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La legge 30 luglio 2010, n. 122 di conversione con modificazioni del D.L. 78/2010, prevede l'attribuzione all'INAIL delle funzioni già svolte dall'ISPESL.

Il riconoscimento delle Malattie Professionali nei Paesi della U.E.



Il quadro europeo

La Comunità europea e gli Stati membri hanno come obiettivi il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori europei, obiettivi che la Comunità persegue sostenendo e completando l’attività degli Stati membri nel miglioramento dell’ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori.

A tal fine, il Consiglio dell’Unione Europea può adottare misure che incoraggino la cooperazione tra Stati membri, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari dei medesimi, e direttive recanti le prescrizioni minime applicabili progressivamente, tenendo conto delle condizioni e normative tecniche esistenti in ciascuno Stato membro; misure e direttive che “non compromettono la facoltà riconosciuta agli Stati membri di definire i principi fondamentali del loro sistema di sicurezza sociale e non devono incidere sensibilmente sull’equilibrio finanziario dello stesso” (artt. 136-137 del Trattato consolidato istitutivo dell’Unione Europea e delle Comunità Europee).

Sempre per il conseguimento degli obiettivi sopra menzionati, la Commissione Europea incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri e facilita il coordinamento della loro azione in tutti i settori della politica sociale, in particolare nelle materie riguardanti la protezione contro gli infortuni e le malattie professionali (art. 140 del Trattato consolidato istitutivo dell’Unione Europea e delle Comunità Europee).

Le direttive, provvedimenti vincolanti per gli Stati membri, possono essere emanate per il miglioramento dell’ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori, ma devono contenere solo prescrizioni minime applicabili progressivamente e non incidere sui principi fondamentali dei sistemi di sicurezza sociale dei singoli Stati membri, i quali conservano il proprio diritto di determinare l'organizzazione e il finanziamento dei loro regimi nazionali di sicurezza sociale, i tipi di prestazioni e le condizioni per la loro erogazione.

Il diritto comunitario prevede quindi solo il coordinamento dei vari sistemi nazionali di sicurezza sociale; può imporre alcune regole e principi allo scopo di garantire che l’applicazione dei diversi sistemi nazionali di sicurezza sociale non leda i cittadini dell’Unione europea che esercitano il proprio diritto alla libera circolazione all’interno della stessa e contribuire al miglioramento del loro livello di vita e delle loro condizioni d’occupazione, ma non può “standardizzare” i diversi regimi nazionali né sostituirli con un “sistema europeo” (1).

La salute e la sicurezza sul lavoro rappresentano uno degli aspetti più importanti della politica dell’Unione europea relativa all’occupazione e agli affari sociali, in quanto costituiscono elementi essenziali per rafforzare la competitività e la produttività delle imprese e contribuiscono all'efficienza dei sistemi nazionali di sicurezza sociale, dal momento che il miglioramento dei risultati in materia di salute e sicurezza sul lavoro si traducono in una riduzione dei costi connessi agli infortuni, agli incidenti e alle malattie e in una maggiore motivazione dei lavoratori.

Nel corso degli ultimi decenni, grazie all’adozione e applicazione di una vasta normativa comunitaria in materia di salute e sicurezza sul lavoro (2), le condizioni di lavoro all’interno della UE sono migliorate e sono stati altresì fatti dei progressi per ciò che riguarda la riduzione degli infortuni e le malattie professionali.

La politica sociale della UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro si esplica anche attraverso la collaborazione della Commissione europea con l’Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro (OSHA)(3)

e la European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions (Eurofound)(4) , per favorire la diffusione delle informazioni e dei consigli e la promozione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, soprattutto nelle piccole e medie imprese.

