REGIONE VENETO - UNITA'
LOCALE SOCIO SANITARIA N. 1 - BELLUNO
DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE
SERVIZIO DI PREVENZIONE
IGIENE E SICUREZZA NEGLI AMBIENTI DI LAVORO
Via S. Andrea, 8 Belluno -
tel. 0437/216927
- fax 0437/216923
e-mail:serv.spisal.bl@ulss.belluno.it
Belluno, agosto 2001
SOMMARIO
Il nostro Servizio ha svolto un’indagine di comparto nel
settore delle lavanderie a secco, ritenendolo interessante per la presenza di
alcuni fattori di rischio lavorativo spesso sottostimati o considerati di
scarsa rilevanza. In particolare sono
stati studiati:
-le condizioni lavorative delle Ditte del comparto;
-l’inquinamento ambientale da vapori di solvente
utilizzato dalle lavanderie (percloroetilene o PCE) ;
-l’assorbimento del solvente da parte dei lavoratori
esposti, tramite il dosaggio urinario del PCE stesso e del suo metabolita TCA
(acido tricloroacetico);
-lo stato di salute dei lavoratori esposti e la
presenza di sintomi rilevanti, correlabili con i fattori di rischio lavorativo
(soprattutto di tipo chimico, ma anche quelli legati a problemi ergonomici).
Gli obiettivi specifici della ricerca erano quelli di esaminare le
condizioni ambientali e lavorative delle lavanderie a secco che operano nel territorio della ULSS n° 1 di Belluno,
studiare lo stato di salute degli addetti e valutare l’esposizione occupazionale al percloroetilene.
Lo scopo finale era quello di realizzare un intervento
informativo:
a)per le imprese, fornendo loro le
principali indicazioni per realizzare le bonifiche migliorative;
b)per gli addetti, favorendo la
diffusione delle notizie sui rischi e sulle azioni preventive.
Le caratteristiche delle aziende del comparto sono state
raccolte attraverso sopralluoghi effettuati da personale tecnico del nostro
Servizio, le condizioni di salute degli addetti sono state esaminate da medici
del lavoro del Servizio utilizzando un questionario standardizzato per la
raccolta dei sintomi, l'esposizione (dose esterna) è stata stimata con
campionatori personali attivi e passivi e l'assorbimento personale mediante il dosaggio del TCA e del
percloroetilene urinari.
INTRODUZIONE
Nel settore terziario e dei
servizi in genere si presume che i rischi lavorativi siano di modesta entità;
tuttavia in un’attività come quella in esame esistono pericoli per la salute da
non sottovalutare:
- di tipo chimico
(utilizzo di solventi clorurati e smacchiatori, polveri contenenti silice per
la filtrazione del PCE, polveri e fibre)
- di tipo fisico
(microclima, illuminazione)
- di tipo infortunistico
(impianti elettrici, superfici calde e getti di vapori, organi in movimento non
protetti, sversamenti di sostanze pericolose)
-legati all' organizzazione
del lavoro (posizioni di lavoro non ergonomiche, fatica fisica e nervosa).
Il tetracloroetilene (più comunemente conosciuto come percloroetilene o PCE) rappresenta il
principale solvente attualmente utilizzato nelle lavanderie a secco. E’ un
solvente clorurato che bolle a 121°C, ma evapora facilmente già a temperatura
ambiente, con odore caratteristico (simile all’etere); i vapori sono più
pesanti dell’aria. Non è infiammabile,
ma non deve essere esposto ad alte temperature in quanto si decompone
facilmente producendo gas pericolosi
come il cloro, l’acido cloridrico, il fosgene. Viene assorbito principalmente
per via respiratoria, ma anche attraverso la pelle integra, in caso di contatto
diretto. Data la sua affinità per i lipidi, si accumula nei tessuti ricchi di
grasso, da cui viene eliminato lentamente. La principale via di eliminazione è
tramite le urine, sia come tale, che trasformato in altri composti (acido
tricloroacetico o TCA).
Gli effetti negativi principali sono:
-di tipo acuto:
irritazione degli occhi e delle vie respiratorie, dermatiti irritative ed
allergiche per contatto diretto con la pelle;
-di cronico: alterazioni
a carico del sistema nervoso centrale (stordimento, vertigini, ecc), danni al
fegato; Sono stati inoltre segnalati anche effetti riproduttivi, genotossici,
mutageni e cancerogeni.
L’esposizione a PCE non è il solo rischio presente nelle
lavanderie a secco: esistono anche i rischi posturali e da microclima per le
attività di stireria e i problemi legati all’organizzazione del lavoro e alle
caratteristiche dei locali.
Dall’esame della letteratura in materia si rileva che la
maggior parte degli studi è finalizzata allo studio dell’esposizione
occupazionale al PCE, mentre pochi prendono in considerazione gli altri rischi
e gli aspetti tecnologici e ambientali.
Gli studi consultati
mettono in evidenza le difficoltà incontrate nell’attuare programmi di
ricerca consistenti nel fatto che la maggior parte delle lavanderie sono
aziende a carattere familiare e vengono
condotte da una o due persone, rendendo complessa e laboriosa la raccolta di
campioni numerosi. Per lo stesso motivo anche
gli interventi di prevenzione, tecnici e informativi, risultano
scarsamente attuati, essendo la piccola realtà artigianale/familiare
difficilmente permeabile alle innovazioni legislative per il miglioramento
delle condizioni di salute dei lavoratori.
Gli obiettivi specifici che ci siamo proposti con questa
ricerca sono quelli di esaminare le condizioni ambientali e lavorative delle
lavanderie a secco che operano nel
territorio della ULSS n° 1 di Belluno, studiare lo stato di salute degli
addetti e valutare l’esposizione occupazionale
al percloroetilene. Lo scopo
finale è quello di realizzare: un intervento informativo: a) per le imprese,
fornendo loro le principali indicazioni per realizzare le bonifiche
migliorative; b) per gli addetti favorendo la diffusione delle notizie sui
rischi e sulle azioni preventive.
MATERIALI E METODI
Come accennato in precedenza l’obiettivo era quello di
arrivare a conoscere le condizioni ambientali di lavoro delle lavanderie a
secco presenti nel territorio e raccogliere informazioni sulla salute degli
addetti.
Al fine di raggiungere tale scopo, sono state svolte le seguenti
attività:
1.acquisizione dell’elenco delle Aziende del comparto,
tramite gli archivi della Camera di Commercio ed invio di una lettera
informativa alle Associazioni di categoria;
2.indagine
conoscitiva preliminare (sopralluogo) presso ciascuna Azienda per la raccolta
dei Dati generali aziendali, delle caratteristiche della lavorazioni e dei
locali di lavoro, secondo uno schema standardizzato;
3.effettuazione
dell’indagine ambientale per la determinazione della concentrazione di
percloroetilene aerodisperso e dell’esposizione personale degli addetti;
4.effettuazione
dell’indagine biologica, con prelievi di campioni di urine e dosaggio degli
indicatori di esposizione al PCE;
5.visita
medica mirata ai rischi lavorativi presenti e somministrazione di un
questionario per la rilevazione sia dei sintomi da esposizione a solvente, che
dei disturbi muscolo-scheletrici da posture obbligate e movimenti ripetitivi;
6.relazione
tecnica a ciascuna Azienda con l’esito degli accertamenti effettuati; verbale
di ispezione per la correzione delle situazioni carenti e l’imposizione delle
misure di bonifica o miglioramento delle condizioni di lavoro;
7.stesura
di una nota tecnica informativa per la conduzione della corretta attività
lavorativa, allo scopo di ridurre il più possibile i rischi lavorativi;
8.predisposizione
di un opuscolo informativo sintetico da divulgare fra gli addetti del comparto;
9.verifica
dell’attuazione delle disposizioni impartite;
La ricerca è stata avviata nel 1998; tra il 1998 e 1999
sono stati effettuati la maggior parte dei sopralluoghi nelle Aziende e le
relative indagini ambientali e
biologiche; nel 2000 si sono svolti i sopralluoghi di verifica di ottemperanza
delle disposizioni impartite alle Ditte ai fini dell’igiene e della sicurezza
del lavoro; nello stesso anno sono stati elaborati i dati ricavati
dall’indagine; infine, nei primi mesi del 2001 sono stati predisposti i
materiali informativi a scopo divulgativo ed è stata elaborata la relazione della
ricerca svolta.
1)Censimento delle aziende
Per avere la certezza di coinvolgere tutte le aziende del territorio
abbiamo acquisito dalla CCCIA locale gli indirizzi delle imprese aventi come
codice ISTAT di attività 93.01.2.
Trattandosi prevalentemente di imprese a conduzione
familiare, prive di dipendenti, il comparto non era mai stato oggetto di
controlli da parte del nostro Servizio, pertanto abbiamo ritenuto opportuno
presentare preventivamente il progetto di ricerca alle associazioni datoriali e ottenere la loro collaborazione
all’iniziativa (allegato n° 1).
2) Descrizione del comparto
Casistica
Il
comparto “lavanderie a secco” presente nel territorio dell’ULSS n. 1 è composto
di circa quaranta Ditte e da un centinaio di addetti. Nella maggior parte dei casi l’attività è condotta dal solo
titolare o con collaboratori familiari; le Ditte con personale dipendente sono
circa venti.
