CONVEGNO INTERNAZIONALE

 

SICUREZZA E SALUTE NEL COMPARTO PESCA:

GESTIONE DEI RISCHI E APPLICAZIONE LEGISLATIVA

MAZARA DEL VALLO (TP) 19-21 GIUGNO 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RISCHI NELLE MANOVRE DI PESCA

[ing. Gaetano Messina]

 

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

ISTITUTO DI SCIENZE MARINE

SEZIONE PESCA MARITTIMA

MOLO MANDRACCHIO - 60100 ANCONA

 

 

 

 


INTRODUZIONE 

Già nel III Piano Triennale della Pesca Marittima relativo al triennio 1991-1993 si leggeva:

”la modernizzazione e lo sviluppo dell’apparato produttivo nazionale mediante misure di razionalizzazione e valorizzazione dell’attività di pesca......”;

 

“.... la flotta italiana, la cui età media oscilla intorno ai 20 anni ....” e che “......si è avuta una diminuzione del numero di marittimi imbarcati.”;

 

“..... necessario ed urgente favorire il maggior numero di ammodernamenti della flotta .....” .

 

D’altra parte, il 1992 era stato dichiarato dalla Comunità Europea l’anno della Sicurezza del Lavoro a bordo delle navi da pesca per cui l’Italia, come Paese Membro, veniva sollecitata ad assumere iniziative conseguenti.

 

Al di là di queste motivazioni, il problema della sicurezza a bordo invoca una particolare attenzione alla luce delle considerazioni seguenti:

-  numerosi pescherecci sono interessati da incidenti, anche mortali, per effetto di più generali deficienze tecniche [cavi di diametro insufficiente e/o in cattivo stato di manutenzione] per arrivare a carenze dell’equipaggio circa le più elementari procedure di azionamento dei mezzi di salvataggio, e sistematici errori nella condotta delle azioni connesse con l’attività di pesca;

-  l’esame della documentazione degli Istituti di Previdenza del Settore Marittimo IPSEMA [ex-Casse Marittime] e dell’INAIL, evidenzia che l’entità degli incidenti di cui sono oggetto i pescatori nell’esercizio delle loro attività, è tutt’altro che trascurabile;

 

Giova in ultimo ricordare che l’analisi della sicurezza nell’attività di pesca offre diverse prospettive di indagine quali:

a] la sicurezza dell’equipaggio in relazione al particolare ambiente di lavoro in cui esso opera;

b] la sicurezza della nave, intesa come salvaguardia del mezzo nautico.

 

La presente relazione, dopo aver evidenziato i principali rischi e pericoli che lo svolgimento del lavoro a bordo di un peschereccio comporta, espone alcune soluzioni tecniche al fine di contenerne la portata.  

Come fatto preliminare si impone la definizione di rischio e di pericolo.

Quando ci si propone di prendere provvedimenti atti a ridurre la casistica di infortuni di una determinata attività lavorativa è opportuno preoccuparsi di conoscerne i pericoli più gravi e più frequenti.   

Un infortunio, come ogni altro fenomeno, comporta il passaggio dalla causa all’effetto.

La causa è costituita dal pericolo che, essendo un fattore potenziale, può essere latente od occulto. Quando però viene innescato da una circostanza favorevole, esso si rende attivo e può avere per effetto l’evento infortunistico che, essendo invece un avvenimento reale, è rilevabile e può essere valutato.

Se dunque si vuole perseguire il pericolo perché causa di infortunio, è giocoforza individuarlo e conoscerlo attraverso l’esperienza degli infortuni già avvenuti.

Il pericolo viene definito come una situazione fisica potenzialmente dannosa alle persone e/o all’ambiente in cui esse operano; in altre parole, esso potrebbe essere definito come la qualità intrinseca di materiali, attrezzature, metodi e pratiche di lavoro per cui essi hanno una capacità potenziale di causare danni.

Esso si identifica con qualsiasi situazione che possa dar luogo ad avarìe (allo scafo, ai macchinari, agli apparati di governo, ecc.), ad incidenti (collisione, incaglio, incendio, esplosione, spostamento di carico, allagamento e/o capovolgimento della nave ecc.) e, infine, a casualità che interessino le persone (morti, ferite, cadute fuori bordo ecc.).

Il rischio è invece la probabilità che venga raggiunto il livello potenziale del danno nelle condizioni di impiego e/o di esposizione.

Il verificarsi di un pericolo con conseguenze indesiderate costituisce un infortunio.

Pur nella consapevolezza che non si possa intervenire in assoluto per la prevenzione dei pericoli connessi con l’attività di pesca, e che l’errore umano non possa essere completamente eliminato, si ritiene opportuno sottolineare come molte delle situazioni a rischio possano essere rimosse alla fonte attraverso una corretta e consapevole concezione delle funzioni e delle prestazioni che i vari elementi di un peschereccio devono assicurare.

Dall’analisi sulla natura e sull’entità dei vari infortuni emerge in modo netto che la situazione di livelli sub-standard dal punto di vista della sicurezza è   generalizzata, anche se in misura diversa, sia nei piccoli pescherecci che in quelli di dimensioni maggiori.

Con queste premesse accenniamo ad alcuni interventi tecnologici che possono senz’altro fornire un contributo concreto nell’elevare gli standards di sicurezza a bordo.

I suggerimenti dati in seguito, sono indirizzati alla protezione personale dell’equipaggio, alla protezione dell’equipaggio in relazione all’ambiente ed infine alla nave come ambiente di lavoro. Essi sono di portata affatto generale nel senso che, per la maggior parte, possono trovare applicazione, in tutti i tipi di pescherecci.

 

1 - Instabilità  di  piattaforma

L’efficienza della nave e del suo equipaggio si realizza col rendere la nave una grande piattaforma stabilizzata su cui il personale possa lavorare senza essere sottoposto a travaglio fisico e psichico e nelle migliori condizioni di sicurezza, sia per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro che la stabilità della nave.

Come un qualsiasi altro corpo libero di muoversi nello spazio, una nave, rispetto a una terna di riferimento avente:

- l’origine nel baricentro G della nave;

- l’asse x disteso sul piano di simmetria;

- l’asse y perpendicolare al piano di simmetria;

- l’asse z perpendicolare al piano x y e diretto verso l’alto

 

compie 6 movimenti elementari, 3 di rotazione (rollìo, beccheggio, serpeggio) e 3 di traslazione (abbrivo, scarroccio, sussulto).

Di tutti questi moti, che hanno carattere oscillatorio, i più importanti sono il rollìo e il beccheggio in quanto creano più fastidi, sia perché si ripetono periodicamente con maggiore frequenza degli altri, sia perché comportano delle accelerazioni molto fastidiose per l’uomo nonchè per le apparecchiature ed i materiali di bordo.

Il rollio consiste in un’oscillazione completa di bassa frequenza [compresa tra 0.1Hz e 0.4 Hz] che la nave compie attorno a un asse istantaneo di rotazione, disposto sul piano di simmetria, che approssimativamente può ritenersi baricentrico. Esso dipende dal moto ondoso, dalle dimensioni e dalla forma della nave.  Maggiore è il periodo di rollio della nave, minori risultano la sua ampiezza e la sua accelerazione e, in definitiva, la sua azione sull’uomo.

Secondo Hosoda e Kumitake (1985) la degradazione delle prestazioni determinata da un’ampiezza di rollio pari a 7° rollìo, sarebbe pari rispettivamente al 25% per lavoro leggero e al  50% per lavoro pesante.

 

Nel rollìo, l’uomo è sottoposto all’azione di diversi tipi di accelerazione i cui limiti di sopportazione sono compresi nei campi:

n     (0,04 - 0,12) m/s2                                  per l’accelerazione verticale

n    (0,02 - 0,20) m/s2                                   per l’accelerazione orizzontale.

n    (3,50 - 5,26) 10-2 rad/s2                  per l’accelerazione angolare,  per  circa 20 s.

 

L’angolo di rollìo produce componenti laterali della forza peso, per tutti i corpi posti sulla nave, che possono indurre sugli stessi delle sollecitazioni significative con possibilità di scorrimento e di danno.

Il tempo che la nave, inizialmente inclinata di Jo, impiega per inclinarsi di -Jo e ritornare a Jo si chiama periodo di oscillazione ed è esprimibile con la seguente espressione:

 

         B [m]

larghezza della nave

      r - a  [m]

altezza metacentrica trasversale

 

Le navi da pesca hanno periodi di rollìo compresi tra 6 e 8 secondi.

