AZIENDA SANITARIA LOCALE

DELLA PROVINCIA DI SONDRIO

 

DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE

SERVIZIO PREVENZIONE E SICUREZZA NEGLI AMBIENTI DI LAVORO

 

 

 

I PROFILI DI RISCHIO NEI COMPARTI PRODUTTIVI

DELL’ARTIGIANATO, DELLE PICCOLE E MEDIE

IMPRESE E PUBBLICI ESERCIZI

 

SEGHERIE PER LEGNO

 

CONTRATTO ISPESL N.105797

 

 

REFERENTE: DR. ROBERTO PATTARIN

                           RESPONSABILE SERVIZIO PSAL

 

AUTORI: DR. ROBERTO PATTARIN*, DR.DONATELLA REAMI*

Sondrio, maggio 2000

 

IN COLLABORAZIONE CON:  TAGLIAFERRI D.*, DELL’AVA F.*, GUIZZARDI D.*, BELLOTTI E*, VIGANO’ G.*, PINI A.**, GURINI M.**, PELLEGRINO C.***, SCALA F.***, CASTAGNA M.***, POLLINI C.****.

 

*         SERVIZIO PSAL ASL DELLA PROVINCIA DI SONDRIO

**       PMIP ASL DELLA PROVINCIA DI SONDRIO

***      ARPA DELLA PROVINCIA DI SONDRIO

****    ISTITUTO TECNOLOGIA DEL LEGNO - CNR - S.MICHELE ALL’ADIGE (TN)

 

 

DOCUMENTO DI COMPARTO

 

1.0. INQUADRAMENTO

La filiera del legno comprende schematicamente tre comparti produttivi in sequenza:

a- Produzione del legno

     Consiste in attività agroforestali di vivaistica, arboricoltura e silvicoltura.

 

b- Utilizzazione del legno

     Consiste nella cernita ed abbattimento in foresta delle piante, nelle prime operazioni di depezzatura

     e sramatura dei tronchi in loco, nonchè nella loro movimentazione a punti di raccolta ai margini

     del bosco per il successivo trasporto agli stabilimenti di lavorazione.

 

c- Lavorazione del legno

    Il comparto si articola in due settori distinti:

    1- Prima lavorazione (segherie)

        Consiste nella trasformazione del tronco in travi, tavole o listelli, attraverso operazioni di

        taglio effettuate in specifici stabilimenti denominati segherie.

    2- Seconda lavorazione (falegnamerie)

        Consiste nella trasformazione di travi, tavole e listelli in prodotti finiti, costituiti da manufatti di

        varia forma e dimensione (pannelli, serramenti, mobili, produzioni artistiche etc.), attraverso

        operazioni di taglio, piallatura, finitura, incollaggio, verniciatura e montaggio, effettuate in

        specifici stabilimenti denominati falegnamerie.

 

2.0. PRIMA LAVORAZIONE DEL LEGNO (SEGHERIE)

2.1. GENERALITA’

Il presente studio riguarda il comparto della prima lavorazione del legno (sergherie); il ciclo produttivo di tale settore risulta sufficientemente omogeneo a livello mondiale sia per concezione del lay-out che per impianti utilizzati, variando essenzialmente per la materia prima utilizzata (specie legnose).

Trattandosi di un settore “storico” esso si è tendenzialmente sviluppato nelle aree geografiche ad intensa vocazione boschiva ed il settore tende ancor oggi a trasformare  materiale prevalentemente autoctono. La facile deteriorabilità dei tronchi ed i considerevoli costi di trasporto a lunga distanza di materiali caratterizzati da una elevata componente di scarto, hanno infatti reso poco conveniente l’importazione di tronchi esteri, che le falegnamerie possono d’altronde più vantaggiosamente reperire sul mercato già sotto forma di tavolame prodotto dalle segherie dei paesi d’origine.

La presenza di materiali esotici è quindi scarsa e la loro lavorazione necessita di trattamenti chimici con prodotti presevanti; frequente è invece il ricorso a specie omogenee tra paesi confinanti (es. conifere dell’arco alpino provenienti da Italia, Svizzera, Austria e Slovenia). 

Nella maggioranza delle segherie il ciclo tecnologico esita nella produzione di travi e tavolame grezzi, ottenuta con operazioni di taglio e refilatura;  sono tuttavia spesso presenti semplici lavorazioni  di falegnameria per finiture particolari a richiesta del cliente ed in qualche caso trattamenti chimici (impregnatura) o fisici (essicamento) per fini sia conservativi che estetici.

In alcune realtà il ciclo classico si estende alla produzione di casse e bancali per semplice inchiodatura del tavolame.

Nell’ultimo decennio il settore è stato interessato da una forte innovazione tecnologica, con l’ingresso di impianti e linee automatiche di nuova concezione che hanno consentito un enorme incremento delle potenzialità produttive, a fronte tuttavia di onerosi investimenti economici.