Una unica Ditta, inserita in una grossa realtà commerciale,
lavora a ciclo continuo, negli altri casi l’orario di lavoro è assimilabile a
quello degli esercizi commerciali (4 ore al mattino e 3 al pomeriggio); in un
altro caso, la lavatrice a secco è
inserita, a complemento dell’attività principale, in una grossa Azienda di
lavaggio ad acqua e stiratura industriale della biancheria a servizio di
alberghi e ristoranti di lusso (operanti a Venezia e a Cortina).
La presente indagine ha riguardato 38 Aziende, la quasi
totalità del comparto. La media del numero di addetti per ciascuna Azienda è
1,8.
Per ogni azienda è stato effettuato un sopralluogo da parte
di un tecnico esperto in impiantistica e antinfortunistica e un chimico
igienista industriale. Per ogni azienda è stata raccolta una scheda contenete
informazioni sulle caratteristiche degli ambienti di lavoro, prodotti impiegati
e tipo di macchine utilizzate (allegato n° 2).
Impianti
Per quanto riguarda la tecnologia degli impianti presenti
si è riscontrato che in più della metà
delle lavanderie (22 casi) le lavatrici utilizzate erano del tipo nuovo “a
circuito chiuso”. Questo impianto non prevede l’espulsione di vapori
nell’ambiente, ma è provvisto di un sistema di aspirazione del solvente
direttamente dal cestello e recupero verso il circuito interno della macchina.
L’età delle lavatrici utilizzate nelle aziende esaminate variava da un
minimo di 1 anno, fino ai 28 anni, ma nella maggior parte dei casi era di 10
anni.
Prodotti
Il percloroetilene è risultato essere l’unico solvente utilizzato nelle
lavanderie prese in esame. Il consumo medio annuale di percloroetilene, per
ciascuna lavanderia esaminata, varia da un minimo di 30-40 kg (in caso di
attività stagionale) ad un massimo di 1100 kg.
Tuttavia nella fase di pre-smacchiatura vengono utilizzati
molti altri composti potenzialmente nocivi: oltre a saponi dispersi in acqua o
in percloroetilene, diversi solventi organici (trielina, benzina) e altre
sostanze irritanti (acidi, ammoniaca) utilizzati per rimuovere macchie
particolari.
Altre materie prime comunemente impiegate all’interno della
macchina sono le polveri filtranti a base di composti inorganici naturali
(argilla, terra di diatomee), conosciute come “decalite” e “celite”: da queste
polveri originano i “fanghi” di risulta dall’attività di lavaggio, impregnati
di solvente e dello sporco grasso asportato dagli abiti.
Le polveri in questione contengono percentuali variabili
(fino al 63%) di silice libera cristallina, molto pericolosa per inalazione per
il rischio di silicosi e cancro ad elevate esposizioni. La nostra esperienza ha
messo in luce il fatto che tale rischio, potenzialmente presente durante la
manipolazione a secco, è sottovalutato dagli addetti i quali non conoscevano la
pericolosità del prodotto utilizzato nonostante che l’etichetta riportasse
correttamente le avvertenze del caso.
Locali
L’attività
si svolge in locali normalmente di esigue dimensioni, inserite nei centri
urbani, in adiacenza ad altre attività commerciali. In genere l’attività viene svolta in un unico locale dove si
riconosce una zona “banco consegna
capi” cui accede la clientela, e un laboratorio retrostante per le operazioni
di smacchiatura, stiratura, pulizia macchina, ecc.. La lavatrice a
percloroetilene si trova tra le due zone di lavoro e i due locali sono
separati, non fisicamente, ma solo visivamente con tende o simili.
Molto spesso l’ areazione naturale dei locali di lavoro è
carente, o per insufficiente finestrata, o perchè le vetrate presenti, seppur
di grande estensione superficiale, sono di tipo fisso, cioè non apribile. In qualche caso, a questa situazione
sopperisce la presenza di piccoli ventilatori a parete, di modesta portata.
Ciclo lavorativo
Il ciclo lavorativo che viene svolto normalmente è
riportato nello schema allegato n° 3 con la
sequenza delle fasi operative principali ed accessorie.
La persona che gestisce l’attività di norma esegue tutte le
fasi lavorative dal ricevimento dei capi da pulire alla stiratura, come pure le operazioni di manutenzione
dell’apparecchiatura.
3)
Indagine ambientale
Per l’indagine ambientale riguardante il percoloroetilene
aerodisperso sono stati effettuati:
-rilievi ambientali fissi con campionatori passivi a
simmetria radiale (“Radiello” della “Fondazione Clinica Salvatore Maugeri” di
Pavia ), lasciati nell’ambiente per il maggior tempo possibile (in genere metà
turno lavorativo, dalle 3 alle 4 ore);
-rilievi personali con fialette a carbone attivo,
tramite pompe portatili Zambelli mod. EGO, flusso 0,5 litri al minuto, per il
tempo corrispondente ad un ciclo di lavaggio (circa 1 ora); le postazioni di
lavoro scelte sono quelle corrispondenti alle mansioni svolte: “banco consegna
capi” e “stiratura” (quando queste sono suddivise tra diverse persone), ovvero
“mansioni varie” (quando l’attività è condotta da un unico addetto);
In totale sono stati effettuati 57 campioni con fialette e
21 rilievi con campionatore passivo.
I campionamenti sono stati effettuati dal chimico igienista
del Servizio, coadiuvato dal personale tecnico. L’analisi, sia delle fialette
che dei “Radielli”, è stata eseguita
con tecnica cromatografica GC-FID.
La
determinazione analitica del percloroetilene è stata effettuata dal con tecnica
cromatografica HS-GC/ECD dal laboratorio chimico ambientale dell’ ARPAV – Dipartimento Provinciale di Belluno.
I
valori presi come riferimento sono quelli previsti dall’Associazione degli
Igienisti Industriali per il PCE aerodisperso
per il 2000:
TLW-TWA (media delle otto ore lavorative) = 170 mg/mc;
TWA-STEL (intervalli di breve durata) = 685 mg/mc.
4)
Indagine biologica
Per l’indagine biologica sono stati effettuati prelievi urinari su 57
addetti. Il monitoraggio biologico è consistito nel dosaggio della escrezione
urinaria di PCE immodificato e del metabolita considerato più significativo,
l’acido tricloroacetico (TCA). I
campioni di urina sono stati raccolti direttamente sul posto di lavoro, alla
fine di un emiturno lavorativo, preferibilmente a fine giornata o comunque dopo
almeno 4 ore di lavoro. I prelievi sono stati effettuati dalle Assistenti Sanitarie
del Servizio, che in precedenza avevano provveduto a dare precise istruzioni
agli interessati. Entro 2-4 minuti dalla minzione, un’aliquota (2 ml) di urina
è stata trasferita in contenitori di vetro,
fiale “Vials” da 5 ml, con tappo a tenuta per il dosaggio del PCE; i
contenitori sono stati poi mantenuti
refrigerati fino al dosaggio analitico. L’ analisi per il dosaggio del
PCE e del TCA è stata condotta con tecnica cromatografica HS-GC/ECD dal
laboratorio chimico ambientale dell’ ARPAV –
Dipartimento Provinciale di Belluno.
I
limiti biologici presi a riferimento sono quelli previsti dall’Associazione
degli Igienisti Industriali per il TCA e quello proposto da Imbriani per il PCE
urinario.
BEI TCA urinario (ACGIH, 2000) = 3,5 mg/l
BEI PCE urinario (Imbriani, 1994) = 55 ìg/l
6)
indagine sanitaria
La quasi totalità degli addetti (47 persone) ha aderito al
programma sanitario che consisteva nell’effettuazione della visita medica
mirata ai rischi lavorativi delle lavanderie, l’esecuzione di una spirometria e la somministrazione di un questionario per la rilevazione sia dei
sintomi da esposizione a solvente, che dei disturbi muscolo-scheletrici da
posture obbligate e movimenti ripetitivi (allegato n°4). Le visite mediche sono state
effettuate dai medici del Lavoro del Servizio SPISAL presso gli ambulatori del
Servizio in orari concordati con gli interessati.
Le principali caratteristiche generali del campione sono
riportate nella tabella 1.
Sesso: maschi femmine
9 38
Età
(anni): media DS
45,5 14,7
Anzianità
lavorativa (anni) media DS
13,8 11,1
Abitudine
al fumo (sigarette/die) n° fumatori media DS
12 15 5
16 25,7 15,5
*il valore rappresenta la quantità
di etanolo puro calcolata dal consumo di tutte le bevande alcoliche
RISULTATI
Nella tabella 2 sono riportati i valori medi e mediani
e il range degli indicatori di
esposizione ambientale a PCE
Tabella
2: Risultati del monitoraggio ambientale (concentrazione TWA di PCE in mg/mc)
|
N° misure |
Media |
DS |
Mediana |
Range |
Centro
ambiente (Radiello) |
21 |
82,5 |
141,3 |
36 |
3,3 –
629 |
Personali
durante le operazioni di lavaggio |
57 |
124,9 |
142,7 |
63,5 |
1,7 –
672 |
Di
cui effettuate su: |
|
|
|
|
|
Addetto stiratura |
27 |
123,9 |
134,5 |
63,8 |
1,7 –
405 |
Addetto banco di consegna |
30 |
126,2 |
153,9 |
68,2 |
3 – 672 |
Come si può notare la concentrazione media del PCE
ambientale nelle lavanderie esaminate
varia da un minimo di 3,3 ad un massimo di
629 milligrammi /metrocubo (mg/mc), con una media di 82,5 mg/mc ed una
deviazione standard di 141,3; la
mediana è di 36 che rappresenta il 21% del TLV considerato (170 mg/mc) per le
otto ore. Nella maggioranza delle
lavanderie l’inquinamento ambientale è rilevante e nel 25% delle misurazioni
ambientali è risultato molto vicino o addirittura superiore al TLV-TWA, come
viene meglio evidenziato dal grafico seguente.