Appare utile prendere in considerazione i mezzi disponibili per poter contrastare tale movimento.

In linea generale, i sistemi usati per realizzare la stabilizzazione della nave, siano essi di tipo “attivo” o “passivo”, sono basati sul concetto di produrre un moto oscillatorio avente ampiezza e periodo uguali ai corrispondenti della nave ma di segno contrario.

Come si è visto, il periodo di oscillazione è inversamente proporzionale alla sua altezza metacentrica. Questo significa che tanto più una nave è stabile, tanto minore è il suo periodo di oscillazione: in pratica, la nave risulta “dura” perché tende a ritornare più velocemente alla sua posizione dritta; di conseguenza, lo svolgimento del lavoro a bordo risulta disagevole.

Si è quindi di fronte al paradosso che la stabilità di una nave ne limita l’operatività. Non potendo ovviamente realizzare navi con scarsa stabilità trasversale, per renderle “più cedevoli” si cercherà di aumentarne il periodo di oscillazione aumentando il momento di inerzia di massa della nave.

Nel caso dei multiscafi è più facile raggiungere un aumento di J in ragione del fatto che una sua variazione può essere ottenuta in maniera meno vincolante e più significativa, per effetto della possibilità di distribuire i pesi in misura maggiore rispetto all’asse di oscillazione.

Pur considerando che, in fase di trasferimento, un lieve incremento di velocità può ridurre il moto di rollio bisogna adottare un sistema di smorzamento che funzioni anche a basse velocità.

Tra le varie soluzioni tecniche, economicamente valide ed ampiamente note, le alette e/o la chiglia di rollio costituiscono il mezzo più economico per smorzare il moto di oscillazione della nave in quanto ne incrementano il periodo di oscillazione grazie alla maggiore quantità di acqua trascinata.

 

L’effetto smorzante è proporzionale alla larghezza delle alette ma è indipendente dalla loro forma. A parità di area risulta più efficace un’aletta con minor rapporto lunghezza/larghezza.

 

In prima approssimazione, l’area ottimale di un’aletta di rollio può essere valutata con diverse formule empiriche che forniscono la larghezza b, la lunghezza l e l’area AK di una sola aletta

 

b = 0.30÷0.40 m      l = (0.33÷0.66) LBP     l = 0.35 LWL    l = 0.0575 B

 

La letteratura porge la relazione: C = 10 AK/LH che, nel caso dei pescherecci, diventa:

 

10 AK/LWLH = 0.7

AK   = area dell’aletta

LWL = lunghezza e della nave, al galleggiamento

H     = immersione dell’aletta

Il beccheggio consiste in un movimento oscillatorio, secondo in ordine d’importanza, che la nave compie attorno a un asse orizzontale baricentrico, perpendicolare al piano di simmetria.

L’entità del beccheggio è meno importante rispetto a quella del rollìo; i periodi naturali di beccheggio sono 1/3-2/3 dei periodi naturali di rollìo e, per esso, possono ripetersi, con le dovute variazioni, tutte le considerazioni teoriche svolte sul rollìo.

Esso risulta più gravoso quando il piano di simmetria della nave è perpendicolare alla direzione di propagazione delle onde e si verificano condizioni di sincronismo.

Il beccheggio è influenzato dai seguenti elementi:

 

-         periodo naturale della nave

-         velocità della nave

-         distribuzione longitudinale dei pesi

-         pienezza delle forme di prora

 

Una variazione di rotta, anche se modesta, ne riduce l’ampiezza.

Una misura di protezione è quella di evitare di collocare i locali alloggio dell’equipaggio troppo a proravia.

La conformazione della prora a bulbo consente di smorzare il beccheggio e di ottenere migliori prestazioni in mare mosso. Analogo risultato si ottiene con le eliche intubate.

Il sussulto, è un movimento traslatorio verticale che la nave compie in mare mosso per effetto delle continue variazioni della spinta idrostatica.

Generalmente esso è associato al rollìo e al beccheggio nel senso che, più una nave rolla e beccheggia, maggiore risulta il suo sussulto. Pertanto, una riduzione dei due moti anzidetti provoca conseguentemente una riduzione del sussulto.

Per quanto riguarda l’imbardata, una sua riduzione si consegue con un maggiore appoppamento della nave.

Gli altri moti sono irrilevanti dal punto di vista del comfort a bordo e quindi vengono trascurati.


2 - Allagamento e falla

 

Un allagamento a bordo è, in genere, causato da scoppio di tubi, da perdite negli impianti e in tubature varie, da premistoppa non stagni, da fasciami divelti ecc.

Esso si verifica su navi di qualsiasi tipo e dimensioni e non è necessariamente limitato alle navi più vecchie. Talvolta, anche nelle navi di recente costruzione, si può verificare il caso di metalli elettrochimicamente incompatibili che, venendo a contatto in ambiente marino, si corrodono rapidamente; esempi sono le tubature di rame adiacenti alle strutture di acciaio o di alluminio.

Una falla consiste in uno squarcio provocato sulla parte immersa di un peschereccio, la cosiddetta opera viva della carena, in seguito a collisione, incaglio ecc.

Gli effetti immediati di una falla sono:

·      ingresso di acqua all’interno dello scafo e quindi allagamento della zona interessata;

·      inclinazione della nave generalmente in senso trasversale e longitudinale;

·      perdita di stabilità della nave;

·      infine, nei casi più gravi, affondamento.

 

Al verificarsi di una falla, la velocità d’ingresso dell’acqua all’interno dello scafo vale:

 

v =Ö2gh = 4.43Öh [m/s]

 

Pertanto, il volume di acqua che passa attraverso il foro è dato da:

 Q = k v A = 2.77AÖh [m3/s]

avendo indicato, nelle formule precedenti:

A [m2]             l’area della falla

h  [m ]              la distanza della falla dal piano di galleggiamento

k = 0.625        un coefficiente di contrazione.

Ad esempio, attraverso un foro circolare di diametro d =15cm, praticato a una profondità

h = 2m,  passa una portata d’acqua pari a

 

Q = 2.77x0.785x[0.15]2 xÖ2 = 0.069 m3/s

cioè, in un minuto,

Q = 0.069x1.025x60 = 4.24 t/1’

Questo esempio mostra quanto importante sia tamponare una falla al più presto possibile.

A seconda delle dimensioni dello squarcio si può fare ricorso all’uso di mezzi di fortuna più disparati: stracci, tavole, casse, cunei, conglomerato cementizio e, non ultimo, un materassino premuto contro la falla mediante un pagliolo, a sua volta opportunamente puntellato.

Sarebbe comunque opportuno tener a bordo un dispositivo come quello illustrato in fig. 2.1 il quale, pur nella sua estrema semplicità costruttiva, mostra una funzionalità pratica certamente non trascurabile.

Nelle sue linee essenziali, tale dispositivo si compone di:

 

§         Una barra filettata (3).

§         Un elemento (2), a due ali che, grazie a una molla interna, possono passare dalla configurazione a tratto intero a quella tratteggiata, ruotando attorno al loro perno filettato internamente.

§         Un contenitore troncoconico (4), privo di base maggiore, il quale può scorrere liberamente lungo la barra (3), grazie a un foro centrale praticato sulla base minore.

§         Un elemento (5) che si avvita pur esso sulla barra (3)

§         Un manico (6) per riporre il dispositivo quando non utilizzato.

 

 

   Fig. 2.1 – Dispositivo turafalle                      

 

 

Fig. 2.2 – Configurazione a falla tamponata

 

 

 

 

L’utilizzazione del dispositivo viene fatta inserendo la barra filettata nel foro del fasciame (1) attraverso il quale passano pure le due ali (2) che assumono la posizione tratteggiata per riprendere, una volta superato il foro, la posizione originaria.

L’elemento (4) viene portato ad aderire al fasciame (1) e viene tenuto fermo in questa posizione grazie all’avvitamento dell’elemento (5).

La fig. 2.2  mostra la configurazione complessiva a falla tamponata.

Il sistema, come si vede, è di facile concezione e di funzionamento altrettanto semplice in quanto non richiede particolare perizia per essere azionato.

Una volta interrotto il flusso d’acqua all’interno della carena occorre ripristinare quanto più velocemente possibile la stabilità trasversale della nave, compromessa dalla presenza di specchi liquidi.

