Funi di traino


Problematica
Nell’esecuzione delle varie manovre di pesca un ruolo fondamentale è ricoperto dalle funi metalliche che, ormai da parecchi decenni, costituiscono un elemento essenziale nell’attrezzatura di bordo. L’adozione di funi metalliche che possono sopportare, a parità di diametro, carichi enormemente superiori senza presentare alcun allungamento irreversibile, ha permesso una grande semplificazione delle attrezzature di bordo realizzando nel contempo una maggiore sicurezza.

La tecnologia non permetteva fino a qualche anno fa l’impiego di altri metalli che non fosse il normale acciaio zincato come protezione contro l’aggressione del salino. Ancora oggi, malgrado siano ormai di normale produzione funi in acciaio inox, che hanno una durata di quasi quattro volte superiore ai corrispondenti cavi in acciaio zincato, la maggioranza delle imbarcazioni da pesca preferisce i vecchi cavi zincati ai più moderni cavi inox.

Anche la scelta delle pulegge di rinvio è estremamente importante per consentire alla fune di lavorare correttamente ed ottenere quindi la massima durata. Il diametro della puleggia non deve mai essere inferiore a 25 il diametro del cavo.

I principali inconvenienti che si possono riscontrare nelle funi sono:
  • rotture di fili nell’anima metallica per eccessiva trazione
  • rotture di fili nei punti di contatto tra i trefoli e l’anima metallica
  • abrasione e deformazione plastica per eccessiva pressione tra le spire sul tamburo
  • abrasione e schiacciamento per eccessiva pressione sulle pulegge con fuoriuscita dell’anima tessile
  • rotture di fili per fatica a flessione
  • fuoriuscita dei fili interni dei trefoli per ripetute sollecitazioni a strappo
  • infiascatura per rotazione forzata della fune per gole troppo strette
  • corrosione
  • sfregamento sotto tensione su spigolo vivo
Se le forze esterne agenti su una fune sono tali da determinarne allungamenti maggiori di quelli consentiti, essa si rompe. A rottura avvenuta, l’energia potenziale elastica immagazzinata dal cavo sotto tensione viene immediatamente restituita sotto forma di energia cinetica che allontana violentemente le sezioni di rottura verso le estremità fisse del cavo stesso. E’ il cosiddetto colpo di frusta che può avere conseguenze disastrose se un marinaio si trova a transitare laddove esso si verifica.

I cavi di acciaio possono essere all’origine di infortuni gravi, per trascinamento dei marinai verso le pulegge e motori di trazione, per afferrature e trascinamento in mare, per le violente ripercussioni conseguenti ad un’eventuale loro rottura e, ancora, perché possono divenire sede di improvvise tensioni con accumulazione di considerevole energia elastica.

Descrizione soluzione e attrezzature necessarie
Le soluzioni tecniche da attuare per ridurre i rischi da rottura dei cavi contemplano i seguenti interventi:
  • riservare ai tragitti dei cavi degli spazi fisicamente separati dagli spazi di circolazione e di lavoro;
  • far passare i cavi all’interno di tubi [vedi figura] che, correttamente dimensionati e posizionati, proteggeranno efficacemente i marinai;
  • ridurre al minimo le lunghezze libere del cavo.
Si è notato che la maggior parte dei cavi presenti a bordo sono di diametro inferiore a quello che sarebbe necessario per avere un buon coefficiente di sicurezza.

E’ buona norma dimensionare il cavo tenendo conto di un coefficiente di sicurezza [almeno 4] certamente più elevato di quello attualmente adottato [circa 2] per poter far fronte tranquillamente sia ad eventuali condizioni di sovraccarico sia al logorìo del cavo stesso.


Protezione di cavi mediante tubi [Fonte: Andro, .....1993]


Nella pesca a strascico, non di rado si manifestano “afferrature sul fondo” per le reazioni della nave e delle funi allo scontro dell’attrezzatura di pesca trainata sul fondo.
La manovra di disincaglio consiste allora più spesso nel virare le funi con l’aiuto dei verricelli.
La nave indietreggia fino a portarsi sulla verticale dell’incaglio, il capopesca tenta di virare le funi alternativamente a destra e sinistra per quanto è possibile.
In questa situazione, lo sforzo di trazione è lo sforzo esercitato dai verricelli. Nel frattempo, il capopesca può aiutarsi con l’ondeggiare del mare virando al massimo nel cavo e bloccando i freni alla risalita dell’acqua.
Questa manovra comporta, al passaggio dell’onda montante, un’amplificazione importante degli sforzi sui cavi tesi.
Al fine di eliminare o almeno attenuare i rischi connessi con le varie manovre molto si può fare sia al fine di ottenere dal verricello salpacavi prestazioni più aderenti alle necessità di pesca, sia per rendere possibile il telecomando delle varie operazioni in vista di una centralizzazione dei loro comandi.
L’inserimento di un cilindro idraulico il cui azionamento provochi l’avvicinamento dei ceppi, può essere realizzato anche nei verricelli esistenti, in associazione all’attuale sistema di frenatura (da mantenere comunque per ovvi motivi di sicurezza). In questo caso, la frenatura può essere effettuata dalla plancia, dallo stesso operatore che attende alle altre operazioni. Con tale modifica, inoltre, è possibile pensare a particolari servomeccanismi in grado di operare la sfrenatura in caso di sovraccarico nei cavi. Sistemando infatti in un punto opportuno del tragitto dei cavi di traino della rete, un misuratore di carico di tipo elettrico [cella di carico] si ha la possibilità di raccogliere l’informazione del carico T presente nei cavi di traino e di inviarlo a un opportuno strumento dove viene confrontato con la soglia di carico To prefissata dall’operatore. Se il valore attuale T supera il valore della soglia To, la differenza T-To dà allora origine a una tensione elettrica che va ad agire sull’elettrovalvola inserita nel circuito di sfrenatura del tamburo, fa filare il cavo e quindi annulla la condizione di sovraccarico. Contemporaneamente allo sblocco del tamburo, è possibile fare accendere una spia luminosa o attivare un segnale acustico.

Allestimento, reperibilità e costi


Valutazione efficacia