Grafico
1: Concentrazioni di PCE centro ambiente
Anche l’esposizione personale al PCE aerodisperso durante
le operazioni di lavaggio presenta un intervallo molto ampio: da 1,7 a 672
mg/mc, la media è pari a 124,9 mg/mc con una deviazione standard di 143,7. La
mediana raggiunge i 63,5 mg/mc che rappresenta il 37% del TLV. I rilievi
effettuati contemporaneamente sull’addetto al banco consegna e sull’addetto
alla stiratura indicano che l’esposizione non è legata tanto alla mansione,
quanto alla vicinanza tra il posto di stiratura e la lavatrice ed al fatto che entrambi gli operatori eseguono
l’operazione di carico-scarico dei capi. Nella maggior parte delle attività i
locali sono di dimensioni ridotte e non vi è una netta separazione tra zona
consegna capi e il laboratorio; spesso la lavatrice è immediatamente dietro il
banco consegna. Ciò rende ragione del fatto che, nella maggior parte dei casi,
non ci sono grosse differenze fra le due postazioni di lavoro, come si nota dal
grafico seguente.
Grafico
2: Concentrazioni di PCE personali per mansioni di stiratura e banco consegna
Nella tabella 3 sono riportati
i risultati del monitoraggio biologico, espressi in valori medi e
mediani e nel range degli indicatori misurati alla fine di un emiturno
lavorativo: percloroetilene e acido tricloroacetico urinari.
Tabella
3: risultati del monitoraggio biologico (PCE= percloroetilene, TCA= acido
tricloroacetico)
|
N° soggetti |
Media |
DS |
Mediana |
Range |
PCE ìg/l |
57 |
29,6 |
20 |
28 |
1,5 –
84 |
TCA
mg/l |
57 |
1,21 |
1,36 |
0,7 |
0,2 –
6,5 |
I risultati dell’ indagine biologica confermano i dati
ambientali, evidenziando in una larga parte della popolazione esposta un
superamento dei limiti biologici considerati. Infatti, per quanto riguarda il
PCE urinario (PCE-U), la concentrazione mediana, pari a 28 µg/l, rappresenta il
51% del limite biologico considerato (55 µg/l, Imbriani 1994), mentre per il
TCA la mediana fornisce valori più bassi attestandosi al 20% del BEI di 3,5
mg/l (ACGIH 2000). Nei grafici 3 e 4 sono stati visualizzati i risultati dei campionamenti
effettuati.
Grafico
3: Concentrazione di PerCloroEtilene
urinario negli addetti
Grafico
4: concentrazione di acido
TriCloroAcetico urinario negli addetti
E
stata tentata anche una analisi statistica calcolando le correlazioni tra le
concentrazioni ambientali di PCE e i valori degli indicatori biologici di
esposizione studiati, ma non abbiamo ottenuto risultati significativi. I motivi
di tale andamento anomalo possono essere stati i seguenti:
-non è stato possibile, dal punto di vista
organizzativo, effettuare i prelievi urinari lo stesso giorno in cui è stata
effettuata l’indagine ambientale;
-trattasi di Aziende, come detto, a conduzione
familiare, l’attività varia di giorno in giorno (ad esempio: lavaggio in corso
a giorni alterni);
-per ogni Azienda i dati ambientali rilevati sono
unici, pertanto soggetti a notevole errore statistico.
Indagine
sanitaria
I principali disturbi lamentati dalla popolazione esaminata
sono riportati nella tabella 4.
Tabella
4: risultati del questionario: sintomi lamentati dagli addetti alle
lavanderie a secco
Disturbo |
N° e % di soggetti con sintomatologia |
N° e % di soggetti senza
sintomatologia |
Stanchezza |
11
(23%) |
36 (77%) |
Vertigini |
5 (11%) |
42 (89%) |
Mal di testa |
15
(32%) |
32 (68%) |
Irritaz. occhi |
9 (19%) |
38 (81%) |
Irritaz.mucose |
1 (2%) |
40 (98%) |
stordimento |
2 (5%) |
37 (95%) |
Dermat.irritativa |
5 (11%) |
42 (89%) |
Dermat.allergica |
1 (2%) |
46 (98%) |
Mal di schiena |
19
(40%) |
28 (60%) |
Blocco articolare |
9 (19%) |
38 (81%) |
Formicolii |
6 (13%) |
41 (87%) |
Tremori |
0 |
47 (100%) |
Nausea |
3 (7%) |
38 (93%) |
Senso pesantezza arti inf. |
21
(45%) |
26 (55%) |
Gonfiore arti inf. |
12
(26%) |
35
(74%) |
Varici arti inf. |
8 (17%) |
39
(83%) |
Il campione esaminato risulta essere composto da soggetti in buona
salute: solo una piccola percentuale degli addetti alle lavanderie lamenta
disturbi correlabili con la mansione lavorativa. I disturbi attribuibili a esposizione prolungata a PCE (mal di
testa, stordimento, vertigini, nausea) sono poco rappresentati mentre prevalgono
quelli legati alla postura (senso di pesantezza, gonfiore e varici agli arti
inferiori per la prolungata stazione eretta assunta durante la stiratura. Anche
i dolori al rachide e i blocchi articolari prevalenti alle articolazioni della
spalla e del gomito sono riconducibili alla postura e movimentazioni non
ergonomiche tipiche della mansione di stiratura. Poco significativi risultano i
disturbi di tipo irritativo sia della cute che delle mucose; invece,
relativamente più numerosi sono stati quelli attribuiti agli occhi, associati
ad una prolungata operazione di stiratura.
Si sono, inoltre, cercate eventuali correlazioni
statistiche fra i disturbi dichiarati e gli indici di esposizione ambientale,
ma non si è trovata alcuna differenza statisticamente significativa
confrontando la presenza o l'assenza dei sintomi fra il gruppo degli esposti
(superamento del TLV e/o BEI) e quello dei non esposti. Questo comportamento
potrebbe trovare spiegazione nel fatto che l'indagine ambientale effettuata
rappresenta una fotografia estemporanea dell'inquinamento di una giornata, ma
non è rappresentativa di un'esposizione cronica; oppure nelle sottovalutazione
del problema da parte degli intervistati per carenza di informazioni sul
rischio.
CONCLUSIONI
La presente ricerca ha permesso di valutare la presenza dei rischi
lavorativi nelle attività di lavasecco; in particolare l’indagine ambientale ha
evidenziato la rilevanza del rischio da esposizione a percloetilene, mentre
l’indagine sanitaria ha messo in luce anche le altre problematiche pericolose
per la salute degli addetti in primo luogo i rischi di tipo ergonomico.
Per quanto riguarda il rischio da esposizione al PCE, si
ritiene che esso sia strettamente collegato a:
-locali di piccole dimensioni, poco ventilati;
-impianti di lavaggio di vecchia costruzione (più di
20 anni);
-operazioni accessorie (pulizia e manutenzione della
macchina, raccolta fanghi) svolte durante l’orario di lavoro;
-elevato carico di lavoro.
Relativamente al problema delle posture nella postazione di
stiratura, si è visto che esso dipende dall’utilizzo di attrezzature non
ergonomiche quali tavoli da stiro fissi non regolabili in altezza, assenza di
pedane e ferri da stiro privi di dispositivi di bilanciamento.
L’aver individuato le carenze e le relative misure
correttive ci ha permesso di preparare
il materiale informativo e divulgativo che costituivano le ultime fasi della
ricerca (vedi punti 6, 7, 8 e 9 delle fasi della ricerca).
6)
Relazione alle aziende
In seguito all’intervento ad ogni singola Azienda è stato inviato un
verbale di ispezione contenente i risultati delle indagini svolte e le
conseguenti disposizioni migliorative ritenute necessarie per il contenimento
dei rischi lavorativi; in particolare, in molte Aziende, si è reso necessario
far migliorare le condizioni di ventilazione ed i ricambi d’aria ambientali per
la presenza di vapori di percloroetilene.
7)
Nota tecnica informativa
Per favorire la divulgazione delle informazioni tecniche a
tutte le imprese del comparto è stata predisposta una nota informativa per la
corretta conduzione delle attività di lavanderia a secco (allegato n°5). La nota
contiene indicazioni tecniche e normative ed è indirizzata ai datori di lavoro
delle imprese di lavanderia a secco. Oltre alle aziende, la nota è stata
inviata anche alle associazioni di
categoria che hanno collaborato a sensibilizzare gli imprenditori sul problema
del miglioramento degli ambienti lavorativi.
8)
Opuscolo informativo
Oltre alle indicazioni di carattere tecnico-impiantistico,
più mirato ai datori di lavoro, abbiamo ritenuto importante preparare anche un
materiale divulgativo sintetico rivolto agli addetti sui principali rischi
lavorativi presenti nelle lavanderie a secco (allegato
n°6). Il pieghevole verte prevalentemente sul rischio da
esposizione a percloroetilene, perché i dati della nostra ricerca hanno
dimostrato che si tratta del rischio più importante nel comparto. Inoltre, la
gravità degli effetti a lungo termine rendeva necessario un intervento di
sensibilizzazione per gli addetti sui rischi a cui erano esposti. Infine, si è
ritenuto importante segnalare i rischi per le donne in gravidanza in quanto la
popolazione esaminata era composta prevalentemente da personale femminile.