Si è quindi determinato un rapido processo di selezione, che ha marginalizzato ed estinto le realtà più deboli;  l’aumento complessivo della produzione a parità di organico, combinato ad una significativa mortalità aziendale, sono pertanto responsabili dell’attuale fisionomia del settore, caratterizzato da un numero di aziende e di occupati sostanzialmente basso rispetto alle falegnamerie.

Nel 1995 il numero totale di addetti al comparto legno ammontava a circa 267.550 unità, di cui  16.500 occupati nella prima lavorazione (6.17% del totale), contro i 244.700 circa di occupati nelle falegnamerie ed i 6.350 nella lavorazione di materiali affini.

Altra significativa differenza dalle falegnamerie è la distribuzione non omogenea del settore sul territorio nazionale. Mentre per le prime la concentrazione in poli produttivi (Lombardia, Veneto, Marche e Toscana) non esclude una significativa diffusa presenza in ogni provincia italiana, le segherie sono di fatto quasi esclusivamente concentrate in alcune zone montane, caratterizzate da ingenti patrimoni forestali: quindi eminentemente sulle Alpi (Trento, Bolzano, Belluno, Sondrio, Udine) ed in misura minore sull’Appennino (soprattutto Toscana, ma anche Abruzzo e Calabria).

 

2.2. IL SETTORE DELLE SEGHERIE IN PROVINCIA DI SONDRIO

2.1.1. Aspetti storici e culturali

La provincia di Sondrio è situata al centro della zona alpina, al confine col Cantone elvetico dei Grigioni, al quale è naturalmente e culturalmente fortemente legata anche da un comune passato storico (circa 3 secoli sotto il dominio delle Leghe Grigie).

Il territorio montano sui due versanti (Valtellina ed Engadina) è fortemente boschivo (prevalentemente conifere e castagni): in entrambe le realtà il lavoro di “segantino” ha quindi radici lontane e la piccola segheria (la tradizionale “rasega” in dialetto valtellinese o “resgia”  nel linga retoromancia o ladina parlata nelle valli grigionesi) ha accompagnato per secoli la vita anche dei più piccoli borghi montani, tanto da costituire un pezzo importante della cultura e dell’economia locale.

Ancora oggi la materia prima è prevalentemente locale o proviene dai vicini Grigioni (vari tipi di conifere, come pini, abeti, larici, cirmoli): in ragione di ciò gli insediamenti produttivi sono concentrati o allo sbocco di vallate altamente boschive (polo di Morbegno-Delebio) o in prossimità dei valichi alpini di confine (polo di Tirano e di Chiavenna).

Se il Trentino-Alto Adige rappresenta la realtà leader del settore, alla Valtellina è comunque comunemente riconosciuto il ruolo di significativo polo storico.

 

2.1.2. Dimensioni e caratteristiche attuali del settore

Molte delle microrealtà di montagna di un tempo sono oggi estinte e la recente trasformazione tecnologica ha ulteriormente ristretto il numero di aziende del settore, che attualmente si articola in tre livelli occupazionali e produttivi equipollenti: un terzo di aziende medie ad alta tecnologia (con più di 10 dipendenti), un terzo di piccole aziende in via di ammodernamento (5-10 addetti) ed un terzo di piccolissime realtà a bassa tecnologia (meno di 5 addetti).

Il settore è attualmente composto da 25 aziende per un totale di 190 addetti circa, di cui 170 operai e 20 impiegati. L’occupazione produttiva è esclusivamente maschile, mentre quella impiegatizia prevalentemente femminile, anche se nelle piccole realtà gli stessi datori di lavoro svolgono le

mansioni impiegatizie, eventualmente coadiuvati alla bisogna da collaboratori familiari (mogli e figli).

Le attuali produzioni sono prevalentemente orientate a rifornire sia il settore delle falegnamerie che il comparto edile, con presenza tuttavia di alcune produzioni finite (bancali e casse).

Alle materie prime  tradizionali (conifere) si aggiunge in qualche caso il faggio proveniente dal centro-Italia per le produzioni edili.

 

3.0 L’INTERVENTO DI COMPARTO

3.1.METODOLOGIA

Lo studio ha riguardato la totalità del settore segherie della provincia di Sondrio e si è intimamente intrecciato con lo specifico intervento preventivo sul comparto, volto ad assicurare il raggiungimento di definiti ed omogenei standard minimi di sicurezza e salute in ogni azienda.

Globalmente l’intervento si è articolato in definite fasi sequenziali.

 

3.1.1. Fase preliminare di studio

Nel triennio 1993-1995 una equipe del Servizio PSAL di questa ASL si è dedicata allo studio della tecnologia e della prevenzione nel settore.

Con il patrocinio dell’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Verona, del Centro Nazionale Ricerche (CNR) di San Michele all’Adige (TN) e di alcuni Assessorati Regionali alla Sanità, nel 1993 fu costituito un Gruppo di Lavoro Nazionale del Comparto Legno, al cui interno fu identificato uno specifico coordinamento per il settore delle segherie. Grazie a tale interazione il Coordinamento Nazionale ebbe la possibilità di visitare le più significative aziende di diverse aree geografiche e di confrontare esperienze sia di studio dei rischi che di bonifica, visionandone direttamente la realizzazione e valutandone criticamente l’efficacia.