Si cercherà di ridurre l’angolo d’inclinazione trasversale evitando, per quanto possibile, l’allagamento asimmetrico. Ciò si ottiene più efficacemente:

-         allagando un compartimento sul lato opposto di quello danneggiato secondo quanto indicato dalle tavole di allagamento

-         riversando fuori bordo l’acqua imbarcata mediante l’attivazione della pompa di sentina.

Ad ogni modo, anche in questo caso, la prassi migliore consiste nella prevenzione.

A livello costruttivo, è prudente eseguire una compartimentazione quanto più spinta dello spazio sotto coperta mediante paratie, anche amovibili, disposte in senso parallelo alla chiglia.

A livello operativo, è opportuno controllare sistematicamente la perfetta chiusura delle valvole di presa a mare, la tenuta delle varie tubature di adduzione dell’acqua di mare, l’eventuale presenza di vie d’acqua, specie degli scafi in legno, nonché l’efficienza della pompa di sentina, sia quella mossa dal motore che quella di emergenza, azionata a mano.

Ci risulta che molti pescherecci siano affondati anche per una chiusura non corretta di qualche valvola di presa a mare evidenziando quanto sia importante la marcatura delle posizioni “aperto” e “chiuso”, in prossimità della valvola stessa, al fine di evitare ogni possibilità di pericolosa confusione allorquando la si debba manovrare.


3 - INCENDIO

 

Fattori indispensabili e necessari per l'insorgere di un incendio sono:

Ø      la presenza del combustibile

Ø      la presenza del comburente

Ø      la presenza di una fonte di innesco

La combustione genera carenza di ossigeno, riduzione di visibilità, azione termica, azione tossica.    Il combustibile può essere solido liquido e gassoso.

Per combattere con successo un incendio è necessario usare l’agente estinguente che agirà nel minor tempo possibile, causerà il minimo danno con ridotto rischio per l’equipaggio.

La scelta dell’estinguente più adatto è facilitata dalla classificazione dei fuochi in 5 tipi, o classi, come mostrato nella seguente tabella:

 

CLASSE

DESCRIZIONE
A

Incendi di materiali non infiammabili (carta, legna, carbone, stracci ecc.) che richie-dono quindi un buon riscaldamento prima di bruciare ed il cui incendio è lento a propagarsi

B

Incendi di materiali infiammabili, generalmente liquidi, nei quali il fuoco prende rapidamente vaste proporzioni (petrolio, alcoli ecc.)

C

Incendi di gas infiammabili (metano, propano, idrogeno ecc.)

D

Incendi di materiali e sostanze chimiche pericolose (magnesio, sodio, litio ecc.)

E

Incendi che si sviluppano nelle apparecchiature elettriche (cortocircuiti, surriscaldamenti ecc.)

 

La conoscenza delle classi d’incendio è essenziale per la lotta antincendio.

Cause tipiche d’incendio sono le rotture delle condutture dell’olio combustibile e dell’olio lubrificante dalle quali fuoriescono liquidi infiammabili che vanno a cadere sulle parti calde del motore, su parti difettose dell’impianto elettrico, su parti non isolate del sistema di scarico in contatto con materiali infiammabili, su stracci o altri prodotti combustibili posti in vicinanza del motore caldo, e la combustione spontanea di stracci imbevuti di olio. 

La prevenzione consiste essenzialmente:

a) nell’eliminare i principali fattori di rischio 

b) nell’impiegare materiali difficilmente infiammabili o ignifugati  o auto-estinguenti

c) nel provvedere alla  ventilazione naturale o meccanica di quegli ambienti in cui la presenza di gas o vapori infiammabili può determinare il formarsi di miscele esplosive;

d) nel proteggere  le sostanze combustibili entro custodie di sicurezza incombustibili

e) nell’introdurre gas inerte dove si possono formare miscele esplosive od infiammabili;

f) nell’evitare il fumo, le fiamme libere e  le scintille;

 

Ciascun componente dell’equipaggio ha l’obbligo di mantenere viva la consapevolezza del rischio d’incendio e delle sue conseguenze sia per se stesso che per la nave; la negligenza in-fatti è una delle principali cause degli incendi a bordo.

Per l’estinzione di un incendio a bordo delle navi da pesca sono comunemente usati  gli estintori, apparecchi contenenti un agente estinguente che può essere proiettato e diretto su un fuoco sotto l’azione di una pressione interna. Sono costituiti da bombole di forma cilindrica con dispositivi per la fuoriuscita dell’agente. 

Ogni estintore è contrassegnato con fasce distintive colorate:

-         fascia rossa, per estintori idrici

-         fascia rossa e fascia gialla, per estintori a schiuma

-         fascia rossa, gialla, verde per gli estintori a CO2

La tabella seguente mostra l’idoneità dei vari estintori ai diversi tipi d’incendio.

 

 

CLASSE D’INCENDIO

A-Solidi

B-Liquidi

C-Gas

D-Metalli

E-Elettr.

Acqua

ddddd

 

 

 

 

CO2

 

ddddd

 

 

ddddd

Halon

 

ddddd

ddddd

 

ddddd

Schiumogeni

ddddd

ddddd

 

 

 

Polveri

ddddd

ddddd

ddddd

ddddd

ddddd

 

Se la prima azione fallisce o non è sufficiente per lo spegnimento completo del fuoco, si deve quindi far ricorso ad altri estintori e all’impianto fisso per terminare l’operazione di spegnimento. A bordo è bene che ci sia un cartello informativo, il ruolo di appello,  posto in un punto tale da permetterne la facile consultazione ai lavoratori marittimi, indicante le procedure da attuare in caso d’incendio a bordo.

Esso stabilisce le consegne di ogni persona dell’equipaggio nei casi di emergenza, particolar-mente per l’incendio a bordo e l’abbandono nave, e specifica il comportamento che l’equipaggio deve tenere, non appena sia attivato l’allarme stesso.

 Al suono del segnale di allarme, gli addetti alla lotta antincendio si porteranno nella zona dove si è verificato il principio d’incendio.

Se il fuoco si sviluppa sottocoperta, andrebbero subito chiusi tutti gli accessi d’aria (boccaporti, passi d’uomo, prese d’aria, porte, tambucci), perché la fiamma, in assenza d’aria, si spegne, con poca aria brucia più lentamente, con corrente d’aria o vento si ravviva e l’incendio procede più velocemente.

Se a prendere fuoco è il motore o il locale motore, vanno chiuse immediatamente sia l’alimentazione di nafta sia tutte le vie d’aria.

Nella lotta antincendio il personale impegnato deve mantenersi il più basso possibile per evitare di essere colpito dal calore. Ove possibile, può essere usata dell’acqua nebulizzata per formare una cortina protettiva.

La zona in fiamme della barca deve stare sempre sottovento: in particolare, se il fuoco è a poppa si metterà la prua al vento, se invece è a prua, si metterà la poppa al vento. In questa maniera si impedirà al fuoco di propagarsi ad altre parti dell’imbarcazione e si eviteranno anche gli effetti intossicanti del fumo sulle persone.

Contemporaneamente, si chiamerà la Capitaneria sulla frequenza di soccorso (VHF canale 16, 156.8 MHz) dando la posizione della barca e avvisando che c’è un principio di incendio a bordo. Il contatto radio andrà mantenuto fino a quando non si è certi che il pericolo sia passato.

Salvo che a prendere fuoco non sia il motore o il locale motore è sbagliato spegnere i motori perché così facendo non si sarebbe più in grado di governare l’imbarcazione rispetto al vento; è anche errato correre verso la costa perché si alimenta il fuoco e quindi si rischia di accelerare il disastro. Procedere invece sempre sottovento, riducendo al minimo la velocità. Se si è in porto, è opportuno uscire immediatamente per non coinvolgere altre imbarcazioni viciniori. Se si è in prossimità del porto, non rientrare assolutamente e seguire le istruzioni impartite dalla Direzione Marittima.

 

 


4 - Rumore e vibrazioni

 

Il rumore è un suono disordinato la cui  azione prolungata porta a malattie dell’udito. Suoni molto forti producono una pressione che può rompere la membrana del timpano. Un rumore di frequenza elevata (1.000-8.000 Hz) porta a fenomeni spiacevoli e influenza negativamente parti del cervello provocando mal di testa, insonnia, irritazione, affaticamento, dolori nella regione cardiaca ecc.