9)
sopralluoghi di verifica
Alla fine del periodo concesso per l’attuazione degli interventi
correttivi è stato effettuato un sopralluogo di verifica. Tutte le aziende
visitate avevano provveduto a migliorare le condizioni ambientali e di lavoro
secondo le nostre indicazioni.
Allegati:
1)copia
della lettera inviata alle Associazioni Imprenditoriali;
2)Scheda
per la raccolta standardizzata dei dati presso le Ditte;
3)Schema
del ciclo produttivo;
4)Questionario
per la rilevazione dei disturbi;
5)Nota
circolare “misure di prevenzione per l’attività di lavasecco”;
6)Opuscolo
informativo;
BIBLIOGRAFIA
E. Bellotto, G. Tessadri,
A Volpato et al: Indagini igienistico-sanitarie nelle lavanderie a
secco. Atti Convegno Nazionale
EPASA/CNA e SNOP, Pesaro, 13-15 marzo 1991: 523-532.
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ambientale e biologico dell’esposizione occupazionale a percloroetilene nelle
lavanderie a secco. Med Lav 1997; 88, 1:24-36.
M. Imbriani, S. Ghittori, S. Pezzagno et al: Urinary
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occupational exposure. Arch
Environ Health 1988; 43: 292-297.
A. Mattioli, R. Franceschini, F. Merendoni et al: Indagine
sui livelli di esposizione a percloroetilene
nel comparto delle lavanderie
artigiane. Atti 56° Congresso SIMLII Venezia 20-23 ottobre 1993; 771-764.
S. Mattioli, C. Giacomini, M.L. Gametti et al: Indici
sintetici di rischio osteorticolare valutati su di un gruppo di stiratrici.
Atti 56° Congresso SIMLII Venezia 20-23 ottobre 1993; 1289-1292.
W. Popp, G. Muller, B.
Baltes-Schmitz et al: Concentrations of tetrachloroethene in blood and
trichloroacetic acid in urine in workers and neighbours of dry-cleaning shops.
Int Arch Occup Environ Health 1992; 63: 393-395.
G. Spinatonda, R. Colombo, E.M. Capodaglio et al: studio
dei processi di produzione della parola: applicazione in un gruppo di soggetti
esposti cronicamente a solventi organici. G. Ital. Med. Lav. Erg. 1997; 19:
85-88.
W. Volken, M. Friedewald, E. Lederer et al:
Biotransformation of perchloroethene: dose-dependent excretion of
trichloroacetic acid, dichloroacetic acid, and
N-acetyl-S-(trichlorovinyl)-L-cisteine in rats and humans after inhalation. Toxicology and applied Pharmacology 1998; 153: 20-27.
DEPOSITO
PRE-SMACCHIATURA
DEPOSITO CONSEGNA CAPI
All. 2/A
ISTITUTO SUPERIORE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA
DEL LAVORO
I.S.P.E.S.L. PROGETTO
SI.PRE. REGIONI
BANCA NAZIONALE DEI PROFILI DI RISCHIO DI COMPARTO
1. COMPARTO |
LAVANDERIE E STIRERIE ARTIGIANE
|
2. CODICI ISTAT |
9301 |
|
|
|
|
|
|
|
3. CODICE ISPESL |
|
(riservato all’ufficio)
ZONA DI RILEVAZIONE
4. NAZIONALE: |
|
5. REGIONALE |
|
6. PROVINCIALE |
|
7. USL |
N° 1 BELLUNO – Regione Veneto |
8.ANNO DI RILEVAZIONE |
1 |
9 |
9 |
9 |
|
|
|
||
9. NUMERO ADDETTI: |
|
|
||
|
|
|
||
9A. IMPIEGATI: |
/ |
uomini donne |
||
80 |
|
|
||
9B. OPERAI: |
20 |
uomini donne |
||
|
|
|
40
10. NUMERO AZIENDE :
All. 2/B
|
|
||
11. STRUTTURA DI RILEVAZIONE |
SPISAL
– DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE |
||
|
|
||
|
ULSS 1 BELLUNO |
||
12. REFERENTE: DOTT.SSA
DANIELA MARCOLINA
INDIRIZZO: |
VIA S. ANDREA, n° 8 |
||
|
|
||
CAP: |
32100 |
|
|
|
|
||
CITTA’: |
BELLUNO |
||
|
|
||
PROVINCIA: |
BL |
|
|
|
|
||
TELEFONO: |
0437 216927 |
|
|
|
|
|
|
FAX: |
0437 216923 |
|
|
|
|
|
|
E-MAIL: |
|
||
13. INFORTUNI: vedi tabella
TOTALE: |
|
DI CUI MORTALI |
|
14. MALATTIE PROFESSIONALI:
vedi tabella
DENOMINAZIONE |
N° CASI |
COD. INAIL |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Anni |
n. addetti |
n.
infortuni denunciati |
n. M.P.
denunciate |
1996 |
125 |
3 |
0 |
1997 |
138 |
6 |
0 |
1998 |
137 |
2 |
0 |
1999 |
138 |
3 |
0 |
2000 |
* |
6 |
1 |
* i dati
relativi all’anno 2000 non sono tuttora disponibili
NOTE:
All. 3
ISTITUTO SUPERIORE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA
DEL LAVORO
I.S.P.E.S.L. PROGETTO SI.PRE. REGIONI
BANCA NAZIONALE DEI PROFILI DI RISCHIO DI COMPARTO
|
|
|
|
1. COMPARTO: |
LAVANDERIE E STIRERIE ARTIGIANE |
|
|
|
|
|
|
2. FASE DI LAVORAZIONE: |
LAVASECCO |
|
|
|
|
|
|
3. COD.INAIL: |
8260 |
|
|
|
|
|
|
4. FATTORE DI RISCHIO: |
PERCLOROETILENE (agenti chimici, sostanze pericolose) |
|
|
|
|
|
|
5. CODICE DI RISCHIO |
|
|
|
(riservato all’ ufficio) |
|
|
|
|
|
|
|
6. N. ADDETTI: |
100 |
|
|
|
|
|
|
3.
DOCUMENTO
FASE / FATTORE DI RISCHIO
FASE 1: ACCETTAZIONE E
CONSEGNA CAPI
CAPITOLO 1: LA FASE DI
LAVORAZIONE
E’ la prima fase lavorativa e consiste nel ricevimento
manuale dei capi sporchi da lavare. E’ effettuata da un’unica persona che
svolge le seguenti operazioni:
-
Controlla visivamente
il capo da lavare (tipo di indumento, di tessuto, la presenza di macchie
particolari);
-
appone un’etichetta, di solito tramite cucitrice,
all’interno del capo;
-
pone l’indumento in
cesti, smistando i capi in base al tessuto, al colore, ecc.
Presso il banco di accettazione avviene anche la consegna
al cliente dei capi lavati.
Si precisa che l’attività indagata si svolge in locali
normalmente di esigue dimensioni, inserite in centri abitati tra altre attività
commerciali; in genere è presente la zona accettazione/consegna capi cui accede
la clientela, ed un laboratorio retrostante per le operazioni di smacchiatura,
stiratura, pulizia macchina, ecc.; la lavatrice si trova a ridosso delle due
zone di lavoro ed i due locali sono separati, non fisicamente, ma solo in parte
(tendine e simili).
CAPITOLO 2: ATTREZZATURA, MACCHINE, IMPIANTI
Nessuna attrezzatura di lavoro di interesse, per la
mansione specifica.
Tuttavia, subito dietro il banco accettazione/consegna, è
presente, nella maggior parte delle Aziende esaminate, la lavatrice a
tetracloroetilene (“percloroetilene”), il che causa un’esposizione al solvente
da parte degli addetti a questa mansione.
Per le caratteristiche delle macchine lavatrici, vedere la
fase specifica “LAVAGGIO”.
CAPITOLO 3:
FATTORE DI RISCHIO
Per
la fase di “accettazione” un rischio potenziale è il rischio biologico (agenti
infettivi) dovuto alla manipolazione di indumenti sporchi di varia provenienza
ed uso.
Non è stato stimato questo tipo di rischio, che, comunque,
si ritiene difficilmente misurabile; l’approccio preventivo al problema è stato
l’ uso di guanti leggeri, ma impermeabili, nella manipolazione di indumenti
particolari o di dubbia provenienza.
Nella postazione di lavoro indicata come “banco consegna” è
stata misurata invece l’esposizione indiretta al solvente, dovuta alla presenza
della lavatrice a percloroetilene proprio a ridosso del banco.
Per l’indagine ambientale sono stati effettuati:
-
rilievi ambientali fissi, a centro ambiente, con
campionatori passivi a simmetria radiale (“Radiello” della “Fondazione Clinica
Salvatore Maugeri” di Pavia), lasciati nell’ambiente per il maggior tempo
possibile (in genere metà turno lavorativo);
-
rilievi personali con fialette a carbone attivo, tramite
pompa portatile Zambelli mod. EGO, flusso 0,5 litri/minuto, per il tempo
corrispondente ad un ciclo di lavaggio (circa 1 ora); le postazioni di lavoro
scelte sono quelle corrispondenti alla mansione svolta, in questo caso “banco
consegna capi".
I campionamenti sono stati effettuati dal chimico igienista
del Servizio, coadiuvato dal personale tecnico.
L’analisi, sia dei “Radielli” che delle fialette, è stata
eseguita con tecnica cromatografica GC-FID da parte del laboratorio chimico
dell’ARPAV –Dipartimento Provinciale di Belluno.