Da questa attività scaturì la definizione di un elenco di requisiti minimi di prevenzione, condivisi dagli operatori delle realtà nazionali più significative, che trovò una sintesi nella pubblicazione nel 1996 delle “Linee Guida per la Valutazione dei Rischi nel Comparto Legno: Prima e Seconda Lavorazione”, opuscolo che suscitò un certo interesse ed ebbe inaspettata diffusione, in quanto le stesse Associazioni di Categoria del settore lo promossero come strumento di supporto ai datori di lavoro nell’adempimento degli obblighi ex Dlgs626/94, a quel tempo di stringente attualità.

 

3.1.2. L’intervento di comparto a livello locale

L’intervento preventivo nei due settori del comparto legno della provincia di Sondrio fu affrontato con metodologia omogenea, interessando nel biennio 1996-97 le falegnamerie e nel biennio 1998-99 le segherie.

In entrambi i casi fu preliminarmente definita dal Servizio PSAL una griglia di standard minimi di prevenzione in relazione alle situazioni di rischio pioritarie; questa griglia fu presentata alle Parti Sociali per raccoglierne eventuali contributi e fu quindi inviata ad ogni azienda. Successivamente fu avviata una campagna di sopralluoghi in tutte le aziende del comparto, verificando le soluzioni date dalle aziende a quelle situazioni di rischio e la sussistenza o meno degli standard minimi di sicurezza e salute individuati, eventualmente assicurandone il raggiungimento con opportune prescrizioni di legge.

 

3.2. RISULTATI PREVENTIVI

Per le segherie gli elementi prioritari di sicurezza e salute sono rappresentati da:

3.2.1. Sicurezza

a- Piazzali esterni:

    Pavimentazione dei percorsi ed adeguate vie di transito per i mezzi di movimentazione; sistemi di

    contenimento al piede delle cataste in grado di assicurarne la stabilità; conoscenza da parte degli

    addetti di definite procedure di accatastamento e dei criteri per valutarne la stabilità.

b- Vie di transito interne:

    Chiara identificazione, delimitazione e segnalazione delle vie di transito interne; protezione di

    scale ed andatoie con idonei parapetti; protezione degli attraversamenti (binari del carro porta-

    tronchi e linee di trasporto) con cancelletti o altri sistemi di interblocco, che impediscxano

    l’avvicinamento ai materiali ed agli impianti in movimento.

c- Banchi di lavoro:

    Adeguato dimensionamento e protezione dei banchi di scarico delle tavole, onde evitare il rischio

    di investimento dell’addetto da parte dei gravi movimentati.

d- Organi di trasmissione del moto di nastri trasportatori e macchine:

    Carteratura di ingranaggi e catenarie ovunque accessibili; barriere di protezione che impediscano

    l’avvicinamento a nastri trasportatori in genere; barre di arresto delle macchine a caricamento

    manuale contro il rischio di trascinamento.

e- Organi lavoratori delle macchine:

    Cofanatura e protezione deghli organi lavoratori con ripari inamovibili o con dispositivi di blocco

    del loro movimento all’apertura delle protezioni o all’avvicinamento degli addetti; dispositivi contro

    gli avviamenti accidentali e di arresto di emergenza facilmente identificabili ed opportunamente

    dislocati; idonei comandi sulle chiodatrici che assicurino il corretto posizionamento delle mani.

3.2.2. Igiene e medicina del lavoro

a- Rumore

    Cabinatura delle postazioni di comando ovunque possibile con strutture climatizzate;

    incapsulamento dei multilame e segregazione degli impianti di cippatura; introduzione di seghe a

    disco silenziate nei tagli trasversi e carteratura o cappottatura delle stesse.

b- Gas e solventi:

     Aspirazione anche portatile delle operazioni di verniciatura e pennellatura.

c- Sorveglianza sanitaria:

    Regolare effettuazione della sorveglianza sanitaria per i rischi da rumore, movimentazione manuale

    dei carichi, polveri di legno ed eventualmente verniciatura con solventi.

 

3.2.3. Organizzazione generale della prevenzione:

a- Documentazione:

    Relazione ex Dlgs277/91 sul rischio rumore ed eventuale DSS ex Dlgs626/94 (aziende superiori a

    10 addetti), verbale riunione annuale SPP.

b- Nomine:

    Nomina Responsabile SPP, Medico Competente, addetti antincendio-evacuazione.-pronto

    soccorso;

c- Presenza Rappresentante dei Lavoratori della Sicurezza nelle aziende maggiori.

 

4.0. STUDI INTEGRATIVI SUI RISCHI E SUI DANNI

4.1. Metodologia di studio

Al fine di seguire nel tempo l’andamento dei rischi nel comparto e per completamento del presente studio, a seguito dei sopralluoghi sono state realizzate le seguenti iniziative:

 

4.1.1. Studio del fenomeno infortunistico

          Acquisizione del regsitro infortuni e delle ore lavorate dell’ultimo decennio (1990-99), onde

          supplire con un prolungato tempo di osservazione alla contenuta dimensione statistica della

          popolazione indagata ai fini della valutazione quali-quantitativa del fenomeno infortunistico.