Per promuovere una politica attiva di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali a livello europeo, la Commissione europea (Direzione generale Occupazione, affari sociali e pari opportunità) e Eurostat (5) hanno avviato dagli anni 90’ due progetti volti ad armonizzare i criteri e le metodologie da applicare per la registrazione dei dati in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali così da rendere confrontabili le statistiche prodotte dagli Stati membri e poter misurare l’impatto e l’efficacia delle misure da essi adottate per il miglioramento della salute e sicurezza sul lavoro:

1. ESAW: progetto relativo alle statistiche europee sugli infortuni sul lavoro (European Statistics on Accident at Work “ESAW”);
2. EODS: progetto relativo alle statistiche europee sulle malattie professionali (European Occupational Deseases Statistics “EODS”).

Per quanto riguarda le malattie professionali, nonostante il progetto EODS sia stato avviato sin dal 1991, solo con riferimento all’anno 2001 vi è stata una raccolta sistematica dei dati relativi alle malattie professionali, ma i livelli qualitativi sono ancora oggi carenti in quanto le statistiche prodotte sono basate su dati relativi alle sole malattie professionali riconosciute dai singoli Stati membri secondo le loro legislazioni (sono solo 68 le malattie professionali riconosciute da tutti i sistemi nazionali) e tali dati sono sovente incompleti rispetto alle variabili richieste, limitandone la comparabilità .

L’incompletezza dei dati è da attribuire al fatto che le statistiche europee vengono raccolte da Eurostat in forza di una raccomandazione della Commissione europea del 2003 (stabilita dai Programmi Statistici Comunitari), che ha appunto “raccomandato” agli Stati membri “di garantire la dichiarazione di tutti i casi di malattie professionali, di rendere le loro statistiche sulle malattie professionali gradualmente compatibili con l’elenco europeo di cui all’allegato I e conformi ai lavori in corso sul sistema di armonizzazione delle statistiche europee relative alle malattie professionali, in modo da disporre, per ogni caso di malattia professionale, di informazioni sull’agente o il fattore causale, la diagnosi medica e il sesso del paziente” (art.1, n. 5)”(6).

Con la raccomandazione in questione, la Commissione europea ha appunto istituito un elenco europeo delle malattie professionali che dovrebbero essere riconosciute da tutti gli Stati membri, contenuto nell’allegato I, e ha descritto, nell’allegato II, una lista di affezioni di sospetta origine professionale che dovrebbero essere oggetto di segnalazione per essere incluse in una fase successiva nell’allegato I.

In particolare, la Commissione europea ha raccomandato agli Stati membri di:

  • recepire nelle loro "disposizioni legislative, regolamentari o amministrative" l'elenco europeo delle malattie professionali dell'allegato I (art. 1, n. 1);
  • introdurre nelle loro "disposizioni legislative, regolamentari o amministrative" norme che garantiscano il diritto all'indennizzo per malattia professionale al lavoratore affetto da patologia non contenuta nell'allegato I, ma di cui si possa determinare l’origine e la natura professionale, in particolare se la malattia è prevista nell’allegato II (art. 1, n. 2);
  • favorire la prevenzione e la riduzione delle malattie professionali, coinvolgendo tutti i soggetti interessati, ricorrendo, se del caso, a scambi di informazioni, esperienze e buone prassi mediante l’Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro (art. 1, n.ri 3 e 4);
  • garantire la dichiarazione di tutti i casi di malattie professionali e rendere le statistiche sulle malattie professionali gradualmente compatibili con l’elenco di cui all’allegato I, nonchè conformi ai lavori in corso sul sistema di armonizzazione delle statistiche europee (art. 1, n. 5 cit.);
  • istituire un sistema per la raccolta di informazioni o di dati riguardanti le malattie professionali o di sospetta origine professionale (art. 1, n. 6);
  • promuovere ricerche nel settore, specialmente riguardo alle malattie ad eziologia professionale dubbia e sui disturbi psico-sociali (articolo 1, n. 7);
  • garantire la più ampia diffusione dei documenti di aiuto alla diagnosi delle malattie professionali, tenendo conto delle note di aiuto in materia pubblicate dalla Commissione, e trasmettere a quest’ultima e rendere disponibili attraverso l’Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro, i dati statistico-epidemiologici relativi alle malattie professionali riconosciute a livello nazionale (art. 1, n. 9);
  • promuovere un contributo attivo dei sistemi sanitari nazionali alla prevenzione, migliorando la sensibilizzazione dei medici a riguardo di tali patologie (art.1, n.10)(7).