I valori presi come riferimento sono quelli previsti
dall’Associazione Italiana degli Igienisti Industriali (anno 2000), e
precisamente:
TLW - TWA (media delle otto ore lavorative) = 170 mg/mc;
TWA – STEL (intervalli di breve durata) = 685 mg/mc.
Risultati
dell’indagine ambientale:
1) Concentrazione ambientale di PCE con rilievo fisso a
centro ambiente, per un tempo di 3-4 ore:
N.
misure |
Valore
medio (mg/mc) |
Deviazione
standard |
Mediana |
Range |
Riferimento
(TLV) |
20 |
97 |
147,7 |
45,9 |
3,31-629 |
170 |
Tabella
1
Come si vede, la concentrazione del solvente nell’ ambiente
è inferiore al TLV, ma non è trascurabile (mediamente 57,1% del TLV), inoltre i
valori presentano una grande variabilità (fino a 629 mg/mc, pari al 370% del
TLV).
2) Misura dell’esposizione al solvente clorurato, per
l’addetto al “banco consegna”:
N.
misure |
Valore
medio (mg/mc) |
Deviazione
standard |
Mediana |
Range |
Riferimento
(TLV) |
31 |
123,9 |
151,7 |
65,5 |
3-672 |
170 |
Tabella
2
L’esposizione personale degli addetti è notevole (in media
raggiunge il 73% del TLV) con punte ben più elevate (672 mg/mc).
Sui lavoratori addetti è stata anche effettuata un’indagine
biologica, cioè la ricerca e il dosaggio nelle urine del PCE immodificato e del
metabolita considerato più significativo, l’acido tricloroacetico (TCA).
Non è stato possibile suddividere i lavoratori per mansioni
specifiche, in quanto, trattandosi di Aziende con 1-2 addetti, spesso a
conduzione familiare, le mansioni non sono fisse.
Per tale motivo i valori biologici di esposizione saranno
illustrati nell’ambito della fase “lavaggio”.
Oltre all’ indagine ambientale e biologica, è stata
effettuata anche un’ indagine sanitaria comprendente un campione di lavoratori
con le seguenti caratteristiche:
SESSO |
Maschi:9 |
Femmine:38 |
|
ETA’ (anni) |
Media: 45,5 |
DS: 14,7 |
|
ANZIANITA’ LAVORATIVA (anni) |
Media: 13,8 |
DS: 11,1 |
|
ABITUDINE AL FUMO (sigarette/die) |
N° fumatori:12 |
Media: 15 |
DS: 5 |
ASSUNZIONE DI ALCOOLICI (g/die, in etanolo puro calcolato
dal consumo di tutte le bevande alcooliche) |
N° bevitori: 16 |
Media: 25,7 |
DS: 15,5 |
Tabella 3
Il programma sanitario proposto consisteva in:
-
effettuazione della visita medica mirata ai rischi
lavorativi presenti nel comparto;
-
esecuzione di una spirometria;
-
somministrazione di un questionario per la rilevazione sia
dei sintomi da esposizione a solvente, che dei disturbi muscolo-scheletrici da
posture obbligate e movimenti ripetitivi.
Anche in questo caso non vi è una classificazione per
mansione specifica perché gli addetti eseguono tutte le varie operazioni; i
risultati esposti sono pertanto relativi all’intero gruppo indagato.
Risultati del questionario:
sintomi lamentati dagli addetti alle lavanderie a secco
DISTURBO |
N. e % di soggetti con
sintomatologia |
N.
e % di soggetti senza sintomatologia |
Stanchezza |
11(23%) |
36(77%) |
Vertigini |
5 (11%) |
42
(89%) |
Mal di testa |
15
(32%) |
32
(68%) |
Irritazione agli occhi |
9 (19%) |
38
(81%) |
Irritazione alle mucose |
1 (2%) |
40
(98%) |
Stordimento |
2 (5%) |
37
(95%) |
Dermatite irritativa |
5 (11%) |
42
(89%) |
Dermatite allergica |
1 (2%) |
46
(98%) |
Mal di schiena |
19
(40%) |
28
(60%) |
Blocco articolare |
9 (19%) |
38
(81%) |
Formicolii |
6 (13%) |
41
(87%) |
Tremori |
0 |
47
(100%) |
Nausea |
3 (7%) |
38
(93%) |
Senso pesantezza arti inferiori |
21
(45%) |
26
(55%) |
Gonfiore arti inferiori |
12
(26%) |
35
(74%) |
Varici arti inferiori |
8 (17%) |
39
(83%) |
Tabella 4
Il campione esaminato risulta essere composto da soggetti
in buona salute: solo una piccola percentuale degli addetti alle lavanderie lamenta
disturbi correlabili con la mansione lavorativa. I disturbi attribuibili a
esposizione prolungata a PCE (mal di testa, stordimento, vertigini, nausea)
sono poco rappresentati, mentre prevalgono quelli legati alla postura (senso di
pesantezza, gonfiore e varici agli arti inferiori) (vedi anche alla fase
“STIRATURA”).
Si sono, inoltre, cercate eventuali correlazioni
statistiche fra i disturbi dichiarati e gli indici di esposizione ambientale,
ma non si è trovata alcuna differenza statisticamente significativa
confrontando la presenza o l’assenza
dei sintomi fra il gruppo degli esposti (superamento del TLV e/o del
BEI) e quello dei non esposti. Questo comportamento potrebbe trovare
spiegazione nel fatto che l’indagine ambientale effettuata rappresenta una
fotografia estemporanea dell’inquinamento di una giornata, ma non è
rappresentativa di un’esposizione cronica; oppure nella sottovalutazione del
problema da parte degli intervistati per carenza di informazioni sul rischio.
Non sono disponibili dati epidemiologici per la realtà
specifica.
In base alle caratteristiche tossicologiche del
percloroetilene è possibile prevedere il tipo di alterazioni d’apparato od
organo che si possono verificare per lunghe esposizioni a basse concentrazioni,
ovvero effetti acuti per esposizioni di breve durata ad elevate concentrazioni
(ad esempio, in caso di spandimenti accidentali di solventi).
Il tetracloroetilene (più comunemente conosciuto come percloroetilene o PCE) rappresenta il
principale solvente attualmente utilizzato nelle lavanderie a secco.
E’ un solvente clorurato che bolle a 121°C, ma evapora
facilmente già a temperatura ambiente, con odore caratteristico (simile
all’etere); i vapori sono più pesanti dell’aria. Non è infiammabile, ma non
deve essere esposto ad alte temperature in quanto si decompone facilmente
producendo gas pericolosi come il cloro, l’acido cloridrico, il fosgene. Viene
assorbito principalmente per via respiratoria, ma anche attraverso la pelle
integra, in caso di contatto diretto.
Data la sua affinità per i lipidi, si accumula nei tessuti
ricchi di grasso, da cui viene eliminato lentamente. La principale via di
eliminazione è tramite le urine, sia come tale, che trasformato in altri
composti (acido tricloroacetico o TCA).
Gli effetti negativi principali sono:
-
di tipo acuto: irritazione degli occhi e delle vie
respiratorie, dermatiti irritative ed allergiche per contatto diretto con la
pelle;
-
di tipo cronico: alterazioni a carico del sistema nervoso centrale
(stordimento, vertigini, ecc.), danni al fegato. Sono stati inoltre segnalati
anche effetti riproduttivi, genotossici, mutageni e cancerogeni.
CAPITOLO 5: GLI INTERVENTI
Si
premette che lo scopo dell’indagine è stato quello di realizzare un intervento
informativo:
a)
per le imprese, fornendo loro le principali indicazioni per
realizzare le bonifiche migliorative;
b)
per gli addetti, favorendo la diffusione delle notizie sui
rischi e sulle azioni preventive.
A tal fine, alla conclusione dell’ indagine in ciascuna
Azienda, è stato inviato un verbale di ispezione contenente i risultati delle
indagini svolte e le conseguenti disposizioni migliorative ritenute necessarie
per il contenimento dei rischi lavorativi; per quanto riguarda la fase di
accettazione, viste le caratteristiche dei locali di lavoro, in molte Aziende
si è reso necessario far migliorare le condizioni di ventilazione ed i ricambi
d’aria ambientali attraverso l’apertura di nuove finestre e l’installazione di impianti di
ventilazione artificiale.
Inoltre, per quanto riguarda la mansione di accettazione in
particolare, veniva fatto un richiamo al rispetto scrupoloso delle norme
igieniche per quanto riguarda il rischio derivante dalla manipolazione degli
indumenti sporchi.
Infine, per il rischio di esposizione a vapori di
percloroetilene, valgono le indicazioni di bonifica ambientale elencate alla
voce “LAVAGGIO”.
CAPITOLO 6: APPALTO A DITTA ESTERNA
Nessuna delle fasi esaminate rientra in questa ipotesi.
CAPITOLO 7: RIFERIMENTI LEGISLATIVI
Norme di
igiene e sicurezza del lavoro:
D.P.R. 27.04.1955 N. 547,
D.P.R. 19.03.1956 N. 303,
L. 46/90
D.lgs. 19.09.1994 N. 626.