In ambienti particolarmente  rumorosi diminuisce l’intensità della vista, cambia la sensibilità a differenti colori, si riscontrano mutamenti nell’apparato vestibolare.

E’ stato anche rilevato che il rumore impulsivo compromette l’esattezza dell’esecuzione delle operazioni di lavoro e rende difficoltoso l’apprendimento di informazioni.

Le vibrazioni meccaniche, a bordo delle navi da pesca, danno origine a tensioni che si trasmettono  alle parti strutturali della nave che, a loro volta, inducono delle vibrazioni sul pescatore:

·      attraverso i piedi, quando trovasi in posizione eretta su uno dei ponti della nave;

·      in posizione seduta;

·      quando disteso sul materasso della sua cuccetta;

Inoltre egli è sottoposto ad un’altra serie di oscillazioni di bassa frequenza derivanti dalla pressione delle onde sonore prodotte, ad esempio, dagli scappamenti;

Queste sollecitazioni aggrediscono il pescatore, praticamente senza alcuna interruzione, per tutta la durata della campagna di pesca, sia sul ponte di pesca, sia nei locali di lavoro e di soggiorno e perfino nei momenti di riposo.

Molto spesso i membri dell’equipaggio si lamentano dei disturbi causati da questi due fenomeni e delle difficoltà che incontrano nell’esecuzione di lavori di precisione. E’ da notare che questa tensione, accentuata dai movimenti della nave, comporta, a lungo termine, una fatica latente che si aggiunge al carico di lavoro propriamente detto.

Le vibrazioni inoltre, possono provocare stati di sollecitazione “a fatica” e anche la rottura di taluni elementi strutturali fino ad ostacolare il normale funzionamento delle macchine in quanto forze alternative non equilibrate e difetti di funzionamento possono costituire fonti di vibrazioni.

Il primo approccio alla riduzione del rumore potrebbe essere fatto dal costruttore della macchina, valutando i livelli di rumore mediante un comune fonometro al quale sia connesso un modulo che consenta l’analisi in frequenza.

Infatti, un motore diesel a 4 cilindri, ruotante a 3000 giri/1’ ha una frequenza di rotazione

fm = Nm/60 =3000/60 = 50 Hz

Nell’ipotesi che avvengano due accensioni per giro si ha una frequenza di accensione pari a

fs = fm x 2= 50 x 2 = 100 Hz

Per un’elica a 3 pale, calettata sull’albero motore, si ha

fe = fm x 3 = 50 x 3 = 150 Hz

Per una pompa idraulica ad ingranaggi, con 12 denti, calettata sull’albero motore si ha

fp = fm x 12 = 50 x 12 = 600 Hz

 

Questi semplici calcoli indicano le frequenze alle quali ci si deve aspettare un picco di rumore significativo e sulle quali va concentrata l’attenzione sapendo che ad ognuna di esse corrisponde un ben definito componente della macchina in esame.

Di questo si deve ovviamente tener conto sin dalla fase di progettazione della macchina, nel senso che saranno certamente da preferire quei componenti di essa che, a parità di caratteristiche funzionali, portino ad un abbassamento delle frequenze caratteristiche di emissione acustica.

Ai fini del contenimento del livello di rumore e di vibrazioni giovano i seguenti suggerimenti:

·      A parità di potenza, lavorare a bassa velocità di rotazione [motore lento, bassa velocità di rotazione dell’elica e quindi elica di grande diametro];

·      Realizzare un compartimento motore integralmente automatizzato e telesorvegliato tale che la presenza dei motoristi nella sala macchine rappresenti effettivamente l’eccezione.

·      Isolare acusticamente sia il motore, inserendolo in una specie di involucro, sia tutta la sala macchine ponendo uno schermo fonico sulle paratie di delimitazione; ciò consente di attenuare altresì il rumore emesso dagli ausiliari.

·      Sistemare, nel compartimento motore, una cabina contenente al suo interno un quadro di controllo e di comando, concepito per ridurre al minimo gli interventi sul motore da parte dell’uomo di guardia nella sala macchine.

L’allontanamento dei locali di vita dalle sorgenti di rumore e di vibrazioni migliora sempre la situazione nei riguardi dell’ambiente sonoro. In particolare si possono adottare le seguenti misure:

Þ  impiego sistematico di magazzini, cambusa, gabinetti, officine come locali di transizione tra le fonti di rumore e le cabine;

Þ  si dovranno isolare, ove possibile, le fonti di vibrazioni della struttura del natante utilizzando supporti elastici appropriati.   

Le vibrazioni verranno ridotte rendendo più rigide le pareti interessate e migliorando l’ammortizzamento con l’utilizzazione di materiali adatti.

Le cabine e le mense saranno isolate dalle fonti di rumore mediante l’impiego di collegamenti elastici fra la struttura del natante e le cabine e altresì utilizzando materiali fonoassorbenti fra le pareti i quali possono inoltre fungere da isolanti termici. 

 

1 - paratia di acciaio

2 - lamiera di piombo

3 - lamiera perforata           

4 - lana di roccia

5 - serrette                           

6 - materiale elastico

 

 

 

 

 

 

 

 

FIG. 4 - Esempio di paratia fono-isolante di delimitazione del locale motore [Fonte: LSCTPM, Lorient]

 

5 - POSSIBILITA’ DI CADUTE A BORDO E FUORI BORDO

Talune analisi hanno permesso di osservare che:

·      molto spesso, per il vento o le correnti, il marinaio è spinto a sporgersi in modo eccessivo al di fuori del parapetto per agganciare e recuperare le boe e/o i segnali;

·      il rischio di caduta in mare esiste anche quando in condizioni meteo avverse bisogna effettuare sforzi eccessivi per liberare reti o nasse impigliate sul fondo;

·      una cattiva disposizione delle apparecchiature può essere causa di rischi importanti di caduta in mare. Il non tenere conto, nella progettazione dell’imbarcazione, delle regole elementari dell’ergonomia, relative in particolare alle zone di prensione, induce il marinaio a salire sull’impavesata per effettuare le operazioni di recupero dell’attrezzatura;

·      è durante la cala che i rischi sono più importanti: il parco reti occupa quasi tutto lo spazio a poppavia della nave; se il marinaio, intervenendo sulla rete, vi si impiglia, rischia di essere trascinato in acqua.

·      Le imbarcazioni da pesca inferiori a 12m presentano una certa specificità legata al fatto che il lavoro vi viene svolto in uno spazio limitato e su una piattaforma in movimento. La perdita di equilibrio di un marinaio potrebbe determinarne la caduta in mare. In questo caso, se l’altro marinaio [ove esista] si accorge dell’accaduto, corre in plancia per manovrare; in caso contrario, magari assorto nella conduzione della nave, non si accorgerà della scomparsa del suo compagno nei secondi successivi alla sua caduta. 

Nel tentativo di colmare questa lacuna, si forniscono alcune indicazioni circa gli interventi che si possono attuare allo scopo di ridurre gli incidenti dovuti a cadute fuori bordo.

I seguenti accorgimenti tecnici possono ridurre il rischio di incidenti conseguenti a caduta fuori bordo su navi minori:

a)    rivestimento antiscivolo del ponte, specie nella sua zona poppiera;

b)   aumento dell’altezza dei parapetti ;

c)    sistemazione di una scala di salvataggio fuoribordo;

d)   cinture di sicurezza e cavo di ancoraggio;

e)    indumenti da lavoro galleggiamenti o giubbotti di salvataggio;

 

 Al verificarsi di un’emergenza che comporti l’abbandono dell’imbarcazione, è importante poter indossare, al di sopra di un abbigliamento adeguato, anche un giubbotto di salvataggio: non sempre però questo è possibile per la brevità del tempo a disposizione in simili occasioni. L’ideale sarebbe che un pescatore potesse indossare, nello svolgimento dei suoi vari compiti, un dispositivo di galleggiamento avente caratteristiche di leggerezza, di minimo ingombro e che fosse agevole, sia d’estate che d’inverno.

Una ditta francese ha realizzato un sistema di abbigliamento di sicurezza [fig. 5.1], impermeabile all’acqua, dedicato agli operatori della pesca industriale, che coniuga efficienza e comodità d’uso alla sicurezza personale, in caso di caduta accidentale in mare. Si tratta di tute essenzialmente progettate per proteggere l’operatore dall’ambiente esterno pur permettendogli di effettuare le normali operazioni di lavoro.