In sostanza, lo scopo della raccomandazione è quello di istituzionalizzare a livello europeo, nella maniera più omogenea possibile, il diritto dei lavoratori all'indennizzo delle patologie professionali e migliorare la conoscenza delle patologie stesse (attraverso la raccolta e la comparabilità dei dati) allo scopo di promuovere le misure di prevenzione. Tuttavia, trattandosi di una raccomandazione e non di una direttiva, non è vincolante per i suoi destinatari che sono invitati, ma non obbligati, a seguirla (8)

E’ infine opportuno segnalare che è in discussione una Proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie della sanità pubblica e della salute e sicurezza sul luogo di lavoro, presentata dalla Commissione europea il 7.02.2007(9). Il regolamento oggetto della proposta, pur nel rispetto delle strutture giuridico- amministrative nazionali, doterebbe Eurostat di strumenti più efficaci e cogenti nei confronti degli Stati membri e migliorerebbe gli standard di qualità e di comparabilità per le rilevazioni dei dati.

Nell’Allegato V della proposta di Regolamento – settore Malattie professionali - viene testualmente stabilito che: “Un caso di malattia professionale è definito come un caso riconosciuto dalle autorità nazionali responsabili del riconoscimento delle malattie professionali”.

Nel febbraio del 2007, la Commissione europea ha proposto una strategia per la promozione della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro nell’Unione Europea per il quinquennio 2007-2012 (10), il cui obiettivo principale è una riduzione continua, durevole ed omogenea degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. In particolare, la Commissione mira a ridurre del 25% gli infortuni sul lavoro.

La strategia si articola in una serie di azioni a livello europeo e nazionale nei seguenti campi:

  • Miglioramento e semplificazione della legislazione in vigore e rafforzamento della sua applicazione nella pratica mediante strumenti non vincolanti (scambi di buone pratiche, campagne di sensibilizzazione, migliore informazione e formazione);
  • Definizione e attuazione di strategie nazionali, adattate alla situazione specifica di ciascuno Stato membro, dirette ai settori e alle imprese maggiormente interessati e finalizzate a obiettivi nazionali di riduzione degli infortuni e delle malattie professionali.
  • Inclusione dei temi della salute e sicurezza sul lavoro nelle altre politiche europee (istruzione, sanità pubblica, ricerca) e perseguimento di nuove sinergie.
  • Individuazione e valutazione dei possibili nuovi rischi mediante la ricerca, lo scambio di conoscenze e l’applicazione pratica dei risultati.

Nel giugno del 2007, il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato una risoluzione sulla strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro con cui accoglie favorevolmente la strategia proposta dalla Commissione europea, condividendone l’impostazione e gli obiettivi.

Nel 2008, la strategia comunitaria di promozione della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro nella UE è stata anche oggetto di una risoluzione del Parlamento europeo (11)

e di un parere del Comitato economico e sociale europeo (12),

che condividono l’obiettivo di ridurre del 25% gli infortuni sul lavoro e ritengono che sarebbe opportuno stabilire un obiettivo analogo per le malattie professionali (13).

Si deve infine segnalare che nell’agosto del 2009 sono stati pubblicati da Eurostat i risultati dell’indagine sulle forze di lavoro 2007. Da tale indagine emerge che l’8.6% dei lavoratori europei hanno problemi di salute causati dalla loro attività lavorativa, un numero pari a 20 milioni di persone, mentre il 3.2%, pari a 7 milioni di persone, sono state invece le vittime di incidenti sul posto di lavoro (14).