 

4.1.2. Studio dei rischi

           a- Acquisizione di copia di tutti i documenti di valutazione del rischio rumore ex DLgs277/91.

           b- Identificazione di un campione rappresentativo di 10 aziende per l’indagine ambientale sul

               rischio rumore, commissionata all’ARPA della provincia di Sondrio.

           c- Identificazione di un campione rappresentativo di 5 aziende per l’indagine ambientale sui

               rischi da polveri e gas di verniciatura, commissionata all’Unità Operativa Chimica del PMIP

               di questa ASL.

 

4.1.3. Studio dei danni

          Acquisizione della documentazione sanitaria di tutti gli addetti dai medici competenti aziendali.

 

4.1.4. Censimento del comparto:

          Compilazione di una scheda tecnica per azienda di inquadramento delle sue caratteristiche

          dimensionali, edilizie e tecnologiche.

 

4.2. RISCHIO INFORTUNISTICO

4.2.1. Andamento del fenomeno infortunistico

a- Valutazione quantitativa

Nel decennio 1990-99 gli infortuni sono stati 177, con 1 caso mortale nel 1999, su un totale di 2.731.476 ore lavorate; nel primo quinquennio gli infortuni sono stati 104 su 1.279.398 ore lavorate, nel secondo quinquennio 73 su 1.452.078 ore lavorate.

L’indice di frequenza complessivo si attesta al livello di 6.48, quello del primo quinquennio ad 8.13 e quello del secondo a 5.03, con un sensibile decremento nel tempo, confermato anche dall’andamento annuale che dimostra una costante decrescita fino al livello attuale di 2.67 (vedi tab.1).

 

Tab.1: Andamento degli indici di frequenza (x100.000) nel decennio 1990-99

 

ANNI

1990

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

I.F.

8.67

10.36

7.45

5.13

10.50

8.51

4.03

6.25

4.09

2.67

 

Seppur gli indici restano in media superiori al valore accettabile di 2, si nota un progressivo avvicinamento a tale soglia.

Il confronto con i dati nazionali e regionali INAIL non è semplice, in quanto le statistiche disponibili riportano di norma il dato complessivo del comparto, non scomposto nei suoi settori e condizionato quindi dal peso rilevante delle falegnamerie.

La ripartizione nazionale per settore è relativa al solo 1995 ed indica un tasso di 6.81 per la prima lavorazione, di 5.49 per la seconda lavorazione e di 3.93 per le lavorazioni affini, mentre per lo stesso anno il dato del nostro studio si attesta a 4.03.

Nello stesso anno il dato regionale INAIL del comparto legno nel suo complesso si attestava a livelli di 3.58 per la provincia di Sondrio e di 3.71 per la regione Lombardia..

Anche prendendo in considerazione il dato decennale e quinquennale, per ovviare alla bassa consistenza statistica della popolazione lavorativa locale, non si rilevano eccedenze, ma al contrario sembra emergere un andamento positivo della realtà locale riaspetto al contesto più generale.

La durata media degli eventi tuttavia elevata (dato medio decennale di 72.47 gg. perse, che si riduce tuttavia a 26.46 escludendo il caso mortale del 1999, con una sostanziale omogeneità tra i due quinquenni).

Da segnalare che detto caso mortale del 1999 si è verificato per sprofondamento nella segatura del silos durante un intervento di disostruzione ad impianto in funzione, con conseguente maciullamento dell’addetto nelle pale rotanti in movimento.

In conclusione il settore è caratterizzato da un andamento infortunistico a non elevata frequenza ma di significativa gravità degli eventi, come confermato dalla presenza di macchine con organi lavoratori pericolosi e di gravi diffusamente movimentati.

 

b- Valutazione qualitativa

La distribuzione degli eventi per modalità di accadimento è stata svolta sul dato complessivo del decennio, onde conferire maggior peso statistico allo studio e consentire considerazioni più attendibili.

In tab.2 viene presentata tale distribuzione per le modalità considerate nel documento Fase/Rischio ed in tab. 3 un quadro aggregato dei dati per lavorazione.

Le modalità di accadimento più frequenti sono rappresentate dai gravi sfuggiti dalle mani (47 casi = 26.55%) e dal contatto con organi lavoratori (41 casi = 23.16%). Mentre il primo dato testimonia il grande peso della movimentazione manuale dei carichi nel settore, ma non rappresenta una condizione preoccupante, il secondo evidenzia invece una condizione di elevato rischio ed il persistere di comportamenti abituali potenzialmente pericolosi da parte degli addetti.

Seguono la caduta di persone in piano (21 casi = 11.86%) e la caduta di gravi da luoghi elevati (15 casi = 8.47%): anche qui il primo dato non è preoccupante, ma testimonia indirettamente l’inadeguatezza di molte vie di transito, mentre il secondo evidenzia invece una importante condizione di rischio, per il pericolo di fuoriuscita di tronchi e soprattutto di tavole dalle linee di trasporto e dalle caditoie di scarico con investimento degli addetti.