Una tuta di questo genere provvede, in caso di accidentale caduta in acqua, al galleggiamento e all’isolamento termico prevenendo il rischio di shock termico con possibile conseguente ipotermia.

Tali tute sono inoltre facilmente localizzabili grazie all’adozione di colori adeguati e di bande riflettenti approvate SOLAS.

 

Fig. 5.1 - Esempio di tuta termoisolante

 

Già la semplice sistemazione di una scala fuoribordo, nelle piccole imbarcazioni da pesca, può costituire un elemento di salvataggio decisivo per la vita di un pescatore caduto in mare; infatti, una semplice scala, sospesa al livello del mare, avrebbe reso meno tragico lesito di molte cadute fuori bordo [fig. 5.2].

Fig. 5.2 - Configurazione e sistemazione a bordo di una scala avvolgibile

[Fonte: Bendiksens Sveiseverksted, Norvegia]

 

Per quanto riguarda la sua configurazione si può optare per le versioni deformabili di corda, con gradini di plastica o di legno, [riavvolgibili o non] o rigide, in acciaio inossidabile [solidali al parapetto della nave o incernierate a una estremità e ribaltabili].

Sempre nei piccoli pescherecci, il cui equipaggio si compone di una o due persone al massimo, allo scopo di prevenire le cadute in mare, pare utile la realizzazione di un sistema che tenga l’operatore costantemente ancorato all’imbarcazione, pur consen-tendogli ampia libertà di manovra.

I diversi accorgimenti, atti a realizzare un tale ancoraggio, consistono essenzialmente in un cavo di acciaio inossidabile che collega costantemente il pescatore con un punto fisso della sua imbarcazione, consentendogli libertà di azione.

Il sistema con cavo di scorrimento, illustrato in fig. 5.3, si rivela piuttosto funzionale per le imbarcazioni sprovviste di picco da carico in quanto il pescatore può lavorare liberamente su tutto il ponte e raggiungere pure il ponte di comando per governare la nave.

 

1)       dispositivo di arresto del motore

2)      cavo di sicurezza                                 

3)      ponte antisdrucciolevole

4)      cintura di sicurezza

 

 

Fig. 5.3 - Ancoraggio di un marinaio con cintura di salvataggio [Fonte: Aasjord e Sagen]

 

Con questo sistema, il pescatore è collegato alla nave da un lungo cavo a sua volta connesso con un dispositivo che, in caso di caduta fuori bordo, provoca il disinnesto dell’elica dal motore, la nave si ferma e quindi il pescatore sarà in grado di risalirvi mediante la scala di salvataggio.

Questo sistema assicura un’ampia libertà di movimento ma, nel caso di accentuati moti di rollio della nave, l’asta si flette facilmente.

Il collegamento del cavo di sicurezza al marinaio presuppone che egli indossi delle cinture che siano sufficientemente robuste e resistenti agli ambienti corrosivi, si possano togliere e indossare facilmente, siano regolabili in relazione agli indumenti indossati, non abbiano ganci o fibbie per non costituire punti di aggancio per le attrezzature da pesca.

Sistemare possibilmente le scale per madiere, cioè perpendicolarmente al piano di simmetria della nave. Esse devono essere munite di corrimano e di efficaci punti di appoggio.

In particolare, le scale di accesso all’arcone o ad altre parti elevate della nave vanno munite di ringhiere protettive [fig. 5.4].

 

Fig. 5.4 - Scala esterna con protezione

 

Se le scale sono ingarrittate, bisognerà fare in modo che la porta di accesso sia posta perpendicolarmente all’asse della scala e non in senso parallelo.

Scivolate e cadute potranno, in gran parte, essere evitate se verrà osservata un’accurata pulizia delle scalette e dei grigliati resi spesso sdrucciolevoli dalla presenza di oli e carburanti liquidi.

Dovrà essere fatto un trattamento antiscivolo del ponte di coperta mediante rivestimento con materiale idoneo.

Sempre in tema di cadute, va tenuto presente che lo spazio lungo il parapetto che delimita la parte poppiera del ponte di coperta deve essere considerato come zona di lavoro e quindi non deve essere utilizzato per depositarvi materiale vario per non ostruire la circolazione in questa zona. Per prevenire le cadute in mare appare opportuno realizzare parapetti di altezza non inferiore a 90cm.

E’ determinante, ai fini della prevenzione degli infortuni, fare in modo che il personale possa attendere alle proprie mansioni in condizioni di perfetta visibilità, sia di giorno che di  notte. Per  questo  è  opportuno  realizzare un’adeguata   illuminazione  non  solo   di  tutto il campo di lavoro ma anche dello spazio circostante, specie nella zona poppiera, laddove le potenzialità di rischio sono maggiormente accentuate.

L’illuminazione deve essere tale da evitare riflessi e abbagliamento diretto. Questa considerazione va tenuta presente in modo particolare per la plancia, dove è facile che si creino riflessi, per la presenza di schermi vari, che possono incidere sul grado di vigilanza del personale di guardia.

Analoga considerazione va fatta per l’illuminazione della zona del verricello affinché chi deve controllarne l’azionamento non venga disturbato da fastidiosi fasci di luce diretta.

In questo contesto, va pure assicurata una perfetta visibilità del ponte di lavoro dalla plancia munendo la timoneria di finestrature perimetrali piuttosto ampie, tali da poter consentire all’operatore di poter spaziare per 360°.

Nella maggior parte dei pescherecci buona parte del lavoro viene svolta negli spazi contenuti nell’interponte, normalmente aperto alle intemperie. L’installazione di una porta, a chiusura automatica, migliorerebbe le condizioni di lavoro in tale zona della nave e, al tempo stesso costituirebbe una protezione dell’equipaggio dalle intemperie.

Quando  il divergente arriva a bordo, la velocità di recupero dei cavi deve essere diminuita per consentire un arrivo dolce all’archetto. Quando i divergente della rete compaiono dall’acqua i marinai in servizio agli archetti non devono trovarsi vicino ad essi per evitare infortuni in caso di rottura dei cavi o delle funi.

E’ permesso maneggiare il divergente solo quando esso arriva a bordo.

Gli incidenti che si verificano durante la manovra dei divergenti possono essere di origine molto varia. Si distinguono:

-                     urti causati da masse in movimento

-                     schiacciamento, soprattutto delle mani tra il divergente e l’impavesata

-                     trascinamento da parte di catene, cavi o ganci

-                     cadute a bordo e fuori bordo

 

Fig. 5.5 –Aggancio  del divergente

 

 

Queste ultime in particolare possono aver luogo allorquando i marinai devono agganciare i divergenti agli archetti per evitarne lo sbattimento (fig. 5.5).

In tal caso si rendono necessarie diverse operazioni che particolari condizioni del mare potrebbero rendere abbastanza pericolose.

Per superare la necessità di tali manovre e quindi eliminare i margini di rischio che esse comportano si è pensato di apportare delle variazioni meccaniche all’attuale morfologia del portale di poppa, come appresso descritto.

 

 

 

 

 

La fig. 5.6 rappresenta schematicamente il portale (1) attualmente installato sul ponte di coperta (2) dei pescherecci a strascico.

 

Proposta di modifica dell’arcone di poppa

Fig. 5.6 – Proposta di modifica dell’arcone di poppa

 

Com’è noto, ultimata l’operazione di pesca  e l’avvolgimento dei due cavi di acciaio sui due tamburi del verricello, i divergenti si trovano a penzolare dalle due pulegge (4), collegate a due braccio (7) che sporgono lateralmente dalla struttura del portale.

La soluzione che si prospetta consiste nel rendere telescopici i due bracci (7) che possono scorrere orizzontalmente nei due sensi grazie all’azione esercitata dalla pressione dell’olio, immesso alternativamente nei vani (6) e (8), sulle due facce dei pistoni (5).
Di conseguenza, i   divergenti appesi alle due carrucole stanno all’interno della sagoma dell’imbarcazione e quindi, con l’aiuto del verricello possono essere adagiati tra il parapetto e la struttura dell’arcone con una manovra di gran lunga più semplice e più sicura dell’attuale.
A pesca ultimata, i due bracci possono essere fatti rientrare.