Tutela lavoratrici madri: D.Lgs. 645/96 e D.lgs.151/00
Tutela dei minori: D.Lgs.345/99 e D.Lgs. 262/00
D.Lgs. 258/98 (preparati pericolosi)
Norme di buona tecnica
“ACGIH 2000” – traduzione Italiana pubblicata dall’AIDII –
Milano- Ed. IPSOA srl-Milanofiori Assago (MI) -gennaio 2001
“Ventilazione Industriale” – AIDII – Milano - gennaio 1998
Bibliografia
E.Bellotto, G.Tessadri, A.Volpato et al: Indagini igienico-sanitarie nelle lavanderie
a secco, Atti Convegno Nazionale EPASA/CNA e SNOP, Pesaro, 13-15 marzo
1991:523-532.
F.Gobba, P.Rosa, S.Ghittori et al.: Il monitoraggio ambientale e biologico dell’esposizione occupazionale a
percloroetilene nelle lavanderie a secco. Med. Lav. 1997; 88, 1:24-36.
M.Imbriani, S.Ghittori, S.Pezzagno et al: Urinary
excretion of tetrachloroethylene (perchloroethylene) in experimental and
occupational exposure. Arch
Environ Health 1988; 43: 292-297.
A.Mattioli,
C:Giacomini, M.L. Gametti et al.: Indici
sintetici di rischio osteoarticolare valutati su di un gruppo di stiratrici.
Atti 56° Congresso SIMLII Venezia 20-23 ottobre 1993; 1289-1292.
W.Popp, G.Muller, B.Baltes-Schmitz et al: Concentrations of tetrachloroethene in blood
and trichloroacetic acid in urine in workers and neighbours of dry-cleaning
shops. Int Arch Occup Environ Health 1992; 63: 393-395.
G.
Spinatonda, R.Colombo, E.M. Capodaglio et al: Studio dei processi di produzione della parola: Applicazione in un
gruppo di soggetti esposti cronicamente a solventi organici. G.Ital.Med. Lav. Erg. 1997; 19: 85-88.
W.Volken, M.Friedwald, E.Lederer et al: Biotransformation of perchloroethene:
Dose-dependent excretion of trichloroacetic acid, and
N-Acetyl-S-(trichlorovinyl)-L-cysteine in rats and humans after inhalation.
Toxicology and applied Pharmacology 1998; 153:20-27.
CAPITOLO 8: IL RISCHIO ESTERNO
Non è stato indagato. Si nota tuttavia che l’ indicazione
di utilizzare lavatrici a circuito chiuso ha una ricaduta anche nella riduzione
dei vapori espulsi all’esterno.
FASE 2: PRELAVAGGIO
CAPITOLO 1: LA FASE DI LAVORAZIONE
Consiste nella smacchiatura preliminare dei capi da lavare.
Viene effettuata con dispersione, in acqua o in solvente,
di tensioattivi solidi o liquidi, che vengono strofinati direttamente sulla
macchia tramite apposita spazzola. Inoltre, per tipi di macchie particolari, il
pretrattamento consiste nell’applicare, con spruzzetta a mano, prodotti
specifici per ciascun tipo di sporco; i più utilizzati sono: ammoniaca, acido
acetico, acido ossalico, acido fluoridrico, ecc.
Questa fase si svolge nello stesso locale adibito al
lavaggio.
CAPITOLO 2: ATTREZZATURA, MACCHINE, IMPIANTI
La pre-smacchiatura viene effettuata a mano, su banchi
aspirati nella maggior parte dei casi; trattasi di banchi con aspirazione dal
basso, di forma e caratteristiche standard per tutte le Aziende visitate.
CAPITOLO 3:
IL FATTORE DI RISCHIO
Il
rischio specifico è legato agli smacchiatori utilizzati: solventi (trielina,
percloroetilene), tensioattivi, acidi organici (acido acetico ed ossalico) ed
inorganici (acido fluoridrico), basi (ammoniaca).
Si
hanno pertanto rischi di irritazione e
causticazione per contatto diretto, rischio di dermatiti, di irritazione delle
vie aeree per inalazione.
Non è stato misurato questo tipo di rischio.
CAPITOLO 4: IL DANNO ATTESO
Non sono disponibili dati epidemiologici per la realtà specifica.
In base alle caratteristiche tossicologiche delle sostanze
impiegate è possibile prevedere il tipo di alterazioni d’apparato od organo che
si possono verificare per lunghe esposizioni a basse concentrazioni, ovvero
effetti acuti per esposizioni di breve durata ad elevate concentrazioni (ad
esempio, in caso di spandimenti accidentali di solventi).
CAPITOLO 5: GLI INTERVENTI
Le indicazioni fornite alle Aziende sono state:
-
adeguata ventilazione dei locali di lavoro attraverso
l’apertura di nuove finestre e/o l’installazione di impianti di ventilazione
artificiale;
-
utilizzo di banco aspirato;
-
utilizzo di guanti ed indumenti protettivi resistenti
all’aggressione chimica;
-
conoscenza delle materie prime utilizzate tramite la
“scheda dei dati di sicurezza” obbligatoriamente fornita dal produttore
all’utilizzatore professionale.
CAPITOLO 6: APPALTO A DITTA ESTERNA
Nessuna delle fasi esaminate rientra in questa ipotesi.
CAPITOLO 7: RIFERIMENTI LEGISLATIVI
Norme di
igiene e sicurezza del lavoro:
D.P.R. 27.04.1955 N. 547,
D.P.R. 19.03.1956 N. 303,
L. 46/90
D.lgs. 19.09.1994 N. 626.
Tutela lavoratrici madri: D.Lgs. 645/96 e D.lgs.151/00
Tutela dei minori: D.Lgs.345/99 e D.Lgs. 262/00
D.Lgs. 258/98 (preparati pericolosi)
Norme di buona tecnica
“ACGIH 2000” – traduzione Italiana pubblicata dall’AIDII –
Milano- Ed. IPSOA srl-Milanofiori Assago (MI) -gennaio 2001
“Ventilazione Industriale” – AIDII – Milano - gennaio 1998
Bibliografia
E.Bellotto, G.Tessadri, A.Volpato et al: Indagini igienico-sanitarie nelle lavanderie
a secco, Atti Convegno Nazionale EPASA/CNA e SNOP, Pesaro, 13-15 marzo
1991:523-532.
F.Gobba, P.Rosa, S.Ghittori et al.: Il monitoraggio ambientale e biologico dell’esposizione occupazionale a
percloroetilene nelle lavanderie a secco. Med. Lav. 1997; 88, 1:24-36.
M.Imbriani, S.Ghittori, S.Pezzagno et al: Urinary
excretion of tetrachloroethylene (perchloroethylene) in experimental and
occupational exposure. Arch
Environ Health 1988; 43: 292-297.
A.Mattioli,
C:Giacomini, M.L. Gametti et al.: Indici
sintetici di rischio osteoarticolare valutati su di un gruppo di stiratrici.
Atti 56° Congresso SIMLII Venezia 20-23 ottobre 1993; 1289-1292.
W.Popp, G.Muller, B.Baltes-Schmitz et al: Concentrations of tetrachloroethene in blood
and trichloroacetic acid in urine in workers and neighbours of dry-cleaning
shops. Int Arch Occup Environ Health 1992; 63: 393-395.
G.
Spinatonda, R.Colombo, E.M. Capodaglio et al: Studio dei processi di produzione della parola: Applicazione in un
gruppo di soggetti esposti cronicamente a solventi organici. G.Ital.Med. Lav. Erg. 1997; 19: 85-88.
W.Volken, M.Friedwald, E.Lederer et al: Biotransformation of perchloroethene:
Dose-dependent excretion of trichloroacetic acid, and N-Acetyl-S-(trichlorovinyl)-L-cysteine
in rats and humans after inhalation. Toxicology and applied Pharmacology
1998; 153:20-27.
CAPITOLO 8: IL RISCHIO ESTERNO
Non
è stato indagato. Si nota tuttavia che le indicazioni di utilizzare lavatrice a
circuito chiuso ha una ricaduta anche nella riduzione dei vapori espulsi
all’esterno.
FASE 3: LAVAGGIO
CAPITOLO 1: LA FASE DI LAVORAZIONE
Consiste nell’ inserimento dei capi nella lavatrice a
percloroetilene, nella programmazione della stessa per le varie fasi di
lavaggio, infine nell’estrazione dei capi lavati a fine lavaggio. In dettaglio
le fasi del lavaggio eseguite dalla lavatrice
(tramite apposito programma elettronico), comprendono:
-
pre-lavaggio
-
lavaggio
-
centrifuga
-
asciugatura
-
deodorizzazione
-
rigenerazione del solvente.
Operazioni ausiliarie al lavaggio sono: la pulizia dei
filtri interni (per polveri di
lavaggio, “prendispilli”, ecc.) e lo
scarico dei fanghi per il successivo smaltimento come rifiuti pericolosi.
Gli impianti di lavaggio sono sempre installati nello stesso
locale adibito alle altre operazioni (banco consegna, prelavaggio, stiratura).
CAPITOLO 2: ATTREZZATURA, MACCHINE, IMPIANTI
Le lavatrici utilizzate sono del tipo “a circuito aperto” (con
emissione dei vapori aspirati all’esterno) ovvero “a circuito chiuso” (senza
alcuna emissione di solvente, ma con aspirazione dei vapori dal cestello e loro
recupero tramite circuito refrigerante).
In più della metà (22 Aziende su 40) le lavatrici utilizzate
erano “a circuito chiuso”.
L’età delle lavatrici utilizzate nelle aziende esaminate
variava da 1 a 28 anni, ma nella maggior parte dei casi era di circa 10 anni.