Tra le modalità meno frequenti è da segnalare la pericolosa condizione di investimento da ostacoli mobili (tronchi e tavole sulle rampe nei passaggi), a conferma della pericolosità di alcune vie di transito attigue a tali rampe, mentre le proiezioni di schegge risultano basse, in quanto le postazioni di lavoro sono a sufficiente distanza di sicurezza dalle zone di taglio.

 

Tab.2 Distribuzuione degli infortuni del decennio 1990-99 per modalità di acadimento

 

N.  MODALITA’

N.

%

01- Urto contro ingombri da ostacoli fissi

10

5.64

02- Urto contro ingombri da ostacoli mobili

8

4.51

03- Caduta di gravi da luoghi elevati

15

8.47

04- Caduta persone in piano

21

11.86

05- Caduta persone da luoghi elevati

9

5.08

06- Ribaltamento automezzi

-

-

07- Eletttrocuzione

-

-

08- Contatto con organi di trasmissione

10

5.64

09- Contatto con organi lavoratori

41

23.16

10- Contatto con mezzi di sollevamento

1

0.56

11- Ustione da materiali infiammabili

-

-

12- Caduta di gravi sfuggiti dalle mani

47

26.55

13- Proiezione di schegge

10

5.64

14- Sforzi muscolari

4

2.25

15- Non identificate

 1

0.56

TOTALE

177

100

 

Tab.3:Distribuzione degli infortuni del decennio 1990-99 per aggregazione di lavorazione

 

LAVORAZIONE

N.

%

Movimentazione uomini

40

22.59

Movimentazione meccanica dei materiali

23

12.99

Movimentazione manuale dei materiali

51

28.81

Movimentazione mezzi

1

0.56

TOTALE MOVIMENTAZIONE

115

64.97

Lavoro su macchine ed impianti

51

28.81

Schegge

10

5.64

TOTALE MACCHINE

61

34.46

 

Induttivamente le lavorazioni più frequentemente in causa sono rappresentate dalla movimentazione manuale dei carichi e dal lavoro a contatto con organi in movimento di macchine ed impianti (entrambi con 51 casi = 28.81%), nonchè dal transito di persone (22.59%).

La distribuzione osservata conferma quanto sopra evidenziato circa la larga diffusione di movimentazioni manuali, la pericolosità di interventi abituali sulle macchine e l’inadeguatezza di molte vie di transito.

In sostanza comunque i rischi legati alla movimentazione in generale (uomini, materiali e mezzi) coinvolgono circa il 65% degli eventi, contro il 35% legato ad operazioni su macchine ed impianti.

 

4.2.2. Condizioni di sicurezza

I sopralluoghi hanno evidenziato alcune carenze ricorrenti, opportunamente sanate dall’intervento svolto e riportate sinteticamente in tab.4.

 

Tab.4: Percentuale di aziende con carenti condizioni di sicurezza rispetto al totale (25 aziende)

 

PRINCIPALI CARENZE RISCONTRATE

N.AZIENDE

% SU 25 AZ.

- Piazzali (pavimentazione e segnalazione)

5

20

- Vie di transito interne (protezioni attraversamenti

20

80

- Banchi di lavoro (protezione da caduta di gravi)

4

16

- Linee di trasporto (protezione organi di trasmissione)

8

32

- Impianti (protezione organi lavoratori)

10

40

 

4.3. RISCHI DI IGIENE DEL LAVORO

4.3.1. Polveri

Il rischio da polveri è stato indagato con prelievi alle varie postazioni di lavoro su un campione di 5 aziende rappresentative per tipologia dimensionale e lavorazioni svolte.

La valutazione del rischio dipende principalmente dal tipo di legno utilizzato. In provincia di Sondrio la materia prima è costituita quasi esclusivamente da legni morbidi (conifere): in questo caso i livelli di rischio e di esposizione sono da considerarsi ampiamente contenuti (Pt inferiori al TLV di 5 mg/m3 salvo singoli picchi). Laddove si utilizzino invece legni duri (Faggio, Quercia etc.) il giudizio deve essre più cautelativo per le dimostrate proprietà mutagene di tali legni (TLV 1mg/m3 anche in riferimento al recente Dl 66/2000 ed all’ Elenco LEGNI DURI IARC/95).

 

a-      Legni morbidi - 

Il rischio irritativo ed allergico per l’apparato respiratorio appare trascurabile; tale giudizio si basa sulle seguenti considerazioni:

- Granulometria delle particelle: assoluta prevalenza di particelle grossolane;

- Livelli quantitativi: polverosità totale quasi sempre inferiore a 1mg/m3 rispetto ad un TLV di 5mg/m3, con punte a 3.35 in lavori di falegnameria (quindi non propri del comparto ed estemporanei).

- Postazioni di lavoro: sempre adeguatamente distanti dalla fonte (zona di taglio) e spesso cabinate.

b-     Legni duri –

Pur tenuto conto del loro limitato utilizzo in segheria, il rischio oncogeno appare presente, potendosi in qualche caso superare il TLV e, considerato che in alcune fasi (taglio con multilame, cippatura, gestione box e silos) vi è la presenza anche di polveri medio-fini, tale rischio è comunque più contenuto che in falegnameria.