 

 

6 - Manovre di pesca

Nell’esecuzione delle varie manovre di pesca un ruolo fondamentale è ricoperto dalle funi metalliche che, ormai da parecchi decenni, costituiscono un elemento essenziale nell’attrezzatura di bordo. L’adozione di funi metalliche che possono sopportare, a parità di diametro, carichi enormemente superiori senza presentare alcun allungamento irreversibile, ha permesso una grande semplificazione delle attrezzature di bordo realizzando nel contempo una maggiore sicurezza.

La tecnologia non permetteva fino a qualche anno fa l’impiego di altri metalli che non fosse il normale acciaio zincato come protezione contro l’aggressione del salino. Ancora oggi, malgrado siano ormai di normale produzione funi in acciaio inox, che hanno una durata di quasi quattro volte superiore ai corrispondenti cavi in acciaio zincato, la maggioranza delle imbarcazioni da pesca preferisce i vecchi cavi zincati ai più moderni cavi inox.

Anche la scelta delle pulegge di rinvio è estremamente importante per consentire alla fune di lavorare correttamente ed ottenere quindi la massima durata. Il diametro della puleggia non deve mai essere inferiore a 25 il diametro del cavo. 

I principali inconvenienti che si possono riscontrare nelle funi sono:

·      rotture di fili nell’anima metallica per eccessiva trazione

·      rotture di fili nei punti di contatto tra i trefoli e l’anima metallica

·      abrasione e deformazione plastica per eccessiva pressione tra le spire sul tamburo

·      abrasione e schiacciamento per eccessiva pressione sulle pulegge con fuoriuscita dell’anima tessile

·      rotture di fili per fatica a flessione

·      fuoriuscita dei fili interni dei trefoli per ripetute sollecitazioni a strappo

·      infiascatura per rotazione forzata della fune per gole troppo strette

·      corrosione

·      sfregamento sotto tensione su spigolo vivo

 

Se le forze esterne agenti su una fune sono tali da determinarne allungamenti maggiori di quelli consentiti, essa si rompe. A rottura avvenuta, l’energia potenziale elastica immagazzinata dal cavo sotto tensione viene immediatamente restituita sotto forma di energia cinetica che allontana violentemente le sezioni di rottura verso le estremità fisse del cavo stesso. E’ il cosiddetto colpo di frusta che può avere conseguenze disastrose se un marinaio si trova a transitare laddove esso si verifica.

 

I cavi di acciaio possono essere all’origine di infortuni gravi, per trascinamento dei marinai verso le pulegge e motori di trazione, per afferrature e trascinamento in mare, per le violente ripercussioni conseguenti ad un’eventuale loro rottura e, ancora, perché possono divenire sede di improvvise tensioni con accumulazione di considerevole energia elastica.

Per prevenire questi infortuni si può:

·     riservare ai tragitti dei cavi degli spazi fisicamente separati dagli spazi di circolazione e di lavoro;

·     far passare i cavi all’interno di tubi [fig. 6.1] che, correttamente dimensionati e posizionati, proteggeranno efficacemente i marinai;

·     ridurre al minimo le lunghezze libere del cavo.

Si è notato che la maggior parte dei cavi presenti a bordo sono di diametro inferiore a quello che sarebbe necessario per avere un buon coefficiente di sicurezza.

E’ buona norma dimensionare il cavo tenendo conto di un coefficiente di sicurezza [almeno 4] certamente più elevato di quello attualmente adottato [circa 2] per poter far fronte tranquillamente sia ad eventuali condizioni di sovraccarico sia al logorìo del cavo stesso.

Fig. 6.1 - Protezione di cavi mediante tubi [Fonte: Andro, .....1993]

 

Nella pesca a strascico, non di rado si manifestano “afferrature sul fondo” per le reazioni della nave e delle funi allo scontro dell’attrezzatura di pesca trainata sul fondo.

La manovra di disincaglio consiste allora più spesso nel virare le funi con l’aiuto dei verricelli.

La nave indietreggia fino a portarsi sulla verticale dell’incaglio, il capopesca tenta di virare le funi alternativamente a destra e sinistra per quanto è possibile.

In questa situazione, lo sforzo di trazione è lo sforzo esercitato dai verricelli. Nel frattempo, il capopesca può aiutarsi con l’ondeggiare del mare virando al massimo nel cavo e bloccando i freni alla risalita dell’acqua.

Questa manovra comporta, al passaggio dell’onda montante, un’amplificazione importante degli sforzi sui cavi tesi.

Al fine di eliminare o almeno attenuare i rischi connessi con le varie manovre molto si può fare sia al fine di ottenere dal verricello salpacavi prestazioni più aderenti alle necessità di pesca, sia per rendere possibile il telecomando delle varie operazioni in vista di una centralizzazione dei loro comandi.

L’inserimento di un cilindro idraulico il cui azionamento provochi l’avvicinamento dei ceppi, può essere realizzato anche nei verricelli esistenti, in associazione all’attuale sistema di frenatura (da mantenere comunque per ovvi motivi di sicurezza),

In questo caso, la frenatura può essere effettuata dalla plancia, dallo stesso operatore che attende alle altre operazioni.

Con tale modifica, inoltre, è possibile pensare a particolari servomeccanismi in grado di operare la sfrenatura in caso di sovraccarico nei cavi.

Sistemando infatti in un punto opportuno del tragitto dei cavi di traino della rete, un misuratore di carico di tipo elettrico [cella di carico] si ha la possibilità di raccogliere l’informazione del carico T presente nei cavi di traino e di inviarlo a un opportuno strumento dove viene confrontato con la soglia di carico To prefissata dall’operatore. Se il valore attuale T supera il valore della soglia To, la differenza T-To dà allora origine a una tensione elettrica che va ad agire sull’elettrovalvola inserita nel circuito di sfrenatura del tamburo, fa filare il cavo e quindi annulla la condizione di sovraccarico.

Contemporaneamente allo sblocco del tamburo, è possibile fare accendere una spia luminosa o attivare un segnale acustico.

I divergenti

 

Quando i divergenti della rete compaiono dall’acqua i marinai in servizio agli archetti non devono trovarsi vicino ad essi per evitare infortuni in caso di rottura dei cavi o delle funi. E’ permesso maneggiare il divergente solo quando esso arriva a bordo. Gli incidenti che si verificano durante la manovra dei divergenti possono essere di origine molto varia. Si distinguono:

o       urti causati da masse in movimento

o       schiacciamento, soprattutto delle mani tra il divergente e l’impavesata

o       trascinamento da parte di catene, cavi o ganci

o       cadute a bordo

o       cadute fuori bordo

Queste ultime in particolare possono aver luogo allorquando i marinai devono agganciare i divergenti agli archetti per evitarne lo sbattimento.

In tal caso si rendono necessarie diverse operazioni che particolari condizioni del mare potrebbero rendere abbastanza pericolose.



Il recupero della saccata

 

 

Fig. 6.2 – Sistema di blocco della saccata

 

 

 

Un momento particolarmente delicato dal punto di vista della sicurezza è quello in cui la saccata, giunta in corrispondenza della volta di poppa deve essere trasferita a bordo. Se le dimensioni di tale saccata sono rilevanti si effettuano i cosiddetti “tagli” al fine di effettuare un recupero graduale e compatibile con i sistemi di sollevamento disponibili a bordo. Usualmente si fa uso della “ghia” e delle campane di tonneggio.

Durante questa operazione è bene che i marinai stiano nei pressi della rete per il solo tempo strettamente necessario. Un’eventuale rottura della ghia potrebbe rinviare la saccata a mare e, con essa, i marinai che ne sono eventualmente a contatto. Bisogna fare attenzione pure al momento in cui la saccata è sollevata al bigo o alla gru (se c’è) o all’arcone.Un peso sospeso rappresenta un pericolo a bordo per diversi motivi: fa diminuire la stabilità dell’imbarcazione e inoltre, essendo libero di oscillare può essere causa di urto con i marinai. Una tale evenienza può essere scongiurata saldando sull’arcone un telaio come mostrato in fig. 3.18.

In tal caso, all’atto del recupero, la ghia viene fatta passare all’interno di tale telaio e la saccata, una volta sollevata, viene quasi premuta contro di esso e quindi tenuta ferma.

 

Layout del ponte di lavoro

 

Una delle esigenze maggiormente avvertite a bordo dei pescherecci è la possibilità di poter disporre di spazi sufficientemente adeguati per lo svolgimento della pesca.