Note


(1) La libera circolazione dei lavoratori rientra tra i diritti di cui i cittadini dell’Unione europea godono per poter viaggiare e vivere in qualsiasi parte dell'Unione. Ogni paese della UE è libero di determinare il proprio sistema di sicurezza sociale, ma i singoli sitemi devono rispettare il principio fondamentale della parità di trattamento di tutti i cittadini europei a prescindere dalla loro nazionalità.
Già il Trattato di Roma del 1957, istitutivo della Comunità Economica Europea, prevedeva l’obbligo per il Consiglio della Cee di adottare tutte le misure necessarie a garantire la libera circolazione dei lavoratori nell’ambito comunitario favorendo in particolar modo l’introduzione di un sistema di coordinamento tra legislazioni nazionali di sicurezza sociale (art. 51) ed, infatti, venivano adottati in materia i Regolamenti n. 1408 del 1971 e n. 574 del 1972 entrati in vigore il 1° ottobre 1972 e tuttora vigenti, applicabili agli attuali 25 Paesi membri oltreché, nell’ambito dell’Accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992, alla Norvegia, all’Islanda e al Liechtenstein ed anche alla Svizzera in seguito all’accordo con la UE del 2002. Il 29 aprile 2004 è stato poi adottato il Regolamento CE n. 883 del 2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale che ha parzialmente abrogato i regolamenti sopra menzionati. Nel luglio scorso, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato un pacchetto legislativo per l’aggiornamento della legislazione in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale che entrerà in vigore a maggio 2010.
Maggiori informazioni (diritti di sicurezza sociale).

(2) In materia di salute e sicurezza sul lavoro, la direttiva quadro è la Direttiva 89/391/CEE del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, sia in ambito pubblico che privato. Tale direttiva è stata seguita da numerose direttive su temi più specifici che coprono un'ampia gamma di settori quali le attrezzature di lavoro, l'esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro, la tutela delle lavoratrici gestanti, la tutela dei lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive ecc. I testi di queste direttive, nonché le numerose rettifiche e integrazioni, sono disponibili sul portale Eurolex dell'Unione Europea in cui sono raccolti tutti i testi di riferimento della legislazione comunitaria. La Direttiva 89/391/CEE è stata recepita in Italia con il D.Lgs. 19.9.1994 n. 626. Dall’emanazione del D.Lgs. 626/1994, il processo di produzione legislativa in materia salute e sicurezza sul lavoro non ha conosciuto soste. Il legislatore italiano si è infatti trovato di fronte ad una notevole produzione normativa di fonte comunitaria, ed ha continuato nel corso degli anni a trasporre nel nostro ordinamento quanto prodotto a livello europeo. Tutto ciò non soltanto ha comportato una produzione normativa che ha aggiornato o integrato le norme già inserite nel D.Lgs. 626/1994, ma ha dato vita ad una serie di discipline settoriali che si sono aggiunte alla disciplina-quadro per garantire la protezione e tutela, soprattutto su base preventiva, dei lavoratori esposti a rischi specifici, ad esempio ad agenti o lavorazioni pericolose. Il progressivo ampliamento del quadro normativo in materia di sicurezza sul lavoro ha fatto emergere l'esigenza di predisporre un testo unico che provvedesse a razionalizzare e riformare la normativa vigente che, caratterizzata da una progressiva integrazione tra previgente diritto interno e disciplina di origine comunitaria, aveva manifestato, oltre che difficoltà applicative per gli operatori, alcuni limiti e manchevolezze. Tale esigenza ha condotto all’emanazione della legge 3 agosto 2007, n. 12 che ha previsto un’apposita delega in materia di salute e sicurezza sul lavoro allo scopo appunto di razionalizzare e riformare la normativa vigente. In attuazione della delega di cui alla menzionata L. 123/2007 è stato emanato il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” (pubblicato sulla G.U. n. 101 del 30 aprile 2008) che, pur non assumendo formalmente la natura di “testo unico”, nella sostanza opera il riassetto e la riforma della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro attraverso il riordino e il coordinamento in un unico testo normativo della medesima disciplina, e completa l’adeguamento all’ordinamento comunitario attraverso il recepimento di alcune direttive comunitarie su specifici aspetti della sicurezza [direttive 2006/25/CE (radiazioni ottiche artificiali) e 2004/40/CE (campi elettromagnetici)].