Il rischio tossico da legni esotici appare trascurabile in quanto il loro utilizzo è eccezionale.

c- Polveri metalliche -

Contenute risultano anche le polveri metalliche nell’affilatura di officina (4.41mg/m3 su un TLV di 10mg/m3).

D’altronde i dati sanitari non hanno evidenziato prevalenze significative di deficit della funzionalità respiratoria ( 1 solo caso non correlabile all’esposizione), nè casi di patologia allergica o neoplastica alle cavità nasali o paranasali.

 

4.3.2. Gas

Sono state valutate le concentrazioni di solventi nelle rare operazioni di trattamento chimico delle tavole. Il dato, pur ampiamente inferiore al TLV (valore medio 118.25mg/m3 su un TLV di 300mg/m3), denota tuttavia un certo ristagno in ambienti poco ventilati ed inidonei a tale lavorazione.

L’estemporaneità dell’esposizione non deve portare alla sottovalutazione dell’importanza di dotarsi di  presidi tecnici e personali adeguati.

 

4.3.3. Rumore

a- Il Rischio

Si configura come di gran lunga il rischio professionale più rilevante nel comparto; in tab. 5 i livelli sonori riscontrati su macchine e postazioni di lavoro (Leq) sono stati distribuiti in 3 classi (<80dBA; 80-85dBA; >85dBA), mentre in tab.6 la stessa classificazione è stata operata a partire dai livelli di esposizione degli addetti (Lepd). I rilievi sono relativi ad un campione di 10 segherie rappresentative per dimensione e tecnologia.

Per quanto riguarda la rumorosità di macchine e zone di lavoro, a basso rischio risultano i piazzali esterni e tutte le postazioni cabinate, confermando la validità di tale intervento; fa eccezione la cabina del refendino che si attesta nella fascia 85-90dBa, in quanto di norma tale impianto è collocato al centro del reparto ed in prossimità delle caditoie delle tavole dalle rampe di carico e scarico.

A basso rischio risultano anche l’autogru, che opera nel piazzale esterno e quindi lontano dagli impianti, e la scortecciatrice, di solito cabinata e con postazione di comando distante dalla zona di taglio. Tutte le altre macchine e postazioni di lavoro risultano pertanto ad alto rischio, superando gli 85dBA, se non i 90dBA nel caso della motosega, del cippatore e della refilatrice; se a ciò si aggiugono i rumori impulsivi generati dalla caduta delle tavole da rampe e giacitoie, si comprende il fatto che anche le aree di accastamento e di movimentazione possano superare in qualche caso i 90dBA.

Anche l’esposizione degli addetti, seppur inferiore ai livelli di area, risulta in generale elevata, per il combinarsi, soprattutto nelle piccole aziende, di molteplici mansioni.

Molto bassa risulta solo la postazione cabinata della scortecciatrice, mentre la maggioranza delle altre postazioni cabinate si attesta nella fascia intermedia (80-85dBA), assieme agli accatastamenti che comportano lavori anche nel piazzale esterno.

Gli addetti alle postazioni non cabinate ed ai selezionatori automatici hanno invece esposizioni elevate.

 

 

Tab.5: Distribuzione dei livelli di rumorosità (Leq) per fasce di intensità sonora

 

BASSA (<80dBA

MEDIA (80-85dBA)

ALTA (>85dBA)

ALTISSIMA (>90dBA)

F1- Piazzale

F1- Autogru

F2- Scortecciatrice

F1- Motosega

F2- Scortecciatrice area

F2- Scortecciatrice

F4- Intestatrice

F5- Refilatrice

F4- Intestatrice*

F4- Refendino*

F4- Segatronchi

F6- Trituratore

F4- Segatronchi*

 

F4- Segatronchi area

F7- Movim.accatast.

F5- Multilame*

 

F4- Volgatter

F7- Pallettizz. autom.

F9- Cataste

 

F4- Refendino

 

F9- Carico segatura

 

F4- Refendino area                                                               

 

F11- Ufficio

 

F5- Multilama

 

 

 

F5- Multilame area

 

 

 

F7- Selezionatore

 

 

 

F7- Carrelli elevatori

 

 

 

F8- Falegnameria area

 

 

 

F9- Tagliapacchi

 

 

 

F9- Carrelli cataste

 

LEGENDA: * Cabinato.

   

Tab.6: Distribuzione dei livelli di Lepd medi per fasce espositive

 

BASSA (<80dBA)

DISCRETA (80-85dBA)

ALTA (>85dBA)

(>90dBA)

F2-  Scortecciatura*

F1- Autogru-piazzale-motosega

F3- Tondatrice

F5- Multilame

F11- Uffici

F2- Scortecciatura

F4- Segatronchi

 

 

F4 - Intestatrice*

F4- Volgatter

 

 

F4- Segatronchi*

F4- Refendino

 

 

F4- Refendino*

F5- Refilatrice

 

 

F5- Multilame*

F6- Cippatore

 

 

F7- Movim. mecc. accatastamento

F7- Selezionatore

 

 

F7- Accatastamento

F8- Falegnameria

 

 

F7- Carrello accatast.