Purtroppo, questa esigenza mal si concilia con l’attività della pesca che di per sé appare “disordinata” in ragione della presenza di elementi quali reti, cavi di acciaio, cavi misti, divergenti che, all’occorrenza devono essere manovrati in tempi molto brevi. Tutto ciò, è appena il caso di precisarlo, crea le premesse per l’instaurarsi di condizioni pericolo.

Molti pescherecci, specialmente quelli più vecchi hanno l’area di lavoro ostruita da due strutture: il cofano del motore di propulsione e/o il fumaiolo che contiene le condotte di scarico dei gas combusti.

Questo “layout” è stato pressoché imposto da oggettive situazioni progettuali. L’uso di motori

piuttosto pesanti e ingombranti ha fatto sì che il locale apparato motore dovesse adattarvisi. Oggi, la caduta dei preconcetti nei riguardi dei motori diesel semiveloci ha favorito la loro applicazione sempre più generalizzata a bordo delle navi da pesca con il vantaggio che essendo più compatti, a parità di potenza erogata, richiedono un minor volume.

Se questo fatto viene associato alla disposizione laterale del fumaiolo ne deriva un ponte di lavoro particolarmente sgombro dove possono trovare adeguata colorazione i macchinari ausiliari che servono allo svolgimento della pesca e inoltre, i pescatori possono circolare in un ambiente sgombro da ostruzioni.

Nella soluzione mostra in fig. 6.3, si nota la realizzazione di un ampio di lavoro completamente sgombro da ostruzioni varie, la sistemazione di un verricello salpatavi e di un tamburo avvolgerete. E’ interessante evidenziare che il trasferimento del pescato in stiva avviene attraverso un boccaporto praticato sul ponte di coperta con l’ausilio di un montacarichi addossato alla parete che facilita l’immissione delle casse di pesce dopo che è stato selezionato ed ivi indirizzato da un convogliatore motorizzato a rulli.

 

Fig. 6.3 – Lay-out del ponte di lavoro di un moderno peschereccio

 

 

7 - IMBARCO DI RESIDUATI BELLICI MEDIANTE RETI DA TRAINO

 

 

COSE DA FARE

PRECAUZIONI

 

L’ORDIGNO VIENE RILEVATO

prima del salpamento della rete a bordo

- sospendere le operazioni

-ammainare l’attrezzatura e rimorchiarla verso il porto più vicino

-   avvisare le autorità portuali fornendo il proprio punto nave

-   deporre la rete sul fondo e segnalarla con un gavitello

Tutte le comunicazioni via radio devono essere effettuate solo quando l’ordigno è ancora immerso in acqua per evitare l’esplosione di eventuali detonatori sensibili alle onde radio

 

 

A causa della differenza di pressione tra il fondale marino e la coperta dell’imbarcazione l’aggressivo contenuto in un residuato a carica chimica può fuoriuscire con violenza da qualsiasi apertura dell’involucro e  irrorare persone e cose.

 

 

Nella svestizione degli indumenti usati durante l’operazione di messa in sicurezza dell’ordigno bisogna fare attenzione alle tracce di aggressivo chimico che potrebbero contaminare le persone e l’ambiente.

Quando la rete è a bordo ma non ancora aperta

-riportare quanto prima la rete fuori bordo

-fare in modo che la poppa si trovi sottovento per sottrarre l’equipaggio a eventuali esalazioni

-chiudere tutte le porte e i boccaporti

-se dall’ordigno fuoriesce fumo bisogna irrorarlo con un getto d’acqua continuo, a bassa pressione

-indossare indumenti protettivi

-bonificare il personale e le attrezzature

Solo dopo l’apertura del sacco della rete

-avvolgere l’ordigno in un telo impermeabile

-indossare indumenti protettivi

-imbracare l’ordigno e portarlo fuori bordo

-eseguire le istruzioni dei due casi precedenti

-bonificare il personale e le attrezzature

-spegnere sigarette

-evitare urti e vibrazioni

-evitare di toccare l’ordigno con le mani

-non tentare di ripulire l’ordigno

 

OPERAZIONI DI BONIFICA

La maggior parte degli aggressivi chimici è in grado di penetrare la pelle molto rapidamente sfuggendo quindi a qualsiasi azione bonificante tardiva.BONIFICA

DEL PERSONALE

 

Deve essere praticata dai componenti dell’equi- paggio, adeguatamente protetti, che non hanno avuto contatti con il residuato.

 

 

 

-        eliminare le tracce di aggressivi chimici sulla pelle utilizzando tamponi di cotone idrofilo da applicare sulla parte colpita senza strofinare

-        applicare tamponi imbevuti di una soluzione di permanganato di potassio al 4‰

-        irrorare la pelle con acqua e sapone

-        lavare gli occhi con soluzioni di bicarbonato di sodio al 2%

-        fare gargarismi con soluzioni di bicar-bonato di sodio al 2%

 

DELLE SUPERFICI

 

-        applicare,sulle superfici contaminate, della sabbia asciutta o farina

-        applicare soluzioni di ipoclorito di sodio (candeggina) o soda caustica per la degradazione chimica dell’aggressivo

-        dopo qualche minuto risciacquare abbondantemente con getti di acqua calda e sapone da inviare fuoribordo

 

DEGLI  INDUMENTI

 

-        immergere gli indumenti per 24 ore in soluzioni di per-manganato di potassio al 4 o al 6‰

-        risciacquarli con acqua calda e sapone

-        esporli all’aria per lungo tempo.


8 - FATTORE UMANO ED AMBIENTALE

L’attività della pesca in mare comporta una serie di condizioni sfavorevoli che possono incidere sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori. Le condizioni sfavorevoli sono legate a diversi fattori di seguito elencati:

-   esposizione a condizioni macroclimatiche  e a perturbazioni atmosferiche;

-   residenza in ambienti confinati che limitano lo stato di benessere e di comfort, impongono restrizioni ergonomiche e spesso anche condizioni posturali sfavorevoli;

-   un elevato costo energetico del lavoro, notevole impegno muscolare con rilevanti sforzi, sia statici che dinamici, e notevoli sollecitazioni articolari;

-   modificazioni delle normali condizioni di vita e di lavoro, del regime alimentare, della durata del sonno, modificazione dei rapporti sociali e familiari ecc.;

-   esposizione ad agenti fisici tra cui si ricordano le radiazioni solari, esposizione a rumore, esposizione a vibrazioni, trasmesse a tutto il corpo, e a oscillazioni di bassa frequenza;

-   rischio infortunistico, contrassegnato da elevati tassi di mortalità.

Ogni anno, numerose navi vengono perse o seriamente danneggiate dal mare anche perchè, ridotte opportunità di pesca costringono le piccole imbarcazioni a spingersi piuttosto al largo dove però esse non sono in grado di far fronte a cattive condizioni di mare che possono verificarsi inaspettatamente.

Nel lavoro marittimo in generale e quindi anche in quello della pesca, il personale imbarcato è chiamato a fare dei turni che il rigore invernale rende particolarmente pesanti. Ciò induce il pescatore a fumare e a bere, con grave danno per la sua salute fisica e per le sue capacità di reazione a eventuali emergenze.

E’ per motivi come questi che molti degli infortuni che interessano navi da pesca spesso degenerano fino a provocare morti e feriti, dimostrando quanto decisiva sia l’influenza dei fattori umano ed ambientale.

Questi ultimi comprendono le condizioni meteo-marine, il rumore, i livelli di luminosità, le sistemazioni sulla nave, le attrezzature e i mezzi per il maneggio del pescato nonché i fattori ergonomici e fisiologici connessi.

Ai fattori umano ed ambientale si può addebitare anche la maggior parte delle avarie meccaniche e strutturali che, a loro volta, portano al verificarsi di disgrazie e incidenti.

Vi sono errori indotti da attrezzature o procedure mal progettate e che hanno luogo anche con persone che reagiscono in maniera normale e perfettamente naturale alla situazione che si presenta loro.

I sistemi di allarme possono essere difettosi oppure il capopesca e/o l’equipaggio possono omettere di agire in conseguenza del segnale avvertito.

In tal caso l’errore si verifica a prescindere dalla volontà dell’operatore; molto probabilmente si ripeterà e quindi è prevedibile.

