare impianti di rilevazione automatica dell’innesco in grado di segnalare l’avvio dell’incendio; è possibile avere oltre alla segnalazione anche l’azionamento dell’impianto di estinzione. Le vie di fuga devono essere ben segnalate, le uscite di sicurezza devono essere realmente apribili verso l’esterno, l’impianto di illuminazione di emergenza deve essere dotato di alimentazione autonoma ed autoazionantesi, gli impianti di estinzione portatili e fissi, con idoneo agente estinguente siano disponibili nella necessaria quantità, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento.

 

 

Capitolo 6 -“Appalto a ditta esterna”

 

In questa fase non vi sono appalti a ditte esterne.

 

Capitolo 7 -“Riferimenti legislativi”

 

Art. 176-177 DPR 547/55

 

DPR 459/96 Allegato I

 

Art.383-384 DPR 547/55

 

D.Lgs. 626/94- Titolo IV, Allegati IV e V

 

D.Lgs. 626/94- TitoloV, Art.47, Art 48 e Art.49

 

Titolo VII DPR 547/55

 

Art. 69 L.46/1990

 

Norma CEI 64-8

 

Norma CEI 20-13

 

Art.34-36-37 DPR 547/55

 

D. Interministeriale 16.02.1982

 

Art.13 D. Lgs.626/94

 

Norma CEI 81-1 fasc. 1439 Appendice D

 

Art. 2-3 D. Interministeriale 10.03.1998 (G.U.n°81 del 7.4.1998).

 

Art. 11 DPR 303/56

 

Art. 11-377 379 DPR 547/55

 

Capitolo 8 -“Il rischio esterno”

 

Questo fattore di rischio non influenza l’ambiente esterno.