F9- Carrello cataste

 

 

F9- Cataste

 

 

LEGENDA: * Cabinato.

 

 

b- I danni

Conseguentemente anche i dati sanitari hanno evidenziato una significativa prevalenza complessiva di otopatie professionali (46 casi = 24.2%), di cui la metà costituita da ipoacusie conclamate, in quanto coinvolgenti le frequenze della parola parlata.

In tab. 7 è rappresentata la distribuzione dei casi per classi di età; si evidenzia un progressivo incremento della prevalenza di danni con l’età, che manuifesta una sensibile crescita già nel passaggio dalla fascia 20-30 anni (6.1%) alla fascia 30-40 anni (25%), che si eleva significativamente nella fascia 40-50 anni (45%), per restare poi sostanzialmente stabile.

Si può quindi concludere che i primi danni si verificano già sotto i 30 anni, per elevarsi significativamente nei successivi due decenni fino ad interessare già sotto i 50 anni circa la metà degli addetti.

 

Tab.7: Distribuzione delle otopatie professionali per classi di età.

CLASSE

OTOPATIE

NORMALI

TOTALE

%

15-20 anni

0

8

8

0

20-30 anni

4

61

65

6.1

30-40 anni

15

45

60

25

40-50 anni

20

24

44

45

50-60 anni

7

6

13

53

TOTALE

46

144

190

-

 

Vibrazioni e scuotimenti

Il rischio da vibrazioni mano-braccio da utilizzo di motoseghe è stato valutato indirettamente,

applicando i dati di letteratura al tempo di esposizione stimato in segheria (15-30 minuti /die) (vedi tab.8). I livelli di  vibrazioni emesse sono molto elevati nell’utilizzo di utensili tradizionali (>5m/sec2) ed invece discreti (>1m/sec2) con i modelli antivibranti.

I livelli di esposizione dell’addetto sono decisamente inferiori, tenuto conto della limitata esposizione media giornaliera in segheria (15-30 min./die); essi sono infatti da considerarsi generalmente discreti con gli utensili tradizionali (tra 1 e 2.5m/sec2) e trascurabile con quelli antivibranti (<1m/sec2), anche se con alcuni modelli in cattivo stato di manutenzione si possono raggiungere esposizioni ancora elevate (tra 2.5 e 5m/sec2).

 

Tab.8: Dati di letteratura e stima del rischio specifico da utilizzo di motoseghe.

 

MISURA (AEQT:m/sec2)

8h

30 min.

15 min.

- Impugnatura posteriore

7.94

2.0

1.4

- Impugnatura anteriore

6.45

1.6

1.1

- Motoseghe tradizionali

10.0-17.0

2.5-4.3

1.8-3.0

- Motoseghe antivibranti

2.0-2.5

0.5-0.6

0.4

Limiti Dir.CEE n.90/071/02

Soglia: 1m/sec.2

Azione: 2.5m/sec.2

Max: 5m/sec.2

 

 

Alla sorveglianza sanitaria non sono stati rilevati casi di patologia da vibranti, nè risultano in letteratura casi di addetti alle segherie, salvo non alternino tale lavoro con il taglio al monte.

Per quanto riguarda il rischio da scuotimenti non si sono trovati dati di letteratura adeguati, anche se le caratteristiche gommate dei mezzi e la frequente pavimentazione dei percorsi fanno ritenere tale rischio medio.

 

4.3.4. Movimentazione manuale dei carichi

I sopralluoghi svolti hanno evidenziato la diffusa presenza di tale rischio sia nell’asservimento di macchine di taglio semiautomatiche (refendini, refilatrici, multilame, chiodatrici) che negli accatastamenti. Le diagnosi di patologia del rachide sono state esigue (3 casi) e di eziologia non identificata, sebbene la sensazione sia che la sorveglianza sanitaria non abbia finora adeguatamente inquadrato ed indagato tale rischio specifico.

 

5.0 CARATTERISTICHE DEL COMPARTO

Il ciclo tecnologico di segheria è stato scomposto in 11 fasi lavorative, come schematizzato nello schema a blocchi (flow-chart) riportato a conclusione del presente paragrafo.

Le caratteristiche tecnologiche del settore indagato sono risultate le seguenti:

 

5.1 Fase 1: Movimentazione tronchi (27 addetti = 14.2%)

Tutte le 25 aziende hanno in dotazione almeno un automezzo di movimentazione tronchi (“ragno”) ed in 7 aziende (28%) gli automezzi sono più di uno; sono tutti cabinati tranne in un caso.

Il fermo al piede delle cataste è realizzato in 9 aziende (36%) con appositi presidi (picchetti o spalliere), mentre negli altri casi con fasciami e tronchi opportunamente posizionati.