Un’analisi approfondita dell’errore consente di constatare che la responsabilità di un fallo, inizialmente attribuita all’errore dell’operatore, può invece essere legata a cattivo progetto e/o a procedure sulle quali egli non può esercitare alcun controllo.

Molti di quei fattori del progetto che influenzano le condizioni ambientali hanno ricevuto insufficiente attenzione e devono essere studiati sia sul modello che sulla nave in vera grandezza. Alcuni di questi fattori sono:

-   rapporti dimensionali della nave e suoi movimenti in mare (moti di rollìo e di beccheggio, accelerazioni) che esercitano effetti contrari e sui quali non si hanno a disposizione indicazioni degne di menzione;

-   disposizione e sistemazioni soprattutto per ciò che riguarda i percorsi ottimali per  l’equipaggio nonché per il maneggio del pescato e della rete;

-   scelta e disposizione del macchinario, dell’attrezzatura, dei metodi di pesca e maneggio della rete;

-   scelta e disposizione della sala macchine e dei macchinari ausiliari;

-   riduzione del rumore;

-   illuminazione.

Ogni membro dell’equipaggio porta la responsabilità della sua propria sicurezza, di quella dei suoi compagni e di quella della nave.

Anche la nave costruita ed equipaggiata nella maniera migliore può rivelarsi rischiosa in funzione delle persone che la gestiscono. La conoscenza e la preparazione appaiono vitali.

Quando si afferma che molto resta da fare in materia di prevenzione degli infortuni nel settore della pesca ci si riferisce anche al ruolo che il fattore umano gioca in tutto il contesto.

Dalle considerazioni svolte emerge che il dare all’equipaggio una maggiore consapevolezza del proprio ruolo nella gestione della nave e quindi anche nella prevenzione degli incendi costituisce indubbiamente un  contributo essenziale per la loro protezione.

Purtroppo, a bordo delle navi da pesca la situazione è ben lungi dall’essere ideale. Accade spesso infatti che molti pescatori spesso manchino di conoscenze approfondite circa una corretta navigazione e non abbiano sufficientemente chiari i meccanismi che regolano la stabilità e l’operatività di una nave.

È confortante constatare come, da qualche tempo a questa parte, la prevenzione degli infortuni a bordo sia divenuta argomento  dei programmi di istruzione e sia stata prodotta una grande quantità di materiale didattico, per tutti i metodi di pesca.. 

Si avverte il bisogno di un comune approccio internazionale per ampliare il respiro dell’addestramento e per qualificare i pescatori in maniera quanto più completa possibile.

La formazione è una via privilegiata per la prevenzione di tanti incidenti nell’esercizio della pesca. La messa in atto di procedure sicure esige che l’uomo ai comandi valuti in maniera precisa i rischi dell’operazione e conosca perfettamente le manovre pericolose, quindi da non eseguire. La formazione è egualmente necessaria sia per i pescatori imbarcati sui piccoli pescherecci che per quelli imbarcati su pescherecci di dimensioni maggiori.

Anche il sistema di remunerazione dell’equipaggio ha influenza sulla sicurezza a bordo.

Nella pesca, infatti, a differenza di quanto avviene nella generalità delle imprese di produzione, il reddito dell’equipaggio non è prestabilito ma dipende sia dai ricavi lordi che si conseguono con le catture, sia da alcune voci di spesa che debbono essere sostenute per lo svolgimento dell’attività stessa.

Tale struttura è quella che sottende il contratto di lavoro cosiddetto “alla parte”. In pratica, esso prevede, nelle sue linee generali, che le spese relative al carburante, ai lubrificanti, al vitto dell’equipaggio, al ghiaccio ecc. siano a carico sia dell’armatore sia dell’equipaggio mentre a carico del solo armatore rimangono le spese per ammortamenti, riparazioni, contributi ed incentivi al personale imbarcato, per il retiere, per la gestione della nave ecc.

Quindi il ricavo netto [dato dal ricavo lordo conseguito con il pescato meno le spese sostenute in comune], rappresenta il reddito complessivo che sarà ripartito tra l’armatore e l‘equipaggio secondo la percentuale prevista dal contratto, normalmente pari al 50%.

Con questo tipo di contratto, il marinaio alla parte è direttamente interessato al risultato economico della pesca nonchè ad evitare quanto possa  rappresentare dei costi oltre che per l’armatore anche per se stesso. Di conseguenza, egli utilizza al massimo i fattori produttivi disponibili [il suo lavoro ed il capitale fornito dall’armatore] garantendone il più elevato grado di utilizzazione e di sfruttamento, spesso a detrimento della sua salute e delle sua  sicurezza.

Un tale contratto è quindi, nei fatti, disincentivante nei riguardi della sicurezza tanto più che esso non induce nemmeno l’armatore ad apportare, sulla sua imbarcazione, innovazioni tecnologiche che siano volte al miglioramento delle condizioni di lavoro o che tendano ad incrementare la produttività della sua nave.

Dalle considerazioni precedenti si trae che un armatore non sarà portato ad effettuare un qualsiasi investimento tecnologico a bordo se questo non gli consente di realizzare un vero e proprio salto di qualità. Riassumendo:

·      l’equipaggio, essendo compartecipe dei proventi, è portato a realizzare il maggior ricavo dall’attività di pesca noncurante delle condizioni in cui deve operare;

·      l’armatore non ha interesse a migliorare il livello tecnologico e tanto meno quello di sicurezza a bordo del suo peschereccio.

E’ quindi facile concludere che, in assenza di adeguati fattori correttivi esterni (intervento pubblico) a sostegno dell’introduzione di innovazioni tecnologiche nei pescherecci, l’attività della pesca troverà difficoltà a far fronte ad un mercato sempre più concorrenziale per la crescente presenza di prodotti ittici provenienti da altri Paesi e inoltre sarà destinata a svolgersi senza alcun miglioramento degli standard di sicurezza attuali.

  

CONCLUSIONI  E SUGGERIMENTI

 

Pur nella consapevolezza che il problema della sicurezza a bordo deve essere affrontato da diverse angolazioni, si ritiene di aver fornito comunque un contributo alla sensibilizzazione nei riguardi di un tema spesso non considerato nella sua giusta portata. Questo approccio alla sicurezza e alle condizioni di lavoro a bordo dei pescherecci ha consentito di formulare i seguenti suggerimenti:

1.    a livello di protezione individuale, si suggerisce all’equipaggio di indossare delle tute termoisolanti, munite di valvola idrostatica, capaci di mantenere a galla un marinaio nel caso di un’eventuale caduta in mare;

2.    si suggerisce ancora all’equipaggio di ancorarsi a punti fissi dell’imbarcazione mediante l’uso di cinture e di cavi, sia nelle piccole imbarcazioni, laddove si hanno due o anche una sola persona, sia nelle imbarcazioni maggiori, specie quando si maneggiano reti, divergenti, rapidi ecc. soprattutto in condizioni di mare particolarmente severe;

3.    sistemare, su ciascun lato della nave, delle scalette, fisse o retrattili, per favorire la risalita a bordo di un marinaio eventualmente caduto in mare;

4.    verificare sistematicamente lo stato di conservazione di cavi, funi e ganci con particolare riguardo ai punti di connessione di cavi con ganci [es. le ghie];

5.    migliorare l’isolamento acustico dei locali di alloggio dell’equipaggio rivestendo le paratie con materiali fonoassorbenti. In questo contesto, gli operatori in macchina dovrebbero prudenzialmente utilizzare delle cuffie;

6.    sistemare, lungo il tragitto dei cavi, degli strumenti di misura del carico presente nei cavi di traino associati a dispositivi di allarme ottici e/o acustici;

7.    installare delle telecamere per migliorare la visibilità delle varie zone della nave e permettere quindi il controllo delle varie operazioni della pesca anche dalla plancia;

8.    essendo la timoneria un locale di particolare importanza, dove il timoniere sosta per tutto il tempo della campagna di pesca, bisognerà fare in modo che egli abbia la possibilità di accedere ai vari comandi, pur stando seduto su una sedia con caratteristiche ergonomiche;

9.    sistemare a bordo dei misuratori di livello che segnalino la presenza di acqua in sentina nonché dei sensori di fumo nei locali soggetti a maggior rischio di incendi;

10.ispezionare periodicamente (con cadenza annuale) i macchinari e le attrezzature da pesca installate, da parte di tecnici che rilascino adeguata documentazione comprovante il loro stato di efficienza.

 

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