Le materie prime impiegate per il lavaggio sono, oltre al
percloroetilene, prodotti ausiliari di filtrazione: trattasi di polveri a
granulometria finissima, a base di composti inorganici naturali (argilla, terra
di diatomee), conosciute come “decalite” e “celite”. Da queste polveri
originano i “fanghi” di risulta dell’attività di lavaggio, impregnati di
solvente e dello sporco grasso asportato dagli abiti.
Le polveri in questione contengono percentuali variabili
(fino ad un massimo del 63%) di silice libera cristallina.
Per quanto riguarda la principale materia prima, cioè il
solvente PCE, il consumo medio annuo è risultato variabile da un minimo di
30-40 kg (in caso di attività stagionale) ad un massimo di 1100 kg.
CAPITOLO 3:
IL FATTORE DI RISCHIO
Il
rischio specifico è legato al percloroetilene: inalazione dei vapori che si
originano durante le fasi di lavaggio e rischio di contatto diretto con la cute
per cause accidentali o anomalie di lavorazione.
Le caratteristiche tossicologiche del PCE sono state
descritte nella precedente fase (“ACCETTAZIONE E CONSEGNA CAPI”).
La misura dell’esposizione personale al solvente clorurato,
per gli addetti al carico e scarico della lavatrice, può essere così
sintetizzata:
N.
misure |
Valore
medio (mg/mc) |
Deviazione
standard |
Mediana |
Range |
Riferimento
(TLV) |
59 |
126,7 |
142,7 |
64 |
1,7-672 |
170 |
Tabella 5
Come si vede, la concentrazione del solvente nell’ aria
respirata dal lavoratore è pari, mediamente, al 75% del TLV, inoltre i valori
presentano una grande variabilità (fino a 672 mg/mc, pari al 395% del TLV per
le 8 ore. Da notare che tale valore raggiunge praticamente lo STEL, il valore
ammesso per brevi esposizioni, che è pari a 685mg/mc).
Sui lavoratori addetti è stata anche effettuata l’indagine
biologica, cioè la ricerca del PCE immodificato e del metabolita considerato più
significativo, l’acido tricloroacetico (TCA).
Non è stato possibile suddividere i lavoratori per mansioni
specifiche, in quanto, trattandosi di Aziende con 1-2 addetti, spesso a
conduzione familiare, le mansioni non sono fisse.
I prelievi sono stati effettuati dalle Assistenti Sanitarie
del Servizio, che in precedenza avevano provveduto a dare precise istruzioni
agli interessati. Entro 2-4 minuti dalla minzione, un’aliquota (2ml) di urina è
stata trasferita in contenitori di vetro, fiale “Vials” da 5 ml, con tappo a
tenuta per il dosaggio del PCE; i contenitori sono poi stati mantenuti
refrigerati fino al dosaggio analitico. L’analisi per il dosaggio PCE e del TCA
è stata condotta con tecnica cromatografica HS-GC/ECD dal laboratorio chimico
ambientale dell’ARPAV – Dipartimento Provinciale di Belluno.
I limiti biologici presi a riferimento sono quelli previsti
dall’Associazione Americana degli Igienisti Industriali per il TCA e quello
proposto da Imbriani per il PCE urinario:
BEI TCA urinario (ACGIH 2000) = 3,5 MG/L
Bei pce URINARIO (Imbriani, 1994) = 55µg/l
I risultati del monitoraggio biologico (tutti gli addetti
del comparto):
Metabolita
urinario dosato |
N.
misure |
Valore
medio (mg/mc) |
Deviazione
standard |
Mediana |
Range |
Riferimento
(TLV) |
PCE µg/l |
57 |
29,6 |
20 |
28 |
1,5 -
84 |
55 |
TCA
mg/l |
57 |
1,21 |
1,36 |
0,7 |
0,2 -
6,5 |
3,5 |
Tabella 6
Come si vede nella tabella soprariportata, i valori medi dei
metaboliti urinari analizzati rientrano nei rispettivi valori limite di
riferimento (per il PCE: ACGIH 2000; per il TCA: Imbriani 1994); in taluni casi
i valori sono stati superiori al limite (vedi “range”). Si noti inoltre la
grande variabilità dei dati.
CAPITOLO 4: IL DANNO ATTESO
Non sono disponibili dati epidemiologici per la realtà
specifica.
In base alle caratteristiche tossicologiche delle sostanze
impiegate è possibile prevedere il tipo di alterazioni d’apparato od organo che
si possono verificare per lunghe esposizioni a basse concentrazioni, ovvero
effetti acuti per esposizioni di breve durata ad elevate concentrazioni (ad
esempio, in caso di spandimenti accidentali di solventi). Vedi caratteristiche
tossicologiche del percloroetilene, sopra riportate.
CAPITOLO 5: GLI INTERVENTI
Le
indicazioni fornite alle Aziende ai fini della prevenzione dei rischi da
esposizione a solventi sono state:
1) garantire costantemente un' adeguata ventilazione dei locali di lavoro, anche in relazione ai
ritmi di lavoro e quindi al numero di lavaggi effettuati (si ricorda che sono
necessarie finestre apribili - pari a 1/20 della superficie di calpestio -
ovvero impianti di ricambio artificiale in grado di assicurare fino a 30
ricambi/ora: quest' ultimo valore è necessario in caso di sversamenti
accidentali);
2) controllare regolarmente la perfetta efficienza della macchina in ogni sua parte (tra cui:
guarnizioni, giunti, coperchi, impianto frigorifero del "circuito
chiuso", termostato del distillatore), seguendo le istruzioni d'uso del
fabbricante sulla regolare manutenzione preventiva (e non solo "a
rottura");
3) utilizzare adeguati
dispositivi di protezione individuale (D.P.I.): guanti e maschere con
filtri per solventi organici (fascia marrone, lettera A) nelle fasi di:
estrazione dei fanghi, pulizia manuale dei filtri, rabbocco del solvente,
interventi in caso di fuoriuscite accidentali;
4) curare costantemente gli aspetti di organizzazione del lavoro che possono ridurre ulteriormente
l'inquinamento ambientale, quali:
-
applicare un rigoroso ciclo di asciugatura e deodorizzazione secondo il manuale
di istruzione della macchina;
-
accumulare gli indumenti lavati in zona ventilata ed aspettare possibilmente 24
ore prima di stirarla (oppure prolungare il periodo di deodorizzazione);
-
effettuare una distillazione spinta per ridurre il più possibile il
quantitativo di PCE nei fanghi (operazione da effettuare quando non è presente
alcun altro personale e con condizioni di buona ventilazione);
- accertarsi
che tutti i contenitori (solventi, smacchianti, fanghi) siano muniti di
coperchio a tenuta ermetica;
-
conoscere in dettaglio le caratteristiche di pericolosità dei prodotti
utilizzati, tramite un'attenta lettura delle schede di sicurezza (in lingua
italiana e in 16 punti ); attuare una
corretta formazione - informazione del personale, comprensiva
dell'addestramento al corretto utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie
respiratorie ( ad es.: riconoscere quando è necessario sostituire il filtro);
-
effettuare le operazioni di scarico fanghi e pulizia delle parti interne della
lavatrice a macchina fredda, a locali vuoti, ventilando il più possibile i
locali di lavoro;
- per gli
eventuali casi di intossicazione acuta, formalizzare una procedura d'emergenza
in attesa dell'arrivo dei soccorsi;
- porre in
atto tutte le necessarie cautele (modalità operative attente, indumenti
protettivi, mascherine antipolvere) nella fase di manipolazione della polvere
denominata "celite", in quanto può contenere anche silice libera in
forma cristallina (pericolosa per il rischio di silicosi e sospetta
cancerogena): controllare la scheda di sicurezza;
5) evidenziare il divieto
di fumare e di usare fiamme libere nei locali (comprese caldaiette e
stufette elettriche), in quanto il PCE è soggetto a decomposizione termica con
produzione di gas tossici (fosgene, acido cloridrico);
6) si ricorda che deve essere presente almeno un estintore, da verificare semestralmente;
7) rispettare una scrupolosa
igiene personale, anche in relazione al rischio derivante dalla
manipolazione di indumenti sporchi, la cui contaminazione non sempre è
prevedibile: indossare sempre indumenti da lavoro e lavarsi frequentemente le
mani o usare guanti protettivi;
8) attuare un adeguata
sorveglianza sanitaria da parte di un Medico Competente, secondo il
protocollo sanitario fornito dai Medici del Lavoro del nostro Servizio.
CAPITOLO 6: APPALTO A DITTA ESTERNA
Nessuna delle fasi esaminate rientra in questa ipotesi.
CAPITOLO 7: RIFERIMENTI LEGISLATIVI
Norme di
igiene e sicurezza del lavoro:
D.P.R. 27.04.1955 N. 547,
D.P.R. 19.03.1956 N. 303,
L. 46/90
D.lgs. 19.09.1994 N. 626.
Tutela lavoratrici madri: D.Lgs. 645/96 e D.lgs.151/00
Tutela dei minori: D.Lgs.345/99 e D.Lgs. 262/00
D.Lgs. 258/98 (preparati pericolosi)
Norme di buona tecnica
“ACGIH 2000” – traduzione Italiana pubblicata dall’AIDII –
Milano- Ed. IPSOA srl-Milanofiori Assago (MI) -gennaio 2001
“Ventilazione Industriale” – AIDII – Milano - gennaio 1998
Bibliografia
E.Bellotto, G.Tessadri, A.Volpato et al: Indagini igienico-sanitarie nelle lavanderie
a secco, Atti Convegno Nazionale EPASA/CNA e SNOP, Pesaro, 13-15 marzo
1991:523-532.