 

5.2. Fase 2: Scortecciatura (4 addetti = 2.1%)

Solo 4 aziende (16%) dispongono di una scortecciatrice; in due casi l’impianto è direttamente collegato alla segatronchi ed è cabinato; negli altri 2  è invece autonomo ed in un solo caso cabinato (nell’altro, di più limitate dimensioni, è allo studio l’intervento).

 

5.3. Fase 3: Finitura tronchi (1 addetti = 0.52%)

Solo una azienda (4%) dispone di una tondatrice non cabinata.

 

5.4. Fase 4: Taglio dei tronchi (30 addetti = 15.8%)

- Intestatura:

Solo 4 aziende (12%) dispongono di un impianto di intestatura autonomo: in 2 casi esso è cabinato e negli altri 2 la protezione è invece limitata alla sola cuffia antirumore sulla sega circolare gigante. 

Nelle due scortecciatrici collegate direttamente alla segatronchi, l’intestatura è ovviamente parte dell’impianto generale ed è governata quindi dalle cabine di questo ultimo.

In tutti gli altri casi l’intestatura è annessa all’impianto di segagione ed è governata da quest’ultimo.

- Segagione tronchi

Tutte le aziende dispongono di una segatronchi, con una sola realtà provvista di due impianti in parallelo. 14 aziende (56%) hanno impianti automatici ed 8 semiautomatici (32%); i primi sono tutti cabinati, mentre per i secondi  in ben 5 realtà sono in corso le cabinature, portando così al 76% le postazioni protette.

I Volgatter sono presenti in solo 2 realtà, di cui uno cabinato ed uno in corso di cabinatura.

- Taglio scorzoni

Tutte le aziende sono provviste di un refendino; in 8 realtà (32%) si tratta di impianti automatici, tutti cabinati.

 

5.5. Fase 5: Taglio tavole (19 addetti = 10%)

- Refilatura:

Tutte le aziende sono dotate di una refilatrice; in 4 aziende (16%) si tratta di impianti automatici di cui la metà cabinate.

- Multilame

12 aziende (48%) sono dotate di un multilame cofanati.

 

5.6. Fase 6: Cippatura (0 addetti)

In 13 aziende (52%) è presente uno specifico impianto di cippatura, segregato e di solito collocato sotto gli impianti di segagione; di questi 8 conferiscono cippato e segatura in appositi box e 5 in silos.

Delle 12 aziende sprovviste di cippatore 8 conferiscono direttamente gli scarti in box e 4 in silos.

 

5.7. Fase 7: Accatastamento (38 addetti = 20%)

- Selezionatura

Ben 10 aziende (40%) sono dotate di uno specifico impianto di selezionatura;  in 15 casi l’operazione viene invece svolta manualmente al terminale dell’impianto di segagione.

- Accatastamento

1 sola realtà possiede un impianto di accatastamento automatico collegato alla selezionatura; tutte le altre aziende accatastano con mezzi manuali e meccanici; tutte dispongono comunque di almeno un carrello elevatore e ben 14 realtà (56%) ne hanno più di uno.

 

5.8. Fase 8: Finitura (12 addetti = 6.3%)

- Chiodatrici

Ben 7 realtà (28%) dispongono di chiodatrici per la produzione di casse e bancali.

- Trattamenti chimici

In 3 realtà si effettuano trattamenti chimici con impregnanti, due con pennellatura ed una a spruzzo.

 

5.9. Fase 9: Movimentazione prodotto finito (25 addetti = 13.1%)

- Movimentazione meccanica

Per i carrelli elevatori vedi fase 7.

- Tagliapacchi

Solo 6 realtà (24%) dispongono di una tagliapacchi per la refilatura dei margini.

 

5.10. Fase 10: Manutenzione (23 addetti = 12.1%)

Tutte le aziende hanno affilatrici, la maggior parte anche molatrici e saldatrici.

 

5.11. Fase 11: Lavori di Ufficio (20 addetti =  10.5%)

 

Dal complesso dei dati esposti si conferma il quadro esposto in premessa: il settore delle segherie valtellinesi può essere scomposto in tre fasce distinte sulla base del grado di automazione.

a- Aziende tecnologicamente avanzate: n.8 (32%)

Si tratta di aziende dotate di automazione completa (impianto di segagione cabinato con selezionatore) o quasi (impianto di segagione cabinato completo ad eccezione delle refilatrici semiautomatiche).

b- Aziende in via di ammodernamento: 6 (25%)

Si tratta di aziende con un discreto livello di automazione e con possibilità di ampliamento degli impianti: segatronchi cabinata e selezionatori automatici (1/3) o solo segatronchi cabinata (2/3).

c- Piccolissime imprese: 11 (44%)

All’interno di questa categoria si deve operare una ulteriore scomposizione: una minor parte di aziende con cicli tecnologici parziali ma con potenzialità di innovazione ed adeguamento, una quota maggioritaria di aziende a bassisima tecnologia ed in via di estinzione.

 

TRONCHI

 
 


Tab.9 FLOW CHART

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FASE VII

ACCATASTAMENTO

 
 

 

 

FASE VIII

FINITURA

 
 

 

 

 

FASE X

MANUTENZIONE