(3) L'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, istituita con regolamento (CE) n. 2062/94 del Consiglio, ha il compito, fra l'altro, di fornire agli organi comunitari e agli Stati membri le informazioni obiettive, di carattere tecnico, scientifico ed economico, necessarie per la formulazione e l'attuazione di politiche volte a proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori e di raccogliere e diffondere le informazioni tecniche, scientifiche ed economiche negli Stati membri. In questo contesto, l'Agenzia svolge anche un ruolo importante negli scambi di informazioni, di esperienze e di buone prassi in merito alla prevenzione delle malattie professionali

(4) Eurofound, European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, è stato uno dei primi organismi dell’Unione ad essere stati costituiti con uno scopo specifico nell’ambito delle politiche comunitarie. Costituito nel 1975 con Regolamento del Consiglio (regolamento (EEC) No. 1365/75 del 26 maggio 1975) è stato creato per contribuire alla pianificazione e definizione di migliori condizioni di vita e lavoro in Europa. Per maggiori informazioni

(5) Eurostat nasce nel 1953 come divisione statistica nell’ambito della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio e nel 1958, con la nascita della Comunità Europea, è divenuto una Direzione Generale della Commissione Europea. Eurostat è l’Ufficio Statistico della Comunità europea, situato in Lussemburgo, e il suo compito è quello di fornire alle altre Direzioni Generali, alla Commissione e alle altre Istituzioni europee statistiche a livello europeo per consentire confronti tra i diversi Paesi e regioni. La sua missione è quella di fornire all'Unione Europea un servizio informativo statistico di elevata qualità , promuovendo il processo di armonizzazione dell'approccio statistico tra gli Stati membri. Maggiori informazioni

(6) Cfr. Raccomandazione 2003/670/CE della Commissione del 19.09.2003 sull’elenco europeo delle malattie professionali. Questa raccomandazione ha sostituito la raccomandazione 90/326/CEE della Commissione, del 22 maggio 1990, riguardante sempre l'adozione di un primo elenco europeo delle malattie professionali

(7) Si deve però sottolineare che la raccomandazione prevede che "gli Stati membri stabiliscono i criteri di riconoscimento di ciascuna malattia professionale secondo la vigente legislazione o prassi nazionale" (art. 2) e sono quindi liberi di stabilire i criteri medico-legali di riconoscimento.

(8) In Italia, già con il D.M. 27 aprile 2004 era stato aggiornato, tenendo conto della raccomandazione 90/326/CEE così come sostituita dalla raccomandazione 2003/670/CE, l’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 139 del testo unico, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni e integrazioni. Con tale decreto l’elenco è stato articolato in tre liste: lista I, contenente malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità; lista II, contenente malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità; lista III, contenente malattie la cui origine lavorativa è possibile. Di recente, tale elenco è stato revisionato dal Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale con il D.M. 14 gennaio 2008 (G.U. n. 68 del 22 marzo 2008, Suppl.Ord.). L’obiettivo prioritario è stato quello di aggiornare le tabelle delle malattie professionali in base al progresso delle conoscenze scientifiche e di rendere l’aggiornamento coerente all’evoluzione del quadro normativo nazionale ed europeo.

(9) Di recente è stato peraltro adottato il Regolamento CE/223/2009 dell’11.03.2009 (entrato in vigore il 31.03.2009) relativo alle statistiche europee. Tale Regolamento definisce un quadro giuridico per lo sviluppo, la produzione e la diffusione delle statistiche europee necessarie per lo svolgimento delle attività della Comunità.

(10) “Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro:strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e sicurezza sul luogo di lavoro” (COM(2007) 62)
- Maggiori informazioni

(11) Risoluzione del 15.01.2008.

(12) GU C 224 del 30.08.2008.

(13) Cfr. Commissione europea, Relazione Generale sull’attività dell’Unione Europea – 2008 del 9.02.2009 (SEC(2008) 1000 def.).

(14) La suddetta indagine sulle malattie professionali conferma che i disturbi muscolo-scheletrici causati dall’attività lavorativa sono i disturbi segnalati più frequentemente dai lavoratori europei nello svolgimento delle loro attività.

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