F.Gobba, P.Rosa, S.Ghittori et al.: Il monitoraggio ambientale e biologico dell’esposizione occupazionale a
percloroetilene nelle lavanderie a secco. Med. Lav. 1997; 88, 1:24-36.
M.Imbriani, S.Ghittori, S.Pezzagno et al: Urinary
excretion of tetrachloroethylene (perchloroethylene) in experimental and
occupational exposure. Arch Environ
Health 1988; 43: 292-297.
A.Mattioli,
C:Giacomini, M.L. Gametti et al.: Indici
sintetici di rischio osteoarticolare valutati su di un gruppo di stiratrici.
Atti 56° Congresso SIMLII Venezia 20-23 ottobre 1993; 1289-1292.
W.Popp, G.Muller, B.Baltes-Schmitz et al: Concentrations of tetrachloroethene in blood
and trichloroacetic acid in urine in workers and neighbours of dry-cleaning
shops. Int Arch Occup Environ Health 1992; 63: 393-395.
G.
Spinatonda, R.Colombo, E.M. Capodaglio et al: Studio dei processi di produzione della parola: Applicazione in un
gruppo di soggetti esposti cronicamente a solventi organici. G.Ital.Med. Lav. Erg. 1997; 19: 85-88.
W.Volken, M.Friedwald, E.Lederer et al: Biotransformation of perchloroethene:
Dose-dependent excretion of trichloroacetic acid, and
N-Acetyl-S-(trichlorovinyl)-L-cysteine in rats and humans after inhalation.
Toxicology and applied Pharmacology 1998; 153:20-27.
CAPITOLO 8: IL RISCHIO ESTERNO
Non
è stato indagato. Si nota tuttavia che le indicazioni di utilizzare lavatrice a
circuito chiuso ha una ricaduta anche nella riduzione dei vapori espulsi
all’esterno.
FASE 4: STIRATURA
CAPITOLO
1: LA FASE DI LAVORAZIONE
Questa fase si svolge di norma nello stesso locale adibito
al lavaggio, a poca distanza dalla lavatrice.
CAPITOLO 2: ATTREZZATURA, MACCHINE, IMPIANTI
La stiratura manuale viene svolta in banchi da lavoro
ventilati (sia aspiranti che soffianti) e riscaldati; il ferro da stiro è
collegato ad una caldaia per la generazione del vapore; in alcuni casi è presente
anche un box con manichino riscaldato per la stiratura dei “capi spalla”.
In un caso era presente anche un piccolo mangano e una
pressa da stiro.
Come materie prime ausiliarie vengono utilizzati appretti
per coadiuvare la stiratura.
CAPITOLO 3: IL FATTORE DI RISCHIO
Uno
dei rischi è legato alla inalazione di vapori di PCE che si sviluppano dagli
indumenti, ancorchè deodorizzati, non solo perché la stiratura è effettuata
nello stesso locale in cui è presente la lavatrice, ma anche per l’azione congiunta dell’elevata temperatura
e dell’effetto di trascinamento del vapore di stiratura: infatti, il residuo di
solvente trattenuto dai tessuti viene liberato proprio nella zona delle vie
respiratorie dell’ addetto.
La
misura dell’esposizione a vapori di PCE nella postazione di stiratura ha
fornito i seguenti risultati:
N.
misure |
Valore
medio (mg/mc) |
Deviazione
standard |
Mediana |
Range |
Riferimento
(TLV) |
28 |
122,2 |
132,3 |
68,6 |
1,7 -
405 |
170 |
Tabella 7
L’esposizione personale degli addetti è notevole (in media
raggiunge il 71,8 % del TLV) con punte ben più elevate (405 mg/mc, pari al 240
% del TLV).
Inoltre un altro rischio potenzialmente presente nella
stiratura è quello di disturbi muscolo-scheletrici da posture obbligate e da
movimenti ripetitivi.
Per
evidenziare tale rischio sono stati eseguiti degli accertamenti medici mirati,
come già descritto nella voce “ACCETTAZIONE E CONSEGNA CAPI”.
I disturbi posturali (senso di pesantezza, gonfiori e
varici agli arti inferiori) rilevati tramite questionario sono comunque
prevalenti rispetto a quelli attribuibili all’esposizione prolungata al PCE; anche i dolori al rachide e i
blocchi articolari prevalenti alle articolazioni della spalla e del gomito sono
riconducibili alla postura ed a movimentazioni non ergonomiche tipiche della
mansione di stiratura.
Infine il 19% dei soggetti esaminati lamenta irritazione
agli occhi, che può essere associata ad una prolungata operazione di stiratura
e a fattori illuminotecnici del posto di lavoro.
CAPITOLO 4: IL DANNO ATTESO
Non sono disponibili dati epidemiologici per la realtà
specifica, legata all’esposizione a PCE, né ad aspetti posturali.
La possibile incidenza di disturbi correlati con fattori ergonomici
(stazione eretta, movimenti ripetitivi) può essere in gran parte ridimensionata
dal fatto che, come già detto, non vi sono mansioni fisse per l’intero turno di
lavoro, ma gli addetti si alternano tra: banco consegna, lavaggio, stiratura,
il che permette di alternare diverse posture e tipologie di lavoro.
CAPITOLO 5: GLI INTERVENTI
Le
indicazioni fornite alle Aziende ai fini della prevenzione dei rischi
prevalenti nella mansione di stiratura sono state:
- alleggerire il ferro da stiro
mediante sospensione dello stesso con dispositivo di bilanciamento;
- adottare
tavoli da stiro regolabili in altezza, eventuali sedili di appoggio e pedana
poggiapiede;
-
alternare il più possibile le mansioni per evitare prolungate postazioni
scomode e/o obbligate;
- verificare che l' illuminazione presso la postazione di
stiratura sia sufficiente ed adeguata: si ricorda che, nelle postazioni che
richiedono un maggior impegno visivo, il livello di illuminamento sul piano di
lavoro deve essere di almeno 500 lux; i corpi illuminanti devono essere
disposti in modo da non causare nè abbagliamento (diretto o riflesso) nè ombre
sul piano di lavoro. La qualità della luce artificiale deve essere il più
possibile simile alla luce solare e miscibile con essa (l'indice di resa
cromatica deve avere un valore non inferiore all'85% e la temperatura di colore
deve essere compresa tra 3000 e 4500° K);
Anche per quanto riguarda l’esposizione a PCE, non
trascurabile, vengono fornite indicazioni di bonifica ambientale:
- applicare un rigoroso ciclo di asciugatura e
deodorizzazione secondo il manuale di istruzione della macchina;
- accumulare gli indumenti lavati in zona ventilata ed
aspettare possibilmente 24 ore prima di stirarla (oppure prolungare il periodo
di deodorizzazione).
CAPITOLO 6: APPALTO A DITTA ESTERNA
Nessuna delle fasi esaminate rientra in questa ipotesi.
CAPITOLO 7: RIFERIMENTI LEGISLATIVI
Norme di
igiene e sicurezza del lavoro:
D.P.R. 27.04.1955 N. 547,
D.P.R. 19.03.1956 N. 303,
L. 46/90
D.lgs. 19.09.1994 N. 626.
Tutela lavoratrici madri: D.Lgs. 645/96 e D.lgs.151/00
Tutela dei minori: D.Lgs.345/99 e D.Lgs. 262/00
D.Lgs. 258/98 (preparati pericolosi)
Norme di buona tecnica
“ACGIH 2000” – traduzione Italiana pubblicata dall’AIDII – Milano-
Ed. IPSOA srl-Milanofiori Assago (MI) -gennaio 2001
“Ventilazione Industriale” – AIDII – Milano - gennaio 1998
Bibliografia
E.Bellotto, G.Tessadri, A.Volpato et al: Indagini igienico-sanitarie nelle lavanderie
a secco, Atti Convegno Nazionale EPASA/CNA e SNOP, Pesaro, 13-15 marzo
1991:523-532.
F.Gobba, P.Rosa, S.Ghittori et al.: Il monitoraggio ambientale e biologico dell’esposizione occupazionale a
percloroetilene nelle lavanderie a secco. Med. Lav. 1997; 88, 1:24-36.
M.Imbriani, S.Ghittori, S.Pezzagno et al: Urinary
excretion of tetrachloroethylene (perchloroethylene) in experimental and
occupational exposure. Arch
Environ Health 1988; 43: 292-297.
A.Mattioli,
C:Giacomini, M.L. Gametti et al.: Indici
sintetici di rischio osteoarticolare valutati su di un gruppo di stiratrici.
Atti 56° Congresso SIMLII Venezia 20-23 ottobre 1993; 1289-1292.
W.Popp, G.Muller, B.Baltes-Schmitz et al: Concentrations of tetrachloroethene in blood
and trichloroacetic acid in urine in workers and neighbours of dry-cleaning
shops. Int Arch Occup Environ Health 1992; 63: 393-395.
G.
Spinatonda, R.Colombo, E.M. Capodaglio et al: Studio dei processi di produzione della parola: Applicazione in un
gruppo di soggetti esposti cronicamente a solventi organici. G.Ital.Med. Lav. Erg. 1997; 19: 85-88.
W.Volken, M.Friedwald, E.Lederer et al: Biotransformation of perchloroethene:
Dose-dependent excretion of trichloroacetic acid, and
N-Acetyl-S-(trichlorovinyl)-L-cysteine in rats and humans after inhalation.
Toxicology and applied Pharmacology 1998; 153:20-27.
CAPITOLO 8: IL RISCHIO ESTERNO
Non è stato indagato.